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ALMA MATER STUDIORUM
UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
SCUOLA DI ECONOMIA, MANAGEMENT E STATISTICA
SEDE DI RIMINI
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA DEL TURISMO
Le Vie Francigene in Puglia, da vision a opportunità
di sviluppo territoriale sostenibile
Relazione finale in Geografia del Turismo
PRESENTATA DA RELATORE
VITO ALESSANDRO CATERINO PROF.SSA ALESSIA MARIOTTI
SESSIONE I
ANNO ACCADEMICO 2015/2016
2
3
RINGRAZIAMENTI
Per la realizzazione del presente lavoro di ricerca desidero ringraziare in primis la mia
relatrice Prof.ssa Alessia Mariotti per i preziosi consigli e ragguagli dispensati durante
l’elaborazione dello stesso.
Un sentito ringraziamento per il sostegno all’iniziativa e per il supporto tecnico nel
reperimento delle informazioni sulla Via Francigena va allo staff dell’Associazione
Europea delle Vie Francigene e in particolare al presidente Ing. Massimo Tedeschi, al
direttore Dott. Luca Bruschi e ai responsabili dello sviluppo progetti e della segreteria
amministrativa Dott. Sami Tawfik e Dott.ssa Micol Sozzi.
Desidero inoltre ringraziare gli amministratori locali che hanno compilato il
questionario alla base della ricerca empirica:
Rosangela Laera – Assessore alla Valorizzazione del Patrimonio ANDRIA
Silvio Maselli e Daniela Boccucci – Assessore alla Cultura e Segreteria Sindaco BARI
Francesco Dileo – Coordinatore ufficio Marketing Territoriale BARLETTA
Sabino Facciolongo – Assessore alla Cultura CANOSA DI PUGLIA
Carmine Brandi e Anna Rita Camposeo – Sindaco e Staff del Sindaco CAROVIGNO
Maria Giannini – Sindaco CELLE DI SAN VITO
Massimo Mazzilli – Sindaco CORATO
Margherita Latorre – Istruttore Amministrativo FASANO
Marianna Paladino – Assessore alla Cultura e Turismo GIOVINAZZO
Federica Triggiani – Assessore alla Cultura e Turismo LUCERA
Dea Furii – Ufficio Marketing e Comunicazione Culturale MANFREDONIA
Angela Cristiano – Assessore alla Cultura e Turismo MARGHERITA DI SAVOIA
Elisabetta Mongelli – Assessore alla Cultura e Turismo MOLFETTA
Marilena Abbatepaolo – Assessore alla Cultura e Turismo POLIGNANO A MARE
Ninni Gemmato – Sindaco TERLIZZI
Grazia Di Staso e Daniela Pellegrino - Assessore alla Cultura e Resp. Biblioteca TRANI
Margherita Guadagno – Assessore al Turismo TROIA
Si ringraziano inoltre per il contributo i proprietari, gestori e responsabili delle strutture
ricettive rispondenti.
Infine, un sincero grazie per il sostegno morale in questi anni va al grande papà
Riccardo, a nonna Teresa, alla mia cara Elisa, al mio fratellone Giuseppe e ai cari Ida,
Riccardo, Enza, nonna Franca, Vincenzo, Raffaella e ancora ai miei amici e compagni
di viaggio Mirko, Claudio, Federico. Grazie all’amica Sandra per il prezioso
“revising” in corso dell’elaborato e alle care Mariailaria, Carla e Irene per il costante
incoraggiamento.
4
5
Indice
INTRODUZIONE .......................................................................................................... 9
CAPITOLO UNO
PELLEGRINAGGIO, TURISMO E ITINERARI CULTURALI
1.1 DAL PELLEGRINAGGIO AL TURISMO CULTURALE ........................................ 11
1.2 GLI ITINERARI CULTURALI, CONNESSIONE TRA PELLEGRINAGGIO E
SVILUPPO TERRITORIALE. .......................................................................................... 15
1.3 ITINERARI CULTURALI DEL CONSIGLIO D’EUROPA, DA VISION DI
PROSPETTIVA A PARADIGMA DI TURISMO CULTURALE SOSTENIBILE ....... 17
CAPITOLO DUE
LA VIA FRANCIGENA, ITINERARIO CULTURALE DEL CONSIGLIO D’EUROPA
DA CANTERBURY ALLA PUGLIA
2.1 LA VIA FRANCIGENA, MELTING-POT DI CULTURE NEI SECOLI.................. 23
2.2 LA RISCOPERTA DELL’ITINERARIO E IL RUOLO DELL’ASSOCIAZIONE
EUROPEA DELLE VIE FRANCIGENE .......................................................................... 25
2.3 LE VIE FRANCIGENE DI PUGLIA, TRAIT D’UNION TRA SVILUPPO
CULTURALE E TERRITORIALE. .................................................................................. 28
2.4 LA TOSCANA, DA REGIONE PIONIERA A BENCHMARK DELLA
FRANCIGENA .................................................................................................................. 30
CAPITOLO TRE
METODOLOGIA DI SVOLGIMENTO DELL’ANALISI EMPIRICA
3.1 METODOLOGIA......................................................................................................... 33
3.2 COMPOSIZIONE DEL QUESTIONARIO AI COMUNI DELLA VIA
FRANCIGENA IN PUGLIA.............................................................................................. 36
6
3.3 COMPOSIZIONE DEL QUESTIONARIO ALLE STRUTTURE RICETTIVE
SULLA VIA FRANCIGENA IN PUGLIA........................................................................ 36
3.4 MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE DEI QUESTIONARI ............................... 38
CAPITOLO QUATTRO
LA VIA FRANCIGENA IN PUGLIA, CONTESTO ATTUALE E INIZIATIVE POSTE
IN ESSERE
4.1 IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO...................................................................... 39
4.2 IL CONTESTO TURISTICO....................................................................................... 42
4.3 IL TURISMO NEI COMUNI DELLA FRANCIGENA.............................................. 43
4.4 REGIONE PUGLIA, INIZIATIVE SVOLTE E IN CORSO DI SVOLGIMENTO.... 46
CAPITOLO CINQUE
RISULTATI DELLA RICERCA, EVIDENZE EMPIRICHE DAI COMUNI
5.1 COMUNI RISPONDENTI E DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA ............................. 49
5.2 IL RESPONSO DEI COMUNI RISPONDENTI AL QUESTIONARIO.................... 50
CAPITOLO SEI
RISULTATI DELLA RICERCA, EVIDENZE EMPIRICHE DALLE STRUTTURE
RICETTIVE
6.1 CARATTERISTICHE DEL CAMPIONE ................................................................... 59
6.2 CONOSCENZA, PERCEZIONE E PROPENSIONE VERSO LA FRANCIGENA .. 59
6.3 STRUTTURE SITUATE SULLA COSTA VERSUS STRUTTURE
DELL’ENTROTERRA ...................................................................................................... 64
6.4 ANALISI DEI RISULTATI PER CLUSTER.............................................................. 65
6.5 LA DISPONIBILITÀ IN TERMINI DI PREZZO E DI POSTI LETTO.................... 68
CONCLUSIONI ........................................................................................................... 71
BIBLIOGRAFIA .......................................................................................................... 75
7
SITOGRAFIA............................................................................................................... 79
APPENDICE
ALLEGATO 1: QUESTIONARIO AI COMUNI ATTRAVERSATI DALLA VIA
FRANCIGENA IN PUGLIA.............................................................................................. 81
ALLEGATO 2: QUESTIONARIO ALLE STRUTTURE RICETTIVE SITE SUL
PERCORSO DELLA VIA FRANCIGENA O NELLE IMMEDIATE VICINANZE....... 84
8
9
INTRODUZIONE
La Via Francigena, Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa, è l'antica via che nel
medioevo univa Canterbury a Roma e ai porti della Puglia, dove pellegrini, milizie
crociate, mercanti e uomini di chiesa s’imbarcavano verso la Terra Santa. Recentemente
è stata riscoperta e resa interamente percorribile nei 1800 km da Canterbury a Roma e
nell'anno nazionale dei cammini, la prospettiva di valorizzarla e renderla fruibile sino
alle terre salentine, sta divenendo sempre più rilevante. Dall’avvenuta certificazione di
Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa nel 1994, grazie al lavoro svolto
dall’Associazione Europea delle Vie Francigene, rete portante dell’itinerario, il numero
dei pellegrini e dei viandanti che hanno ricominciato a percorrerla è in costante aumento
e continua a crescere a ritmi esponenziali. Nell’attraversare piccoli borghi e antiche città
il più delle volte escluse dai flussi turistici più rilevanti, la Francigena ha favorito la
creazione di una microeconomia legata al cammino attraverso l’apertura di nuovi ostelli
dedicati ai viandanti, la riscoperta dei beni enogastronomici locali, del patrimonio
storico-culturale e così via. Proprio come avvenuto lungo l’itinerario di Sigerico da
Canterbury a Roma, il circolo virtuoso legato alla riscoperta e alla valorizzazione del
cammino francigeno potrebbe estendersi anche alle regioni situate lungo la Via
Francigena del Sud. Proprio in questo momento storico in cui è stato ricevuto il via
libera per l’estensione della certificazione di Itinerario Culturale del Consiglio
d’Europa, Lazio, Campania, Basilicata, Molise e Puglia sono chiamate a coordinarsi e
ad agire di concerto per ridare splendore all’antico cammino. Come anche ricordato dal
Presidente dell’Associazione Europea delle Vie Francigene Massimo Tedeschi
(2008:15), “La Via Francigena del Sud rappresenta un tassello indispensabile per
l’intero progetto e può diventare importante veicolo di sviluppo dei territori attraversati;
un itinerario da percorrere a piedi o in altro modo; un percorso che ognuno potrà vivere
liberamente con disposizione d’animo intima, personale o collettiva”. Tra le regioni del
sud, la Puglia in primis è attraversata da oltre 400 chilometri di Via Francigena che si
sviluppano principalmente intorno a due antiche strade romane la Regina Viarum Appia
Antica e la successiva Appia Traiana, creando un fascio di vie declinabile al plurale in
Vie Francigene. Si tratta di un reticolo di strade, un sistema viario che mette in
comunicazione tra loro i territori delle Puglie dal subappennino dauno alla penisola
salentina e la Puglia nella sua interezza con il resto d’Italia via terra da una parte e con
10
Albania, Grecia, Turchia e bacino mediterraneo sino alla Terra Santa via mare dall’altra.
Il primo capitolo sarà dedicato a uno sguardo al quadro teorico di riferimento e a una
rapida review della letteratura concernente i temi del pellegrinaggio, del turismo
religioso e culturale e degli itinerari culturali, con la conseguente messa a fuoco delle
convergenze e delle divergenze. Nel successivo capitolo saranno introdotti cenni relativi
alla storia della Via Francigena, sia lungo l’itinerario di Sigerico da Roma a Canterbury,
sia lungo la direttrice sud da Roma alla Puglia con un focus particolare su quest’ultima
regione; dalla sua nascita secoli addietro sino alla sua riscoperta da parte del Ministero
del Turismo nel 1993 e alla rivitalizzazione operata negli anni dall’Associazione
Europea. Saranno quindi descritti l’attuale stato dell’arte circa l’estensione della
certificazione di “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa” alla direttrice sud della
Via Francigena e le azioni messe in atto dalla Regione Toscana, considerata il
Benchmark della Francigena. Per comprendere se e come lo sviluppo del cammino
francigeno, in un’ottica di collaborazione tra soggetti pubblici e soggetti privati, possa
costituire anche in Puglia un volano di sviluppo territoriale all’interno dei territori
attraversati e indagare la percezione dei territori stessi rispetto al potenziale della Via
Francigena è stata posta in essere un’analisi empirica su due fronti. Da un lato sono stati
chiamati a contribuire gli amministratori dei comuni attraversati dalla Francigena cui è
stato chiesto di esprimere la propria visione del cammino e la percezione rispetto a esso,
dall’altro, sono state interrogate le strutture ricettive che insistono sul percorso o nelle
immediate vicinanze per indagare la disponibilità di queste ultime ad aprirsi al segmento
dei camminatori e dei viandanti predisponendo un’offerta loro dedicata. La metodologia
di analisi è descritta nel capitolo tre. Nel capitolo quattro, al fine di favorire una
migliore interpretazione dei risultati dell’analisi empirica esposti nei capitoli cinque e
sei, sono presentati alcuni indicatori riguardanti il contesto socio-economico e il
contesto turistico dei comuni pugliesi attraversati dalla Francigena divisi in cluster sulla
base di caratteristiche storiche e morfologiche. Nello stesso capitolo vi è una
descrizione delle iniziative poste in essere dalla Regione Puglia e da altri enti e
organizzazioni private. Nel capitolo cinque è esposto un sunto delle dichiarazioni degli
amministratori che hanno fatto pervenire il proprio contributo sulle diverse tematiche
affrontate nel questionario mentre nell’ultimo capitolo è invece analizzato il comparto
delle strutture ricettive, mettendo in luce le differenze tra i diversi cluster in termini di
predisposizione e disponibilità verso il segmento dei viandanti e camminatori.
11
CAPITOLO UNO
PELLEGRINAGGIO, TURISMO E ITINERARI CULTURALI
1.1 DAL PELLEGRINAGGIO AL TURISMO CULTURALE
Il viaggio a scopo religioso è stato sin dai tempi antichi una delle prime tipologie di
turismo a svilupparsi: diverse forme di pellegrinaggio erano presenti in tutte le società
antiche, con menhir e caverne che svolgevano una funzione analoga a quella delle
cattedrali di oggi (Battilani, 2001). Lo studio della pratica del pellegrinaggio e dei suoi
intrecci con il turismo religioso e quello culturale è stato, ed è ancora oggi, motivo di
dibattito tra gli studiosi che si occupano di questa ampia materia. In particolare, il
pellegrinaggio è stato definito come un viaggio, avente motivi religiosi, condotto
esternamente verso un luogo santo e internamente per scopi spirituali e comprensione
interna (Barber, 1993). Altri studiosi come Digance (2003) vedono il pellegrinaggio
come fenomeno culturale che storicamente mette in connessione popoli di diverse
culture e gruppi etnici. La definizione di pellegrino fornita da Weber (1949), secondo la
quale il concetto di pellegrino “medievale” si riferisce a ben definite società e momenti
storici e pertanto non si può adattare a epoche differenti, fa emergere una problematica
che attiene i confini del pellegrinaggio religioso in senso stretto con il variegato ambito
del turismo e delle sue declinazioni di carattere religioso e culturale. Rinschede
(1999:197) definisce il turismo religioso come “una forma di turismo nella quale i
partecipanti sono fortemente o addirittura esclusivamente motivati da un punto di vista
religioso, sia durante il viaggio, sia durante il loro soggiorno nel luogo che stanno
visitando”. Sulla stessa lunghezza d’onda si pone Santos (2006:293) che amplia questa
prospettiva considerando rientranti nel turismo religioso “qualsiasi e tutti i viaggi
(volontari, temporanei e non remunerati) motivati dalla religione, combinata con altri
tipi di motivazioni, verso una destinazione che è un luogo religioso (a livello locale,
regionale, nazionale o internazionale), ma che non rappresentano, in se stessi, una
pratica religiosa.” Mentre Smith (2003) configura il turismo religioso come una
sottoclasse di turismo culturale che rientra nell’Heritage Tourism, Brito (2010)
riconosce al turismo religioso una propria connotazione autonoma nell’ambito del
turismo culturale e lo suddivide in due categorie: turismo religioso attivo e passivo. Il
turismo religioso attivo include la percorrenza di sentieri di pellegrinaggio e la
partecipazione attiva in eventi spirituali e religiosi. Il turismo religioso passivo concerne
12
la visita a luoghi di pellegrinaggio e comprende la frequenza di eventi e festività
religiose e spirituali. Alcuni autori tendono a considerare il pellegrinaggio e il turismo
come due fenomeni distinti e a sé stanti, altri invece, considerano i due ambiti contigui i
cui rispettivi confini vanno assottigliandosi sempre più con il passare del tempo e la
progressiva secolarizzazione dell’Europa. Cohen (1992) afferma che il pellegrinaggio e
il turismo divergono rispetto alla direzione del viaggio. Il pellegrino e il pellegrino-
turista si dirigono verso il proprio centro socio-culturale, mentre il viaggiatore e il
viaggiatore-turista si dirigono verso la direzione opposta. Sebbene questa distinzione
ben si adatti ai viaggi la cui destinazione è un centro di pellegrinaggio formale, Cohen
riconosce che i viaggi verso mete di pellegrinaggio popolari saranno contraddistinti da
una combinazione di caratteristiche tipiche del turismo e del pellegrinaggio. Nel 1992
Smith considera turisti e pellegrini come attori che si collocano agli estremi di un
continuum di viaggio. I due poli dell’asse turismo-pellegrinaggio sono etichettati come
laico e sacro rispettivamente. Tra i due poli esiste una quasi infinita gamma di
combinazioni tra il sacro e il secolare, con la parte centrale che identifica il turismo
religioso in generale. Queste combinazioni riflettono le multiple e mutevoli motivazioni
dei viaggiatori, i cui interessi e attività potrebbero cambiare, consciamente o
inconsciamente, dal turismo al pellegrinaggio e viceversa. Smith asserisce pertanto che
a seconda dell’esclusività e dell’intensità della motivazione religiosa, un visitatore che
si reca in un luogo santo potrà essere considerato più un turista che un pellegrino o
viceversa.
Ulteriori differenze riscontrate in letteratura riguardano:
 il carattere obbligatorio (Cohen, 1992; Turnbull, 1992): il pellegrinaggio è più
vincolante rispetto al turismo che ha invece caratteristiche di svago e tempo
libero;
 l’istituzionalizzazione (Berger, 1971; Cohen 1992): mentre il pellegrinaggio
segue norme e riti e ha un significato culturale, il turismo è associato a una
visione più frivola e superficiale, è più ambiguo ed è collegato al divertimento e
all’intrattenimento;
 il luogo e il tempo (Nolan & Nolan, 1989): i pellegrinaggi e le tradizioni
religiose dipendono dalle stagioni e cambiano a seconda dei santuari e delle
regioni, l’attività turistica può avere luogo in qualsiasi luogo e momento a
seconda del desiderio dell’essere umano;
13
 la motivazione (Nolan & Nolan, 1989): i pellegrini utilizzano il viaggio per
ragioni spirituali mentre i turisti preferiscono ragioni laiche;
 le relazioni con gli altri viaggiatori (Nolan & Nolan, 1989): turisti e pellegrini
possono viaggiare in compagnia di altri ma essi danno diversa importanza alla
possibilità di essere in compagnia, per il pellegrino essa è parte dell’esperienza.
Con il progredire delle ricerche diversi autori hanno cercato di superare la
contrapposizione secca tra turista e pellegrino riconoscendo come il concetto stesso di
pellegrinaggio sia mutato. Già Barber (1993) è convinto che il nuovo pellegrino è
motivato da un risveglio emozionale e dal desiderio di fuggire l’esistenza quotidiana per
raggiungere uno stato di benessere fisico, mentale e spirituale. Badone e Roseman
(2004:2) sono i primi a dichiarare che “le rigide dicotomie tra turismo e pellegrinaggio o
turista e pellegrino non sembrano più sostenibili nel mutevole mondo del viaggio post-
moderno”. A partire dalla metà degli anni novanta è emerso un nuovo focus sul
pellegrinaggio grazie a ricercatori attivi nel campo del turismo che hanno esplorato
interessanti ambiti di ricerca, dall’ambito politico a quello culturale attraversando quelli
economico, geografico e comportamentale. (Timothy & Olsen, 2006). Molti di questi
nuovi lavori riflettono una tendenza che porta verso la de-differenziazione al punto che
alcuni ricercatori hanno sostenuto che le differenze tra turismo, pellegrinaggio religioso
e pellegrinaggio secolare si stanno progressivamente restringendo (Bilu, 1998; Kong,
2001). Nonostante mantenga le sue distintive caratteristiche religiose, che riguardano la
visita a un luogo santo e l’esperienza stessa del pellegrinaggio, (Belhassen et al, 2008)
quest’ultimo è attualmente interessato da nuove forme di motivazione collegate alla
ricerca dell’autenticità, della spiritualità e dell’arricchimento culturale, dando slancio a
nuove forme di turismo (turismo culturale, slow tourism, etc.) che forniscono
un’alternativa al modello tradizionale. Nel confronto tra il vecchio e il nuovo paradigma
di pellegrinaggio, Bartolomei (2009) sostiene che le forme di mobilità quali la
preferenza per il viaggio a piedi e per il cammino in stretto contatto con la terra sono
molto simili a quelle del passato. Ciò che diverge è lo scopo del viaggio, il quale è
passato da un processo essenzialmente religioso a un processo di “ricerca di significato”
nel quale il viaggio diventa esperienza. Il turismo verso luoghi di fede è accompagnato
da motivazioni di carattere più laico e moderno come l’interesse per l’arte, la cultura e il
paesaggio delle località attraversate. Rizzello & Trono (2013) riconoscono nel
pellegrinaggio attuale una nuova forma di turismo che definiscono spirituale e che
risulta associata a contesti e motivazioni multiple. Essa include il riconoscimento di
14
valori intimi che rispondono a un’etica individuale e che coinvolgono il recupero di
motivi religiosi, personali e spirituali. Questa tipologia di turismo sta acquisendo una
crescente popolarità poiché aggiunge al viaggio un nuovo strato di valori emozionali
collegati alla location, al percorso e all’evento religioso. Appurata l’esistenza di un
segmento di pellegrini che si mettono in cammino per risolvere interrogativi relativi alla
propria soggettività, Ebadi (2015) opera una distinzione tra pellegrinaggio religioso e
laico distinguendo all’interno di quest’ultimo tre diverse forme: culturale, politico e
nostalgico. Tra questi, notevole importanza assume il pellegrinaggio culturale. Esso
trova frequente attuazione verso molti antichi siti religiosi e spirituali che attraggono
tanti visitatori, non tanto a causa della loro natura sacra o religiosa in senso tradizionale,
quanto in virtù del loro notevole valore storico, culturale o architettonico. Molti siti
UNESCO patrimonio mondiale dell’umanità sono conosciuti per questo motivo e
includono luoghi come santuari, sinagoghe, pagode, monasteri, templi, grotte,
montagne, piramidi, cimiteri, campi di battaglia e così via (Stausberg, 2011; Sharpley,
2012). Da una rapida analisi della letteratura esistente è quindi possibile porre l’accento
su due aspetti che accomunano molti autori. In primo luogo, i ricercatori convengono
sul fatto che il pellegrinaggio sia tuttora in evoluzione e stia assumendo via via nuove
forme, che partendo dal pellegrinaggio religioso in senso stretto si avvicinano
progressivamente al turismo religioso sino a lambire e talvolta a incontrare il turismo
culturale. In secondo luogo, nonostante questo riconoscimento, permane la tendenza a
distinguere ciò che è inconfutabilmente pellegrinaggio religioso dalle altre forme di
viaggio a piedi o in mobilità dolce che non rientrano nella categoria già citata. Per
esempio, Digance (2006) afferma che l’essere motivati a intraprendere un
pellegrinaggio come un “atto di fede” è una caratteristica fondamentale nel
pellegrinaggio religioso, mentre è latente nel moderno pellegrinaggio laico. A livello
dimensionale, sebbene vi siano innumerevoli mete di pellegrinaggio sparse per il
mondo, la citazione di alcuni numeri può agevolare la comprensione della vastità del
fenomeno. Ogni anno, secondo Singh (2006), un numero stimato tra i tre e i cinque
milioni di musulmani effettua l’Hajj, l’annuale pellegrinaggio musulmano a La Mecca,
circa cinque milioni di pellegrini si recano a Lourdes in Francia e 28 milioni
approssimativamente di pellegrini Indù visitano il fiume Gange in India. Secondo Antz
(2012), nella sola Europa, più di 6000 siti di pellegrinaggio cristiano attraggono ogni
anno tra i 60 e i 70 milioni di pellegrini.
15
1.2 GLI ITINERARI CULTURALI, CONNESSIONE TRA PELLEGRINAGGIO E
SVILUPPO TERRITORIALE.
