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Osserviamo ora gli effetti di queste due modalità di
carica, rappresentando il comportamento dei due
impianti dal punto di vista dell’autoalimentazione. In
Figura 4 è riportata la simulazione dell’impianto con
accumulo di tipo UPS.
E’ possibile notare che l’abitazione viene alimentata
dalla rete anche quando inizia la produzione
fotovoltaica, fino a quando le batterie sono cariche. A
batterie cariche, il commutatore connette l’abitazione
al sistema e i consumi vengono alimentati da energia
fotovoltaica. Le batterie intervengono ad integrazione,
fino al loro esaurimento e alla conseguente
riconnessione dell’abitazione alla rete elettrica. Il
calcolo dell’energia prodotta e consumata evidenzia
che, rispetto ad una situazione senza accumulo,
l’autoconsumo è passato da 47,74% a 54,46%,
mentre l’autoalimentazione è passata da 63,33% a
72,25%.
Per poter stimare l’autoconsumo, è necessario
considerare che, a batterie cariche, il sistema UPS
produce energia in surplus che non può essere
immessa in rete, perché è disconnesso. Questa
energia deve essere gestita, probabilmente con uno
spostamento del punto di lavoro MPPT che riduca la
produzione ed azzeri il surplus. In questo senso,
l’autoconsumo raggiunge il 100%. Per calcolare
l’autoconsumo dei sistemi UPS e consentire un
confronto, verrà utilizzata quindi l’energia
teoricamente producibile nei giorni considerati.
A parità di condizioni, il sistema ad accumulo in
parallelo mostra un andamento diverso, in Figura 5.
In questo caso l’abitazione è connessa al sistema da
subito ed è possibile notare che l’energia fotovoltaica
è dedicata come priorità all’autoconsumo. In seguito,
l’energia prodotta è sufficiente sia per alimentare
l’abitazione sia per caricare la batteria, come indica il
livello crescente di carica.
Rispetto al sistema di tipo UPS, è possibile notare che
il supporto all’autoconsumo inizia circa 3 ore prima. Gli
effetti di questo prolungamento si fanno notare nelle
percentuali di autoconsumo e di autoalimentazione:
 L’autoconsumo aumenta a 58,76%, vale a dire
11,02 punti percentuali in più rispetto al caso senza
accumulo e 4,3 punti in più rispetto al caso con
accumulo di tipo UPS;
 L’autoalimentazione aumenta a 77,95%, vale a dire
14,62 punti percentuali in più rispetto al caso senza
accumulo e 5,7 punti in più rispetto al caso con
accumulo di tipo UPS.
Queste maggiori prestazioni sono dovute ad un utilizzo
migliore dell’energia fotovoltaica, alimentando i
consumi ogni volta che ciò sia possibile ed utilizzando
il surplus per caricare le batterie. Il sistema UPS,
tendendo a dedicare la prima energia al caricamento
della batteria, perde ore di autoalimentazione diretta
che poi non riesce a recuperare. Queste considerazioni
sono tuttavia riferite ad un sistema non perfettamente
dimensionato. Come vedremo, in un sistema ben
fatto, le differenze tra le due tipologie sono di molto
inferiori.
I grafici visti finora ci mostrano una situazione in cui
l’accumulo non permette di raggiungere
l’autoalimentazione totale. Ma ciò non significa che
non sia possibile: il segreto è nel dimensionamento
corretto del blocco batterie. Un sistema ben
progettato deve partire dalla quantità di energia
consumata nelle ore di non irraggiamento,
dimensionando il blocco batterie in modo da arrivare
alla mattina successiva. Per questo motivo, in impianti
di questo tipo, è indispensabile intervenire
sull’abitazione per abbattere il più possibile i consumi
serali e notturni, spostando nelle ore diurne il
funzionamento degli elettrodomestici energivori
(lavatrice, lavastoviglie, ecc.) e adottando
illuminazione a LED.
Dopo aver fatto i dovuti calcoli, vediamo l’effetto di un
corretto dimensionamento del blocco batterie, in
Figura 6. L’impianto è lo stesso di Figura 4.
La capacità del blocco batterie è stata portata da 3 a 8
kWh e, come è possibile osservare, il sistema funziona
in autoalimentazione al 100%. In questi giorni,
l’abitazione viene alimentata solamente dal sistema
UPS e non è connessa alla rete. La Figura 7 indica la
situazione sul fronte dell’uso della produzione
fotovoltaica.
Il grafico mostra che l’energia è sufficiente per
soddisfare i consumi e caricare le batterie. In queste
due giornate l’autoconsumo è pari a 75,38%.
I grafici del sistema di tipo parallelo in questo caso
sono identici a quelli tipo UPS, con un'unica
differenza: essendo il sistema connesso alla rete, è in
grado di immettere l’energia in surplus, che nei giorni
considerati è pari a 24,62% dell'energia prodotta.
Fig. 5
Fig. 4
Fig. 6
Come prima conclusione possiamo affermare che i due
sistemi, quando funzionano in autoalimentazione
totale, sono equivalenti. Da un punto di vista
economico, i sistemi di tipo parallelo permettono
tuttavia un risultato migliore, dovuto alla
valorizzazione dell’energia immessa in rete.
Da notare che, quando i sistemi funzionano in parziale
alimentazione, il fenomeno della migliore gestione
dell’energia in fase di carica e della migliore gestione
dell’energia in surplus sono presenti
contemporaneamente nell’arco della stessa giornata,
per cui possiamo trarre una conclusione aggiuntiva: i
sistemi di tipo UPS devono essere sempre
correttamente dimensionati, pena il mancato
raggiungimento delle prestazioni ottimali. Un
sottodimensionamento del blocco batterie non
consente di ottenere l’autoalimentazione totale e un
sovradimensionamento della potenza dei moduli FV
avrebbe come effetto una elevata quantità di energia
inutilizzata. In questi sistemi si tende ad avere quindi
potenze non elevate in kWp e alte capacità di batteria.
