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QCORTE DI ASSISE DI APPELLO
PALERMO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
L'anno 2015 il giorno DICIANNOVE del mese di FEBBRAIO lN. 6/2015 R. Sent
!N' 4/2014 R. G.
LA CORTE DI ASSISE DI APPELLO 01 PALERMO lN. 4484/10 R.N.R.
SEZIONE PRIMA
Proc.Rep. Palermo
composta dai Sigg.ri :
l. Dott Salvatore DI VITALE Presidente N
2. Dott Antonia PAPPALARDO Consigliere
Mod. 3/ASG
3. Sig. Liboria MARCHESE Giud. Popolare
4. Sig. Rosalia Pia COSCINO " " N.
2/ASG
5. Sig. Vincenza MARTORANA " "
6. Sig. Antonio DIGIOVANNl " "
7. Sig. Rosa Maria CARUBIA " " Compilata scheda
8. Sig. Vincenza TUSA " "
per il Casellario e
per l'elettorato
con l'intervento del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Addì----~
SABATINO e con l'assistenza del Cancelliere Antonella FOTI ha l
pronunziato la seguente '
SENTENZA
nei confronti di :
BRUNO Francesco nato a Isola delle Femmine (PA) il 27.05.1951
In atto detenuto per altro presso la Casa di Reclusione di Milano Opera
ASSENTE PER RINUNCIA
DIFENSORI: Avv. Gioacchino Sbacchi
Avv. Luciano Termini
del Foro di Palermo
del Foro di Palermo
Depositata in
Cancelleria
Addì y-
I
ILFUNZI
D.ssa
'
Irrevocabile il
PARTI CIVILI
1) CATALDO Giuseppa nata a Isola delle Femmine il 02.04.1940
2) ENEA Riccardo, nato a Isola delle Femmine il23.03.1971
3) ENEA Rosalia, nata a [sola delle femmine il 12.07.1968
4) ENEA Maria Teresa, nata a Isola delle Femmine il 10.04.1962
5) ENEA Valerio, nato a Isola delle Femmine il 01.01.1977
·6JENEA''EiiS3~ 'iiata aTSOla ·aerh~ ·Fenimine..li' 27.ofl9s2-·
Tutti rappresentati e difesi dall'Avv. Giuseppe MARCHI' del Foro di Palermo
presso il cui studio sono elettivamente domiciliati ·-- PRESENTE
7) ENEA Pietro, nato a Isola delle Femmine il 02.01.1961, clett.tc dom.to in La
Spezia Viale Italia n.94 Torre A, presso lo studio dell'Avv. Luigi Pace
Rappresentato e difeso dall'Avv. Luigi PACE del Foro di La Spezia
PRESENTE
APPELLANTE
Appellante avverso la sentenza emessa dal G.U.P. Tribunale di Palenno in data
22.05.2013 con la quale è stato dichiarato colpevole del reato di omicidio
aggravato ascrittogli, e condannato, con la riduzione della pena prevista per la
scelta del rito, alla pena di anni trenta di reclusione, oltre al pagamento delle spese
processuali, all'interdizione perpetua dai pubblici uffici c in stato di interdizione
legale.
E' stato, inoltre, condannato al risarcimento dci danni in favore delle parti civili
costituite, da liquidarsi innanzi al Giudice civile, nonché al pagamento delle spese
legali in favore di Cataldo Giuseppa, Enea Riccardo, Enea Valerio, Enea Elisa,
Enea Maria Teresa cd Enea Rosalia, che liquida in complessive 2.000.00 euro,
nonché di Enea Pietro, che liquida in 3.000,00 euro, oltre I.V.A. e C.P.A. come
per legge, nonché al pagamento della somma di l00.000,00 euro per ciascuna
delle parti civili costituite, a titolo di provvisionalc immediatamente esecutiva.
Indicati il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione, ritenuta la
particolarità complessiva della stessa in relazione all'entità delle imputazioni ed
alla molteplicità delle questioni da trattare.
CAPO DI IMPUTAZIONE
Del delitto p. c p. dagli artt. 11 O, 61 n.6, 575, 577 n.3 c.p., per avere in concorso e
previo accordo con altri soggetti per i quali non sono stati raggiunti sufficienti
elementi di responsabilità, ciascuno consapevole dei contributi rispettivamente
apportati dagli altri convergenti verso il medesimo fine, con premeditazione,
cagionato la morte di Enea Vincenzo, all'indirizzo del quale erano esplosi diversi
colpi di anna da fuoco che lo attingevano in parti vitali del corpo, detcnninandone
l'immediato decesso.
Con l'aggravante di avere commesso il fatto durante il periodo di latitanza in
relazione al mandato di cattura n.2/82 emesso dal Giudice Istruttore.
Con la recidiva specifica In Isola delle Femmine il giorno 8.6.1982
2 ~(
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Il Procuratore Generale conclude chiedendo la conferma della sentenza
impugnata.
L'Avv.Giuseppe Marchì, anche quale sostituto processuale dell'Avv.to
Paee, per conto del quale deposita altresì memoria difensiva
nell'interesse delle PP.CC. dagli stessi rappresentate - conclude come
da comparse che deposita unitamente alle note spese.
Gli Avv.ti TERMINI e SBACCHI- nell'interesse dell'imputato Bruno
-concludono chiedendo l'accoglimento dei motivi di appello.
'
& 1 Svolgimento del processo
Con sentenza resa il 22 maggio 2013 il G.I.P. presso il Tribunale di
Palermo, all'esito del giudizio svoltosi nelle forme del rito abbreviato,
.. dichiarava Bruno Francesco, responsabile del!' imputazione di omicidio ·--
volontario aggravato in pregiudizio di Enea Vincenzo, commesso in Isola
delle Femmine il giorno 8/6/1982 e, con la riduzione di pena prevista per il
rito prescelto, lo condannava alla pena di anni trenta di reclusione, oltre al
pagamento delle spese proccssuali, dichiarandolo, altresì, interdetto in
perpetuo dai Pubblici Uffici ed in stato di interdizione legale.
Condannava, ancora, l'imputato al risarcimento dei danni e al pagamento
delle spese legali (liquidate nella misura in dispositivo precisata) in favore
delle parti civili costituite; danni da liquidarsi nella competente sede civile,
assegnando alle stesse una provvisionale di euro l00.000, per ciascuna di
esse.
L'impugnata sentenza procede alle pagg. l c scgg. all'esame del fatto
storico, quale risulta dai primi accertamenti esperiti dai Carabinieri del
Comando di Partinico nell'immediatezza del delitto, compendiati nella nota
del predetto Comando datata 26 ottobre 1982.
Come si evince dal suddetto documento, verso le ore 8.00 del giorno 8
giugno del 1982, la Stazione dci Carabinieri di Isola delle Femmine veniva
informata che davanti al lido balneare denominato "Villaggio Bungalow",
era stato ucciso Enea Vincenzo, proprietario del predetto lido.
Immediatamente il comandante di quella Stazione dei Carabinieri,
unitamente a personale dipendente, raggiungeva il luogo dc!l'agguato per
eseguire i primi accertamenti.
Da questi rilievi emergeva che:
-alla altezza del civico n. 47 della via Palermo di Isola delle Femmine,
poco pnma delle ore 8.00 dell'8.6.1982, era stato assassinato Enea
Vincenzo;
4
-il luogo dell'omicidio era antistante il lido balneare denominato
"Villaggio Bungalow"; e in tale punto, poco distante dall'ingresso a tale
stabilimento, si trovava l'autovettura Renault 18/TL di proprietà della
.. vi!!ima cd al suolo, in direzione della fiancata sinistra del veicolo, il·--
cadavere di Enea Vincenzo;
-la vittima giaceva a terra con la guancia destra in una larga chiazza di
sangue;
-il cadavere riportava numerose ferite da anna da fuoco in diversi punti del
corpo, tra cui alla nuca, nella regione nasale e nella regione lombare sinistra.
Contemporaneamente alla operazione tccnico-scicntiflca, scattavano le
indagini di polizia finalizzate ad individuare i responsabili del misfatto.
Venivano istituiti posti di blocco nei punti obbligati di passaggio e
venivano controllate tutte quelle persone che si pensava potessero fornire
degli spunti investigativi per i prcgressi rapporti con la vittima.
Fin dalle prime battute dell'indagine, Enea Vincenzo veniva descritto dai
più come uomo mite e remissivo, sempre pronto ad aiutare chi si trovasse in
difficoltà; tuttavia, in ordine alle possibili piste investigative, i Carabinieri
si scontravano con il "muro di omertà" delle persone sentite.
Il primo ad essere sentito dagli investigatori era proprio il figlio della
vittima, Enea Pietro, il quale aveva coadiuvato il padre neIl'attività di
imprenditore edile c poi, a seguito dcii 'avvenuto fallimento della loro
azienda, aveva lavorato saltuariamente insieme a lui come muratore.
All'epoca dei fatti, Enea Pietro, nel tempo libero, si dava alla pesca in
mare. e, nella mattina dell'omicidio, verso le 6.00 era uscito di casa per
andare a pescare unitamcnte al suo amico Taormina Giuseppe. Ritornato a
terra, prima di accompagnare il Taonnina presso la sua abitazione, era
passato a casa ove si trovava il di lui padre ancora a letto.
Verso le 7.30, dopo avere riaccompagnato il Taormina, Enea Pietro si
recava presso i bungalow, ove doveva incontrarsi con il padre per andare
5
insieme a lui a Palermo.
Appena giunto davanti al complesso balneare, notava davanti ali 'ingresso
la macchina del padre e, disteso per terra, vicino ad essa il cadavere di
.. quest'ultimo.
Nel primo esame, Enea Pietro dichiarava di non essere in grado di fornire
elementi utili ai fini delle indagini, né di spiegare i motivi di quanto
accaduto.
Successivamente, chiedeva che vcmssc riaperto il verbale, volendo
aggiungere alcuni particolari:
·quando quella mattina era passato per la prima volta davanti ai bungalow
per accompagnare a casa il suo amico Taormina Giuseppe, aveva notato,
ferma a circa 200 metri dali 'ingresso dci bungalow e con direzione di marcia
verso Palermo, una Fiat 124 di colore bianco; ripassato dopo circa dicci
minuti e cioè dopo aver lasciato a casa il Taormina, non trovava più la
macchina ferma, ma notava il cadavere del padre;
-in relazione ai possibili motivi dell'agguato, Enea accennava anche ad un
fallimento richiesto da alcune ditte fornitrici di materiali edili, contro il
proprio genitore, giustificando l'impossibilita del padre ad onorare gli
impegni assunti con la mancata stipula dell'atto di vendita del terreno ove il
padre aveva costruito circa 30 mimi appartamenti.
A proposito della Fiat 124 bianca ferma nei pressi dci bungalow, Enea
Pietro precisava, senza peraltro volere verbalizzare le sue dichiarazioni, che
la presenza di quella macchina nell'ora c nel lungo già indicato lo aveva
incuriosito molto, tanto da guardare insistentemente chi vi era a bordo.
Enea Pietro, sempre senza mettere a verbale le sue dichiarazioni, riferiva
che i soggetti all'interno della menzionata autovettura erano quattro,
precisando che uno di loro era stempiato, con il viso asciutto c di età
compresa tra il 30 e i 35 anni.
In tale fì·angente, l'Enea aggiungeva che i quattro uomini lo guardavano
6
con circospezione e uno di loro lo additava agli altri.
Il rapporto dei Carabinieri si occupava anche del contesto in cui maturato
l'agguato ai danni dell'Enea Vincenzo ed annotava come, all'epoca, la
vittima intrattenesse stretti rapporti di collaborazione economica con
l'imprenditore D'Agostino Benedetto detto Benny', notato frequentemente
in compagnia del! 'Enea negli ultimi mesi di vita di quest'ultimo, ed
anch'egli ucciso in tempi ravvicinati; circostanza questa evidenziata dagli
investigatori per trarre una inscindibile connessione tra i due fatti di sangue,
spiegabile sin da allora con le complesse vicende economiche che avevano
coinvolto entrambe le vittime (v.rapporto cc Partinico del26 ottobre 1982).
All'esito dei primi accertamenti, il relativo rapporto del 26 ottobre 1982
concludeva con l'evidenziare alcune particolari circostanze:
-Il clima di intimidazione diffusa attorno alla indagine che ha portato molti
testimoni ad assumere un atteggiamento reticente.
-La convinzione che il soggetto che avrebbe potuto rendere un contributo
decisivo ai fini dell' individuazione dei responsabili dell'omicidio di Enea
Vincenzo era da identificare nel figlio della vittima, Enea Pietro, il quale in
quegli anni aveva vissuto ogni giorno al fianco del padre convivendo con lui
l'esperienza lavorativa e l'hobby della pesca.
- La sensazione che il motivo del silenzio dell'Enea Pietro fosse dettato
dall'esigenza di proteggere i suoi familiari da eventuali ritorsione nel caso in
cui avesse deciso di collaborare con le autorità inquirenti.
-il movente dell'omicidio collegato ai rapporti economici intercorrenti tra
Enea Vincenzo e D'Agostino Benedetto e agli interessi di costoro
configgenti con quelli di imprenditori edili in qualche modo riconducibili al
mondo del crimine organizzato.
L'attività investigativa condotta dall'autorità giudiziaria del capoluogo
siciliano per quasi due anni e consistita nell'audizione di testimoni, nella
raccolta di documenti relativi alla attività economica della vittima, nelle
7 '~; 
'"'
perizie autoptiche, approdava ad una pronuncia di non doversi procedere
perché ignoti gli autori del reato, emessa in data 5 aprile 1984 dal Giudice
istruttore di Palermo.
In data 26 luglio l 993 venivano riaperte le indagini per l'omicidio Enea
Vincenzo nei confronti di Bruno Francesco nell'ambito procedimento penale
n.4538 del 1993 R.G.~.R., alla luce dichiarazioni rese da Mutolo Gaspare,
Tuttavia, il procedimento suddetto veniva archiviato, con decreto del
Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo in data
29.9.1994, dal momento che la ricostruzione di Mutolo era riscontrata solo
nella parte relativa al luogo e al tempo in cui venne perpetrato l'omicidio (di
mattina presto davanti allo stabilimento balneare dove Enea Vincenzo
lavorava) e, peraltro, senza utili indicazioni sul movente del delitto.
Le indagini a carico di Bruno Francesco venivano riaperte con
provvedimento del giudice delle indagini preliminari del 14 aprile 2000, in
seguito alle dichiarazioni rese dal figlio della vittima, Enea Pietro alla
Squadra Mobile di Palermo, come risulta da una informativa della polizia
giudiziaria del 22 marzo 2000; ma ancora una volta il procedimento penale
approdava alla archiviazione sancita dall'ordinanza del giudice delle
indagini preliminari del 4 settembre 2000 per alcune lacune e incongruenze
nella ricostruzione della vicenda relative al contributo conoscitivo offerto
dal menzionato Enea Pietro.
In seguito, il giorno l giugno 20 IO, la Procura della Repubblica di Palermo
disponeva l'iscrizione nel registro degli indagati (n.6878/20 lO RGNR) di
Bruno Francesco, unitamente al Lo Piccolo Salvatore, per l'omicidio
premeditato al danni di Enea Vincenzo, alla luce di una serie di nuove
risultanze investigative e detto procedimento sfociava nella richiesta di
rinvio a giudizio a carico dell'odierno imputato, il quale, dopo aver conferito
procura speciale al suo difensore, ha optato per la prosecuzione del processo
nelle forme del rito abbreviato
8
La sentenza di primo grado, procede, quindi, con l'esame delle risultanze
probatorie, costituite dalle dichiarazioni di tre collaboratori di Giustizia,
detinite il perno dell'impianto accusatorio.
.Dopo..avere enunciato i criteri di valutazione· cui ..i} giudice.. si atterrà·--
nell'esame di detti propalanti, il primo giudice riassume le dichiarazioni del
collaboratore di Giustizia Mutolo Gaspare, che per primo rende
dichiarazioni sul delitto in esame. Costui ha riferito al pubblico ministero
sull'omicidio di Enea Vincenzo nell'ambito degli interrogatori resi in data
14 luglio 1993 e 7 maggio 2010.
Proprio a partire dal l4 luglio del l993, Mutolo Gaspare inizia a fornire
agli organi inquirenti specifiche indicazioni in relazione ad omicidi
commessi nel territorio del mandamento di Partanna Mandello, di cui allora
era capo Riccobono Rosario. Si tratta degli omicidi di Guglielmo Felice,
Gallina Stefano, D'Agostino Benedetto ed Enea Vincenzo.
Il 7 maggio 2010, Mutolo Gaspare verrà risentito dalla Procura della
Repubblica di Palermo, per riferire in ordine allo specifico omicidio ai danni
di Enea Vincenzo.
Sin dall'interrogatorio del 14 luglio 1993, il menzionato collaboratore di
giustizia ha dichiarato di avere appreso i particolari dell'omicidio di Enea
Vincenzo prima del suo arresto, avvenuto dopo la strage della
Circonvallazione (omicidio Ferlito e altri, perpetrato in data 16 giugno
1982).
In quel frangente, il Muto!o ricorda alcune specifiche circostanze utili alla
ricostruzione dei fatti.
Innanzitutto, il collaborante indica il luogo dove si trovava quando
apprende la notizia della preparazione dell'omicidio di Enea Vincenzo, ossia
nel villino del boss Riccobono Rosario, in località via Santocanalc di
Partanna Mandello.
Nel suo primo racconto sull'agguato, Mutolo riferisce che Micalizzi
9
Salvatore, braccio destro di Riccobono, disse a quest'ultimo che erano pronti
a commettere il suddetto omicidio per il giorno dopo, precisando che la
vittima doveva essere sorpresa di mattina presto nei pressi di una azienda o
.. fabbrica o altro luogo di lavoro presso cui l'Enea era solito reearsi ogni ·--
mattina.
Mutolo ricorda pure che, in quella circostanza, aveva offerto la sua
disponibilità a partecipare alla esecuzione dell'omicidio, ma il Riccobono gli
riferì che non era necessaria la sua presenza avendo egli incaricato oltre al
Micalizzi, il Lo Piccolo Salvatore, tale Simone (anch'egli v1cmo a
Riccobono Rosario) c l'odierno imputato Bruno Francesco.
Il collaboratore, sempre nel corso dell'interrogatorio del 14 luglio 1993,
ha poi evidenziato che il giorno successivo alla predetta riunione, nella tarda
mattinata, sempre nella villa di via Santocanale a Partanna-Mondello, il
Micalizzi Salvatore gli confermò che avevano eseguito l'omicidio non
appena l'Enea si era recato con la propria autovettura nel luogo ove
svolgeva la sua attività lavorativa.
A distanza di diciassette anni, nell'interrogatorio reso al pubblico ministero
in data 7 maggio 20 lO, il Muto!o ha sostanzialmente ribadito in ogm
dettaglio la versione dei fatti resa nel 1993 in merito ali'omicidio Enea.
Il collaboratore di giustizia ha confermato la sua presenza ad una riunione
alla presenza del capo mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale, Saro
Riccobono, tenutasi nel giugno del 1982 il giorno prima dell'agguato a Isola
delle Femmine ai danni di Enea Vincenzo.
Nel rievocare la vicenda il Mutolo ha precisato che, in quel frangente,
Micalizzi Salvatore disse a Riccobono che erano pronti a "colpire" e che la
vittima era un soggetto che non rispettava le sollecitazioni della famiglia
mafiosa locale (".era un guardiano perché non volevano pagare o qualche
cosa del genere....",), ricordando che nel "gruppo di fuoco" erano inseriti
Micalizzi (su cui non si esprime in termini di certezza), Lo Piccolo
IO !"•
Salvatore, un certo Simone (lo indica come "brutto, piccolino" e "che aveva
una macelleria") e Bruno Francesco.
Inoltre, Mutolo ha confermato che, il gwrno dopo l'omicidio, venne a
sapere che Micaliz>~i aveva detto a Riccobono che avevano fatto quello ehe
dovevano.
Esaurita l'esposizione delle dichiarazioni del collaboratore Mutolo la
sentenza di primo grado dà conto di quelle rese in ordine all'omicidio m
danno dell'Enea da Onorato Francesco
L'Onorato riferisce circostanze apprese da Riccobono Rosario, a cui era
molto vicino all'epoca dei fatti, ossia sino all'uccisione di quest'ultimo che
avviene nel 1983 per mano della fazione corleonese di Cosa Nostra
capeggiata da Riina Salvatore con il metodo della "lupara bianca".
Onorato, per sua stessa ammissione, anche nell'interrogatorio del 19
novembre 2011, dopo la uccisione di Riccobono Rosario, passa con la
fazione corleonese della menzionata associazione criminale, partecipando ad
efferati delitti tra cui l'omicidio dell'eurodeputato Lima Salvatore.
In virtù di quella originaria vicinanza al Riccobono, l'Onorato ha
confessato di avere partecipato ali'omicidio di Gallina Stefano, il cui
mandante era stato Io stesso Riccobono Rosario, come ha ricordato anche
Mutolo Gaspare nell'interrogatorio al pubblico ministero de114luglio 1993.
E sempre Onorato ha parlato anche di altri omicidi orditi dallo stesso
Riccobono.
Nel riferire delle attività del mandamento allora capeggiato dal Riccobono
Rosario, Onorato offre una serie di indicazioni sulla collocazione del Bruno
Francesco nella galassia di Cosa Nostra degli anni 1982-1983 e
sull'impegno di quest'ultimo soprattutto nella zona di Isola delle Femmine
Il collaboratore di giustizia evidenzia la vicinanza stretta del Bruno a
Riccobono Rosario, Lo Piccolo Salvatore e Spatola Lino, tutti soggetti
coinvolti nella trame ma!iose più sanguinarie dell'epoca, precisando che il
"'11
~
Bruno faceva parte della famiglia mafiosa di Isola delle Femmine, a quel
tempo ricomprcsa nel mandamento guidato da Riccobono Rosario.
Il collaboratore di giustizia dice di avere avuto notizia da Riccobono
.. dell'omicidio di .Enea Vincenzo, voluto dalla famiglia di Isola delle---
Femmine.
Secondo il racconto di Onorato, l'Enea disturbava affari legati alle attività
nel settore dell'edilizia di tale Vassallo Peppino, rappresentante della
famiglia di Isola delle Femmine.
Onorato precisa che interessati a questi affari del Vassallo erano pure il
Riccobono Rosario e il Lo Piccolo Salvatore, aggiungendo che l'omicidio
Enea era stato fortemente voluto dagli stessi Riccobono e Lo Piccolo e dal
Bruno Francesco.
Da ultimo il giudice di primo grado richiama le propalazioni di Naimo
Rosario
Sentito dal pubblico ministero il 27 luglio 2012, il Naimo Rosario ha
confessato di essere stato "af'filiato" sin dal 1965 alla famiglia mafiosa di
Tommaso Natale, ricompresa nel medesimo mandamcnto con Isola delle
Femmine, Partanna Mondello c San Lorenzo.