La definizione di turismo culturale fornita dall’Organizzazione Mondiale del Turismo
(UNWTO) nel 1985 rappresenta un primo importante punto di contatto tra il
pellegrinaggio e il turismo culturale. L’UNWTO concentrandosi sulle motivazioni di
viaggio del turista asserisce che “il turismo culturale include movimenti di persone per
ragioni essenzialmente culturali come vacanze studio, consumo di arti visive, spettacoli
e tour culturali, viaggi per assistere a festival e altri eventi culturali, visite a siti e
monumenti, viaggi per studiare la natura, e ancora per folklore, arte o pellegrinaggi”
(UNWTO, 1985:131). Anche Richards (1997:24) nel definire il turismo culturale si
concentra sui viaggiatori affermando che il turismo culturale è “il movimento di persone
verso un’attrazione culturale lontana dal loro luogo abituale di residenza, con
l’intenzione di raccogliere nuove informazioni ed esperienze al fine di soddisfare i
propri bisogni culturali”. Dal punto di vista dimensionale, il turismo culturale è oggi
uno dei più ampi segmenti del mercato turistico e rappresenta un settore importante
nella strategia turistica europea costituendo circa il 40% del turismo europeo (Richards,
2012). Acclarato che il patrimonio culturale, tangibile e intangibile, presente su un
territorio rappresenta la fondamentale motivazione che spinge il turista culturale a
recarsi nel territorio stesso, nella comunità scientifica si è aperto un dibattito
concernente la considerazione del patrimonio culturale dal punto di vista economico. In
particolare, se da un lato la maggior parte degli economisti considera il patrimonio
culturale come uno stock di capitale degno di essere conservato (Mazzanti, 2002),
dall’altro gli economisti della cultura (Greffe, 2003; Santagata, 2002; Trimarchi, 1996;
Santagata, 2007; Valentino, 2003; Mazzanti, 2002) interpretano il patrimonio culturale
non come stock, ma come risorsa economica da attivare per lo sviluppo locale, come
risorsa economica diretta, attraverso il turismo, indiretta in quanto fonte di benessere per
la collettività e soprattutto come risorsa relazionale all’interno dell’ecosistema culturale
(Greffe, 2003). In questo senso il patrimonio culturale non può essere letto
esclusivamente come strumento per la produzione di un profitto, bensì come mezzo per
la costruzione di una relazione sia individuale che collettiva (Béghain, 1998) nei
confronti di un’eredità e una identità comuni (Mariotti, 2012). Un elemento che, al
contrario, unisce gli studiosi è il riconoscimento del progressivo superamento
dell’organizzazione turistica nella sua dimensione locale, divenuta non più sufficiente
16
nel fronteggiare la crescente competitività dei mercati turistici. Di conseguenza, il focus
si è trasferito sulle reti lunghe, capaci di integrare le specificità locali creando e
sostenendo una filiera culturale basata su elementi tangibili e intangibili di un
patrimonio condiviso. Gli itinerari culturali nascono concettualmente come risposta alla
necessità di bypassare la frammentazione territoriale e (Council of Europe, 2010; CIP,
2011) far funzionare le reti lunghe e le reti corte degli attori culturali e turistici, al fine
di incrementare l’efficienza e la competitività delle imprese coinvolte nei singoli
territori e garantire un miglioramento della qualità della vita dei residenti e la loro
consapevolezza in quanto cittadini europei. Gli itinerari culturali pertanto, non sono una
mera sequenza di oggetti (come musei o siti archeologici), ma il filo conduttore di un
processo evolutivo di una particolare caratteristica culturale identitaria a scala urbana o
più propriamente territoriale (Dallari et al., 2010). Essi possono rappresentare un valido
strumento per lo sviluppo e la valorizzazione di un territorio soprattutto per il “museo
diffuso” italiano, includendo anche località minori tradizionalmente escluse dai flussi
turistici principali, ed essere allo stesso tempo (Al-Hagla, 2010) lo strumento più adatto
per superare il dilemma che si pone, in particolare in ambito urbano in centri medi o
piccoli, fra “heritage preservation” e “development”. Negli ultimi anni la concezione di
patrimonio culturale da parte di organismi internazionali quali ICOMOS, UNESCO,
Consiglio d’Europa e Commissione Europea ha subito un’evoluzione portando anche a
diverse interpretazioni degli itinerari culturali, da parte delle diverse organizzazioni,
basate sugli obiettivi che ciascuna di esse si prefigge di realizzare. Lo stimolante
concetto di itinerario come vettore di cultura è stato, a partire dal 1988, alla base di
alcuni progetti di studio intrapresi dall’UNESCO come lo “Studio integrale delle Vie
della Seta: Vie del Dialogo”, seguito nel 1994 dall’implementazione del progetto Rotta
degli Schiavi e nel 2004 dal progetto pilota triennale “Les Routes des Ksour”.
L’UNESCO definisce un itinerario culturale “un itinerario composto da elementi
tangibili, il cui significato culturale deriva da scambi e dialoghi multidimensionali tra
paesi e regioni e che illustrano il movimento interattivo e continuativo delle persone
lungo l’itinerario, nello spazio e nel tempo”. Nell’approccio UNESCO il valore
culturale di un itinerario può essere misurato sia attraverso le dinamiche (commerciali,
filosofiche e religiose) che esso potrebbe aver generato o favorito (trasferimenti di
merci, conoscenza e know how), sia attraverso il significato simbolico che esso
rappresenta per chiunque lo utilizzi o l’abbia utilizzato
(http://whc.unesco.org/archive/routes94.htm). L’UNESCO ha in seguito affidato ad uno
17
specifico comitato dell’ICOMOS, il CIIC (Comitato Internazionale per gli Itinerari
Culturali) il compito di promuovere l’identificazione, lo studio e lo sviluppo degli
itinerari culturali in connessione con la conservazione e la valorizzazione dei
monumenti, degli edifici, dei reperti archeologici, dei paesaggi e dei siti culturali che
insistono su di essi (http://www.icomos-ciic.org/INDEX_ingl.htm). Il CIIC ha prodotto
la carta ICOMOS degli Itinerari Culturali, ratificata nel corso della sedicesima
assemblea generale dell’organismo, tenutasi in Canada nel 2008. La carta afferma che
gli itinerari culturali “rappresentano i processi evolutivi, interattivi e dinamici delle
relazioni umane interculturali, che a loro volta riflettono la diversità dei contributi dei
differenti popoli al patrimonio culturale”. La carta contiene inoltre la classificazione
degli itinerari culturali oltre alla metodologia per la ricerca, valorizzazione,
preservazione, conservazione, uso e gestione degli stessi. Per l’Unione Europea, gli
itinerari culturali sono maggiormente percepiti come strumento di sviluppo economico
attraverso le azioni della DG Industry, cui fa capo il settore turismo della UE, che ha di
recente promosso lo sviluppo di attività su questo tema (Beltramo, 2013).
Il Consiglio d’Europa (CoE) considera gli itinerari culturali come mezzi in grado di
dimostrare, attraverso il viaggio nello spazio e nel tempo, che il patrimonio e le culture
dei diversi paesi europei contribuiscono a un unico patrimonio culturale comune
(www.coe.int). Becker e Steinecke (1993) considerano gli itinerari un veicolo di
comunicazione, di scambio tra le nazioni e le culture, cioè uno strumento per
consolidare l’identità europea, un processo virtuoso di riappropriazione democratica del
proprio essere collettività. Per Berti (2012) gli Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa
rappresentano l’evoluzione concettuale dei viaggi di studio compiuti dai chierici
medievali nei diversi monasteri d’Europa e del più recente Grand Tour, praticato dai
giovani della borghesia e dell’aristocrazia europea nel XVIII secolo, per conoscere il
continente europeo attraverso le sue meraviglie e i suoi monumenta.
1.3 ITINERARI CULTURALI DEL CONSIGLIO D’EUROPA, DA VISION DI
PROSPETTIVA A PARADIGMA DI TURISMO CULTURALE SOSTENIBILE
Un itinerario culturale è definito dal Consiglio d’Europa (CM/Res(2013)66) “un
progetto culturale e di cooperazione turistica e di educational heritage che mira allo
sviluppo e alla promozione di un itinerario o di una serie di essi sulla base di un
percorso storico, di un concetto culturale e di ambito transnazionale con particolare
rilievo e significato per la comprensione e il rispetto dei valori comunitari europei”.
18
Agli itinerari culturali, il CoE ha dedicato uno specifico programma partito nel 1987
con l’individuazione del Cammino di Santiago come primo itinerario culturale del
Consiglio d’Europa. Il CoE ha mostrato, già nel 1987, grandi poteri di anticipazione e
visione, in anticipo rispetto ai più recenti sviluppi nelle pratiche culturali relative al
turismo, includendo la crescente domanda per il turismo “intelligente” e rispettoso e per
le esperienze autentiche (Denu, 2015). Con la prima risoluzione sugli Itinerari Culturali
del Consiglio d’Europa n°4 (1998), il CoE ha stabilito una prima lista di criteri che il
tema caratterizzante l’itinerario deve rispettare e ha inoltre classificato gli itinerari in tre
categorie: Grande Itinerario Culturale del Consiglio D’Europa, Itinerario Culturale del
Consiglio d’Europa e eventi o attività “nell’ambito degli Itinerari Culturali del
Consiglio d’Europa”. Nella risoluzione del 1998 gli itinerari vengono considerati i
veicoli che consentono alle giovani generazioni di acquisire maggiore consapevolezza e
senso di cittadinanza europea, comprendere la storia dell’Europa sulla base del
patrimonio fisico e naturale, tangibile e intangibile, identificare i comuni valori europei
e instaurare progetti di cooperazione nei campi della ricerca, dell’arte e della cultura e
dello sviluppo del turismo culturale in Europa, contribuendo così al processo di
costruzione dell’identità europea. Gli itinerari hanno inoltre l’obiettivo di preservare il
patrimonio culturale come fattore di miglioramento della qualità della vita e come fonte
di sviluppo sociale, economico e culturale (Beltramo, 2013). Dopo il riconoscimento del
Cammino di Santiago, altri itinerari culturali sono stati riconosciuti dal CoE: The Hansa
(1992), The Heinrich Schickhardt Route (1992), The Viking Routes (1993), la Via
Francigena (1994), etc., e con il progressivo aumento d’interesse manifestato per gli
itinerari culturali e il loro potenziale, una seconda risoluzione CM/Res(2007)12 è stata
posta in essere dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Essa definiva con
maggiore precisione le tematiche che devono caratterizzare un itinerario culturale,
asserendo che quest’ultimo, nel rispetto delle carte europee relative alla valorizzazione e
alla protezione del paesaggio, deve contribuire all’interpretazione dell’Europa moderna,
rifacendosi ad almeno uno dei temi proposti dal programma: popoli, migrazioni e grandi
correnti di civilizzazione. La risoluzione, inoltre, annulla la precedente tripartizione
degli itinerari in categorie, inserendo il riconoscimento unico di “Itinerario Culturale del
Consiglio d’Europa”, cui affidare il ruolo di includere luoghi e territori, rurali e
industriali, lontani dai tradizionali flussi turistici, promuovendone il recupero e la
valorizzazione. Un’ulteriore limatura ai criteri per la certificazione di un itinerario è
stata attuata con la risoluzione CM/Res(2010)52 che ha inoltre inserito
19
l’organizzazione di un advisory forum annuale come evento più significativo e
importante nell’ambito del programma degli itinerari culturali. Il forum fornisce una
piattaforma per la discussione dei trends e delle sfide relative agli itinerari, lo scambio
di esperienze e di buone pratiche e per lo sviluppo di partnership e iniziative condivise.
Un punto di svolta è stato raggiunto con l’adozione della risoluzione CM/Res(2010)53
che ha introdotto l’Accordo Parziale Allargato o Enlarged Partial Agreement (EPA)
sugli itinerari culturali. Tale accordo è nato in risposta alla necessità di finanziare con
maggior vigore il programma degli itinerari culturali, il cui budget ordinario risultava
insufficiente a fornire qualsiasi valore aggiunto all’azione del Consiglio d’Europa in
questo campo (Denu, 2015). L’accordo, inizialmente sottoscritto da 13 membri
fondatori, è aperto anche agli stati non ancora membri del CoE, nell’ottica di un
ampliamento della cooperazione estesa agli stati del bacino mediterraneo e dell’Europa
centrale e orientale, e consta a giugno 2016 di 26 stati membri che si impegnano con la
loro adesione a supportare: lo sviluppo di una strategia e vision comune per gli itinerari
culturali come prodotti turistici; lo sviluppo di partnership per incrementare le risorse
disponibili per gli itinerari culturali in Europa; l’identificazione e la diffusione di buone
pratiche. L’EPA, previsto inizialmente per la durata di tre anni, è stato confermato e
reso permanente dalla risoluzione CM/Res(2013)66, cui ha fatto seguito la risoluzione
CM/Res(2013)67 che ha aggiornato le regole per ottenere il riconoscimento di Itinerario
Culturale del Consiglio d’Europa, e definito lo stesso come “uno strumento essenziale
per incrementare la consapevolezza di un patrimonio europeo condiviso come base
costituente della cittadinanza europea, un mezzo per il miglioramento della qualità della
vita e una fonte di sviluppo sociale, economico e culturale”. Dal 1998, il programma
degli itinerari culturali è curato dall’istituto europeo degli itinerari culturali (EICR),
insediatosi in Lussemburgo grazie a un accordo tra il Ministero della Cultura del
Granducato e il CoE. L’EICR svolge il ruolo di agenzia tecnica del Consiglio d’Europa,
fornendo consulenza e assistenza sia agli itinerari già certificati, sia a quelli in fase di
progettazione e candidatura. L’istituto promuove inoltre una maggiore consapevolezza
dei collegamenti tra cultura, turismo e ambiente, compie la valutazione periodica degli
itinerari culturali certificati, accoglie periodicamente esperti, ricercatori e studenti e
ospita archivi contenenti un’ampia documentazione riguardante il programma degli
itinerari. In virtù dell’accordo tra il Ministero degli Esteri di Lussemburgo e il CoE, il
segretario esecutivo dell’EPA è allo stesso tempo direttore dell’EICR rafforzando così
la cooperazione tra le due organizzazioni. Nel 2015 sono 33 gli itinerari culturali
20
riconosciuti dal Consiglio d’Europa, con diversi temi che illustrano la memoria, la storia
e il patrimonio europeo contribuendo all’interpretazione della diversità dell’Europa dei
giorni nostri (http://culture-routes.net). Considerando la geometria degli itinerari, Berti
(2012) propone una suddivisione degli stessi in tre diverse tipologie: itinerari territoriali,
lineari e reticolari (o ad arcipelago). In particolare, per (Berti, 2012:83) “gli itinerari
territoriali sono caratterizzati dalla contiguità dei territori coinvolti, su cui si sviluppano
percorsi narrativi, che ne evidenziano la tematica.” “I territori interessati dall’itinerario
possono risultare: accomunati dalla presenza di una stessa risorsa territoriale (Iter Vitis
Route, Routes of the Olive Tree, The Iron Route in the Pyrenees), o essere
contraddistinti dalla presenza di una stessa corrente di civilizzazione” (Routes of El
Legado of Andalusi). Per gli itinerari che presentano una scala sovranazionale e
transfrontaliera è inoltre necessario implementare la cooperazione in materia di
paesaggio prevista dalla Convenzione Europea del Paesaggio. Gli itinerari reticolari, a
differenza dei primi, non presentano una contiguità territoriale, poiché in essi,
nell’ambito della tematica di riferimento, il legame instaurato dai singoli beni con il
paesaggio circostante è più importante della contiguità territoriale. La rete di luoghi
costituenti l’itinerario può prevedere: (Berti, 2012:87) “beni architettonici singoli (The
European Mozart Ways), parti di città (European Route of Jewish Heritage) e intere
città (European Route of Historical Thermal Towns)”. Gli itinerari lineari, infine, (Berti,
2012:84) “ricalcano sempre delle infrastrutture storiche, siano queste rotte di
commercio marittimo e terrestri, viabilità percorse per pellegrinaggi o crociati e strade
utilizzate per creare relazioni tra territori distanti”. Si tratta d’itinerari che si sono
sviluppati e sono stati trasformati nel corso della storia, in stretta relazione con il
territorio che ricoprono. Poiché gli itinerari sono parte di una matrice territoriale, i
territori stessi sono stati trasformati dall’itinerario e dai viaggiatori che lo percorrevano
(Berti, 2012). Esempi rappresentativi d’itinerari lineari sono il Cammino di Santiago e
la Via Francigena, il primo connette l’Europa orientale a quella occidentale, il secondo
collega l’Europa settentrionale a quella meridionale. Si tratta in entrambi i casi di strade
di pellegrinaggio che attraverso le relazioni sviluppatesi su di esse nel tempo, hanno
plasmato l’identità europea attraverso i secoli e che recentemente hanno subito una
progressiva riscoperta e valorizzazione, accogliendo tipologie diverse di camminatori e
pellegrini, e sperimentando quel restringimento dei confini tra turista e pellegrino cui
molti autori hanno fatto riferimento. Dal punto di vista storico, Santiago di Compostela
come meta di pellegrinaggio ha iniziato ad attirare fedeli a partire dal X secolo, grazie
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alla presenza della tomba di San Giacomo maggiore che divenne il protettore di tutta la
Spagna e il simbolo della lotta contro i mori. Il pellegrinaggio a Santiago ha conosciuto
il periodo di maggior splendore nel XII secolo cui è seguita una fase di declino nel
Seicento. Tuttavia, in seguito alla ristrutturazione in stile barocco della cattedrale, il
cammino ha recuperato gradualmente la sua fama e continua a riscuotere un crescente
successo negli ultimi anni (Battilani, 2001). La tradizione di pellegrinaggio sulla Via
Francigena, invece, non è stata continuativa, poiché, dopo il medioevo e in particolare
dopo la Riforma, il flusso di pellegrini si è ridotto drasticamente sino quasi a scomparire
(Lucarno, 2009). I dati raccolti dall’ufficio di accoglienza del pellegrino in Santiago di
Compostela (https://oficinadelperegrino.com) indicano che nel 2015 oltre 260 mila
pellegrini hanno certificato l’avvenuta effettuazione del proprio pellegrinaggio una volta
giunti a Santiago.
22
23
CAPITOLO DUE
LA VIA FRANCIGENA, ITINERARIO CULTURALE DEL CONSIGLIO
D’EUROPA DA CANTERBURY ALLA PUGLIA
2.1 LA VIA FRANCIGENA, UN MELTING-POT DI CULTURE NEI SECOLI
Caucci Von Saucken (1999) afferma che la Via Francigena connettendo diversi borghi e
città è un incrocio di esperienze umane, natura, arte e storia; è un universo che attende
di essere scoperto, un viaggio nel passato e in uno spazio sospeso tra realtà e
immaginazione, tra passato e presente. Via Francigena è un nome che racchiude in sé
molteplici sfaccettature. Con esso dal punto di vista storico si fa riferimento a un fascio
di vie, articolate intorno a una direttrice principale, che nel medioevo collegavano
l’Europa settentrionale, Inghilterra, Francia, Germania e Spagna in primis, con Roma e
quest’ultima con la Terra Santa, unendo le tre Peregrinationes Majores cristiane: Roma,
Gerusalemme e Santiago di Compostela. Queste vie erano frequentate da mercanti,
eserciti, fiere, viandanti e pellegrini, i quali valicando i confini dei regni dell’epoca
contribuivano alla creazione e alla diffusione delle diverse culture europee, favorendo
così la formazione di un’identità europea e di un patrimonio culturale condiviso che
tuttora caratterizza e segna la nostra quotidianità. La Via Francigena deve il proprio
nome all’attraversamento della terra dei Franchi, tuttavia nel corso della storia, essa ha
assunto diverse denominazioni chiamandosi Franchigena, Francisca, Francesca o
Romea a seconda del periodo temporale a cui si fa riferimento. Le direttrici principali
della Francigena collegavano l’Italia alla Francia e quindi alla Spagna attraverso il
Moncenisio, il Monginevro o la valle di Susa, mentre l’accesso in Italia dalla Svizzera,
dalla Francia nord orientale e dai Paesi dell’Europa settentrionale avveniva valicando il
Colle del Gran San Bernardo. Il percorso scendeva quindi quasi linearmente e con
poche varianti sino a Roma. Dalla Città Eterna si aprivano diverse diramazioni verso
sud che seguivano le antiche vie romane: la Via Latina, la Regina viarum Appia Antica,
l’Appia Traiana etc., che valicavano gli appennini in punti differenti sino a condurre ai
porti pugliesi. Da Siponto, Barletta, Trani, Molfetta, Bari, Otranto e cosi via, era
possibile imbarcarsi per l’altra sponda dell’Adriatico, seguendo la Via Egnatia sino a
Costantinopoli e Gerusalemme, o diversamente i pellegrini potevano procedere via mare
facendo scalo a Creta, Rodi, Cipro e in altre isole del mediterraneo prima di giungere in
Terra Santa. Diverse sono le testimonianze di pellegrini che hanno utilizzato la via
pervenute ai giorni nostri. Solo per citarne alcune è possibile menzionare: l’itinerarium
24
Burdigalense, scritto da un anonimo pellegrino nel 333 d.C., che partito dall’attuale
Bordeaux si è recato in Terrasanta; l’itinerario del monaco francese Bernardo (867-870
d.C.) che raggiunta Roma proseguì sino a Taranto per poi imbarcarsi alla volta di
Gerusalemme; l’itinerario dell’abate islandese Nikulas di Munkathvera che nel 1154 si
recò a Roma e poi in Terra Santa evidenziando già allora le numerose varianti al
percorso originale cresciute nel contempo. A essi è inoltre possibile aggiungere le
testimonianze dei viaggi compiuti da Pietro l’Eremita (1095 d.C.), Fulcherio di Chartres
(1096 d.C.), il Principe Gugliemo (1101 d.C.), San Totonio (1080-1160), il re di Francia
Filippo Augusto (1191 d.C.) e molte altre ancora (Stopani, 2008). La notevole
importanza della Via Francigena come strada di comunicazione attraverso i secoli è
comprovata anche dalla progressiva creazione lungo il suo percorso d’innumerevoli
strutture ricettive e assistenziali, oltre a santuari, ospedali, luoghi di sosta, centri abitati
e cimiteri. La Via Francigena riconosciuta come Itinerario Culturale del Consiglio
d’Europa ricalca l’itinerario seguito da Sigerico, arcivescovo di Canterbury che nel 990
s’incamminò verso Roma per ricevere da Papa Giovanni XV il Pallium, simbolo della
carica vescovile. Egli, nel suo viaggio di ritorno, annotò con cura le 79 tappe che gli
furono necessarie per fare ritorno a Canterbury e tali testimonianze sono racchiuse nel
Diario di Sigerico, custodito oggigiorno presso la British Library di Londra. L’itinerario
francigeno seguito da Sigerico è lungo circa 1800 chilometri e attraversa il territorio del
Kent in Inghilterra, le regioni Nord Pas-de-Calais et Picardie, Champagne-Ardenne e
Franche-Comté in Francia, i cantoni Vaud e Vallese in Svizzera e le regioni Valle
d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria, Toscana e Lazio in Italia.
Anche la Via Francigena seguita da Sigerico, che tra le sue peculiarità prevede
l’attraversamento degli appennini attraverso l’odierno passo della Cisa, ha vissuto il suo
periodo più roseo negli anni compresi tra il X e la fine del XII secolo, momento a partire
dal quale, l’intensificarsi dei commerci prima e l’avvento degli anni santi poi, con il
primo giubileo nel 1300, hanno favorito la creazione di un reticolo di itinerari
alternativi, sviluppatisi intorno alla direttrice principale, che ne hanno compromesso
l’importanza. Inoltre, nella via verso Roma, l’accresciuta importanza di Firenze in pieno
Rinascimento, ha fatto sì che i traffici commerciali si concentrassero nel nuovo asse
appenninico Bologna-Firenze, relegando di fatto il passo della Cisa a una funzione
meramente locale con il conseguente progressivo abbandono della Via Francigena
disegnata da Sigerico (Baudinelli & Bruschi, 2015).
25
Figura 2.1 La Via Francigena Itinerario Culturale del CoE da Canterbury a Roma.