I sistemi di tipo parallelo possono essere dimensionati
anche senza l’obiettivo di raggiungere
l’autoalimentazione totale, dato che forniranno
comunque un apporto di energia aggiuntiva pari alla
capacità del blocco batterie e all’energia disponibile,
senza avere controindicazioni. Da un punto di vista
commerciale, questo apre la possibilità di
dimensionare il blocco batterie sulla base di una
valutazione economica, scegliendo eventualmente
livelli di autoalimentazione inferiori al 100% a fronte di
investimenti inferiori in batterie.
I casi visti finora sono relativi a due giorni presi ad
esempio ma non sono certo indicativi del
comportamento dei sistemi in tutte le condizioni che si
verificano nel corso dell’anno.
In Figura 8 è mostrata la situazione dell’11 e 12
Gennaio 2014, dove è possibile osservare che
l’autoconsumo non avviene nonostante le batterie da
8 kWh, a causa di insufficiente irraggiamento.
Nel caso descritto, relativo ad un sistema in parallelo,
nel primo giorno l’energia prodotta è inviata
interamente all’abitazione e le batterie non vengono
caricate. Se si fosse trattato di un sistema di tipo UPS,
le batterie sarebbero state parzialmente caricate. Da
notare come i picchi di assorbimento del secondo
giorno siano soddisfatti mediante ricorso alle batterie,
con una erogazione che arriva a 3800 W senza
intervento della rete.
Nella Figura 9 invece viene mostrata la situazione di
due giorni con elevata produzione e basso consumo, il
20 e il 21 Agosto 2014.
E’ evidente il sovradimensionamento della potenza
generata rispetto ai consumi, che porta ad un pieno
utilizzo in autoalimentazione ma anche ad una energia
in surplus che non può essere immessa in rete nel
caso in questione, relativo ad un sistema di tipo UPS.
Nessun problema, invece, se il sistema fosse stato in
parallelo, con scambio dell’energia in surplus con la
rete.
Ma quanto è frequente l’autoconsumo totale?
Dopo aver visto che, con un accumulo correttamente
dimensionato, in alcuni giorni è possibile ottenere un
autoconsumo totale, è necessario indagare sulla
frequenza con la quale si può ottenere questo
risultato. Simulando i risultati sui dati di produzione e
consumo di tutti i 12 mesi considerati, è possibile
calcolare il numero di giorni in cui questa condizione si
verifica. Nella Figura 10, è possibile osservare il
numero dei giorni con autoconsumo totale per mese.
Il grafico è relativo all’impianto in esame, simulando
una capacità delle batterie pari a 8 kWh.
Per avere un’indicazione più precisa sull’effetto delle
batterie, il grafico riporta anche la percentuale di
consumi coperta da energia fotovoltaica. Questo
perché le batterie hanno comunque un effetto positivo
sull’autoalimentazione, anche se non si raggiunge il
traguardo del 100%. Si può notare che nel periodo
estivo i giorni di autoconsumo totale sono numerosi,
con un totale di 111 su base annua. Nei mesi di
Marzo, Aprile e Settembre, i giorni di autoconsumo
totale diminuiscono ma la percentuale dei consumi
autoalimentata rimane su valori molto elevati.
L’autoalimentazione su base annua, infatti, è pari a
72,76% e l’autoconsumo a 69,18%. Nel caso di un
analogo sistema di tipo UPS, i giorni di autoconsumo
sarebbero stati 114, mentre l’autoalimentazione
sarebbe stata pari a 67,08%. Il numero maggiore di
giorni con autoconsumo totale è spiegato dalla logica
con cui viene caricata la batteria, che ogni volta che
parte dalla carica minima ha la precedenza, fino alla
carica totale. Il maggiore utilizzo di energia
fotovoltaica ad uso diretto spiega invece i 5 punti
aggiuntivi di autoalimentazione del sistema in
parallelo.
Fig. 7
Fig. 8
Fig. 9
Come dimensionare le batterie? E’ conveniente
cercare ad ogni costo l’autoalimentazione al 100%?
Certamente è un traguardo suggestivo ma rischia di
essere una scelta non conveniente. In entrambi i tipi
di sistemi, infatti, il dimensionamento delle batterie
fornisce risultati soddisfacenti anche senza ottenere
un numero elevato di giornate con autoalimentazione
totale. Nella Figura 11 viene mostrato lo stesso
impianto di Figura 10 ma con batterie di capacità pari
a 4 kWh, ovvero la metà.
In questo caso, le giornate con autosufficienza al
100% sono scese a zero ma l’autoalimentazione
rimane comunque elevata, con un valore annuo pari a
64,47%. Come è possibile? La risposta è nella Figura
12, che mostra l’andamento dell’alimentazione
giornaliera nel mese con il valore più alto, Giugno
2013. Per semplicità di lettura, il grafico riporta
solamente l’alimentazione da batteria e quella da rete.
E’ possibile distinguere i singoli giorni e, al loro
interno, la ripartizione dell’alimentazione da batteria o
da rete. In ogni giorno, il contributo dell’energia da
batteria è elevato ma non è mai tale da raggiungere il
100%. Ciò evidenzia che, anche se non si raggiunge
l’indipendenza totale dalla rete in nessun giorno, il
contributo delle batterie può essere tale da portare
l’autoalimentazione a valori elevati. Questo grafico ci
conferma che, da un punto di vista dell’investimento,
non conviene puntare a tutti i costi ad ottenere giorni
di autoalimentazione totale ma conviene invece
puntare ad ottenere un soddisfacente livello di
autoalimentazione annuale.
Il fenomeno descritto nella Figura 11 si ripete anche
nel caso di un sistema di tipo UPS, in questo caso con
giorni ad autosufficienza al 100% ancora pari a zero e
con autoalimentazione annuale pari a 56,62%. La
diminuzione di autoalimentazione nel passaggio da 8 a
4 kWh di capacità è in questo caso maggiore rispetto
al caso del sistema in parallelo (11 punti percentuali
contro 8). Questo ci conferma che i due sistemi vanno
usati in modo diverso e che il dimensionamento delle
batterie va fatto con logiche diverse: con i sistemi in
parallelo si può puntare anche ad un
dimensionamento inferiore, perché l’impianto fornirà
buoni risultati anche con compromessi più convenienti
da un punto di vista dell’investimento. Con i sistemi
UPS è necessario puntare ad un dimensionamento più
generoso. Maggiore è la capacità del blocco batterie,
minore è la differenza tra i due sistemi.
