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AUTOCOSTRUZIONE ASSOCIATA ED ASSISTITA
PARTECIPARE ALLA COSTRUZIONE DELLA PROPRIA CASA




       Costruire conoscenza, diffondere esperienza:
azioni di pianificazione urbana, stimoli di creatività sociale,
            rafforzamento identitario e supporto 
                    Lorenzo Carapellese urbanista




            15 Settembre 2011




     Modena, Palazzina Pucci – Via Canaletto 110




                                                                  1
C     hi l’avrebbe detto che oggi Settembre 2011 in piena post crisi immobiliare, dove ancora
giacciono invenduti in quasi tutte le città di Italia, d’Europa, degli Stati Uniti e dei paesi dell’OCSE
milioni di metri quadri di case, appartamenti, ville, uffici direzionali , ci trovassimo a parlare di “
housing sociale”, di “autocostruzione”, di co-housing? Ovvero dello 0,001% del settore edilizio ?


S    iamo forse tutti matti? Siamo quelli che ricercano e discettano sulla famosa pagliuzza ( questa
volta sul territorio urbano) e non vedono la trave, ovvero questa enorme massa di metri cubi
esistenti in quantità inimmaginabili ancora lì invenduta, mentre quasi altrettanti metri cubi sono
ancora ai nastri di partenza sotto forma di concessioni edilizie non ritirate?.


A      Reggio Emilia ci sono quasi 7.000 alloggi vuoti, quasi altrettanto a Modena mentre anche se
in maniera meno importante che alcuni anni fa, ancora ci sono Comuni che continuano a ricevere
domande di concessione edilizia e quindi a rilasciare migliaia e migliaia di metri cubi di concessioni
per edifici che non saranno mai fatti almeno per i prossimi cinque anni.


I   l fatto è che ci sono decine e centinaia di imprese edili ed imprenditori immobiliari, che hanno
esaurito la loro capacità finanziaria, che devono alle banche importanti cifre e l’unica cosa che
pare possano fare per sopravvivere ancora un poco, nella speranza di una ripresa del mercato
edilizio, è proprio quello di mettere a valore dei terreni ancora inedificati attraverso la
presentazione di progetti e l’ottenimento di concessioni da ritirare ma da non utilizzare per far si di
aumentare il valore degli stessi terreni e permettere quindi alle banche loro creditrici di emettere
ulteriori prestiti a fronte di collaterali che non sono altro che “ progetti di e sulla carta”. Se il
mercato si riprende bene per tutti, se no, è probabile che assisteremo a un altro tsunami bancario
dove evidentemente i soldi dati in prestito, le banche le chiederanno a chi qualcosa avrà, non certo a
quegli imprenditori che hanno posto a collaterale di fatto terreni agricoli che non coprono neanche
un terzo del prestito effettuato, ma probabilmente a quelle piccole e medie imprese che invece sono
sì sul mercato, semmai in altri comparti e settori. A queste si chiederà di rientrare almeno per una
parte dei fidi e prestiti loro concessi, ad altri si negheranno nuovi prestiti, così come alle famiglie,
così come a chi cercherà un mutuo per la costruzione della casa, questa si, vera e non sulla carta!


M       a allora che c’entra l’autocostruzione in tutto ciò.? C’entra perché nonostante tutto di case per
il sociale,anche in proprietà nonostante tutto c’è una domanda che non si riesce a soddisfare così
come quella di alloggi in affitto a canone agevolato e canone sociale.


C     ’è invero una domanda di housing sociale da parte di giovani coppie a volte entrambi
lavoratori ma con capitali insufficienti per coprire una rata di mutuo dell’80% del valore di un
alloggio a loro adatto. Ovvero sono troppo ricchi per il mercato della casa sociale e troppo poveri
per il mercato anche dell’edilizia agevolata, soprattutto dopo che da moltissimi anni di aeree PEEP
nei comuni minori dell’Emilia Romagna non ne sono state sono state immesse più di tanto
all’interno della pianificazione urbanistica
C    iò non toglie che per molte famiglie numerose ma a basso reddito il tema sia non solo attuale,
ma urgente. E questa tipologia di domanda fa riferimento sia a soggetti locali che a famiglie di
immigrati di prima e seconda generazione ovvero a famiglie che anche in assenza di prospettive di
lavoro non possono andarsene, perché il loro posto è qui, con noi in mezzo a noi.
E non è un caso che in diverse delle iniziative di autocostruzione attuate negli ultimi tempi, il
tessuto sociale di quelli che hanno aderito a questo particolare processo per avere “casa” sia stato
proprio un mix delle due tipologie sociali descritte: giovani coppie e famiglie numerose, entrambe
escluse e non in grado di accedere al mercato immobiliare sia pubblico che privato.


