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POLITECNICO DI BARI
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA ELETTRICA E
DELL'INFORMAZIONE
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN
INGEGNERIA INFORMATICA E DELL'AUTOMAZIONE
TESI DI LAUREA IN
MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE
Robot arrampicatori con azionamento pneumatico
Relatore: Laureando:
Chiar.mo Prof. Ing. Giacomo Mantriota Vladimir Zitoli
Anno Accademico 2016/2017
Indice
Introduzione .................................................................................................................................1
Capitolo 1
Panoramica sulle tipologie di robot arrampicatori ....................................................................3
1.1 Adesione mediante ventose..............................................................................................3
1.2 Adesione mediante magneti.............................................................................................7
1.3 Adesione mediante corde o binari....................................................................................8
1.4 Robot bioispirati...............................................................................................................9
Capitolo 2
Progettazione funzionale del robot arrampicatore proposto....................................................11
2.1 Analisi delle ventose......................................................................................................11
2.2 Analisi dei generatori di vuoto.......................................................................................14
2.3 Selezione dei tubi flessibili per il vuoto.........................................................................16
2.4 Analisi degli attuatori oscillanti .....................................................................................16
Capitolo 3
Modello matematico del robot arrampicatore proposto ..........................................................20
Capitolo 4
Analisi prestazionale del robot................................................................................................30
Conclusioni .................................................................................................................................43
Bibliografia / sitografia..............................................................................................................44
1
Introduzione
Negli ultimi 30 anni si è assistito ad un rapido sviluppo di un nuovo settore
dell’ingegneria: la robotica.
Questa è presente in molteplici settori quali, per citarne alcuni, quello industriale, medico,
agricolo e domestico ed è destinata ad avere un ruolo sempre più importante nella nostra
società.
Infatti i robot sono in grado di eseguire compiti pesanti, noiosi, ripetitivi, pericolosi e
veloci in maniera precisa e accurata diversamente da una persona: un esempio è quello
fornito da robot che manipolano oggetti a temperature elevate, che trasportano carichi di
diverse centinaia di chilogrammi da un punto ad un altro, oppure che riescono a spostare
con precisione piccoli componenti al ritmo di 150 movimenti al minuto.
Secondo Frey ed Osborne, infatti, nel prossimo futuro il 47% degli attuali impiegati negli
Stati Uniti d’America saranno rimpiazzati da robot che sono in grado di eseguire in
maniera ottimale i loro stessi lavori [1]
.
È possibile classificare i robot utilizzando diversi criteri. Una prima distinzione è quella
basata sul criterio funzionale, in cui possiamo distinguere robot progettati [a]
:
• Per manipolazione
• Per processi
• Per assemblaggio
Un’altra distinzione si basa invece sulla precisione, in cui si distinguono robot:
• Ad alta precisione
• A media precisione (manipolazione, montaggio)
• A bassa precisione
Infine, un’ultima distinzione riguarda la mobilità dei robot, in cui si distinguono robot:
a) Fissi
b) Mobili (su ruote, su rotaie, su cingoli)
Questa tesi si concentrerà sui robot mobili ed in maniera più approfondita su quelli
arrampicatori.
2
Questi, infatti, hanno trovato un discreto successo grazie alla peculiarità di potersi
muovere lungo superfici più o meno ripide, con diversi tipi di rugosità e trasportando
carichi laddove risulta necessario.
Un esempio di applicazione è quello dei robot lavavetri, utilizzati per pulire le vetrate dei
grattacieli, che hanno avuto una larghissima diffusione a causa dell’elevata pericolosità
che caratterizza tale compito. Altri esempi riguardano robot che si arrampicano sui tralicci
dell’alta tensione, rendendo più sicuri i controlli di routine, robot antincendio, utili per
spegnere incendi in edifici o pozzetti elettrici [b]
o robot arrampicatori per manutenzione
e monitoraggio di componenti posti su superfici verticali.
Fig.1a Robot arrampicatore su tralicci
Fig. 1b Robot arrampicatore per
trasporto carichi
3
Capitolo 1
Panoramica sulle tipologie di robot
arrampicatori
Ad oggi, esistono diverse tecniche di adesione dei robot arrampicatori. Nel lavoro di
Nansai e Mohan [2]
sono stati trattati alcuni tra i metodi più comuni utilizzati per
permettere l’adesione tra il robot arrampicatore e la superficie di contatto.
1.1 Adesione mediante ventose
La tipologia che, senza ombra di dubbio, è più diffusa è quella dell’adesione tramite
ventose. Tale tipologia è ideale se il robot è destinato ad essere usato su superfici lisce e
piane come, ad esempio, il vetro.
Il principio di funzionamento si articola in 3 fasi:
• Approccio: la ventosa entra in contatto con la superficie della parete
• Presa: la ventosa è sottoposta al vuoto. In questa fase la ventosa rimane attaccata
alla parete
• Rilascio: viene interrotta la condizione di vuoto per rilasciare il corpo
Il vuoto viene creato mediante
l’ausilio di un generatore di
vuoto. Il vantaggio principale
nell’utilizzo di tale tecnica è che
tali robot possono essere
completamente pilotati da
semplici attuatori pneumatici, il
che rende il robot economico da
realizzare.
Un grande svantaggio tipico se
si utilizza questa tecnica è la
Fig.2 Robot mobile con sistema di aderenza tramite
ventose circolari
4
limitata velocità di avanzamento del robot in quanto è necessario effettuare un controllo
sul livello di vuoto creato ogni qual volta la ventosa aderisce lungo la superficie [2]
.
Tale problematica viene superata con l’utilizzo di ventose che aderiscono sulla superficie
in maniera “passiva”, ovvero senza l’ausilio di un sistema di aspirazione dell’aria. Un
esempio è quello dei robot arrampicatori cingolati.
Con questo tipo di robot, le ventose sono attaccate su uno o più cingoli che, ruotando,
fanno aderire le ventose alla parete. Un robot arrampicatore cingolato è stato progettato
da Kim (Figura 4) [4]
. Nel progetto si evince che le ventose sono controllate da un
meccanismo a valvole: questa è composta da una molla che viene aperta non appena la
ventosa si trova sulla parte inferiore del cingolo.
Tramite l’apertura e la chiusura delle valvole, è possibile far fuoriuscire o far entrare l’aria
permettendo alla macchina di avanzare. Il principale vantaggio nell’utilizzo di tale robot
è quello di poter generare una forza di adesione molto intensa senza l’ausilio di particolari
sistemi che regolino la quantità d’aria da asportare [3]
. D’altra parte, lo svantaggio nell’uso
di questi robot è quello di non poter effettuare rotazioni. Per poterle eseguire è necessario
progettare un ulteriore meccanismo che permetta al robot di poter cambiare direzione.
Fig.3 Robot cingolato progettato da Kim H.
5
Altri robot che utilizzano una tecnica molto simile a quella appena analizzata sono i robot
arrampicatori dotati di ruote. Esse presentano il vantaggio di poter raggiungere più
facilmente diversi punti della superficie, diversamente da quanto visto prima.
Un semplice esempio di robot arrampicatore dotato
di ruote è stato proposto da Gao e Kikuchi [5]
ed è un
modello di robot lavavetri. La struttura del robot
proposto è divisibile in tre parti: il corpo, il sistema
di sicurezza ed il sistema di pulizia. Come è possibile
notare dalla figura 6, il corpo è composto da una
singola grande ventosa (4), due pompe (2), due ruote
autonome (1) ed un motore con controllore (3). Una
delle due pompe lavora più intensamente, l’altra
invece lavora solo quando il robot su muove su
superfici curve. Per permettere l’adesione e la mobilità non si deve creare sulla ventosa
né una pressione molto elevata, altrimenti non si riuscirebbe a muovere, né tantomeno
Fig.5 Modello di robot
arrampicatore dotato di ruote
proposto da Gao
Fig. 4 Funzionamento robot cingolato progettato da Kim H.
6
bisogna creare una pressione troppo piccola poiché il robot cadrebbe. Infine, dato che il
moto è fornito dalle ruote, grazie alla variazione della velocità della singola ruota e
all’inclinazione della stessa il robot ha il vantaggio di poter raggiungere facilmente ed in
poco tempo diversi punti della superficie.
Un modello di robot più complesso dotato di ruote è quello progettato da Longo e
Muscato e denominato ALICIA [6]
.
ALICIA è un robot arrampicatore dotato di 3 moduli
indipendenti e collegati tra loro da braccia robotiche.
Ciascun modulo, rappresentato in figura 6, si
comporta come una grande ventosa in grado di
muoversi e nel contempo di rimanere attaccato alla
superficie. La sua struttura comprende tre anelli in
PVC tenuti insieme da un disco di alluminio. L’anello
più grande ed il disco hanno un diametro di 30 cm.
Questo anello ed il secondo sono responsabili della
tenuta del robot, mentre il terzo anello è responsabile
del contatto tra il robot e la superficie. Inoltre, questo
anello è usato come base per ospitare il sistema di
aspirazione dell’aria ed il motore per far muovere il
robot mediante l’utilizzo delle ruote.