Naimo ha spiegato che al medesimo mandamento furono aggregate anche
Carini e Capaci e che quel mandamento, sino al 1983, era stato comandato
da Riccobono Rosario, poi eliminato da una fazione di Cosa Nostra per
volontà di Riina Salvatore.
Preliminarmente, il collaboratore di giustizia ha riferito in ordine alla
personale collocazione nella galassia di Cosa Nostra, precisando il suo
ruolo di referente dell'ala corleonese con compiti di coordinamento anche
tra le famiglie mafiose italiane e americane
ln ordine a tale ultima circostanza, il Naimo ha evidenziato i suot
compiti di collegamento tra la tàmiglia americano dei Gambino c il clan
corlconesc facente capo a Riina Salvatore,
12
ricordando anche il
-~
~
suo lungo
soggiorno oltreoceano per curare gli interessi di Cosa Nostra per controllare
il comportamento di alcuni componenti della famiglia Inzerillo che dopo
l'uccisione di Inzerillo Salvatore per volere di Riina nel maggio del 1981,
erano "fuggiti" negli L'.S.A. al fine di evitare altro spargimento di sangue.
Il ~aimo ha poi indicato, per conoscenza diretta, alcuni esponenti delle
famiglie mafiose del mandamento che ricomprendeva Isola delle Femmine,
Partanna Mandello, Carini, Capaci e San Lorenzo, tra cui i fratelli Troja,
Antonino ed Enzo, Lo Piccolo Salvatore, Biondo Salvatore e Biondino
Salvatore.
Il collaboratore di giustizia poi ricorda di avere conosciuto assieme a1
fratelli Troja, tale Bruno (cognome) e il di lui figlio molto giovane, negli
anni 77-78 in occasione di un incontro conviviale a Tommaso Natale,
aggiungendo alcuni importanti particolari.
Naimo infatti riferisce che:
-Il Bruno padre era persona molto considerata nel! 'ambito di Cosa lostra.
-Il Bruno padre aveva trascorso periodi di latitanza nella località di
Cardillo in compagma di Lo Piccolo Salvatore (glielo aveva confidato
proprio quest'ultimo).
-Il Bruno padre lo aveva incontrato, ass1eme a Lo Piccolo Salvatore,
Spatola Lino e Riccobono Rosario a partire dal luglio del 1981,
qualificandolo come persona a diretto contatto con lo stesso Riccobono.
Il Naimo ha poi offerto indicazioni relative a quanto di sua conoscenza
sul!'omicidio Enea del giugno del 1982.
Il collaboratore ha dichiarato di avere appreso dei particolari di
quell'omicidio solo nel 1985 in occasione di un incontro a Passo di Rigano
in un villino di campagna di Michelangelo La Barbera, alla presenza di
Riina Salvatore, Gambino Giacomo Giuseppe, Buscemi Giovarmi, Mannino
Antonio, oltre ad altri ragazzi di cui non ricorda il nome (erano in tutto
dodici).
13
In tale frangente, secondo il racconto del Naimo, Riina aveva !atto
riferimento all'omicidio dell'imprenditore di Isola delle Femmine del 1982
(Enea Vincenzo) per essere pungente nei confronti di Lo Piccolo e Bruno
.. che insieme a Riccobono Rosario (poi ucciso dai corleone,;i) avevano agito ·--
senza avvertire il vertice della organizzazione per l'iniziativa criminale che
stavano intraprendendo violando le regole dell'ordinamento mafioso;
circostanza che, a detta del Riina, si era verificata in diverse occasioni.
Inoltre, il Naimo ha aggiunto altri particolari appresi nel 1989 durante un
periodo di latitanza a Capaci dagli esponenti della famiglia Troja, tra cui
Troja Antonino.
In particolare quest'ultimo ribadì a Naimo la risalente vicinanza tra Lo
Piccolo Salvatore e il Bruno, dai tempi in cui erano stretti collaboratori di
Riccobono Rosario e aggiunse che lo stesso Troja, il Lo Piccolo, il Bruno e
forse Scalici Salvatore, per ordine di Riccobono, avevano dovuto uccidere
l'Enea per "motivi di costruzioni, di terreno, di soldi ".
Alle pagg. 41 e segg. l giudici di primo grado riportano le dichiarazioni
rese, il 9 maggio del 2000, da Enea Pietro, il quale, superando il timore di
ritorsioni da parte dell'organizzazione mafiosa in danno suo e dci suoi
familiari, riferisce alla Questura di Palermo le seguenti circostanze:
-Verso le 6.30 del giorno dell'omicidio, Enea Pietro si era recato a pescare
nel mare di Isola delle Femmine, con Cardinale Antonino c Taormina
Giuseppe.
-Nel fare rientro alla propria abitazione poco prima della ore 7.30, Enea
Pietro aveva notato in via Palermo a Isola delle Femmine, nei pressi
dell'ingresso del "Villaggio bungalow" di Enea Vincenzo, una Fiat 124
beige con a bordo tre persone, riconoscendo, "senza ombra di dubbio' solo
il Bruno Francesco che Io aveva salutato, circostanza che lo colpi
particolarmente perchè sapeva che il Bruno all'epoca era latitante in quanto
ritenuto responsabile dell'omicidio di tale Gallina di Carini.
14
~
-Poi intorno alle 7.30, dopo essersi trattenuto qualche minuto a casa del
Taormina per la colazione, Enea Pietro passando davanti alla abitazione
della propria famiglia in via Roma (n.77) si accorgeva della assenza della
autovettura del di lui padre Vinctmzo e quindi si recava ai bungalows di
proprietà della famiglia Enea siti in via Palermo, constatando che proprio il
padre era stato ucciso con colpi di arma da fuoco.
- Sentito dai carabinieri nell'immediatezza del fatto, Enea aveva assunto
un comportamento reticente per timore di ritorsioni, in considerazione della
circostanza che Bruno Francesco era latitante.
- Dopo circa dieci giorni dall'omicidio, Enea Pietro parlava con i fratelli
Lo Cicero di San Lorenzo che si erano prestati ad aiutarlo per far luce sulla
vicenda, precisando che, durante la conversazione, a poca distanza si
trovava un tale Aiello, zio di Bruno Francesco.
- Dopo una settimana circa dalla menzionata conversazione tra Enea Pietro
e i fratelli Lo Cicero, questi ultimi scomparivano.
- Sul movente del! 'omicidio, Enea Pietro fa riferimento alle attività
economico-imprenditoriali del padre tra la fine degli anni settanta e l'inizio
degli anni ottanta, evidenziando che per questò motivo era stato avvicinato
dal Bruno Francesco che si era proposto di diventare socio occulto della sua
impresa edile in quanto aveva soldi da investire, ma Enea Vincenzo aveva
rifiutato l'offerta.
-Tra i motivi di attrito tra Enea Vincenzo e Bruno Francesco all'epoca dei
fatti, l'Enea Pietro ne segnala uno ulteriore collegato alle attività di una
società, la B.B.P., costituita da Bruno Giuseppe, Bruno Pietro (costoro
parenti di Bruno Francesco) e Pomerio Giuseppe.
- Detta società era proprietaria di un grosso edificio denominato "Cosa
Corsara" proprio in un terreno limitrofo a delle palazzine costruite dalla ditta
di Enea Vincenzo.
- Nacquero degli attriti tra le parti perché
15
l'edificio Costa Corsara
.~
PJ
era
andato fuori cubatura, appropriandosi indebitamente di un appezzamento di
terreno di circa 300 mq;
- Detto appezzamento di terreno làceva parte delle proprietà di Lucido,
Cataldo e Cardinale con i quali Enea Vincenzo si era impegnato in una
permuta, nel senso cbe a palazzine finite avrebbe dato tre appartamenti
ciascuno ad ognuno di loro; tuttavia era sorta una complicazione quando
l'Enea Vincenzo scopri, a prima palazzina definita, che da detto terreno la
società B.B.P. aveva sottratto circa 300 mq venendo a creare un problema di
frazionamento nei terreni appartenenti ai signori Cataldo, Cardinale c
Lucido.
- Ciò non aveva consentito la vendita degli appartamenti già definiti,
convincendo Cataldo e Lucido a non cedere più il terreno e determinando,
cosi, il fallimento dell'Enea Vincenzo;
- Nel corso della lite per il frazionamento, che aveva coinvolto Enea
Vincenzo e 1 titolari della B.B.P., lo stesso Enea Vincenzo subì il primo
incendio di un bungalow, il pestaggio del cane da guardia, il
danneggiamento del materiale edile, nonché l'incendio di un magazzino; cd
è proprio in questo periodo che Bruno Francesco propone ad Enea Vincenzo
di costituire assieme a lui una società operante nel settore edile.
- A causa di quelle liti l'Enea strinse amicizia con i fratelli D'Agostino di
Partanna Mondello, in particolare con Benedetto D'Agostino, il quale a sua
volta tentò una mediazione tra l'Enea e la B.B.P. attraverso Riccobono
Rosario; mediazione che non andò a buon fine, anche perchè il D'Agostino
Benedetto prima subì dei danneggiamenti ai suoi beni e poi venne ucciso.
- Dopo la morte di D'Agostino Benedetto, l'Enea Vincenzo venne
chiamato dai fratelli della vittima per fornire chiarimenti c al suo ritorno si
disse preoccupato perché nei pressi del luogo della riunione aveva visto
Pomerio Giuseppe, socio nella B.B.P., e in effetti qualche giorno più tardi
Enea Vincenzo sarà ucciso.
16
- Enea Pietro, dopo la ucclslone del padre, assume informazioni
riservate nel bar del paese sulla famiglia Bruno e su Pomerio Giuseppe, e
proprio in quei giorni la sorella e la madre dell'Enea Pietro, Maria Teresa
Enea e Cataldo Giuseppa, ricevono presso la loro abitazione (eoabitano) una
telefonata contenente una minaccia esplicita: "....signora ci dica a suo figlio
Pietro che la finisca di scavare altrimenti gli facciamo fare la stessa fine di
suo padre".
-Dopo circa sei mesi Enea Pietro si era allontanato da Isola delle Femmine
per timore di ritorsioni per la sua attività di ricerca degli assassini di suo
padre.
La sentenza di primo grado, come si è detto, fa anche ampio riferimento
alle dichiarazioni rese al Pubblico Ministero in data 8 febbraio 20 Il da Enea
Rosalia sorella di Enea Pietro.
La predetta ha ricordato come, a qualche mese dalla morte del di lei padre
Enea Vincenzo, la sorella Maria Teresa ricevette una telefonata
intimidatoria, nel corso della quale si invitava il fratello Pietro a sospendere
le ricerche dei responsabili del delitto; motivo per cui la stessa Maria Teresa
decise di lasciare la Sicilia per trasferirsi negli U.S.A., dove poco dopo
veniva raggiunta dallo stesso Enea Pietro.
Enea Rosalia, all'epoca dei fatti tredicenne, solo qualche anno più tardi
venne a sapere dal fratello Pietro che tra i responsabili del! 'omicidio del
padre c'era sicuramente Bruno Francesco e che il motivo del delitto era da
ricercare nel rifiuto del padre di costituire una società edile con lo stesso
Bruno Francesco.
Circostanze simili vengono rievocate anche da Enea Maria Teresa, figlia
della vittima la quale, sentita a sommarie informazioni testimoniali dal
pubblico ministero in data 8 febbraio 2011, ha riferito della telefonata
intimidatoria che ricevette qualche mese dopo l'omicidio del padre Enea
Vincenzo da parte di un soggetto ignoto che con tono brusco le chiedeva
17
~.
della madre.
In quel contatto telefonico l'interlocutore ignoto, secondo il racconto di
Enea Maria Teresa, fece seriamente temere il peggio alla di lei madre
Cataldo Giuseppa dicendo che se il figlio Enea Pietro avesse continuato a
fare domande sui responsabili del!'omicidio di Enea Vincenzo avrebbe fatto
la fine del padre; tant'è che a seguito di quel! 'episodio la stessa Enea Maria
Teresa decise di abbandonare l'Italia per recarsi negli U.S.A..
Anche Enea Maria Teresa ha ricordato che, qualche anno dopo, il fratello
Pietro le disse che una delle tre persone che vide all'interno dell'autovettura
Fiat 124 era il Bruno Francesco, confermando la circostanza secondo cui il
movente del! 'omicidio era da ricercare nel rifiuto della vittima di costituire
una società operante nel settore edile con il Bruno Francesco.
Enea Maria Teresa, oltre a rievocare una serie di atti intimidatori
(danneggiamenti, incendio dei bungalows) e furti nel cantiere della vittima
nelle settimane precedenti all'omicidio, ha anche aggiunto che il padre, poco
prima, era rimasto intimorito dalla frequente presenza di Bruno Francesco
nei pressi dell'abitazione degli Enea.
Cataldo Giuseppa è stata sentita a sommane informazioni testimoniali
dalla polizia giudiziaria in data IO ottobre 20 lO.
Costei, moglie della vittima, ha ricordato la telefonata minatoria da parte di
un soggetto ignoto qualche mese dopo l'omicidio del marito, che invitava il
figlio Pietro a non continuare le sue indagini sui responsabili dell'assassinio
del padre perché altrimenti avrebbe fatto la sua stessa fine.
La Cataldo Giuseppa ha pure ricordato, negli stessi termini del figlio Enea
Pietro, i dissidi conseguenti al contenzioso tra il marito Enea Vincenzo e la
società BBP per lo sconfinamento del complesso alberghiero Costa Corsara
nei terreni di Lucido, Cataldo e Cardinale ; i danneggiamenti subiti presso il
cantiere e i bungalows di Enea Vincenzo poco prima dell'omicidio.
Quanto al movente dell'omicidio indicato da Enea Pietro, riconducibile
18
anche al contrasto tra l'impresa di Enea Vincenzo e la società BBP per lo
sconfinamento del complesso alberghiero "Costa Corsara", importanti
elementi di conferma alle dichiarazioni del primo si evincono, ad avviso del
.. primo giudice, dalla deposizione del fratello Enea Riceardo, che ha reso ·--
spontanee dichiarazioni alla polizia giudiziaria in data 26 febbraio 201 O.
Enea Riccardo, dopo avere ricordato le attività del padre nel settore della
edilizia, ha infatti confermato il dato secondo cui la ditta "Enea Vincenzo"
aveva subito atti intimidatori in epoca precedente alla consumazione
dell'omicidio.
Anche Enea Riccardo, come il fratello Pietro, indica come ragiOne
dell'omicidio del padre gli sviluppi del contrasto tra Enea Vincenzo e la
società B.B.P. titolare del rcsidence "Costa Corsara".
Secondo il racconto di Enea Riccardo, i costruttori Bruno Pietro, Bruno
Giovanni e Pomicro Giuseppe, al fine di portare a compimento la
costruzione del predetto residcncc, si erano impossessati senza alcuna
autorizzazione preventiva da parte dei proprietari di un pezzo del terreno
limitrofo (Cardinale, Lucido, Cataldo) c del perrnutario (Enea Vincenzo).
Quella occupazione illecita era stata effettuata, in base a quanto riferito da
Enea Riccardo e dai suoi familiari, a seguito di numerosi atti intimidatori
posti in essere da persone riconducibili ai soci della B.B.P., mai denunciati
dall'Enea Vincenzo che a sua volta era stato minacciato di morte.
Nell'ambito di queste minacce Enea Riccardo ricorda: aggressioni fisiche
contro il di lui padre fatte da Bruno Giovanni e Pomiero Giuseppe;
l'incendio del camping bungalows; atti vandalici nei cantieri.
Per fare pressione su Enea Vincenzo, sulla base di quanto riferito da Enea
Riccardo, ad un certo punto interviene Bruno Francesco, all'epoca noto a
Isola delle Femmine per la sua appartenenza al "clan" di Riccobono Rosario
di Pallavicino, il quale in un primo momento propone ali'Enea di costituire
assieme una società per svolgere attività nel settore della edilizia, ricevendo
19
in risposta un netto rifiuto.
Enea Riccardo ha riferito elementi di riscontro alle dichiarazioni di Enea
Pietro anche sul punto relativo alla genesi c allo sviluppo dei rapporti tra
Enea Vincenzo c i fratelli Di Benedetto, in particolare Agostino e Vincenzo,··
entrambi uccisi da "mano mafiosa" e il primo, Benedetto, vittima di una
esecuzione a cui aveva concorso anche il Bruno Francesco come risulta
dalle sentenze della Corte di assise di Palermo e della Corte di assise di
appello di Palermo in atti.
Enea Riccardo ribadisce, infatti, che i D'Agostino, Vincenzo c Benedetto,
si prestarono ad una mediazione tra Enea Vincenzo e Bruno Francesco,
all'epoca latitante, per risolvere la situazione relativa allo "sconfinamento"
del complesso alberghiero "Costa Corsara" sui terreni dei Cardinale, che
aveva determinato l'interruzione dell'esecuzione di una permuta in cui il
pcrmutario era lo stesso Enea Vincenzo.
& 2 Motivi della decisione adottata dai giudici di prime cure
La sentenza culmina infine nella valutazione sinergica di tutte le anzidette
emergenze (pagg. 52 c sgg.) cd, all'esito della loro considerazione
congiunta, giunge all'affermazione della colpevolezza dell'imputato per il
reato in epigrafe specificato.
Il Giudice di prime cure ha ritenuto, in particolare che le dichiarazioni dci
collaboratori di Giustizia, fossero sicuramente attendibili, sia sotto il profilo
intrinseco, perché provenienti da elementi di primo piano deIl'associazione
mafiosa, che sotto quello estrinseco, essendo assistite da numerosi riscontri,
seppur non individualizzanti.
ll G.I.P. ha, tuttavia, annotato che tutte c tre le propalazioni dei
collaboratori di Giustizia rivestivano le caratteristiche di dichiarazioni "de
relato", con il conseguente rischio di circolarità della prova.
20
~
Dopo avere, quindi esposto le regole enncneutiche che governano siflàtto
tipo di chiamata, in questo caso in reità, cui si sarebbe attenuto è giunto alla
conclusione che le predette propalazioni raggmngessero quella
.. "convergenza del molteplice" riconducibile sotto l'egida dell'art. 192 ·--
comma 3 c.p.p.
!n particolare il giudice di pnme cure ritiene che SI sia realizzata la
"convergenza del molteplice" delle tre dichiarazioni in ordine alle seguenti
circostanze:
- Organizzazione ed esccuzwnc dcll'omicidio di Enea Vincenzo
riconducibile al gruppo di vertice de! mandamento mafioso capeggiato da
Riccobono Rosario.
- Partecipazione alla fase esecutiva dell'omicidio di Bruno Francesco e Lo
Piccolo Salvatore, unitamente ad altri soggetti, secondo un modulo
operativo consueto nelle attività criminali del clan làcentc capo a Riccobono
Rosario all'inizio degli anni ottanta (sino alla scomparsa di quest'ultimo per
mano dei corleonesi di Riina Salvatore).
- Movente della azione omicidiaria ai danni di Enea Vincenzo collegato
agli interessi economici degli "uomini d'onore" del mandamento mafioso
tàcentc capo a Riccobono Rosario, in particolare quest'ultimo, Bruno
Francesco e Lo Piccolo Salvatore, ossia a quegli stessi interessi che avevano
portato alla eliminazione di D'Agostino Benedetto.
Ad avviso del G.l.P., il convergente contributo dei tre collaboratori citati,
sarebbe poi, pienamente in sintonia con importanti particolari colti dalla
polizia giudiziaria sin dal rapporto dei 26 ottobre 1982 di cui si detto che
riguardano:
- ll clima di intimidazione diffusa attorno alla indagine che ha portato
molti testimoni ad assumere un atteggiamento reticente, sintomatico di un
"attivismo mafioso" in grado di inquinare le fonti prova con l'intimidazione
foriera di omertà.
21
- Il movente dell'omicidio collegato ai rapporti economici intercorrenti tra
Enea Vincenzo e D'Agostino Benedetto e agli interessi di costoro
conlliggenti con quelli di imprenditori edili in qualche modo riconducibili al
mondo .dct..crim.ine organizzatO;···
- La convinzione che il soggetto che avrebbe potuto rendere un contributo
decisivo ai fini dell'individuazionc dci responsabili dell'omicidio di Enea
Vincenzo era da identificare nel figlio della vittima, Enea Pietro, il quale in
quegli anni aveva vissuto ogni giorno al fianco del padre convivendo con lui
l'esperienza lavorativa c l'hobby della pesca.
- La sensazione che il motivo del silenzio deli'Enea Pietro fosse dettato
dall'esigenza di proteggere i suoi familiari da eventuali ritorsione nel caso in
cui avesse deciso di collaborare con le autorità inquircnti, secondo una
massima di esperienza collaudata dell'agire mafioso che in questo modo
organizza in modo sistematico la cancellazione delle tracce. dei misfatti.
Il G.I.P. ha altresì ritenuto che le dichiarazioni dei collaboratori di
Giustizia si integrassero pienamente con quelle rese da Enea Pietro,
osservando in particolare come i diversi racconti, provenienti da angoli
prospettici diversi, si saldassero c si completassero armonicamente.
Le propalazioni deli 'Enea Pietro, poi, avrebbero ricevuto ulteriore conforto
attraverso quelle dci propri familiari.
Tutti questi elementi, valutati singolarmente e nel loro complesso,
sarebbero idonei all'affermazione di penale responsabilità del Bruno al di là
di ogni ragionevole dubbio.
Quanto, infine alle aggravanti ha osservato il pnmo giudice che quella
della premeditazione è chiaramente desumibile dallo stesse modalità e
circostanze del fatto.
L'obiettiva esistenza di un provvedimento cautelare a carico dell'imputato
al momento della commissione del fatto renderebbe evidente la sussistenza
dcii'altra aggravante contestata.
22
~
Avverso la suddetta sentenza ha proposto rituale impugnazione l'imputato.
Il giudizio di appello, svoltosi nell'assenza dell'imputato, detenuto per
altra causa, si articolava, dopo la prima udienza dedicata alla relazione dci
.. fatti di ..causa, ·in... svariate· ·udienze, in cui ·le.. parti formulavano··--
progressivamente le loro conclusioni.
Completata la discussione all'odierna udienza, in cui le parti rinunziavano
alle repliche, all'esito della camera di consiglio, si dava lettura del
dispositivo allegato.
$.3. I motivi di impugnazione
Ad avv1so della Difesa, la sentenza impugnata merita censura perché frutto di
pregiudizio accusatorio, reso manifesto dalla motivazione adottata, e sarebbe
improntala al tentativo di fornire un quadro probatorio univoco e coerente in antitesi
con le emergenze processuali.
In particolare si osserva, quanto alle propalazioni dei collaboranti, che: a) il dictum di
ciascuno di essi, a prescindere dal carattere di chiamata indiretta, apparirebbe
generico e inconsistente; b) le dichiarazioni in questione, non coinciderebbero nelle
parti essenziali c, pertanto, sarebbero prive del c.d. requisito della convergenza del
molteplice; c) le cennate propalazioni mancherebbero, inoltre, degli indispensabili
riscontri individualizzanti e per nulla si salderebbero con le accuse lanciate dai
familiari della vittima (primo tra tutti, Enea Pietro), che apparirebbero assai sospette e
di pretta marca congetturale (oltreché de relato e autoreferenziali nelle parti
essenziali); d) nessun elemento accrediterebbe, infine, una causale omicidiaria
riconducibile al Bruno e/o della B.B.P.