R    ecentemente abbiamo fatto delle indagini campione, empiriche, in diversi comuni sia del
reggiano che del modenese soprattutto di piccole e medie dimensioni per vedere se le
amministrazioni erano interessate al tema dell’autocostruzione per cercare di dare una risposta in
più alla differente e variegata richiesta di alloggi sociali. Il risultato non è stato per niente
incoraggiante per diversi motivi fra i quali:
       Assenza di aree per l’edilizia economica e popolare
       Preoccupazione che l’autocostruzione porti con sé selve di immigrati e migranti
       Preoccupazione che gli edifici fatti con l’autocostruzione siano, di fatto, delle baracche con
       il tetto di lamiera che deturperebbero il già non notevole urbanscape delle loro cittadine.


D    a cui ne deriva che la difficoltà maggiore al diffondersi del processo dell’autocostruzione è
soprattutto la mancanza di una informazione completa, il non sapere ed a volte anche il non voler
sapere, perché intraprendere una strada nuova è sempre più faticoso.
Peccato, perché sono tanti e belli gli esempi riusciti di autocostruzione, primo fra tutti quelli
fiorentini, sia sul piano architettonico- urbanistico, che su quello della durabilità e della socialità
ottenuta.
Certo ci sono stati anche degli insuccessi, più che altro dovuti a una bulimia costruttiva di una
cooperativa che aveva iniziato anni fa il processo e poi si era lanciata in diversi parti del centro nord
a diffondere la pratica,scordandosi che il processo di autocostruzione è e deve rimanere un fatto
locale, di genius loci, di vicinato, di quartiere, anche se è giusto imparare da errori o pratiche fatti da
altri ed in altri contesti.


E   d ecco allora che come sempre, i vuoti si riempiono e in assenza d’iniziative pubbliche
incomincia ad apparire qualche privato, proprietario di piccoli lotti edificabili che preferisce
realizzare a un prezzo scontato piuttosto che aspettare una ripresa del mercato immobiliare che su
alcune tipologie chissà mai quando tornerà.


D    all’entrata in campo dei privati nella cessione di lotti a un prezzo equo scaturisce anche il tema
del finanziamento agevolato all’autocostruzione come elemento qualitativo di un segmento
dell’edilizia sociale che non deve più solo fare riferimento a terreni edificabili attinenti la proprietà
pubblica ( aree PEEP), ma anche a una offerta di lotti di proprietà privata. In effetti se questa ha gli
stessi parametri di costo e di mercato di quella pubblica ( come incidenza sul costo di costruzione
finale che comunque deve rimanere entro un determinato valore) perché non agevolare a anche
queste rare opportunità e soprattutto in momenti di crisi come questo, con aree peraltro già in
piano?


                                                                                                         3
N     el 2011 sono stati stanziati circa un milione di euro nella Regione Emilia Romagna di cui circa
400.000 nell’area del parmense il (cui processo costruttivo non è mai partito e i relativi
finanziamenti non erogati) e circa altrettanti attraverso un bando, riservato solo ai capoluoghi di
Provincia che è andato pressoché deserto prima di tutto perché riservato a iniziative in corso. Infatti
le uniche domande pervenute ed accettate sono del Comune di Ravenna. Ora indipendentemente
dai criteri di punteggio inseriti nel bando ( alcuni dei quali in linea con l’edilizia sociale così come
sino ad ora è stata praticata) altri sono più emblematici, tipo un 2 punti di punteggio in più se il
comune praticava uno sconto sugli oneri di urbanizzazione, che almeno in teoria dovrebbero essere
assegnati alle iniziative che non godono di questo sconto sugli oneri. Perché può essere che un
comune, nonostante creda all’iniziativa dell’autocostruzione non possa per motivi suoi interni di
bilancio rinunciare alla quota piena degli oneri. Ed allora perché punire gli auto costruttori se il loro
comune non fa uno sconto sugli oneri? Ci sembra un modo punitivo di intendere la premialità!
Semmai dovrebbe essere il contrario, la dove il comune non vuole fare sconti ed esiste una volontà
di fare autocostruzione la Regione attraverso i suoi fondi dovrebbe agevolare tale processo.