2.2 LA RISCOPERTA DELL’ITINERARIO E IL RUOLO DELL’ASSOCIAZIONE
EUROPEA DELLE VIE FRANCIGENE
Con la riscoperta e rivalorizzazione del Cammino di Santiago, capace di decuplicare le
proprie presenze in breve tempo (da circa 2500 pellegrini nel 1985 a oltre 25000 solo 10
anni dopo), il Ministero del Turismo italiano ha iniziato, di concerto con le regioni, a
ragionare dell’opportunità di riscoprire e valorizzare un’altra antica e fondamentale via
di pellegrinaggio, la Via Francigena, promuovendo nel 1993 un progetto ad hoc per il
suo recupero. Forte della sua portata storica, e corredato dall’impeccabile cartografia
sviluppata in precedenza dall’Istituto Geografico Militare, tale progetto è stato
approvato dalla DG XXII della Commissione Europea nell’ambito del Piano di Azione
26
comunitario in favore del turismo e ha ottenuto il riconoscimento di Itinerario Culturale
del Consiglio d’Europa nel 1994. Negli anni a seguire, complice il giubileo del 2000,
l’interesse verso la Francigena si è progressivamente rafforzato, sebbene ancora
modesto fosse il numero di pellegrini che decidevano di riscoprire questa antica via. Un
punto di svolta è stato raggiunto nel 2001, quando a Fidenza (Parma), 34 enti locali
presenti sul tracciato italiano della Via, hanno dato vita all’ “Associazione dei Comuni
Italiani sulla Via Francigena, secondo l’Itinerario di Sigerico”, divenuta oggi
Associazione Europea delle Vie Francigene (AEVF). L’AEVF, che oggi conta 109 soci
tra cui molteplici enti inglesi, francesi e svizzeri, dalla sua fondazione, ha sempre
lavorato per lo sviluppo dell’itinerario e la risoluzione delle innumerevoli problematiche
connesse a quest’azione di recupero e di messa a valore. La sua costante attività e i
modelli di governance sviluppati per espletare la stessa, hanno portato prima al
riconoscimento della Via Francigena come “Grande Itinerario Culturale del Consiglio
d’Europa” (2004) e in seguito all’abilitazione dell’AEVF a réseau porteur della Via
Francigena (2007). Essa è stata cioè riconosciuta dal Consiglio d’Europa come
associazione di riferimento ufficiale per lo sviluppo della Via Francigena,
riconoscimento confermato anche nel 2012. A oggi, grazie agli investimenti perpetrati
dalle regioni italiane, all’attività di supervisione e coordinamento svolta dall’AEVF e
dai suoi soci e alle associazioni costituitesi intorno al tracciato e che animano la via, i
1800 chilometri dell’itinerario di Sigerico, da Canterbury a Roma, sono stati riscoperti,
messi in sicurezza e resi interamente percorribili. Il trascorrere degli anni ha visto anche
un notevole incremento d’interesse nei confronti della Via, il numero dei pellegrini, che
rappresentano il vero cuore pulsante dell’itinerario e allo stesso tempo la ragione
fondamentale della sua fortuna o disgrazia, è in costante aumento con prospettive di
crescita enormi, connesse anche al cambiamento della natura del fenomeno del
pellegrinaggio. Uno studio di Lucarno (2009), enumera in 512 le credenziali richieste
all’AEVF nel 2006, cui fanno da contraltare oltre 5000 credenziali richieste
all’associazione nel 2015. Il divario in termini numerici mostra inequivocabilmente il
trend di crescita dei pellegrini che intraprendono il cammino francigeno e le
notevolissime potenzialità di crescita futura. Tutto questo rilevando che oltre alle
credenziali ufficiali distribuite da AEVF per la Via Francigena, altre tipologie di
credenziali sono emesse da altre associazioni locali di camminatori ed enti ecclesiastici.
La volontà di unire in un unico percorso le tre Peregrinationes Majores ha da qualche
tempo fatto sorgere l’esigenza di estendere il cammino francigeno sino alla finis terrae
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di Santa Maria di Leuca, attuando una re-unificazione dell’Italia in chiave moderna e
riportando l’intera penisola italiana a essere quel ponte tra Europa settentrionale e
meridionale, tra oriente e occidente, che ha da sempre contraddistinto la sua storia e
contribuito alla formazione della cultura italiana ed europea. È proprio in quest’ottica
che AEVF ha convocato per la prima volta gli enti soci a Lucera nel 2012 e ha svolto la
propria assemblea generale a Foggia nell’anno successivo invitando formalmente
Campania, Molise e Puglia a parteciparvi. Nel 2014, con l’incontro a San Salvatore
Telesino (Benevento), si è costituito il coordinamento delle regioni del sud formato da
Lazio, Campania, Basilicata, Molise e Puglia, per lo sviluppo della direttrice
Roma/Puglia in direzione di Gerusalemme. L’AEVF ha quindi avviato un’azione, in
collaborazione con il gruppo di coordinamento, per realizzare il dossier di candidatura
volto all’estensione della certificazione di “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa”
alla direttrice della Via Francigena a sud di Roma. Tale dossier, la cui istruttoria tecnica
è stata seguita da Società Geografica Italiana Onlus per conto di AEVF, è stato
approvato dall’assemblea generale AEVF a Roma nel marzo 2015 e presentato nel mese
successivo al Governing Board dell’EPA. Lo scorso 14 aprile 2016 è giunta dall’EICR
di Lussemburgo, congiunta all’esito positivo della valutazione triennale dell’itinerario
di Sigerico già certificato, la notizia dell’approvazione del dossier di candidatura per
l’estensione a sud da parte del Governing Board. Lo stesso ha espresso parere
favorevole alla richiesta (formulata dall’assemblea generale AEVF il 19 marzo 2015) di
estensione della certificazione di “Itinerario culturale del Consiglio d’Europa” alla “Via
Francigena nel sud”, subordinandola all’accordo con le amministrazioni regionali
geograficamente interessate. La ratifica finale dell’estensione spetta all’assemblea
generale di AEVF, massimo organo del réseau porteur della Via Francigena, una volta
definito e approvato il citato accordo. Il 20 maggio 2016 a Napoli si è nuovamente
riunito il Comitato di coordinamento delle regioni del sud ed è stato predisposto un
protocollo d’intesa, sottoposto in questi giorni (Luglio 2016) alla sottoscrizione dei
rappresentanti regionali, per proseguire sulla strada della cooperazione e mettere in
campo iniziative mirate alla valorizzazione della Francigena da Roma alla Puglia. Con
la sigla del protocollo d’intesa le regioni del sud si impegnano ad aderire al CECTI
(Comitato Europeo di Coordinamento Tecnico Interregionale), cui partecipano tutte le
regioni coinvolte, e ad assumere impegni per attuare il master plan della Via Francigena
nel Sud nell’ambito del master plan europeo. Dopo l’adesione di Regione Lazio,
Regione Puglia e di Regione Basilicata, la prossima adesione di Regione Campania
28
consentirà di dare ulteriore slancio all’azione del comitato di coordinamento al fine di
porre in essere tutte le azioni necessarie al recupero del tracciato, alla sua messa in
sicurezza e percorribilità e quindi alla sua valorizzazione e promozione. La
realizzazione, da parte delle regioni e degli enti interessati, di tutte le azioni volte a
raggiungere gli obiettivi sopra elencati, aprirà la strada all’estensione della
certificazione a sud, generando così un unico itinerario lungo 2300 chilometri da
Canterbury a Brindisi, capace di farsi volano di sviluppo territoriale sostenibile
attraverso la promozione di un turismo culturale e responsabile, che si avvale della
mobilità dolce e invita il visitatore a scoprire i luoghi che attraversa e a instaurare con
essi una relazione, vivendo un’esperienza autentica e meritevole di essere promossa.
2.3 LE VIE FRANCIGENE DI PUGLIA, TRAIT D’UNION TRA SVILUPPO
CULTURALE E TERRITORIALE.
Per la sua conformazione e posizione strategica, la Puglia ha rappresentato da sempre un
crocevia di culture, il punto in cui levante e ponente si fondono e si intrecciano
influenzandosi a vicenda. Come ricorda Mazza (2009), numerose sono le testimonianze
che dipingono la Puglia come luogo di sosta e di transito di pellegrini e crociati in
viaggio verso la Terra Santa o di ritorno da essa. Pertanto, soprattutto nel caso della
Puglia è necessario declinare la Via Francigena al plurale, essendo state diverse le vie
percorse nel tempo per raggiungere i luoghi di culto, e i porti dai quali proseguire il
viaggio verso Gerusalemme. Le due arterie principali, intorno alle quali si sono
sviluppate le altre francigene, sono state le vie consolari romane, la Regina Viarum
Appia Antica, e la successiva Appia Traiana. La prima, cosi chiamata per l’assoluta
rilevanza assunta nel ruolo di testa di ponte tra la penisola e l’oriente, collegava Roma a
Brindisi e attraversando Capua, Benevento e Venosa entrava nelle Puglie sino a
raggiungere Taranto e quindi la meta finale sull’Adriatico. La seconda, voluta
dall’imperatore Traiano per velocizzare gli spostamenti delle legioni romane, si
staccava dall’Appia nei pressi di Benevento e valicando l’appennino nel suo tratto meno
impervio puntava dritta verso l’antica Aecae, l’odierna Troia, e di qui seguiva un
percorso semi costiero che attraverso Herdonia, oggi Ordona, Canosa di Puglia, Ruvo e
Bitonto si connetteva con Barium o giungeva al mare nei pressi dell’antica Egnatia e da
quest’ultima proseguiva sino a Brindisi. Alle vie consolari non si possono omettere di
aggiungere la Via Micaelica e la Via Litoranea. La prima conosciuta anche come Via
dell’Angelo e come Via Francesca nel suo ultimo tratto, partendo da Troia connetteva
29
quest’ultima con Monte Sant’Angelo, nella cui grotta dedicata al culto dell’Arcangelo
Michele, già dal V secolo era venerato il Principe delle Milizie Celesti che pellegrini e
crociati invocavano a propria protezione prima di proseguire il viaggio verso la Terra
Santa. Il pellegrinaggio alla grotta di San Michele tra il VII e il XII secolo era divenuto
esso stesso motivo d’intraprendenza del cammino e la fama del culto Micaelico,
diffusasi nell’Europa settentrionale grazie ai Longobardi, attirava sul Gargano pellegrini
provenienti da Francia, Germania e Gran Bretagna (Mazza, 2009). La Via Litoranea,
conosciuta anche come Traiana Marittima, collegava l’antica Sipontum, nei pressi
dell’attuale Manfredonia, con il tracciato della Via Appia Traiana passante per Bari,
consentendo di proseguire il viaggio costeggiando il mare sino a Brindisi. Meritano
inoltre una menzione particolare altre vie francigene come la Via Appia Traiana Calabra
che metteva in comunicazione Brindisi con Otranto e le Vie Sallentina e Leucadense
che conducevano sino al santuario di Santa Maria de Finibus Terrae a Leuca, per poi
risalire sino a Taranto, ricollegando il tacco d’Italia all’Appia Antica e quindi al resto
della penisola. Intorno a queste direttrici si sono sviluppate nel corso dei secoli
diramazioni, varianti, e bretelle che hanno servito e corredato i percorsi principali e
contribuito a costituire quel fascio di vie che è possibile oggi identificare e includere tra
le Vie Francigene. La ricchezza di questo patrimonio viario e storico-culturale e di tutti i
suoi componenti tangibili e intangibili, se da un lato testimonia il ruolo cruciale assunto
da queste rotte nel passato, dall’altro fa emergere la necessità di riscoprire e valorizzare
questi itinerari affinché diventino meta di un turismo culturale di qualità e possano
generare una nuova microeconomia legata al cammino, sul modello di quanto già
avvenuto su buona parte della Via Francigena di Sigerico e sul Cammino di Santiago.
L’obiettivo del presente lavoro di ricerca è proprio quello di mostrare come la
riscoperta, riqualificazione e messa a valore delle Vie Francigene in Puglia, nell'ambito
della mobilità dolce e in un quadro di collaborazione tra pubblico e privato, possano
rappresentare un’opportunità di sviluppo territoriale sostenibile. Nell’ottica di fornire un
contributo all’infrastrutturazione del percorso sia dal punto di vista fisico-strutturale, sia
dal punto di vista dell’accoglienza e della ricettività, entrambi elementi indispensabili
per l’esecuzione di un cammino, è stata posta in essere un’analisi empirica ricognitiva
dell’attuale stato dell’arte e delle prospettive future legate alla Via Francigena. Tale
analisi, da un lato rivolgendosi ai comuni presenti sul tracciato, mira a indagare la
consapevolezza, la propensione e la volontà di questi ultimi di attribuire alla Via
Francigena un ruolo chiave nel proprio futuro sviluppo economico e territoriale,
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dall’altro, è indirizzata alle strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere che
insistono sulla Via Francigena per approfondire la loro disponibilità ad aprirsi al
segmento dei camminatori e pellegrini, fornendo loro servizi specifici a prezzi
convenzionati e garantendosi così benefici di carattere economico e reputazionale. Il
comparto dell’ospitalità povera o pellegrina, per quanto sia fondamentale e
imprescindibile per lo sviluppo della Via Francigena in Puglia, non è stato oggetto di
analisi all’interno del presente lavoro. Tale decisione è scaturita dal fatto che una
ricognizione delle strutture ricettive religiose e affini è stata recentemente effettuata,
comune per comune, per il progetto Cult.Routes tra Regione Puglia e Regione
dell’Epiro di cui si dirà più avanti nel corso della trattazione.
2.4 LA TOSCANA, DA REGIONE PIONIERA A BENCHMARK DELLA
FRANCIGENA
La Via Francigena rappresenta per la Toscana, al pari di quanto avviene per la Puglia,
una spina dorsale che attraversa tutto il territorio regionale, includendo siti UNESCO
patrimonio mondiale dell’umanità, città d’arte, piccoli borghi a rischio spopolamento e
aree rurali tradizionalmente escluse dai flussi turistici più rilevanti. Nei suoi 375
chilometri dal Passo della Cisa sino al confine laziale la Via Francigena attraversa 37
comuni e 5 province con caratteristiche profondamente diverse. La Regione Toscana è
stata una delle prime a riconoscere le potenzialità insite nella Francigena e ha assunto e
mantenuto negli anni un ruolo chiave nell’implementazione di tutte le azioni volte al
rilancio della Via, dalla fase pionieristica iniziale sino alla crescente affermazione
odierna. In particolare, nel 2006 ha preso parte come regione capofila al progetto
interregionale “Via Francigena” con le altre sei regioni italiane dell’itinerario di
Sigerico. Nel 2009 è stata la prima regione ad avviare un piano ad hoc denominato
“Master Plan della Via Francigena”, uno strumento strategico condiviso con enti locali e
associazioni regionali, che ha permesso, attraverso un coordinamento istituzionale, di
realizzare gli interventi sotto la guida di un’unica cabina di regia evitando un’eccessiva
frammentazione delle competenze e dei risultati tra i singoli enti locali. Lo scopo
dichiarato nel master plan è quello di favorire lo sviluppo sostenibile in aree
turisticamente meno sfruttate, attraverso la promozione di una molteplicità di attività
(turismo naturalistico e sportivo, storico, culturale, religioso, di valorizzazione dei
prodotti enogastronomici) (Council of Europe, 2011). Il master plan annoverava tra i
suoi obiettivi l’infrastrutturazione e la messa in sicurezza del percorso attraverso la
31
predisposizione di punti tappa e strutture ricettive, piani per il recupero di monumenti e
l’adeguamento di strade e sentieri, l’apposizione della segnaletica e programmi specifici
di manutenzione generale. Per la messa in atto delle azioni contenute nel master plan è
stato attuato un piano operativo articolato in tre fasi, due delle quali già completate nel
febbraio 2014 e la restante ancora in corso, che ha inoltre previsto la realizzazione della
rete Wi-Fi lungo tutto il percorso. Il risultato di queste azioni ha portato nel giugno
2014 all’inaugurazione a Lucca del percorso toscano della Francigena, completamente
fruibile e in sicurezza, fornendo un ottimo esempio di best practice alle altre regioni.
L’Istituto Regionale per la Pianificazione Economica della Toscana (I.R.P.E.T.) ha
quantificato in 24 milioni di euro l’ammontare degli investimenti che sono stati
necessari per trasformare la Via Francigena in un prodotto turistico di rilievo
nell’ambito del panorama turistico toscano. Lo stesso istituto ha elaborato uno studio
(Conti et al., 2015) che ha valutato l’impatto della Francigena in Toscana in termini di
visitatori, nel periodo 1994-2012, di PIL regionale e di nuovi posti di lavoro creati nel
2012. Lo studio ha inoltre ipotizzato quattro diversi scenari evolutivi della Francigena
da qui al 2022 utilizzando come benchmark territori differenti per popolarità e
andamento. Selezionando un gruppo di 27 comuni francigeni appartenenti ad aree rurali
e confrontando la loro performance in termini di visitatori tra il 1994 e il 2012 con un
altro gruppo di controllo composto da comuni situati in aree rurali ma non attraversati
dalla Via Francigena, lo studio ha dimostrato che i comuni francigeni hanno registrato
performance inizialmente peggiori, ma dal 2000 in poi hanno visto incrementare il
volume dei propri visitatori del 34%. I dati relativi al periodo 2012-2014 sono stati
presentati dallo stesso Conti nell’ambito della conferenza internazionale “Via
Francigena, Via di Pace” svoltasi tra Fidenza e Piacenza il 28 e 29 aprile 2016. Essi
mostrano un ulteriore incremento di visitatori nei comuni francigeni del 11% rispetto ai
comuni del gruppo di controllo. Lo studio afferma inoltre che grazie ai 690000
pernottamenti strettamente legati all’itinerario, il PIL attivato dalla Francigena nel 2012
è quantificabile in 49,1 milioni di euro, cui corrispondono 881 nuovi posti di lavoro. Nel
prospettare gli scenari di sviluppo futuro della Francigena da qui al 2022, le previsioni
maggiormente prudenziali prevedono un aumento delle presenze nell’ordine del 40%,
quelle più ottimistiche prefigurano un andamento simile all’exploit vissuto dal
Cammino di Santiago con un numero di presenze quadruplicato rispetto al 2012. In
definitiva, la vision e la lungimiranza della Regione Toscana testimoniano, come anche
ricordato dal white paper “Puglia Francigena”, che nonostante la valorizzazione della
32
Via Francigena non sia un’automatica conseguenza del recupero infrastrutturale, è
altrettanto vero che senza il ripristino di un tracciato fruibile e in sicurezza non è
possibile implementare alcuna iniziativa di promozione e sviluppo. Per questa ragione
la priorità assoluta è costituita dal recupero del tracciato, affinché diventi un asset
capace di: generare intorno a sé nuova imprenditoria che offra servizi ai moderni
pellegrini e agli amanti dello slow tourism, favorire la riscoperta del territorio come
unicum, contribuire al superamento della frammentazione territoriale e restituire ai
giovani l’opportunità di costruirsi un futuro senza dover necessariamente emigrare.
33
CAPITOLO TRE
METODOLOGIA DI SVOLGIMENTO DELL’ANALISI EMPIRICA
3.1 METODOLOGIA
In fase di progettazione del lavoro di ricerca è stato ritenuto opportuno rivolgersi sia al
settore pubblico attraverso la consultazione degli amministratori dei centri abitati
coinvolti, sia al settore privato cercando di coinvolgere il maggior numero di strutture
ricettive possibile. Tale scelta è giustificata dalla possibilità di sviluppare sinergie tra i
due comparti e dall’importanza che queste assumono al fine di amplificare gli sforzi
collettivi e farli convergere verso lo sviluppo dell’itinerario secondo una direttrice
condivisa. La condivisione di questa vision tra il maggior numero di stakeholder
interessati e lo scambio di informazioni, buone pratiche e idee innovative in un’ottica di
collaborazione reciproca, è particolarmente importante in questa fase che precede la
robusta infrastrutturazione del percorso. L’analisi empirica è stata condotta con l’ausilio
di due differenti tipologie di questionari, di cui uno indirizzato ai comuni e loro
amministratori interessati dalla materia, l’altro riservato alle strutture ricettive che
potrebbero beneficiare di ricadute positive a seguito dello sviluppo del percorso. Per
l’esecuzione dell’analisi si è reso primariamente necessario identificare il tracciato e i
comuni interessati dal suo attraversamento. Due sono state le fonti principali per
ricostruire i percorsi francigeni fino a Brindisi: la deliberazione della Giunta Regionale
della Regione Puglia 1174 del 1° luglio 2013 e il tracciato presente sul sito web
www.viefrancigenedelsud.it, creato e gestito da AEVF. Proprio come avvenuto per la
Via Francigena di Sigerico, non essendo stato possibile in alcuni tratti risalire al
percorso originale delle Francigene, sia per la progressiva scomparsa delle antiche vie
romane, sia per la natura mutevole degli stessi percorsi dovuta alla presenza di briganti,
cause atmosferiche, imposizioni di dazi nel corso della storia, etc., appare necessario
ripartire dalle mansio e dagli altri luoghi principali attraversati dalla Via. La
deliberazione della Giunta Regionale intitolata “Approvazione del tracciato del percorso
pugliese delle Vie Francigene” riconosce espressamente come interessati dall’itinerario
26 comuni. Essi sono: Celle San Vito, Troia, Lucera, San Severo, San Marco in Lamis,
San Giovanni Rotondo, Monte Sant’Angelo, Manfredonia, Barletta, Bisceglie, Molfetta,
Giovinazzo, Bari, Mola di Bari, Monopoli, Torre Canne (Fasano), Torre S. Sabina
(Carovigno), Brindisi, Troia, Orta Nova, Cerignola, Canosa di Puglia, Andria, Corato,
34
Ruvo di Puglia, Bitonto. Nella consapevolezza che, trattandosi di un cammino, la
percorribilità di ogni singolo chilometro impatta sulla reputazione del cammino nella
sua interezza, si è ritenuto opportuno aggiungere al primo gruppo di comuni menzionati
un secondo gruppo di centri, il cui territorio comunale, secondo quanto riportato dalla
mappa presente sul sito ufficiale, è attraversato dal percorso francigeno per un tratto
lungo almeno un chilometro. Si tratta di 9 comuni ossia: Faeto, Biccari, Apricena,
Ordona, Stornara, Foggia, Terlizzi, Trani, Ostuni. Per la stessa ragione sono stati
aggiunti anche i comuni di Zapponeta e Margherita di Savoia, i quali pur non trovandosi
sul tracciato previsto dal sito ufficiale e non essendo richiamati nel testo della
deliberazione regionale, si trovano geograficamente in linea tra i comuni di
Manfredonia e Barletta, citati a loro volta nella delibera. Il totale dei comuni cosi presi
in considerazione ammonta a 37.
Figura 3.1 Vie Francigene di Puglia nella Delibera Giunta Regionale 1174 del 2013
Individuati i comuni, al fine di identificare i destinatari cui sottoporre i questionari, sono
state messe in atto due azioni:
35
- compilazione di una mailing list dei rappresentanti dei comuni coinvolti, reperendo
telefonicamente e via internet i recapiti di sindaci e assessori, con delega alla cultura, al
turismo o alla valorizzazione del patrimonio, laddove presenti, dei centri attraversati
dalla Francigena;
- costruzione della lista di strutture ricettive, alberghiere ed extra-alberghiere, interessate
dalla Francigena e compilazione della relativa mailing list.
Quest’ultima operazione è avvenuta avvalendosi del database di strutture ricettive di
Puglia Promozione scaricabile dall’apposita sezione “operatori turistici” sul sito web
www.agenziapugliapromozione.it, integrato dal database di strutture ricettive presente
sulla piattaforma open data di Regione Puglia, scaricabile da www.dataset.puglia.it e
aggiornato al 1° luglio 2015. Dall’elenco complessivo di strutture sono state in primo
luogo estratte solo quelle presenti sul territorio dei comuni attraversati dalla Via
Francigena. In secondo luogo, considerando come distanze massime ragionevoli, per
una struttura dal percorso, quella di 1 km per i pellegrini a piedi e di 5 km per i
cicloturisti e i pellegrini su due ruote, si è provveduto, seguendo il tracciato presente sul
sito ufficiale, a geo-referenziare ogni singola struttura per escludere dall’elenco
complessivo di strutture tutte quelle distanti, secondo la rete viaria disponibile, più di 5
km dal percorso. L’elenco definitivo di strutture ricettive entro i 5 km dal percorso
consta pertanto di 1228 unità. L’ultima fase ha riguardato il completamento del data-set
con gli indirizzi email mancanti laddove disponibili.
Figura 3.2 Percorso delle Vie Francigene di Puglia presente sul sito ufficiale
36
3.2 COMPOSIZIONE DEL QUESTIONARIO AI COMUNI DELLA VIA
FRANCIGENA IN PUGLIA
Il questionario rivolto ai rappresentanti istituzionali dei comuni coinvolti (si veda All.1
in appendice) si compone di cinque sezioni formate da domande aperte ognuna, cui si
aggiunge una sezione riservata a eventuali suggerimenti, pareri e opinioni
supplementari. La prima sezione “conoscenza e interesse” mira a indagare la
conoscenza da parte degli amministratori pubblici dell’esistenza della Via Francigena
sul proprio territorio comunale e la misura in cui essi ritengono che il cammino della
Via Francigena possa incidere sulle prospettive future di sviluppo culturale, economico
e turistico della propria comunità. La seconda sezione “iniziative presenti e passate” è
volta ad accertare se nei comuni interessati sono state già poste in essere alcune azioni
indispensabili all’infrastrutturazione del percorso quali segnaletica, messa in sicurezza,
percorribilità, accoglienza e strutture ricettive, promozione e se vi sono sviluppi in corso
d’opera o azioni di prossima realizzazione in concerto con la Regione. L’obiettivo della
terza sezione “potenziali benefici attesi futuri” è acclarare la percezione da parte degli
amministratori rispetto al potenziale della Via Francigena per lo sviluppo del territorio.