I motivi di impugnazione, tàtta questa premessa, si soffermano SUI pnncipi
giurisprudenziali che governano plurime dichiarazioni de relato, dci quali il primo
giudice non avrebbe fatto buon governo nell'applicarli al caso in esame.
23 cl1,'
Al riguardo, si richiama la recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione a
sezioni unite (sent. 29.11.2012 n. 20804), che si sono soffermate sui requisiti che
devono connotare siffatte propalazioni perché possano assurgere al rango di prova
idonea a giustificare un'a!Iermazione di responsabilità.
Vengono in particolare richiamati detti requisiti, così riassunti: a) convergenza delle
chiamate in ordine al fatto materiale oggetto della narrazione; b) indipendenza -
intesa come mancanza di pregresse intese fraudolente - da suggestioni o
condizionamenti inquinanti; c) specificità, nel senso che la c.d. convergenza del
molteplice deve essere sufficientemente individualizzante e riguardare sia il fatto
nella sua oggettività che la riferibilità soggettiva dello stesso alla persona
dell'incolpato, fermo restando che deve privilegiarsi l'aspetto sostanziale della
concordanza delle plurime dichiarazioni sul nucleo centrale e più significativo della
questione fattuale da decidere; d) autonomia "genetica", vale a dire derivazione non
ex unica fonte, onde evitare il rischio della circolarità della notizia, che
vanificherebbe la valenza dell'elemento di riscontro esterno e svuoterebbe di
significato lo stesso concetto di convergenza del molteplice".
Con riguardo, invece, alle testimonianze rese dai familiari della vittima, persone
offese dal reato, il primo Decidente, errando, le avrebbe accreditato tout court dando,
pregiudizialmente credito alla tesi secondo la quale, le postume rivelazioni dei
predetti sarebbero frutto di paura ingenerata dalla mafia, impegnata in un'opera di
depistaggio.
Vengono, a questo punto, esaminate, in particolare, le dichiarazioni rese da Mutolo
Gaspare il 14 luglio 1993, rese con riferimento anche ad altri omicidi diversi da
quello che ci occupa.
In particolare, si osserva che costui, riferendo dell'omicidio Guglielmo, afferma che
Riccobono Rosario, capomafia indiscusso nel territorio in cui fu consumato il delitto,
dovendo perpetrare quell'omicidio nella borgata di Partanna Mandello, si sarebbe
rivolto a La Barbera Michelangelo e Inzerillo Salvatore "in quanto non conosciuti
nella zona". In altri termini, il Riccobono, nel selezionare i soggetti da impiegare nei
24
crimini di sangue, aveva cura di designare persone non note nella zona destinata
ali'esecuzione, all'evidente fine di garantire al più alto livello possibile l'impunità a
se stesso e agli autori del delitto da commettere.
Orbene, di detta massima d'esperienza, tale perché basata sull'id quod ple1unique
accidit, si sarebbe dovuto tener conto nel giudicare il Bruno, soggetto nativo di Isola
delle Femmine, vicino di casa e persona conosciuta dalla vittima, dai familiari di
quest'ultimo.
Quanto, invece, al racconto del Mutolo in ordine al delitto in esame, si sostiene da
parte della difesa che esso sarebbe assolutamente generico, oltre che "de relato".
In particolare le dichiarazioni sarebbero del tutto generiche per quanto riguarda la
fase programmatica del delitto e i soggetti asseritamente chiamati a commetterlo.
Neppure un cenno, invece, sarebbe fatto agli effettivi partecipi all'omicidio; lo stesso
sarebbe a dirsi con riferimento alla causale, in alcun modo prospettata
dali'accusatore. Prive di valore probante, sarebbero, infine, le indicazioni afferenti ai
luoghi e ai tempi, trattandosi di circostanze conosciute da un numero parecchio
elevato di persone.
Ancora, si sottolinea la circostanza che le dichiarazioni del collaborante citato in
ordine all'omicidio dell'Enea sono pressoché totalmente sovrapponibili a quanto
narrato dal medesimo in ordine all'omicidio in pregiudizio di D'Agostino Benedetto,
consumato qualche mese prima..
In altre parole, ci si troverebbe di fronte ad un clichè dichiarativo, adattato caso per
caso.
Sempre con riferimento al collaboratore di Giustizia in esame si richiamano anche le
successive dichiarazioni dallo stesso rese, che ad avviso delle difesa sarebbero affette
dallo stesso vizio di genericità e talora anche contraddittorie rispetto al dicturn
precedente.
Passando all'esame delle propalazioni del collaborante Onorato Francesco in data
19/1/2011, queste vengono definite di nessuna utilità.
25
Viene rilevato, in primo luogo, un'incertezza nei ricordi (pag. 29: "...se non ricordo
male.. era un omicidio voluto sempre dal.. .dalla famiglia, era un certo Vassallo il
rappresentante della famiglia di Isola") che diverrebbe certezza in ordine ai soggetti
che avrebbero voluto il delitto: 'Enea è un omicidio voluto dalla famiglia di isola e in
particolare da Bruno e Vassallo",
quanto alla causale del delitto l'Onorato avrebbe fatto riferimento ad attività edilizie
che avrebbero disturbato le cosche mafiose ed in particolare Vassallo.
Conclude, sul punto la Difesa con un giudizio di assoluta inattendibilità del racconto,
proveniente dalla stessa fonte (Riccobono Rosario), che sarebbe privo di riferimenti a
fatti e circostanze connessi alta pretesa causale dedotta, non conterrebbe una sola
indicazione in ordine alle modalità dell'omicidio, nonché ulteriormente connotato da
genericità allorquando cita le pretese fonti di conoscenza del fatto, senza specificare
mai le occasioni in cui avrebbe ricevuto le pretese "confidenze", essendosi egli
limitato a dire che in cosa nostra si sapeva di tutti gli omicidi commessi anche in altri
territori. provengono dalla stessa fonte Riccobono, richiamata dai due collaboranti
menzionati: un vero e proprio caso di scuola in ordine alla circolarità della prova.
Per quanto riguarda il collaborante Naimo Rosario, si sostiene da parte della Difesa
che, al più, potrebbe dirsi soltanto che costui fa cenno a fatti e soggetti che non
possono in alcun modo portare ali 'identificazione di Bruno Francesco quale esecutore
materiale del delitto; anzi, più correttamente dovrebbe dirsi - anche a voler
accreditare il dictum del pentito in questione come attendibile- che egli parli di una
persona diversa, giacché avrebbe dichiarato di averlo conosciuto insieme ad un
giovane figlio, che l'imputato non ha mai concepito, indicando, quanto alla persona
dell'imputato, un periodo di trascorsa latitanza diverso da quello effettivo.
Analoghe censure vengono rivolte nei confronti delle dichiarazioni rese dal
collaboratore Naimo.
A questo punto la Difesa affronta il tema delle dichiarazioni rese da Enea Pietro,
figlio della vittima, richiamando, in primo luogo, il rapporto dei CC. del 26.10.1982,
nonché quanto dichiarato da Enea Pietro, a quel tempo, circa l'assassinio del padre:
26 f,-J ,
sentito dai CC. alle ore 9.45 dello stesso 8 giugno, Enea Pietro riferiva che il proprio
genitore, dopo il fallimento, eseguiva saltuari lavori come muratore e, nel tempo
libero, si dedicava alla pesca. Raccontava, poi, dei propri movimenti di quel giorno e
concludeva ass11mendo di non essere in grado di fornire elementi utili o di spiegare i
motivi dell'uccisione del proprio padre.
Dopo qualche ora (esattamente alle 12.00), lo stesso Enea Pietro chiedeva la
riapertura del verbale delle dichiarazioni rese, facendo presente che al momento del
suo primo accesso ai bungalows (quando stava per accompagnare tale Taormina)
aveva avuto modo di notare la presenza di una Fiat 124 di colore bianco, e che,
tornato sul posto, aveva constatato che l'auto si era allontanata. Immediatamente
dopo aveva rinvenuto il corpo del padre che giaceva cadavere. Altre precisazioni
riguardavano le cause del fallimento, discendente dalla mancata stipula del fatto di
compravendita del terreno su, cui insistevano gli appartamenti realizzati dal genitore
(circa 30), che, di conseguenza, non era stato possibile 'trasferire ai promittenti
acquirenti.
Vengono altresì, richiamate le dichiarazioni orali rese dall'Enea e, soprattutto, il suo
rifiuto di inserirlo in verbale. Segnatamente, evidenzia la Difesa, che il Bruno aveva
riferito oralmente: a) la presenza dell'autovettura Fiat 124 l'aveva insospettito, tanto
che. aveva rivolto il suo sguardo verso gli occupanti "che dovevano essere quattro".
Costoro, nell'occasione, l'avevano guardato con circospezione e uno dei predetti
aveva fatto un gesto con un braccio come per additano agli altri; b) uno dei soggetti
che occupavano l'autovettura gli era apparso stempiato", dal viso asciutto e di età
compresa tra i 30 e i 35 anni; detto giovane era da identificare nella persona che due
settimane prima presso il bar della Plaia, si era intrattenuto a parlare con un amico
dello stesso Enea, esattamente tale Cardinale Antonino.
All'esito delle superiori dichiarazioni dell'Enea, i CC. effettuavano precise indagini
e, in particolare, assumevano a verbale il detto Cardinale, il quale non aveva
esitazioni nel dire che, mentre si trovava in compagnia di Enea Pietro presso il detto
27
bar, aveva incontrato tale Fanara Giuseppe, il quale, a sua volta, si era fermato con
altro giovane.
Dopo qualche giorno, Enea Pietro "faceva sapere" a quell'Organo di P.G. di avere
--a·vuto occa•ione di incontrare il giovane (n.dx.; evidentemente il Fanara) e di potere
'benissimo" escludere che si trattasse di uno dci soggetti occupanti la Fiat 124 bianca.
In sintesi, ad avviso. della Difesa, una vera e propria "ritrattazione" delle accuse
mosse dal figlio della vittima contro il detto Fanara, constatata c stigmatizzata dai
Carabinieri, in seno al menzionato rapporto di denuncia, nei seguenti termini:
"Sicuramente Pietro ha riconosciuto qualcuno a bordo della Fiat I24 bianca, ma ora
ha paura di parlare. A caldo, anche se rifiutò di verbalizzare quanto dichiarato, diede
una chiara c completa descrizione di uno degli individui che prendevano posto
sull'auto in quella tragica mattina do giugno, c sicuramente coinvolti nella tragica
fine del padre".
Sennonché, successivamente, l'Enea ritrattava tutto, dichiarava che si era sbagliato,
che il giovane descritto in precedenza sulla aveva a che fare con quello identificato da
quest'Arma.
Dunque, le conclusioni cui sarebbe pervenuto, in proposito, il pnmo giudice
sarebbero errate in ordine alla paura generata nel teste Enea dall'asserita presenza di
Bruno Francesco all'interno dell'autoveicolo descritto, come destituita di fondamento
risulterebbe la lettura del rapporto dei Carabinieri operata dal Decidente di prime
cure. In particolare, le osservazioni dei Carabinieri sull'ambiente e l'omertà
dominante nel territorio in cui era stato consumato il delitto non riguarderebbero in
alcun modo la persona di Bruno Francesco, bensì altro soggetto c, cioè, quel Fanara
chiamato in causa dallo stesso Enea mediante riferimenti specifici a circostanze di
inequivocabilc significato, quali: l'avvenuta conoscenza di quest'ultimo; le
circostanze in cui essa aveva avuto luogo; la presenza del medesimo (Fanara)
all'interno della vettura in sosta al momento dell'accesso dell' Enea presso 1
bungalows.
Osserva, ancora la difesa che Bruno Francesco irrompe nel panorama dichiarativo
28
dell'Enea soltanto negli anni 2000, data che segna l'inizio di una serie di esposti che
lo avrebbero portato a individuare l'odierno imputato tra i soggetti che sostavano
dentro il veicolo presente nella zona del crimine. Dichiarazioni ad avviso della Difesa
_ _udi..carauerc con.getturale..e/o.assiornati.co e/o autoreferenziale; oltre·che·contraddittorie
con riferimento al collorc dell'autovettura all'interno della quale avrebbe visto il
Bruno, questa volta detìnita come di colore "beige".
Ma le dichiarazioni dell'Enea sarebbero sicuramente inattendibili, perché provenienti
da soggetto affetto da delirio chiaramente desumibile dalle dichiarazioni rese
telefonicamente alla Squadra Mobile di Palermo, in data 7.7.2000 nel corso della
quale dichiarava di essere in grado di fare interrompere la guerra in Israele,
materialmente voluta dal Papa, dichiarandosi disponibile ad incontrarlo per
convincerlo alla pace.
Estremamente sospetta, ad avviso della Difesa, sarebbe, poi, la spiegazione dell'Enea
in ordine al fatto che aveva accusato il Bruno solo nel 2000, affermando
contraddittoriamente, da una parte che non lo aveva accusato perché la sicurezza
l'aveva acquisito col tempo, c dall'altra perché aveva avuto paura di accusarlo, stante
la caratura mafiosa del personaggio.
Esaurita l'analisi delle dichiarazioni di Enea Pietro, la Difesa si occupa delle
dichiarazioni rese dai suoi tàmiliari c, scgnatamentc, da Enea Rosalia (s.i.t. i data
8.2.2011), Enea Maria Teresa (s.i.t. in data 8.2.2011) ed Enea Riccardo, annotando
che, in realtà tutti deriverebbero le loro conoscenze da Enea Pietro. Quanto ad Enea
Rosalia, in particolare, si evidenzia che costei, trcdiccnne all'epoca dci fatti, afferma,
che al momento dell'assassinio del padre, in famiglia ci si interrogava su chi potesse
essere l'autore del delitto.
Indi, ad avviso della difesa, ci sarebbe stato il tentativo di accreditare la versione del
fratello Pietro il quale, in un certo momento, aveva riferito di qualcuno che gli
sembrava conoscente.
Anche con riferimento alla causale le dichiarazioni sarebbero vaghe e contraddittorie
c la scelta di emigrare fatta soltanto da tre dci familiari del nucleo di Enea Vincenzo,
29
~..
negli Stati Uniti, non sarebbe stata dettata da paura; al contrario, risulterebbe dovuta
ad occasionali inviti di un parente prossimo, per un tempo limitato, poi trasformatosi
in permanenza definitiva.
Quanto, infine, all'andirivieni di Pietro dal continente amerieano, non pare potersi
dubitare che ciò non sarebbe avvenuto ave egli avesse nutrito timori per la propria
vita o per quella dei familiari.
Con riguardo alle dichiarazioni di Enea Maria Teresa (8.2.2011) la Difesa evidenzia
come la rivelazione del nome del Bruno quale killer del padre sarebbe avvenuta negli
Stati Uniti, in un tempo e in circostanze in alcun modo precisate e neppure in termini
di certezza
Circa le ragioni del trasferimento negli Stati Vniti, la teste riferisce del suo stato
d'animo e delle precarie condizioni di salute in cui versava, che arrecavano grave
preoccupazione alla madre, escludendo, quindi che si trattasse di una scelta dettata da
paura. Precisa, in particolare, di avere accolto l'invito rivoltogli dallo zio di recarsi in
quel continente per una vacanza (poi trasformatasi in scelta definitiva); afferma che
Pietro era rimasto nel luogo di residenza perché il più grande della famiglia e perché
poteva mantenerla.
Per quanto concerne, mvece, la causale, la teste sarebbe stata estremamente vaga
affermando genericamente che quello che aveva capito era "che qualcuno voleva che
faceva insieme una società".
Le dichiarazioni di Enea Riccardo, poi, sarebbero frutto di ricostruzioni personali che
prescindono da qualsiasi fonte di riferimento, salvo il cenno a pretesi riscontri
cartacei attraverso i quali l'Enea Riccardo sarebbe pervenuto alle cennate
conclusioni.
A proposito delle dichiarazioni rese da Enea Riccardo, la Difesa sostiene che non vi
sarebbe alcun collegamento tra il delitto in questione e l'omicidio in esame, ove si
tenga nel debito conto che l'asserito movente dell'uccisione del D'Agostino, era
legato alla realizzazione di lavori edili nella villa di altro mafioso, tale Spatola
Bartolomeo.
30
Segnatamente, il D'Agostino non aveva eseguito i lavori a regola d'arte, pretendendo
e ottenendo il pagamento del compenso pattuito: questi fatti "avevano con certezza
decretato la sua morte".
Da ultimo i motivi di gravame si occupano del movente del delitto, che vume
definito un movente inesistente oltre che palesemente illogico.
L'esistenza di un tale movente omicidiario, infatti, oltre ad essere priva di riscontri
oggettivi, si porrebbe in aperto contrasto sia con la ricostruzione temporale della
vicenda, sia con quanto riferito, fin dall'immediatezza del fatto criminoso, da coloro
che - a vario titolo - ebbero modo di descrivere le vicissitudini connesse al
frazionamento del terreno degli eredi Cardinale.
In particolare il primo giudice non avrebbe tenuto m alcun conto il fatto che
L'IMMOBILIARE B.B.P. di Bruno Pietro, Bruno Giovanni e Pomiero Giuseppe, ha
cessato, invero, ogni attività in data 24.1.1979, mentre la redazione del progetto e il
rilascio della concessione per la realizzazione, da parte di Enea Pietro, delle
costruzioni su proprietà indivisa del terreno degli eredi Cardinale, risalgono all'anno
1978 (concessione n. 89 del giorno 1.2.1978) e dunque a data di gran lunga
successiva alla realizzazione del residence "Costa Corsara" , dovendosi tener conto,
alla stregua delle emergenze processuali che allorquando Enea Pietro, nel l 978,
decise di costruire sul terreno dei Cardinale, l'appezzamento era precisamente
delimitato nella sua effettiva consistenza da muri di confine ivi collocati da tempo
Immemore.
Detti confini dovevano, dunque, essere ben noti ai proprietari e certamente al
permutario. che non avrebbero non potuto conoscere lo stato dei luoghi, ivi
apprestandosi a costruire; in ogni caso, l'Enea non avrebbe comunque avuto alcuna
pretesa da avanzare nei confronti della B.B.P. ma soltanto nei confronti degli eredi
Cardinale, al fine di regolarizzare lo stato di fatto del terreno con le risultanze degli
atti di provenienza, attraverso l'espletamento delle relative pratiche, cosicché, non
soltanto non si sarebbe verificato alcuno sconfinamento destinato a creare un dissidio
31
tra Enea e la B.B.P., ma non vi sarebbe stata alcuna logica ragione giustificatrice
del!'esistenza di un tale dissidio,
Si osserva, infine, a tal proposito che ogni questione riguardante il terreno, era stata
risolta per stessa ammissione delle odierne parti offese - dagli eredi Cardinale nei
primi mesi del 1982 con un accordo e le predette parti avrebbero informato Enea
Vincenzo dell'avvio a soluzione definitiva delle problematiche insorte.
Conseguentemente, rimarrebbe priva di sostegno pure l'ipotesi di un tentativo di
"mediazione" di terzi soggetti (D'Agostino, Bruno, Di Maggio, Mannino) in un
contenzioso tra Enea e la B.B.P. in relazione a questioni che non avrebbero
riguardato questa società e che potevano essere risolte soltanto dagli eredi Cardinale.
Cosicché, ben !ungi dal dover essere apoditticamente ritenute, come fa il G.U.P.,
reticenti, intimidite e inattendibili, le testimonianze rese nell'immediatezza dei fatti e
successivamente dagli eredi Cardinale e dal geom. Giovanni Impastato. che
escludono l'esistenza di liti o dissidi tra la B.B.P. e l'Enea, troverebbero conferma
nella logica e nei fatti.
S 4 l'esame dei motivi di impugnazione
I motivi di gravame scontano un errore di prospettiva di fondo, nel momento in cui
procedono ad un esame parcellizzato dei singoli elementi probatori, omettono
qualsiasi collegamento tra loro e, soprattutto, perdono di vista quelli che sono gli
elementi essenziali che sorreggono il basamento probatorio, a favore di una
operazione settoria tutta veicolata in chiave difensiva e tendente a trascurare elementi
che, nella prospettiva di una complessiva ricostruzione della vicenda, sono
decisamente di segno opposto.
Altro errore di prospettiva, anche se, per la verità, è questa la metodologia seguita dal
giudice di prime cure, deriva dal fatto che non si assumono come momento centrale
attorno al quale fare, poi, ruotare le altre evenienze le dichiarazioni nel tempo rese da
Enea Pietro che, se credibili, non abbisognano di riscontri, trattandosi di propalazioni
32
lh.
rese da un testimone, seppur neli'applicazione di quella particolare prudenza che si
richiede, allorché il teste sia anche persona offesa.
Ed allora, il primo vizio che nell'ambito di tale operazione settoria è dato riscontrare
è. l'assenza di. qualsivoglia indicazione in..ordioe ad ~m .qualsiasi. motivo che avrebbe...
dovuto indurre l'Enea a rendere dichiarazioni calunniatoric nei confronti del Bruno,
tanto più ovc si consideri che queste vengono rese a distanza di circa diciotto anni da
un soggetto che ormai si era allontanato da molto tempo dal contesto territoriale
nell'ambito del quale si sono verificati i fatti in esame.
Ancor meno plausibile sembra, poi, che l'intento pcrsecutorio immotivato SI sta
contagiato ali 'intera famiglia.
Alla stregua delle emergenze processuali invece, perfettamente comprensibile s1
appalesa il motivo del ritardo con cui le rivelazioni furono fatte: la paura di ritorsioni,
anche verso altri componenti della sua famiglia, in caso di dichiarazioni utili per
scovare i responsabili del misfatto, resa, peraltro, palese dalla telefonata ricevuta
dalla madre, allorché il figlio aveva cominciato ad indagare sulla morte del padre.
In questo contesto si spiegano le iniziali reticenze dell'Enea, il quale sin dai primi
momenti successivi all'uccisione del padre, disse ai Carabinieri di avere notato una
FIAT 124 bianca all'interno della quale vi erano quattro uomini, uno dei quali ebbe
ad additarlo agli altri, senza, però, significativamente metterlo a verbale.
In tale contesto si spiegano le reticenzc, le contraddizioni e le indicazioni quali
soggetti coinvolti di persone nei confronti delle quali le indagini non hanno sortito
alcun esito, successivamente ritrattate dal Bruno.
Del resto, non può, certamente destare meraviglia che l'Enea avesse paura del Bruno,
soggetto sicuramente partecipe della cosca del Riccobono e ricercato per un omicidio
(quello del Gallina) commesso per conto e per i fini dell'associazione criminale in
parola e concorrente nell'omicidio di D'Agostino Benedetto (cfT. sentenza Corte di
Assise di Palermo e Corte di Assise di Appello di Palermo in atti).