V     a da sé che altri parametri dovrebbero forse entrare nel merito dei punteggi di una graduatoria
quali:
         il numero dei componenti il nucleo famigliare e quindi la capacità complessiva di un
         nucleo di fornire maggiore lavoro per il suo alloggio e quindi di rivedere alcuni parametri
         che prevedono un limite all’autocostruzione del 15% del valore, quando invece può essere
         tranquillamente il doppio se non qualcosa in più;
         il grado di coinvolgimento delle amministrazione pubbliche nel fornire servizi di
         formazione di base sulla sicurezza nei cantieri,
         il tipo di assistenza sociale e tecnica da parte pubblica e/o organizzazioni del volontariato
         una volta formata la graduatoria e assegnati i lotti o gli alloggi per una migliore
         integrazione sociale e di comunità fra gli assegnatari ( che possono anche essere di diverse
         etnie, diverse età, diverse provenienze)
         la quantità, il tipo ed il modo di coinvolgimento degli artigiani locali nel processo di
         autocostruzione ( che rimarranno e rimangono fra le figure fondamentali del successo
         dell’autocostruzione partecipata) che può andare dalla semplice installazione e fornitura
         sino ad una assistenza quasi di tipo formativo, on the job, dalla direzione tecnica asettica al
         coinvolgimento più puntuale nei momenti topici di alcune lavorazioni che possono anche
         coincidere in giorni prefestivi e festivi;
         il peso ed il modo della direzione lavori
         la qualità del progetto esecutivo ivi compresi gli impianti e tutte le accortezze per il
         risparmio energetico per ottenere abitazioni a bassissimo consumo
         la quantità di spazi che il futuro edificio dedica a parti comuni ( la lavanderia, il deposito
         cicli, la sala riunioni, sala giochi, spazi conviviali, );
         il grado di innovazione nella scelta di materiali eco-compatibili e certificati…..




I   nsomma il tema del punteggio dovrebbe a nostro avviso essere più rivolto ad elementi di tipo
qualitativo afferenti il processo dell’autocostruzione che il mero rispetto delle formalità ( sacro
sante e giuste) tipiche dell’edilizia sociale. Poiché in definitiva è ora di dare maggiore valore e peso
alla qualità delle prestazioni professionali così come al tipo di assistenza tecnica che un processo di
autocostruzione richiede. Qui è necessario un progetto esecutivo ineccepibile che costa e che

                                                                                                       4
impegna il progettista molto più che in altre situazioni dove l’esecutivo è ancora una sorta di
progetto di massima. Inoltre per alcune lavorazioni ci vogliono particolari costruttivi quasi in
scala 1:1, reali, su prodotti che sono entrati nel capitolato e non prodotti “standard” o simili.
Qui il direttore dei lavori rischia di più e la sua presenza deve essere costante, vigile, severa, ma
anche creativa nel dare risposte serie a eventi occasionali ed imponderabili che diverse persone che
frequentano un cantiere possono determinare. E così come pure una copertura assicurativa contro
gli infortuni coerente con le finalità dell’autocostruzione che dovrebbe essere messa disposizione
insieme al mutuo a prezzi vantaggiosi.


 E      infine, forse anche le norme urbanistiche dovrebbero per le aree da attuarsi in
autocostruzione, essere forse più tailored, più specifiche perché è in queste dimensione che si crea
un nuovo cittadino, che si stabiliscono rapporti sociali fra diversi che valgono, queste sì, una
premialità sociale anche sottoforma di metri cubi in più o di sconti sugli oneri. Quanto vale in
termini sociali uno spazio comune condominiale dove alcuni anziani possono stare insieme il sabato
sera a fare la gnoccata, il liscio, la tombola o la partita a carte, o essere luogo dove
temporaneamente si possono trovare i bimbi e gli adolescenti sotto lo sguardo vigile di un adulto,
rispetto ad una premialità urbanistica che negli ultimi tempi ha giocato solo su diritti di proprietà e
sul trasferimento di questi da qui a là, mentre mai c’è stata una premialità sui potenziali valori
comunitari e sociali di uno spazio comune all’interno di un edificio che rimarrà privato?