Per regolare il livello di vuoto da creare sulla ventosa, è
necessario porre un sistema di controllo che garantisca
il corretto funzionamento del robot. Alcuni modelli di
sistemi di controllo sono stati proposti da De Francisci,
Longo e Muscato [7]
. Il punto di forza di ALICIA è
quello di unire il vantaggio di superare grossi ostacoli
con l’utilizzo di braccia robotiche con il vantaggio di
essere veloce grazie all’utilizzo delle ruote. Ciò a
scapito di un sistema di controllo complesso e
dell’utilizzo di un sistema di aspirazione dell’aria che
deve ad aspirare meno aria di quella che normalmente
aspira una pompa.
Fig.6 2Singolo modulo del robot
ALICIA
Fig.7 robot arrampicatore ALICIA
7
1.2 Adesione mediante magneti
Un’altra tecnica di adesione comunemente utilizzata dai robot arrampicatori è quella
magnetica. Naturalmente, per poter applicare tale tecnica è necessario che i materiali che
compongono il robot e la superficie abbiano un’elevata permeabilità magnetica.
Il robot deve essere fornito dunque di magneti permanenti in modo da potersi arrampicare
sulla superficie interessata.
Il vantaggio di tali robot è quello di non avere nessun tipo di controllo sull’adesione, come
invece accadeva con i modelli precedentemente descritti, e ciò si traduce in costi minori.
Inoltre, l’assenza di dispositivi aggiuntivi (come le pompe o aspiratori vari) permette al
robot di supportare un carico maggiore.
Per sfruttare al massimo l’effetto, è necessario che il magnete sia totalmente in contatto
con la superficie.
In certi casi, però, è anche possibile far funzionare
correttamente il robot anche non avendo un contatto
perfetto tra magnete e superficie a patto che la forza
sviluppata dall’interazione magnetica sia tale da non far
cadere il robot.
Una particolarità nell’utilizzo di adesione magnetica è
la rapidità di arrampicata del robot, che può raggiungere
velocità molto più elevate rispetto a quelle che si
ottengono utilizzando le ventose, proprio perché
l’adesione magnetica non ha bisogno di interventi e
controlli esterni. Se non si dispongono di magneti
permanenti, il robot può essere costruito anche mediante
elettromagneti alimentati in continua. Si deve però tenere in considerazione che, se per
qualche motivo dovesse venire a mancare l’alimentazione, il robot cadrebbe.
D’altra parte, un possibile svantaggio è dato dalla temperatura: infatti i magneti
permanenti tendono a smagnetizzarsi se lavorano ad una temperatura maggiore della
temperatura di Curie. In realtà tali temperature sono elevate (da 573°K per il neodimio a
1043°K per il ferro) ed è molto difficile che un robot arrampicatore possa lavorare a
Fig.8 Gecko, esempio di robot
arrampicatore con adesione
magnetica
8
queste temperature [8]
. Un altro svantaggio, tipico se si utilizza la tecnica di adesione
magnetica mediante magneti permanenti, è la difficoltà legata alla fase di rilascio della
superficie in quanto le forze di iterazione magnetica possono risultare molto elevate. Tale
difficoltà viene superata con l’utilizzo di elettromagneti: infatti basta non far circolare
corrente per permettere il distacco dalla superficie. Infine tale tecnica è utilizzabile sono
in presenza di superfici formate da materiale ferromagnetico.
1.3 Adesione mediante corde o binari
La tecnica di adesione mediante corde e binari utilizza una corda o dei speciali binari
installati sulla parete per guidare il robot nella sua arrampicata lungo la superficie
considerata. L’utilizzo dell’adesione mediante corda è ideale quando il robot si deve
arrampicare su superfici che non sono piane.
Questa tecnica presenta un elevato grado di sicurezza del robot in quanto esso è fissato o
mediante una corda o sul binario. Un modello di robot arrampicatore con adesione
mediante corde è proposto da Kim con il robot ROPE RIDE (Robotic Platform Enabling
Rope access In Dangerous Environment) [9]
.
La struttura del ROPE RIDE è composto da due parti uguali, una superiore ed una
inferiore, tenute insieme da un giunto rotante passivo. La parte inferiore è composta da
quattro ruote triangolari per permettere la mobilità del robot. Sulla parte superiore sono
installati il meccanismo di sterzata ed il meccanismo di arrampicata del robot. Il giunto,
oltre ad attenuare gli effetti negativi di momenti esterni, abbassa il centro di massa
rendendo il robot più stabile.
Fig.9a Robot arrampicatore ROPE RIDE
Fig. 9b Robot arrampicatore con
adesione mediante binari
9
Sul ROPE RIDE, inoltre, così come in tutte queste tipologie di robot, è installato anche
un meccanismo addizionale di adesione che permette al robot di arrampicarsi su superfici
aventi un’inclinazione maggiore della verticale.
1.4 Robot bioispirati
Negli ultimi anni si è affermato un nuovo concetto della robotica: la “biorobotica”, cioè
la robotica ispirata dalla biologia. È interessante notare come i sistemi robotici bioispirati
dal mondo animale possano essere più solidi ed efficienti, considerato che quest’ultimo
si è evoluto in migliaia di anni. Infatti si è visto come ciascuna tecnica analizzata
precedentemente presenti vantaggi e svantaggi:
• L’utilizzo di ventose permette un forte presa ma nel contempo è lento e non ideale
per superfici ruvide.
• L’adesione magnetica rende il robot veloce ma può essere utilizzata solo con
materiali ferromagnetici.
• I robot arrampicatori mediante corde e/o binari non possono arrampicarsi su
pareti più inclinate della verticale se non sono dotati di un meccanismo
aggiuntivo di arrampicata.
D’altra parte, nel mondo animale troviamo insetti come formiche e scarafaggi o rettili
come gechi che sono in grado di arrampicarsi sulla maggior parte delle superfici in
maniera stabile e veloce. Se si riesce, dunque, ad imitare le modalità di arrampicata di
tali animali si potrebbero costruire robot altrettanto stabili e veloci.
Nel mondo animale vengono utilizzate principalmente due tipi di adesioni: adesione
asciutta e capillare.
Il primo tipo di adesione è quella sfruttata dai gechi: le loro zampe sono composte da
microscopici peli (setole) che permettono al rettile di rimanere attaccato ad una superficie
grazie al fenomeno delle forze di Van der Waals (forze intermolecolari che nascono
quando gli elettroni di un atomo creano un campo magnetico tale da attirare gli elettroni
di un atomo vicino). Per staccarsi, basta modificare l’inclinazione di questi peli e, in
questa maniera, il geco riesce a muoversi.
10
Il secondo tipo di adesione è tipico della stragrande maggioranza degli insetti (es. afidi)
e consiste nell’interazione tra una superficie solida ed un liquido che viene secreto dalle
zampe dell’insetto.
Un esempio di robot arrampicatore ispirato al mondo
animale è quello proposto da Bin H. et al. [10]
. Il robot
sfrutta il principio di adesione capillare ed è ispirato
all’insetto stecco. La sua struttura, infatti, è composta
da un busto centrale, dodici motori e sei arti con
zampe progettate in maniera tale da imitare le zampe
dell’insetto stecco: la superficie di contatto è morbida
e supportata da strati di fibre inclinate di 30° o 60° per permettere un contatto leggero con
la superficie da scavalcare (figura 11). Il robot, inoltre, è piatto per renderlo stabile (il
centro di massa è a circa 1.5cm dalla superficie), grande 40cm in lunghezza e 17cm in
larghezza e leggero (pesa circa 600g). Dagli esperimenti condotti sul robot si è visto che
questo è in grado di arrampicarsi su superfici di vetro con diverse angolazioni utilizzando
come liquido l’acqua. In particolare, ad un’angolazione di 30° il robot è in grado di
arrampicarsi ad una velocità di 3.5cm/s. Inoltre, dagli esperimenti si è notato che
all’aumentare della viscosità del liquido aumenta la velocità del robot.
Gli svantaggi legati a questi robot sono sia quello di non poter trasportare un carico molto
pesante sia quello di dover progettare una maniera per produrre il liquido non appena la
zampa del robot tocca la superficie.
Fig.10 Zampa del robot progettato
da Bin H.
Fig.11 Modello del robot progettato da Bin He
Fig. 12 Particolare del robot progettato da Bin He
11
Capitolo 2
Progettazione funzionale del robot
arrampicatore proposto
Il robot arrampicatore proposto in questa tesi utilizza la tecnica di adesione tramite
ventose.
In questo capitolo si analizzeranno diversi tipi dei principali elementi componenti tale
robot:
• Ventose: per permettere l’aderenza con la parete
• Sistema di generazione del vuoto: necessari per creare il vuoto
• Motori oscillanti: necessari per permettere l’arrampicata del robot
2.1 Analisi ventose
I principali svantaggi legati all’utilizzo delle ventose riguardano i problemi dello
slittamento, ribaltamento e l’impossibilità di poter aderire perfettamente su superfici che
presentano irregolarità.
La scelta della tipologia di ventosa dipende da diversi fattori: [11]
• Impiego: ambiente di lavoro, quantità di carico da trasportare, vita prevista, etc.
