È indubbiamente una destinazione suggestiva e affascinante quella che interrompe la lunga spiaggia di Atlantic City. Ciò nonostante, la decadenza di una città che non è mai realmente riuscita a incorporare l’indomabile vitalità dell’originale (e inimitabile) “Sin City”, cadendo anzi vittima dei suoi sogni megalomani disattesi, ha trascinato il Pier Shops at Caesars in un gorgo economicamente distruttivo. Qualche mese fa avremmo parlato di uno shopping mall bello e morente. Oggi, tuttavia, un filo di speranza è stato riacceso da un imprenditore che osa l’inosabile.
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Concepito per ospitare un pubblico facoltoso
di classe mondiale, ha avuto varie crisi,
fino a essere recentemente svenduto.
E adesso spera in un imprenditore
che vuol provare a rinnovarne i fasti
Il Pier Shops at Caesars
e una difficile rinascita
È
indubbiamente una desti-
nazione suggestiva e affa-
scinante quella che inter-
rompe la lunga spiaggia di
Atlantic City. Ciò nonostante, la
decadenza di una città che non è
mai realmente riuscita a incorpo-
rare l’indomabile vitalità dell’ori-
ginale (e inimitabile) “Sin City”,
cadendo anzi vittima dei suoi so-
gni megalomani disattesi, ha tra-
scinato il Pier Shops at Caesars in
un gorgo economicamente distrut-
tivo. Qualche mese fa avremmo
parlato di uno shopping mall bello
e morente. Oggi, tuttavia, un filo di
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di Marco e Daniele Tirelli
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speranza è stato riacceso da un im-
prenditore che osa l’inosabile. Ma
facciamo un passo indietro.
Il Pier fu concepito per ospitare un
pubblico facoltoso di classe mon-
diale, che avrebbe frequentato ri-
storanti come Phillips Seafood,
Buddakan, The Continental e
Souzai Sushi and Sake, tutti pre-
messa o conclusione di una di-
spendiosa vita notturna nei resort
della città. Il luogo doveva ospitare
poi le firme prestigiose di Gucci,
Louis Vuitton, Burberry, Michael
Kors & Tommy Bahama per accom-
pagnare i fasti e gli sfarzi del lusso
più sfacciato. E tutto si sarebbe
svolto sul maestoso palcoscenico
dell’Oceano Atlantico.
Ovviamente l’idea era nata, con
smisurate ambizioni, seguendo le
orme dei grandi immobiliaristi, tra
cui quel Donald Trump, che nel
1990 aveva inaugurato il suo Taj
Mahal casino-resort di 2.300 ca-
mere, con una memorabile perfor-
mance di Michael Jackson. Questa
enorme costruzione nel più puro
stile kitsch era costata 1 miliardo
di dollari, infondendo nuova spe-
ranza nell’ennesima “Atlantic City
Renaissance”. Non meno interes-
sante è però la storia antecedente
all’attuale mall. Inaugurato come
“The Million Dollar Pier” nel 1906,
con i suoi 600 metri di lunghezza,
il molo divenne da subito luogo di
vibrante frequentazione. Ospitava
“The World’s Largest Ballroom”,
“The Hippodrome Theater”, l’aqua-
rio e il “roller skating ring”, con-
certi ecc. assieme ad altri richiami
quali le famigerate Dance Mara-
thons degli anni ’30: tutti simboli
della voglia di entertainment & lei-
sure nella East Coast. Soprattutto il
Pier divenne sede, nel 1925, del ri-
voluzionario concorso di Miss
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America Pageant, poi imitato
ovunque. Tornando ai nostri gior-
ni, nel 2006, il luogo entrò nella
sfera di interessi della Taubman
Centers, uno dei leader nel campo
del retail real estate. La compagnia
acquistò infatti “The Shops on
Ocean One”, il minimall (piuttosto
brutto, onestamente) che era stato
ricavato nel 1983 dalla ristruttura-
zione del tratto finale del molo ag-
gettante sul mare. La nuova costru-
zione sarebbe costata 200 milioni
di dollari: non certo pochi per
30.000 mq di superficie calpestabi-
le. Il frutto del progetto risultò in-
dubbiamente spettacolare: 59 ne-
gozi di alta gamma, un parcheggio
con 3.000 posti, quattro piani in-
clusi in una struttura longitudina-
le che terminava in un ampio
volume completamente vetrato
contenente un’enorme fontana. E il
tutto era stato concepito come pro-
lungamento dell’ennesimo Caesars
Palace, emulo dell’archetipo di Ve-
gas. Lo si poteva raggiungere, infat-
ti, attraverso una galleria sospesa a
due piani a scavalcare il soggiacen-
te Boardwalk.
Passando a esaminare la struttura
del complesso, va detto allora che
esso si sviluppa sui quattro livelli,
il primo dei quali è denominato ap-
punto “The Boardwalk”. Destinato
al turismo di passaggio e meno ab-
biente, costituisce una continuità
dell’interminabile passerella li-
gnea prospiciente la spiaggia su
cui si affacciano alberghi, casinò e
punti di vendita di ogni tipo. Qua-
si a rappresentare simbolicamente
la gerarchia sociale ed economica
degli Usa, il piano terra ospita dun-
que negozi e insegne “abbordabili”
da chiunque, lasciando ai piani su-
periori l’esclusività delle marche e
dei ristoranti più prestigiosi.