Possiamo notare questo fenomeno se portiamo su un
grafico, per capacità crescente delle batterie, la
percentuale di autoalimentazione e i giorni di
autoalimentazione totale, come mostrato dalla Figura
13.
Le linee indicano la percentuale di autoalimentazione
annua delle due tipologie di accumulo al variare della
capacità delle batterie. E’ possibile osservare che
questo valore per i sistemi in parallelo è superiore a
quello dei sistemi UPS, soprattutto per valori intermedi
di capacità, mentre all’aumentare della capacità la
differenza tende ad affievolirsi. Le barre verticali
indicano invece il numero di giorni ad autosufficienza
totale. Possiamo notare che sotto i 5 kWh di capacità
non si hanno giorni al 100% di autoalimentazione,
dopodiché abbiamo un andamento diverso, con i
sistemi di tipo parallelo in vantaggio iniziale e i sistemi
di tipo UPS in vantaggio su capacità maggiori.
È interessante notare che la superiorità nella
percentuale di autoalimentazione dei sistemi in
parallelo aumenta fino al punto in cui iniziano a
verificarsi giorni di autoconsumo totale. Da questo
momento in poi, i sistemi UPS riducono lo svantaggio.
A ulteriore conferma di quanto già affermato, i sistemi
di tipo UPS devono essere dimensionati con capacità
adeguate a generare un numero elevato di giornate
con totale autoalimentazione. Solo in questo modo
danno il meglio di sé.
Se analizziamo i dati con un’altra logica, possiamo
notare fino a che punto è conveniente aumentare la
capacità delle batterie per i due sistemi. In Figura 14
viene mostrato solo l’incremento
dell’autoalimentazione all’aumentare della capacità
delle batterie. Ad esempio, in un sistema di tipo
parallelo, un accumulo di 1 kWh provoca un aumento
di autoalimentazione di circa 6 punti percentuali
rispetto ad un impianto privo di accumulo.
Aumentando la capacità a 2 kWh, si ottiene un
ulteriore incremento di circa 4 punti e così via, con
andamento decrescente. In un sistema di tipo UPS,
con il primo kWh di accumulo si ottiene un incremento
di soli 2,8 punti ma, continuando ad aggiungere,
l’incremento non diminuisce come nell’altro caso.
Fig. 10
Fig. 11
Fig. 12
È evidente che i sistemi UPS beneficiano in misura
maggiore dell’incremento delle batterie, fino a
capacità elevate (nel caso specifico fino a 9 kWh),
mentre l’incremento nei sistemi in parallelo diminuisce
al crescere della capacità. Nell’impianto in esame, con
un sistema in parallelo converrebbe fermarsi ad una
capacità del blocco batterie pari a 6 kWh. Per ogni
kWh di capacità aggiuntiva oltre questa soglia,
l’incremento di autoalimentazione sarebbe inferiore al
2%, rendendo poco redditizio l’investimento. Per un
sistema di tipo UPS, l’incremento di autoalimentazione
si manterrebbe intorno al 2,5% fino ad una capacità di
9 kWh ed è quindi ipotizzabile aumentare il blocco
batterie fino a questo valore. Ancora una volta, i
sistemi di tipo UPS sembrano dare il meglio con
elevate capacità di accumulo.
Effetto della riduzione dei consumi. I grafici
finora presentati sono riferiti a un caso reale di una
abitazione abbastanza energivora, con consumo pari a
circa 6.900 kWh/anno, Questo per scelta, dato che in
nella stagione invernale viene sfruttata l’energia
fotovoltaica in surplus per alimentare una pompa di
calore in riscaldamento che integra la caldaia a gas.
La maggioranza delle abitazioni, tuttavia, ha consumi
inferiori e potrebbe essere interessante osservare cosa
accade su abitazioni con un consumo medio, stimabile
in 4.500 kWh/anno. Dato che il simulatore consente di
aumentare o ridurre i consumi applicando un
moltiplicatore, utilizzando un fattore 0,65 si ottiene un
consumo annuale pari a quello medio della famiglia
italiana ed è possibile vederne l’effetto nella Figura 15,
in confronto con la Figura 10. I giorni con
autoconsumo totale salirebbero da 111 a ben 216, con
un sensibile aumento di autoalimentazione da 72,76%
a 84,23%. In questo caso si potrebbe valutare anche
una riduzione della capacità delle batterie, con un
investimento più oculato. Ad esempio, una scelta
molto conservativa potrebbe essere un blocco batterie
di soli 3 kWh, che fornirebbe soli 15 giorni di
autoalimentazione totale ma con una percentuale di
autoalimentazione pari a 71,96%, pienamente
soddisfacente.
Quest’ultimo risultato ci ricorda ancora una volta che il
primo intervento su un’abitazione deve riguardare
l’abbattimento dei consumi. Solo con consumi
contenuti si possono ottenere risultati ottimali con
impianti ad accumulo.
Effetti della… latitudine. I risultati di cui abbiamo
parlato finora sono in realtà molto prudenziali, perché
basati sui dati storici di un impianto collocato nella
nebbiosa Pianura Padana. Basta spostarsi un poco al
Sud per ottenere risultati migliori e così ho introdotto
nel simulatore una funzione che permette di variare la
produzione e simulare altre località. Per rendere
evidente il fenomeno, ho virtualmente spostato
l’impianto di Figura 15 a Portopalo di Capo Passero,
con un aumento di produzione pari al 30%, su una
abitazione che consuma 4.500 kWh l’anno. Inutile dire
che i risultati sono molto incoraggianti: con un blocco
batterie da 8 kWh, i giorni di autoalimentazione totale
sono pari a 244 e l’autoalimentazione annua è pari a
88%. In questo caso, vale proprio la pena di ridurre
l’investimento in batterie. Limitandoci ad esempio ad
un accumulo di 3 kWh, i giorni di totale
autosufficienza scenderebbero a 21 ma
l’autoalimentazione annua rimarrebbe attestata su
75%.
