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N. 00112/2012 REG.RIC.
R E P U B B L I C A   I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
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sul ricorso numero di registro generale 112 del 2012, proposto da: 
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Madonna di Buja, comunicati al Comune di Buja con note 9.1.2012 e
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Visto l'atto di costituzione in giudizio di Poste Italiane S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore  nell'udienza  pubblica  del  giorno  8  luglio  2015  il  dott.
Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel
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Il  Comune  ricorrente,  impugna  con  il  presente  ricorso  i
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gennaio  2012  e  del  17  gennaio  2012  del  direttore  della  filiale  di
Udine, hanno disposto la chiusura dal 23 gennaio 2012 degli uffici
postali ubicati in due località del Comune medesimo.
Dopo  aver  evidenziato  come  le  Poste  italiane  spa  conservano  la
natura di organismo pubblico ed agiscono per finalità pubblicistiche,
per cui gli atti emanati da loro vanno considerati atti amministrativi,
osserva come la questione della soppressione degli uffici postali era
d’attualità  da  un  certo  periodo  di  tempo.  La  decisione  delle  poste
italiane si è formalizzata con i due atti impugnati.
A sostegno deduce i seguenti motivi di ricorso:
1. Difetto di motivazione e violazione degli articoli 3 e 10 della legge
241 del 1990. Il Comune aveva proposto il mantenimento di tutti gli
uffici frazionali sia pure con apertura alternata, ma le poste italiane
non hanno nemmeno preso in considerazione le sue ragioni né hanno
spiegato i motivi per i quali la proposta non poteva essere accolta.
2.  Illogicità  e  travisamento  dei  fatti;  con  la  chiusura  dei  due  uffici
l’intera parte nord del territorio comunale si trova sprovvista di uffici
postali con una grande penalizzazione per i cittadini. Bisognava farsi
carico  della  particolare  realtà  territoriale  della  zona.  Con  la
soppressione  dei  due  uffici  postali  peraltro  non  si  è  nemmeno
provveduto  a  potenziare  l’unico  ufficio  postale  rimasto  nel
capoluogo.
3  Difetto  d’istruttoria  e  sviamento  dalla  causa  tipica,  violazione
dell’articolo  1  del  decreto  legislativo  n.  261  del  1999.  Non  è  stata
svolta un’adeguata istruttoria né si è spiegato il motivo di interesse
pubblico  di  una  decisione  che  nel  caso  concreto  danneggia  la
collettività.
4. Anche la decorrenza della soppressione degli uffici risulta affetta
in via derivata dagli stessi vizi degli atti impugnati.
Si  è  costituita  in  giudizio  le  Poste  italiane  S.p.A.  che  eccepisce
l’inammissibilità  del  ricorso  per  carenza  d’interesse,  in  quanto  il
Comune  non  avrebbe  uno  specifico  interesse  e  non  subirebbe  una
lesione concreta e attuale dal provvedimento impugnato.
Altra  inammissibilità  deriverebbe  dalla  mancata  impugnativa  degli
atti presupposti, in particolare del piano  annuale degli interventi di
razionalizzazione  della  rete  postale.  Gli  atti  impugnati  sono
meramente  attuativi  delle  decisioni  già  assunte.  Inoltre  sulla
questione  eccepisce  l’incompetenza  del  Tar  per  il  Friuli  Venezia
Giulia a favore del Tar del Lazio ­ Roma.
Altro profilo di inammissibilità riguarda il difetto di giurisdizione in
quanto le poste italiane spa sono soggetto di diritto privato e la sfera
dell’organizzazione dei suoi uffici e dei suoi servizi appartiene alla
sua autonomia privata.
Sempre  in  via  pregiudiziale  eccepisce  la  carenza  d’interesse  del
comune in quanto il provvedimento di chiusura dell’ufficio non ha
inciso  sui  paradigmi  organizzativi  fissati  dal  decreto  del  7  ottobre
2008.
Le poste contestano poi anche nel merito il ricorso concludendo per il
suo rigetto.
In successiva memoria di replica il Comune ricorrente osserva come
non  sono  in  discussione  i  criteri  stabiliti  ma  la  loro  concreta
applicazione tramite gli atti impugnati. Quanto alla giurisdizione essa
spetta al giudice amministrativo sulla base dell’articolo 133 comma
primo del codice del processo amministrativo.