La stessa sezione vuole inoltre investigare se gli stessi ritengano che il proprio comune
possa beneficiare di un ritorno in termini di visibilità, economici, riposizionamento
culturale e integrazione attraverso lo sviluppo e la promozione di tale itinerario europeo.
La quarta sezione “rete europea” punta a chiarire quanto sia importante per gli
amministratori che il proprio comune divenga parte di una rete europea come quella
della Via Francigena e quali benefici si attenderebbero da un’eventuale partecipazione
diretta. L’intento della quinta sezione “governance e coordinamento” è assodare la
conoscenza da parte degli amministratori del lavoro svolto da AEVF come réseau
porteur della Via Francigena e verificare se essi considerino un valore aggiunto
l’adesione del proprio comune alla stessa AEVF entrando cosi nel programma degli
Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa.
3.3 COMPOSIZIONE DEL QUESTIONARIO ALLE STRUTTURE RICETTIVE
SULLA VIA FRANCIGENA IN PUGLIA
Il questionario rivolto alle strutture ricettive che si trovano in prossimità del tracciato (si
veda All.2 in appendice) si compone di 3 sezioni per un totale di 11 domande.
La prima sezione include 3 domande che mirano ad accertare:
37
- la conoscenza da parte del gestore/proprietario dell’esistenza della Via
Francigena, Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa,
- la consapevolezza dello stesso che la propria struttura sia situata sul percorso o
nelle sue immediate vicinanze,
- se la struttura ricettiva abbia già avuto occasione in passato di ospitare pellegrini
o viandanti.
La seconda sezione del questionario comprende 5 domande, la prima delle quali mira ad
indagare la disponibilità da parte del gestore/proprietario ad accogliere ad un prezzo
agevolato pellegrini e viandanti, muniti di apposita credenziale, a piedi o in bicicletta,
elaborando cosi un’offerta loro dedicata. L’eventuale risposta negativa a questa
domanda comporta la conclusione immediata del questionario.
Qualora invece la struttura si dichiari disponibile, al rispondente sono sottoposti 4
ulteriori quesiti che puntano ad approfondire:
- il prezzo massimo che la struttura applicherebbe a notte per persona,
- il numero di posti letto che la struttura metterebbe a disposizione dei pellegrini,
- in quale periodo dell’anno tali posti letto sarebbero messi a disposizione,
- quale tipologia di benefici la struttura si attenderebbe dalla partecipazione al
network della Francigena.
La terza sezione del questionario racchiude 3 domande e si focalizza sulla disponibilità
della struttura a offrire: servizi specifici al camminatore e viandante che si muove a
piedi, servizi al pellegrino e cicloturista che si muove su due ruote e infine servizi a tutti
i pellegrini indistintamente. Nella prima categoria rientrano servizi quali:
accompagnamento da parte di guide specializzate, noleggio bici e accessori e
disponibilità a prelevare escursionisti in difficoltà. Tra i servizi specifici riservati a
coloro che si muovono su due ruote si annoverano: custodia sicura bici, disponibilità a
prelevare cicloturisti in difficoltà, officina per la manutenzione di base, materiale,
informazioni e itinerari per ciclisti, riferimenti dei negozi, riparatori e altri servizi per la
biciclette, area lavaggio bici e informazioni su altre strutture ricettive per ciclisti.
Nell’ultima categoria dei servizi offerti indistintamente sia a pellegrini a piedi, sia su
due ruote, sono presenti numerosi servizi quali: lavaggio e asciugatura indumenti,
disponibilità per soggiorno di una sola notte, postazione internet, Wi-Fi, possibilità di
packed lunch e colazione anticipata, fornitura di mappe specifiche/carte escursionistiche
e informazioni sulle tappe successive oltre a servizio navetta per trasporto bici e bagagli.
A questi si aggiungono: locale o armadio idoneo a riporre le calzature utilizzate per il
38
cammino, animali ammessi, utilizzo della cucina, possibilità di cenare, orari di treni e
mezzi pubblici, giornali e letteratura specializzata, libro ospiti con osservazioni ed
esperienze, previsioni meteo locali, struttura accessibile a disabili e servizi di navetta
da/per fermata mezzi pubblici o parcheggi.
3.4 MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE DEI QUESTIONARI
Il questionario rivolto agli amministratori degli enti locali, redatto come semplice file
di testo, è stato spedito a mezzo posta elettronica ai rispettivi destinatari chiedendo loro
di compilare il file e restituirlo all’indirizzo mail scrivente. L’email di richiesta
compilazione è stata inoltre accompagnata da una lettera formale della professoressa
relatrice indirizzata ai sindaci dei comuni coinvolti con l’invito a collaborare alla
ricerca. Per le strutture ricettive è stato realizzato un apposito questionario sulla
piattaforma online di Google Moduli. Dopodiché, il link con il collegamento al
questionario è stato inserito nella mail di richiesta collaborazione e inviato a tutte le
1228 strutture ricettive interessate. Al primo invio sono seguiti alcuni successivi
solleciti. Le fasi di invio dei questionari e successiva raccolta dati si sono svolte dalla
metà di aprile a fine maggio 2016.
39
CAPITOLO QUATTRO
LA VIA FRANCIGENA IN PUGLIA, CONTESTO ATTUALE E
INIZIATIVE POSTE IN ESSERE
4.1 IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO
Considerando i dati dell’ultimo censimento Istat 2011, i 37 comuni attraversati dalla Via
Francigena in Puglia coprono circa il 33% del territorio regionale e raccolgono oltre
1.600.000 residenti costituendo circa il 40% della popolazione totale pugliese.
Figura 4.1 Distribuzione geografica dei comuni attraversati dalla Via Francigena
La densità abitativa nei comuni francigeni è maggiore rispetto alla media regionale (315
ab/km2
vs 207 ab/km2
). Tuttavia, notevoli differenze emergono scomponendo i valori
complessivi in aggregati più piccoli sulla base dei diversi territori regionali. Dividendo i
17 comuni che si affacciano sul mare dai 20 che si estendono nell’entroterra è possibile
verificare come i primi, pur avendo una superficie pari al 35% del territorio francigeno,
ospitano quasi il 60% della popolazione totale residente interessata dalla Francigena,
con una densità abitativa molto più elevata rispetto ai comuni dell’entroterra (512
ab/kmq vs 147 ab/km2
). Per approfondire l’analisi è utile raggruppare in cluster i
comuni che si trovano su territori con caratteristiche morfologiche simili. A tal
proposito s’identificano sei cluster cosi composti:
1) Subappenino Dauno (Faeto, Celle San Vito, Biccari, Troia),
40
2) Tavoliere delle Puglie (Apricena, San Severo, Lucera, Foggia, Ordona, Orta
Nova, Stornara, Cerignola),
3) Area Garganica (San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo, Monte
Sant’Angelo, Manfredonia)
4) Area Semi Costiera (Canosa di Puglia, Andria, Corato, Ruvo di Puglia, Terlizzi,
Bitonto)
5) Costa a nord di Bari (Zapponeta, Margherita di Savoia, Barletta, Trani,
Bisceglie, Molfetta, Giovinazzo)
6) Bari e la costa sud vs Brindisi (Bari, Mola di Bari, Polignano a Mare, Monopoli,
Fasano, Ostuni, Carovigno, Brindisi).
Figura 4.2 Comuni attraversati dalla Francigena divisi per cluster
I comuni del primo gruppo “Subappennino Dauno” contribuiscono per circa il 5% del
territorio francigeno pugliese pur ospitando solo lo 0,7% della popolazione complessiva
interessata dal tracciato. I 4 comuni membri sono i meno densamente popolati di tutti i
centri francigeni (26 ab/km2
vs 315 ab/km2
della media francigena) e l’età media della
popolazione è più elevata rispetto alla media regionale con punte del 57% di pensionati
nel comune di Celle San Vito. Il reddito medio imponibile pro-capite al 2014 (fonte: Il
Sole 24 Ore) è in linea con quello della provincia di Foggia (11.755€) pur essendo
inferiore alla media pugliese di 13.241€ e variando dai 9.898€ di Celle San Vito ai
41
13.695€ di Troia. Il trend della popolazione residente nei 4 comuni negli ultimi 5 anni è
in lieve diminuzione con il passaggio da poco più di 11.000 abitanti a circa 10.900
complessivamente. I comuni del Tavoliere rappresentano, con riferimento alla Via
Francigena in Puglia, circa un terzo della sua superficie, pur contenendo al loro interno
un quinto della popolazione totale. Si tratta anche in questo caso di aree a bassa densità
abitativa (138 ab/km2
) ad eccezione del capoluogo Foggia, la cui densità abitativa (288
ab/km2
) s’interpone tra la media regionale (207 ab/km2
) e quella della Via (315 ab/km2
).
Il reddito medio imponibile varia dagli 8.500€ circa di Stornara agli oltre 14.000€ di
Lucera con punte di oltre 17.000€ a Foggia, pur avendo una media complessiva in linea
con il dato provinciale. Il trend demografico è qui in crescita con un aumento della
popolazione nel 2015 di oltre 7.000 unità rispetto alle 331.000 registrate nel 2001.
Anche i comuni dell’area garganica hanno registrato negli ultimi cinque anni una lieve
crescita demografica. Essi includono il 17% della superficie totale della Via Francigena
in Puglia pur ospitando solo il 7% della popolazione complessiva legata alla stessa.
Anche nel territorio garganico la densità abitativa è relativamente contenuta (94 ab/km2
)
pur registrando valori più elevati nei comuni di Manfredonia e San Giovanni Rotondo.
Il reddito medio è più elevato della media regionale grazie anche all’apporto del settore
turistico da tempo sviluppatosi in gran parte dell’area. Esso varia dai 14.000€ di Monte
S. Angelo agli oltre 16.000€ di Manfredonia. Volgendo lo sguardo ai comuni
dell’entroterra compresi tra il fiume Ofanto e il capoluogo di regione si può osservare
come il reddito medio in questa zona sia perfettamente in linea con la media regionale
di 13.241€, variando dai circa 12.300€ di Andria ai 14.400€ di Bitonto. L’area semi
costiera ha una densità abitativa di 260 ab/km2
, superiore alla media regionale, sebbene
inferiore alla media della Francigena in Puglia. L’area rappresenta sia per superficie, sia
per popolazione totale, circa un quinto dell’intera Via e presenta un trend demografico
stabile nell’ultimo lustro. Il territorio dei centri abitati situati lungo la costa a nord di
Bari, nel tratto Zapponeta – Giovinazzo, costituisce circa l’8% della Francigena in
Puglia e ospita quasi un quinto della popolazione residente sul totale di tutta la Via.
Esso presenta una notevole densità abitativa (552 ab/km2
), 2,5 volte la media regionale
e decisamente superiore a quella della Via. Tali territori negli ultimi anni stanno
investendo in maniera crescente nel turismo, tuttavia quest’ultimo non ha ancora
espresso a pieno le sue potenzialità. Con la sola eccezione di Zapponeta, i cui abitanti
hanno un reddito imponibile medio di circa 9.000€, il reddito medio pro-capite oscilla
negli altri comuni tra i 13.000€ e i 15.000€, risultando lievemente al di sopra della
42
media regionale. Il trend demografico dal 2011 è in leggero aumento. Il territorio che
comprende Bari, Brindisi e i centri abitati tra essi situati include circa il 18% della
superficie della Via in Puglia ed è il più densamente popolato tra tutti quelli attraversati
dalla Francigena (579 ab/km2
), circa 20 volte più del Subappennino Dauno, 6 volte
l’area garganica e più del doppio rispetto all’area semi costiera. Inoltre, tale territorio ha
sperimentato negli ultimi 5 anni l’incremento maggiore in termini di popolazione, con
un aumento di quasi 14.000 unità, che hanno portato il numero dei residenti a superare i
597.000, risultando complessivamente pari al 36% della popolazione totale dei comuni
francigeni. In tutti i centri presi in considerazione a eccezione di Carovigno, il reddito
medio è superiore a quello regionale (13.241€) con punte di 17.800€ a Brindisi e poco
più di 20.000€ a Bari. A livello provinciale, dati Istat 2015 rilevano un tasso di
disoccupazione regionale del 19,7% ampiamente superiore alla media nazionale
dell’11,9%. Il tasso di disoccupazione nelle province coinvolte tocca il suo picco in
quella di Barletta-Andria-Trani con il 20,7% e il valore più basso nella provincia di
Brindisi con il 16,5%, con Bari che si posiziona lievemente sotto la media regionale
(19,1%) e Foggia leggermente sopra (20.1%). L’età media più elevata si riscontra nella
provincia di Brindisi (44), seguita da Bari (43,2), Foggia (42,7) e Barletta-Andria-Trani
(41,6).
4.2 IL CONTESTO TURISTICO
Il World Tourism Barometer pubblicato dall’Organizzazione Mondiale del Turismo
(UNWTO) nel marzo 2016, fornisce alcuni dati significativi riguardanti l’andamento
generale dell’industria turistica a livello globale. Nel 2015 il numero degli arrivi a
livello mondiale ha superato quota 1 miliardo e 184 milioni, segnando un +4,4% sul
2014 e il sesto aumento consecutivo dal 2010 superiore al 4%. Il World Travel &
Tourism Council (WTTC) nel rapporto 2016 sull’impatto economico del settore viaggi
e turismo stima che questo, includendo gli investimenti e i fornitori, tra impatto diretto,
indiretto e indotto valga il 9,8% del PIL mondiale e 283 milioni di posti di lavoro. Il
rapporto stima che entro i prossimi 10 anni il settore possa raggiungere il 10,8% di PIL
superando 1 miliardo e 900 milioni di arrivi turistici internazionali. Per quanto riguarda
l’Italia, il report 19/2016 di Eurostat sul Turismo in Europa, vede il nostro paese al terzo
posto in Europa per numero di pernottamenti totali (385 milioni), tra turismo domestico
e internazionale, in crescita dell’1,8% nel 2015 rispetto al 2014, con il turismo
internazionale che vale in Italia circa il 50% delle presenze totali. L’UNWTO
43
Barometer del maggio 2016 conferma l’Italia al terzo posto in Europa e al quinto nel
mondo per numero di arrivi internazionali, attestatisi nel 2015 a oltre 50,7 milioni, in
crescita del 4,4% sul 2014. Stime del WTTC riprese dall’ENIT quantificano in 167,5
miliardi di euro l’impatto dell’economia allargata del settore turistico sul PIL italiano
pari al 10,2%. Gli occupati diretti e indiretti sono stimati in 2.609.000 unità, con
un’incidenza sull’intera occupazione nazionale dell’11,6%. In Puglia, l’ultimo rapporto
prodotto dall'Osservatorio Regionale del Turismo relativo all’anno 2015 mostra una
crescita degli arrivi del 3,7% rispetto all’anno precedente con il totale che ammonta a
3,4 milioni, cui corrispondono 13,3 milioni di presenze. Gli arrivi internazionali sono
cresciuti del 9% portando il tasso d’internazionalizzazione regionale al 20%.
Quest’ultimo ha sperimentato un incremento di 6,8 punti percentuali solo negli ultimi 6
anni. I cinque principali mercati stranieri sono nell’ordine Germania, Francia, Svizzera,
Regno Unito e Belgio, anche se in forte crescita vi sono mercati come USA, Paesi
Bassi, Israele e Irlanda. Il numero delle strutture ricettive è aumentato nel 2015 del 7%
raggiungendo le 5.693 unità divise in 35% strutture alberghiere e 65% extra-alberghiere
per un totale di 282.600 posti letto. L’Istituto Pugliese per le Ricerche Economiche e
Sociali (IPRES) nel 2013 ha quantificato nell’8,5% il contributo del turismo in termini
di PIL regionale.
4.3 IL TURISMO NEI COMUNI DELLA FRANCIGENA
Con oltre 1.360.000 arrivi e 3.730.000 presenze i 37 comuni della Francigena in Puglia
hanno contribuito nel 2014 per il 41,8% del totale arrivi e per il 28,2% del totale
presenze registrate sul territorio regionale. La permanenza media nei comuni francigeni
è stata di 2,7 giorni a fronte dei 4,1 della media regionale. Nello stesso anno le presenze
per chilometro quadrato nei territori frencigeni sono state pari a 582 contro le 679 di
media regionale, mentre il numero medio di presenze per unità di popolazione è
risultato di 2,3 nei centri francigeni contro 3,2 della media regionale. Nel complesso i
comuni della Via Francigena presentano un tasso d’internazionalizzazione degli arrivi
del 23%, superiore alla media regionale del 20% e la forbice si amplia ulteriormente
guardando al tasso d’internazionalizzazione delle presenze: 19% Puglia vs 25% Via
Francigena. Confrontando la media dei 37 comuni considerati con quella regionale
rispetto al numero di strutture ricettive per chilometro quadrato, si può osservare come
il dato regionale di 0,29 sia superiore a quello della Via di 0,19. Alla stregua di quanto
fatto in precedenza, separando i 17 comuni che si affacciano sul mare dai 20 situati
44
nell’entroterra è possibile notare che il primo gruppo assorbe oltre l’80% delle presenze
di tutta la Via Francigena, sintomo della rilevanza che il turismo balneare possiede in
questi comuni. Di converso, i restanti 20 comuni non bagnati dal mare totalizzano
complessivamente solo il 19% di tutte le presenze della Via. Altro dato significativo è
costituito dal tasso d’internazionalizzazione che raggiunge il 26% nei comuni costieri a
fronte del 18% dei restanti. Da una prima analisi appare dunque evidente che se da un
lato lo sviluppo della Via Francigena potrà coadiuvare la destagionalizzazione delle
presenze nei comuni costieri, esso potrebbe rivestire un ruolo fondamentale per la
maggior parte dei comuni francigeni dell’entroterra, esclusi dai flussi turistici più
cospicui, aprendo cosi nuovi sbocchi occupazionali e contribuendo a diversificare
l’economia dei luoghi attraversati. Richiamando i cluster utilizzati in precedenza, è utile
approfondire l’analisi dei diversi contesti turistici al fine di comprenderne a pieno le
peculiarità. Il territorio del Subappennino Dauno è caratterizzato da bassa
antropizzazione e da un ambiente piuttosto rurale, e dal punto di vista turistico è quello
che in misura minore ha beneficiato di effetti economici indotti dal turismo. Difatti, le
presenze per chilometro quadrato ammontano a 10,2 unità ben lontane dalle 582 della
media Francigena in Puglia, con Troia che si conferma il principale centro d’attrazione.
Anche considerando l’offerta turistica emerge una distanza considerevole tra le 0,04
strutture ricettive per chilometro quadrato dell’area considerata e il valore medio della
Via di 0,19. L’impatto limitato del turismo nell’area è visibile anche osservando i
contributi percentuali degli arrivi e delle presenze sul totale della Francigena, che si
attestano in entrambi i casi allo 0,09%. Nonostante i limitati flussi turistici il tasso
d’internazionalizzazione delle presenze è perfettamente in linea con la media regionale,
la permanenza media di 2,8 giorni si conforma alla media della Francigena. Nei comuni
del Tavoliere le presenze per chilometro quadrato, pur restando sotto la media della Via
(582), salgono a 80,7 unità. Tuttavia la densità di strutture ricettive per km2
è più bassa
di quella rilevata nel Subappennino Dauno (0,03). Anche questo territorio non gode di
flussi turistici di rilievo: gli arrivi rappresentano solo il 6,7% del totale francigeno
mentre le presenze contribuiscono per il 4,9%. I principali centri attrattori risultano
nell’ordine Foggia, Lucera e San Severo. La percentuale di presenze straniere sul totale
raggiunge in questo territorio il suo picco più basso in assoluto con un valore del 12% e
la permanenza media di 1,9 giorni è sensibilmente bassa. Nell’area semi costiera che si
estende tra i territori di Canosa e Bitonto, il turismo non rappresenta uno dei motori
principali dell’economia, e pur essendo crescenti gli investimenti in questo ambito, la
45
permanenza media risulta appena superiore alle due giornate. In termini di arrivi e
presenze Corato è il centro capace di attrarre il maggior numero di turisti seguito da
Andria e Ruvo di Puglia. Le presenze per km2
raggiungono in quest’area le 106 unità e
maggiore è anche l’offerta ricettiva che si attesta a 0,10 strutture/km2
contro 0,19 della
media della Francigena. Il tasso d’internazionalizzazione (17%) è inferiore alla media
regionale mentre gli arrivi e le presenze hanno un’incidenza molto limitata contribuendo
rispettivamente per il 4,4% e il 3,4% al totale complessivo della Via. La situazione è
molto diversa nell’area garganica, dove al turismo balneare di Manfredonia si
aggiungono il turismo religioso e culturale di San Giovanni Rotondo e Monte
Sant’Angelo con San Marco in Lamis che invece non sperimenta flussi turistici
comparabili a quelli delle località precedenti. La permanenza media risulta appena
superiore alle due giornate, le presenze per km2
sono qui leggermente superiori alla
media regionale della Via Francigena e anche l’offerta di strutture/km2
è più elevata che
negli altri territori sin qui analizzati e con 0,16 si avvicina alla media della Via in
Puglia. Con oltre 417.000 presenze San Giovanni Rotondo contribuisce
considerevolmente a raggiungere la quota del 17,2%, che rappresenta il totale delle
presenze di quest’area rispetto al totale della Francigena in Puglia. Il tasso
d’internazionalizzazione qui non si discosta dal 20% regionale. Il quadro cambia
radicalmente prendendo in considerazione il tratto costiero che va da Zapponeta a
Giovinazzo. La permanenza media aumenta leggermente a 2,4 giornate, la componente
di turismo balneare prevale sulle altre tipologie, ciononostante l’impatto turistico
complessivo è limitato. L’intera striscia di costa contribuisce al totale delle presenze
legate alla Via in Puglia solo per il 9,4%, un’anomalia considerando l’elevata
concentrazione in questo territorio di strutture ricettive per km2
(0,50 contro 0,19 della
media delle Francigena). Giovinazzo, Barletta e Bisceglie sono nell’ordine i centri che
riescono a intercettare i flussi maggiori di turisti e, con un valore del 25%, la quota di
presenze straniere rispetto alle presenze totali è in linea con la media della Via e
superiore alla media regionale. L’area certamente più sviluppata dal punto di vista
turistico è quella compresa tra Bari e Brindisi, che presenta anche la permanenza media
più elevata con un valore di poco superiore ai 3 giorni. Essa contribuisce per il 56% al
totale degli arrivi e per il 65% al totale delle presenze registrate nei comuni attraversati
dalla Via Francigena. La forte connotazione turistica dell’area è confermata dall’elevato
valore di strutture ricettive per chilometro quadrato (0,52), maggiore sia della media
francigena in Puglia (0,19), sia della media regionale (0,29). Il numero di presenze per
46
km2
si attesta a ben 2060, quasi 4 volte superiore alla media della Francigena in Puglia e
all’area garganica, 3 volte maggiore del tratto costiero a nord di Bari e circa 20 volte le
aree del Tavoliere e del Subappennino Dauno. Bari, Fasano e Ostuni rappresentano i
centri turistici più rilevanti totalizzando complessivamente più di un milione e mezzo di
presenze. Il tasso d’internazionalizzazione del 27% è superiore sia alla media della Via
Francigena in Puglia, sia alla media regionale.
4.4 REGIONE PUGLIA, INIZIATIVE SVOLTE E IN CORSO DI SVOLGIMENTO
La Regione Puglia negli ultimi anni ha mostrato un interesse crescente verso lo sviluppo
della Via Francigena a sud di Roma e ha attuato diversi provvedimenti volti a dare
attuazione pratica al processo di riqualificazione e recupero dell’antico percorso in
Puglia. Il white paper Puglia Francigena elenca puntualmente diverse azioni poste in
essere dalla regione in questo senso. Con le deliberazioni di Giunta Regionale
1333/2011 e 1675/2012 la Puglia è stata la prima Regione del Sud ad aderire
all’Associazione Europea delle Vie Francigene e, già nell’aprile 2011, la Regione
partecipa con il “Progetto Monti Dauni” ai programmi d’intervento per la realizzazione
di progetti di eccellenza per lo sviluppo e la promozione del sistema turistico nazionale.