Erogazione di correnti elevate. Nei sistemi ad
isola, uno dei temi tecnici più importanti è quello della
capacità del sistema di erogare correnti elevate. Per
questo motivo, quando si progetta un sistema ad
isola, non ci si ferma di solito all’installazione di un
sistema di produzione di energia da fonte rinnovabile
ma ci si preoccupa anche di come verrà utilizzata
l’energia. È importante innanzitutto che il consumo
dell’abitazione sia il più basso possibile. È necessario
inoltre evitare utenze a grande assorbimento di
energia o con spunti di partenza elevati, per non
mettere in crisi il sistema batterie-inverter. Per questo
motivo, i sistemi di accumulo di tipo UPS hanno
generalmente un inverter in grado di erogare correnti
elevate. Allo scopo di evidenziare il fenomeno, in
Figura 16, è stata introdotta in un sistema di tipo UPS
una forte limitazione di corrente erogabile.
Fig. 13
Fig. 14
Fig. 15
È possibile notare che, nel secondo giorno, i picchi di
assorbimento delle ore 11:30, 11:45 e 14:15 vengono
compensati dall’energia proveniente dalle batterie, per
la parte che supera l’energia fotovoltaica disponibile.
Alle 14:30 il sistema entra però in crisi a causa della
limitazione di corrente erogabile e le batterie non
riescono a fornire tutta l’energia necessaria. La parte
di energia mancante è evidenziata in nero. Un sistema
reale in queste condizioni staccherebbe l’alimentazione
dalle batterie e riconnetterebbe l’abitazione alla rete.
Va ribadito che la limitazione introdotta nella
simulazione è solo a scopo didattico e non è realistica,
dato che queste macchine montano tutte inverter con
alta capacità di erogazione ma non bisogna
sottovalutare il fenomeno: in orario di cena e di
rientro a casa, l’uso dell’illuminazione e una eventuale
contemporanea partenza di elettrodomestici ad alto
assorbimento (come forno microonde, lavatrice,
asciugacapelli, ecc.) possono generare picchi di
energia assorbita notevoli ed è necessario quindi
assicurarsi che il sistema sia in grado di reggere.
I sistemi in parallelo godono invece della presenza di
una fonte di energia che interviene ogni qual volta
l’inverter non sia in grado di fornire correnti elevate: la
rete elettrica. Essendo collegati costantemente alla
rete, tutto ciò che l’inverter non riesce ad erogare per
mancanza di energia o per limitazioni di corrente viene
prelevato dalla rete, senza alcuna commutazione.
Alcuni produttori sfruttano questa particolarità e
impostano il dispositivo in modo da limitare la corrente
massima di erogazione dalle batterie, per prolungarne
la durata. Le batterie scaricate con basse correnti,
infatti, erogano più energia totale e aumentano la loro
durata. Ad esempio, una batteria tra le più diffuse in
campo storage fotovoltaico, presa come riferimento
nelle simulazioni, fornisce circa il 10% in più di
energia se scaricata totalmente in 10 ore anziché in 5
ore. Questa differenziazione si riflette nelle
caratteristiche costruttive degli inverter dedicati: i
sistemi di tipo UPS hanno normalmente inverter
sovradimensionati, mentre i sistemi in parallelo
possono avere componentistica dimensionata su
erogazioni inferiori.
Perdite di efficienza. Una delle informazioni più
difficili da avere oggi riguarda le perdite totali di
energia in un ciclo di carica-scarica. Da alcune
dichiarazioni raccolte, le perdite sarebbero dell’ordine
del 15% ma ho raccolto anche commenti che
suggeriscono perdite maggiori. La valutazione è
difficile, perché dipende da un mix di perdite
riguardanti sia il caricabatteria-inverter sia le batterie
stesse. Ciò che possiamo fare è una simulazione di
come varia l’apporto delle batterie al variare delle
perdite di efficienza del sistema. La Figura 17
rappresenta l’effetto di perdite di efficienza crescenti
sul comportamento di carica di un sistema in parallelo,
attraverso la curva del livello della batteria. In legenda
sono indicate le percentuali di autoconsumo e di
autoalimentazione corrispondenti.
Come è possibile osservare, il livello di carica delle
batterie diminuisce al crescere delle perdite ma non
solo: il punto di massima carica si sposta in avanti nel
tempo, ritardando al crescere delle perdite. Il tema
delle perdite totali di efficienza è quindi di
determinante importanza ed è una delle informazioni
su cui è necessario fare chiarezza.
Quindi, è possibile ottenere autoalimentazione
al 100%? Un corretto dimensionamento del sistema
è fondamentale per elevare la percentuale di
autoalimentazione. Un sistema ben progettato può
arrivare facilmente all’autoalimentazione totale per la
maggior parte dei giorni in un anno e coprire i
consumi annuali con percentuali elevate, anche oltre il
90%. La decisione riguardo la percentuale di
copertura desiderata dipende da valutazioni
economiche: ogni cliente è libero di scegliere
l’investimento ed i relativi benefici.
Alla fine, quale sistema scegliere? L’argomento è
complesso, con numerose variabili e argomentazioni a
favore dell’uno e dell’altro sistema. Secondo la
simulazione, in termini di prestazioni pure, i sistemi
con batterie in parallelo rendono disponibile
all’abitazione una maggiore quantità di energia
fotovoltaica, diretta o attraverso le batterie. I sistemi
di tipo parallelo hanno anche dei vantaggi per quanto
riguarda la gestione del surplus di energia
fotovoltaica, mentre i sistemi di tipo UPS hanno una
funzione nativa di alimentazione in caso di black-out.