Inoltre,  di  fronte  a  situazioni  particolari  legate  alla  conformazione
geografica  dell’area  i  criteri  dell’economicità  non  possono  essere
assunti a dato assoluto e anche le distanze vanno valutate con estrema
attenzione,  rifuggendo  da  qualsiasi  automatismo.  In  sostanza  la
riduzione  di  uffici  postali  non  può  seguire  una  logica  meramente
economica. Insiste sulle sue conclusioni.
Nel corso della pubblica udienza dell’8 luglio 2015 la causa è stata
introitata per la decisione.
DIRITTO
1. Oggetto del presente ricorso sono i due provvedimenti con i quali
le Poste italiane spa hanno disposto la chiusura dal 23 gennaio 2012
degli uffici postali ubicati in due località del Comune ricorrente, cioè
le note del 9 gennaio 2012 e del 17 gennaio 2012 del direttore della
filiale.
2. Corre l’obbligo di esaminare le numerose eccezioni sollevate dalla
Poste Italiane spa.
Quanto alla giurisdizione essa spetta al giudice amministrativo ex art
133  del  cpa  trattandosi  di  una  controversia  in  materia  di  pubblici
servizi relativa a concessioni di pubblici servizi.
Inoltre,  come  noto  e  conformemente  a  una  costante  giurisprudenza
europea  e  nazionale,  non  rileva  la  forma  assunta  dall’ente  ma  la
finalità e l’oggetto del suo operare. Non si può dubitare che le poste
italiane  ancorché  formalmente  una  s.p.a.  esercitano  un  servizio  di
pubblico interesse e per tale ragione sono controllate dallo Stato, per
cui  gli  atti  posti  in  essere  da  tale  ente  vanno  considerati  atti
amministrativi e quindi impugnabili dianzi al giudice amministrativo.
3.  Un’altra  eccezione  riguarda  la  mancata  impugnazione  degli  atti
presupposti, vale a dire in particolare del decreto ministeriale che ha
disposto la riorganizzazione degli uffici postali nell’intero territorio
nazionale. Anche tale eccezione non è fondata in quanto nel ricorso
non si contestano i criteri e i contenuti del decreto ministeriale, ma la
loro applicazione concreta al caso specifico, avvenuta tramite i due
provvedimenti impugnati.
4.  Un’ulteriore  eccezione  riguarda  la  presunta  competenza  del  Tar
Lazio ­ Roma; anche tale rilievo non può essere accolto in quanto i
due provvedimenti impugnati riguardano esclusivamente il territorio
del  Comune  ricorrente,  e  quindi  in  base  al  codice  del  processo
amministrativo art. 13 la controversia deve essere decisa da questo
tribunale.
5.  Altra  eccezione  riguarda  l’interesse  del  comune;  ad  avviso  di
questo  collegio  esso  va  ritenuto  sussistente  in  quanto  da  un  lato  il
Comune quale espressione della collettività ha un evidente interesse a
che il servizio postale venga svolto nell’intero territorio comunale in
modo consono alle esigenze dei cittadini, e d’altro lato in quanto lo
stesso  comune  ha  interloquito  con  le  poste  italiane,  prima  della
decisione impugnata in questa sede.
6. Il presente ricorso va esaminato nel merito.
Ad avviso di questo collegio risulta fondata la censura di difetto di
motivazione  e  d’istruttoria  in  relazione  alla  particolare
conformazione del territorio comunale in oggetto.
Va,  infatti,  osservato  come  in  questa  vicenda  l’aspetto  economico,
cioè l’esigenza per le poste italiane di risparmiare e quindi di ridurre
il numero degli uffici postali, se va ovviamente considerato nella sua
rilevanza  in  una  situazione  di  ristrettezza  economica  generale,
tuttavia  non  può  essere  considerato  né  esclusivo  né  prevalente
sull’interesse  pubblico  allo  svolgimento  corretto  di  un  servizio
universale come va considerato il servizio postale.