Un sicuro riscontro circa le condizioni di paura per le ritorsioni dell'imputato si
coglie nello stesso rapporto redatto dai C.C., nell'immediatezza del fatto. secondo cui
'· 33 :1~
';: )
esistevano, m epoca antecedente all'omicidio, stretti rapporti di collaborazione
economica tra la vittima e l'imprenditore D'Agostino Benedetto detto Benny'.
Giova evidenziare, in proposito che, proprio il D'Agostino, notato frequentemente in
compagnia dell'Enea negli ultimi mesi di vita di quest'ultimo, era stato anch'egli
assassinato il 13 maggio del 1982; circostanza questa evidenziata dagli investigatori
per trarre una inscindibile connessione tra i due fatti di sangue, spiegabile sin da
allora con le complesse vicende economiche che avevano coinvolto entrambe le
vittime (v.rapporto cc Partinico del26 ottobre 1982).
Ali 'esito dei pnmr accertamenti da parte della polizia giudiziaria, il
relativo rapporto del 26 ottobre 1982 concludeva con l'evidenziare alcun particolari
circostanze:
- Il clima di intimidazione diffusa attorno alla indagine che ha portato molti testimoni
ad assumere un atteggiamento reticente.
-La convinzione che il soggetto che avrebbe potuto rendere un contributo decisivo ai
fini dell' individuazione dei responsabili deIl 'omicidio di Enea Vincenzo era da
identificare nel figlio della vittima, Enea Pietro, il quale in quegli anni aveva vissuto
ogni giorno al fianco del padre convivendo con lui l'esperienza lavorativa e l'hobby
della pesca.
-La sensazione che il motivo del silenzio dell'Enea Pietro fosse dettato dall'esigenza
di proteggere i suoi familiari da eventuali ritorsioni nel caso in cui avesse deciso di
collaborare con le autorità inquirenti.
- Il movente dell'omicidio collegato ai rapporti economici intercorrenti tra Enea
Vincenzo e D'Agostino Benedetto e agli interessi di costoro confliggenti con quelli di
imprenditori edili in qualche modo riconducibili al mondo del crimine organizzato.
Ed allora, se così è, Il preciso e dettagliato, quanto al suo nucleo essenziale, racconto
deli 'Enea, pienamente confermato dalle dichiarazioni dei suoi familiari, non può di
certo essere ricondotto ad una fase delirante del trascorso della persona offesa, che
avrebbe accompagnato l'intera, coerente, progressione accusatoria.
34
lnvero, dalla stessa nota, cui si riferisce la difesa, emerge con estrema chiarezza che
l'Enea, a prescindere da quell'episodio, mai, né prima, né dopo, ebbe a manifestare
aglì inquirenti altri segni di squilibrio.
_ _uDcl...n"s1o, lo. stesso teste..ha riferito., allorchè,...venne sentito sul punto, di ·avere
attraversato negli "States" un momento di depressione, successivamente risoltosi.
Ed, a ben vedere, ciò appare perfettamente comprensibile, ave si abbia riguardo alla
vita di quest'uomo, cui viene ucciso il padre al quale era legato da profondi vincoli
affettivi e con il quale condivideva anche il lavoro ed i momenti di svago. Un uomo
che per il disastro vcnutosi a creare fu costretto a troncare ogni legame con la terra di
origine, senza dimenticare il proprio vissuto c la terra che aveva generato l"'humus"
per il verificarsi di siffatta tragedia.
Ma, anche da lontano, l'Enea continuò a segUire le vicende del suo paese,
informandosi costantemente sull'evoluzione del contesto politico-criminale (si fa
riferimento all'arresto del Sindaco Di Maggio), attraverso articoli di stampa c notizie
tratte dalla rete, cominciando a riversarli agli inquirenti, come dimostrano gli atti
acquisiti al processo.
Ed altrettanto significativo appare il fatto che l'Enea si decida a dire definitivamente
tutto quello di cui è a conoscenza, solo allorché capisce che quello specifico contesto
ormai non esiste più.
Ed allora, se così è, non può, avere certamente successo l'intento demolitorio
dell'attendibilità dell'Enea, fatto proprio con i motivi di gravame, in specie ave si
abbia riguardo ai numerosi clementi di riscontro relativi a tali propalazioni ed a quelle
dci suoi familiari richiamate dal primo giudice alle pagg. 45-51.
In questo contesto, perfettamente spiegabili appaiono le differenze tra le vane
dichiarazioni rese in ordine ad aspetti minimali della vicenda (la macchina indicata in
un primo tempo come di colore bianco c successivamente qualificata di colore
"beige" ad esempio; trattasi, peraltro, di colori molto simili) c qualche tentativo
maldestro di giustificare il lungo lasso di tempo tra il verificarsi dei fatti c il momento
in cui, in tempi diversi, vengono rese le dichiarazioni; circostanze queste che, di
35
~
certo, non hanno facilitato una ricostruzione perfettamente coerente, con riferimento
a tutti gli aspetti secondari della vicenda, stante il margine di fisiologica
differenziazione presente in più dichiarazioni rese dalla medesima persona in ordine
---"',gli..stessi fatti_
Ma, l'operazione settoria di cui si è detto, si scontra anche con lo stato emotivo della
persona offesa, che dopo avere lungamente riflettuto, ricordato ed elaborato tutto
quello che nell'immediatezza aveva personalmente constatato c non detto per ragioni
che nel contesto in cui i fatti accaddero non è dif1icile immaginare, anche
prescindendo dalle sue stesse dichiarazioni, si decise a vuotare il sacco, allorché
ritenne di essere sufficientemente al sicuro.
Del resto, quale migliore conferma dello stato d'animo, dell'Enea, in quel momento,
può ipotizzarsi diversa da quella indicata dagli stessi Carabinieri che, nel rapporto
redatto nell'immediatezza dei !atti, indicarono nell'Enea l'unica persona che avrebbe
potuto fare piena luce su quanto accaduto, e notato il travaglio di quest'uomo,
combattuto tra l'impulso di rivelare quanto a sua conoscenza e la paura di esporre sé
e i suoi familiari, resa palese dall'indicazione dell'autovettura all'interno della quale
vi erano quattro individui sospetti, seguita dalla richiesta di non mettere la circostanza
a verbale.
Né, a fronte di siffatte emergenze, può attribuirsi effetto totalmente demolitorio della
credibilità dell'Enea all'indicazione del Garofalo come uno dei soggetti presenti
neli'autovettura, poi ritrattata.
Questo aspetto della vicenda processuale che ci occupa, per la verità, non ha avuto
alcun approfondimento istruttorio cd è rimasta totalmente inesplorata la ragione della
ritrattazione dell'identificazione di uno dei soggetti presenti nell'autovettura nella
persona del Garofalo.
Ed allora, se così stanno le cose, è gioco forza dare credibilità, anche in questo caso,
alle spiegazioni fomite nell'immediatezza del fatto dallo stesso Enea, allorché ebbe a
riferire ai Carabinieri di avere individuato quel giovane, ma di essersi
successivamente reso conto che si trattava di una mera somiglianza.
36 ~.
Ma, a ben vedere, siffatta erronea indicazione finisce con l'avere, se correttamente
inserita nell'intero tessuto probatorio, una valenza ben diversa da quella che la Difesa
intende attribuirle.
_ _rPcr .vero, è hen.possibile,..se non estremamente..probabilc,. che la persona offesa,..oltre
al Bruno, abbia avuto la sensazione di riconoscere un'altra persona, che denunciò
tranquillamente perché non la riconobbe come appartenente ad un circuito di
criminalità organizzata e, poi, vedcndola meglio e non essendo sicuro della corretta
identificazione fece totalmente macchina indietro.
Ciò posto, osserva la Corte, che un ulteriore e definitivo elemento di conferma viene
proprio dal movente che la Difesa, a torto, ha definito inesistente.
Sul punto, proprio le indagini effettuate dai Carabinieri nell'immediatezza dci fatti,
offfono uno spaccato estremamente interessante e confermano, in epoca certamente
non sospetta, il "dictum" dell'Enea (cfr. foglio 9 del rapporto giudiziario dei
Carabinieri di Palermo, in data 26 ottobre 1992).
Giova, in proposito, però, premettere quella che è stata la ricostruzione di questo
aspetto della presente vicenda processuale da parte dell'Enea, a partire dalle prime
dichiarazioni rese nel2010, così come riassunte dal primo giudice:
"- Tra i motivi di attrito tra Enea Vincenzo c Bruno Francesco all'epoca dei fatti,
l'Enea Pietro ne segnala uno ulteriore collegato alle attività di una società, la B.B.P.,
costituita da Bruno Giuseppe, Bruno Pietro (costoro parenti di Bruno Francesco) e
Pomerio Giuseppe.
- Detta società era proprietaria di un grosso edificio denominato "Cosa Corsara"
propno m un terreno limitrofo a delle palazzine costruite dalla ditta di Enea
Vincenzo.
-Nacquero degli attriti tra le parti perché l'edificio Costa Corsara era andato fuori
cubatura, appropriandosi indebitamente di un appezzamento di terreno di circa 300
mq.
- Detto appezzamento di terreno faceva parte delle proprietà di Lucido, Cataldo c
Cardinale con i quali Enea Vincenzo si era impegnato in una pennuta, nel senso che a
37
palazzine finite avrebbe dato tre appartamenti ciascuno ad ognuno di loro; tuttavia era
sorta una complicazione quando l'Enea Vincenzo scopri, a prima palazzina definita,
che da detto terreno la società B.B.P. aveva sottratto circa 300 mq venendo a creare
_---'Jllcun .prohlema..di.frazionamento nei..tcrreci-appartlmentì ai..signori Cataldo, Cardinale e
Lucido.
- Ciò non aveva consentito la vendita degli appartamenti già definiti, convincendo
Cataldo e Lucido a non cedere più il terreno e determinando, cosi, il fallimento
del!' Enea Vincenzo.
- Nel corso della lite per il frazionamento, che aveva coinvolto Enea Vincenzo c i
titolari della B.B.P., lo stesso Enea Vincenzo subì il primo incendio di un bungalow,
il pestaggio del cane da guardia, il danneggiamento del materiale edile, nonché
l'incendio di un magazzino; ed è proprio in questo periodo che Bruno Francesco
propone ad Enea Vincenzo di costituire assieme a lui una società operante nel settore
edile.
- A causa di quelle liti l'Enea strinse amicizia con i tratelli D'Agostino di Partanna
Mandello, in particolare con Benedetto D'Agostino, il quale a sua volta tentò una
mediazione tra l'Enea e la B.B.P. attraverso Riccobono Rosario; mediazione che non
andò a buon fine, anche perché il D'Agostino Benedetto prima subì dci
danneggiamenti ai suoi beni c poi venne ucciso".
Orbene, anche in questo caso le dichiarazioni rese a distanza di diciotto annr
dall'Enea coincidono specularrnente, non solo con quanto in proposito dichiarato
dall'Enea nell'immediatezza dell'uccisione del proprio genitore, ma, soprattutto con
le indagini svolte dai Carabinieri in quel momento e compendiate nel rapporto
giudiziario di cui si è detto, senza che in alcuno dci momenti in cui queste
propalazioni furono rese si possa anche solo per un momento cogliere segni del
delirio persecutorio nei confronti del Bruno, costantemente agitato all'interno del
costrutto difensivo.
Sul punto i Carabinieri, all'epoca, svolsero precise indagini accertando (f.9 del citato
rapporto) che:
38
a) qualche anno prima dell'omicidio era insorta una controversia tra i soci della
"B.I3.P., identificati in Bruno Pietro, Bruno Giovanni e Pomicro Giuseppe e gli
credi Cataldo (cfr. rapporto giudiziario dianzi citato);
.b). la controversia si era -risolta..in..1m arco..temporale sovrapponibile all'omicidio:
"proprio in quei giorni" (ibidem rapporto giudiziario);
c) effettivamente erano stati costruiti sul terreno dato in perrnuta di una parte di
ben trenta appartamenti da Cardinale Vincenzo al padre della persona offesa
(dichiarazioni rese da Enea Pietro aJiegate al rapporto);
d) l'operazione non era andata a buon fine in quanto una parte della cubatura
occorrente per la costruzione degli appartamenti era venuta meno, perché la
complessiva estensione del terreno, era risultata inferiore a queJia oralmente
promessa in permuta ed occupata per una parte dal complesso Costa Corsara
riconducibile al Bruno cd ai suoi soci; (dichiarazioni di Enea Pietro, Impastato
Giovanni e Uva Maria, vedova del Cataldo proprietario del terreno sul quale
erano stati costruiti i trenta appartamenti);
e) a causa di ciò i preliminari di vendita degli appartamenti non poterono essere
stipulati, con la conseguenza che, non avendo l'Enea potuto incassare il
residuo prezzo, non gli fu possibile onorare i debiti contratti per realizzare i
fabbricati, c con l'ulteriore conseguenza che l'immobiliare facente capo alla
vittima fu dichiarata faJiita (eli'. sentenza di fallimento allegata al rapporto
giudiziario);
f) l'Enea Vincenzo, ovviamente, aveva fatto il possibile, per evitare questo
disastro, persino cercando J'intermcdiazione di un altro personaggio di
notevole caratura mafiosa: D'Agostino Benedetto anch'egli caduto in un arco
temporale immediatamente antecedente a quello in cui perse la vita l'Enea,
come, significativamente, ogni questione civilistica tra gli credi Cardinale
cessa, allorché coloro che avevano ostacolato gli interessi di predominio
mafioso del "clan" Riccobono-Lo Piccolo nel settore deJI'cdilizia erano stati
puniti con la morte.
39
Ed allora, in questo contesto, non colgono nel segno i rilievi difensivi basati su
quelle parti delle testimonianze rese da Uva Maria, Cardinale Giuseppa c
Riccobono Caterina, allorché costoro tendono a tirare fuori da ogni
.cointeressenza l'immobiliare '.~costa corsara" e. a..ricondurre. i· contrasti· alle
divergenze insorte tra loro c gli altri eredi sull'estensione dei lotti appartenenti
a ciascun coerede.
La Corte non ha alcun motivo di non concordare con la Difesa, allorché
assume che 1a controversia di natura civilistica intercorreva tra i coeredi del
terreno.
Sennonché, da questo non può certamente trarsi la convinzione della totale
mancanza di interesse del Bruno alla faccenda.
lovero, non vi è dubbio che all'Enea venne a mancare la cubatura necessaria
perché, risultando l'estensione complessiva minore di quella promcssagli, in
quanto in altra parte dell'intero terreno erano stati realizzati gli immobili di
"costa corsara", gli atti non poterono essere perfezionati.
E' ovvio che, comunque, il problema venne a crearsi ed a questo problema non
era di certo estraneo e tanto meno disinteressato il clan malioso del quale il
Bruno faceva, senza ombra di dubbio, parte alla stregua delle citate sentenze
acquisite in atti.
Ed allora, se così è, nulla tolgono e nulla aggiungono le generiche e reticenti,
come le ha definite il primo giudice, dichiarazioni dci testi Giovanni Impastato
e Coniglio Maria, che a vario titolo si occuparono dal punto di vista formale
della questione e che, comunque, hanno avuto con la vicenda stessa un
approccio estraneo al panorama degli interessi mafiosi sottostanti.
Quel che è certo, lo si ribadisce ancora una volta, è che le pretese dell'Enea,
volte ad evitare il suo definitivo tracollo economico, in qualche modo,
interferivano e conlliggcvano con quelli dell'imputato c del suo "clan", che
non poteva di certo tollerare che qualcuno, senza consenso, si intromettesse nei
40
propri affari, per giunta invocando la protezione di un mafioso non allineato,
parimenti destinato a ricevere la massima punizione.
Ed allora, basterebbero già le dichiarazioni rese dall'Enea e dai suoi familiari,
assistite dai riscontri di cui si è detto, che ne confermano definitivamente la
piena attendibilità (certamente non erosa dalla contraddittoria indicazione del
colore della macchina: bianca o "beige", tenuto conto che si tratta di colore
estremamente simili e del lungo lasso di tempo trascorso tra le due
dichiarazioni) per raggiungere la piena prova della penale responsabilità
dell'imputato in ordine al delitto ascrittogli.
Sennonché, come si è visto, le dichiarazioni delle persone offese hanno trovato
ulteriore riscontro in quelle dei collaboratori di Giustizia Mutolo, Onorato e
Naimo.
Certo trattasi di propalazioni "de relato" che, se costituissero l'intero
basamento probatorio, sarebbe difficile porre da sole a fondamento di un
giudizio di penale responsabilità, ma che rivestono piena idoneità a fungere da
ulteriore e definitivo elemento di conferma del "dictum" delle persone offese.
E davvero ingeneroso è il giudizio della Difesa laddove siffatte propalazioni
vengono tacciate di genericità e di allineamento ad un unico "clichè"
dichiarativo.
lnvero, proprio perché i collaboranti non parteciparono direttamente ai fatti,
appare pienamente comprensibile la genericità delle loro dichiarazioni,
soprattutto relativamente al movente, ed altrettanto comprensibile si appalesa il
fatto che esse obbediscano ad un medesimo schema argomentativo.
A quest'ultimo proposito, va detto che la difesa non tiene in debito conto che
tutti gli omicidi inseriti in siffatto schema sono stati commessi nel medesimo
arco temporale dal "clan" mafioso facente capo al Riccobono, per motivi di
predominio negli affari gestiti dalla cosca e dallo stesso gruppo di fuoco.
Ed allora, in piena sintonia con il giudice di primo grado, in ordine alla
cosiddetta convergenza del molteplice, giova evidenziare che le dichiarazioni
41
provenienti dai tre collaboratori di giustizia intrinsecamente attendibili, per le
ragioni evidenziate dal giudice di primo grado nelle parti in cui da conto di tali
dichiarazioni (del resto trattasi di collaboratori di Giustizia la cui intrinseca
.attendibilità è stata. sperimentata in numerosi .proces~i .ormai coperti .dal
giudicato) sono anche dotate del requisito del! 'autonomia e della spontaneità.
Nel corso del processo non sono emerse circostanze che inducano a pensare ad
una contaminazione delle fonti, peraltro connotate dalle diverse evoluzioni
delle carriere criminali dci tre soggetti da cui si sono assunte le informazioni,
ossia Mutolo, Onorato e Naimo, e dalle differenti modalità spazio-temporali in
cui i predetti collaboratori sono venuti a conoscenza di quanto riferito ed,
infine, dalla diversa fonte di riferimento.
Si rammenti che:
- il Mutolo apprende le indicazioni che saranno poi oggetto del suo racconto
nell'immediatezza dei fatti (il giorno prima dell'omicidio; e poco dopo la sua
perpetrazione dalla viva voce di soggetti che hanno partecipato alla fase
ideativa ed esecutiva (Riccobono Rosario, Micalizzi Salvatore).
- L'Onorato riferisce di confidenze fattegli, successivamente all'omicidio, da
Riccobono Rosario, ossia colui che alla fine esprime il "nulla osta" alla
esecuzione;
- Il Naimo rievoca confidenze in parte làttegli confidenze di Riina Salvatore in
una riunione del 1985 alla presenza di altri sodali (quali ad esempio La Barbera
e Buscemi), in parte confidenze fattegli da Troja Antonino nel 1989.
Si tratta, come bene ha osservato il giudice di primo grado, all'evidenza, di reti
comunicative e modalità di conoscenza dei fatti tra loro autonome e
indipendenti, in quanto strettamente correlati ai percorsi criminali dei tre
soggetti poi divenuti collaboratori di giustizia.
Sul punto si rammenti che l'ipotesi di "versioni concordate" o di altre l'orme di
"condizionamento" Ira in tre collaboratori non è stata neppure dedotta dalle
difese.
42
Per altro verso, invece le fonti da cui i tre hanno appreso dei particolari in
ordine all'omicidio in esame coinvolgono soggetti con ruoli di vertice
nell'organizzazione Cosa Nostra, che hanno partecipato alla fase ideativa e
preparatoria della azione delittnosa
Né il giudice di primo grado è incorso in errore allorché ha ritenuto essersi
realizzata la cosiddetta convergenza del molteplice, essendosi questa
pacificamente realizzata in ordine alle seguenti circostanze:
- Organizzazione ed esecuzione dell'omicidio di Enea Vincenzo riconducibile
al gruppo di vertice del mandamento mafioso capeggiato da Riccobono
Rosario.
- Partecipazione alla fase esecutiva dell'omicidio di Bruno Francesco e Lo
Piccolo Salvatore, unitamente ad altri soggetti, secondo un modulo operativo
consueto nelle attività criminali del clan facente capo a Riccobono Rosario
all'inizio degli anni ottanta (sino alla scomparsa di quest'ultimo per mano dei
corleonesi di Riina Salvatore).
- Movente della azione omicidiaria ai danni di Enea Vincenzo collegato agli
interessi economici degli "uomini d'onore" del mandamento mafioso facente
capo a Riccobono Rosario, in particolare quest'ultimo, Bruno Francesco e Lo
Piccolo Salvatore, ossia a quegli stessi interessi che avevano portato alla
eliminazione di D'Agostino Benedetto.
Il convergente contributo dei tre collaboratori citati peraltro pienamente m
sintonia con importanti particolari colti dalla polizia giudiziaria sin dal
rapporto dei 26 ottobre 1982 di cui si detto nei paragrafo di apertura che
riguardano:
- Il clima di intimidazione diffusa attorno alla indagine che ha portato molti
testimoni ad assumere un atteggiamento reticente, sintomatico di un "attivismo
mafioso" in grado di inquinare le fonti prova con 1'intimidazione foriera di
omertà.
43
- Il movente dell'omicidio collegato m rapporti economici intercorrenti tra
Enea Vincenzo e D'Agostino Benedetto e agli interessi di costoro confliggenti
con quelli di imprenditori edili in qualche modo riconducibili al mondo del
cnmme or
$ 6 Conclusioni
Concludendo può affermarsi con estrema certezza che:
a) poco prima che l'omicidio venisse commesso l'imputato si trovava nei luoghi
teatro del crimine a bordo di un'autovettura con altri tre individui non
identificati a bordo e che egli ebbe ad indicare col dito il figlio della vittima;
b) i collaboratori di Giustizia indicano unanimemente nel Bruno l'autore
dell'omicidio per cui è processo;
c) in capo al Bruno può essere ravvisato un valido movente per volere la morte
dell'Enea.
Tutti questi elementi probatori in precedenza esaminati partitamente e valutati
complessivamente nelle reciproche interconnessioni, portano, senza ombra di
dubbio, ad affermare la penale responsabilità di Bruno Francesco in ordine al
delitto contestatogli
In aderenza al criterio legale della soccombenza, l'appellante deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali di questo grado del giudizio.
Il Bruno deve, altresì, rifondere alle parti civili le spese sostenute nel giudizio
di appello, da liquidarsi in complessivi euro 3.000,00, oltre C.P.A. ed !.VA.
come per legge, in favore delle parti civili: Cataldo Giuseppa, Enea Riccardo,
Enea Rosalia, Enea Maria Teresa, Enea Valeria, Enea Elisa, rappresentate
dall'Avvocato Marchi, ed in euro 2000,00, oltre C.P.A. ed !VA, come per
legge, per la parte civile Enea Pietro, rappresentata dali'Avv.to L Pace.