La realizzazione del “Progetto Monti Dauni: valorizzazione integrata delle eccellenze di
carattere culturale, paesaggistico, religioso ed enogastronomico lungo la Via
Francigena” è stata poi confermata con un accordo di programma nel dicembre dello
stesso anno. Il progetto mira a realizzare l’infrastrutturazione dei primi 45 km di Vie
Francigene in Puglia seguendo l’antica Appia Traiana e abbracciando i territori di Faeto
Celle San Vito, Troia, Lucera, Orsara e Castelluccio Valmaggiore. Nella direzione di
introdurre nuovi modelli d’infrastrutturazione del sistema di mobilità dolce, nuovi
sistemi territoriali di fruizione dei patrimoni culturali e di creare un polo turistico capace
di attrarre un turismo slow, nell’aprile 2015 è stata posata la prima pietra per dare
concreta attuazione al progetto. Nel 2010 la Regione Puglia ha avviato la costituzione
dei Sistemi Ambientali Culturali (SAC) formati da aggregazioni di aree protette, beni
monumentali e archeologici, musei, teatri storici, biblioteche, archivi, etc., al fine di
mettere a sistema questi attrattori per valorizzarli al meglio, attraverso una gestione
integrata che permetta di superare la frammentazione territoriale e far comunicare tra
loro ambiti diversi come ambiente, turismo, beni culturali, trasporti, natura,
enogastronomia, cultura, eventi e spiritualità. La Via Francigena può rappresentare
anche in questo caso il filo conduttore per estrarre le peculiarità distintive da ognuna di
Tesi Alessandro Caterino - Vie Francigene in Puglia
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Tesi Alessandro Caterino - Vie Francigene in Puglia

  • 1. ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITÀ DI BOLOGNA SCUOLA DI ECONOMIA, MANAGEMENT E STATISTICA SEDE DI RIMINI CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA DEL TURISMO Le Vie Francigene in Puglia, da vision a opportunità di sviluppo territoriale sostenibile Relazione finale in Geografia del Turismo PRESENTATA DA RELATORE VITO ALESSANDRO CATERINO PROF.SSA ALESSIA MARIOTTI SESSIONE I ANNO ACCADEMICO 2015/2016
  • 2. 2
  • 3. 3 RINGRAZIAMENTI Per la realizzazione del presente lavoro di ricerca desidero ringraziare in primis la mia relatrice Prof.ssa Alessia Mariotti per i preziosi consigli e ragguagli dispensati durante l’elaborazione dello stesso. Un sentito ringraziamento per il sostegno all’iniziativa e per il supporto tecnico nel reperimento delle informazioni sulla Via Francigena va allo staff dell’Associazione Europea delle Vie Francigene e in particolare al presidente Ing. Massimo Tedeschi, al direttore Dott. Luca Bruschi e ai responsabili dello sviluppo progetti e della segreteria amministrativa Dott. Sami Tawfik e Dott.ssa Micol Sozzi. Desidero inoltre ringraziare gli amministratori locali che hanno compilato il questionario alla base della ricerca empirica: Rosangela Laera – Assessore alla Valorizzazione del Patrimonio ANDRIA Silvio Maselli e Daniela Boccucci – Assessore alla Cultura e Segreteria Sindaco BARI Francesco Dileo – Coordinatore ufficio Marketing Territoriale BARLETTA Sabino Facciolongo – Assessore alla Cultura CANOSA DI PUGLIA Carmine Brandi e Anna Rita Camposeo – Sindaco e Staff del Sindaco CAROVIGNO Maria Giannini – Sindaco CELLE DI SAN VITO Massimo Mazzilli – Sindaco CORATO Margherita Latorre – Istruttore Amministrativo FASANO Marianna Paladino – Assessore alla Cultura e Turismo GIOVINAZZO Federica Triggiani – Assessore alla Cultura e Turismo LUCERA Dea Furii – Ufficio Marketing e Comunicazione Culturale MANFREDONIA Angela Cristiano – Assessore alla Cultura e Turismo MARGHERITA DI SAVOIA Elisabetta Mongelli – Assessore alla Cultura e Turismo MOLFETTA Marilena Abbatepaolo – Assessore alla Cultura e Turismo POLIGNANO A MARE Ninni Gemmato – Sindaco TERLIZZI Grazia Di Staso e Daniela Pellegrino - Assessore alla Cultura e Resp. Biblioteca TRANI Margherita Guadagno – Assessore al Turismo TROIA Si ringraziano inoltre per il contributo i proprietari, gestori e responsabili delle strutture ricettive rispondenti. Infine, un sincero grazie per il sostegno morale in questi anni va al grande papà Riccardo, a nonna Teresa, alla mia cara Elisa, al mio fratellone Giuseppe e ai cari Ida, Riccardo, Enza, nonna Franca, Vincenzo, Raffaella e ancora ai miei amici e compagni di viaggio Mirko, Claudio, Federico. Grazie all’amica Sandra per il prezioso “revising” in corso dell’elaborato e alle care Mariailaria, Carla e Irene per il costante incoraggiamento.
  • 4. 4
  • 5. 5 Indice INTRODUZIONE .......................................................................................................... 9 CAPITOLO UNO PELLEGRINAGGIO, TURISMO E ITINERARI CULTURALI 1.1 DAL PELLEGRINAGGIO AL TURISMO CULTURALE ........................................ 11 1.2 GLI ITINERARI CULTURALI, CONNESSIONE TRA PELLEGRINAGGIO E SVILUPPO TERRITORIALE. .......................................................................................... 15 1.3 ITINERARI CULTURALI DEL CONSIGLIO D’EUROPA, DA VISION DI PROSPETTIVA A PARADIGMA DI TURISMO CULTURALE SOSTENIBILE ....... 17 CAPITOLO DUE LA VIA FRANCIGENA, ITINERARIO CULTURALE DEL CONSIGLIO D’EUROPA DA CANTERBURY ALLA PUGLIA 2.1 LA VIA FRANCIGENA, MELTING-POT DI CULTURE NEI SECOLI.................. 23 2.2 LA RISCOPERTA DELL’ITINERARIO E IL RUOLO DELL’ASSOCIAZIONE EUROPEA DELLE VIE FRANCIGENE .......................................................................... 25 2.3 LE VIE FRANCIGENE DI PUGLIA, TRAIT D’UNION TRA SVILUPPO CULTURALE E TERRITORIALE. .................................................................................. 28 2.4 LA TOSCANA, DA REGIONE PIONIERA A BENCHMARK DELLA FRANCIGENA .................................................................................................................. 30 CAPITOLO TRE METODOLOGIA DI SVOLGIMENTO DELL’ANALISI EMPIRICA 3.1 METODOLOGIA......................................................................................................... 33 3.2 COMPOSIZIONE DEL QUESTIONARIO AI COMUNI DELLA VIA FRANCIGENA IN PUGLIA.............................................................................................. 36
  • 6. 6 3.3 COMPOSIZIONE DEL QUESTIONARIO ALLE STRUTTURE RICETTIVE SULLA VIA FRANCIGENA IN PUGLIA........................................................................ 36 3.4 MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE DEI QUESTIONARI ............................... 38 CAPITOLO QUATTRO LA VIA FRANCIGENA IN PUGLIA, CONTESTO ATTUALE E INIZIATIVE POSTE IN ESSERE 4.1 IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO...................................................................... 39 4.2 IL CONTESTO TURISTICO....................................................................................... 42 4.3 IL TURISMO NEI COMUNI DELLA FRANCIGENA.............................................. 43 4.4 REGIONE PUGLIA, INIZIATIVE SVOLTE E IN CORSO DI SVOLGIMENTO.... 46 CAPITOLO CINQUE RISULTATI DELLA RICERCA, EVIDENZE EMPIRICHE DAI COMUNI 5.1 COMUNI RISPONDENTI E DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA ............................. 49 5.2 IL RESPONSO DEI COMUNI RISPONDENTI AL QUESTIONARIO.................... 50 CAPITOLO SEI RISULTATI DELLA RICERCA, EVIDENZE EMPIRICHE DALLE STRUTTURE RICETTIVE 6.1 CARATTERISTICHE DEL CAMPIONE ................................................................... 59 6.2 CONOSCENZA, PERCEZIONE E PROPENSIONE VERSO LA FRANCIGENA .. 59 6.3 STRUTTURE SITUATE SULLA COSTA VERSUS STRUTTURE DELL’ENTROTERRA ...................................................................................................... 64 6.4 ANALISI DEI RISULTATI PER CLUSTER.............................................................. 65 6.5 LA DISPONIBILITÀ IN TERMINI DI PREZZO E DI POSTI LETTO.................... 68 CONCLUSIONI ........................................................................................................... 71 BIBLIOGRAFIA .......................................................................................................... 75
  • 7. 7 SITOGRAFIA............................................................................................................... 79 APPENDICE ALLEGATO 1: QUESTIONARIO AI COMUNI ATTRAVERSATI DALLA VIA FRANCIGENA IN PUGLIA.............................................................................................. 81 ALLEGATO 2: QUESTIONARIO ALLE STRUTTURE RICETTIVE SITE SUL PERCORSO DELLA VIA FRANCIGENA O NELLE IMMEDIATE VICINANZE....... 84
  • 8. 8
  • 9. 9 INTRODUZIONE La Via Francigena, Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa, è l'antica via che nel medioevo univa Canterbury a Roma e ai porti della Puglia, dove pellegrini, milizie crociate, mercanti e uomini di chiesa s’imbarcavano verso la Terra Santa. Recentemente è stata riscoperta e resa interamente percorribile nei 1800 km da Canterbury a Roma e nell'anno nazionale dei cammini, la prospettiva di valorizzarla e renderla fruibile sino alle terre salentine, sta divenendo sempre più rilevante. Dall’avvenuta certificazione di Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa nel 1994, grazie al lavoro svolto dall’Associazione Europea delle Vie Francigene, rete portante dell’itinerario, il numero dei pellegrini e dei viandanti che hanno ricominciato a percorrerla è in costante aumento e continua a crescere a ritmi esponenziali. Nell’attraversare piccoli borghi e antiche città il più delle volte escluse dai flussi turistici più rilevanti, la Francigena ha favorito la creazione di una microeconomia legata al cammino attraverso l’apertura di nuovi ostelli dedicati ai viandanti, la riscoperta dei beni enogastronomici locali, del patrimonio storico-culturale e così via. Proprio come avvenuto lungo l’itinerario di Sigerico da Canterbury a Roma, il circolo virtuoso legato alla riscoperta e alla valorizzazione del cammino francigeno potrebbe estendersi anche alle regioni situate lungo la Via Francigena del Sud. Proprio in questo momento storico in cui è stato ricevuto il via libera per l’estensione della certificazione di Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa, Lazio, Campania, Basilicata, Molise e Puglia sono chiamate a coordinarsi e ad agire di concerto per ridare splendore all’antico cammino. Come anche ricordato dal Presidente dell’Associazione Europea delle Vie Francigene Massimo Tedeschi (2008:15), “La Via Francigena del Sud rappresenta un tassello indispensabile per l’intero progetto e può diventare importante veicolo di sviluppo dei territori attraversati; un itinerario da percorrere a piedi o in altro modo; un percorso che ognuno potrà vivere liberamente con disposizione d’animo intima, personale o collettiva”. Tra le regioni del sud, la Puglia in primis è attraversata da oltre 400 chilometri di Via Francigena che si sviluppano principalmente intorno a due antiche strade romane la Regina Viarum Appia Antica e la successiva Appia Traiana, creando un fascio di vie declinabile al plurale in Vie Francigene. Si tratta di un reticolo di strade, un sistema viario che mette in comunicazione tra loro i territori delle Puglie dal subappennino dauno alla penisola salentina e la Puglia nella sua interezza con il resto d’Italia via terra da una parte e con
  • 10. 10 Albania, Grecia, Turchia e bacino mediterraneo sino alla Terra Santa via mare dall’altra. Il primo capitolo sarà dedicato a uno sguardo al quadro teorico di riferimento e a una rapida review della letteratura concernente i temi del pellegrinaggio, del turismo religioso e culturale e degli itinerari culturali, con la conseguente messa a fuoco delle convergenze e delle divergenze. Nel successivo capitolo saranno introdotti cenni relativi alla storia della Via Francigena, sia lungo l’itinerario di Sigerico da Roma a Canterbury, sia lungo la direttrice sud da Roma alla Puglia con un focus particolare su quest’ultima regione; dalla sua nascita secoli addietro sino alla sua riscoperta da parte del Ministero del Turismo nel 1993 e alla rivitalizzazione operata negli anni dall’Associazione Europea. Saranno quindi descritti l’attuale stato dell’arte circa l’estensione della certificazione di “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa” alla direttrice sud della Via Francigena e le azioni messe in atto dalla Regione Toscana, considerata il Benchmark della Francigena. Per comprendere se e come lo sviluppo del cammino francigeno, in un’ottica di collaborazione tra soggetti pubblici e soggetti privati, possa costituire anche in Puglia un volano di sviluppo territoriale all’interno dei territori attraversati e indagare la percezione dei territori stessi rispetto al potenziale della Via Francigena è stata posta in essere un’analisi empirica su due fronti. Da un lato sono stati chiamati a contribuire gli amministratori dei comuni attraversati dalla Francigena cui è stato chiesto di esprimere la propria visione del cammino e la percezione rispetto a esso, dall’altro, sono state interrogate le strutture ricettive che insistono sul percorso o nelle immediate vicinanze per indagare la disponibilità di queste ultime ad aprirsi al segmento dei camminatori e dei viandanti predisponendo un’offerta loro dedicata. La metodologia di analisi è descritta nel capitolo tre. Nel capitolo quattro, al fine di favorire una migliore interpretazione dei risultati dell’analisi empirica esposti nei capitoli cinque e sei, sono presentati alcuni indicatori riguardanti il contesto socio-economico e il contesto turistico dei comuni pugliesi attraversati dalla Francigena divisi in cluster sulla base di caratteristiche storiche e morfologiche. Nello stesso capitolo vi è una descrizione delle iniziative poste in essere dalla Regione Puglia e da altri enti e organizzazioni private. Nel capitolo cinque è esposto un sunto delle dichiarazioni degli amministratori che hanno fatto pervenire il proprio contributo sulle diverse tematiche affrontate nel questionario mentre nell’ultimo capitolo è invece analizzato il comparto delle strutture ricettive, mettendo in luce le differenze tra i diversi cluster in termini di predisposizione e disponibilità verso il segmento dei viandanti e camminatori.
  • 11. 11 CAPITOLO UNO PELLEGRINAGGIO, TURISMO E ITINERARI CULTURALI 1.1 DAL PELLEGRINAGGIO AL TURISMO CULTURALE Il viaggio a scopo religioso è stato sin dai tempi antichi una delle prime tipologie di turismo a svilupparsi: diverse forme di pellegrinaggio erano presenti in tutte le società antiche, con menhir e caverne che svolgevano una funzione analoga a quella delle cattedrali di oggi (Battilani, 2001). Lo studio della pratica del pellegrinaggio e dei suoi intrecci con il turismo religioso e quello culturale è stato, ed è ancora oggi, motivo di dibattito tra gli studiosi che si occupano di questa ampia materia. In particolare, il pellegrinaggio è stato definito come un viaggio, avente motivi religiosi, condotto esternamente verso un luogo santo e internamente per scopi spirituali e comprensione interna (Barber, 1993). Altri studiosi come Digance (2003) vedono il pellegrinaggio come fenomeno culturale che storicamente mette in connessione popoli di diverse culture e gruppi etnici. La definizione di pellegrino fornita da Weber (1949), secondo la quale il concetto di pellegrino “medievale” si riferisce a ben definite società e momenti storici e pertanto non si può adattare a epoche differenti, fa emergere una problematica che attiene i confini del pellegrinaggio religioso in senso stretto con il variegato ambito del turismo e delle sue declinazioni di carattere religioso e culturale. Rinschede (1999:197) definisce il turismo religioso come “una forma di turismo nella quale i partecipanti sono fortemente o addirittura esclusivamente motivati da un punto di vista religioso, sia durante il viaggio, sia durante il loro soggiorno nel luogo che stanno visitando”. Sulla stessa lunghezza d’onda si pone Santos (2006:293) che amplia questa prospettiva considerando rientranti nel turismo religioso “qualsiasi e tutti i viaggi (volontari, temporanei e non remunerati) motivati dalla religione, combinata con altri tipi di motivazioni, verso una destinazione che è un luogo religioso (a livello locale, regionale, nazionale o internazionale), ma che non rappresentano, in se stessi, una pratica religiosa.” Mentre Smith (2003) configura il turismo religioso come una sottoclasse di turismo culturale che rientra nell’Heritage Tourism, Brito (2010) riconosce al turismo religioso una propria connotazione autonoma nell’ambito del turismo culturale e lo suddivide in due categorie: turismo religioso attivo e passivo. Il turismo religioso attivo include la percorrenza di sentieri di pellegrinaggio e la partecipazione attiva in eventi spirituali e religiosi. Il turismo religioso passivo concerne
  • 12. 12 la visita a luoghi di pellegrinaggio e comprende la frequenza di eventi e festività religiose e spirituali. Alcuni autori tendono a considerare il pellegrinaggio e il turismo come due fenomeni distinti e a sé stanti, altri invece, considerano i due ambiti contigui i cui rispettivi confini vanno assottigliandosi sempre più con il passare del tempo e la progressiva secolarizzazione dell’Europa. Cohen (1992) afferma che il pellegrinaggio e il turismo divergono rispetto alla direzione del viaggio. Il pellegrino e il pellegrino- turista si dirigono verso il proprio centro socio-culturale, mentre il viaggiatore e il viaggiatore-turista si dirigono verso la direzione opposta. Sebbene questa distinzione ben si adatti ai viaggi la cui destinazione è un centro di pellegrinaggio formale, Cohen riconosce che i viaggi verso mete di pellegrinaggio popolari saranno contraddistinti da una combinazione di caratteristiche tipiche del turismo e del pellegrinaggio. Nel 1992 Smith considera turisti e pellegrini come attori che si collocano agli estremi di un continuum di viaggio. I due poli dell’asse turismo-pellegrinaggio sono etichettati come laico e sacro rispettivamente. Tra i due poli esiste una quasi infinita gamma di combinazioni tra il sacro e il secolare, con la parte centrale che identifica il turismo religioso in generale. Queste combinazioni riflettono le multiple e mutevoli motivazioni dei viaggiatori, i cui interessi e attività potrebbero cambiare, consciamente o inconsciamente, dal turismo al pellegrinaggio e viceversa. Smith asserisce pertanto che a seconda dell’esclusività e dell’intensità della motivazione religiosa, un visitatore che si reca in un luogo santo potrà essere considerato più un turista che un pellegrino o viceversa. Ulteriori differenze riscontrate in letteratura riguardano:  il carattere obbligatorio (Cohen, 1992; Turnbull, 1992): il pellegrinaggio è più vincolante rispetto al turismo che ha invece caratteristiche di svago e tempo libero;  l’istituzionalizzazione (Berger, 1971; Cohen 1992): mentre il pellegrinaggio segue norme e riti e ha un significato culturale, il turismo è associato a una visione più frivola e superficiale, è più ambiguo ed è collegato al divertimento e all’intrattenimento;  il luogo e il tempo (Nolan & Nolan, 1989): i pellegrinaggi e le tradizioni religiose dipendono dalle stagioni e cambiano a seconda dei santuari e delle regioni, l’attività turistica può avere luogo in qualsiasi luogo e momento a seconda del desiderio dell’essere umano;
  • 13. 13  la motivazione (Nolan & Nolan, 1989): i pellegrini utilizzano il viaggio per ragioni spirituali mentre i turisti preferiscono ragioni laiche;  le relazioni con gli altri viaggiatori (Nolan & Nolan, 1989): turisti e pellegrini possono viaggiare in compagnia di altri ma essi danno diversa importanza alla possibilità di essere in compagnia, per il pellegrino essa è parte dell’esperienza. Con il progredire delle ricerche diversi autori hanno cercato di superare la contrapposizione secca tra turista e pellegrino riconoscendo come il concetto stesso di pellegrinaggio sia mutato. Già Barber (1993) è convinto che il nuovo pellegrino è motivato da un risveglio emozionale e dal desiderio di fuggire l’esistenza quotidiana per raggiungere uno stato di benessere fisico, mentale e spirituale. Badone e Roseman (2004:2) sono i primi a dichiarare che “le rigide dicotomie tra turismo e pellegrinaggio o turista e pellegrino non sembrano più sostenibili nel mutevole mondo del viaggio post- moderno”. A partire dalla metà degli anni novanta è emerso un nuovo focus sul pellegrinaggio grazie a ricercatori attivi nel campo del turismo che hanno esplorato interessanti ambiti di ricerca, dall’ambito politico a quello culturale attraversando quelli economico, geografico e comportamentale. (Timothy & Olsen, 2006). Molti di questi nuovi lavori riflettono una tendenza che porta verso la de-differenziazione al punto che alcuni ricercatori hanno sostenuto che le differenze tra turismo, pellegrinaggio religioso e pellegrinaggio secolare si stanno progressivamente restringendo (Bilu, 1998; Kong, 2001). Nonostante mantenga le sue distintive caratteristiche religiose, che riguardano la visita a un luogo santo e l’esperienza stessa del pellegrinaggio, (Belhassen et al, 2008) quest’ultimo è attualmente interessato da nuove forme di motivazione collegate alla ricerca dell’autenticità, della spiritualità e dell’arricchimento culturale, dando slancio a nuove forme di turismo (turismo culturale, slow tourism, etc.) che forniscono un’alternativa al modello tradizionale. Nel confronto tra il vecchio e il nuovo paradigma di pellegrinaggio, Bartolomei (2009) sostiene che le forme di mobilità quali la preferenza per il viaggio a piedi e per il cammino in stretto contatto con la terra sono molto simili a quelle del passato. Ciò che diverge è lo scopo del viaggio, il quale è passato da un processo essenzialmente religioso a un processo di “ricerca di significato” nel quale il viaggio diventa esperienza. Il turismo verso luoghi di fede è accompagnato da motivazioni di carattere più laico e moderno come l’interesse per l’arte, la cultura e il paesaggio delle località attraversate. Rizzello & Trono (2013) riconoscono nel pellegrinaggio attuale una nuova forma di turismo che definiscono spirituale e che risulta associata a contesti e motivazioni multiple. Essa include il riconoscimento di
  • 14. 14 valori intimi che rispondono a un’etica individuale e che coinvolgono il recupero di motivi religiosi, personali e spirituali. Questa tipologia di turismo sta acquisendo una crescente popolarità poiché aggiunge al viaggio un nuovo strato di valori emozionali collegati alla location, al percorso e all’evento religioso. Appurata l’esistenza di un segmento di pellegrini che si mettono in cammino per risolvere interrogativi relativi alla propria soggettività, Ebadi (2015) opera una distinzione tra pellegrinaggio religioso e laico distinguendo all’interno di quest’ultimo tre diverse forme: culturale, politico e nostalgico. Tra questi, notevole importanza assume il pellegrinaggio culturale. Esso trova frequente attuazione verso molti antichi siti religiosi e spirituali che attraggono tanti visitatori, non tanto a causa della loro natura sacra o religiosa in senso tradizionale, quanto in virtù del loro notevole valore storico, culturale o architettonico. Molti siti UNESCO patrimonio mondiale dell’umanità sono conosciuti per questo motivo e includono luoghi come santuari, sinagoghe, pagode, monasteri, templi, grotte, montagne, piramidi, cimiteri, campi di battaglia e così via (Stausberg, 2011; Sharpley, 2012). Da una rapida analisi della letteratura esistente è quindi possibile porre l’accento su due aspetti che accomunano molti autori. In primo luogo, i ricercatori convengono sul fatto che il pellegrinaggio sia tuttora in evoluzione e stia assumendo via via nuove forme, che partendo dal pellegrinaggio religioso in senso stretto si avvicinano progressivamente al turismo religioso sino a lambire e talvolta a incontrare il turismo culturale. In secondo luogo, nonostante questo riconoscimento, permane la tendenza a distinguere ciò che è inconfutabilmente pellegrinaggio religioso dalle altre forme di viaggio a piedi o in mobilità dolce che non rientrano nella categoria già citata. Per esempio, Digance (2006) afferma che l’essere motivati a intraprendere un pellegrinaggio come un “atto di fede” è una caratteristica fondamentale nel pellegrinaggio religioso, mentre è latente nel moderno pellegrinaggio laico. A livello dimensionale, sebbene vi siano innumerevoli mete di pellegrinaggio sparse per il mondo, la citazione di alcuni numeri può agevolare la comprensione della vastità del fenomeno. Ogni anno, secondo Singh (2006), un numero stimato tra i tre e i cinque milioni di musulmani effettua l’Hajj, l’annuale pellegrinaggio musulmano a La Mecca, circa cinque milioni di pellegrini si recano a Lourdes in Francia e 28 milioni approssimativamente di pellegrini Indù visitano il fiume Gange in India. Secondo Antz (2012), nella sola Europa, più di 6000 siti di pellegrinaggio cristiano attraggono ogni anno tra i 60 e i 70 milioni di pellegrini.
