Previsioni sulle modalità di ripartenza nel settore turistico delle regioni italiane
1. 19/4/2020 L'Estate del Covid 19. Che arriva gravida di incognite (di C. Meier) - FarodiRoma
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L’Estate del Covid 19. Che arriva gravida di incognite
(di C. Meier)
Il settore del turismo rappresenta una voce chiave della crescita economica italiana. In complesso
muove il 13% del pil, circa 230miliardi, e impiega non meno di 300mila lavoratori.
La grave crisi economica causata dal Coronavirus rischia però di minarne la performance annuale.
Il presidente di Assoturismo Vittorio Messina chiede più assistenza al mondo del credito e maggiori
certezze per potere iniziare la stagione. “ Il Dl Liquidità, così com’è, non è utile a sostenere le
imprese del turismo nella fase più critica della loro storia – dichiara l’associazione – il
provvedimento non solo è ridimensionato rispetto alle aspettative iniziali, ma non tiene conto
dell’azzeramento dei ricavi degli operatori del settore. Imprese e professionisti di tutti comparti,
dalle agenzie di viaggio alla ricettività alberghiera ed extralberghiera, passando per
somministrazione, servizi e trasporti turistici, hanno visto cancellarsi completamente i propri
fatturati, senza prospettive di ripresa a breve termine”.
“Per il turismo, infatti, la Fase 2 è ancora un miraggio: il mercato internazionale è bloccato, ed è
difficile che i flussi di viaggiatori tornino a regime prima del 2021. Il nostro sarà il periodo di
inattività forzata più lungo di tutti i comparti. In questo scenario, l’intervento del governo, più che
liquidità, fornisce un indebitamento che molti operatori non sono in grado di sostenere”,
ammonisce Messina.
“Bisogna fare molto di più”, conclude il rappresentante di Assoturismo. “Per le imprese del turismo,
bisogna alzare decisamente la soglia dei prestiti garantiti al 100%, portandola da 25mila ad
almeno 50mila euro, e prevedere almeno una parte in fondo perduto ed un sensibile allungamento
dei tempi di restituzione rispetto a quelli previsti. Le procedure per l’accesso ai benefici, poi, vanno
sburocratizzate al massimo. Soprattutto, serve un fondo di emergenza per il turismo, attraverso
cui riconoscere alle agenzie di viaggi un indennizzo proporzionale al decremento di fatturato
registrato durante l’emergenza e coprire le insolvenze e i fallimenti degli operatori della filiera. Ci
sono migliaia di imprese – e quindi di posti di lavoro – a rischio”.
Intanto il Touring club italiano ha affermato che “dall’esperienza di lockdown di queste settimane e
dall’evoluzione della pandemia da coronavirus in Italia e nel resto del mondo abbiamo
metabolizzato che l’attesa per il ritorno alla normalità (qualunque cosa potrà significare) sarà
lunga e che altrettanto lentamente la macchina turistica potrà ricominciare a ripartire adattandosi
a nuovi presumibili paradigmi. Non mancano segnali contraddittori: di recente infatti la presidente
della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ha consigliato prudenza sui piani per le vacanze
Di redazione - 17/04/2020
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2. 19/4/2020 L'Estate del Covid 19. Che arriva gravida di incognite (di C. Meier) - FarodiRoma
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estive, mostrando quindi un certo scetticismo sulla prossima stagione turistica, mentre quasi
contemporaneamente la sottosegretaria al Turismo Lorenza Bonaccorsi ha affermato che è
concreta la possibilità che si possa andare al mare quest’estate, pur con una serie di misure per
garantire il distanziamento sociale.
A tutti gli osservatori pare comunque evidente che i primi fattori propulsivi deriveranno dal
turismo domestico, puntando sulla voglia degli italiani di uscire finalmente di casa – con tutte le
precauzioni inevitabili, data la situazione – dopo la quarantena. Ciò è dovuto al fatto che il nostro
Paese è stato tra i primi a sperimentare il contagio da coronavirus e che la maggior parte dei
nostri principali mercati turistici esteri sconta un ritardo rispetto alla diffusione della pandemia
che, con ogni probabilità, li porterà a uscire dalla fase di emergenza dopo di noi.