D    a qui allora una nuova urbanistica e edilizia che si apre alla comunità locale, che non crea
ghetti, spazi recintati da filo spinato e controllati da videocamera nella speranza illusoria che questi
strumenti creino sicurezza sociale. Tutt’altro! Questi sono gli strumenti principi dell’insicurezza,
della paura dell’altro che vien da fuori di quello che non conosco.
Nel processo auto costruttivo al contrario generalmente si creano solidarietà, comunità, identità
locale rafforzata. Si crea “cittadinanza” cosa che nessun’altra azione nella filiera dell’edilizia
produce.


C    hiedetelo ai nonni che si son fatti aiutare e/o hanno aiutato nel fabbricare la casa del parente, o
che hanno lavorato insieme nella costruzione della bocciofila o della polisportiva del loro quartiere.
Chiedete a loro dell’orgoglio, della soddisfazione morale del come si sono sentiti prima durante e
dopo il processo di autocostruzione. E son questi i cittadini che tutti vorrebbero avere nelle proprie
città. Nell’ autocostruzione il senso di cittadinanza e di comunità si rafforza ed è questo anche che
deve guidare i principi guida delle agevolazioni finanziare di tipo regionale e nazionale.


A    lle autorità regionali e locali chiediamo quindi una profonda riflessione sull’autocostruzione:
       Che non sia interpretata come una moda
       che sia privilegiata nel contesto delle agevolazioni finanziarie sull’accesso alla proprietà
       dell’alloggio (anche perché le quantità in gioco sono talmente ininfluenti rispetto ai vantaggi
       sociali che se ne ottiene)
       che sia in tutti i modi possibili aiutata la socialità operosa dei suoi attori chiave ( artigiani,
       professionisti, direttore dei lavori, sociologi ed esperti di relazioni             comunitarie,
       Municipalità locale, volontariato e loro organizzazioni;
       che siano inserite nei POC aree edificabili pubbliche e private destinate all’auto- costruzione
       in contesti non discriminatori;
       che siano individuati criteri generali di premialità per l’autocostruzione a valere dai
       regolamenti edilizi per arrivare alle norme urbanistiche e sino agli oneri di urbanizzazione;

                                                                                                       5
che siano riconosciuti credits a valersi sull’affidamento di lavori pubblici a quelle imprese
        artigiane che contribuiscono fattivamente all’autocostruzione.


E     dobbiamo anche sgombrare il campo dall’invidia malevola che l’autocostruzione toglie lavoro
alle imprese se non altro perché il fenomeno ( purtroppo) è ancora talmente irrilevante da non
essere neanche statisticamente contabilizzato.


E      invece l’autocostruzione può contribuire ad una diversità positiva del paesaggio urbano
interrompendo quell’uniformità noiosa di alcune nostre cittadine fatte da tipologie edilizie
standardizzate e banali. Quando invece l’autocostruzione per la sue caratteristiche di semplicità
costruttiva richiede al contrario sforzi creativi sia sul versante dell’architettura che su quello dei
materiali e degli impianti che tutt’insieme poi formano la tipologia e l’immagine finale.
Edifici creativi per una città innovativa, mixitè invece che iper - specializzazione. E poi rivedere
anche i criteri nell’assegnazione dei punteggi e quindi dei finanziamenti quando ci si trova di fronte
a recuperi edilizi che fanno parte di programmi e progetti di riqualificazione urbanistica e in special
modo d’interventi che coinvolgono parzialmente o totalmente unità edilizie di origine produttiva,
commerciale e industriale. Poiché è in tale situazione che nei prossimi anni si potranno avere
maggiori opportunità di trovare edifici da recuperare e aree da riqualificare. Ed è possibile che ci
siano intereventi di recupero edilizio in cui ci possano anche essere quote percentuali ( minoritarie)
di superfici da confermare come destinazione artigianale, commerciale o produttiva compatibile con
la residenza. Anche in questo caso dovrebbero essere previste quel minimo di agevolazioni che
fanno riferimento alle aree PIP.