In termini di mercato, ciò che fa preferire i sistemi di
tipo UPS è la ricerca di una soluzione senza
complicazioni burocratiche ed al sicuro da evoluzioni
normative impreviste. In questo momento, con le
norme tecniche in versione non definitiva, esiste un
rischio effettivo che i dispositivi in parallelo già
installati debbano essere aggiornati o che i calcoli
economici debbano essere rivisti aggiungendo oneri
oggi non previsti.
In ogni caso, la qualità e la robustezza del prodotto
sono determinanti: trattandosi di dispositivi che
devono erogare l’energia per l’abitazione, è più che
mai importante scegliere prodotti affidabili, con
produttori realmente presenti sul territorio e in grado
di seguire il cliente.
Fig. 16
Fig. 17

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  • 2.
  • 3. Osserviamo ora gli effetti di queste due modalità di carica, rappresentando il comportamento dei due impianti dal punto di vista dell’autoalimentazione. In Figura 4 è riportata la simulazione dell’impianto con accumulo di tipo UPS. E’ possibile notare che l’abitazione viene alimentata dalla rete anche quando inizia la produzione fotovoltaica, fino a quando le batterie sono cariche. A batterie cariche, il commutatore connette l’abitazione al sistema e i consumi vengono alimentati da energia fotovoltaica. Le batterie intervengono ad integrazione, fino al loro esaurimento e alla conseguente riconnessione dell’abitazione alla rete elettrica. Il calcolo dell’energia prodotta e consumata evidenzia che, rispetto ad una situazione senza accumulo, l’autoconsumo è passato da 47,74% a 54,46%, mentre l’autoalimentazione è passata da 63,33% a 72,25%. Per poter stimare l’autoconsumo, è necessario considerare che, a batterie cariche, il sistema UPS produce energia in surplus che non può essere immessa in rete, perché è disconnesso. Questa energia deve essere gestita, probabilmente con uno spostamento del punto di lavoro MPPT che riduca la produzione ed azzeri il surplus. In questo senso, l’autoconsumo raggiunge il 100%. Per calcolare l’autoconsumo dei sistemi UPS e consentire un confronto, verrà utilizzata quindi l’energia teoricamente producibile nei giorni considerati. A parità di condizioni, il sistema ad accumulo in parallelo mostra un andamento diverso, in Figura 5. In questo caso l’abitazione è connessa al sistema da subito ed è possibile notare che l’energia fotovoltaica è dedicata come priorità all’autoconsumo. In seguito, l’energia prodotta è sufficiente sia per alimentare l’abitazione sia per caricare la batteria, come indica il livello crescente di carica. Rispetto al sistema di tipo UPS, è possibile notare che il supporto all’autoconsumo inizia circa 3 ore prima. Gli effetti di questo prolungamento si fanno notare nelle percentuali di autoconsumo e di autoalimentazione:  L’autoconsumo aumenta a 58,76%, vale a dire 11,02 punti percentuali in più rispetto al caso senza accumulo e 4,3 punti in più rispetto al caso con accumulo di tipo UPS;  L’autoalimentazione aumenta a 77,95%, vale a dire 14,62 punti percentuali in più rispetto al caso senza accumulo e 5,7 punti in più rispetto al caso con accumulo di tipo UPS. Queste maggiori prestazioni sono dovute ad un utilizzo migliore dell’energia fotovoltaica, alimentando i consumi ogni volta che ciò sia possibile ed utilizzando il surplus per caricare le batterie. Il sistema UPS, tendendo a dedicare la prima energia al caricamento della batteria, perde ore di autoalimentazione diretta che poi non riesce a recuperare. Queste considerazioni sono tuttavia riferite ad un sistema non perfettamente dimensionato. Come vedremo, in un sistema ben fatto, le differenze tra le due tipologie sono di molto inferiori. I grafici visti finora ci mostrano una situazione in cui l’accumulo non permette di raggiungere l’autoalimentazione totale. Ma ciò non significa che non sia possibile: il segreto è nel dimensionamento corretto del blocco batterie. Un sistema ben progettato deve partire dalla quantità di energia consumata nelle ore di non irraggiamento, dimensionando il blocco batterie in modo da arrivare alla mattina successiva. Per questo motivo, in impianti di questo tipo, è indispensabile intervenire sull’abitazione per abbattere il più possibile i consumi serali e notturni, spostando nelle ore diurne il funzionamento degli elettrodomestici energivori (lavatrice, lavastoviglie, ecc.) e adottando illuminazione a LED. Dopo aver fatto i dovuti calcoli, vediamo l’effetto di un corretto dimensionamento del blocco batterie, in Figura 6. L’impianto è lo stesso di Figura 4. La capacità del blocco batterie è stata portata da 3 a 8 kWh e, come è possibile osservare, il sistema funziona in autoalimentazione al 100%. In questi giorni, l’abitazione viene alimentata solamente dal sistema UPS e non è connessa alla rete. La Figura 7 indica la situazione sul fronte dell’uso della produzione fotovoltaica. Il grafico mostra che l’energia è sufficiente per soddisfare i consumi e caricare le batterie. In queste due giornate l’autoconsumo è pari a 75,38%. I grafici del sistema di tipo parallelo in questo caso sono identici a quelli tipo UPS, con un'unica differenza: essendo il sistema connesso alla rete, è in grado di immettere l’energia in surplus, che nei giorni considerati è pari a 24,62% dell'energia prodotta. Fig. 5 Fig. 4 Fig. 6