  • 15. 15 1.2 GLI ITINERARI CULTURALI, CONNESSIONE TRA PELLEGRINAGGIO E SVILUPPO TERRITORIALE. La definizione di turismo culturale fornita dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO) nel 1985 rappresenta un primo importante punto di contatto tra il pellegrinaggio e il turismo culturale. L’UNWTO concentrandosi sulle motivazioni di viaggio del turista asserisce che “il turismo culturale include movimenti di persone per ragioni essenzialmente culturali come vacanze studio, consumo di arti visive, spettacoli e tour culturali, viaggi per assistere a festival e altri eventi culturali, visite a siti e monumenti, viaggi per studiare la natura, e ancora per folklore, arte o pellegrinaggi” (UNWTO, 1985:131). Anche Richards (1997:24) nel definire il turismo culturale si concentra sui viaggiatori affermando che il turismo culturale è “il movimento di persone verso un’attrazione culturale lontana dal loro luogo abituale di residenza, con l’intenzione di raccogliere nuove informazioni ed esperienze al fine di soddisfare i propri bisogni culturali”. Dal punto di vista dimensionale, il turismo culturale è oggi uno dei più ampi segmenti del mercato turistico e rappresenta un settore importante nella strategia turistica europea costituendo circa il 40% del turismo europeo (Richards, 2012). Acclarato che il patrimonio culturale, tangibile e intangibile, presente su un territorio rappresenta la fondamentale motivazione che spinge il turista culturale a recarsi nel territorio stesso, nella comunità scientifica si è aperto un dibattito concernente la considerazione del patrimonio culturale dal punto di vista economico. In particolare, se da un lato la maggior parte degli economisti considera il patrimonio culturale come uno stock di capitale degno di essere conservato (Mazzanti, 2002), dall’altro gli economisti della cultura (Greffe, 2003; Santagata, 2002; Trimarchi, 1996; Santagata, 2007; Valentino, 2003; Mazzanti, 2002) interpretano il patrimonio culturale non come stock, ma come risorsa economica da attivare per lo sviluppo locale, come risorsa economica diretta, attraverso il turismo, indiretta in quanto fonte di benessere per la collettività e soprattutto come risorsa relazionale all’interno dell’ecosistema culturale (Greffe, 2003). In questo senso il patrimonio culturale non può essere letto esclusivamente come strumento per la produzione di un profitto, bensì come mezzo per la costruzione di una relazione sia individuale che collettiva (Béghain, 1998) nei confronti di un’eredità e una identità comuni (Mariotti, 2012). Un elemento che, al contrario, unisce gli studiosi è il riconoscimento del progressivo superamento dell’organizzazione turistica nella sua dimensione locale, divenuta non più sufficiente
  • 16. 16 nel fronteggiare la crescente competitività dei mercati turistici. Di conseguenza, il focus si è trasferito sulle reti lunghe, capaci di integrare le specificità locali creando e sostenendo una filiera culturale basata su elementi tangibili e intangibili di un patrimonio condiviso. Gli itinerari culturali nascono concettualmente come risposta alla necessità di bypassare la frammentazione territoriale e (Council of Europe, 2010; CIP, 2011) far funzionare le reti lunghe e le reti corte degli attori culturali e turistici, al fine di incrementare l’efficienza e la competitività delle imprese coinvolte nei singoli territori e garantire un miglioramento della qualità della vita dei residenti e la loro consapevolezza in quanto cittadini europei. Gli itinerari culturali pertanto, non sono una mera sequenza di oggetti (come musei o siti archeologici), ma il filo conduttore di un processo evolutivo di una particolare caratteristica culturale identitaria a scala urbana o più propriamente territoriale (Dallari et al., 2010). Essi possono rappresentare un valido strumento per lo sviluppo e la valorizzazione di un territorio soprattutto per il “museo diffuso” italiano, includendo anche località minori tradizionalmente escluse dai flussi turistici principali, ed essere allo stesso tempo (Al-Hagla, 2010) lo strumento più adatto per superare il dilemma che si pone, in particolare in ambito urbano in centri medi o piccoli, fra “heritage preservation” e “development”. Negli ultimi anni la concezione di patrimonio culturale da parte di organismi internazionali quali ICOMOS, UNESCO, Consiglio d’Europa e Commissione Europea ha subito un’evoluzione portando anche a diverse interpretazioni degli itinerari culturali, da parte delle diverse organizzazioni, basate sugli obiettivi che ciascuna di esse si prefigge di realizzare. Lo stimolante concetto di itinerario come vettore di cultura è stato, a partire dal 1988, alla base di alcuni progetti di studio intrapresi dall’UNESCO come lo “Studio integrale delle Vie della Seta: Vie del Dialogo”, seguito nel 1994 dall’implementazione del progetto Rotta degli Schiavi e nel 2004 dal progetto pilota triennale “Les Routes des Ksour”. L’UNESCO definisce un itinerario culturale “un itinerario composto da elementi tangibili, il cui significato culturale deriva da scambi e dialoghi multidimensionali tra paesi e regioni e che illustrano il movimento interattivo e continuativo delle persone lungo l’itinerario, nello spazio e nel tempo”. Nell’approccio UNESCO il valore culturale di un itinerario può essere misurato sia attraverso le dinamiche (commerciali, filosofiche e religiose) che esso potrebbe aver generato o favorito (trasferimenti di merci, conoscenza e know how), sia attraverso il significato simbolico che esso rappresenta per chiunque lo utilizzi o l’abbia utilizzato (http://whc.unesco.org/archive/routes94.htm). L’UNESCO ha in seguito affidato ad uno
  • 17. 17 specifico comitato dell’ICOMOS, il CIIC (Comitato Internazionale per gli Itinerari Culturali) il compito di promuovere l’identificazione, lo studio e lo sviluppo degli itinerari culturali in connessione con la conservazione e la valorizzazione dei monumenti, degli edifici, dei reperti archeologici, dei paesaggi e dei siti culturali che insistono su di essi (http://www.icomos-ciic.org/INDEX_ingl.htm). Il CIIC ha prodotto la carta ICOMOS degli Itinerari Culturali, ratificata nel corso della sedicesima assemblea generale dell’organismo, tenutasi in Canada nel 2008. La carta afferma che gli itinerari culturali “rappresentano i processi evolutivi, interattivi e dinamici delle relazioni umane interculturali, che a loro volta riflettono la diversità dei contributi dei differenti popoli al patrimonio culturale”. La carta contiene inoltre la classificazione degli itinerari culturali oltre alla metodologia per la ricerca, valorizzazione, preservazione, conservazione, uso e gestione degli stessi. Per l’Unione Europea, gli itinerari culturali sono maggiormente percepiti come strumento di sviluppo economico attraverso le azioni della DG Industry, cui fa capo il settore turismo della UE, che ha di recente promosso lo sviluppo di attività su questo tema (Beltramo, 2013). Il Consiglio d’Europa (CoE) considera gli itinerari culturali come mezzi in grado di dimostrare, attraverso il viaggio nello spazio e nel tempo, che il patrimonio e le culture dei diversi paesi europei contribuiscono a un unico patrimonio culturale comune (www.coe.int). Becker e Steinecke (1993) considerano gli itinerari un veicolo di comunicazione, di scambio tra le nazioni e le culture, cioè uno strumento per consolidare l’identità europea, un processo virtuoso di riappropriazione democratica del proprio essere collettività. Per Berti (2012) gli Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa rappresentano l’evoluzione concettuale dei viaggi di studio compiuti dai chierici medievali nei diversi monasteri d’Europa e del più recente Grand Tour, praticato dai giovani della borghesia e dell’aristocrazia europea nel XVIII secolo, per conoscere il continente europeo attraverso le sue meraviglie e i suoi monumenta. 1.3 ITINERARI CULTURALI DEL CONSIGLIO D’EUROPA, DA VISION DI PROSPETTIVA A PARADIGMA DI TURISMO CULTURALE SOSTENIBILE Un itinerario culturale è definito dal Consiglio d’Europa (CM/Res(2013)66) “un progetto culturale e di cooperazione turistica e di educational heritage che mira allo sviluppo e alla promozione di un itinerario o di una serie di essi sulla base di un percorso storico, di un concetto culturale e di ambito transnazionale con particolare rilievo e significato per la comprensione e il rispetto dei valori comunitari europei”.
  • 18. 18 Agli itinerari culturali, il CoE ha dedicato uno specifico programma partito nel 1987 con l’individuazione del Cammino di Santiago come primo itinerario culturale del Consiglio d’Europa. Il CoE ha mostrato, già nel 1987, grandi poteri di anticipazione e visione, in anticipo rispetto ai più recenti sviluppi nelle pratiche culturali relative al turismo, includendo la crescente domanda per il turismo “intelligente” e rispettoso e per le esperienze autentiche (Denu, 2015). Con la prima risoluzione sugli Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa n°4 (1998), il CoE ha stabilito una prima lista di criteri che il tema caratterizzante l’itinerario deve rispettare e ha inoltre classificato gli itinerari in tre categorie: Grande Itinerario Culturale del Consiglio D’Europa, Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa e eventi o attività “nell’ambito degli Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa”. Nella risoluzione del 1998 gli itinerari vengono considerati i veicoli che consentono alle giovani generazioni di acquisire maggiore consapevolezza e senso di cittadinanza europea, comprendere la storia dell’Europa sulla base del patrimonio fisico e naturale, tangibile e intangibile, identificare i comuni valori europei e instaurare progetti di cooperazione nei campi della ricerca, dell’arte e della cultura e dello sviluppo del turismo culturale in Europa, contribuendo così al processo di costruzione dell’identità europea. Gli itinerari hanno inoltre l’obiettivo di preservare il patrimonio culturale come fattore di miglioramento della qualità della vita e come fonte di sviluppo sociale, economico e culturale (Beltramo, 2013). Dopo il riconoscimento del Cammino di Santiago, altri itinerari culturali sono stati riconosciuti dal CoE: The Hansa (1992), The Heinrich Schickhardt Route (1992), The Viking Routes (1993), la Via Francigena (1994), etc., e con il progressivo aumento d’interesse manifestato per gli itinerari culturali e il loro potenziale, una seconda risoluzione CM/Res(2007)12 è stata posta in essere dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Essa definiva con maggiore precisione le tematiche che devono caratterizzare un itinerario culturale, asserendo che quest’ultimo, nel rispetto delle carte europee relative alla valorizzazione e alla protezione del paesaggio, deve contribuire all’interpretazione dell’Europa moderna, rifacendosi ad almeno uno dei temi proposti dal programma: popoli, migrazioni e grandi correnti di civilizzazione. La risoluzione, inoltre, annulla la precedente tripartizione degli itinerari in categorie, inserendo il riconoscimento unico di “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa”, cui affidare il ruolo di includere luoghi e territori, rurali e industriali, lontani dai tradizionali flussi turistici, promuovendone il recupero e la valorizzazione. Un’ulteriore limatura ai criteri per la certificazione di un itinerario è stata attuata con la risoluzione CM/Res(2010)52 che ha inoltre inserito
  • 19. 19 l’organizzazione di un advisory forum annuale come evento più significativo e importante nell’ambito del programma degli itinerari culturali. Il forum fornisce una piattaforma per la discussione dei trends e delle sfide relative agli itinerari, lo scambio di esperienze e di buone pratiche e per lo sviluppo di partnership e iniziative condivise. Un punto di svolta è stato raggiunto con l’adozione della risoluzione CM/Res(2010)53 che ha introdotto l’Accordo Parziale Allargato o Enlarged Partial Agreement (EPA) sugli itinerari culturali. Tale accordo è nato in risposta alla necessità di finanziare con maggior vigore il programma degli itinerari culturali, il cui budget ordinario risultava insufficiente a fornire qualsiasi valore aggiunto all’azione del Consiglio d’Europa in questo campo (Denu, 2015). L’accordo, inizialmente sottoscritto da 13 membri fondatori, è aperto anche agli stati non ancora membri del CoE, nell’ottica di un ampliamento della cooperazione estesa agli stati del bacino mediterraneo e dell’Europa centrale e orientale, e consta a giugno 2016 di 26 stati membri che si impegnano con la loro adesione a supportare: lo sviluppo di una strategia e vision comune per gli itinerari culturali come prodotti turistici; lo sviluppo di partnership per incrementare le risorse disponibili per gli itinerari culturali in Europa; l’identificazione e la diffusione di buone pratiche. L’EPA, previsto inizialmente per la durata di tre anni, è stato confermato e reso permanente dalla risoluzione CM/Res(2013)66, cui ha fatto seguito la risoluzione CM/Res(2013)67 che ha aggiornato le regole per ottenere il riconoscimento di Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa, e definito lo stesso come “uno strumento essenziale per incrementare la consapevolezza di un patrimonio europeo condiviso come base costituente della cittadinanza europea, un mezzo per il miglioramento della qualità della vita e una fonte di sviluppo sociale, economico e culturale”. Dal 1998, il programma degli itinerari culturali è curato dall’istituto europeo degli itinerari culturali (EICR), insediatosi in Lussemburgo grazie a un accordo tra il Ministero della Cultura del Granducato e il CoE. L’EICR svolge il ruolo di agenzia tecnica del Consiglio d’Europa, fornendo consulenza e assistenza sia agli itinerari già certificati, sia a quelli in fase di progettazione e candidatura. L’istituto promuove inoltre una maggiore consapevolezza dei collegamenti tra cultura, turismo e ambiente, compie la valutazione periodica degli itinerari culturali certificati, accoglie periodicamente esperti, ricercatori e studenti e ospita archivi contenenti un’ampia documentazione riguardante il programma degli itinerari. In virtù dell’accordo tra il Ministero degli Esteri di Lussemburgo e il CoE, il segretario esecutivo dell’EPA è allo stesso tempo direttore dell’EICR rafforzando così la cooperazione tra le due organizzazioni. Nel 2015 sono 33 gli itinerari culturali
  • 20. 20 riconosciuti dal Consiglio d’Europa, con diversi temi che illustrano la memoria, la storia e il patrimonio europeo contribuendo all’interpretazione della diversità dell’Europa dei giorni nostri (http://culture-routes.net). Considerando la geometria degli itinerari, Berti (2012) propone una suddivisione degli stessi in tre diverse tipologie: itinerari territoriali, lineari e reticolari (o ad arcipelago). In particolare, per (Berti, 2012:83) “gli itinerari territoriali sono caratterizzati dalla contiguità dei territori coinvolti, su cui si sviluppano percorsi narrativi, che ne evidenziano la tematica.” “I territori interessati dall’itinerario possono risultare: accomunati dalla presenza di una stessa risorsa territoriale (Iter Vitis Route, Routes of the Olive Tree, The Iron Route in the Pyrenees), o essere contraddistinti dalla presenza di una stessa corrente di civilizzazione” (Routes of El Legado of Andalusi). Per gli itinerari che presentano una scala sovranazionale e transfrontaliera è inoltre necessario implementare la cooperazione in materia di paesaggio prevista dalla Convenzione Europea del Paesaggio. Gli itinerari reticolari, a differenza dei primi, non presentano una contiguità territoriale, poiché in essi, nell’ambito della tematica di riferimento, il legame instaurato dai singoli beni con il paesaggio circostante è più importante della contiguità territoriale. La rete di luoghi costituenti l’itinerario può prevedere: (Berti, 2012:87) “beni architettonici singoli (The European Mozart Ways), parti di città (European Route of Jewish Heritage) e intere città (European Route of Historical Thermal Towns)”. Gli itinerari lineari, infine, (Berti, 2012:84) “ricalcano sempre delle infrastrutture storiche, siano queste rotte di commercio marittimo e terrestri, viabilità percorse per pellegrinaggi o crociati e strade utilizzate per creare relazioni tra territori distanti”. Si tratta d’itinerari che si sono sviluppati e sono stati trasformati nel corso della storia, in stretta relazione con il territorio che ricoprono. Poiché gli itinerari sono parte di una matrice territoriale, i territori stessi sono stati trasformati dall’itinerario e dai viaggiatori che lo percorrevano (Berti, 2012). Esempi rappresentativi d’itinerari lineari sono il Cammino di Santiago e la Via Francigena, il primo connette l’Europa orientale a quella occidentale, il secondo collega l’Europa settentrionale a quella meridionale. Si tratta in entrambi i casi di strade di pellegrinaggio che attraverso le relazioni sviluppatesi su di esse nel tempo, hanno plasmato l’identità europea attraverso i secoli e che recentemente hanno subito una progressiva riscoperta e valorizzazione, accogliendo tipologie diverse di camminatori e pellegrini, e sperimentando quel restringimento dei confini tra turista e pellegrino cui molti autori hanno fatto riferimento. Dal punto di vista storico, Santiago di Compostela come meta di pellegrinaggio ha iniziato ad attirare fedeli a partire dal X secolo, grazie
  • 21. 21 alla presenza della tomba di San Giacomo maggiore che divenne il protettore di tutta la Spagna e il simbolo della lotta contro i mori. Il pellegrinaggio a Santiago ha conosciuto il periodo di maggior splendore nel XII secolo cui è seguita una fase di declino nel Seicento. Tuttavia, in seguito alla ristrutturazione in stile barocco della cattedrale, il cammino ha recuperato gradualmente la sua fama e continua a riscuotere un crescente successo negli ultimi anni (Battilani, 2001). La tradizione di pellegrinaggio sulla Via Francigena, invece, non è stata continuativa, poiché, dopo il medioevo e in particolare dopo la Riforma, il flusso di pellegrini si è ridotto drasticamente sino quasi a scomparire (Lucarno, 2009). I dati raccolti dall’ufficio di accoglienza del pellegrino in Santiago di Compostela (https://oficinadelperegrino.com) indicano che nel 2015 oltre 260 mila pellegrini hanno certificato l’avvenuta effettuazione del proprio pellegrinaggio una volta giunti a Santiago.
  • 22. 22
  • 23. 23 CAPITOLO DUE LA VIA FRANCIGENA, ITINERARIO CULTURALE DEL CONSIGLIO D’EUROPA DA CANTERBURY ALLA PUGLIA 2.1 LA VIA FRANCIGENA, UN MELTING-POT DI CULTURE NEI SECOLI Caucci Von Saucken (1999) afferma che la Via Francigena connettendo diversi borghi e città è un incrocio di esperienze umane, natura, arte e storia; è un universo che attende di essere scoperto, un viaggio nel passato e in uno spazio sospeso tra realtà e immaginazione, tra passato e presente. Via Francigena è un nome che racchiude in sé molteplici sfaccettature. Con esso dal punto di vista storico si fa riferimento a un fascio di vie, articolate intorno a una direttrice principale, che nel medioevo collegavano l’Europa settentrionale, Inghilterra, Francia, Germania e Spagna in primis, con Roma e quest’ultima con la Terra Santa, unendo le tre Peregrinationes Majores cristiane: Roma, Gerusalemme e Santiago di Compostela. Queste vie erano frequentate da mercanti, eserciti, fiere, viandanti e pellegrini, i quali valicando i confini dei regni dell’epoca contribuivano alla creazione e alla diffusione delle diverse culture europee, favorendo così la formazione di un’identità europea e di un patrimonio culturale condiviso che tuttora caratterizza e segna la nostra quotidianità. La Via Francigena deve il proprio nome all’attraversamento della terra dei Franchi, tuttavia nel corso della storia, essa ha assunto diverse denominazioni chiamandosi Franchigena, Francisca, Francesca o Romea a seconda del periodo temporale a cui si fa riferimento. Le direttrici principali della Francigena collegavano l’Italia alla Francia e quindi alla Spagna attraverso il Moncenisio, il Monginevro o la valle di Susa, mentre l’accesso in Italia dalla Svizzera, dalla Francia nord orientale e dai Paesi dell’Europa settentrionale avveniva valicando il Colle del Gran San Bernardo. Il percorso scendeva quindi quasi linearmente e con poche varianti sino a Roma. Dalla Città Eterna si aprivano diverse diramazioni verso sud che seguivano le antiche vie romane: la Via Latina, la Regina viarum Appia Antica, l’Appia Traiana etc., che valicavano gli appennini in punti differenti sino a condurre ai porti pugliesi. Da Siponto, Barletta, Trani, Molfetta, Bari, Otranto e cosi via, era possibile imbarcarsi per l’altra sponda dell’Adriatico, seguendo la Via Egnatia sino a Costantinopoli e Gerusalemme, o diversamente i pellegrini potevano procedere via mare facendo scalo a Creta, Rodi, Cipro e in altre isole del mediterraneo prima di giungere in Terra Santa. Diverse sono le testimonianze di pellegrini che hanno utilizzato la via pervenute ai giorni nostri. Solo per citarne alcune è possibile menzionare: l’itinerarium
  • 24. 24 Burdigalense, scritto da un anonimo pellegrino nel 333 d.C., che partito dall’attuale Bordeaux si è recato in Terrasanta; l’itinerario del monaco francese Bernardo (867-870 d.C.) che raggiunta Roma proseguì sino a Taranto per poi imbarcarsi alla volta di Gerusalemme; l’itinerario dell’abate islandese Nikulas di Munkathvera che nel 1154 si recò a Roma e poi in Terra Santa evidenziando già allora le numerose varianti al percorso originale cresciute nel contempo. A essi è inoltre possibile aggiungere le testimonianze dei viaggi compiuti da Pietro l’Eremita (1095 d.C.), Fulcherio di Chartres (1096 d.C.), il Principe Gugliemo (1101 d.C.), San Totonio (1080-1160), il re di Francia Filippo Augusto (1191 d.C.) e molte altre ancora (Stopani, 2008). La notevole importanza della Via Francigena come strada di comunicazione attraverso i secoli è comprovata anche dalla progressiva creazione lungo il suo percorso d’innumerevoli strutture ricettive e assistenziali, oltre a santuari, ospedali, luoghi di sosta, centri abitati e cimiteri. La Via Francigena riconosciuta come Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa ricalca l’itinerario seguito da Sigerico, arcivescovo di Canterbury che nel 990 s’incamminò verso Roma per ricevere da Papa Giovanni XV il Pallium, simbolo della carica vescovile. Egli, nel suo viaggio di ritorno, annotò con cura le 79 tappe che gli furono necessarie per fare ritorno a Canterbury e tali testimonianze sono racchiuse nel Diario di Sigerico, custodito oggigiorno presso la British Library di Londra. L’itinerario francigeno seguito da Sigerico è lungo circa 1800 chilometri e attraversa il territorio del Kent in Inghilterra, le regioni Nord Pas-de-Calais et Picardie, Champagne-Ardenne e Franche-Comté in Francia, i cantoni Vaud e Vallese in Svizzera e le regioni Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria, Toscana e Lazio in Italia. Anche la Via Francigena seguita da Sigerico, che tra le sue peculiarità prevede l’attraversamento degli appennini attraverso l’odierno passo della Cisa, ha vissuto il suo periodo più roseo negli anni compresi tra il X e la fine del XII secolo, momento a partire dal quale, l’intensificarsi dei commerci prima e l’avvento degli anni santi poi, con il primo giubileo nel 1300, hanno favorito la creazione di un reticolo di itinerari alternativi, sviluppatisi intorno alla direttrice principale, che ne hanno compromesso l’importanza. Inoltre, nella via verso Roma, l’accresciuta importanza di Firenze in pieno Rinascimento, ha fatto sì che i traffici commerciali si concentrassero nel nuovo asse appenninico Bologna-Firenze, relegando di fatto il passo della Cisa a una funzione meramente locale con il conseguente progressivo abbandono della Via Francigena disegnata da Sigerico (Baudinelli & Bruschi, 2015).