I   n definitiva l’autocostruzione è una piccola cosa nel vasto ciclo del mondo delle costruzioni
civili, ma in grado ben di là delle quantità prevedibili, di incrementare le condizioni di accessibilità
alla casa, migliorare la qualità urbana, formare cittadinanza ed identità comunitaria.
                                   Una leva in più per una smart city.




                                                                                                      6

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Autocostruzione, urbanistica e identità comunitaria corretto

  • 1. AUTOCOSTRUZIONE ASSOCIATA ED ASSISTITA PARTECIPARE ALLA COSTRUZIONE DELLA PROPRIA CASA Costruire conoscenza, diffondere esperienza: azioni di pianificazione urbana, stimoli di creatività sociale, rafforzamento identitario e supporto Lorenzo Carapellese urbanista 15 Settembre 2011 Modena, Palazzina Pucci – Via Canaletto 110 1
  • 2. C hi l’avrebbe detto che oggi Settembre 2011 in piena post crisi immobiliare, dove ancora giacciono invenduti in quasi tutte le città di Italia, d’Europa, degli Stati Uniti e dei paesi dell’OCSE milioni di metri quadri di case, appartamenti, ville, uffici direzionali , ci trovassimo a parlare di “ housing sociale”, di “autocostruzione”, di co-housing? Ovvero dello 0,001% del settore edilizio ? S iamo forse tutti matti? Siamo quelli che ricercano e discettano sulla famosa pagliuzza ( questa volta sul territorio urbano) e non vedono la trave, ovvero questa enorme massa di metri cubi esistenti in quantità inimmaginabili ancora lì invenduta, mentre quasi altrettanti metri cubi sono ancora ai nastri di partenza sotto forma di concessioni edilizie non ritirate?. A Reggio Emilia ci sono quasi 7.000 alloggi vuoti, quasi altrettanto a Modena mentre anche se in maniera meno importante che alcuni anni fa, ancora ci sono Comuni che continuano a ricevere domande di concessione edilizia e quindi a rilasciare migliaia e migliaia di metri cubi di concessioni per edifici che non saranno mai fatti almeno per i prossimi cinque anni. I l fatto è che ci sono decine e centinaia di imprese edili ed imprenditori immobiliari, che hanno esaurito la loro capacità finanziaria, che devono alle banche importanti cifre e l’unica cosa che pare possano fare per sopravvivere ancora un poco, nella speranza di una ripresa del mercato edilizio, è proprio quello di mettere a valore dei terreni ancora inedificati attraverso la presentazione di progetti e l’ottenimento di concessioni da ritirare ma da non utilizzare per far si di aumentare il valore degli stessi terreni e permettere quindi alle banche loro creditrici di emettere ulteriori prestiti a fronte di collaterali che non sono altro che “ progetti di e sulla carta”. Se il mercato si riprende bene per tutti, se no, è probabile che assisteremo a un altro tsunami bancario dove evidentemente i soldi dati in prestito, le banche le chiederanno a chi qualcosa avrà, non certo a quegli imprenditori che hanno posto a collaterale di fatto terreni agricoli che non coprono neanche un terzo del prestito effettuato, ma probabilmente a quelle piccole e medie imprese che invece sono sì sul mercato, semmai in altri comparti e settori. A queste si chiederà di rientrare almeno per una parte dei fidi e prestiti loro concessi, ad altri si negheranno nuovi prestiti, così come alle famiglie, così come a chi cercherà un mutuo per la costruzione della casa, questa si, vera e non sulla carta! M a allora che c’entra l’autocostruzione in tutto ciò.? C’entra perché nonostante tutto di case per il sociale,anche in proprietà nonostante tutto c’è una domanda che non si riesce a soddisfare così come quella di alloggi in affitto a canone agevolato e canone sociale. C ’è invero una domanda di housing sociale da parte di giovani coppie a volte entrambi lavoratori ma con capitali insufficienti per coprire una rata di mutuo dell’80% del valore di un alloggio a loro adatto. Ovvero sono troppo ricchi per il mercato della casa sociale e troppo poveri per il mercato anche dell’edilizia agevolata, soprattutto dopo che da moltissimi anni di aeree PEEP nei comuni minori dell’Emilia Romagna non ne sono state sono state immesse più di tanto all’interno della pianificazione urbanistica