  • 4. Come prima conclusione possiamo affermare che i due sistemi, quando funzionano in autoalimentazione totale, sono equivalenti. Da un punto di vista economico, i sistemi di tipo parallelo permettono tuttavia un risultato migliore, dovuto alla valorizzazione dell’energia immessa in rete. Da notare che, quando i sistemi funzionano in parziale alimentazione, il fenomeno della migliore gestione dell’energia in fase di carica e della migliore gestione dell’energia in surplus sono presenti contemporaneamente nell’arco della stessa giornata, per cui possiamo trarre una conclusione aggiuntiva: i sistemi di tipo UPS devono essere sempre correttamente dimensionati, pena il mancato raggiungimento delle prestazioni ottimali. Un sottodimensionamento del blocco batterie non consente di ottenere l’autoalimentazione totale e un sovradimensionamento della potenza dei moduli FV avrebbe come effetto una elevata quantità di energia inutilizzata. In questi sistemi si tende ad avere quindi potenze non elevate in kWp e alte capacità di batteria. I sistemi di tipo parallelo possono essere dimensionati anche senza l’obiettivo di raggiungere l’autoalimentazione totale, dato che forniranno comunque un apporto di energia aggiuntiva pari alla capacità del blocco batterie e all’energia disponibile, senza avere controindicazioni. Da un punto di vista commerciale, questo apre la possibilità di dimensionare il blocco batterie sulla base di una valutazione economica, scegliendo eventualmente livelli di autoalimentazione inferiori al 100% a fronte di investimenti inferiori in batterie. I casi visti finora sono relativi a due giorni presi ad esempio ma non sono certo indicativi del comportamento dei sistemi in tutte le condizioni che si verificano nel corso dell’anno. In Figura 8 è mostrata la situazione dell’11 e 12 Gennaio 2014, dove è possibile osservare che l’autoconsumo non avviene nonostante le batterie da 8 kWh, a causa di insufficiente irraggiamento. Nel caso descritto, relativo ad un sistema in parallelo, nel primo giorno l’energia prodotta è inviata interamente all’abitazione e le batterie non vengono caricate. Se si fosse trattato di un sistema di tipo UPS, le batterie sarebbero state parzialmente caricate. Da notare come i picchi di assorbimento del secondo giorno siano soddisfatti mediante ricorso alle batterie, con una erogazione che arriva a 3800 W senza intervento della rete. Nella Figura 9 invece viene mostrata la situazione di due giorni con elevata produzione e basso consumo, il 20 e il 21 Agosto 2014. E’ evidente il sovradimensionamento della potenza generata rispetto ai consumi, che porta ad un pieno utilizzo in autoalimentazione ma anche ad una energia in surplus che non può essere immessa in rete nel caso in questione, relativo ad un sistema di tipo UPS. Nessun problema, invece, se il sistema fosse stato in parallelo, con scambio dell’energia in surplus con la rete. Ma quanto è frequente l’autoconsumo totale? Dopo aver visto che, con un accumulo correttamente dimensionato, in alcuni giorni è possibile ottenere un autoconsumo totale, è necessario indagare sulla frequenza con la quale si può ottenere questo risultato. Simulando i risultati sui dati di produzione e consumo di tutti i 12 mesi considerati, è possibile calcolare il numero di giorni in cui questa condizione si verifica. Nella Figura 10, è possibile osservare il numero dei giorni con autoconsumo totale per mese. Il grafico è relativo all’impianto in esame, simulando una capacità delle batterie pari a 8 kWh. Per avere un’indicazione più precisa sull’effetto delle batterie, il grafico riporta anche la percentuale di consumi coperta da energia fotovoltaica. Questo perché le batterie hanno comunque un effetto positivo sull’autoalimentazione, anche se non si raggiunge il traguardo del 100%. Si può notare che nel periodo estivo i giorni di autoconsumo totale sono numerosi, con un totale di 111 su base annua. Nei mesi di Marzo, Aprile e Settembre, i giorni di autoconsumo totale diminuiscono ma la percentuale dei consumi autoalimentata rimane su valori molto elevati. L’autoalimentazione su base annua, infatti, è pari a 72,76% e l’autoconsumo a 69,18%. Nel caso di un analogo sistema di tipo UPS, i giorni di autoconsumo sarebbero stati 114, mentre l’autoalimentazione sarebbe stata pari a 67,08%. Il numero maggiore di giorni con autoconsumo totale è spiegato dalla logica con cui viene caricata la batteria, che ogni volta che parte dalla carica minima ha la precedenza, fino alla carica totale. Il maggiore utilizzo di energia fotovoltaica ad uso diretto spiega invece i 5 punti aggiuntivi di autoalimentazione del sistema in parallelo. Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9
  • 5. Come dimensionare le batterie? E’ conveniente cercare ad ogni costo l’autoalimentazione al 100%? Certamente è un traguardo suggestivo ma rischia di essere una scelta non conveniente. In entrambi i tipi di sistemi, infatti, il dimensionamento delle batterie fornisce risultati soddisfacenti anche senza ottenere un numero elevato di giornate con autoalimentazione totale. Nella Figura 11 viene mostrato lo stesso impianto di Figura 10 ma con batterie di capacità pari a 4 kWh, ovvero la metà. In questo caso, le giornate con autosufficienza al 100% sono scese a zero ma l’autoalimentazione rimane comunque elevata, con un valore annuo pari a 64,47%. Come è possibile? La risposta è nella Figura 12, che mostra l’andamento dell’alimentazione giornaliera nel mese con il valore più alto, Giugno 2013. Per semplicità di lettura, il grafico riporta solamente l’alimentazione da batteria e quella da rete. E’ possibile distinguere i singoli giorni e, al loro interno, la ripartizione dell’alimentazione da batteria o da rete. In ogni giorno, il contributo dell’energia da batteria è elevato ma non è mai tale da raggiungere il 100%. Ciò evidenzia che, anche se non si raggiunge l’indipendenza totale dalla rete in nessun giorno, il contributo delle batterie può essere tale da portare l’autoalimentazione a valori elevati. Questo grafico ci conferma che, da un punto di vista dell’investimento, non conviene puntare a tutti i costi ad ottenere giorni di autoalimentazione totale ma conviene invece puntare ad ottenere un soddisfacente livello di autoalimentazione annuale. Il fenomeno descritto nella Figura 11 si ripete anche nel caso di un sistema di tipo UPS, in questo caso con giorni ad autosufficienza al 100% ancora pari a zero e con autoalimentazione annuale pari a 56,62%. La diminuzione di autoalimentazione nel passaggio da 8 a 4 kWh di capacità è in questo caso maggiore rispetto al caso del sistema in parallelo (11 punti percentuali contro 8). Questo ci conferma che i due sistemi vanno usati in modo diverso e