• Materiale: dipendente dal tipo di impiego
• Superfici: caratteristiche della superficie di contatto, come rugosità ed oleosità
• Temperatura di lavoro
• Tempo ciclo di lavoro
In genere, si possono classificare le ventose in due tipi:
• Ventose piatte
• Ventose a soffietto
12
Le ventose piatte sono particolarmente utilizzate su superfici lisce o leggermente
ondulate. Hanno il vantaggio di essere stabili durante l’aspirazione dell’aria, poco
ingombranti e di avere un tempo di aspirazione piccolo.
Le ventose a soffietto, invece, sono indicate per superfici ruvide ed irregolari in quanto
riescono ad adattarsi alla forma della superficie con cui entra in contatto.
Due problemi possono occorrere nell’utilizzo delle ventose: il primo problema riguarda
lo slittamento della stessa e il secondo riguarda il suo distacco dalla superficie di contatto.
Tali problemi possono avere diverse cause: aderenza non perfetta sulla superficie
(problema tipico se si lavora su superfici caratterizzate da asperità), carico troppo pesante,
deterioramento dei materiali (causate dall’ambiente di lavoro del robot), livello di vuoto
non abbastanza elevato da permettere la totale adesione della ventosa sulla superficie di
contatto. È necessario, dunque, minimizzare l’effetto di tali problematiche: ad esempio,
bisogna calcolare quanto dev’essere il livello di vuoto necessario a garantire la stabilità
del robot con determinati carichi.
Al fine di ottimizzare il contatto con la superficie, invece, si possono adottare diverse
soluzioni. Ad esempio, per permettere una perfetta aderenza della ventosa anche su
Fig.13 Esempio di ventosa piatta
Fig.14 Esempio di ventosa a soffietto
13
superfici ruvide vengono utilizzate delle mescole di gomma che, adattandosi alla rugosità
della superficie, permettono una perfetta aderenza della ventosa.
Tali mescole possono essere composte da diversi tipi di materiali[c]
, come ad esempio:
• Gomma Para: adatta per superfici di legno, vetro, marmo e anche su superfici
ruvide. Ha il vantaggio di essere resistente all’usura e di essere molto elastico ma
presenta lo svantaggio di non essere resistente al calore (può lavorare
correttamente da una temperatura di -70°C fino ad 80°C circa)
• Poliuretano: adatto per sollevare carichi molto pesanti, è molto resistente alla
trazione e all’abrasione. Può lavorare a temperature più elevate (-30°C ÷ 100°C)
ma non è resistente agli acidi
• Gomma spugna: adatta per ventose che sono destinate a lavorare su superfici
molto ruvide. Sono in grado di mantenere la propria elasticità anche dopo diversi
cicli di lavoro.
• Gomma nitrilica: Resistente al calore e agli olii minerali, rigida ma con scarsa
capacità dielettrica. Adatta per la presa di lastre metalliche, vetri e con qualsiasi
superficie liscia.
• Gomma naturale: Ottima resa elastica, al taglio e alla lacerazione. Consente la
presa su superfici ruvide ed irregolari ma non è resistente al calore.
• Silicone antistatico: Adatto anche per superfici con temperature molto alte o molto
basse, ma può lasciare aloni sulla superficie.
• Elastodur: Resistente all’usura e all’abrasione, adatto per superfici a contatto con
l’ambiente esterno. Lo svantaggio più evidente è quello di essere deformabile in
maniera permanente
Fig.15a Ventose con mescola in gomma para Fig.16 Ventose con mescola in silicone
14
2.2 Analisi generatori di vuoto
La scelta del tipo di generatore di vuoto è influenzato dai seguenti fattori:
• Tipologia di alimentazione
• Tipologia di carico
• Rispetto dei tempi di ciclo
• Tipologia del materiale che compone la superficie di contatto
Al variare di queste caratteristiche, è possibile scegliere tra:
• Eiettore
• Pompa
• Soffiante
L’eiettore è adatto per tutte quelle applicazioni che richiedono tempi di ciclo rapidi. Esso
è alimentato ad aria compressa per cui per utilizzarlo è necessario essere dotati di un
compressore o di un depressore. Esistono due tipi di eiettori: monostadio e multistadio.
Il funzionamento del generatore di vuoto
monostadio è basato sul principio Venturi.
Alimentando il generatore con aria compressa
in A, sulla porta D si genera una depressione
causata dall’azione dell’ugello Venturi (B) e,
attraverso un silenziatore (C) viene scaricata
l’aria di alimentazione con quella aspirata.
Interrompendo l’alimentazione dell’aria
compressa, cessa l’effetto vuoto in D.
L’eiettore multistadio è basato sull’azione
contemporanea di più eiettori monostadio
disposti in serie tra loro. Il vantaggio dei
generatori di vuoto multistadio consiste nello
sfruttare l’energia cinetica dell’aria compressa
d’alimentazione, attraverso più eiettori in
linea opportunamente dimensionati, prima di
scaricarla nell’atmosfera. Questo sistema
Fig.17 Sezione eiettore monostadio
Fig.18 Sezione eiettore multistadio
15
consente, a parità di portata, un minor consumo d’aria compressa rispetto ai generatori di
vuoto monostadio. La capacità d’aspirazione o portata è direttamente proporzionale al
differenziale di pressione esistente tra la pressione del fluido d’aspirare e quella esterna
(pressione atmosferica). Le ridotte dimensioni e la leggerezza rendono i generatori di
vuoto multistadio compatti e poco ingombranti in rapporto alla loro grande capacità
d’aspirazione. L’assenza di parti in movimento li rende particolarmente silenziosi e ne
consente l’uso continuo, senza sviluppo di calore. Essendo alimentati solamente da aria
compressa, sono antideflagranti e possono essere impiegati in ambienti di lavoro con
temperature variabili da -20 a +80 °C. Per le loro caratteristiche, è sufficiente una buona
filtrazione dell’aria compressa d’alimentazione e dell’aria aspirata, per eliminare
qualsiasi forma di manutenzione
La pompa, invece, è ideale se risulta necessario dover ottenere livelli di vuoto molto
elevati ma è sconsigliata nei lavori discontinui.
Infine, il soffiante presenta i vantaggi di poter compensare facilmente le perdite di vuoto
(ideale per superfici irregolari e porose) ed è in grado di creare un alto livello di vuoto in
poco tempo. La seguente tabella rappresenta alcune caratteristiche delle tre tipologie di
generatori di vuoto.
Nella scelta del tipo di generatore di vuoto è necessario dover tenere in considerazione
anche eventuali perdite d’aria specialmente se la ventosa deve lavorare su superfici
ruvide. Per mantenere il livello di vuoto desiderato, è necessario che il generatore abbia
una capacità tale da compensare le perdite.
In genere, con n ventose la capacità totale di aspirazione vale:
𝑉 = 𝑛 ∗ 𝑉𝑠
Fig.19 Tabella riassuntivo delle caratteristiche salienti dei tre tipi di generatori di
vuoto
16
*) il flusso di perdita rimane pressoché costante da -47kPa a -100kPa
2.3 Selezione dei tubi flessibili per il vuoto
I tubi flessibili per il vuoto vengono scelti in base a diversi criteri: dimensioni della
ventosa, carico da trasportare, ambiente di lavoro del robot.
Quando vengono installate le tubazioni per l’aria compressa si deve cercare di non creare
eccessive cadute di pressione. Tali cadute dipendono dalle dimensioni della ventosa
(diametro e lunghezza), dal flusso che scorre all’interno e dalla pressione iniziale secondo
la seguente formula:
∆𝑃 =
1.6 ∗ 1012
∗ 𝜑1.85
∗ 𝑙
𝑑5 ∗ 𝑃1
Con:
• ∆𝑃 caduta di pressione [kPa]
• 𝜑 flusso [m/s]
• 𝑑 diametro interno [mm]
• 𝑙 lunghezza delle tubazioni [m]
• 𝑃1 pressione assoluta iniziale [kPa]
2.4 Analisi degli attuatori oscillanti
Per permettere al robot di arrampicarsi sulla parete è necessario l’utilizzo di attuatori
oscillanti. Una prima classificazione degli attuatori oscillanti è quella tra:
• Attuatori oleodinamici
• Attuatori pneumatici
Fig.20 Flusso di perdita ai diversi gradi di vuoto attraverso un foro di 1mm2
17
Per quanto concerne gli attuatori oleodinamici, essi garantiscono un controllo in posizione
e velocità pressoché perfetto e coppie molto elevate ma sono molto costosi. D’altra parte,
gli attuatori pneumatici sono più economici, più resistenti e meno pesanti di quelli
oleodinamici anche se, a differenza di quest’ultimi, non garantiscono un perfetto controllo
di posizione e velocità. Non in tutti i casi quest’ultima caratteristica rappresenta uno
svantaggio per il robot.
Un’altra possibile distinzione tra gli attuatori è quella tra [c]
:
• Attuatori a pignone e cremagliera
• Attuatori a doppio effetto
Gli attuatori a semplice effetto dispongono di una sola camera e la forza viene sviluppata
in una sola direzione. Lo stelo si riposizione per mezzo di una molla o per l’azione di una
forza. Quando il fluido viene immesso nella camera, questo genera una pressione sulla
parete dell’organo mobile. Quando tale pressione è sufficientemente elevata da
contrastare la risultante dei carichi resistenti, l’organo inizia a muoversi (l’attuatore si
dice “in spinta”). Per riportare l’organo nella sua posizione iniziale, bisogna eliminare la
spinta del fluido mediante l’azione di una forza esterna (l’attuatore si dice “in trazione”).