  • 3. C iò non toglie che per molte famiglie numerose ma a basso reddito il tema sia non solo attuale, ma urgente. E questa tipologia di domanda fa riferimento sia a soggetti locali che a famiglie di immigrati di prima e seconda generazione ovvero a famiglie che anche in assenza di prospettive di lavoro non possono andarsene, perché il loro posto è qui, con noi in mezzo a noi. E non è un caso che in diverse delle iniziative di autocostruzione attuate negli ultimi tempi, il tessuto sociale di quelli che hanno aderito a questo particolare processo per avere “casa” sia stato proprio un mix delle due tipologie sociali descritte: giovani coppie e famiglie numerose, entrambe escluse e non in grado di accedere al mercato immobiliare sia pubblico che privato. R ecentemente abbiamo fatto delle indagini campione, empiriche, in diversi comuni sia del reggiano che del modenese soprattutto di piccole e medie dimensioni per vedere se le amministrazioni erano interessate al tema dell’autocostruzione per cercare di dare una risposta in più alla differente e variegata richiesta di alloggi sociali. Il risultato non è stato per niente incoraggiante per diversi motivi fra i quali: Assenza di aree per l’edilizia economica e popolare Preoccupazione che l’autocostruzione porti con sé selve di immigrati e migranti Preoccupazione che gli edifici fatti con l’autocostruzione siano, di fatto, delle baracche con il tetto di lamiera che deturperebbero il già non notevole urbanscape delle loro cittadine. D a cui ne deriva che la difficoltà maggiore al diffondersi del processo dell’autocostruzione è soprattutto la mancanza di una informazione completa, il non sapere ed a volte anche il non voler sapere, perché intraprendere una strada nuova è sempre più faticoso. Peccato, perché sono tanti e belli gli esempi riusciti di autocostruzione, primo fra tutti quelli fiorentini, sia sul piano architettonico- urbanistico, che su quello della durabilità e della socialità ottenuta. Certo ci sono stati anche degli insuccessi, più che altro dovuti a una bulimia costruttiva di una cooperativa che aveva iniziato anni fa il processo e poi si era lanciata in diversi parti del centro nord a diffondere la pratica,scordandosi che il processo di autocostruzione è e deve rimanere un fatto locale, di genius loci, di vicinato, di quartiere, anche se è giusto imparare da errori o pratiche fatti da altri ed in altri contesti. E d ecco allora che come sempre, i vuoti si riempiono e in assenza d’iniziative pubbliche incomincia ad apparire qualche privato, proprietario di piccoli lotti edificabili che preferisce realizzare a un prezzo scontato piuttosto che aspettare una ripresa del mercato immobiliare che su alcune tipologie chissà mai quando tornerà. D all’entrata in campo dei privati nella cessione di lotti a un prezzo equo scaturisce anche il tema del finanziamento agevolato all’autocostruzione come elemento qualitativo di un segmento dell’edilizia sociale che non deve più solo fare riferimento a terreni edificabili attinenti la proprietà pubblica ( aree PEEP), ma anche a una offerta di lotti di proprietà privata. In effetti se questa ha gli stessi parametri di costo e di mercato di quella pubblica ( come incidenza sul costo di costruzione finale che comunque deve rimanere entro un determinato valore) perché non agevolare a anche queste rare opportunità e soprattutto in momenti di crisi come questo, con aree peraltro già in piano? 3
  • 4. N el 2011 sono stati stanziati circa un milione di euro nella Regione Emilia Romagna di cui circa 400.000 nell’area del parmense il (cui processo costruttivo non è mai partito e i relativi finanziamenti non erogati) e circa altrettanti attraverso un bando, riservato solo ai capoluoghi di Provincia che è andato pressoché deserto prima di tutto perché riservato a iniziative in corso. Infatti le uniche domande pervenute ed accettate sono del Comune di Ravenna. Ora indipendentemente dai criteri di punteggio inseriti nel bando ( alcuni dei quali in linea con l’edilizia sociale così come sino ad ora è stata praticata) altri sono più emblematici, tipo un 2 punti di punteggio in più se il comune praticava uno sconto sugli oneri di urbanizzazione, che almeno in teoria dovrebbero essere assegnati alle iniziative che non godono di questo sconto sugli oneri. Perché può essere che un comune, nonostante creda all’iniziativa dell’autocostruzione