44
In relazione alla molteplicità delle questioni, sia in punto di fatto che in punto
di diritto, trattate, si è reso necessario fissare in giorni novanta il termine per il
deposito della motivazione della sentenza.
P.Q.M
La Corte, visti gli artt.592, 599 cpp, conferma la sentenza resa in data
22.05.2013 dal G.U.P. presso il Tribunale di Palermo, appellata
dall'imputato Bruno Francesco, che condanna al pagamento delle ulteriori
spese processuali , nonché alla rifusione delle spese processuali sostenute in
questo grado del giudizio dalle parti civili, spese che liquida in complessivi
euro 3.000,00, oltre C.P.A. ed !.VA. come per legge, in favore delle parti
civili: Cataldo Giuseppa, Enea Riccardo, Enea Rosalia, Enea Maria Teresa,
Enea Valeria, Enea Elisa, rappresentate dall'Avvocato Marchi, ed in euro
2000,00, oltre C.P.A. ed IVA, come per legge, per la parte civile Enea
Pietro, rappresentata dall'Avv.to L Pace. Indica in giorni novanta il termine
per il deposito della motivazione.
Palermo, I9.02.2015
n~mest.
Sal~t~e·l)l itale
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BRUNO FRANCESCO 2015 19 FEBBRAIO CORTE ASSISE APPELLO PA CONFERMA SENTENZA 6 2015 OMICIDIO MAFIOSO ENEA VINCENZO DEPOSITO 17 AGOSTO 2015

  • 1. QCORTE DI ASSISE DI APPELLO PALERMO REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO L'anno 2015 il giorno DICIANNOVE del mese di FEBBRAIO lN. 6/2015 R. Sent !N' 4/2014 R. G. LA CORTE DI ASSISE DI APPELLO 01 PALERMO lN. 4484/10 R.N.R. SEZIONE PRIMA Proc.Rep. Palermo composta dai Sigg.ri : l. Dott Salvatore DI VITALE Presidente N 2. Dott Antonia PAPPALARDO Consigliere Mod. 3/ASG 3. Sig. Liboria MARCHESE Giud. Popolare 4. Sig. Rosalia Pia COSCINO " " N. 2/ASG 5. Sig. Vincenza MARTORANA " " 6. Sig. Antonio DIGIOVANNl " " 7. Sig. Rosa Maria CARUBIA " " Compilata scheda 8. Sig. Vincenza TUSA " " per il Casellario e per l'elettorato con l'intervento del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Addì----~ SABATINO e con l'assistenza del Cancelliere Antonella FOTI ha l pronunziato la seguente ' SENTENZA nei confronti di : BRUNO Francesco nato a Isola delle Femmine (PA) il 27.05.1951 In atto detenuto per altro presso la Casa di Reclusione di Milano Opera ASSENTE PER RINUNCIA DIFENSORI: Avv. Gioacchino Sbacchi Avv. Luciano Termini del Foro di Palermo del Foro di Palermo Depositata in Cancelleria Addì y- I ILFUNZI D.ssa ' Irrevocabile il
  • 2. PARTI CIVILI 1) CATALDO Giuseppa nata a Isola delle Femmine il 02.04.1940 2) ENEA Riccardo, nato a Isola delle Femmine il23.03.1971 3) ENEA Rosalia, nata a [sola delle femmine il 12.07.1968 4) ENEA Maria Teresa, nata a Isola delle Femmine il 10.04.1962 5) ENEA Valerio, nato a Isola delle Femmine il 01.01.1977 ·6JENEA''EiiS3~ 'iiata aTSOla ·aerh~ ·Fenimine..li' 27.ofl9s2-· Tutti rappresentati e difesi dall'Avv. Giuseppe MARCHI' del Foro di Palermo presso il cui studio sono elettivamente domiciliati ·-- PRESENTE 7) ENEA Pietro, nato a Isola delle Femmine il 02.01.1961, clett.tc dom.to in La Spezia Viale Italia n.94 Torre A, presso lo studio dell'Avv. Luigi Pace Rappresentato e difeso dall'Avv. Luigi PACE del Foro di La Spezia PRESENTE APPELLANTE Appellante avverso la sentenza emessa dal G.U.P. Tribunale di Palenno in data 22.05.2013 con la quale è stato dichiarato colpevole del reato di omicidio aggravato ascrittogli, e condannato, con la riduzione della pena prevista per la scelta del rito, alla pena di anni trenta di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, all'interdizione perpetua dai pubblici uffici c in stato di interdizione legale. E' stato, inoltre, condannato al risarcimento dci danni in favore delle parti civili costituite, da liquidarsi innanzi al Giudice civile, nonché al pagamento delle spese legali in favore di Cataldo Giuseppa, Enea Riccardo, Enea Valerio, Enea Elisa, Enea Maria Teresa cd Enea Rosalia, che liquida in complessive 2.000.00 euro, nonché di Enea Pietro, che liquida in 3.000,00 euro, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge, nonché al pagamento della somma di l00.000,00 euro per ciascuna delle parti civili costituite, a titolo di provvisionalc immediatamente esecutiva. Indicati il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione, ritenuta la particolarità complessiva della stessa in relazione all'entità delle imputazioni ed alla molteplicità delle questioni da trattare. CAPO DI IMPUTAZIONE Del delitto p. c p. dagli artt. 11 O, 61 n.6, 575, 577 n.3 c.p., per avere in concorso e previo accordo con altri soggetti per i quali non sono stati raggiunti sufficienti elementi di responsabilità, ciascuno consapevole dei contributi rispettivamente apportati dagli altri convergenti verso il medesimo fine, con premeditazione, cagionato la morte di Enea Vincenzo, all'indirizzo del quale erano esplosi diversi colpi di anna da fuoco che lo attingevano in parti vitali del corpo, detcnninandone l'immediato decesso. Con l'aggravante di avere commesso il fatto durante il periodo di latitanza in relazione al mandato di cattura n.2/82 emesso dal Giudice Istruttore. Con la recidiva specifica In Isola delle Femmine il giorno 8.6.1982 2 ~(
  • 3. CONCLUSIONI DELLE PARTI Il Procuratore Generale conclude chiedendo la conferma della sentenza impugnata. L'Avv.Giuseppe Marchì, anche quale sostituto processuale dell'Avv.to Paee, per conto del quale deposita altresì memoria difensiva nell'interesse delle PP.CC. dagli stessi rappresentate - conclude come da comparse che deposita unitamente alle note spese. Gli Avv.ti TERMINI e SBACCHI- nell'interesse dell'imputato Bruno -concludono chiedendo l'accoglimento dei motivi di appello. '
  • 4. & 1 Svolgimento del processo Con sentenza resa il 22 maggio 2013 il G.I.P. presso il Tribunale di Palermo, all'esito del giudizio svoltosi nelle forme del rito abbreviato, .. dichiarava Bruno Francesco, responsabile del!' imputazione di omicidio ·-- volontario aggravato in pregiudizio di Enea Vincenzo, commesso in Isola delle Femmine il giorno 8/6/1982 e, con la riduzione di pena prevista per il rito prescelto, lo condannava alla pena di anni trenta di reclusione, oltre al pagamento delle spese proccssuali, dichiarandolo, altresì, interdetto in perpetuo dai Pubblici Uffici ed in stato di interdizione legale. Condannava, ancora, l'imputato al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese legali (liquidate nella misura in dispositivo precisata) in favore delle parti civili costituite; danni da liquidarsi nella competente sede civile, assegnando alle stesse una provvisionale di euro l00.000, per ciascuna di esse. L'impugnata sentenza procede alle pagg. l c scgg. all'esame del fatto storico, quale risulta dai primi accertamenti esperiti dai Carabinieri del Comando di Partinico nell'immediatezza del delitto, compendiati nella nota del predetto Comando datata 26 ottobre 1982. Come si evince dal suddetto documento, verso le ore 8.00 del giorno 8 giugno del 1982, la Stazione dci Carabinieri di Isola delle Femmine veniva informata che davanti al lido balneare denominato "Villaggio Bungalow", era stato ucciso Enea Vincenzo, proprietario del predetto lido. Immediatamente il comandante di quella Stazione dei Carabinieri, unitamente a personale dipendente, raggiungeva il luogo dc!l'agguato per eseguire i primi accertamenti. Da questi rilievi emergeva che: -alla altezza del civico n. 47 della via Palermo di Isola delle Femmine, poco pnma delle ore 8.00 dell'8.6.1982, era stato assassinato Enea Vincenzo; 4
  • 5. -il luogo dell'omicidio era antistante il lido balneare denominato "Villaggio Bungalow"; e in tale punto, poco distante dall'ingresso a tale stabilimento, si trovava l'autovettura Renault 18/TL di proprietà della .. vi!!ima cd al suolo, in direzione della fiancata sinistra del veicolo, il·-- cadavere di Enea Vincenzo; -la vittima giaceva a terra con la guancia destra in una larga chiazza di sangue; -il cadavere riportava numerose ferite da anna da fuoco in diversi punti del corpo, tra cui alla nuca, nella regione nasale e nella regione lombare sinistra. Contemporaneamente alla operazione tccnico-scicntiflca, scattavano le indagini di polizia finalizzate ad individuare i responsabili del misfatto. Venivano istituiti posti di blocco nei punti obbligati di passaggio e venivano controllate tutte quelle persone che si pensava potessero fornire degli spunti investigativi per i prcgressi rapporti con la vittima. Fin dalle prime battute dell'indagine, Enea Vincenzo veniva descritto dai più come uomo mite e remissivo, sempre pronto ad aiutare chi si trovasse in difficoltà; tuttavia, in ordine alle possibili piste investigative, i Carabinieri si scontravano con il "muro di omertà" delle persone sentite. Il primo ad essere sentito dagli investigatori era proprio il figlio della vittima, Enea Pietro, il quale aveva coadiuvato il padre neIl'attività di imprenditore edile c poi, a seguito dcii 'avvenuto fallimento della loro azienda, aveva lavorato saltuariamente insieme a lui come muratore. All'epoca dei fatti, Enea Pietro, nel tempo libero, si dava alla pesca in mare. e, nella mattina dell'omicidio, verso le 6.00 era uscito di casa per andare a pescare unitamcnte al suo amico Taormina Giuseppe. Ritornato a terra, prima di accompagnare il Taonnina presso la sua abitazione, era passato a casa ove si trovava il di lui padre ancora a letto. Verso le 7.30, dopo avere riaccompagnato il Taormina, Enea Pietro si recava presso i bungalow, ove doveva incontrarsi con il padre per andare 5
  • 6. insieme a lui a Palermo. Appena giunto davanti al complesso balneare, notava davanti ali 'ingresso la macchina del padre e, disteso per terra, vicino ad essa il cadavere di .. quest'ultimo. Nel primo esame, Enea Pietro dichiarava di non essere in grado di fornire elementi utili ai fini delle indagini, né di spiegare i motivi di quanto accaduto. Successivamente, chiedeva che vcmssc riaperto il verbale, volendo aggiungere alcuni particolari: ·quando quella mattina era passato per la prima volta davanti ai bungalow per accompagnare a casa il suo amico Taormina Giuseppe, aveva notato, ferma a circa 200 metri dali 'ingresso dci bungalow e con direzione di marcia verso Palermo, una Fiat 124 di colore bianco; ripassato dopo circa dicci minuti e cioè dopo aver lasciato a casa il Taormina, non trovava più la macchina ferma, ma notava il cadavere del padre; -in relazione ai possibili motivi dell'agguato, Enea accennava anche ad un fallimento richiesto da alcune ditte fornitrici di materiali edili, contro il proprio genitore, giustificando l'impossibilita del padre ad onorare gli impegni assunti con la mancata stipula dell'atto di vendita del terreno ove il padre aveva costruito circa 30 mimi appartamenti. A proposito della Fiat 124 bianca ferma nei pressi dci bungalow, Enea Pietro precisava, senza peraltro volere verbalizzare le sue dichiarazioni, che la presenza di quella macchina nell'ora c nel lungo già indicato lo aveva incuriosito molto, tanto da guardare insistentemente chi vi era a bordo. Enea Pietro, sempre senza mettere a verbale le sue dichiarazioni, riferiva che i soggetti all'interno della menzionata autovettura erano quattro, precisando che uno di loro era stempiato, con il viso asciutto c di età compresa tra il 30 e i 35 anni. In tale fì·angente, l'Enea aggiungeva che i quattro uomini lo guardavano 6
  • 7. con circospezione e uno di loro lo additava agli altri. Il rapporto dei Carabinieri si occupava anche del contesto in cui maturato l'agguato ai danni dell'Enea Vincenzo ed annotava come, all'epoca, la vittima intrattenesse stretti rapporti di collaborazione economica con l'imprenditore D'Agostino Benedetto detto Benny', notato frequentemente in compagnia del! 'Enea negli ultimi mesi di vita di quest'ultimo, ed anch'egli ucciso in tempi ravvicinati; circostanza questa evidenziata dagli investigatori per trarre una inscindibile connessione tra i due fatti di sangue, spiegabile sin da allora con le complesse vicende economiche che avevano coinvolto entrambe le vittime (v.rapporto cc Partinico del26 ottobre 1982). All'esito dei primi accertamenti, il relativo rapporto del 26 ottobre 1982 concludeva con l'evidenziare alcune particolari circostanze: -Il clima di intimidazione diffusa attorno alla indagine che ha portato molti testimoni ad assumere un atteggiamento reticente. -La convinzione che il soggetto che avrebbe potuto rendere un contributo decisivo ai fini dell' individuazione dei responsabili dell'omicidio di Enea Vincenzo era da identificare nel figlio della vittima, Enea Pietro, il quale in quegli anni aveva vissuto ogni giorno al fianco del padre convivendo con lui l'esperienza lavorativa e l'hobby della pesca. - La sensazione che il motivo del silenzio dell'Enea Pietro fosse dettato dall'esigenza di proteggere i suoi familiari da eventuali ritorsione nel caso in cui avesse deciso di collaborare con le autorità inquirenti. -il movente dell'omicidio collegato ai rapporti economici intercorrenti tra Enea Vincenzo e D'Agostino Benedetto e agli interessi di costoro configgenti con quelli di imprenditori edili in qualche modo riconducibili al mondo del crimine organizzato. L'attività investigativa condotta dall'autorità giudiziaria del capoluogo siciliano per quasi due anni e consistita nell'audizione di testimoni, nella raccolta di documenti relativi alla attività economica della vittima, nelle 7 '~; '"'
  • 8. perizie autoptiche, approdava ad una pronuncia di non doversi procedere perché ignoti gli autori del reato, emessa in data 5 aprile 1984 dal Giudice istruttore di Palermo. In data 26 luglio l 993 venivano riaperte le indagini per l'omicidio Enea Vincenzo nei confronti di Bruno Francesco nell'ambito procedimento penale n.4538 del 1993 R.G.~.R., alla luce dichiarazioni rese da Mutolo Gaspare, Tuttavia, il procedimento suddetto veniva archiviato, con decreto del Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo in data 29.9.1994, dal momento che la ricostruzione di Mutolo era riscontrata solo nella parte relativa al luogo e al tempo in cui venne perpetrato l'omicidio (di mattina presto davanti allo stabilimento balneare dove Enea Vincenzo lavorava) e, peraltro, senza utili indicazioni sul movente del delitto. Le indagini a carico di Bruno Francesco venivano riaperte con provvedimento del giudice delle indagini preliminari del 14 aprile 2000, in seguito alle dichiarazioni rese dal figlio della vittima, Enea Pietro alla Squadra Mobile di Palermo, come risulta da una informativa della polizia giudiziaria del 22 marzo 2000; ma ancora una volta il procedimento penale approdava alla archiviazione sancita dall'ordinanza del giudice delle indagini preliminari del 4 settembre 2000 per alcune lacune e incongruenze nella ricostruzione della vicenda relative al contributo conoscitivo offerto dal menzionato Enea Pietro. In seguito, il giorno l giugno 20 IO, la Procura della Repubblica di Palermo disponeva l'iscrizione nel registro degli indagati (n.6878/20 lO RGNR) di Bruno Francesco, unitamente al Lo Piccolo Salvatore, per l'omicidio premeditato al danni di Enea Vincenzo, alla luce di una serie di nuove risultanze investigative e detto procedimento sfociava nella richiesta di rinvio a giudizio a carico dell'odierno imputato, il quale, dopo aver conferito procura speciale al suo difensore, ha optato per la prosecuzione del processo nelle forme del rito abbreviato 8
  • 9. La sentenza di primo grado, procede, quindi, con l'esame delle risultanze probatorie, costituite dalle dichiarazioni di tre collaboratori di Giustizia, detinite il perno dell'impianto accusatorio. .Dopo..avere enunciato i criteri di valutazione· cui ..i} giudice.. si atterrà·-- nell'esame di detti propalanti, il primo giudice riassume le dichiarazioni del collaboratore di Giustizia Mutolo Gaspare, che per primo rende dichiarazioni sul delitto in esame. Costui ha riferito al pubblico ministero sull'omicidio di Enea Vincenzo nell'ambito degli interrogatori resi in data 14 luglio 1993 e 7 maggio 2010. Proprio a partire dal l4 luglio del l993, Mutolo Gaspare inizia a fornire agli organi inquirenti specifiche indicazioni in relazione ad omicidi commessi nel territorio del mandamento di Partanna Mandello, di cui allora era capo Riccobono Rosario. Si tratta degli omicidi di Guglielmo Felice, Gallina Stefano, D'Agostino Benedetto ed Enea Vincenzo. Il 7 maggio 2010, Mutolo Gaspare verrà risentito dalla Procura della Repubblica di Palermo, per riferire in ordine allo specifico omicidio ai danni di Enea Vincenzo. Sin dall'interrogatorio del 14 luglio 1993, il menzionato collaboratore di giustizia ha dichiarato di avere appreso i particolari dell'omicidio di Enea Vincenzo prima del suo arresto, avvenuto dopo la strage della Circonvallazione (omicidio Ferlito e altri, perpetrato in data 16 giugno 1982). In quel frangente, il Muto!o ricorda alcune specifiche circostanze utili alla ricostruzione dei fatti. Innanzitutto, il collaborante indica il luogo dove si trovava quando apprende la notizia della preparazione dell'omicidio di Enea Vincenzo, ossia nel villino del boss Riccobono Rosario, in località via Santocanalc di Partanna Mandello. Nel suo primo racconto sull'agguato, Mutolo riferisce che Micalizzi 9
  • 10. Salvatore, braccio destro di Riccobono, disse a quest'ultimo che erano pronti a commettere il suddetto omicidio per il giorno dopo, precisando che la vittima doveva essere sorpresa di mattina presto nei pressi di una azienda o .. fabbrica o altro luogo di lavoro presso cui l'Enea era solito reearsi ogni ·-- mattina. Mutolo ricorda pure che, in quella circostanza, aveva offerto la sua disponibilità a partecipare alla esecuzione dell'omicidio, ma il Riccobono gli riferì che non era necessaria la sua presenza avendo egli incaricato oltre al Micalizzi, il Lo Piccolo Salvatore, tale Simone (anch'egli v1cmo a Riccobono Rosario) c l'odierno imputato Bruno Francesco. Il collaboratore, sempre nel corso dell'interrogatorio del 14 luglio 1993, ha poi evidenziato che il giorno successivo alla predetta riunione, nella tarda mattinata, sempre nella villa di via Santocanale a Partanna-Mondello, il Micalizzi Salvatore gli confermò che avevano eseguito l'omicidio non appena l'Enea si era recato con la propria autovettura nel luogo ove svolgeva la sua attività lavorativa. A distanza di diciassette anni, nell'interrogatorio reso al pubblico ministero in data 7 maggio 20 lO, il Muto!o ha sostanzialmente ribadito in ogm dettaglio la versione dei fatti resa nel 1993 in merito ali'omicidio Enea. Il collaboratore di giustizia ha confermato la sua presenza ad una riunione alla presenza del capo mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale, Saro Riccobono, tenutasi nel giugno del 1982 il giorno prima dell'agguato a Isola delle Femmine ai danni di Enea Vincenzo. Nel rievocare la vicenda il Mutolo ha precisato che, in quel frangente, Micalizzi Salvatore disse a Riccobono che erano pronti a "colpire" e che la vittima era un soggetto che non rispettava le sollecitazioni della famiglia mafiosa locale (".era un guardiano perché non volevano pagare o qualche cosa del genere....",), ricordando che nel "gruppo di fuoco" erano inseriti Micalizzi (su cui non si esprime in termini di certezza), Lo Piccolo IO !"•
  • 11. Salvatore, un certo Simone (lo indica come "brutto, piccolino" e "che aveva una macelleria") e Bruno Francesco. Inoltre, Mutolo ha confermato che, il gwrno dopo l'omicidio, venne a sapere che Micaliz>~i aveva detto a Riccobono che avevano fatto quello ehe dovevano. Esaurita l'esposizione delle dichiarazioni del collaboratore Mutolo la sentenza di primo grado dà conto di quelle rese in ordine all'omicidio m danno dell'Enea da Onorato Francesco L'Onorato riferisce circostanze apprese da Riccobono Rosario, a cui era molto vicino all'epoca dei fatti, ossia sino all'uccisione di quest'ultimo che avviene nel 1983 per mano della fazione corleonese di Cosa Nostra capeggiata da Riina Salvatore con il metodo della "lupara bianca". Onorato, per sua stessa ammissione, anche nell'interrogatorio del 19 novembre 2011, dopo la uccisione di Riccobono Rosario, passa con la fazione corleonese della menzionata associazione criminale, partecipando ad efferati delitti tra cui l'omicidio dell'eurodeputato Lima Salvatore. In virtù di quella originaria vicinanza al Riccobono, l'Onorato ha confessato di avere partecipato ali'omicidio di Gallina Stefano, il cui mandante era stato Io stesso Riccobono Rosario, come ha ricordato anche Mutolo Gaspare nell'interrogatorio al pubblico ministero de114luglio 1993. E sempre Onorato ha parlato anche di altri omicidi orditi dallo stesso Riccobono. Nel riferire delle attività del mandamento allora capeggiato dal Riccobono Rosario, Onorato offre una serie di indicazioni sulla collocazione del Bruno Francesco nella galassia di Cosa Nostra degli anni 1982-1983 e sull'impegno di quest'ultimo soprattutto nella zona di Isola delle Femmine Il collaboratore di giustizia evidenzia la vicinanza stretta del Bruno a Riccobono Rosario, Lo Piccolo Salvatore e Spatola Lino, tutti soggetti coinvolti nella trame ma!iose più sanguinarie dell'epoca, precisando che il "'11 ~