  • 25. 25 Figura 2.1 La Via Francigena Itinerario Culturale del CoE da Canterbury a Roma. 2.2 LA RISCOPERTA DELL’ITINERARIO E IL RUOLO DELL’ASSOCIAZIONE EUROPEA DELLE VIE FRANCIGENE Con la riscoperta e rivalorizzazione del Cammino di Santiago, capace di decuplicare le proprie presenze in breve tempo (da circa 2500 pellegrini nel 1985 a oltre 25000 solo 10 anni dopo), il Ministero del Turismo italiano ha iniziato, di concerto con le regioni, a ragionare dell’opportunità di riscoprire e valorizzare un’altra antica e fondamentale via di pellegrinaggio, la Via Francigena, promuovendo nel 1993 un progetto ad hoc per il suo recupero. Forte della sua portata storica, e corredato dall’impeccabile cartografia sviluppata in precedenza dall’Istituto Geografico Militare, tale progetto è stato approvato dalla DG XXII della Commissione Europea nell’ambito del Piano di Azione
  • 26. 26 comunitario in favore del turismo e ha ottenuto il riconoscimento di Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa nel 1994. Negli anni a seguire, complice il giubileo del 2000, l’interesse verso la Francigena si è progressivamente rafforzato, sebbene ancora modesto fosse il numero di pellegrini che decidevano di riscoprire questa antica via. Un punto di svolta è stato raggiunto nel 2001, quando a Fidenza (Parma), 34 enti locali presenti sul tracciato italiano della Via, hanno dato vita all’ “Associazione dei Comuni Italiani sulla Via Francigena, secondo l’Itinerario di Sigerico”, divenuta oggi Associazione Europea delle Vie Francigene (AEVF). L’AEVF, che oggi conta 109 soci tra cui molteplici enti inglesi, francesi e svizzeri, dalla sua fondazione, ha sempre lavorato per lo sviluppo dell’itinerario e la risoluzione delle innumerevoli problematiche connesse a quest’azione di recupero e di messa a valore. La sua costante attività e i modelli di governance sviluppati per espletare la stessa, hanno portato prima al riconoscimento della Via Francigena come “Grande Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa” (2004) e in seguito all’abilitazione dell’AEVF a réseau porteur della Via Francigena (2007). Essa è stata cioè riconosciuta dal Consiglio d’Europa come associazione di riferimento ufficiale per lo sviluppo della Via Francigena, riconoscimento confermato anche nel 2012. A oggi, grazie agli investimenti perpetrati dalle regioni italiane, all’attività di supervisione e coordinamento svolta dall’AEVF e dai suoi soci e alle associazioni costituitesi intorno al tracciato e che animano la via, i 1800 chilometri dell’itinerario di Sigerico, da Canterbury a Roma, sono stati riscoperti, messi in sicurezza e resi interamente percorribili. Il trascorrere degli anni ha visto anche un notevole incremento d’interesse nei confronti della Via, il numero dei pellegrini, che rappresentano il vero cuore pulsante dell’itinerario e allo stesso tempo la ragione fondamentale della sua fortuna o disgrazia, è in costante aumento con prospettive di crescita enormi, connesse anche al cambiamento della natura del fenomeno del pellegrinaggio. Uno studio di Lucarno (2009), enumera in 512 le credenziali richieste all’AEVF nel 2006, cui fanno da contraltare oltre 5000 credenziali richieste all’associazione nel 2015. Il divario in termini numerici mostra inequivocabilmente il trend di crescita dei pellegrini che intraprendono il cammino francigeno e le notevolissime potenzialità di crescita futura. Tutto questo rilevando che oltre alle credenziali ufficiali distribuite da AEVF per la Via Francigena, altre tipologie di credenziali sono emesse da altre associazioni locali di camminatori ed enti ecclesiastici. La volontà di unire in un unico percorso le tre Peregrinationes Majores ha da qualche tempo fatto sorgere l’esigenza di estendere il cammino francigeno sino alla finis terrae
  • 27. 27 di Santa Maria di Leuca, attuando una re-unificazione dell’Italia in chiave moderna e riportando l’intera penisola italiana a essere quel ponte tra Europa settentrionale e meridionale, tra oriente e occidente, che ha da sempre contraddistinto la sua storia e contribuito alla formazione della cultura italiana ed europea. È proprio in quest’ottica che AEVF ha convocato per la prima volta gli enti soci a Lucera nel 2012 e ha svolto la propria assemblea generale a Foggia nell’anno successivo invitando formalmente Campania, Molise e Puglia a parteciparvi. Nel 2014, con l’incontro a San Salvatore Telesino (Benevento), si è costituito il coordinamento delle regioni del sud formato da Lazio, Campania, Basilicata, Molise e Puglia, per lo sviluppo della direttrice Roma/Puglia in direzione di Gerusalemme. L’AEVF ha quindi avviato un’azione, in collaborazione con il gruppo di coordinamento, per realizzare il dossier di candidatura volto all’estensione della certificazione di “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa” alla direttrice della Via Francigena a sud di Roma. Tale dossier, la cui istruttoria tecnica è stata seguita da Società Geografica Italiana Onlus per conto di AEVF, è stato approvato dall’assemblea generale AEVF a Roma nel marzo 2015 e presentato nel mese successivo al Governing Board dell’EPA. Lo scorso 14 aprile 2016 è giunta dall’EICR di Lussemburgo, congiunta all’esito positivo della valutazione triennale dell’itinerario di Sigerico già certificato, la notizia dell’approvazione del dossier di candidatura per l’estensione a sud da parte del Governing Board. Lo stesso ha espresso parere favorevole alla richiesta (formulata dall’assemblea generale AEVF il 19 marzo 2015) di estensione della certificazione di “Itinerario culturale del Consiglio d’Europa” alla “Via Francigena nel sud”, subordinandola all’accordo con le amministrazioni regionali geograficamente interessate. La ratifica finale dell’estensione spetta all’assemblea generale di AEVF, massimo organo del réseau porteur della Via Francigena, una volta definito e approvato il citato accordo. Il 20 maggio 2016 a Napoli si è nuovamente riunito il Comitato di coordinamento delle regioni del sud ed è stato predisposto un protocollo d’intesa, sottoposto in questi giorni (Luglio 2016) alla sottoscrizione dei rappresentanti regionali, per proseguire sulla strada della cooperazione e mettere in campo iniziative mirate alla valorizzazione della Francigena da Roma alla Puglia. Con la sigla del protocollo d’intesa le regioni del sud si impegnano ad aderire al CECTI (Comitato Europeo di Coordinamento Tecnico Interregionale), cui partecipano tutte le regioni coinvolte, e ad assumere impegni per attuare il master plan della Via Francigena nel Sud nell’ambito del master plan europeo. Dopo l’adesione di Regione Lazio, Regione Puglia e di Regione Basilicata, la prossima adesione di Regione Campania
  • 28. 28 consentirà di dare ulteriore slancio all’azione del comitato di coordinamento al fine di porre in essere tutte le azioni necessarie al recupero del tracciato, alla sua messa in sicurezza e percorribilità e quindi alla sua valorizzazione e promozione. La realizzazione, da parte delle regioni e degli enti interessati, di tutte le azioni volte a raggiungere gli obiettivi sopra elencati, aprirà la strada all’estensione della certificazione a sud, generando così un unico itinerario lungo 2300 chilometri da Canterbury a Brindisi, capace di farsi volano di sviluppo territoriale sostenibile attraverso la promozione di un turismo culturale e responsabile, che si avvale della mobilità dolce e invita il visitatore a scoprire i luoghi che attraversa e a instaurare con essi una relazione, vivendo un’esperienza autentica e meritevole di essere promossa. 2.3 LE VIE FRANCIGENE DI PUGLIA, TRAIT D’UNION TRA SVILUPPO CULTURALE E TERRITORIALE. Per la sua conformazione e posizione strategica, la Puglia ha rappresentato da sempre un crocevia di culture, il punto in cui levante e ponente si fondono e si intrecciano influenzandosi a vicenda. Come ricorda Mazza (2009), numerose sono le testimonianze che dipingono la Puglia come luogo di sosta e di transito di pellegrini e crociati in viaggio verso la Terra Santa o di ritorno da essa. Pertanto, soprattutto nel caso della Puglia è necessario declinare la Via Francigena al plurale, essendo state diverse le vie percorse nel tempo per raggiungere i luoghi di culto, e i porti dai quali proseguire il viaggio verso Gerusalemme. Le due arterie principali, intorno alle quali si sono sviluppate le altre francigene, sono state le vie consolari romane, la Regina Viarum Appia Antica, e la successiva Appia Traiana. La prima, cosi chiamata per l’assoluta rilevanza assunta nel ruolo di testa di ponte tra la penisola e l’oriente, collegava Roma a Brindisi e attraversando Capua, Benevento e Venosa entrava nelle Puglie sino a raggiungere Taranto e quindi la meta finale sull’Adriatico. La seconda, voluta dall’imperatore Traiano per velocizzare gli spostamenti delle legioni romane, si staccava dall’Appia nei pressi di Benevento e valicando l’appennino nel suo tratto meno impervio puntava dritta verso l’antica Aecae, l’odierna Troia, e di qui seguiva un percorso semi costiero che attraverso Herdonia, oggi Ordona, Canosa di Puglia, Ruvo e Bitonto si connetteva con Barium o giungeva al mare nei pressi dell’antica Egnatia e da quest’ultima proseguiva sino a Brindisi. Alle vie consolari non si possono omettere di aggiungere la Via Micaelica e la Via Litoranea. La prima conosciuta anche come Via dell’Angelo e come Via Francesca nel suo ultimo tratto, partendo da Troia connetteva
  • 29. 29 quest’ultima con Monte Sant’Angelo, nella cui grotta dedicata al culto dell’Arcangelo Michele, già dal V secolo era venerato il Principe delle Milizie Celesti che pellegrini e crociati invocavano a propria protezione prima di proseguire il viaggio verso la Terra Santa. Il pellegrinaggio alla grotta di San Michele tra il VII e il XII secolo era divenuto esso stesso motivo d’intraprendenza del cammino e la fama del culto Micaelico, diffusasi nell’Europa settentrionale grazie ai Longobardi, attirava sul Gargano pellegrini provenienti da Francia, Germania e Gran Bretagna (Mazza, 2009). La Via Litoranea, conosciuta anche come Traiana Marittima, collegava l’antica Sipontum, nei pressi dell’attuale Manfredonia, con il tracciato della Via Appia Traiana passante per Bari, consentendo di proseguire il viaggio costeggiando il mare sino a Brindisi. Meritano inoltre una menzione particolare altre vie francigene come la Via Appia Traiana Calabra che metteva in comunicazione Brindisi con Otranto e le Vie Sallentina e Leucadense che conducevano sino al santuario di Santa Maria de Finibus Terrae a Leuca, per poi risalire sino a Taranto, ricollegando il tacco d’Italia all’Appia Antica e quindi al resto della penisola. Intorno a queste direttrici si sono sviluppate nel corso dei secoli diramazioni, varianti, e bretelle che hanno servito e corredato i percorsi principali e contribuito a costituire quel fascio di vie che è possibile oggi identificare e includere tra le Vie Francigene. La ricchezza di questo patrimonio viario e storico-culturale e di tutti i suoi componenti tangibili e intangibili, se da un lato testimonia il ruolo cruciale assunto da queste rotte nel passato, dall’altro fa emergere la necessità di riscoprire e valorizzare questi itinerari affinché diventino meta di un turismo culturale di qualità e possano generare una nuova microeconomia legata al cammino, sul modello di quanto già avvenuto su buona parte della Via Francigena di Sigerico e sul Cammino di Santiago. L’obiettivo del presente lavoro di ricerca è proprio quello di mostrare come la riscoperta, riqualificazione e messa a valore delle Vie Francigene in Puglia, nell'ambito della mobilità dolce e in un quadro di collaborazione tra pubblico e privato, possano rappresentare un’opportunità di sviluppo territoriale sostenibile. Nell’ottica di fornire un contributo all’infrastrutturazione del percorso sia dal punto di vista fisico-strutturale, sia dal punto di vista dell’accoglienza e della ricettività, entrambi elementi indispensabili per l’esecuzione di un cammino, è stata posta in essere un’analisi empirica ricognitiva dell’attuale stato dell’arte e delle prospettive future legate alla Via Francigena. Tale analisi, da un lato rivolgendosi ai comuni presenti sul tracciato, mira a indagare la consapevolezza, la propensione e la volontà di questi ultimi di attribuire alla Via Francigena un ruolo chiave nel proprio futuro sviluppo economico e territoriale,
  • 30. 30 dall’altro, è indirizzata alle strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere che insistono sulla Via Francigena per approfondire la loro disponibilità ad aprirsi al segmento dei camminatori e pellegrini, fornendo loro servizi specifici a prezzi convenzionati e garantendosi così benefici di carattere economico e reputazionale. Il comparto dell’ospitalità povera o pellegrina, per quanto sia fondamentale e imprescindibile per lo sviluppo della Via Francigena in Puglia, non è stato oggetto di analisi all’interno del presente lavoro. Tale decisione è scaturita dal fatto che una ricognizione delle strutture ricettive religiose e affini è stata recentemente effettuata, comune per comune, per il progetto Cult.Routes tra Regione Puglia e Regione dell’Epiro di cui si dirà più avanti nel corso della trattazione. 2.4 LA TOSCANA, DA REGIONE PIONIERA A BENCHMARK DELLA FRANCIGENA La Via Francigena rappresenta per la Toscana, al pari di quanto avviene per la Puglia, una spina dorsale che attraversa tutto il territorio regionale, includendo siti UNESCO patrimonio mondiale dell’umanità, città d’arte, piccoli borghi a rischio spopolamento e aree rurali tradizionalmente escluse dai flussi turistici più rilevanti. Nei suoi 375 chilometri dal Passo della Cisa sino al confine laziale la Via Francigena attraversa 37 comuni e 5 province con caratteristiche profondamente diverse. La Regione Toscana è stata una delle prime a riconoscere le potenzialità insite nella Francigena e ha assunto e mantenuto negli anni un ruolo chiave nell’implementazione di tutte le azioni volte al rilancio della Via, dalla fase pionieristica iniziale sino alla crescente affermazione odierna. In particolare, nel 2006 ha preso parte come regione capofila al progetto interregionale “Via Francigena” con le altre sei regioni italiane dell’itinerario di Sigerico. Nel 2009 è stata la prima regione ad avviare un piano ad hoc denominato “Master Plan della Via Francigena”, uno strumento strategico condiviso con enti locali e associazioni regionali, che ha permesso, attraverso un coordinamento istituzionale, di realizzare gli interventi sotto la guida di un’unica cabina di regia evitando un’eccessiva frammentazione delle competenze e dei risultati tra i singoli enti locali. Lo scopo dichiarato nel master plan è quello di favorire lo sviluppo sostenibile in aree turisticamente meno sfruttate, attraverso la promozione di una molteplicità di attività (turismo naturalistico e sportivo, storico, culturale, religioso, di valorizzazione dei prodotti enogastronomici) (Council of Europe, 2011). Il master plan annoverava tra i suoi obiettivi l’infrastrutturazione e la messa in sicurezza del percorso attraverso la
  • 31. 31 predisposizione di punti tappa e strutture ricettive, piani per il recupero di monumenti e l’adeguamento di strade e sentieri, l’apposizione della segnaletica e programmi specifici di manutenzione generale. Per la messa in atto delle azioni contenute nel master plan è stato attuato un piano operativo articolato in tre fasi, due delle quali già completate nel febbraio 2014 e la restante ancora in corso, che ha inoltre previsto la realizzazione della rete Wi-Fi lungo tutto il percorso. Il risultato di queste azioni ha portato nel giugno 2014 all’inaugurazione a Lucca del percorso toscano della Francigena, completamente fruibile e in sicurezza, fornendo un ottimo esempio di best practice alle altre regioni. L’Istituto Regionale per la Pianificazione Economica della Toscana (I.R.P.E.T.) ha quantificato in 24 milioni di euro l’ammontare degli investimenti che sono stati necessari per trasformare la Via Francigena in un prodotto turistico di rilievo nell’ambito del panorama turistico toscano. Lo stesso istituto ha elaborato uno studio (Conti et al., 2015) che ha valutato l’impatto della Francigena in Toscana in termini di visitatori, nel periodo 1994-2012, di PIL regionale e di nuovi posti di lavoro creati nel 2012. Lo studio ha inoltre ipotizzato quattro diversi scenari evolutivi della Francigena da qui al 2022 utilizzando come benchmark territori differenti per popolarità e andamento. Selezionando un gruppo di 27 comuni francigeni appartenenti ad aree rurali e confrontando la loro performance in termini di visitatori tra il 1994 e il 2012 con un altro gruppo di controllo composto da comuni situati in aree rurali ma non attraversati dalla Via Francigena, lo studio ha dimostrato che i comuni francigeni hanno registrato performance inizialmente peggiori, ma dal 2000 in poi hanno visto incrementare il volume dei propri visitatori del 34%. I dati relativi al periodo 2012-2014 sono stati presentati dallo stesso Conti nell’ambito della conferenza internazionale “Via Francigena, Via di Pace” svoltasi tra Fidenza e Piacenza il 28 e 29 aprile 2016. Essi mostrano un ulteriore incremento di visitatori nei comuni francigeni del 11% rispetto ai comuni del gruppo di controllo. Lo studio afferma inoltre che grazie ai 690000 pernottamenti strettamente legati all’itinerario, il PIL attivato dalla Francigena nel 2012 è quantificabile in 49,1 milioni di euro, cui corrispondono 881 nuovi posti di lavoro. Nel prospettare gli scenari di sviluppo futuro della Francigena da qui al 2022, le previsioni maggiormente prudenziali prevedono un aumento delle presenze nell’ordine del 40%, quelle più ottimistiche prefigurano un andamento simile all’exploit vissuto dal Cammino di Santiago con un numero di presenze quadruplicato rispetto al 2012. In definitiva, la vision e la lungimiranza della Regione Toscana testimoniano, come anche ricordato dal white paper “Puglia Francigena”, che nonostante la valorizzazione della
  • 32. 32 Via Francigena non sia un’automatica conseguenza del recupero infrastrutturale, è altrettanto vero che senza il ripristino di un tracciato fruibile e in sicurezza non è possibile implementare alcuna iniziativa di promozione e sviluppo. Per questa ragione la priorità assoluta è costituita dal recupero del tracciato, affinché diventi un asset capace di: generare intorno a sé nuova imprenditoria che offra servizi ai moderni pellegrini e agli amanti dello slow tourism, favorire la riscoperta del territorio come unicum, contribuire al superamento della frammentazione territoriale e restituire ai giovani l’opportunità di costruirsi un futuro senza dover necessariamente emigrare.
  • 33. 33 CAPITOLO TRE METODOLOGIA DI SVOLGIMENTO DELL’ANALISI EMPIRICA 3.1 METODOLOGIA In fase di progettazione del lavoro di ricerca è stato ritenuto opportuno rivolgersi sia al settore pubblico attraverso la consultazione degli amministratori dei centri abitati coinvolti, sia al settore privato cercando di coinvolgere il maggior numero di strutture ricettive possibile. Tale scelta è giustificata dalla possibilità di sviluppare sinergie tra i due comparti e dall’importanza che queste assumono al fine di amplificare gli sforzi collettivi e farli convergere verso lo sviluppo dell’itinerario secondo una direttrice condivisa. La condivisione di questa vision tra il maggior numero di stakeholder interessati e lo scambio di informazioni, buone pratiche e idee innovative in un’ottica di collaborazione reciproca, è particolarmente importante in questa fase che precede la robusta infrastrutturazione del percorso. L’analisi empirica è stata condotta con l’ausilio di due differenti tipologie di questionari, di cui uno indirizzato ai comuni e loro amministratori interessati dalla materia, l’altro riservato alle strutture ricettive che potrebbero beneficiare di ricadute positive a seguito dello sviluppo del percorso. Per l’esecuzione dell’analisi si è reso primariamente necessario identificare il tracciato e i comuni interessati dal suo attraversamento. Due sono state le fonti principali per ricostruire i percorsi francigeni fino a Brindisi: la deliberazione della Giunta Regionale della Regione Puglia 1174 del 1° luglio 2013 e il tracciato presente sul sito web www.viefrancigenedelsud.it, creato e gestito da AEVF. Proprio come avvenuto per la Via Francigena di Sigerico, non essendo stato possibile in alcuni tratti risalire al percorso originale delle Francigene, sia per la progressiva scomparsa delle antiche vie romane, sia per la natura mutevole degli stessi percorsi dovuta alla presenza di briganti, cause atmosferiche, imposizioni di dazi nel corso della storia, etc., appare necessario ripartire dalle mansio e dagli altri luoghi principali attraversati dalla Via. La deliberazione della Giunta Regionale intitolata “Approvazione del tracciato del percorso pugliese delle Vie Francigene” riconosce espressamente come interessati dall’itinerario 26 comuni. Essi sono: Celle San Vito, Troia, Lucera, San Severo, San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo, Monte Sant’Angelo, Manfredonia, Barletta, Bisceglie, Molfetta, Giovinazzo, Bari, Mola di Bari, Monopoli, Torre Canne (Fasano), Torre S. Sabina (Carovigno), Brindisi, Troia, Orta Nova, Cerignola, Canosa di Puglia, Andria, Corato,
  • 34. 34 Ruvo di Puglia, Bitonto. Nella consapevolezza che, trattandosi di un cammino, la percorribilità di ogni singolo chilometro impatta sulla reputazione del cammino nella sua interezza, si è ritenuto opportuno aggiungere al primo gruppo di comuni menzionati un secondo gruppo di centri, il cui territorio comunale, secondo quanto riportato dalla mappa presente sul sito ufficiale, è attraversato dal percorso francigeno per un tratto lungo almeno un chilometro. Si tratta di 9 comuni ossia: Faeto, Biccari, Apricena, Ordona, Stornara, Foggia, Terlizzi, Trani, Ostuni. Per la stessa ragione sono stati aggiunti anche i comuni di Zapponeta e Margherita di Savoia, i quali pur non trovandosi sul tracciato previsto dal sito ufficiale e non essendo richiamati nel testo della deliberazione regionale, si trovano geograficamente in linea tra i comuni di Manfredonia e Barletta, citati a loro volta nella delibera. Il totale dei comuni cosi presi in considerazione ammonta a 37. Figura 3.1 Vie Francigene di Puglia nella Delibera Giunta Regionale 1174 del 2013 Individuati i comuni, al fine di identificare i destinatari cui sottoporre i questionari, sono state messe in atto due azioni:
  • 35. 35 - compilazione di una mailing list dei rappresentanti dei comuni coinvolti, reperendo telefonicamente e via internet i recapiti di sindaci e assessori, con delega alla cultura, al turismo o alla valorizzazione del patrimonio, laddove presenti, dei centri attraversati dalla Francigena; - costruzione della lista di strutture ricettive, alberghiere ed extra-alberghiere, interessate dalla Francigena e compilazione della relativa mailing list. Quest’ultima operazione è avvenuta avvalendosi del database di strutture ricettive di Puglia Promozione scaricabile dall’apposita sezione “operatori turistici” sul sito web www.agenziapugliapromozione.it, integrato dal database di strutture ricettive presente sulla piattaforma open data di Regione Puglia, scaricabile da www.dataset.puglia.it e aggiornato al 1° luglio 2015. Dall’elenco complessivo di strutture sono state in primo luogo estratte solo quelle presenti sul territorio dei comuni attraversati dalla Via Francigena. In secondo luogo, considerando come distanze massime ragionevoli, per una struttura dal percorso, quella di 1 km per i pellegrini a piedi e di 5 km per i cicloturisti e i pellegrini su due ruote, si è provveduto, seguendo il tracciato presente sul sito ufficiale, a geo-referenziare ogni singola struttura per escludere dall’elenco complessivo di strutture tutte quelle distanti, secondo la rete viaria disponibile, più di 5 km dal percorso. L’elenco definitivo di strutture ricettive entro i 5 km dal percorso consta pertanto di 1228 unità. L’ultima fase ha riguardato il completamento del data-set con gli indirizzi email mancanti laddove disponibili. Figura 3.2 Percorso delle Vie Francigene di Puglia presente sul sito ufficiale
  • 36. 36 3.2 COMPOSIZIONE DEL QUESTIONARIO AI COMUNI DELLA VIA FRANCIGENA IN PUGLIA Il questionario rivolto ai rappresentanti istituzionali dei comuni coinvolti (si veda All.1 in appendice) si compone di cinque sezioni formate da domande aperte ognuna, cui si aggiunge una sezione riservata a eventuali suggerimenti, pareri e opinioni supplementari. La prima sezione “conoscenza e interesse” mira a indagare la conoscenza da parte degli amministratori pubblici dell’esistenza della Via Francigena sul proprio territorio comunale e la misura in cui essi ritengono che il cammino della Via Francigena possa incidere sulle prospettive future di sviluppo culturale, economico e turistico della propria comunità. La seconda sezione “iniziative presenti e passate” è volta ad accertare se nei comuni interessati sono state già poste in essere alcune azioni indispensabili all’infrastrutturazione del percorso quali segnaletica, messa in sicurezza, percorribilità, accoglienza e strutture ricettive, promozione e se vi sono sviluppi in corso d’opera o azioni di prossima realizzazione in concerto con la Regione. L’obiettivo della terza sezione “potenziali benefici attesi futuri” è acclarare la percezione da parte degli amministratori rispetto al potenziale della Via Francigena per lo sviluppo del territorio. La stessa sezione vuole inoltre investigare se gli stessi ritengano che il proprio comune possa beneficiare di un ritorno in termini di visibilità, economici, riposizionamento culturale e integrazione attraverso lo sviluppo e la promozione di tale itinerario europeo. La quarta sezione “rete europea” punta a chiarire quanto sia importante per gli amministratori che il proprio comune divenga parte di una rete europea come quella della Via Francigena e quali benefici si attenderebbero da un’eventuale partecipazione diretta. L’intento della quinta sezione “governance e coordinamento” è assodare la conoscenza da parte degli amministratori del lavoro svolto da AEVF come réseau porteur della Via Francigena e verificare se essi considerino un valore aggiunto l’adesione del proprio comune alla stessa AEVF entrando cosi nel programma degli Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa. 3.3 COMPOSIZIONE DEL QUESTIONARIO ALLE STRUTTURE RICETTIVE SULLA VIA FRANCIGENA IN PUGLIA Il questionario rivolto alle strutture ricettive che si trovano in prossimità del tracciato (si veda All.2 in appendice) si compone di 3 sezioni per un totale di 11 domande. La prima sezione include 3 domande che mirano ad accertare:
  • 37. 37 - la conoscenza da parte del gestore/proprietario dell’esistenza della Via Francigena, Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa, - la consapevolezza dello stesso che la propria struttura sia situata sul percorso o nelle sue immediate vicinanze, - se la struttura ricettiva abbia già avuto occasione in passato di ospitare pellegrini o viandanti. La seconda sezione del questionario comprende 5 domande, la prima delle quali mira ad indagare la disponibilità da parte del gestore/proprietario ad accogliere ad un prezzo agevolato pellegrini e viandanti, muniti di apposita credenziale, a piedi o in bicicletta, elaborando cosi un’offerta loro dedicata. L’eventuale risposta negativa a questa domanda comporta la conclusione immediata del questionario. Qualora invece la struttura si dichiari disponibile, al rispondente sono sottoposti 4 ulteriori quesiti che puntano ad approfondire: - il prezzo massimo che la struttura applicherebbe a notte per persona, - il numero di posti letto che la struttura metterebbe a disposizione dei pellegrini, - in quale periodo dell’anno tali posti letto sarebbero messi a disposizione, - quale tipologia di benefici la struttura si attenderebbe dalla partecipazione al network della Francigena. La terza sezione del questionario racchiude 3 domande e si focalizza sulla disponibilità della struttura a offrire: servizi specifici al camminatore e viandante che si muove a piedi, servizi al pellegrino e cicloturista che si muove su due ruote e infine servizi a tutti i pellegrini indistintamente. Nella prima categoria rientrano servizi quali: accompagnamento da parte di guide specializzate, noleggio bici e accessori e disponibilità a prelevare escursionisti in difficoltà. Tra i servizi specifici riservati a coloro che si muovono su due ruote si annoverano: custodia sicura bici, disponibilità a prelevare cicloturisti in difficoltà, officina per la manutenzione di base, materiale, informazioni e itinerari per ciclisti, riferimenti dei negozi, riparatori e altri servizi per la biciclette, area lavaggio bici e informazioni su altre strutture ricettive per ciclisti. Nell’ultima categoria dei servizi offerti indistintamente sia a pellegrini a piedi, sia su due ruote, sono presenti numerosi servizi quali: lavaggio e asciugatura indumenti, disponibilità per soggiorno di una sola notte, postazione internet, Wi-Fi, possibilità di packed lunch e colazione anticipata, fornitura di mappe specifiche/carte escursionistiche e informazioni sulle tappe successive oltre a servizio navetta per trasporto bici e bagagli. A questi si aggiungono: locale o armadio idoneo a riporre le calzature utilizzate per il
  • 38. 38 cammino, animali ammessi, utilizzo della cucina, possibilità di cenare, orari di treni e mezzi pubblici, giornali e letteratura specializzata, libro ospiti con osservazioni ed esperienze, previsioni meteo locali, struttura accessibile a disabili e servizi di navetta da/per fermata mezzi pubblici o parcheggi. 3.4 MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE DEI QUESTIONARI Il questionario rivolto agli amministratori degli enti locali, redatto come semplice file di testo, è stato spedito a mezzo posta elettronica ai rispettivi destinatari chiedendo loro di compilare il file e restituirlo all’indirizzo mail scrivente. L’email di richiesta compilazione è stata inoltre accompagnata da una lettera formale della professoressa relatrice indirizzata ai sindaci dei comuni coinvolti con l’invito a collaborare alla ricerca. Per le strutture ricettive è stato realizzato un apposito questionario sulla piattaforma online di Google Moduli. Dopodiché, il link con il collegamento al questionario è stato inserito nella mail di richiesta collaborazione e inviato a tutte le 1228 strutture ricettive interessate. Al primo invio sono seguiti alcuni successivi solleciti. Le fasi di invio dei questionari e successiva raccolta dati si sono svolte dalla metà di aprile a fine maggio 2016.