7. In altri termini, sulla base altresì dei principi europei di cui alla
direttiva 2008/6/CE, il dato economico ovvero quello della distanza
indicato  del  decreto  ministeriale  del  7  ottobre  2008,  non  possono
essere  considerati  né  come  assoluti  né  come  di  automatica
applicazione,  ma  vanno  rapportati  alla  situazione  geografica  e
orografica  di  alcune  zone,  onde  raggiungere  un  equilibrio  e  un
bilanciamento tra gli interessi degli utenti e quelli dell’azienda.
8.  Nel  caso  in  esame  va  poi  rilevato  come  le  poste  italiane  non
abbiano nemmeno preso in considerazione la proposta formulata dal
Comune di chiusura alternata dei vari uffici postali, con un’evidente
carenza d’istruttoria e di motivazione.
9.  Questo  tribunale  non  sostiene  affatto  che  i  due  uffici  postali  in
questione  non  potessero  legalmente  essere  soppressi,  ma  che  ciò
doveva  eventualmente  avvenire  previa  comparazione  dei  vari
interessi, compresi quelli evidenziati dal comune nel suo ricorso,  e
comunque con una congrua motivazione e non con un mero richiamo
alle disposizioni che per la loro generalità non potevano tener conto
delle specifiche concrete situazioni.
10.  Quanto  fin  qui  evidenziato  risulta  sufficiente  per  accogliere  il
ricorso e annullare entrambi  gli atti impugnati,  laddove  le  spese di
giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il  Tribunale  Amministrativo  Regionale  per  il  Friuli  Venezia  Giulia
(Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo accoglie come da motivazione.
Condanna  l’ente  resistente  al  pagamento  a  favore  del  Comune
ricorrente delle spese e onorari di giudizio che liquida in euro 3000
oltre agli oneri accessori e al rimborso del contributo unificato nella
misura versata.
Ordina  che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 8 luglio
2015 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente, Estensore
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Alessandra Tagliasacchi, Referendario
 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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N. 00112 2012 reg

  • 1. N. 00332/2015 REG.PROV.COLL. N. 00112/2012 REG.RIC. R E P U B B L I C A   I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 112 del 2012, proposto da:  Comune  di  Buia,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Ino  Pupulin,  con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R. in Trieste, piazza Unita' D'Italia 7;  contro Poste  Italiane  S.p.A.,  rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti  Saverio Sebastiani e Marco Filippetto, con domicilio eletto presso il primo in Trieste, Poste Italiane, piazza Vittorio Veneto 1;  per l'annullamento ­dei  provvedimenti  con  i  quali  Poste  Italiane  spa  ha  disposto  la chiusura dal 23 gennaio 2012 degli uffici postali di Urbignacco e di Madonna di Buja, comunicati al Comune di Buja con note 9.1.2012 e 17.1.2012 del direttore della filiale di Udine di Poste Italiane spa; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Poste Italiane S.p.A.;
  • 2. Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore  nell'udienza  pubblica  del  giorno  8  luglio  2015  il  dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Il  Comune  ricorrente,  impugna  con  il  presente  ricorso  i provvedimenti  con  i  quali  le  Poste  italiane  spa,  con  note  del  9 gennaio  2012  e  del  17  gennaio  2012  del  direttore  della  filiale  di Udine, hanno disposto la chiusura dal 23 gennaio 2012 degli uffici postali ubicati in due località del Comune medesimo. Dopo  aver  evidenziato  come  le  Poste  italiane  spa  conservano  la natura di organismo pubblico ed agiscono per finalità pubblicistiche, per cui gli atti emanati da loro vanno considerati atti amministrativi, osserva come la questione della soppressione degli uffici postali era d’attualità  da  un  certo  periodo  di  tempo.  La  decisione  delle  poste italiane si è formalizzata con i due atti impugnati. A sostegno deduce i seguenti motivi di ricorso: 1. Difetto di motivazione e violazione degli articoli 3 e 10 della legge 241 del 1990. Il Comune aveva proposto il mantenimento di tutti gli uffici frazionali sia pure con apertura alternata, ma le poste italiane non hanno nemmeno preso in considerazione le sue ragioni né hanno spiegato i motivi per i quali la proposta non poteva essere accolta. 2.  Illogicità  e  travisamento  dei  fatti;  con  la  chiusura  dei  due  uffici l’intera parte nord del territorio comunale si trova sprovvista di uffici postali con una grande penalizzazione per i cittadini. Bisognava farsi carico  della  particolare  realtà  territoriale  della  zona.  Con  la