  • 12. Bruno faceva parte della famiglia mafiosa di Isola delle Femmine, a quel tempo ricomprcsa nel mandamento guidato da Riccobono Rosario. Il collaboratore di giustizia dice di avere avuto notizia da Riccobono .. dell'omicidio di .Enea Vincenzo, voluto dalla famiglia di Isola delle--- Femmine. Secondo il racconto di Onorato, l'Enea disturbava affari legati alle attività nel settore dell'edilizia di tale Vassallo Peppino, rappresentante della famiglia di Isola delle Femmine. Onorato precisa che interessati a questi affari del Vassallo erano pure il Riccobono Rosario e il Lo Piccolo Salvatore, aggiungendo che l'omicidio Enea era stato fortemente voluto dagli stessi Riccobono e Lo Piccolo e dal Bruno Francesco. Da ultimo il giudice di primo grado richiama le propalazioni di Naimo Rosario Sentito dal pubblico ministero il 27 luglio 2012, il Naimo Rosario ha confessato di essere stato "af'filiato" sin dal 1965 alla famiglia mafiosa di Tommaso Natale, ricompresa nel medesimo mandamcnto con Isola delle Femmine, Partanna Mondello c San Lorenzo. Naimo ha spiegato che al medesimo mandamento furono aggregate anche Carini e Capaci e che quel mandamento, sino al 1983, era stato comandato da Riccobono Rosario, poi eliminato da una fazione di Cosa Nostra per volontà di Riina Salvatore. Preliminarmente, il collaboratore di giustizia ha riferito in ordine alla personale collocazione nella galassia di Cosa Nostra, precisando il suo ruolo di referente dell'ala corleonese con compiti di coordinamento anche tra le famiglie mafiose italiane e americane ln ordine a tale ultima circostanza, il Naimo ha evidenziato i suot compiti di collegamento tra la tàmiglia americano dei Gambino c il clan corlconesc facente capo a Riina Salvatore, 12 ricordando anche il -~ ~ suo lungo
  • 13. soggiorno oltreoceano per curare gli interessi di Cosa Nostra per controllare il comportamento di alcuni componenti della famiglia Inzerillo che dopo l'uccisione di Inzerillo Salvatore per volere di Riina nel maggio del 1981, erano "fuggiti" negli L'.S.A. al fine di evitare altro spargimento di sangue. Il ~aimo ha poi indicato, per conoscenza diretta, alcuni esponenti delle famiglie mafiose del mandamento che ricomprendeva Isola delle Femmine, Partanna Mandello, Carini, Capaci e San Lorenzo, tra cui i fratelli Troja, Antonino ed Enzo, Lo Piccolo Salvatore, Biondo Salvatore e Biondino Salvatore. Il collaboratore di giustizia poi ricorda di avere conosciuto assieme a1 fratelli Troja, tale Bruno (cognome) e il di lui figlio molto giovane, negli anni 77-78 in occasione di un incontro conviviale a Tommaso Natale, aggiungendo alcuni importanti particolari. Naimo infatti riferisce che: -Il Bruno padre era persona molto considerata nel! 'ambito di Cosa lostra. -Il Bruno padre aveva trascorso periodi di latitanza nella località di Cardillo in compagma di Lo Piccolo Salvatore (glielo aveva confidato proprio quest'ultimo). -Il Bruno padre lo aveva incontrato, ass1eme a Lo Piccolo Salvatore, Spatola Lino e Riccobono Rosario a partire dal luglio del 1981, qualificandolo come persona a diretto contatto con lo stesso Riccobono. Il Naimo ha poi offerto indicazioni relative a quanto di sua conoscenza sul!'omicidio Enea del giugno del 1982. Il collaboratore ha dichiarato di avere appreso dei particolari di quell'omicidio solo nel 1985 in occasione di un incontro a Passo di Rigano in un villino di campagna di Michelangelo La Barbera, alla presenza di Riina Salvatore, Gambino Giacomo Giuseppe, Buscemi Giovarmi, Mannino Antonio, oltre ad altri ragazzi di cui non ricorda il nome (erano in tutto dodici). 13
  • 14. In tale frangente, secondo il racconto del Naimo, Riina aveva !atto riferimento all'omicidio dell'imprenditore di Isola delle Femmine del 1982 (Enea Vincenzo) per essere pungente nei confronti di Lo Piccolo e Bruno .. che insieme a Riccobono Rosario (poi ucciso dai corleone,;i) avevano agito ·-- senza avvertire il vertice della organizzazione per l'iniziativa criminale che stavano intraprendendo violando le regole dell'ordinamento mafioso; circostanza che, a detta del Riina, si era verificata in diverse occasioni. Inoltre, il Naimo ha aggiunto altri particolari appresi nel 1989 durante un periodo di latitanza a Capaci dagli esponenti della famiglia Troja, tra cui Troja Antonino. In particolare quest'ultimo ribadì a Naimo la risalente vicinanza tra Lo Piccolo Salvatore e il Bruno, dai tempi in cui erano stretti collaboratori di Riccobono Rosario e aggiunse che lo stesso Troja, il Lo Piccolo, il Bruno e forse Scalici Salvatore, per ordine di Riccobono, avevano dovuto uccidere l'Enea per "motivi di costruzioni, di terreno, di soldi ". Alle pagg. 41 e segg. l giudici di primo grado riportano le dichiarazioni rese, il 9 maggio del 2000, da Enea Pietro, il quale, superando il timore di ritorsioni da parte dell'organizzazione mafiosa in danno suo e dci suoi familiari, riferisce alla Questura di Palermo le seguenti circostanze: -Verso le 6.30 del giorno dell'omicidio, Enea Pietro si era recato a pescare nel mare di Isola delle Femmine, con Cardinale Antonino c Taormina Giuseppe. -Nel fare rientro alla propria abitazione poco prima della ore 7.30, Enea Pietro aveva notato in via Palermo a Isola delle Femmine, nei pressi dell'ingresso del "Villaggio bungalow" di Enea Vincenzo, una Fiat 124 beige con a bordo tre persone, riconoscendo, "senza ombra di dubbio' solo il Bruno Francesco che Io aveva salutato, circostanza che lo colpi particolarmente perchè sapeva che il Bruno all'epoca era latitante in quanto ritenuto responsabile dell'omicidio di tale Gallina di Carini. 14 ~
  • 15. -Poi intorno alle 7.30, dopo essersi trattenuto qualche minuto a casa del Taormina per la colazione, Enea Pietro passando davanti alla abitazione della propria famiglia in via Roma (n.77) si accorgeva della assenza della autovettura del di lui padre Vinctmzo e quindi si recava ai bungalows di proprietà della famiglia Enea siti in via Palermo, constatando che proprio il padre era stato ucciso con colpi di arma da fuoco. - Sentito dai carabinieri nell'immediatezza del fatto, Enea aveva assunto un comportamento reticente per timore di ritorsioni, in considerazione della circostanza che Bruno Francesco era latitante. - Dopo circa dieci giorni dall'omicidio, Enea Pietro parlava con i fratelli Lo Cicero di San Lorenzo che si erano prestati ad aiutarlo per far luce sulla vicenda, precisando che, durante la conversazione, a poca distanza si trovava un tale Aiello, zio di Bruno Francesco. - Dopo una settimana circa dalla menzionata conversazione tra Enea Pietro e i fratelli Lo Cicero, questi ultimi scomparivano. - Sul movente del! 'omicidio, Enea Pietro fa riferimento alle attività economico-imprenditoriali del padre tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta, evidenziando che per questò motivo era stato avvicinato dal Bruno Francesco che si era proposto di diventare socio occulto della sua impresa edile in quanto aveva soldi da investire, ma Enea Vincenzo aveva rifiutato l'offerta. -Tra i motivi di attrito tra Enea Vincenzo e Bruno Francesco all'epoca dei fatti, l'Enea Pietro ne segnala uno ulteriore collegato alle attività di una società, la B.B.P., costituita da Bruno Giuseppe, Bruno Pietro (costoro parenti di Bruno Francesco) e Pomerio Giuseppe. - Detta società era proprietaria di un grosso edificio denominato "Cosa Corsara" proprio in un terreno limitrofo a delle palazzine costruite dalla ditta di Enea Vincenzo. - Nacquero degli attriti tra le parti perché 15 l'edificio Costa Corsara .~ PJ era
  • 16. andato fuori cubatura, appropriandosi indebitamente di un appezzamento di terreno di circa 300 mq; - Detto appezzamento di terreno làceva parte delle proprietà di Lucido, Cataldo e Cardinale con i quali Enea Vincenzo si era impegnato in una permuta, nel senso cbe a palazzine finite avrebbe dato tre appartamenti ciascuno ad ognuno di loro; tuttavia era sorta una complicazione quando l'Enea Vincenzo scopri, a prima palazzina definita, che da detto terreno la società B.B.P. aveva sottratto circa 300 mq venendo a creare un problema di frazionamento nei terreni appartenenti ai signori Cataldo, Cardinale c Lucido. - Ciò non aveva consentito la vendita degli appartamenti già definiti, convincendo Cataldo e Lucido a non cedere più il terreno e determinando, cosi, il fallimento dell'Enea Vincenzo; - Nel corso della lite per il frazionamento, che aveva coinvolto Enea Vincenzo e 1 titolari della B.B.P., lo stesso Enea Vincenzo subì il primo incendio di un bungalow, il pestaggio del cane da guardia, il danneggiamento del materiale edile, nonché l'incendio di un magazzino; cd è proprio in questo periodo che Bruno Francesco propone ad Enea Vincenzo di costituire assieme a lui una società operante nel settore edile. - A causa di quelle liti l'Enea strinse amicizia con i fratelli D'Agostino di Partanna Mondello, in particolare con Benedetto D'Agostino, il quale a sua volta tentò una mediazione tra l'Enea e la B.B.P. attraverso Riccobono Rosario; mediazione che non andò a buon fine, anche perchè il D'Agostino Benedetto prima subì dei danneggiamenti ai suoi beni e poi venne ucciso. - Dopo la morte di D'Agostino Benedetto, l'Enea Vincenzo venne chiamato dai fratelli della vittima per fornire chiarimenti c al suo ritorno si disse preoccupato perché nei pressi del luogo della riunione aveva visto Pomerio Giuseppe, socio nella B.B.P., e in effetti qualche giorno più tardi Enea Vincenzo sarà ucciso. 16
  • 17. - Enea Pietro, dopo la ucclslone del padre, assume informazioni riservate nel bar del paese sulla famiglia Bruno e su Pomerio Giuseppe, e proprio in quei giorni la sorella e la madre dell'Enea Pietro, Maria Teresa Enea e Cataldo Giuseppa, ricevono presso la loro abitazione (eoabitano) una telefonata contenente una minaccia esplicita: "....signora ci dica a suo figlio Pietro che la finisca di scavare altrimenti gli facciamo fare la stessa fine di suo padre". -Dopo circa sei mesi Enea Pietro si era allontanato da Isola delle Femmine per timore di ritorsioni per la sua attività di ricerca degli assassini di suo padre. La sentenza di primo grado, come si è detto, fa anche ampio riferimento alle dichiarazioni rese al Pubblico Ministero in data 8 febbraio 20 Il da Enea Rosalia sorella di Enea Pietro. La predetta ha ricordato come, a qualche mese dalla morte del di lei padre Enea Vincenzo, la sorella Maria Teresa ricevette una telefonata intimidatoria, nel corso della quale si invitava il fratello Pietro a sospendere le ricerche dei responsabili del delitto; motivo per cui la stessa Maria Teresa decise di lasciare la Sicilia per trasferirsi negli U.S.A., dove poco dopo veniva raggiunta dallo stesso Enea Pietro. Enea Rosalia, all'epoca dei fatti tredicenne, solo qualche anno più tardi venne a sapere dal fratello Pietro che tra i responsabili del! 'omicidio del padre c'era sicuramente Bruno Francesco e che il motivo del delitto era da ricercare nel rifiuto del padre di costituire una società edile con lo stesso Bruno Francesco. Circostanze simili vengono rievocate anche da Enea Maria Teresa, figlia della vittima la quale, sentita a sommarie informazioni testimoniali dal pubblico ministero in data 8 febbraio 2011, ha riferito della telefonata intimidatoria che ricevette qualche mese dopo l'omicidio del padre Enea Vincenzo da parte di un soggetto ignoto che con tono brusco le chiedeva 17 ~.
  • 18. della madre. In quel contatto telefonico l'interlocutore ignoto, secondo il racconto di Enea Maria Teresa, fece seriamente temere il peggio alla di lei madre Cataldo Giuseppa dicendo che se il figlio Enea Pietro avesse continuato a fare domande sui responsabili del!'omicidio di Enea Vincenzo avrebbe fatto la fine del padre; tant'è che a seguito di quel! 'episodio la stessa Enea Maria Teresa decise di abbandonare l'Italia per recarsi negli U.S.A.. Anche Enea Maria Teresa ha ricordato che, qualche anno dopo, il fratello Pietro le disse che una delle tre persone che vide all'interno dell'autovettura Fiat 124 era il Bruno Francesco, confermando la circostanza secondo cui il movente del! 'omicidio era da ricercare nel rifiuto della vittima di costituire una società operante nel settore edile con il Bruno Francesco. Enea Maria Teresa, oltre a rievocare una serie di atti intimidatori (danneggiamenti, incendio dei bungalows) e furti nel cantiere della vittima nelle settimane precedenti all'omicidio, ha anche aggiunto che il padre, poco prima, era rimasto intimorito dalla frequente presenza di Bruno Francesco nei pressi dell'abitazione degli Enea. Cataldo Giuseppa è stata sentita a sommane informazioni testimoniali dalla polizia giudiziaria in data IO ottobre 20 lO. Costei, moglie della vittima, ha ricordato la telefonata minatoria da parte di un soggetto ignoto qualche mese dopo l'omicidio del marito, che invitava il figlio Pietro a non continuare le sue indagini sui responsabili dell'assassinio del padre perché altrimenti avrebbe fatto la sua stessa fine. La Cataldo Giuseppa ha pure ricordato, negli stessi termini del figlio Enea Pietro, i dissidi conseguenti al contenzioso tra il marito Enea Vincenzo e la società BBP per lo sconfinamento del complesso alberghiero Costa Corsara nei terreni di Lucido, Cataldo e Cardinale ; i danneggiamenti subiti presso il cantiere e i bungalows di Enea Vincenzo poco prima dell'omicidio. Quanto al movente dell'omicidio indicato da Enea Pietro, riconducibile 18
  • 19. anche al contrasto tra l'impresa di Enea Vincenzo e la società BBP per lo sconfinamento del complesso alberghiero "Costa Corsara", importanti elementi di conferma alle dichiarazioni del primo si evincono, ad avviso del .. primo giudice, dalla deposizione del fratello Enea Riceardo, che ha reso ·-- spontanee dichiarazioni alla polizia giudiziaria in data 26 febbraio 201 O. Enea Riccardo, dopo avere ricordato le attività del padre nel settore della edilizia, ha infatti confermato il dato secondo cui la ditta "Enea Vincenzo" aveva subito atti intimidatori in epoca precedente alla consumazione dell'omicidio. Anche Enea Riccardo, come il fratello Pietro, indica come ragiOne dell'omicidio del padre gli sviluppi del contrasto tra Enea Vincenzo e la società B.B.P. titolare del rcsidence "Costa Corsara". Secondo il racconto di Enea Riccardo, i costruttori Bruno Pietro, Bruno Giovanni e Pomicro Giuseppe, al fine di portare a compimento la costruzione del predetto residcncc, si erano impossessati senza alcuna autorizzazione preventiva da parte dei proprietari di un pezzo del terreno limitrofo (Cardinale, Lucido, Cataldo) c del perrnutario (Enea Vincenzo). Quella occupazione illecita era stata effettuata, in base a quanto riferito da Enea Riccardo e dai suoi familiari, a seguito di numerosi atti intimidatori posti in essere da persone riconducibili ai soci della B.B.P., mai denunciati dall'Enea Vincenzo che a sua volta era stato minacciato di morte. Nell'ambito di queste minacce Enea Riccardo ricorda: aggressioni fisiche contro il di lui padre fatte da Bruno Giovanni e Pomiero Giuseppe; l'incendio del camping bungalows; atti vandalici nei cantieri. Per fare pressione su Enea Vincenzo, sulla base di quanto riferito da Enea Riccardo, ad un certo punto interviene Bruno Francesco, all'epoca noto a Isola delle Femmine per la sua appartenenza al "clan" di Riccobono Rosario di Pallavicino, il quale in un primo momento propone ali'Enea di costituire assieme una società per svolgere attività nel settore della edilizia, ricevendo 19
  • 20. in risposta un netto rifiuto. Enea Riccardo ha riferito elementi di riscontro alle dichiarazioni di Enea Pietro anche sul punto relativo alla genesi c allo sviluppo dei rapporti tra Enea Vincenzo c i fratelli Di Benedetto, in particolare Agostino e Vincenzo,·· entrambi uccisi da "mano mafiosa" e il primo, Benedetto, vittima di una esecuzione a cui aveva concorso anche il Bruno Francesco come risulta dalle sentenze della Corte di assise di Palermo e della Corte di assise di appello di Palermo in atti. Enea Riccardo ribadisce, infatti, che i D'Agostino, Vincenzo c Benedetto, si prestarono ad una mediazione tra Enea Vincenzo e Bruno Francesco, all'epoca latitante, per risolvere la situazione relativa allo "sconfinamento" del complesso alberghiero "Costa Corsara" sui terreni dei Cardinale, che aveva determinato l'interruzione dell'esecuzione di una permuta in cui il pcrmutario era lo stesso Enea Vincenzo. & 2 Motivi della decisione adottata dai giudici di prime cure La sentenza culmina infine nella valutazione sinergica di tutte le anzidette emergenze (pagg. 52 c sgg.) cd, all'esito della loro considerazione congiunta, giunge all'affermazione della colpevolezza dell'imputato per il reato in epigrafe specificato. Il Giudice di prime cure ha ritenuto, in particolare che le dichiarazioni dci collaboratori di Giustizia, fossero sicuramente attendibili, sia sotto il profilo intrinseco, perché provenienti da elementi di primo piano deIl'associazione mafiosa, che sotto quello estrinseco, essendo assistite da numerosi riscontri, seppur non individualizzanti. ll G.I.P. ha, tuttavia, annotato che tutte c tre le propalazioni dei collaboratori di Giustizia rivestivano le caratteristiche di dichiarazioni "de relato", con il conseguente rischio di circolarità della prova. 20 ~
  • 21. Dopo avere, quindi esposto le regole enncneutiche che governano siflàtto tipo di chiamata, in questo caso in reità, cui si sarebbe attenuto è giunto alla conclusione che le predette propalazioni raggmngessero quella .. "convergenza del molteplice" riconducibile sotto l'egida dell'art. 192 ·-- comma 3 c.p.p. !n particolare il giudice di pnme cure ritiene che SI sia realizzata la "convergenza del molteplice" delle tre dichiarazioni in ordine alle seguenti circostanze: - Organizzazione ed esccuzwnc dcll'omicidio di Enea Vincenzo riconducibile al gruppo di vertice de! mandamento mafioso capeggiato da Riccobono Rosario. - Partecipazione alla fase esecutiva dell'omicidio di Bruno Francesco e Lo Piccolo Salvatore, unitamente ad altri soggetti, secondo un modulo operativo consueto nelle attività criminali del clan làcentc capo a Riccobono Rosario all'inizio degli anni ottanta (sino alla scomparsa di quest'ultimo per mano dei corleonesi di Riina Salvatore). - Movente della azione omicidiaria ai danni di Enea Vincenzo collegato agli interessi economici degli "uomini d'onore" del mandamento mafioso tàcentc capo a Riccobono Rosario, in particolare quest'ultimo, Bruno Francesco e Lo Piccolo Salvatore, ossia a quegli stessi interessi che avevano portato alla eliminazione di D'Agostino Benedetto. Ad avviso del G.l.P., il convergente contributo dei tre collaboratori citati, sarebbe poi, pienamente in sintonia con importanti particolari colti dalla polizia giudiziaria sin dal rapporto dei 26 ottobre 1982 di cui si detto che riguardano: - ll clima di intimidazione diffusa attorno alla indagine che ha portato molti testimoni ad assumere un atteggiamento reticente, sintomatico di un "attivismo mafioso" in grado di inquinare le fonti prova con l'intimidazione foriera di omertà. 21
  • 22. - Il movente dell'omicidio collegato ai rapporti economici intercorrenti tra Enea Vincenzo e D'Agostino Benedetto e agli interessi di costoro conlliggenti con quelli di imprenditori edili in qualche modo riconducibili al mondo .dct..crim.ine organizzatO;··· - La convinzione che il soggetto che avrebbe potuto rendere un contributo decisivo ai fini dell'individuazionc dci responsabili dell'omicidio di Enea Vincenzo era da identificare nel figlio della vittima, Enea Pietro, il quale in quegli anni aveva vissuto ogni giorno al fianco del padre convivendo con lui l'esperienza lavorativa c l'hobby della pesca. - La sensazione che il motivo del silenzio deli'Enea Pietro fosse dettato dall'esigenza di proteggere i suoi familiari da eventuali ritorsione nel caso in cui avesse deciso di collaborare con le autorità inquircnti, secondo una massima di esperienza collaudata dell'agire mafioso che in questo modo organizza in modo sistematico la cancellazione delle tracce. dei misfatti. Il G.I.P. ha altresì ritenuto che le dichiarazioni dei collaboratori di Giustizia si integrassero pienamente con quelle rese da Enea Pietro, osservando in particolare come i diversi racconti, provenienti da angoli prospettici diversi, si saldassero c si completassero armonicamente. Le propalazioni deli 'Enea Pietro, poi, avrebbero ricevuto ulteriore conforto attraverso quelle dci propri familiari. Tutti questi elementi, valutati singolarmente e nel loro complesso, sarebbero idonei all'affermazione di penale responsabilità del Bruno al di là di ogni ragionevole dubbio. Quanto, infine alle aggravanti ha osservato il pnmo giudice che quella della premeditazione è chiaramente desumibile dallo stesse modalità e circostanze del fatto. L'obiettiva esistenza di un provvedimento cautelare a carico dell'imputato al momento della commissione del fatto renderebbe evidente la sussistenza dcii'altra aggravante contestata. 22 ~