Il secondo livello, “The Skybrid-
ge”, è direttamente collegato al Ca-
esars attraverso la skyway già men-
zionata.IclientidelCasinopossono
così evitare di confondersi con la
folla sottostante e accedere diretta-
mente alle insegne upscale collo-
cate ai lati dei corridoi molto ele-
ganti, il cui soffitto riproduce un
firmamento stellato.
Proseguendo, attraverso l’atrio cir-
colare al centro del mall, dal cui
soffitto pende una cascata di gioiel-
li oversize, si accede con varie sca-
linate alla Promenade. Questa è
The Show Water,
una realizzazione
di Thinkwell Group
(azienda leader
nell’experience
design), che ha
collocato una
gorgogliante fontana
alimentata da 150
ugelli che proiettano
ritmicamente i loro
getti fino a un’altezza
di 20 metri.
La vetrata del passaggio perimetrale
del Pier Shop che consente di
ammirare lo skyline comodamente
rilassati nelle sedie Adirondack,
collocate in isole sabbiose evocative
della spiaggia sottostante.
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forse l’area più suggestiva, poiché
la vetrata del suo passaggio peri-
metrale consente di ammirare lo
splendido skyline (specie al tra-
monto) comodamente rilassati nel-
le sedie Adirondack, collocate in
isole sabbiose evocative della
spiaggia sottostante. In questo pe-
rimetro si trovano raffinati risto-
ranti, bar e club tutti concepiti in
linea con l’high standing consono
al concept ispiratore. Infine il
quarto livello è dedicato a One At-
lantic, un locale di 1.300 mq previ-
sto per eventi, matrimoni, party da
svolgere al coperto o all’aperto
nell’adiacente terrazza.
In conclusione si può dire che ben
pochi altri mall possono godere di
una location così spettacolare da
risultare un must per ogni visitato-
re della città. Ulteriormente, il fa-
scino del luogo è accentuato da
“The Show Water”: una realizza-
zione di Thinkwell Group (azienda
leader nell’experience design), che
ha collocato una gorgogliante fon-
tana alimentata da 150 ugelli che
proiettano ritmicamente i loro get-
ti fino a un’altezza di 20 metri. Al
tempo stesso, un elaborato sistema
idraulico genera una pioggia di
19.000 galloni d’acqua durante i sei
minuti di un’esibizione che si ripe-
te ogni ora. A completamento del
tutto, 179 proiettori a led riflettono
la propria “luce dinamica” sull’ac-
qua, sortendo effetti cromatici sin-
cronizzati con i brani musicali
emanati da un raffinatissimo e po-
tente impianto audio. La qualcosa
non sfigura certamente rispetto ai
celebri giochi d’acqua del Bellagio
della rivale Las Vegas e attira un
pubblico che guarda stupito l’inso-
lito spettacolo dalle balconate dei
vari livelli.
Tutto questo però non è bastato a
salvare il Pier Shops dal meltdown
del business legato ai casinò. Oggi,
chi conosce il luogo ricorda che a
poche centinaia di metri dagli
sfarzi dei resort frequentati soprat-
tutto dai pensionati drogati dal
gambling e attratti dai prezzi strac-
ciatissimi di hotel diversamente
proibitivi, sono evidenti le tracce
fatiscenti di un tessuto urbano in
decadenza. Il lusso, che pur sem-
pre resiste a ogni crisi economica,
si è orientato altrove. Molti stati in
concorrenza con il New Jersey
hanno scelto di rimpinguare le
loro casse esangui lasciando pro-
sperare il gioco d’azzardo per po-
terlo tassare. Il valore delle pro-
prietà immobiliari ad Atlantic City
è conseguentemente crollato a pic-
co.
Strano destino allora quello del
Pier, divenuto, in passato, oggetto
di scalate ostili e di complesse bat-
taglie legali con il vorace colosso
del real estate Simon Group. Ma
questo era ciò che avveniva prima
del tracollo, mentre recentissima-
mente questo shopping mall è stato
svenduto a un whopping discount.
Poiché il sistema economico basa-
to sul libero mercato aborre il vuo-
to, Bart Blatstein, un imprenditore
di Philadelphia, lo ha rilevato per
la cifra davvero modica di 2,8 mi-
lioni di dollari: poco più del 2%
del valore iniziale. Egli intende af-
fidarlo all’architetto Paul Steel-
man, un grande specialista nel
campo dei casinò-resort che vanta
tantissime, spettacolari realizza-
zioni come il Grand Venetian di
Macao, il desert Butterfly di Dubai,
il Vegas di Mosca ecc.
La sfida, tuttavia, è a dir poco ar-
dua. La recessione, messa in moto
dal crollo finanziario del 2008, ha
infatti già travolto i progetti più
sontuosi di Atlantic City, e una
città che non ha mai saputo mante-
nere la promessa di una rinascita
sempre auspicata (e sempre riman-
data) ormai da troppi anni. “Fortu-
na nunquam sistit in eodem statu.
Semper movetur: variat et mutat
vices”, direbbe Ausonio, e dunque,
a coloro che guardano al retail
marketing in maniera univoca e
dogmatica, il Pier Shops at Caesars
ricorda che a volte l’ingegno e la
disponibilità finanziaria non ba-
stano ad assicurare il successo.
I clienti del Casino possono accedere
direttamente alle insegne upscale
collocate ai lati dei corridoi molto
eleganti, il cui soffitto riproduce un
firmamento stellato.