Gli attuatori a doppio effetto dispongono di due camere in cui far agire alternativamente
il fluido in pressione in modo tale da sfruttare l’azione del fluido sia durante la spinta che
la trazione. In questo modo non c’è bisogno di una forza esterna per riposizionare l’organo
mobile nella posizione iniziale.
Fig.21 Funzionamento attuatore a singolo effetto
18
Inoltre, gli attuatori oscillanti si distinguono in:
• Attuatori a pignone e cremagliera
• Attuatori a paletta
Negli attuatori a pignone e cremagliera, l’albero di uscita è dotato di un pignone che si
ingrana direttamente su una cremagliera solidale con il doppio pistone. Angoli tipici di
rotazione sono di 90° e 180°. Il vantaggio che offre questo tipo di attuatore è quello di
avere una coppia costante e direttamente proporzionale alla pressione di alimentazione.
Negli attuatori del tipo “a paletta”, la pressione dell’aria
agisce su una paletta solidale con l’albero di uscita. La
paletta è sigillata da una guarnizione in gomma per
contrastare le perdite. Una guarnizione speciale
tridimensionale assicura la tenuta fra il fermo, l’albero e
l’involucro. In genere, la dimensione del fermo definisce
l’angolo di rotazione di 90°, 180° o 270°, ma possono
essere forniti fermi regolabili che permettono la
regolazione ad un qualsiasi angolo di rotazione
Fig.22 Funzionamento attuatore a doppio effetto
Fig.23 Sezione di un attuatore a pignone e cremagliera
Fig.24 Sezione di un
attuatore a palette
19
Nei cilindri lineari viene creato un cuscino d’aria per evitare l’impatto quando il pistone
raggiunge il fondo. Lo spessore di tale cuscino d’aria dipende dalla quantità di energia
cinetica che il pistone riesce ad assorbire. Dato che l’espressione dell’energia cinetica è
𝐸𝑐 =
1
2
𝑚𝑣2
, il valore di tale energia diventa molto importante quando un carico è
movimentato ad alte velocità.
Un discorso analogo dev’essere fatto anche per gli attuatori oscillanti: infatti lo stop
improvviso di una massa rotante senza ammortizzo può causare la rottura del pignone o
del vano che lo contiene. La massima energia sopportabile è dichiarata dal costruttore e
dev’essere rispettata. Occorre conoscere il momento d’inerzia della massa rotante 𝐽 per
definire tale energia: 𝐸𝑐 =
1
2
𝐽𝜔2
.
Laddove è possibile, le masse rotanti devono essere fermate contro un fermo meccanico
(e.g. smorzatore): questo dev’essere piazzato il più lontano possibile dall’asse di
rotazione.
20
Capitolo 3
Modello matematico del robot
arrampicatore proposto
Per la determinazione del modello matematico, si utilizzeranno i risultati ottenuti dai
lavori di Mantriota [11,12,13]
. Lo scopo principale è quello di determinare il legame tra le
dimensioni del robot ed il peso del carico, in modo tale da poter calcolare il peso massimo
trasportabile affinché non ci siano i fenomeni di ribaltamento e slittamento. Per far sì che
ciò avvenga, le forze di aderenza 𝑑𝐹𝑇 che nascono sulla ventosa devono soddisfare la
seguente relazione:
𝑑𝐹𝑇 ≤ 𝑓 ∗ 𝑑𝐹 𝑁 = 𝑓 ∗ 𝑝(𝑥, 𝑦) ∗ 𝑑𝑙 con 𝑝(𝑥, 𝑦) = 𝑝0 + 𝑎𝑥 + 𝑏𝑦
In caso di “incipiente slittamento”, la relazione sopra descritta si modifica nel seguente
modo:
𝑑𝐹𝑇 = 𝑓 ∗ 𝑑𝐹 𝑁 = 𝑓 ∗ 𝑝(𝑥, 𝑦) ∗ 𝑑𝑙
In condizioni diverse da quella di incipiente slittamento, non è detto che il rapporto tra la
forza tangenziale di aderenza e la forza normale sia costante su tutto il lato della ventosa;
tale ipotesi è maggiormente vera quanto più ci si avvicina alla condizione di incipiente
slittamento. Tale condizione rappresenta, inoltre, l’ipotesi peggiorativa per calcolare il
valore minimo del coefficiente di aderenza 𝑓 [11]
. Al fine di calcolare agevolmente la
direzione ed il verso delle forze di aderenza, Mantriota ha ipotizzato l’esistenza di un
punto di “tendente rotazione” K di coordinate (xk, yk), individuato dal punto di incontro
delle rette normali a tali forze [11,12,13]
. L’ipotesi di esistenza del punto di tendente
rotazione è maggiormente vera quanto più ci si avvicina alla condizione di incipiente
slittamento.
Per semplicità, si suppone che i pesi degli attuatori e delle ventose siano trascurabili
rispetto al peso del carico e che quest’ultimo venga posto esattamente a metà strada tra i
centri delle ventose.
21
Ipotizziamo, dunque, di avere due ventose di lato L, collegate per mezzo di un’asta di
lunghezza D su cui è posto un carico di massa M. Durante l’arrampicata, la ventosa fissa
alla parete, che supponiamo sia quella di destra, sarà soggetta a due momenti: uno che
causa lo slittamento (Tz) e l’altro che causa il ribaltamento della ventosa (Tx):
𝑀⃑⃑ 𝑝,𝑡𝑜𝑡 ∶= 𝑏⃑ × 𝑀𝑔 = (𝑥𝑏 ∗ 𝑖⃑ + 𝑦𝑏 ∗ 𝑗 + 𝑧𝑏 ∗ 𝑘⃑ ) × 𝑀𝑔
= (𝑥𝑏 ∗ 𝑖) × 𝑀𝑔 + (𝑦𝑏 ∗ 𝑗) × 𝑀𝑔⏟
0 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎè 𝑗∕∕𝑔⃑
+ (𝑧𝑏 ∗ 𝑘⃑ ) × 𝑀𝑔
= (𝑥𝑏 ∗ 𝑖) × 𝑀𝑔 + (𝑧𝑏 ∗ 𝑘⃑ ) × 𝑀𝑔 = 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑧 + 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑥
Supponiamo che il valore di 𝑧𝑏 sia trascurabile rispetto alla lunghezza dell’asta.
Quest’ipotesi semplificativa permette di trascurare l’azione del momento 𝑀 𝑃,𝑥.
Supponiamo infine che il contatto con la superficie avvenga solamente sui quattro vertici
della ventosa.
Sotto queste ipotesi, possiamo scrivere le seguenti equazioni:
∑ 𝑭⃑⃑ = 𝟎 → {
𝑃⃑ 𝑥 + 𝐹𝑇,𝑥 = 0
𝑃⃑ 𝑦 + 𝐹𝑇,𝑦 = 0
𝐹𝑣 + 𝑃⃑ 𝑧 + 𝐹𝑇,𝑧 = 0
∑ 𝑴⃑⃑⃑ = 𝟎 → {
𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑥 + 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑥 = 0
𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑦 + 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑦 = 0
𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑧 + 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑧 = 0
𝑴 𝑷,𝒙
𝑀𝑔
Fig.25 Sezione del robot arrampicatore proposto in questa tesi
Fig.26 Azione dei momenti causati dalla forza peso del carico
𝑀 𝑃,𝑧
𝑀𝑔
22
Con:
• 𝑃⃑ 𝑥, 𝑃⃑ 𝑦, 𝑃⃑ 𝑧 le componenti lungo x, y e z della forza peso del carico
• 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑥, 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑦, 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑧 le componenti lungo x, y e z del momento creato dal carico
• 𝐹𝑇,𝑥, 𝐹𝑇,𝑦, 𝐹𝑇,𝑧 le componenti lungo x, y e z della forza di aderenza
• 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑥, 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑦, 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑧 le componenti lungo x, y e z del momento creato dalla forza di
aderenza
Fissato un sistema di riferimento secondo la regola della mano destra, con centro
coincidente con il centro della ventosa, asse x diretto verso destra e asse z uscente dalla
ventosa, possiamo asserire che la forza peso ha componenti x e z nulle.