  • 23. Avverso la suddetta sentenza ha proposto rituale impugnazione l'imputato. Il giudizio di appello, svoltosi nell'assenza dell'imputato, detenuto per altra causa, si articolava, dopo la prima udienza dedicata alla relazione dci .. fatti di ..causa, ·in... svariate· ·udienze, in cui ·le.. parti formulavano··-- progressivamente le loro conclusioni. Completata la discussione all'odierna udienza, in cui le parti rinunziavano alle repliche, all'esito della camera di consiglio, si dava lettura del dispositivo allegato. $.3. I motivi di impugnazione Ad avv1so della Difesa, la sentenza impugnata merita censura perché frutto di pregiudizio accusatorio, reso manifesto dalla motivazione adottata, e sarebbe improntala al tentativo di fornire un quadro probatorio univoco e coerente in antitesi con le emergenze processuali. In particolare si osserva, quanto alle propalazioni dei collaboranti, che: a) il dictum di ciascuno di essi, a prescindere dal carattere di chiamata indiretta, apparirebbe generico e inconsistente; b) le dichiarazioni in questione, non coinciderebbero nelle parti essenziali c, pertanto, sarebbero prive del c.d. requisito della convergenza del molteplice; c) le cennate propalazioni mancherebbero, inoltre, degli indispensabili riscontri individualizzanti e per nulla si salderebbero con le accuse lanciate dai familiari della vittima (primo tra tutti, Enea Pietro), che apparirebbero assai sospette e di pretta marca congetturale (oltreché de relato e autoreferenziali nelle parti essenziali); d) nessun elemento accrediterebbe, infine, una causale omicidiaria riconducibile al Bruno e/o della B.B.P. I motivi di impugnazione, tàtta questa premessa, si soffermano SUI pnncipi giurisprudenziali che governano plurime dichiarazioni de relato, dci quali il primo giudice non avrebbe fatto buon governo nell'applicarli al caso in esame. 23 cl1,'
  • 24. Al riguardo, si richiama la recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione a sezioni unite (sent. 29.11.2012 n. 20804), che si sono soffermate sui requisiti che devono connotare siffatte propalazioni perché possano assurgere al rango di prova idonea a giustificare un'a!Iermazione di responsabilità. Vengono in particolare richiamati detti requisiti, così riassunti: a) convergenza delle chiamate in ordine al fatto materiale oggetto della narrazione; b) indipendenza - intesa come mancanza di pregresse intese fraudolente - da suggestioni o condizionamenti inquinanti; c) specificità, nel senso che la c.d. convergenza del molteplice deve essere sufficientemente individualizzante e riguardare sia il fatto nella sua oggettività che la riferibilità soggettiva dello stesso alla persona dell'incolpato, fermo restando che deve privilegiarsi l'aspetto sostanziale della concordanza delle plurime dichiarazioni sul nucleo centrale e più significativo della questione fattuale da decidere; d) autonomia "genetica", vale a dire derivazione non ex unica fonte, onde evitare il rischio della circolarità della notizia, che vanificherebbe la valenza dell'elemento di riscontro esterno e svuoterebbe di significato lo stesso concetto di convergenza del molteplice". Con riguardo, invece, alle testimonianze rese dai familiari della vittima, persone offese dal reato, il primo Decidente, errando, le avrebbe accreditato tout court dando, pregiudizialmente credito alla tesi secondo la quale, le postume rivelazioni dei predetti sarebbero frutto di paura ingenerata dalla mafia, impegnata in un'opera di depistaggio. Vengono, a questo punto, esaminate, in particolare, le dichiarazioni rese da Mutolo Gaspare il 14 luglio 1993, rese con riferimento anche ad altri omicidi diversi da quello che ci occupa. In particolare, si osserva che costui, riferendo dell'omicidio Guglielmo, afferma che Riccobono Rosario, capomafia indiscusso nel territorio in cui fu consumato il delitto, dovendo perpetrare quell'omicidio nella borgata di Partanna Mandello, si sarebbe rivolto a La Barbera Michelangelo e Inzerillo Salvatore "in quanto non conosciuti nella zona". In altri termini, il Riccobono, nel selezionare i soggetti da impiegare nei 24
  • 25. crimini di sangue, aveva cura di designare persone non note nella zona destinata ali'esecuzione, all'evidente fine di garantire al più alto livello possibile l'impunità a se stesso e agli autori del delitto da commettere. Orbene, di detta massima d'esperienza, tale perché basata sull'id quod ple1unique accidit, si sarebbe dovuto tener conto nel giudicare il Bruno, soggetto nativo di Isola delle Femmine, vicino di casa e persona conosciuta dalla vittima, dai familiari di quest'ultimo. Quanto, invece, al racconto del Mutolo in ordine al delitto in esame, si sostiene da parte della difesa che esso sarebbe assolutamente generico, oltre che "de relato". In particolare le dichiarazioni sarebbero del tutto generiche per quanto riguarda la fase programmatica del delitto e i soggetti asseritamente chiamati a commetterlo. Neppure un cenno, invece, sarebbe fatto agli effettivi partecipi all'omicidio; lo stesso sarebbe a dirsi con riferimento alla causale, in alcun modo prospettata dali'accusatore. Prive di valore probante, sarebbero, infine, le indicazioni afferenti ai luoghi e ai tempi, trattandosi di circostanze conosciute da un numero parecchio elevato di persone. Ancora, si sottolinea la circostanza che le dichiarazioni del collaborante citato in ordine all'omicidio dell'Enea sono pressoché totalmente sovrapponibili a quanto narrato dal medesimo in ordine all'omicidio in pregiudizio di D'Agostino Benedetto, consumato qualche mese prima.. In altre parole, ci si troverebbe di fronte ad un clichè dichiarativo, adattato caso per caso. Sempre con riferimento al collaboratore di Giustizia in esame si richiamano anche le successive dichiarazioni dallo stesso rese, che ad avviso delle difesa sarebbero affette dallo stesso vizio di genericità e talora anche contraddittorie rispetto al dicturn precedente. Passando all'esame delle propalazioni del collaborante Onorato Francesco in data 19/1/2011, queste vengono definite di nessuna utilità. 25
  • 26. Viene rilevato, in primo luogo, un'incertezza nei ricordi (pag. 29: "...se non ricordo male.. era un omicidio voluto sempre dal.. .dalla famiglia, era un certo Vassallo il rappresentante della famiglia di Isola") che diverrebbe certezza in ordine ai soggetti che avrebbero voluto il delitto: 'Enea è un omicidio voluto dalla famiglia di isola e in particolare da Bruno e Vassallo", quanto alla causale del delitto l'Onorato avrebbe fatto riferimento ad attività edilizie che avrebbero disturbato le cosche mafiose ed in particolare Vassallo. Conclude, sul punto la Difesa con un giudizio di assoluta inattendibilità del racconto, proveniente dalla stessa fonte (Riccobono Rosario), che sarebbe privo di riferimenti a fatti e circostanze connessi alta pretesa causale dedotta, non conterrebbe una sola indicazione in ordine alle modalità dell'omicidio, nonché ulteriormente connotato da genericità allorquando cita le pretese fonti di conoscenza del fatto, senza specificare mai le occasioni in cui avrebbe ricevuto le pretese "confidenze", essendosi egli limitato a dire che in cosa nostra si sapeva di tutti gli omicidi commessi anche in altri territori. provengono dalla stessa fonte Riccobono, richiamata dai due collaboranti menzionati: un vero e proprio caso di scuola in ordine alla circolarità della prova. Per quanto riguarda il collaborante Naimo Rosario, si sostiene da parte della Difesa che, al più, potrebbe dirsi soltanto che costui fa cenno a fatti e soggetti che non possono in alcun modo portare ali 'identificazione di Bruno Francesco quale esecutore materiale del delitto; anzi, più correttamente dovrebbe dirsi - anche a voler accreditare il dictum del pentito in questione come attendibile- che egli parli di una persona diversa, giacché avrebbe dichiarato di averlo conosciuto insieme ad un giovane figlio, che l'imputato non ha mai concepito, indicando, quanto alla persona dell'imputato, un periodo di trascorsa latitanza diverso da quello effettivo. Analoghe censure vengono rivolte nei confronti delle dichiarazioni rese dal collaboratore Naimo. A questo punto la Difesa affronta il tema delle dichiarazioni rese da Enea Pietro, figlio della vittima, richiamando, in primo luogo, il rapporto dei CC. del 26.10.1982, nonché quanto dichiarato da Enea Pietro, a quel tempo, circa l'assassinio del padre: 26 f,-J ,
  • 27. sentito dai CC. alle ore 9.45 dello stesso 8 giugno, Enea Pietro riferiva che il proprio genitore, dopo il fallimento, eseguiva saltuari lavori come muratore e, nel tempo libero, si dedicava alla pesca. Raccontava, poi, dei propri movimenti di quel giorno e concludeva ass11mendo di non essere in grado di fornire elementi utili o di spiegare i motivi dell'uccisione del proprio padre. Dopo qualche ora (esattamente alle 12.00), lo stesso Enea Pietro chiedeva la riapertura del verbale delle dichiarazioni rese, facendo presente che al momento del suo primo accesso ai bungalows (quando stava per accompagnare tale Taormina) aveva avuto modo di notare la presenza di una Fiat 124 di colore bianco, e che, tornato sul posto, aveva constatato che l'auto si era allontanata. Immediatamente dopo aveva rinvenuto il corpo del padre che giaceva cadavere. Altre precisazioni riguardavano le cause del fallimento, discendente dalla mancata stipula del fatto di compravendita del terreno su, cui insistevano gli appartamenti realizzati dal genitore (circa 30), che, di conseguenza, non era stato possibile 'trasferire ai promittenti acquirenti. Vengono altresì, richiamate le dichiarazioni orali rese dall'Enea e, soprattutto, il suo rifiuto di inserirlo in verbale. Segnatamente, evidenzia la Difesa, che il Bruno aveva riferito oralmente: a) la presenza dell'autovettura Fiat 124 l'aveva insospettito, tanto che. aveva rivolto il suo sguardo verso gli occupanti "che dovevano essere quattro". Costoro, nell'occasione, l'avevano guardato con circospezione e uno dei predetti aveva fatto un gesto con un braccio come per additano agli altri; b) uno dei soggetti che occupavano l'autovettura gli era apparso stempiato", dal viso asciutto e di età compresa tra i 30 e i 35 anni; detto giovane era da identificare nella persona che due settimane prima presso il bar della Plaia, si era intrattenuto a parlare con un amico dello stesso Enea, esattamente tale Cardinale Antonino. All'esito delle superiori dichiarazioni dell'Enea, i CC. effettuavano precise indagini e, in particolare, assumevano a verbale il detto Cardinale, il quale non aveva esitazioni nel dire che, mentre si trovava in compagnia di Enea Pietro presso il detto 27
  • 28. bar, aveva incontrato tale Fanara Giuseppe, il quale, a sua volta, si era fermato con altro giovane. Dopo qualche giorno, Enea Pietro "faceva sapere" a quell'Organo di P.G. di avere --a·vuto occa•ione di incontrare il giovane (n.dx.; evidentemente il Fanara) e di potere 'benissimo" escludere che si trattasse di uno dci soggetti occupanti la Fiat 124 bianca. In sintesi, ad avviso. della Difesa, una vera e propria "ritrattazione" delle accuse mosse dal figlio della vittima contro il detto Fanara, constatata c stigmatizzata dai Carabinieri, in seno al menzionato rapporto di denuncia, nei seguenti termini: "Sicuramente Pietro ha riconosciuto qualcuno a bordo della Fiat I24 bianca, ma ora ha paura di parlare. A caldo, anche se rifiutò di verbalizzare quanto dichiarato, diede una chiara c completa descrizione di uno degli individui che prendevano posto sull'auto in quella tragica mattina do giugno, c sicuramente coinvolti nella tragica fine del padre". Sennonché, successivamente, l'Enea ritrattava tutto, dichiarava che si era sbagliato, che il giovane descritto in precedenza sulla aveva a che fare con quello identificato da quest'Arma. Dunque, le conclusioni cui sarebbe pervenuto, in proposito, il pnmo giudice sarebbero errate in ordine alla paura generata nel teste Enea dall'asserita presenza di Bruno Francesco all'interno dell'autoveicolo descritto, come destituita di fondamento risulterebbe la lettura del rapporto dei Carabinieri operata dal Decidente di prime cure. In particolare, le osservazioni dei Carabinieri sull'ambiente e l'omertà dominante nel territorio in cui era stato consumato il delitto non riguarderebbero in alcun modo la persona di Bruno Francesco, bensì altro soggetto c, cioè, quel Fanara chiamato in causa dallo stesso Enea mediante riferimenti specifici a circostanze di inequivocabilc significato, quali: l'avvenuta conoscenza di quest'ultimo; le circostanze in cui essa aveva avuto luogo; la presenza del medesimo (Fanara) all'interno della vettura in sosta al momento dell'accesso dell' Enea presso 1 bungalows. Osserva, ancora la difesa che Bruno Francesco irrompe nel panorama dichiarativo 28
  • 29. dell'Enea soltanto negli anni 2000, data che segna l'inizio di una serie di esposti che lo avrebbero portato a individuare l'odierno imputato tra i soggetti che sostavano dentro il veicolo presente nella zona del crimine. Dichiarazioni ad avviso della Difesa _ _udi..carauerc con.getturale..e/o.assiornati.co e/o autoreferenziale; oltre·che·contraddittorie con riferimento al collorc dell'autovettura all'interno della quale avrebbe visto il Bruno, questa volta detìnita come di colore "beige". Ma le dichiarazioni dell'Enea sarebbero sicuramente inattendibili, perché provenienti da soggetto affetto da delirio chiaramente desumibile dalle dichiarazioni rese telefonicamente alla Squadra Mobile di Palermo, in data 7.7.2000 nel corso della quale dichiarava di essere in grado di fare interrompere la guerra in Israele, materialmente voluta dal Papa, dichiarandosi disponibile ad incontrarlo per convincerlo alla pace. Estremamente sospetta, ad avviso della Difesa, sarebbe, poi, la spiegazione dell'Enea in ordine al fatto che aveva accusato il Bruno solo nel 2000, affermando contraddittoriamente, da una parte che non lo aveva accusato perché la sicurezza l'aveva acquisito col tempo, c dall'altra perché aveva avuto paura di accusarlo, stante la caratura mafiosa del personaggio. Esaurita l'analisi delle dichiarazioni di Enea Pietro, la Difesa si occupa delle dichiarazioni rese dai suoi tàmiliari c, scgnatamentc, da Enea Rosalia (s.i.t. i data 8.2.2011), Enea Maria Teresa (s.i.t. in data 8.2.2011) ed Enea Riccardo, annotando che, in realtà tutti deriverebbero le loro conoscenze da Enea Pietro. Quanto ad Enea Rosalia, in particolare, si evidenzia che costei, trcdiccnne all'epoca dci fatti, afferma, che al momento dell'assassinio del padre, in famiglia ci si interrogava su chi potesse essere l'autore del delitto. Indi, ad avviso della difesa, ci sarebbe stato il tentativo di accreditare la versione del fratello Pietro il quale, in un certo momento, aveva riferito di qualcuno che gli sembrava conoscente. Anche con riferimento alla causale le dichiarazioni sarebbero vaghe e contraddittorie c la scelta di emigrare fatta soltanto da tre dci familiari del nucleo di Enea Vincenzo, 29 ~..
  • 30. negli Stati Uniti, non sarebbe stata dettata da paura; al contrario, risulterebbe dovuta ad occasionali inviti di un parente prossimo, per un tempo limitato, poi trasformatosi in permanenza definitiva. Quanto, infine, all'andirivieni di Pietro dal continente amerieano, non pare potersi dubitare che ciò non sarebbe avvenuto ave egli avesse nutrito timori per la propria vita o per quella dei familiari. Con riguardo alle dichiarazioni di Enea Maria Teresa (8.2.2011) la Difesa evidenzia come la rivelazione del nome del Bruno quale killer del padre sarebbe avvenuta negli Stati Uniti, in un tempo e in circostanze in alcun modo precisate e neppure in termini di certezza Circa le ragioni del trasferimento negli Stati Vniti, la teste riferisce del suo stato d'animo e delle precarie condizioni di salute in cui versava, che arrecavano grave preoccupazione alla madre, escludendo, quindi che si trattasse di una scelta dettata da paura. Precisa, in particolare, di avere accolto l'invito rivoltogli dallo zio di recarsi in quel continente per una vacanza (poi trasformatasi in scelta definitiva); afferma che Pietro era rimasto nel luogo di residenza perché il più grande della famiglia e perché poteva mantenerla. Per quanto concerne, mvece, la causale, la teste sarebbe stata estremamente vaga affermando genericamente che quello che aveva capito era "che qualcuno voleva che faceva insieme una società". Le dichiarazioni di Enea Riccardo, poi, sarebbero frutto di ricostruzioni personali che prescindono da qualsiasi fonte di riferimento, salvo il cenno a pretesi riscontri cartacei attraverso i quali l'Enea Riccardo sarebbe pervenuto alle cennate conclusioni. A proposito delle dichiarazioni rese da Enea Riccardo, la Difesa sostiene che non vi sarebbe alcun collegamento tra il delitto in questione e l'omicidio in esame, ove si tenga nel debito conto che l'asserito movente dell'uccisione del D'Agostino, era legato alla realizzazione di lavori edili nella villa di altro mafioso, tale Spatola Bartolomeo. 30
  • 31. Segnatamente, il D'Agostino non aveva eseguito i lavori a regola d'arte, pretendendo e ottenendo il pagamento del compenso pattuito: questi fatti "avevano con certezza decretato la sua morte". Da ultimo i motivi di gravame si occupano del movente del delitto, che vume definito un movente inesistente oltre che palesemente illogico. L'esistenza di un tale movente omicidiario, infatti, oltre ad essere priva di riscontri oggettivi, si porrebbe in aperto contrasto sia con la ricostruzione temporale della vicenda, sia con quanto riferito, fin dall'immediatezza del fatto criminoso, da coloro che - a vario titolo - ebbero modo di descrivere le vicissitudini connesse al frazionamento del terreno degli eredi Cardinale. In particolare il primo giudice non avrebbe tenuto m alcun conto il fatto che L'IMMOBILIARE B.B.P. di Bruno Pietro, Bruno Giovanni e Pomiero Giuseppe, ha cessato, invero, ogni attività in data 24.1.1979, mentre la redazione del progetto e il rilascio della concessione per la realizzazione, da parte di Enea Pietro, delle costruzioni su proprietà indivisa del terreno degli eredi Cardinale, risalgono all'anno 1978 (concessione n. 89 del giorno 1.2.1978) e dunque a data di gran lunga successiva alla realizzazione del residence "Costa Corsara" , dovendosi tener conto, alla stregua delle emergenze processuali che allorquando Enea Pietro, nel l 978, decise di costruire sul terreno dei Cardinale, l'appezzamento era precisamente delimitato nella sua effettiva consistenza da muri di confine ivi collocati da tempo Immemore. Detti confini dovevano, dunque, essere ben noti ai proprietari e certamente al permutario. che non avrebbero non potuto conoscere lo stato dei luoghi, ivi apprestandosi a costruire; in ogni caso, l'Enea non avrebbe comunque avuto alcuna pretesa da avanzare nei confronti della B.B.P. ma soltanto nei confronti degli eredi Cardinale, al fine di regolarizzare lo stato di fatto del terreno con le risultanze degli atti di provenienza, attraverso l'espletamento delle relative pratiche, cosicché, non soltanto non si sarebbe verificato alcuno sconfinamento destinato a creare un dissidio 31
  • 32. tra Enea e la B.B.P., ma non vi sarebbe stata alcuna logica ragione giustificatrice del!'esistenza di un tale dissidio, Si osserva, infine, a tal proposito che ogni questione riguardante il terreno, era stata risolta per stessa ammissione delle odierne parti offese - dagli eredi Cardinale nei primi mesi del 1982 con un accordo e le predette parti avrebbero informato Enea Vincenzo dell'avvio a soluzione definitiva delle problematiche insorte. Conseguentemente, rimarrebbe priva di sostegno pure l'ipotesi di un tentativo di "mediazione" di terzi soggetti (D'Agostino, Bruno, Di Maggio, Mannino) in un contenzioso tra Enea e la B.B.P. in relazione a questioni che non avrebbero riguardato questa società e che potevano essere risolte soltanto dagli eredi Cardinale. Cosicché, ben !ungi dal dover essere apoditticamente ritenute, come fa il G.U.P., reticenti, intimidite e inattendibili, le testimonianze rese nell'immediatezza dei fatti e successivamente dagli eredi Cardinale e dal geom. Giovanni Impastato. che escludono l'esistenza di liti o dissidi tra la B.B.P. e l'Enea, troverebbero conferma nella logica e nei fatti. S 4 l'esame dei motivi di impugnazione I motivi di gravame scontano un errore di prospettiva di fondo, nel momento in cui procedono ad un esame parcellizzato dei singoli elementi probatori, omettono qualsiasi collegamento tra loro e, soprattutto, perdono di vista quelli che sono gli elementi essenziali che sorreggono il basamento probatorio, a favore di una operazione settoria tutta veicolata in chiave difensiva e tendente a trascurare elementi che, nella prospettiva di una complessiva ricostruzione della vicenda, sono decisamente di segno opposto. Altro errore di prospettiva, anche se, per la verità, è questa la metodologia seguita dal giudice di prime cure, deriva dal fatto che non si assumono come momento centrale attorno al quale fare, poi, ruotare le altre evenienze le dichiarazioni nel tempo rese da Enea Pietro che, se credibili, non abbisognano di riscontri, trattandosi di propalazioni 32 lh.