  • 3. soppressione  dei  due  uffici  postali  peraltro  non  si  è  nemmeno provveduto  a  potenziare  l’unico  ufficio  postale  rimasto  nel capoluogo. 3  Difetto  d’istruttoria  e  sviamento  dalla  causa  tipica,  violazione dell’articolo  1  del  decreto  legislativo  n.  261  del  1999.  Non  è  stata svolta un’adeguata istruttoria né si è spiegato il motivo di interesse pubblico  di  una  decisione  che  nel  caso  concreto  danneggia  la collettività. 4. Anche la decorrenza della soppressione degli uffici risulta affetta in via derivata dagli stessi vizi degli atti impugnati. Si  è  costituita  in  giudizio  le  Poste  italiane  S.p.A.  che  eccepisce l’inammissibilità  del  ricorso  per  carenza  d’interesse,  in  quanto  il Comune  non  avrebbe  uno  specifico  interesse  e  non  subirebbe  una lesione concreta e attuale dal provvedimento impugnato. Altra  inammissibilità  deriverebbe  dalla  mancata  impugnativa  degli atti presupposti, in particolare del piano  annuale degli interventi di razionalizzazione  della  rete  postale.  Gli  atti  impugnati  sono meramente  attuativi  delle  decisioni  già  assunte.  Inoltre  sulla questione  eccepisce  l’incompetenza  del  Tar  per  il  Friuli  Venezia Giulia a favore del Tar del Lazio ­ Roma. Altro profilo di inammissibilità riguarda il difetto di giurisdizione in quanto le poste italiane spa sono soggetto di diritto privato e la sfera dell’organizzazione dei suoi uffici e dei suoi servizi appartiene alla sua autonomia privata. Sempre  in  via  pregiudiziale  eccepisce  la  carenza  d’interesse  del comune in quanto il provvedimento di chiusura dell’ufficio non ha inciso  sui  paradigmi  organizzativi  fissati  dal  decreto  del  7  ottobre 2008.
  • 4. Le poste contestano poi anche nel merito il ricorso concludendo per il suo rigetto. In successiva memoria di replica il Comune ricorrente osserva come non  sono  in  discussione  i  criteri  stabiliti  ma  la  loro  concreta applicazione tramite gli atti impugnati. Quanto alla giurisdizione essa spetta al giudice amministrativo sulla base dell’articolo 133 comma primo del codice del processo amministrativo. Inoltre,  di  fronte  a  situazioni  particolari  legate  alla  conformazione geografica  dell’area  i  criteri  dell’economicità  non  possono  essere assunti a dato assoluto e anche le distanze vanno valutate con estrema attenzione,  rifuggendo  da  qualsiasi  automatismo.  In  sostanza  la riduzione  di  uffici  postali  non  può  seguire  una  logica  meramente economica. Insiste sulle sue conclusioni. Nel corso della pubblica udienza dell’8 luglio 2015 la causa è stata introitata per la decisione. DIRITTO 1. Oggetto del presente ricorso sono i due provvedimenti con i quali le Poste italiane spa hanno disposto la chiusura dal 23 gennaio 2012 degli uffici postali ubicati in due località del Comune ricorrente, cioè le note del 9 gennaio 2012 e del 17 gennaio 2012 del direttore della filiale. 2. Corre l’obbligo di esaminare le numerose eccezioni sollevate dalla Poste Italiane spa. Quanto alla giurisdizione essa spetta al giudice amministrativo ex art 133  del  cpa  trattandosi  di  una  controversia  in  materia  di  pubblici servizi relativa a concessioni di pubblici servizi. Inoltre,  come  noto  e  conformemente  a  una  costante  giurisprudenza europea  e  nazionale,  non  rileva  la  forma  assunta  dall’ente  ma  la