Le equazioni sopra riportate possono, pertanto, essere riscritte nel seguente modo:
∑ 𝑭⃑⃑ = 𝟎 → {
𝐹𝑇,𝑥 = ∑ 𝐹𝑇,𝑖,𝑥 = 0
𝐹𝑇,𝑦 = ∑ 𝐹𝑇,𝑖,𝑦 = −𝑀𝑔
𝐹𝑇,𝑧 = −𝐹𝑣
∑ 𝑴⃑⃑⃑ = 𝟎 → {
𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑥 + 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑥 = 0
𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑦 + 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑦 = 0
𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑧 + 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑧 = 0
Ricordando che, per ipotesi, 𝑀 𝑃,𝑥 = 0 e che 𝑀 𝑃,𝑦 = 0, si giunge in definitiva al seguente
sistema di equazioni:
∑ 𝑭⃑⃑ = 𝟎 → {
1. 𝐹𝑇,𝑥 = ∑ 𝐹𝑇,𝑖,𝑥 = 0
2. 𝐹𝑇,𝑦 = ∑ 𝐹𝑇,𝑖,𝑦 = −𝑀𝑔
3. 𝐹𝑣 = −𝐹𝑇,𝑧 = 𝐹 𝑁
∑ 𝑴⃑⃑⃑ = 𝟎 →
{
4. 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑥 = 0
5. 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑦 = 0
6. 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑧 = −𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑧 = −𝑀𝑔
𝐷
2
sin 𝜃
Otteniamo, così, un sistema di 6 equazioni in 7 incognite (xk, yk, p0, a, b, f, Fv): fissata
un’incognita, è possibile determinare le altre sei. Si fissi, ad esempio, il valore di p0 in
quanto è un dato di targa dei generatori di vuoto.
Nel lavoro di Mantriota [11]
si dimostra che:
• 𝑀 𝑇,𝑥 = −
2
3
∗ 𝑏 ∗ 𝐿3
con θ = angolo compreso tra il
vettore 𝑀𝑔 e l’asta
Con 𝐹 𝑁 forza normale
premente di contatto
ventosa-parete
23
• 𝑀 𝑇,𝑦 =
2
3
∗ 𝑎 ∗ 𝐿3
Con p0, a e b i coefficienti della legge di variazione della pressione lungo i lati della
ventosa:
𝑝(𝑥, 𝑦) = 𝑝0 + 𝑎𝑥 + 𝑏𝑦
Dalla (4) e dalla (5) si ricava facilmente che i coefficienti a e b sono nulli, ovvero la
pressione applicata sui lati della ventosa è costante: ciò è tanto vero quanto più il valore
di 𝑀 𝑃,𝑥 è piccolo rispetto a 𝑀 𝑃,𝑧 o, in altre parole, ipotizzando D≫L.
Dato che, per l’equazione (1), la risultante delle forze di aderenza lungo l’asse x
dev’essere nullo, si intuisce che il punto di tendente rotazione si deve trovare lungo l’asse
di simmetria orizzontale della ventosa: il valore di yk dev’essere nullo. Inoltre, l’ascissa
del punto di tendente rotazione si deve trovare nel semiasse destro rispetto al centro della
ventosa affinché il momento delle forze di aderenza si oppongano a quello creato dal
carico.
Per determinare i valori di xk ed f, esaminiamo lo schema delle forze di aderenza riportato
in figura:
L’obiettivo è trovare per quale valore del punto di tendente rotazione sono soddisfatte
contemporaneamente la (2) e la (6).
Per soddisfare la (2) basta effettuare una semplice somma delle quattro forze d’aderenza
sui vertici: la loro somma vettoriale sarà uguale alla forza peso 𝑀𝑔 del carico.
Fig.27 Schema delle forze di reazione agenti sui quattro vertici della ventosa
24
Dalla figura se evince che la somma delle forze resistenti sui vertici A e D sono pari a:
7. 𝐹1 = 2𝐹𝑇 cos(𝛼) Con 𝛼 = tan−1
(
𝐿
2
𝑥𝑘+
𝐿
2
)
Mentre la somma delle forze resistenti sui vertici B e C sono pari a:
8. 𝐹2 = 2𝐹𝑇cos(𝛽) Con 𝛽 = tan−1
(
𝐿
2
𝐿
2
−𝑥𝑘
) se xk è un punto interno alla ventosa
Con 𝛽 = tan−1
(
𝐿
2
𝑥𝑘−
𝐿
2
) se xk è un punto esterno alla ventosa
Da cui:
9. 𝑅 = 𝐹1 − 𝐹2 = 𝑀𝑔 se xk è interno alla ventosa
10. 𝑅 = 𝐹1 + 𝐹2 = 𝑀𝑔 se xk è esterno alla ventosa
Con 𝑅 la risultante delle forze di aderenza o, in altri termini, la risultante delle componenti
verticali delle forze di aderenza.
Per soddisfare la (6) basta effettuare un discorso analogo: il momento creato dalle forze
resistenti deve eguagliare il momento creato dal carico. Ciò si traduce nel seguente modo:
11. 𝑀 𝑇,𝑧 = −𝐹1 ∗ (𝑥𝑘 +
𝐿
2
+
𝐿
2
tan 𝛼) − 𝐹2 ∗ (
𝐿
2
− 𝑥𝑘 +
𝐿
2
tan 𝛽) =
= 𝑀𝑔 ∗ (
𝐷
2
𝑐𝑜𝑠𝜃 + 𝑥𝑘) = −𝑅 ∗ (
𝐷
2
𝑐𝑜𝑠𝜃 + 𝑥𝑘) se xk è interno alla ventosa
12. 𝑀 𝑇,𝑧 = −𝐹1 ∗ (𝑥𝑘 +
𝐿
2
+
𝐿
2
tan 𝛼) − 𝐹2 ∗ (𝑥𝑘 −
𝐿
2
+
𝐿
2
tan 𝛽) =
= 𝑀𝑔 ∗ (
𝐷
2
𝑐𝑜𝑠𝜃 + 𝑥𝑘) = −𝑅 ∗ (
𝐷
2
𝑐𝑜𝑠𝜃 + 𝑥𝑘) se xk è esterno alla ventosa
Fig.28 Schema delle forze nel caso in cui il punto di tendente rotazione sia interno alla ventosa
25
Dato che sia la somma delle forze d’aderenza che la somma dei momenti dipendono dal
modulo di 𝐹𝑇 e, quindi, dal valore di 𝑓, è possibile calcolare facilmente il valore
dell’ascissa del punto di tendente rotazione andando ad eguagliare il rapporto tra il
momento della forza agente e la stessa forza agente con il momento delle forze resistenti
e la forza totale resistente, in modo da svincolarsi dal valore del coefficiente d’aderenza:
𝑀 𝑃,𝑧
𝑃
= − (
𝐷
2
cos 𝜃 + 𝑥𝑘) =
𝑀 𝑇,𝑧
𝑅
Definito il valore del punto 𝑥𝑘, inoltre, è possibile verificare la correttezza dei calcoli
anche per via grafica. Dire, infatti, che il momento resistente è uguale al momento agente
significa dire che la somma delle aree dei triangoli definiti dalle forze d’aderenza e dai
corrispettivi bracci rispetto al punto 𝑥𝑘 è pari all’area del triangolo definito dalla forza
peso e dal braccio rispetto allo stesso punto. Di seguito sono rappresentati alcuni esempi
di verifica grafica supponendo L=200mm e D=1m con diversi valori dell’angolazione
dell’asta.
Fig.29 Schema delle forze nel caso in cui il punto di tendente rotazione sia esterno alla ventosa
Fig.30a Verifica grafica nell'istante in cui l'asta è orizzontale. Le aree colorate in giallo
rappresentano il valore del momento totale reagente. Tale momento compensa il momento
creato dal carico, rappresentato mediante l’area di colore grigio essendo R=Mg. In questa
configurazione il punto di tendente rotazione si trova all'interno della ventosa, a circa 6.55cm
dal centro della stessa.
26
Fig.30c Quando l'angolo θ assume il valore θ=32° il punto di tendente rotazione si
trova sul bordo della ventosa
Fig.30b Al diminuire dell’angolo θ, il punto di tendente rotazione si allontana dal centro della
ventosa. Nella configurazione in figura, per un angolo θ=60° il punto di tendente rotazione ha
ascissa 𝑥𝑘 =7.25cm
27
Come possiamo notare, la verifica grafica rispecchia completamente l’andamento del
valore di 𝑥𝑘 che ci aspettavamo:
• Quando l’asta è orizzontale (θ=90°), il centro di tendente rotazione è interno alla
ventosa;
• All’aumentare dell’inclinazione dell’asta, il centro di tendente rotazione si
allontana dal centro della ventosa verso il bordo della stessa;
• Per θ=32° il centro di tendente rotazione coincide col bordo della ventosa;
• Aumentando ulteriormente l’inclinazione dell’asta, il centro di tendente rotazione
esce dal bordo della ventosa;
Fig.30d Non appena l'angolo supera il valore θ=32°, il punto di tendente rotazione supererà il
bordo e continuerà ad allontanarsi sempre di più fino a quando tenderà all'infinito quando
θ=0°
28
• Per θ=0° il valore del centro di tendente rotazione tende all’infinito. È possibile
interpretare tale risultato considerando che nel momento in cui l’asta è verticale il
sistema, in caso di perdita di aderenza, traslerebbe verticalmente; tale traslazione
verticale altro non è che una rotazione intorno a punto di rotazione improprio
(ovvero infinitamente distante dal centro della ventosa)
Ricordiamo che quanto anzidetto vale per un robot con ventose quadrate di lato
L=200mm ed asta di collegamento lunga D=1m. Variando le dimensioni geometriche del
robot (lato delle ventose e lunghezza dell’asta) il centro di tendente rotazione assumerà
posizioni diverse al variare dell’inclinazione dell’asta, tendendo sempre all’infinito
quando questa è verticale (si vedano gli esempi riportati nel Cap.4).