  • 33. rese da un testimone, seppur neli'applicazione di quella particolare prudenza che si richiede, allorché il teste sia anche persona offesa. Ed allora, il primo vizio che nell'ambito di tale operazione settoria è dato riscontrare è. l'assenza di. qualsivoglia indicazione in..ordioe ad ~m .qualsiasi. motivo che avrebbe... dovuto indurre l'Enea a rendere dichiarazioni calunniatoric nei confronti del Bruno, tanto più ovc si consideri che queste vengono rese a distanza di circa diciotto anni da un soggetto che ormai si era allontanato da molto tempo dal contesto territoriale nell'ambito del quale si sono verificati i fatti in esame. Ancor meno plausibile sembra, poi, che l'intento pcrsecutorio immotivato SI sta contagiato ali 'intera famiglia. Alla stregua delle emergenze processuali invece, perfettamente comprensibile s1 appalesa il motivo del ritardo con cui le rivelazioni furono fatte: la paura di ritorsioni, anche verso altri componenti della sua famiglia, in caso di dichiarazioni utili per scovare i responsabili del misfatto, resa, peraltro, palese dalla telefonata ricevuta dalla madre, allorché il figlio aveva cominciato ad indagare sulla morte del padre. In questo contesto si spiegano le iniziali reticenze dell'Enea, il quale sin dai primi momenti successivi all'uccisione del padre, disse ai Carabinieri di avere notato una FIAT 124 bianca all'interno della quale vi erano quattro uomini, uno dei quali ebbe ad additarlo agli altri, senza, però, significativamente metterlo a verbale. In tale contesto si spiegano le reticenzc, le contraddizioni e le indicazioni quali soggetti coinvolti di persone nei confronti delle quali le indagini non hanno sortito alcun esito, successivamente ritrattate dal Bruno. Del resto, non può, certamente destare meraviglia che l'Enea avesse paura del Bruno, soggetto sicuramente partecipe della cosca del Riccobono e ricercato per un omicidio (quello del Gallina) commesso per conto e per i fini dell'associazione criminale in parola e concorrente nell'omicidio di D'Agostino Benedetto (cfT. sentenza Corte di Assise di Palermo e Corte di Assise di Appello di Palermo in atti). Un sicuro riscontro circa le condizioni di paura per le ritorsioni dell'imputato si coglie nello stesso rapporto redatto dai C.C., nell'immediatezza del fatto. secondo cui '· 33 :1~ ';: )
  • 34. esistevano, m epoca antecedente all'omicidio, stretti rapporti di collaborazione economica tra la vittima e l'imprenditore D'Agostino Benedetto detto Benny'. Giova evidenziare, in proposito che, proprio il D'Agostino, notato frequentemente in compagnia dell'Enea negli ultimi mesi di vita di quest'ultimo, era stato anch'egli assassinato il 13 maggio del 1982; circostanza questa evidenziata dagli investigatori per trarre una inscindibile connessione tra i due fatti di sangue, spiegabile sin da allora con le complesse vicende economiche che avevano coinvolto entrambe le vittime (v.rapporto cc Partinico del26 ottobre 1982). Ali 'esito dei pnmr accertamenti da parte della polizia giudiziaria, il relativo rapporto del 26 ottobre 1982 concludeva con l'evidenziare alcun particolari circostanze: - Il clima di intimidazione diffusa attorno alla indagine che ha portato molti testimoni ad assumere un atteggiamento reticente. -La convinzione che il soggetto che avrebbe potuto rendere un contributo decisivo ai fini dell' individuazione dei responsabili deIl 'omicidio di Enea Vincenzo era da identificare nel figlio della vittima, Enea Pietro, il quale in quegli anni aveva vissuto ogni giorno al fianco del padre convivendo con lui l'esperienza lavorativa e l'hobby della pesca. -La sensazione che il motivo del silenzio dell'Enea Pietro fosse dettato dall'esigenza di proteggere i suoi familiari da eventuali ritorsioni nel caso in cui avesse deciso di collaborare con le autorità inquirenti. - Il movente dell'omicidio collegato ai rapporti economici intercorrenti tra Enea Vincenzo e D'Agostino Benedetto e agli interessi di costoro confliggenti con quelli di imprenditori edili in qualche modo riconducibili al mondo del crimine organizzato. Ed allora, se così è, Il preciso e dettagliato, quanto al suo nucleo essenziale, racconto deli 'Enea, pienamente confermato dalle dichiarazioni dei suoi familiari, non può di certo essere ricondotto ad una fase delirante del trascorso della persona offesa, che avrebbe accompagnato l'intera, coerente, progressione accusatoria. 34
  • 35. lnvero, dalla stessa nota, cui si riferisce la difesa, emerge con estrema chiarezza che l'Enea, a prescindere da quell'episodio, mai, né prima, né dopo, ebbe a manifestare aglì inquirenti altri segni di squilibrio. _ _uDcl...n"s1o, lo. stesso teste..ha riferito., allorchè,...venne sentito sul punto, di ·avere attraversato negli "States" un momento di depressione, successivamente risoltosi. Ed, a ben vedere, ciò appare perfettamente comprensibile, ave si abbia riguardo alla vita di quest'uomo, cui viene ucciso il padre al quale era legato da profondi vincoli affettivi e con il quale condivideva anche il lavoro ed i momenti di svago. Un uomo che per il disastro vcnutosi a creare fu costretto a troncare ogni legame con la terra di origine, senza dimenticare il proprio vissuto c la terra che aveva generato l"'humus" per il verificarsi di siffatta tragedia. Ma, anche da lontano, l'Enea continuò a segUire le vicende del suo paese, informandosi costantemente sull'evoluzione del contesto politico-criminale (si fa riferimento all'arresto del Sindaco Di Maggio), attraverso articoli di stampa c notizie tratte dalla rete, cominciando a riversarli agli inquirenti, come dimostrano gli atti acquisiti al processo. Ed altrettanto significativo appare il fatto che l'Enea si decida a dire definitivamente tutto quello di cui è a conoscenza, solo allorché capisce che quello specifico contesto ormai non esiste più. Ed allora, se così è, non può, avere certamente successo l'intento demolitorio dell'attendibilità dell'Enea, fatto proprio con i motivi di gravame, in specie ave si abbia riguardo ai numerosi clementi di riscontro relativi a tali propalazioni ed a quelle dci suoi familiari richiamate dal primo giudice alle pagg. 45-51. In questo contesto, perfettamente spiegabili appaiono le differenze tra le vane dichiarazioni rese in ordine ad aspetti minimali della vicenda (la macchina indicata in un primo tempo come di colore bianco c successivamente qualificata di colore "beige" ad esempio; trattasi, peraltro, di colori molto simili) c qualche tentativo maldestro di giustificare il lungo lasso di tempo tra il verificarsi dei fatti c il momento in cui, in tempi diversi, vengono rese le dichiarazioni; circostanze queste che, di 35 ~
  • 36. certo, non hanno facilitato una ricostruzione perfettamente coerente, con riferimento a tutti gli aspetti secondari della vicenda, stante il margine di fisiologica differenziazione presente in più dichiarazioni rese dalla medesima persona in ordine ---"',gli..stessi fatti_ Ma, l'operazione settoria di cui si è detto, si scontra anche con lo stato emotivo della persona offesa, che dopo avere lungamente riflettuto, ricordato ed elaborato tutto quello che nell'immediatezza aveva personalmente constatato c non detto per ragioni che nel contesto in cui i fatti accaddero non è dif1icile immaginare, anche prescindendo dalle sue stesse dichiarazioni, si decise a vuotare il sacco, allorché ritenne di essere sufficientemente al sicuro. Del resto, quale migliore conferma dello stato d'animo, dell'Enea, in quel momento, può ipotizzarsi diversa da quella indicata dagli stessi Carabinieri che, nel rapporto redatto nell'immediatezza dei !atti, indicarono nell'Enea l'unica persona che avrebbe potuto fare piena luce su quanto accaduto, e notato il travaglio di quest'uomo, combattuto tra l'impulso di rivelare quanto a sua conoscenza e la paura di esporre sé e i suoi familiari, resa palese dall'indicazione dell'autovettura all'interno della quale vi erano quattro individui sospetti, seguita dalla richiesta di non mettere la circostanza a verbale. Né, a fronte di siffatte emergenze, può attribuirsi effetto totalmente demolitorio della credibilità dell'Enea all'indicazione del Garofalo come uno dei soggetti presenti neli'autovettura, poi ritrattata. Questo aspetto della vicenda processuale che ci occupa, per la verità, non ha avuto alcun approfondimento istruttorio cd è rimasta totalmente inesplorata la ragione della ritrattazione dell'identificazione di uno dei soggetti presenti nell'autovettura nella persona del Garofalo. Ed allora, se così stanno le cose, è gioco forza dare credibilità, anche in questo caso, alle spiegazioni fomite nell'immediatezza del fatto dallo stesso Enea, allorché ebbe a riferire ai Carabinieri di avere individuato quel giovane, ma di essersi successivamente reso conto che si trattava di una mera somiglianza. 36 ~.
  • 37. Ma, a ben vedere, siffatta erronea indicazione finisce con l'avere, se correttamente inserita nell'intero tessuto probatorio, una valenza ben diversa da quella che la Difesa intende attribuirle. _ _rPcr .vero, è hen.possibile,..se non estremamente..probabilc,. che la persona offesa,..oltre al Bruno, abbia avuto la sensazione di riconoscere un'altra persona, che denunciò tranquillamente perché non la riconobbe come appartenente ad un circuito di criminalità organizzata e, poi, vedcndola meglio e non essendo sicuro della corretta identificazione fece totalmente macchina indietro. Ciò posto, osserva la Corte, che un ulteriore e definitivo elemento di conferma viene proprio dal movente che la Difesa, a torto, ha definito inesistente. Sul punto, proprio le indagini effettuate dai Carabinieri nell'immediatezza dci fatti, offfono uno spaccato estremamente interessante e confermano, in epoca certamente non sospetta, il "dictum" dell'Enea (cfr. foglio 9 del rapporto giudiziario dei Carabinieri di Palermo, in data 26 ottobre 1992). Giova, in proposito, però, premettere quella che è stata la ricostruzione di questo aspetto della presente vicenda processuale da parte dell'Enea, a partire dalle prime dichiarazioni rese nel2010, così come riassunte dal primo giudice: "- Tra i motivi di attrito tra Enea Vincenzo c Bruno Francesco all'epoca dei fatti, l'Enea Pietro ne segnala uno ulteriore collegato alle attività di una società, la B.B.P., costituita da Bruno Giuseppe, Bruno Pietro (costoro parenti di Bruno Francesco) e Pomerio Giuseppe. - Detta società era proprietaria di un grosso edificio denominato "Cosa Corsara" propno m un terreno limitrofo a delle palazzine costruite dalla ditta di Enea Vincenzo. -Nacquero degli attriti tra le parti perché l'edificio Costa Corsara era andato fuori cubatura, appropriandosi indebitamente di un appezzamento di terreno di circa 300 mq. - Detto appezzamento di terreno faceva parte delle proprietà di Lucido, Cataldo c Cardinale con i quali Enea Vincenzo si era impegnato in una pennuta, nel senso che a 37
  • 38. palazzine finite avrebbe dato tre appartamenti ciascuno ad ognuno di loro; tuttavia era sorta una complicazione quando l'Enea Vincenzo scopri, a prima palazzina definita, che da detto terreno la società B.B.P. aveva sottratto circa 300 mq venendo a creare _---'Jllcun .prohlema..di.frazionamento nei..tcrreci-appartlmentì ai..signori Cataldo, Cardinale e Lucido. - Ciò non aveva consentito la vendita degli appartamenti già definiti, convincendo Cataldo e Lucido a non cedere più il terreno e determinando, cosi, il fallimento del!' Enea Vincenzo. - Nel corso della lite per il frazionamento, che aveva coinvolto Enea Vincenzo c i titolari della B.B.P., lo stesso Enea Vincenzo subì il primo incendio di un bungalow, il pestaggio del cane da guardia, il danneggiamento del materiale edile, nonché l'incendio di un magazzino; ed è proprio in questo periodo che Bruno Francesco propone ad Enea Vincenzo di costituire assieme a lui una società operante nel settore edile. - A causa di quelle liti l'Enea strinse amicizia con i tratelli D'Agostino di Partanna Mandello, in particolare con Benedetto D'Agostino, il quale a sua volta tentò una mediazione tra l'Enea e la B.B.P. attraverso Riccobono Rosario; mediazione che non andò a buon fine, anche perché il D'Agostino Benedetto prima subì dci danneggiamenti ai suoi beni c poi venne ucciso". Orbene, anche in questo caso le dichiarazioni rese a distanza di diciotto annr dall'Enea coincidono specularrnente, non solo con quanto in proposito dichiarato dall'Enea nell'immediatezza dell'uccisione del proprio genitore, ma, soprattutto con le indagini svolte dai Carabinieri in quel momento e compendiate nel rapporto giudiziario di cui si è detto, senza che in alcuno dci momenti in cui queste propalazioni furono rese si possa anche solo per un momento cogliere segni del delirio persecutorio nei confronti del Bruno, costantemente agitato all'interno del costrutto difensivo. Sul punto i Carabinieri, all'epoca, svolsero precise indagini accertando (f.9 del citato rapporto) che: 38
  • 39. a) qualche anno prima dell'omicidio era insorta una controversia tra i soci della "B.I3.P., identificati in Bruno Pietro, Bruno Giovanni e Pomicro Giuseppe e gli credi Cataldo (cfr. rapporto giudiziario dianzi citato); .b). la controversia si era -risolta..in..1m arco..temporale sovrapponibile all'omicidio: "proprio in quei giorni" (ibidem rapporto giudiziario); c) effettivamente erano stati costruiti sul terreno dato in perrnuta di una parte di ben trenta appartamenti da Cardinale Vincenzo al padre della persona offesa (dichiarazioni rese da Enea Pietro aJiegate al rapporto); d) l'operazione non era andata a buon fine in quanto una parte della cubatura occorrente per la costruzione degli appartamenti era venuta meno, perché la complessiva estensione del terreno, era risultata inferiore a queJia oralmente promessa in permuta ed occupata per una parte dal complesso Costa Corsara riconducibile al Bruno cd ai suoi soci; (dichiarazioni di Enea Pietro, Impastato Giovanni e Uva Maria, vedova del Cataldo proprietario del terreno sul quale erano stati costruiti i trenta appartamenti); e) a causa di ciò i preliminari di vendita degli appartamenti non poterono essere stipulati, con la conseguenza che, non avendo l'Enea potuto incassare il residuo prezzo, non gli fu possibile onorare i debiti contratti per realizzare i fabbricati, c con l'ulteriore conseguenza che l'immobiliare facente capo alla vittima fu dichiarata faJiita (eli'. sentenza di fallimento allegata al rapporto giudiziario); f) l'Enea Vincenzo, ovviamente, aveva fatto il possibile, per evitare questo disastro, persino cercando J'intermcdiazione di un altro personaggio di notevole caratura mafiosa: D'Agostino Benedetto anch'egli caduto in un arco temporale immediatamente antecedente a quello in cui perse la vita l'Enea, come, significativamente, ogni questione civilistica tra gli credi Cardinale cessa, allorché coloro che avevano ostacolato gli interessi di predominio mafioso del "clan" Riccobono-Lo Piccolo nel settore deJI'cdilizia erano stati puniti con la morte. 39
  • 40. Ed allora, in questo contesto, non colgono nel segno i rilievi difensivi basati su quelle parti delle testimonianze rese da Uva Maria, Cardinale Giuseppa c Riccobono Caterina, allorché costoro tendono a tirare fuori da ogni .cointeressenza l'immobiliare '.~costa corsara" e. a..ricondurre. i· contrasti· alle divergenze insorte tra loro c gli altri eredi sull'estensione dei lotti appartenenti a ciascun coerede. La Corte non ha alcun motivo di non concordare con la Difesa, allorché assume che 1a controversia di natura civilistica intercorreva tra i coeredi del terreno. Sennonché, da questo non può certamente trarsi la convinzione della totale mancanza di interesse del Bruno alla faccenda. lovero, non vi è dubbio che all'Enea venne a mancare la cubatura necessaria perché, risultando l'estensione complessiva minore di quella promcssagli, in quanto in altra parte dell'intero terreno erano stati realizzati gli immobili di "costa corsara", gli atti non poterono essere perfezionati. E' ovvio che, comunque, il problema venne a crearsi ed a questo problema non era di certo estraneo e tanto meno disinteressato il clan malioso del quale il Bruno faceva, senza ombra di dubbio, parte alla stregua delle citate sentenze acquisite in atti. Ed allora, se così è, nulla tolgono e nulla aggiungono le generiche e reticenti, come le ha definite il primo giudice, dichiarazioni dci testi Giovanni Impastato e Coniglio Maria, che a vario titolo si occuparono dal punto di vista formale della questione e che, comunque, hanno avuto con la vicenda stessa un approccio estraneo al panorama degli interessi mafiosi sottostanti. Quel che è certo, lo si ribadisce ancora una volta, è che le pretese dell'Enea, volte ad evitare il suo definitivo tracollo economico, in qualche modo, interferivano e conlliggcvano con quelli dell'imputato c del suo "clan", che non poteva di certo tollerare che qualcuno, senza consenso, si intromettesse nei 40
  • 41. propri affari, per giunta invocando la protezione di un mafioso non allineato, parimenti destinato a ricevere la massima punizione. Ed allora, basterebbero già le dichiarazioni rese dall'Enea e dai suoi familiari, assistite dai riscontri di cui si è detto, che ne confermano definitivamente la piena attendibilità (certamente non erosa dalla contraddittoria indicazione del colore della macchina: bianca o "beige", tenuto conto che si tratta di colore estremamente simili e del lungo lasso di tempo trascorso tra le due dichiarazioni) per raggiungere la piena prova della penale responsabilità dell'imputato in ordine al delitto ascrittogli. Sennonché, come si è visto, le dichiarazioni delle persone offese hanno trovato ulteriore riscontro in quelle dei collaboratori di Giustizia Mutolo, Onorato e Naimo. Certo trattasi di propalazioni "de relato" che, se costituissero l'intero basamento probatorio, sarebbe difficile porre da sole a fondamento di un giudizio di penale responsabilità, ma che rivestono piena idoneità a fungere da ulteriore e definitivo elemento di conferma del "dictum" delle persone offese. E davvero ingeneroso è il giudizio della Difesa laddove siffatte propalazioni vengono tacciate di genericità e di allineamento ad un unico "clichè" dichiarativo. lnvero, proprio perché i collaboranti non parteciparono direttamente ai fatti, appare pienamente comprensibile la genericità delle loro dichiarazioni, soprattutto relativamente al movente, ed altrettanto comprensibile si appalesa il fatto che esse obbediscano ad un medesimo schema argomentativo. A quest'ultimo proposito, va detto che la difesa non tiene in debito conto che tutti gli omicidi inseriti in siffatto schema sono stati commessi nel medesimo arco temporale dal "clan" mafioso facente capo al Riccobono, per motivi di predominio negli affari gestiti dalla cosca e dallo stesso gruppo di fuoco. Ed allora, in piena sintonia con il giudice di primo grado, in ordine alla cosiddetta convergenza del molteplice, giova evidenziare che le dichiarazioni 41
  • 42. provenienti dai tre collaboratori di giustizia intrinsecamente attendibili, per le ragioni evidenziate dal giudice di primo grado nelle parti in cui da conto di tali dichiarazioni (del resto trattasi di collaboratori di Giustizia la cui intrinseca .attendibilità è stata. sperimentata in numerosi .proces~i .ormai coperti .dal giudicato) sono anche dotate del requisito del! 'autonomia e della spontaneità. Nel corso del processo non sono emerse circostanze che inducano a pensare ad una contaminazione delle fonti, peraltro connotate dalle diverse evoluzioni delle carriere criminali dci tre soggetti da cui si sono assunte le informazioni, ossia Mutolo, Onorato e Naimo, e dalle differenti modalità spazio-temporali in cui i predetti collaboratori sono venuti a conoscenza di quanto riferito ed, infine, dalla diversa fonte di riferimento. Si rammenti che: - il Mutolo apprende le indicazioni che saranno poi oggetto del suo racconto nell'immediatezza dei fatti (il giorno prima dell'omicidio; e poco dopo la sua perpetrazione dalla viva voce di soggetti che hanno partecipato alla fase ideativa ed esecutiva (Riccobono Rosario, Micalizzi Salvatore). - L'Onorato riferisce di confidenze fattegli, successivamente all'omicidio, da Riccobono Rosario, ossia colui che alla fine esprime il "nulla osta" alla esecuzione; - Il Naimo rievoca confidenze in parte làttegli confidenze di Riina Salvatore in una riunione del 1985 alla presenza di altri sodali (quali ad esempio La Barbera e Buscemi), in parte confidenze fattegli da Troja Antonino nel 1989. Si tratta, come bene ha osservato il giudice di primo grado, all'evidenza, di reti comunicative e modalità di conoscenza dei fatti tra loro autonome e indipendenti, in quanto strettamente correlati ai percorsi criminali dei tre soggetti poi divenuti collaboratori di giustizia. Sul punto si rammenti che l'ipotesi di "versioni concordate" o di altre l'orme di "condizionamento" Ira in tre collaboratori non è stata neppure dedotta dalle difese. 42
  • 43. Per altro verso, invece le fonti da cui i tre hanno appreso dei particolari in ordine all'omicidio in esame coinvolgono soggetti con ruoli di vertice nell'organizzazione Cosa Nostra, che hanno partecipato alla fase ideativa e preparatoria della azione delittnosa Né il giudice di primo grado è incorso in errore allorché ha ritenuto essersi realizzata la cosiddetta convergenza del molteplice, essendosi questa pacificamente realizzata in ordine alle seguenti circostanze: - Organizzazione ed esecuzione dell'omicidio di Enea Vincenzo riconducibile al gruppo di vertice del mandamento mafioso capeggiato da Riccobono Rosario. - Partecipazione alla fase esecutiva dell'omicidio di Bruno Francesco e Lo Piccolo Salvatore, unitamente ad altri soggetti, secondo un modulo operativo consueto nelle attività criminali del clan facente capo a Riccobono Rosario all'inizio degli anni ottanta (sino alla scomparsa di quest'ultimo per mano dei corleonesi di Riina Salvatore). - Movente della azione omicidiaria ai danni di Enea Vincenzo collegato agli interessi economici degli "uomini d'onore" del mandamento mafioso facente capo a Riccobono Rosario, in particolare quest'ultimo, Bruno Francesco e Lo Piccolo Salvatore, ossia a quegli stessi interessi che avevano portato alla eliminazione di D'Agostino Benedetto. Il convergente contributo dei tre collaboratori citati peraltro pienamente m sintonia con importanti particolari colti dalla polizia giudiziaria sin dal rapporto dei 26 ottobre 1982 di cui si detto nei paragrafo di apertura che riguardano: - Il clima di intimidazione diffusa attorno alla indagine che ha portato molti testimoni ad assumere un atteggiamento reticente, sintomatico di un "attivismo mafioso" in grado di inquinare le fonti prova con 1'intimidazione foriera di omertà. 43
  • 44. - Il movente dell'omicidio collegato m rapporti economici intercorrenti tra Enea Vincenzo e D'Agostino Benedetto e agli interessi di costoro confliggenti con quelli di imprenditori edili in qualche modo riconducibili al mondo del cnmme or $ 6 Conclusioni Concludendo può affermarsi con estrema certezza che: a) poco prima che l'omicidio venisse commesso l'imputato si trovava nei luoghi teatro del crimine a bordo di un'autovettura con altri tre individui non identificati a bordo e che egli ebbe ad indicare col dito il figlio della vittima; b) i collaboratori di Giustizia indicano unanimemente nel Bruno l'autore dell'omicidio per cui è processo; c) in capo al Bruno può essere ravvisato un valido movente per volere la morte dell'Enea. Tutti questi elementi probatori in precedenza esaminati partitamente e valutati complessivamente nelle reciproche interconnessioni, portano, senza ombra di dubbio, ad affermare la penale responsabilità di Bruno Francesco in ordine al delitto contestatogli In aderenza al criterio legale della soccombenza, l'appellante deve essere condannato al pagamento delle spese processuali di questo grado del giudizio. Il Bruno deve, altresì, rifondere alle parti civili le spese sostenute nel giudizio di appello, da liquidarsi in complessivi euro 3.000,00, oltre C.P.A. ed !.VA. come per legge, in favore delle parti civili: Cataldo Giuseppa, Enea Riccardo, Enea Rosalia, Enea Maria Teresa, Enea Valeria, Enea Elisa, rappresentate dall'Avvocato Marchi, ed in euro 2000,00, oltre C.P.A. ed !VA, come per legge, per la parte civile Enea Pietro, rappresentata dali'Avv.to L Pace. 44
  • 45. In relazione alla molteplicità delle questioni, sia in punto di fatto che in punto di diritto, trattate, si è reso necessario fissare in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione della sentenza. P.Q.M La Corte, visti gli artt.592, 599 cpp, conferma la sentenza resa in data 22.05.2013 dal G.U.P. presso il Tribunale di Palermo, appellata dall'imputato Bruno Francesco, che condanna al pagamento delle ulteriori spese processuali , nonché alla rifusione delle spese processuali sostenute in questo grado del giudizio dalle parti civili, spese che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre C.P.A. ed !.VA. come per legge, in favore delle parti civili: Cataldo Giuseppa, Enea Riccardo, Enea Rosalia, Enea Maria Teresa, Enea Valeria, Enea Elisa, rappresentate dall'Avvocato Marchi, ed in euro 2000,00, oltre C.P.A. ed IVA, come per legge, per la parte civile Enea Pietro, rappresentata dall'Avv.to L Pace. Indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione. Palermo, I9.02.2015 n~mest. Sal~t~e·l)l itale 45