che il dimensionamento delle batterie va fatto con logiche diverse: con i sistemi in parallelo si può puntare anche ad un dimensionamento inferiore, perché l’impianto fornirà buoni risultati anche con compromessi più convenienti da un punto di vista dell’investimento. Con i sistemi UPS è necessario puntare ad un dimensionamento più generoso. Maggiore è la capacità del blocco batterie, minore è la differenza tra i due sistemi. Possiamo notare questo fenomeno se portiamo su un grafico, per capacità crescente delle batterie, la percentuale di autoalimentazione e i giorni di autoalimentazione totale, come mostrato dalla Figura 13. Le linee indicano la percentuale di autoalimentazione annua delle due tipologie di accumulo al variare della capacità delle batterie. E’ possibile osservare che questo valore per i sistemi in parallelo è superiore a quello dei sistemi UPS, soprattutto per valori intermedi di capacità, mentre all’aumentare della capacità la differenza tende ad affievolirsi. Le barre verticali indicano invece il numero di giorni ad autosufficienza totale. Possiamo notare che sotto i 5 kWh di capacità non si hanno giorni al 100% di autoalimentazione, dopodiché abbiamo un andamento diverso, con i sistemi di tipo parallelo in vantaggio iniziale e i sistemi di tipo UPS in vantaggio su capacità maggiori. È interessante notare che la superiorità nella percentuale di autoalimentazione dei sistemi in parallelo aumenta fino al punto in cui iniziano a verificarsi giorni di autoconsumo totale. Da questo momento in poi, i sistemi UPS riducono lo svantaggio. A ulteriore conferma di quanto già affermato, i sistemi di tipo UPS devono essere dimensionati con capacità adeguate a generare un numero elevato di giornate con totale autoalimentazione. Solo in questo modo danno il meglio di sé. Se analizziamo i dati con un’altra logica, possiamo notare fino a che punto è conveniente aumentare la capacità delle batterie per i due sistemi. In Figura 14 viene mostrato solo l’incremento dell’autoalimentazione all’aumentare della capacità delle batterie. Ad esempio, in un sistema di tipo parallelo, un accumulo di 1 kWh provoca un aumento di autoalimentazione di circa 6 punti percentuali rispetto ad un impianto privo di accumulo. Aumentando la capacità a 2 kWh, si ottiene un ulteriore incremento di circa 4 punti e così via, con andamento decrescente. In un sistema di tipo UPS, con il primo kWh di accumulo si ottiene un incremento di soli 2,8 punti ma, continuando ad aggiungere, l’incremento non diminuisce come nell’altro caso. Fig. 10 Fig. 11 Fig. 12
  • 6. È evidente che i sistemi UPS beneficiano in misura maggiore dell’incremento delle batterie, fino a capacità elevate (nel caso specifico fino a 9 kWh), mentre l’incremento nei sistemi in parallelo diminuisce al crescere della capacità. Nell’impianto in esame, con un sistema in parallelo converrebbe fermarsi ad una capacità del blocco batterie pari a 6 kWh. Per ogni kWh di capacità aggiuntiva oltre questa soglia, l’incremento di autoalimentazione sarebbe inferiore al 2%, rendendo poco redditizio l’investimento. Per un sistema di tipo UPS, l’incremento di autoalimentazione si manterrebbe intorno al 2,5% fino ad una capacità di 9 kWh ed è quindi ipotizzabile aumentare il blocco batterie fino a questo valore. Ancora una volta, i sistemi di tipo UPS sembrano dare il meglio con elevate capacità di accumulo. Effetto della riduzione dei consumi. I grafici finora presentati sono riferiti a un caso reale di una abitazione abbastanza energivora, con consumo pari a circa 6.900 kWh/anno, Questo per scelta, dato che in nella stagione invernale viene sfruttata l’energia fotovoltaica in surplus per alimentare una pompa di calore in riscaldamento che integra la caldaia a gas. La maggioranza delle abitazioni, tuttavia, ha consumi inferiori e potrebbe essere interessante osservare cosa accade su abitazioni con un consumo medio, stimabile in 4.500 kWh/anno. Dato che il simulatore consente di aumentare o ridurre i consumi applicando un moltiplicatore, utilizzando un fattore 0,65 si ottiene un consumo annuale pari a quello medio della famiglia italiana ed è possibile vederne l’effetto nella Figura 15, in confronto con la Figura 10. I giorni con autoconsumo totale salirebbero da 111 a ben 216, con un sensibile aumento di autoalimentazione da 72,76% a 84,23%. In questo caso si potrebbe valutare anche una riduzione della capacità delle batterie, con un investimento più oculato. Ad esempio, una scelta molto conservativa potrebbe essere un blocco batterie di soli 3 kWh, che fornirebbe soli 15 giorni di autoalimentazione totale ma con una percentuale di autoalimentazione pari a 71,96%, pienamente soddisfacente. Quest’ultimo risultato ci ricorda ancora una volta che il primo intervento su un’abitazione deve riguardare l’abbattimento dei consumi. Solo con consumi contenuti si possono ottenere risultati ottimali con impianti ad accumulo. Effetti della… latitudine. I risultati di cui abbiamo parlato finora sono in realtà molto prudenziali, perché basati sui dati storici di un impianto collocato nella nebbiosa Pianura Padana. Basta spostarsi un poco al Sud per ottenere risultati migliori e così ho introdotto nel simulatore una funzione che permette di variare la produzione e simulare altre località. Per rendere evidente il fenomeno, ho virtualmente spostato l’impianto di Figura 15 a Portopalo di Capo Passero, con un aumento di produzione pari al 30%, su una abitazione che consuma 4.500 kWh l’anno. Inutile dire che i risultati sono molto incoraggianti: con un blocco batterie da 8 kWh, i giorni di autoalimentazione totale sono pari a 244 e l’autoalimentazione annua è pari a 88%. In questo caso, vale proprio la pena di ridurre l’investimento in batterie. Limitandoci ad esempio ad un accumulo di 3 kWh, i giorni di totale autosufficienza scenderebbero a 21 ma l’autoalimentazione annua rimarrebbe attestata su 75%. Erogazione di correnti elevate. Nei sistemi ad isola, uno dei temi tecnici più importanti è quello della capacità del sistema di erogare correnti elevate. Per questo motivo, quando si progetta un sistema ad isola, non ci si ferma di solito all’installazione di un sistema di produzione di energia da fonte rinnovabile ma ci si preoccupa anche di come verrà utilizzata l’energia. È importante innanzitutto che il consumo dell’abitazione sia il più basso possibile. È necessario inoltre evitare utenze a grande assorbimento di energia o con spunti di partenza elevati, per non mettere in crisi il sistema batterie-inverter. Per questo motivo, i sistemi di accumulo di tipo UPS hanno generalmente un inverter in grado di erogare correnti elevate. Allo scopo di evidenziare il fenomeno, in Figura 16, è stata introdotta in un sistema di tipo UPS una forte limitazione di corrente erogabile. Fig. 13 Fig. 14 Fig. 15