Procediamo quindi con il calcolo del valore del coefficiente d’aderenza
Si parte dall’equazione di equilibrio lungo l’asse y:
𝑀𝑔 = 𝑅 = 2𝐹𝑇[cos(𝛼) − cos(𝛽)] se xk è interno alla ventosa
𝑀𝑔 = 𝑅 = 2𝐹𝑇[cos(𝛼) + cos(𝛽)] se xk è esterno alla ventosa
Ponendo 𝑘(𝛼, 𝛽) = [cos(𝛼) ± cos(𝛽)] (i segni + e – sono scelti in base alla posizione
del punto di tendente rotazione secondo quanto scritto prima), è possibile ricavare il
valore di 𝐹𝑇:
𝐹𝑇 =
𝑀𝑔
2𝑘(𝛼, 𝛽)
= 𝑓𝐹 𝑁
Per definizione, la forza normale di contatto è pari a:
𝐹 𝑁 = 𝑝0 ∗ 𝑆 con 𝑝0 = 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑎𝑝𝑝𝑙𝑖𝑐𝑎𝑡𝑎 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑒𝑛𝑡𝑜𝑠𝑎
𝑆 = 𝑠𝑢𝑝𝑒𝑟𝑓𝑖𝑐𝑖𝑒 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑒𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑎𝑑𝑒𝑟𝑒𝑛𝑧𝑎
Il valore di 𝑝0 dipende principalmente da due elementi:
• Superficie di contatto: una superficie ruvida causa perdite d’aria ingenti, motivo
per il quale la depressione creata è minore di quella che si potrebbe creare
utilizzando una superficie liscia
• Generatore di vuoto: le caratteristiche dei generatori di vuoto, tra cui il massimo
livello di vuoto possibile da creare, sono molteplici e dipendono dall’uso che se
ne vuole fare.
29
Per quanto riguarda il valore di 𝑆, nell’esempio trattato a ciascuna forza di aderenza,
posizionata nel rispettivo vertice della ventosa, è stata attribuita una superficie di aderenza
pari alla quarta parte della superficie totale della ventosa stessa.
Supponendo, dunque, di utilizzare un generatore di vuoto in grado di creare una
depressione pari al 𝑛% della pressione atmosferica, è possibile determinare il valore del
coefficiente di aderenza di calcolo nel seguente modo:
13. 𝑓 =
𝑀𝑔
2𝑘(𝛼,𝛽)𝐹 𝑁
=
𝑀𝑔
2𝑘(𝛼,𝛽) 𝑛
100
𝑝 𝑎𝑡𝑚
𝑆
4
=
400𝑀𝑔
2𝑘(𝛼,𝛽)∗1,01325∗105 𝑛𝑆
Il coefficiente di aderenza di calcolo non rappresenta l’effettivo coefficiente di aderenza
tra la ventosa e la superficie su cui si poggia (quest’ultimo è infatti dipendente solamente
dal tipo di materiale con cui sono costituiti gli elementi a contatto), bensì serve ad indicare
i valori dei moduli delle forze di aderenza che nascono sui quattro vertici della ventosa
ed è fondamentale per l’analisi delle prestazioni del robot, secondo quanto riportato nel
Cap.4.
Infine, per la (3) risulta che il valore della forza di vuoto è uguale alla forza normale di
contatto: 𝐹𝑣 = 𝐹 𝑁 → 𝐹𝑣 = 𝑝0 ∗ 𝑆
30
Capitolo 4
Analisi prestazionale del robot
Questo capitolo si occuperà della progettazione del robot arrampicatore proposto.
La peculiarità del robot è quella di poter trasportare carichi di diversa natura e peso in
presenza di superfici sia lisce sia ruvide, evitando che si verifichino i fenomeni dello
slittamento e del ribaltamento del robot stesso.
Il modello del robot è rappresentato in figura 32: esso è composto da due ventose collegate
tra loro mediante un’asta. In figura 33 è rappresentato il funzionamento del robot in
maniera schematica. Se si studia il modello dall’istante in cui entrambe le ventose
aderiscono alla parete, è possibile descrivere l’arrampicata del robot nel seguente modo:
inizialmente una delle due ventose si distacca dalla superficie (nella figura, la ventosa
mobile è rappresentata in verde); l’asta ruota attorno al centro dell’altra
ventosa fissa (in figura è rappresentata in rosso), facendo raggiungere
alla prima un punto situato più in alto; si interrompe la rotazione
dell’asta, la ventosa che è salita aderisce nuovamente alla superficie ed
a questo punto l’altra ventosa, rimasta in basso, si distacca ripetendo
gli stessi steps effettuati precedentemente dalla prima. Il metodo di
arrampicata del robot è molto simile a quello di un geco: inizialmente
una delle due zampe rimane attaccata alla superficie (in figura, quella
evidenziata in rosso) mentre l’altra (in figura, quella evidenziata in
verde) si distacca dalla superficie e su sposta in un punto situato più in
alto. Dopodiché, quest’ultima aderisce sulla superficie mentre l’altra si
stacca e ripete lo stesso procedimento della prima zampa. Grazie alla sua
struttura semplice, uno dei grandi vantaggi di questo robot è quello di
superare ostacoli di diverse dimensioni (passandoci da sopra o aggirandoli).
Di seguito, verranno analizzate le prestazioni del robot al variare di alcuni parametri,
come ad esempio dimensioni (lato della ventosa e lunghezza dell’asta) e peso del carico.
Fig. 31
Istantanea
dell'arrampicata
del geco
31
Il generatore di vuoto proposto per questa applicazione è l’eiettore pneumatico
multistadio “VUOTOTECNICA FVG 3” (rappresentato in figura 34): esso è stato
studiato appositamente per applicazioni
di presa e rilascio.
L’eiettore proposto presenta i vantaggi
seguenti:
• poco ingombrante
• poco pesante (84g)
• basso consumo energetico
Motore
pneumatico
Pistone per
sollevamento
ventosa
carico
Generatore di
vuoto
ventosa
Fig.32 Rappresentazione dei principali step che il robot esegue durante l'arrampicata
Fig.33 Rappresentazione schematica in 3D del robot trattato in questa tesi
Fig.34 Eiettore pneumatico multistadio FVG 3 dal
catalogo VUOTOTECNICA
32
• in grado di creare un livello di vuoto massimo dell’85% ad una pressione di
esercizio di 4bar ed è dotato di espulsore
Esso è alimentato ad aria compressa proveniente da un depressore mediante tubi flessibili.
Si supponga di voler sollevare un carico di 10kg utilizzando due ventose quadrate aventi
superfici di 0.04m². È possibile studiare la ventosa mediante una ventosa equivalente di
lato L=200mm, avente il solo perimetro a contatto con la parete.
Analizziamo le prestazioni del robot al variare del grado di vuoto ed al variare del carico.
L’andamento del punto di tendente rotazione è visibile dal seguente diagramma
0
0,05
0,1
0,15
0,2
0,25
0,3
0,35
5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90
puntotendenterotazione[metri]
θ [gradi]
xk(θ) con L=200mm e D=1m
Fig. 35 Rappresentazione della superficie di calcolo associata a ciascuna forza di aderenza. Nel
caso esaminato si considera l≈L.
Fig.36 Andamento dell'ascissa del punto di tendente rotazione al variare di θ con L=200mm e
D=1m
33
Tramite foglio di calcolo, in corrispondenza del valore corretto di 𝑥𝑘 (ottenuto
confrontando il rapporto tra momento e forza resistente con il rapporto tra momento e
forza agente) si è in grado di calcolare il valore di 2𝑘(𝛼, 𝛽), necessario per il calcolo del
coefficiente di aderenza di calcolo in accordo a quanto riportato nel Cap.3:
𝑓 =
𝑀𝑔
2𝑘(𝛼, 𝛽)𝐹 𝑁
=
𝑀𝑔
2𝑘(𝛼, 𝛽) 𝑛
100
𝑝 𝑎𝑡𝑚
𝑆
4
=
400𝑀𝑔
2𝑘(𝛼, 𝛽) ∗ 1,01325 ∗ 105 𝑛𝑆
Nel caso esaminato, per un angolo θ=90°, il valore di 2𝑘(𝛼, 𝛽) è circa pari a 1.0583.
Assumendo un valore di depressione massimo (85% del vuoto), il valore del coefficiente
di aderenza di calcolo è quindi pari a:
𝑓85%,10𝑘𝑔 =
10 ∗ 9.8
1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.85 ∗ 0.01
≅ 0.108
Per verificare che la ventosa non scivoli, deve risultare che il modulo della forza di
aderenza sia al più uguale al modulo della forza di aderenza massima, che dipende dalla
superficie della parete su cui il robot si sta arrampicando.
Non è possibile rilevare dati generalmente validi relativi al coefficiente di aderenza
massimo 𝑓𝑚 𝑎𝑥 tra la ventosa e la parete. Questo deve essere concretamente rilevato
mediante dei tentativi, avendo un ruolo essenziale la qualità della superficie della parete
(ruvida, secca, umida, oleosa) e le caratteristiche della ventosa (forma, labbro di tenuta,
bordo di tenuta, materiale ventosa, durezza).