non possa per motivi suoi interni di bilancio rinunciare alla quota piena degli oneri. Ed allora perché punire gli auto costruttori se il loro comune non fa uno sconto sugli oneri? Ci sembra un modo punitivo di intendere la premialità! Semmai dovrebbe essere il contrario, la dove il comune non vuole fare sconti ed esiste una volontà di fare autocostruzione la Regione attraverso i suoi fondi dovrebbe agevolare tale processo. V a da sé che altri parametri dovrebbero forse entrare nel merito dei punteggi di una graduatoria quali: il numero dei componenti il nucleo famigliare e quindi la capacità complessiva di un nucleo di fornire maggiore lavoro per il suo alloggio e quindi di rivedere alcuni parametri che prevedono un limite all’autocostruzione del 15% del valore, quando invece può essere tranquillamente il doppio se non qualcosa in più; il grado di coinvolgimento delle amministrazione pubbliche nel fornire servizi di formazione di base sulla sicurezza nei cantieri, il tipo di assistenza sociale e tecnica da parte pubblica e/o organizzazioni del volontariato una volta formata la graduatoria e assegnati i lotti o gli alloggi per una migliore integrazione sociale e di comunità fra gli assegnatari ( che possono anche essere di diverse etnie, diverse età, diverse provenienze) la quantità, il tipo ed il modo di coinvolgimento degli artigiani locali nel processo di autocostruzione ( che rimarranno e rimangono fra le figure fondamentali del successo dell’autocostruzione partecipata) che può andare dalla semplice installazione e fornitura sino ad una assistenza quasi di tipo formativo, on the job, dalla direzione tecnica asettica al coinvolgimento più puntuale nei momenti topici di alcune lavorazioni che possono anche coincidere in giorni prefestivi e festivi; il peso ed il modo della direzione lavori la qualità del progetto esecutivo ivi compresi gli impianti e tutte le accortezze per il risparmio energetico per ottenere abitazioni a bassissimo consumo la quantità di spazi che il futuro edificio dedica a parti comuni ( la lavanderia, il deposito cicli, la sala riunioni, sala giochi, spazi conviviali, ); il grado di innovazione nella scelta di materiali eco-compatibili e certificati….. I nsomma il tema del punteggio dovrebbe a nostro avviso essere più rivolto ad elementi di tipo qualitativo afferenti il processo dell’autocostruzione che il mero rispetto delle formalità ( sacro sante e giuste) tipiche dell’edilizia sociale. Poiché in definitiva è ora di dare maggiore valore e peso alla qualità delle prestazioni professionali così come al tipo di assistenza tecnica che un processo di autocostruzione richiede. Qui è necessario un progetto esecutivo ineccepibile che costa e che 4
  • 5. impegna il progettista molto più che in altre situazioni dove l’esecutivo è ancora una sorta di progetto di massima. Inoltre per alcune lavorazioni ci vogliono particolari costruttivi quasi in scala 1:1, reali, su prodotti che sono entrati nel capitolato e non prodotti “standard” o simili. Qui il direttore dei lavori rischia di più e la sua presenza deve essere costante, vigile, severa, ma anche creativa nel dare risposte serie a eventi occasionali ed imponderabili che diverse persone che frequentano un cantiere possono determinare. E così come pure una copertura assicurativa contro gli infortuni coerente con le finalità dell’autocostruzione che dovrebbe essere messa disposizione insieme al mutuo a prezzi vantaggiosi. E infine, forse anche le norme urbanistiche dovrebbero per le aree da attuarsi in autocostruzione, essere forse più tailored, più specifiche perché è in queste dimensione che si crea un nuovo cittadino, che si stabiliscono rapporti sociali fra diversi che valgono, queste sì, una premialità sociale anche sottoforma di metri cubi in più o di sconti sugli oneri. Quanto vale in termini sociali uno spazio comune condominiale dove alcuni anziani possono stare insieme il sabato sera a fare la gnoccata, il liscio, la tombola o la partita a carte, o essere luogo dove temporaneamente si possono trovare i bimbi e gli adolescenti sotto lo sguardo vigile di un adulto, rispetto ad una premialità urbanistica che negli ultimi tempi ha giocato solo su diritti di proprietà e sul trasferimento di questi da qui a là, mentre mai c’è stata una premialità sui