  • 39. 39 CAPITOLO QUATTRO LA VIA FRANCIGENA IN PUGLIA, CONTESTO ATTUALE E INIZIATIVE POSTE IN ESSERE 4.1 IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO Considerando i dati dell’ultimo censimento Istat 2011, i 37 comuni attraversati dalla Via Francigena in Puglia coprono circa il 33% del territorio regionale e raccolgono oltre 1.600.000 residenti costituendo circa il 40% della popolazione totale pugliese. Figura 4.1 Distribuzione geografica dei comuni attraversati dalla Via Francigena La densità abitativa nei comuni francigeni è maggiore rispetto alla media regionale (315 ab/km2 vs 207 ab/km2 ). Tuttavia, notevoli differenze emergono scomponendo i valori complessivi in aggregati più piccoli sulla base dei diversi territori regionali. Dividendo i 17 comuni che si affacciano sul mare dai 20 che si estendono nell’entroterra è possibile verificare come i primi, pur avendo una superficie pari al 35% del territorio francigeno, ospitano quasi il 60% della popolazione totale residente interessata dalla Francigena, con una densità abitativa molto più elevata rispetto ai comuni dell’entroterra (512 ab/kmq vs 147 ab/km2 ). Per approfondire l’analisi è utile raggruppare in cluster i comuni che si trovano su territori con caratteristiche morfologiche simili. A tal proposito s’identificano sei cluster cosi composti: 1) Subappenino Dauno (Faeto, Celle San Vito, Biccari, Troia),
  • 40. 40 2) Tavoliere delle Puglie (Apricena, San Severo, Lucera, Foggia, Ordona, Orta Nova, Stornara, Cerignola), 3) Area Garganica (San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo, Monte Sant’Angelo, Manfredonia) 4) Area Semi Costiera (Canosa di Puglia, Andria, Corato, Ruvo di Puglia, Terlizzi, Bitonto) 5) Costa a nord di Bari (Zapponeta, Margherita di Savoia, Barletta, Trani, Bisceglie, Molfetta, Giovinazzo) 6) Bari e la costa sud vs Brindisi (Bari, Mola di Bari, Polignano a Mare, Monopoli, Fasano, Ostuni, Carovigno, Brindisi). Figura 4.2 Comuni attraversati dalla Francigena divisi per cluster I comuni del primo gruppo “Subappennino Dauno” contribuiscono per circa il 5% del territorio francigeno pugliese pur ospitando solo lo 0,7% della popolazione complessiva interessata dal tracciato. I 4 comuni membri sono i meno densamente popolati di tutti i centri francigeni (26 ab/km2 vs 315 ab/km2 della media francigena) e l’età media della popolazione è più elevata rispetto alla media regionale con punte del 57% di pensionati nel comune di Celle San Vito. Il reddito medio imponibile pro-capite al 2014 (fonte: Il Sole 24 Ore) è in linea con quello della provincia di Foggia (11.755€) pur essendo inferiore alla media pugliese di 13.241€ e variando dai 9.898€ di Celle San Vito ai
  • 41. 41 13.695€ di Troia. Il trend della popolazione residente nei 4 comuni negli ultimi 5 anni è in lieve diminuzione con il passaggio da poco più di 11.000 abitanti a circa 10.900 complessivamente. I comuni del Tavoliere rappresentano, con riferimento alla Via Francigena in Puglia, circa un terzo della sua superficie, pur contenendo al loro interno un quinto della popolazione totale. Si tratta anche in questo caso di aree a bassa densità abitativa (138 ab/km2 ) ad eccezione del capoluogo Foggia, la cui densità abitativa (288 ab/km2 ) s’interpone tra la media regionale (207 ab/km2 ) e quella della Via (315 ab/km2 ). Il reddito medio imponibile varia dagli 8.500€ circa di Stornara agli oltre 14.000€ di Lucera con punte di oltre 17.000€ a Foggia, pur avendo una media complessiva in linea con il dato provinciale. Il trend demografico è qui in crescita con un aumento della popolazione nel 2015 di oltre 7.000 unità rispetto alle 331.000 registrate nel 2001. Anche i comuni dell’area garganica hanno registrato negli ultimi cinque anni una lieve crescita demografica. Essi includono il 17% della superficie totale della Via Francigena in Puglia pur ospitando solo il 7% della popolazione complessiva legata alla stessa. Anche nel territorio garganico la densità abitativa è relativamente contenuta (94 ab/km2 ) pur registrando valori più elevati nei comuni di Manfredonia e San Giovanni Rotondo. Il reddito medio è più elevato della media regionale grazie anche all’apporto del settore turistico da tempo sviluppatosi in gran parte dell’area. Esso varia dai 14.000€ di Monte S. Angelo agli oltre 16.000€ di Manfredonia. Volgendo lo sguardo ai comuni dell’entroterra compresi tra il fiume Ofanto e il capoluogo di regione si può osservare come il reddito medio in questa zona sia perfettamente in linea con la media regionale di 13.241€, variando dai circa 12.300€ di Andria ai 14.400€ di Bitonto. L’area semi costiera ha una densità abitativa di 260 ab/km2 , superiore alla media regionale, sebbene inferiore alla media della Francigena in Puglia. L’area rappresenta sia per superficie, sia per popolazione totale, circa un quinto dell’intera Via e presenta un trend demografico stabile nell’ultimo lustro. Il territorio dei centri abitati situati lungo la costa a nord di Bari, nel tratto Zapponeta – Giovinazzo, costituisce circa l’8% della Francigena in Puglia e ospita quasi un quinto della popolazione residente sul totale di tutta la Via. Esso presenta una notevole densità abitativa (552 ab/km2 ), 2,5 volte la media regionale e decisamente superiore a quella della Via. Tali territori negli ultimi anni stanno investendo in maniera crescente nel turismo, tuttavia quest’ultimo non ha ancora espresso a pieno le sue potenzialità. Con la sola eccezione di Zapponeta, i cui abitanti hanno un reddito imponibile medio di circa 9.000€, il reddito medio pro-capite oscilla negli altri comuni tra i 13.000€ e i 15.000€, risultando lievemente al di sopra della
  • 42. 42 media regionale. Il trend demografico dal 2011 è in leggero aumento. Il territorio che comprende Bari, Brindisi e i centri abitati tra essi situati include circa il 18% della superficie della Via in Puglia ed è il più densamente popolato tra tutti quelli attraversati dalla Francigena (579 ab/km2 ), circa 20 volte più del Subappennino Dauno, 6 volte l’area garganica e più del doppio rispetto all’area semi costiera. Inoltre, tale territorio ha sperimentato negli ultimi 5 anni l’incremento maggiore in termini di popolazione, con un aumento di quasi 14.000 unità, che hanno portato il numero dei residenti a superare i 597.000, risultando complessivamente pari al 36% della popolazione totale dei comuni francigeni. In tutti i centri presi in considerazione a eccezione di Carovigno, il reddito medio è superiore a quello regionale (13.241€) con punte di 17.800€ a Brindisi e poco più di 20.000€ a Bari. A livello provinciale, dati Istat 2015 rilevano un tasso di disoccupazione regionale del 19,7% ampiamente superiore alla media nazionale dell’11,9%. Il tasso di disoccupazione nelle province coinvolte tocca il suo picco in quella di Barletta-Andria-Trani con il 20,7% e il valore più basso nella provincia di Brindisi con il 16,5%, con Bari che si posiziona lievemente sotto la media regionale (19,1%) e Foggia leggermente sopra (20.1%). L’età media più elevata si riscontra nella provincia di Brindisi (44), seguita da Bari (43,2), Foggia (42,7) e Barletta-Andria-Trani (41,6). 4.2 IL CONTESTO TURISTICO Il World Tourism Barometer pubblicato dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO) nel marzo 2016, fornisce alcuni dati significativi riguardanti l’andamento generale dell’industria turistica a livello globale. Nel 2015 il numero degli arrivi a livello mondiale ha superato quota 1 miliardo e 184 milioni, segnando un +4,4% sul 2014 e il sesto aumento consecutivo dal 2010 superiore al 4%. Il World Travel & Tourism Council (WTTC) nel rapporto 2016 sull’impatto economico del settore viaggi e turismo stima che questo, includendo gli investimenti e i fornitori, tra impatto diretto, indiretto e indotto valga il 9,8% del PIL mondiale e 283 milioni di posti di lavoro. Il rapporto stima che entro i prossimi 10 anni il settore possa raggiungere il 10,8% di PIL superando 1 miliardo e 900 milioni di arrivi turistici internazionali. Per quanto riguarda l’Italia, il report 19/2016 di Eurostat sul Turismo in Europa, vede il nostro paese al terzo posto in Europa per numero di pernottamenti totali (385 milioni), tra turismo domestico e internazionale, in crescita dell’1,8% nel 2015 rispetto al 2014, con il turismo internazionale che vale in Italia circa il 50% delle presenze totali. L’UNWTO
  • 43. 43 Barometer del maggio 2016 conferma l’Italia al terzo posto in Europa e al quinto nel mondo per numero di arrivi internazionali, attestatisi nel 2015 a oltre 50,7 milioni, in crescita del 4,4% sul 2014. Stime del WTTC riprese dall’ENIT quantificano in 167,5 miliardi di euro l’impatto dell’economia allargata del settore turistico sul PIL italiano pari al 10,2%. Gli occupati diretti e indiretti sono stimati in 2.609.000 unità, con un’incidenza sull’intera occupazione nazionale dell’11,6%. In Puglia, l’ultimo rapporto prodotto dall'Osservatorio Regionale del Turismo relativo all’anno 2015 mostra una crescita degli arrivi del 3,7% rispetto all’anno precedente con il totale che ammonta a 3,4 milioni, cui corrispondono 13,3 milioni di presenze. Gli arrivi internazionali sono cresciuti del 9% portando il tasso d’internazionalizzazione regionale al 20%. Quest’ultimo ha sperimentato un incremento di 6,8 punti percentuali solo negli ultimi 6 anni. I cinque principali mercati stranieri sono nell’ordine Germania, Francia, Svizzera, Regno Unito e Belgio, anche se in forte crescita vi sono mercati come USA, Paesi Bassi, Israele e Irlanda. Il numero delle strutture ricettive è aumentato nel 2015 del 7% raggiungendo le 5.693 unità divise in 35% strutture alberghiere e 65% extra-alberghiere per un totale di 282.600 posti letto. L’Istituto Pugliese per le Ricerche Economiche e Sociali (IPRES) nel 2013 ha quantificato nell’8,5% il contributo del turismo in termini di PIL regionale. 4.3 IL TURISMO NEI COMUNI DELLA FRANCIGENA Con oltre 1.360.000 arrivi e 3.730.000 presenze i 37 comuni della Francigena in Puglia hanno contribuito nel 2014 per il 41,8% del totale arrivi e per il 28,2% del totale presenze registrate sul territorio regionale. La permanenza media nei comuni francigeni è stata di 2,7 giorni a fronte dei 4,1 della media regionale. Nello stesso anno le presenze per chilometro quadrato nei territori frencigeni sono state pari a 582 contro le 679 di media regionale, mentre il numero medio di presenze per unità di popolazione è risultato di 2,3 nei centri francigeni contro 3,2 della media regionale. Nel complesso i comuni della Via Francigena presentano un tasso d’internazionalizzazione degli arrivi del 23%, superiore alla media regionale del 20% e la forbice si amplia ulteriormente guardando al tasso d’internazionalizzazione delle presenze: 19% Puglia vs 25% Via Francigena. Confrontando la media dei 37 comuni considerati con quella regionale rispetto al numero di strutture ricettive per chilometro quadrato, si può osservare come il dato regionale di 0,29 sia superiore a quello della Via di 0,19. Alla stregua di quanto fatto in precedenza, separando i 17 comuni che si affacciano sul mare dai 20 situati
  • 44. 44 nell’entroterra è possibile notare che il primo gruppo assorbe oltre l’80% delle presenze di tutta la Via Francigena, sintomo della rilevanza che il turismo balneare possiede in questi comuni. Di converso, i restanti 20 comuni non bagnati dal mare totalizzano complessivamente solo il 19% di tutte le presenze della Via. Altro dato significativo è costituito dal tasso d’internazionalizzazione che raggiunge il 26% nei comuni costieri a fronte del 18% dei restanti. Da una prima analisi appare dunque evidente che se da un lato lo sviluppo della Via Francigena potrà coadiuvare la destagionalizzazione delle presenze nei comuni costieri, esso potrebbe rivestire un ruolo fondamentale per la maggior parte dei comuni francigeni dell’entroterra, esclusi dai flussi turistici più cospicui, aprendo cosi nuovi sbocchi occupazionali e contribuendo a diversificare l’economia dei luoghi attraversati. Richiamando i cluster utilizzati in precedenza, è utile approfondire l’analisi dei diversi contesti turistici al fine di comprenderne a pieno le peculiarità. Il territorio del Subappennino Dauno è caratterizzato da bassa antropizzazione e da un ambiente piuttosto rurale, e dal punto di vista turistico è quello che in misura minore ha beneficiato di effetti economici indotti dal turismo. Difatti, le presenze per chilometro quadrato ammontano a 10,2 unità ben lontane dalle 582 della media Francigena in Puglia, con Troia che si conferma il principale centro d’attrazione. Anche considerando l’offerta turistica emerge una distanza considerevole tra le 0,04 strutture ricettive per chilometro quadrato dell’area considerata e il valore medio della Via di 0,19. L’impatto limitato del turismo nell’area è visibile anche osservando i contributi percentuali degli arrivi e delle presenze sul totale della Francigena, che si attestano in entrambi i casi allo 0,09%. Nonostante i limitati flussi turistici il tasso d’internazionalizzazione delle presenze è perfettamente in linea con la media regionale, la permanenza media di 2,8 giorni si conforma alla media della Francigena. Nei comuni del Tavoliere le presenze per chilometro quadrato, pur restando sotto la media della Via (582), salgono a 80,7 unità. Tuttavia la densità di strutture ricettive per km2 è più bassa di quella rilevata nel Subappennino Dauno (0,03). Anche questo territorio non gode di flussi turistici di rilievo: gli arrivi rappresentano solo il 6,7% del totale francigeno mentre le presenze contribuiscono per il 4,9%. I principali centri attrattori risultano nell’ordine Foggia, Lucera e San Severo. La percentuale di presenze straniere sul totale raggiunge in questo territorio il suo picco più basso in assoluto con un valore del 12% e la permanenza media di 1,9 giorni è sensibilmente bassa. Nell’area semi costiera che si estende tra i territori di Canosa e Bitonto, il turismo non rappresenta uno dei motori principali dell’economia, e pur essendo crescenti gli investimenti in questo ambito, la
  • 45. 45 permanenza media risulta appena superiore alle due giornate. In termini di arrivi e presenze Corato è il centro capace di attrarre il maggior numero di turisti seguito da Andria e Ruvo di Puglia. Le presenze per km2 raggiungono in quest’area le 106 unità e maggiore è anche l’offerta ricettiva che si attesta a 0,10 strutture/km2 contro 0,19 della media della Francigena. Il tasso d’internazionalizzazione (17%) è inferiore alla media regionale mentre gli arrivi e le presenze hanno un’incidenza molto limitata contribuendo rispettivamente per il 4,4% e il 3,4% al totale complessivo della Via. La situazione è molto diversa nell’area garganica, dove al turismo balneare di Manfredonia si aggiungono il turismo religioso e culturale di San Giovanni Rotondo e Monte Sant’Angelo con San Marco in Lamis che invece non sperimenta flussi turistici comparabili a quelli delle località precedenti. La permanenza media risulta appena superiore alle due giornate, le presenze per km2 sono qui leggermente superiori alla media regionale della Via Francigena e anche l’offerta di strutture/km2 è più elevata che negli altri territori sin qui analizzati e con 0,16 si avvicina alla media della Via in Puglia. Con oltre 417.000 presenze San Giovanni Rotondo contribuisce considerevolmente a raggiungere la quota del 17,2%, che rappresenta il totale delle presenze di quest’area rispetto al totale della Francigena in Puglia. Il tasso d’internazionalizzazione qui non si discosta dal 20% regionale. Il quadro cambia radicalmente prendendo in considerazione il tratto costiero che va da Zapponeta a Giovinazzo. La permanenza media aumenta leggermente a 2,4 giornate, la componente di turismo balneare prevale sulle altre tipologie, ciononostante l’impatto turistico complessivo è limitato. L’intera striscia di costa contribuisce al totale delle presenze legate alla Via in Puglia solo per il 9,4%, un’anomalia considerando l’elevata concentrazione in questo territorio di strutture ricettive per km2 (0,50 contro 0,19 della media delle Francigena). Giovinazzo, Barletta e Bisceglie sono nell’ordine i centri che riescono a intercettare i flussi maggiori di turisti e, con un valore del 25%, la quota di presenze straniere rispetto alle presenze totali è in linea con la media della Via e superiore alla media regionale. L’area certamente più sviluppata dal punto di vista turistico è quella compresa tra Bari e Brindisi, che presenta anche la permanenza media più elevata con un valore di poco superiore ai 3 giorni. Essa contribuisce per il 56% al totale degli arrivi e per il 65% al totale delle presenze registrate nei comuni attraversati dalla Via Francigena. La forte connotazione turistica dell’area è confermata dall’elevato valore di strutture ricettive per chilometro quadrato (0,52), maggiore sia della media francigena in Puglia (0,19), sia della media regionale (0,29). Il numero di presenze per
  • 46. 46 km2 si attesta a ben 2060, quasi 4 volte superiore alla media della Francigena in Puglia e all’area garganica, 3 volte maggiore del tratto costiero a nord di Bari e circa 20 volte le aree del Tavoliere e del Subappennino Dauno. Bari, Fasano e Ostuni rappresentano i centri turistici più rilevanti totalizzando complessivamente più di un milione e mezzo di presenze. Il tasso d’internazionalizzazione del 27% è superiore sia alla media della Via Francigena in Puglia, sia alla media regionale. 4.4 REGIONE PUGLIA, INIZIATIVE SVOLTE E IN CORSO DI SVOLGIMENTO La Regione Puglia negli ultimi anni ha mostrato un interesse crescente verso lo sviluppo della Via Francigena a sud di Roma e ha attuato diversi provvedimenti volti a dare attuazione pratica al processo di riqualificazione e recupero dell’antico percorso in Puglia. Il white paper Puglia Francigena elenca puntualmente diverse azioni poste in essere dalla regione in questo senso. Con le deliberazioni di Giunta Regionale 1333/2011 e 1675/2012 la Puglia è stata la prima Regione del Sud ad aderire all’Associazione Europea delle Vie Francigene e, già nell’aprile 2011, la Regione partecipa con il “Progetto Monti Dauni” ai programmi d’intervento per la realizzazione di progetti di eccellenza per lo sviluppo e la promozione del sistema turistico nazionale. La realizzazione del “Progetto Monti Dauni: valorizzazione integrata delle eccellenze di carattere culturale, paesaggistico, religioso ed enogastronomico lungo la Via Francigena” è stata poi confermata con un accordo di programma nel dicembre dello stesso anno. Il progetto mira a realizzare l’infrastrutturazione dei primi 45 km di Vie Francigene in Puglia seguendo l’antica Appia Traiana e abbracciando i territori di Faeto Celle San Vito, Troia, Lucera, Orsara e Castelluccio Valmaggiore. Nella direzione di introdurre nuovi modelli d’infrastrutturazione del sistema di mobilità dolce, nuovi sistemi territoriali di fruizione dei patrimoni culturali e di creare un polo turistico capace di attrarre un turismo slow, nell’aprile 2015 è stata posata la prima pietra per dare concreta attuazione al progetto. Nel 2010 la Regione Puglia ha avviato la costituzione dei Sistemi Ambientali Culturali (SAC) formati da aggregazioni di aree protette, beni monumentali e archeologici, musei, teatri storici, biblioteche, archivi, etc., al fine di mettere a sistema questi attrattori per valorizzarli al meglio, attraverso una gestione integrata che permetta di superare la frammentazione territoriale e far comunicare tra loro ambiti diversi come ambiente, turismo, beni culturali, trasporti, natura, enogastronomia, cultura, eventi e spiritualità. La Via Francigena può rappresentare anche in questo caso il filo conduttore per estrarre le peculiarità distintive da ognuna di