In maniera approssimata, è possibile utilizzare i seguenti valori dei coefficienti di
aderenza:
• 𝑓1,𝑚𝑎𝑥 = 0.2 ÷ 0.3 se il contatto è tra ventosa e superfici lisce ed umide
• 𝑓2,𝑚𝑎𝑥 = 0.5 se il contatto è tra ventosa e legno, ventosa e metallo, ventosa e pietra
• 𝑓3,𝑚𝑎𝑥 = 0.6 se il contatto è tra ventosa e superfici ruvide
cui corrispondono le seguenti forze di aderenza massime:
34
𝐹𝑇𝑖,𝑚𝑎𝑥 = 𝑓𝑖,𝑚𝑎𝑥 ∗ 𝑆 𝑐𝑜𝑛 𝑖 = 1,2,3
Si verifica, quindi, che i valori ottenuti delle forze di aderenza siano minori dei valori
massimi:
𝐹𝑇 = 𝑓 ∗ 𝑆 ≤ 𝑓𝑖,𝑚𝑎𝑥 ∗ 𝑆 = 𝐹𝑇𝑖,𝑚𝑎𝑥 → 𝑓 ≤ 𝑓𝑖,𝑚𝑎𝑥
Dato che, nel caso in esame, tale relazione è soddisfatta per tutti e tre i tipi di superfici
analizzate, la ventosa aderisce su qualsiasi tipo di parete. Per ciascun caso è possibile
definire un coefficiente di sicurezza pari al rapporto tra il coefficiente di aderenza
massimo 𝑓𝑚 𝑎𝑥 e quello di calcolo 𝑓:
𝑠 =
𝑓
𝑓𝑚 𝑎𝑥
Variando il valore di depressione varierà anche il valore del coefficiente di aderenza di
calcolo. Ad esempio, per valori di depressione pari al 60% ed al 40% della pressione
atmosferica si ottengono i seguenti risultati:
𝑓60%,10𝑘𝑔 =
10 ∗ 9.8
1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.6 ∗ 0.01
≅ 0.15
𝑓40%,10𝑘𝑔 =
10 ∗ 9.8
1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.4 ∗ 0.01
≅ 0.23
0
0,05
0,1
0,15
0,2
0,25
85 60 40
coefficienteaderenza
livello di vuoto
coefficiente aderenza con M=10kg a diversi livelli di vuoto
Fig.37 Valori del coefficiente di aderenza di calcolo con diversi valori del livello di vuoto
utilizzando un carico di massa M=10kg
35
Come si può notare, a parità di carico si ha che:
• Generando una pressione pari al 60% della pressione atmosferica il robot continua
a funzionare su un qualsiasi tipo di superficie
• Generando una pressione pari al 40% della pressione atmosferica il robot non è in
grado di arrampicarsi su alcune tipologie di superfici lisce
Il coefficiente di aderenza di calcolo varia anche al variare del carico. Di seguito sono
rappresentati i valori di quest’ultimo all’85%, 60% e al 40% della pressione atmosferica
con un carico pari a 30kg
𝑓85%,30𝑘𝑔 =
30 ∗ 9.8
1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.85 ∗ 0.01
≅ 0.32
𝑓60%,30𝑘𝑔 =
30 ∗ 9.8
1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.6 ∗ 0.01
≅ 0.457
𝑓40%,30𝑘𝑔 =
50 ∗ 9.8
1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.4 ∗ 0.01
≅ 0.685
0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
0,8
85 60 40
coefficienteaderenza
livello di vuoto
coefficiente d'aderenza con M=30kg a diversi livelli di
vuoto
Fig.38a Valore del coefficiente di aderenza di calcolo con diversi valori del livello di vuoto
utilizzando un carico di massa M=30kg
36
E con un carico pari a 50kg:
𝑓85%,50𝑘𝑔 =
50 ∗ 9.8
1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.85 ∗ 0.01
≅ 0.538
𝑓60%,50𝑘𝑔 =
50 ∗ 9.8
1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.6 ∗ 0.01
≅ 0.75
𝑓40%,50𝑘𝑔 =
50 ∗ 9.8
1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.4 ∗ 0.01
≅ 1.6
Come si può notare:
• con un carico di 30kg il robot può arrampicarsi solamente su superfici diverse da
quelle lisce fintanto che la depressione generata all’interno della ventosa sia
maggiore del 40% della pressione atmosferica. In caso contrario tale robot non
può arrampicarsi su nessun altro tipo di superficie.
• Con un carico di 50kg il robot può arrampicarsi solamente su superfici ruvide se
l’eiettore riesce a creare un livello di vuoto pari all’85% della pressione
atmosferica, altrimenti per livelli di vuoto più bassi il robot non è in grado di
arrampicarsi su nessun tipo di superficie.
Di seguito verrà analizzato cosa succede se, invece, si fanno variare le dimensioni della
ventosa. Supponiamo, ad esempio, di aumentare il lato della ventosa di 10cm, ovvero
L=300mm.
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
1,4
1,6
1,8
85 60 40
coefficienteaderenza
livello di vuoto
coefficiente d'aderenza con M=50kg a diversi livelli di
vuoto
Fig.38b Valore del coefficiente di aderenza di calcolo con diversi valori del livello di vuoto
utilizzando un carico di massa M=50kg
37
In questo caso la legge di variazione dell’ascissa del punto di tendente rotazione sarà
diversa da quella vista nel caso precedente. Mediante l’ausilio di un foglio di calcolo, si
impone l’equilibrio alla rotazione e alla traslazione lungo l’asse y utilizzando le equazioni
9, 10, 11 e 12. In questo caso, il punto di tendente rotazione ha il seguente andamento
Risulta, dunque, necessario calcolare il nuovo valore di 2𝑘(𝛼, 𝛽), che nel caso peggiore
(θ=90°) vale circa 1.4885.
Utilizzando la formula 13, con un carico di 10 kg si ottengono i seguenti valori dei
coefficienti di aderenza di calcolo a diversi livelli di vuoto:
• 𝑓85%,10𝑘𝑔 =
10∗9.8
1.01325∗105∗1.4885∗0.85∗0.0225
≅ 0.034
• 𝑓60%,10𝑘𝑔 =
10∗9.8
1.01325∗105∗1.4885∗0.6∗0.0225
≅ 0.048
• 𝑓40%,10𝑘𝑔 =
10∗9.8
1.01325∗105∗1.4885∗0.4∗0.0225
≅ 0.072
Si noti come, aumentando le dimensioni della ventosa, il robot risulti più stabile. Infatti,
rispetto al robot precedentemente analizzato, questo garantisce un coefficiente di
sicurezza maggiore per ciascun caso.
Aumentando il carico da trasportare, i valori dei coefficienti di aderenza di calcolo
varieranno. In particolare con un carico di 30kg saranno:
0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90
puntotendenterotazione[metri]
θ[gradi]
xk(θ) con L=300mm e D=1m
Fig.39 Andamento dell'ascissa del punto di tendente rotazione al variare di θ con L=300mm e
D=1m
38
• 𝑓85%,30𝑘𝑔 =
30∗9.8
1.01325∗105∗1.4885∗0.85∗0.0225
≅ 0.1
• 𝑓60%,30𝑘𝑔 =
30∗9.8
1.01325∗105∗1.4885∗0.6∗0.0225
≅ 0.14
• 𝑓40%,30𝑘𝑔 =
30∗9.8
1.01325∗105∗1.4885∗0.4∗0.0225
≅ 0.216
Similmente al caso precedente, il robot riesce ad arrampicarsi su una qualsiasi superficie
tranne su alcuni tipi di superfici lisce ed umide quando la depressione creata all’interno
della ventosa è minore del 40% della pressione atmosferica.
Con un carico di 50kg i nuovi valori sono, invece:
• 𝑓85%,50𝑘𝑔 =
50∗9.8
1.01325∗105∗1.4885∗0.85∗0.0225
≅ 0.17
• 𝑓60%,50𝑘𝑔 =
50∗9.8
1.01325∗105∗1.4885∗0.6∗0.0225
≅ 0.24
• 𝑓40%,50𝑘𝑔 =
50∗9.8
1.01325∗105∗1.4885∗0.4∗0.0225
≅ 0.36
In quest’ultimo caso il robot non riuscirà ad arrampicarsi su superfici lisce se il livello di
vuoto generato dall’eiettore è minore del 60%.
0
0,05
0,1
0,15
0,2
0,25
0,3
0,35
0,4
85 60 40
coeficiented'aderenza
livello di vuoto [%]
L=300mm e D=1m
M=10kg
M=30kg
M=50kg
Fig.40 Valore del coefficiente di aderenza di calcolo con diversi valori del livello di vuoto
utilizzando un carico di massa 10kg, 20kg e 50kg
39
Infine sono state analizzate le prestazioni del robot quando si utilizza un’asta di
lunghezza minore. In particolare si è supposto D=800mm ed L=200mm.
L’andamento dell’ascissa del punto di tendente rotazione è mostrato in fig.40.
Così come fatto in precedenza, si calcola dapprima il nuovo valore di 2𝑘(𝛼, 𝛽), che è pari
a circa a 1.2826.