  • 7. È possibile notare che, nel secondo giorno, i picchi di assorbimento delle ore 11:30, 11:45 e 14:15 vengono compensati dall’energia proveniente dalle batterie, per la parte che supera l’energia fotovoltaica disponibile. Alle 14:30 il sistema entra però in crisi a causa della limitazione di corrente erogabile e le batterie non riescono a fornire tutta l’energia necessaria. La parte di energia mancante è evidenziata in nero. Un sistema reale in queste condizioni staccherebbe l’alimentazione dalle batterie e riconnetterebbe l’abitazione alla rete. Va ribadito che la limitazione introdotta nella simulazione è solo a scopo didattico e non è realistica, dato che queste macchine montano tutte inverter con alta capacità di erogazione ma non bisogna sottovalutare il fenomeno: in orario di cena e di rientro a casa, l’uso dell’illuminazione e una eventuale contemporanea partenza di elettrodomestici ad alto assorbimento (come forno microonde, lavatrice, asciugacapelli, ecc.) possono generare picchi di energia assorbita notevoli ed è necessario quindi assicurarsi che il sistema sia in grado di reggere. I sistemi in parallelo godono invece della presenza di una fonte di energia che interviene ogni qual volta l’inverter non sia in grado di fornire correnti elevate: la rete elettrica. Essendo collegati costantemente alla rete, tutto ciò che l’inverter non riesce ad erogare per mancanza di energia o per limitazioni di corrente viene prelevato dalla rete, senza alcuna commutazione. Alcuni produttori sfruttano questa particolarità e impostano il dispositivo in modo da limitare la corrente massima di erogazione dalle batterie, per prolungarne la durata. Le batterie scaricate con basse correnti, infatti, erogano più energia totale e aumentano la loro durata. Ad esempio, una batteria tra le più diffuse in campo storage fotovoltaico, presa come riferimento nelle simulazioni, fornisce circa il 10% in più di energia se scaricata totalmente in 10 ore anziché in 5 ore. Questa differenziazione si riflette nelle caratteristiche costruttive degli inverter dedicati: i sistemi di tipo UPS hanno normalmente inverter sovradimensionati, mentre i sistemi in parallelo possono avere componentistica dimensionata su erogazioni inferiori. Perdite di efficienza. Una delle informazioni più difficili da avere oggi riguarda le perdite totali di energia in un ciclo di carica-scarica. Da alcune dichiarazioni raccolte, le perdite sarebbero dell’ordine del 15% ma ho raccolto anche commenti che suggeriscono perdite maggiori. La valutazione è difficile, perché dipende da un mix di perdite riguardanti sia il caricabatteria-inverter sia le batterie stesse. Ciò che possiamo fare è una simulazione di come varia l’apporto delle batterie al variare delle perdite di efficienza del sistema. La Figura 17 rappresenta l’effetto di perdite di efficienza crescenti sul comportamento di carica di un sistema in parallelo, attraverso la curva del livello della batteria. In legenda sono indicate le percentuali di autoconsumo e di autoalimentazione corrispondenti. Come è possibile osservare, il livello di carica delle batterie diminuisce al crescere delle perdite ma non solo: il punto di massima carica si sposta in avanti nel tempo, ritardando al crescere delle perdite. Il tema delle perdite totali di efficienza è quindi di determinante importanza ed è una delle informazioni su cui è necessario fare chiarezza. Quindi, è possibile ottenere autoalimentazione al 100%? Un corretto dimensionamento del sistema è fondamentale per elevare la percentuale di autoalimentazione. Un sistema ben progettato può arrivare facilmente all’autoalimentazione totale per la maggior parte dei giorni in un anno e coprire i consumi annuali con percentuali elevate, anche oltre il 90%. La decisione riguardo la percentuale di copertura desiderata dipende da valutazioni economiche: ogni cliente è libero di scegliere l’investimento ed i relativi benefici. Alla fine, quale sistema scegliere? L’argomento è complesso, con numerose variabili e argomentazioni a favore dell’uno e dell’altro sistema. Secondo la simulazione, in termini di prestazioni pure, i sistemi con batterie in parallelo rendono disponibile all’abitazione una maggiore quantità di energia fotovoltaica, diretta o attraverso le batterie. I sistemi di tipo parallelo hanno anche dei vantaggi per quanto riguarda la gestione del surplus di energia fotovoltaica, mentre i sistemi di tipo UPS hanno una funzione nativa di alimentazione in caso di black-out. In termini di mercato, ciò che fa preferire i sistemi di tipo UPS è la ricerca di una soluzione senza complicazioni burocratiche ed al sicuro da evoluzioni normative impreviste. In questo momento, con le norme tecniche in versione non definitiva, esiste un rischio effettivo che i dispositivi in parallelo già installati debbano essere aggiornati o che i calcoli economici debbano essere rivisti aggiungendo oneri oggi non previsti. In ogni caso, la qualità e la robustezza del prodotto sono determinanti: trattandosi di dispositivi che devono erogare l’energia per l’abitazione, è più che mai importante scegliere prodotti affidabili, con produttori realmente presenti sul territorio e in grado di seguire il cliente. Fig. 16 Fig. 17