Per almeno il 2020, dunque, il nostro turismo tornerà quello degli albori, quando nel secondo
Dopoguerra si rivelò come fenomeno prevalentemente domestico. Dal 1958, primo anno della
rilevazione sistematica dei flussi da parte dell’Istat a metà degli anni Ottanta, infatti, circa il 70%
delle presenze che si registravano in Italia riguardava il turismo dei nostri connazionali. È soltanto
negli ultimi trentacinque anni che si è sviluppato notevolmente – complice la globalizzazione – il
mercato incoming che oggi costituisce, seppur per poco, più della metà del nostro turismo (50,5%
delle presenze totali). Come succede per tanti altri aspetti della nostra economia, però, l’Italia non
si presenta omogenea in tutto il territorio nazionale: i flussi stranieri sono concentrati in alcune
aree particolari, spesso per ragioni molto diverse.
È proprio in questi territori che si registreranno dunque le difficoltà maggiori perché verrà meno
una componente preminente della domanda turistica.
La Provincia Autonoma di Bolzano sarà quella che, stando a questa radiografia, più risentirà della
situazione, visto che per quasi il 70% dipende dall’estero, e in particolare dal mondo di lingua
tedesca, di cui è un naturale sbocco per quanto riguarda l’offerta montana invernale ed estiva.
Con il 68% di clientela estera, al secondo posto si trova il Veneto, la cui capacità di attrazione sui
mercati stranieri è legata all’offerta balneare, lacuale e a quella delle città d’arte, Venezia in
primis. Lazio e Lombardia presentano un tasso di internazionalità simile (62% e 60%
rispettivamente): nel primo caso l’attrattore di Roma è fondamentale, nel secondo c’è Milano –
come polo molto importante di turismo urbano e business – ma anche tutto il sistema che ruota
attorno ai laghi e alle tante aree industriali lombarde che intrattengono fitti rapporti con l’estero
(non a caso l’elevata mobilità che si registra su questo territorio è stata probabilmente una
concausa della diffusione massiccia del virus).
Per quanto riguarda il Friuli-Venezia Giulia (57%), le ragioni sono, come per Bolzano, legate
prevalentemente alla sua collocazione geografica mentre la Toscana (54%) deve la sua attrattività
a Firenze e alle principali città d’arte, nonché al suo territorio rurale, da decenni entrato
nell’immaginario collettivo straniero. Sardegna e Sicilia, infine, (rispettivamente 52% e 51%) sono
le uniche Regioni del Sud a presentare quote di flussi stranieri di qualche rilievo, ma comunque
sostanzialmente in linea con la media nazionale. Per quanto riguarda i dati delle aree meridionali,
occorre anche considerare la forte incidenza del sommerso e del non rilevato che li rendono meno
confrontabili con quelli di altre zone del Paese: in questo senso, è probabile che i numeri ufficiali,
sottostimando tanti alloggi presi in affitto da vacanzieri perlopiù italiani, facciano apparire una
quota di incoming superiore a quella reale.
Passando al livello puntuale di destinazione, abbiamo provato a individuare le località che
probabilmente subiranno le ripercussioni più pesanti dalla situazione creatasi oggi in quanto
fortissimamente dipendenti dal mercato turistico estero. Nella definizione del cluster, abbiamo
scelto due distinti parametri: il primo dimensionale, inserendo soltanto Comuni con flussi turistici
di una certa entità, ovvero con presenze totali annuali superiori al milione; il secondo di
significatività dell’incidenza della componente straniera, almeno superiore all’80%.
Le più colpite sono le località lacuali e marine, soprattutto venete. In alcuni casi – in particolare
per Limone sul Garda (Bs), Scena (Bz) e Malcesine (Vr) – la mancanza di stranieri potrebbe
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3. 19/4/2020 L'Estate del Covid 19. Che arriva gravida di incognite (di C. Meier) - FarodiRoma
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addirittura quasi azzerare i flussi complessivi. Il Sud Italia è rappresentato in maniera molto
contenuta da una sola località siciliana (Taormina) e da una campana (Sorrento). L’unica località
montana è Scena, in Alto Adige, mentre per i contesti urbani Venezia è l’unica rappresentata.
Totalmente assente da questa classifica il Centro Italia.
Nonostante le incertezze sui tempi e sulle modalità della ripartenza, il quadro delle aree
geografiche e delle tipologie di località che potrebbero entrare più in sofferenza appare già oggi
abbastanza chiaro: avere queste informazioni può sicuramente aiutare la politica regionale e locale
ad affrontare il futuro in modo più consapevole, provando a mettere in atto alcune contromisure
che possano rendere attrattive anche al pubblico italiano, o quantomeno più visibili in termini di
comunicazione, queste località già note al turismo internazionale”, conclude la nota del Touring
club italiano.
Christian Meier
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