potenziali valori comunitari e sociali di uno spazio comune all’interno di un edificio che rimarrà privato? D a qui allora una nuova urbanistica e edilizia che si apre alla comunità locale, che non crea ghetti, spazi recintati da filo spinato e controllati da videocamera nella speranza illusoria che questi strumenti creino sicurezza sociale. Tutt’altro! Questi sono gli strumenti principi dell’insicurezza, della paura dell’altro che vien da fuori di quello che non conosco. Nel processo auto costruttivo al contrario generalmente si creano solidarietà, comunità, identità locale rafforzata. Si crea “cittadinanza” cosa che nessun’altra azione nella filiera dell’edilizia produce. C hiedetelo ai nonni che si son fatti aiutare e/o hanno aiutato nel fabbricare la casa del parente, o che hanno lavorato insieme nella costruzione della bocciofila o della polisportiva del loro quartiere. Chiedete a loro dell’orgoglio, della soddisfazione morale del come si sono sentiti prima durante e dopo il processo di autocostruzione. E son questi i cittadini che tutti vorrebbero avere nelle proprie città. Nell’ autocostruzione il senso di cittadinanza e di comunità si rafforza ed è questo anche che deve guidare i principi guida delle agevolazioni finanziare di tipo regionale e nazionale. A lle autorità regionali e locali chiediamo quindi una profonda riflessione sull’autocostruzione: Che non sia interpretata come una moda che sia privilegiata nel contesto delle agevolazioni finanziarie sull’accesso alla proprietà dell’alloggio (anche perché le quantità in gioco sono talmente ininfluenti rispetto ai vantaggi sociali che se ne ottiene) che sia in tutti i modi possibili aiutata la socialità operosa dei suoi attori chiave ( artigiani, professionisti, direttore dei lavori, sociologi ed esperti di relazioni comunitarie, Municipalità locale, volontariato e loro organizzazioni; che siano inserite nei POC aree edificabili pubbliche e private destinate all’auto- costruzione in contesti non discriminatori; che siano individuati criteri generali di premialità per l’autocostruzione a valere dai regolamenti edilizi per arrivare alle norme urbanistiche e sino agli oneri di urbanizzazione; 5
  • 6. che siano riconosciuti credits a valersi sull’affidamento di lavori pubblici a quelle imprese artigiane che contribuiscono fattivamente all’autocostruzione. E dobbiamo anche sgombrare il campo dall’invidia malevola che l’autocostruzione toglie lavoro alle imprese se non altro perché il fenomeno ( purtroppo) è ancora talmente irrilevante da non essere neanche statisticamente contabilizzato. E invece l’autocostruzione può contribuire ad una diversità positiva del paesaggio urbano interrompendo quell’uniformità noiosa di alcune nostre cittadine fatte da tipologie edilizie standardizzate e banali. Quando invece l’autocostruzione per la sue caratteristiche di semplicità costruttiva richiede al contrario sforzi creativi sia sul versante dell’architettura che su quello dei materiali e degli impianti che tutt’insieme poi formano la tipologia e l’immagine finale. Edifici creativi per una città innovativa, mixitè invece che iper - specializzazione. E poi rivedere anche i criteri nell’assegnazione dei punteggi e quindi dei finanziamenti quando ci si trova di fronte a recuperi edilizi che fanno parte di programmi e progetti di riqualificazione urbanistica e in special modo d’interventi che coinvolgono parzialmente o totalmente unità edilizie di origine produttiva, commerciale e industriale. Poiché è in tale situazione che nei prossimi anni si potranno avere maggiori opportunità di trovare edifici da recuperare e aree da riqualificare. Ed è possibile che ci siano intereventi di recupero edilizio in cui ci possano anche essere quote percentuali ( minoritarie) di superfici da confermare come destinazione artigianale, commerciale o produttiva compatibile con la residenza. Anche in questo caso dovrebbero essere previste quel minimo di agevolazioni che fanno riferimento alle aree PIP. I n definitiva l’autocostruzione è una piccola cosa nel vasto ciclo del mondo delle costruzioni civili, ma in grado ben di là delle quantità prevedibili, di incrementare le condizioni di accessibilità alla casa, migliorare la qualità urbana, formare cittadinanza ed identità comunitaria. Una leva in più per una smart city. 6