  • 5. finalità e l’oggetto del suo operare. Non si può dubitare che le poste italiane  ancorché  formalmente  una  s.p.a.  esercitano  un  servizio  di pubblico interesse e per tale ragione sono controllate dallo Stato, per cui  gli  atti  posti  in  essere  da  tale  ente  vanno  considerati  atti amministrativi e quindi impugnabili dianzi al giudice amministrativo. 3.  Un’altra  eccezione  riguarda  la  mancata  impugnazione  degli  atti presupposti, vale a dire in particolare del decreto ministeriale che ha disposto la riorganizzazione degli uffici postali nell’intero territorio nazionale. Anche tale eccezione non è fondata in quanto nel ricorso non si contestano i criteri e i contenuti del decreto ministeriale, ma la loro applicazione concreta al caso specifico, avvenuta tramite i due provvedimenti impugnati. 4.  Un’ulteriore  eccezione  riguarda  la  presunta  competenza  del  Tar Lazio ­ Roma; anche tale rilievo non può essere accolto in quanto i due provvedimenti impugnati riguardano esclusivamente il territorio del  Comune  ricorrente,  e  quindi  in  base  al  codice  del  processo amministrativo art. 13 la controversia deve essere decisa da questo tribunale. 5.  Altra  eccezione  riguarda  l’interesse  del  comune;  ad  avviso  di questo  collegio  esso  va  ritenuto  sussistente  in  quanto  da  un  lato  il Comune quale espressione della collettività ha un evidente interesse a che il servizio postale venga svolto nell’intero territorio comunale in modo consono alle esigenze dei cittadini, e d’altro lato in quanto lo stesso  comune  ha  interloquito  con  le  poste  italiane,  prima  della decisione impugnata in questa sede. 6. Il presente ricorso va esaminato nel merito. Ad avviso di questo collegio risulta fondata la censura di difetto di motivazione  e  d’istruttoria  in  relazione  alla  particolare
  • 6. conformazione del territorio comunale in oggetto. Va,  infatti,  osservato  come  in  questa  vicenda  l’aspetto  economico, cioè l’esigenza per le poste italiane di risparmiare e quindi di ridurre il numero degli uffici postali, se va ovviamente considerato nella sua rilevanza  in  una  situazione  di  ristrettezza  economica  generale, tuttavia  non  può  essere  considerato  né  esclusivo  né  prevalente sull’interesse  pubblico  allo  svolgimento  corretto  di  un  servizio universale come va considerato il servizio postale. 7. In altri termini, sulla base altresì dei principi europei di cui alla direttiva 2008/6/CE, il dato economico ovvero quello della distanza indicato  del  decreto  ministeriale  del  7  ottobre  2008,  non  possono essere  considerati  né  come  assoluti  né  come  di  automatica applicazione,  ma  vanno  rapportati  alla  situazione  geografica  e orografica  di  alcune  zone,  onde  raggiungere  un  equilibrio  e  un bilanciamento tra gli interessi degli utenti e quelli dell’azienda. 8.  Nel  caso  in  esame  va  poi  rilevato  come  le  poste  italiane  non abbiano nemmeno preso in considerazione la proposta formulata dal Comune di chiusura alternata dei vari uffici postali, con un’evidente carenza d’istruttoria e di motivazione. 9.  Questo  tribunale  non  sostiene  affatto  che  i  due  uffici  postali  in questione  non  potessero  legalmente  essere  soppressi,  ma  che  ciò doveva  eventualmente  avvenire  previa  comparazione  dei  vari interessi, compresi quelli evidenziati dal comune nel suo ricorso,  e comunque con una congrua motivazione e non con un mero richiamo alle disposizioni che per la loro generalità non potevano tener conto delle specifiche concrete situazioni. 10.  Quanto  fin  qui  evidenziato  risulta  sufficiente  per  accogliere  il ricorso e annullare entrambi  gli atti impugnati,  laddove  le  spese di
  • 7. giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il  Tribunale  Amministrativo  Regionale  per  il  Friuli  Venezia  Giulia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione. Condanna  l’ente  resistente  al  pagamento  a  favore  del  Comune ricorrente delle spese e onorari di giudizio che liquida in euro 3000 oltre agli oneri accessori e al rimborso del contributo unificato nella misura versata. Ordina  che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall'autorità amministrativa. Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati: Umberto Zuballi, Presidente, Estensore Manuela Sinigoi, Primo Referendario Alessandra Tagliasacchi, Referendario     IL PRESIDENTE, ESTENSORE           DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 15/07/2015 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)