A questo punto, applicando nuovamente la formula 13 e supponendo il carico pesante
10kg, si ottengono i seguenti valori del coefficiente di aderenza di calcolo al variare del
livello di vuoto:
• 𝑓85%,10𝑘𝑔 =
10∗9.8
1.01325∗105∗1.2826∗0.85∗0.01
≅0.09
• 𝑓60%,10𝑘𝑔 =
10∗9.8
1.01325∗105∗1.2826∗0.6∗0.01
≅ 0.126
• 𝑓40%,10𝑘𝑔 =
10∗9.8
1.01325∗105∗1.2826∗0.4∗0.01
≅ 0.19
Si noti che si è avuto un miglioramento delle prestazioni del robot rispetto alle prestazioni
del primo robot studiato. In caso di carico di 30kg, i nuovi valori del coefficiente di
aderenza di calcolo saranno:
Fig.41 Andamento dell'ascissa del punto di tendente rotazione al variare di θ con L=200mm e
D=0.8m
0
0,05
0,1
0,15
0,2
0,25
0,3
0,35
0,4
5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90
puntotendenterotazione[metri]
θ [gradi]
xk(θ) con L=200mm e D=0,8m
40
• 𝑓85%,30𝑘𝑔 =
30∗9.8
1.01325∗105∗1.2826∗0.85∗0.01
≅ 0.264
• 𝑓60%,30𝑘𝑔 =
30∗9.8
1.01325∗105∗1.2826∗0.6∗0.01
≅ 0.375
• 𝑓40%,30𝑘𝑔 =
30∗9.8
1.01325∗105∗1.2826∗0.4∗0.01
≅ 0.567
Come è possibile notare, analogamente al robot con ventosa di lato L=200mm ed asta di
lunghezza D=1m, con questo robot non è possibile trasportare carichi di 30kg su superfici
lisce. Inoltre il robot non può arrampicarsi nemmeno su superfici di legno o pietra se il
livello di vuoto è inferiore al 40%.
Infine, i valori dei coefficienti di aderenza di calcolo per carichi pesanti 50kg valgono:
• 𝑓85%,50𝑘𝑔 =
50∗9.8
1.01325∗105∗1.2826∗0.85∗0.01
≅ 0.44
• 𝑓60%,50𝑘𝑔 =
50∗9.8
1.01325∗105∗1.2826∗0.6∗0.01
≅ 0.625
• 𝑓40%,50𝑘𝑔 =
50∗9.8
1.01325∗105∗1.2826∗0.4∗0.01
≅ 0.945
Come ci si poteva aspettare, per carichi pari a 50kg questa tipologia di robot non può
arrampicarsi su superfici lisce ed umide, di legno, vetro, pietra etc., e potrà arrampicarsi
su superfici ruvide solo se il livello di vuoto creato è maggiore del 40%.
0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
0,8
0,9
1
85 60 40
L=200mm D=0,8m
M=10kg
M=30kg
M=50kg
Fig.42 Valore del coefficiente di aderenza di calcolo con diversi valori del livello di vuoto
utilizzando un carico di massa 10kg, 20kg e 50kg
41
Da una rapida analisi, dunque, si può dedurre che le prestazioni del robot migliorano
all’aumentare delle dimensioni della ventosa ed al diminuire della lunghezza dell’asta.
Inoltre, il robot trova più difficoltà a scavalcare pareti lisce ed umide piuttosto che quelle
ruvide. D’altra parte, è necessario considerare che con superfici lisce si è in grado di
mantenere il livello di vuoto costante ed elevato, mentre su superfici ruvide tale livello è
destinato ad abbassarsi. Per ovviare a questo problema esistono due soluzioni. La prima
è quella di effettuare un controllo del livello di vuoto tramite vacuostato e fare in modo
che l’eiettore aspiri l’aria all’interno della ventosa non appena il livello di vuoto registrato
diventa più piccola di una soglia minima. Tale soluzione è efficace ma costosa in quanto
è necessario implementare un
sistema di controllo automatico.
La seconda soluzione è meno
costosa e consiste nell’utilizzare
ventose rigide ma che abbiano il
labbro deformabile: in questo
modo la ventosa si adatta alla
forma della superficie,
minimizzando le perdite o rendendole nulle. Per questa applicazione, ad esempio, è
conveniente utilizzare uno tra i seguenti materiali: gomma para, gomma spugna o gomma
naturale.
Fig.43b Ventose con mescole di gomma
spugna con relativa rappresentazione in
sezione
Fig. 43a Con mescole in gomma spugna, la ventosa si
adatta alla rugosità della superficie
42
Per quanto concerne l’utilizzo dei motori, è possibile utilizzare un motore oscillante
pneumatico a palmola oscillante. La scelta del motore dev’essere basata sul peso
nominale del carico da trasportare. Ad esempio, se si utilizza il primo robot analizzato
(L=200mm, D=1m), la coppia che il motore deve fornire dev’essere superiore a 5.00Nm.
In questo caso può essere utilizzato un “Attuatore pneumatico oscillante Festo DSRL-32-
180-P”. Da catalogo, infatti, tale attuatore fornisce in uscita una coppia pari a 10.00Nm
con una pressione di alimentazione pari a 6bar. Se invece si vuole sollevare un carico di
30kg, può essere utilizzato un “Attuatore pneumatico oscillante Festo DSRL-40-180-P”,
che fornisce in uscita una coppia pari a 20.00Nm alla pressione di alimentazione pari a
6bar.
Fig.44a Motore DSRL dal catalogo FESTO Fig.44b Sezione del motore DSRL
43
Conclusioni
I robot arrampicatori sono ampiamente diffusi per poter svolgere lavori di varia natura,
dal trasporto di carichi pesanti alla pulizia di edifici fino ad azioni di controllo su oggetti
posti lungo pareti verticali.
L’arrampicata mediante ventose rappresenta una tra le più diffuse tipologie di arrampicata
di tali robot.
In questa tesi è stato studiato un robot dotato di due ventose quadrate, collegate tra loro
per mezzo di un’asta e aventi ciascuna un attuatore pneumatico oscillante, un eiettore ed
un pistone per permettere il distacco dalla superficie.
È stato proposto un modello matematico che rappresenta il comportamento del robot
basato sulla rilevazione di un punto di tendente rotazione 𝑥𝑘. È stato quindi visto che,
durante l’arrampicata, ciascuna ventosa è soggetta ad un momento lungo l’asse z variabile
con l’inclinazione dell’asta e che tende a far slittare la ventosa. L’obiettivo della tesi è
stato quello di calcolare il valore del coefficiente di aderenza di calcolo a diversi gradi di
vuoto e a diversi carichi, verificando che questo sia minore del coefficiente di aderenza
ventosa-parete, permettendo quindi l’utilizzo del robot in totale sicurezza durante
l’arrampicata.
Dai risultati ottenuti, sono state dedotte le seguenti conclusioni:
• Superamento degli ostacoli: il suo principio di funzionamento e la sua struttura
permettono al robot di poter superare ostacoli di diverse dimensioni.
• Possibilità di essere utilizzato con superfici di diversa natura: l’utilizzo di
ventose rigide il cui labbro di tenuta è di gomma o gomma spugna permettono al
robot di potersi arrampicare su una vasta gamma di superfici (lisci o irregolari,
umide o asciutte, vetro, legno, pietra etc.).
• Possibilità di trasportare carichi pesanti: è stato verificato che l’utilizzo di
ventose di lato L=200mm e di un’asta di lunghezza D=1m permettono al robot di
poter trasportare carichi fino a 10/15kg su superfici lisce, mentre è possibile
trasportare carichi di 30/40kg su superfici irregolari. Infine è stato verificato che,
variando opportunamente le dimensioni del robot, quest’ultimo può trasportare
carichi più pesanti a parità di superfici di arrampicata.
44
Riferimenti
Bibliografia
1. C.B. Frey, M.A. Osborne “The future of employment: How susceptible are jobs to
computerization”, p. 38.
2. S. Nansai, R. E. Mohan “A Survey of Wall Climbing Robots: Recent Advances and
Challenges” in “Robotics”, 2016, pp. 2-8.
3. S. Kawasaki, K. Kikuchi, “Development of a Small Legged Wall Climbing Robot
with Passive Suction Cups”, In Proceedings of the 3rd International Conference on
Design Engineering and Science - ICDES, Pilsen (CZ), 31 Agosto – 3 Settembre
2014, p.112-116
4. H. Kim, D. Kim, H. Yang, K. Lee, K. Seo, D. Chang, J. Kim, “A wall climbing robot
with vacuum caterpillar wheel system operated by mechanical valve”, In
Proceedings of the 9th International Conference on Climbing and Walking Robots,
Bruxelles (BE), 12-14 Settembre 2006, pp. 28–33.
5. X. Gao, K. Kikuchi, “Study on a Kind of Wall Cleaning Robot”, In Proceedings of
the 2004 IEEE International Conference on Robotics and Biomimetics, Shenyang
(CN), 22-26 Agosto 2004, pp. 391-392.
6. D. Longo, G. Muscato, “The Alicia climbing robot, a three-module robot for
Automatic wall inspection”, in “IEEE Robotics & Automation Magazine”, Marzo
2006, pp. 42-46.
7. S. De Francisci, D. Longo, G. Muscato, “A State-Space Direction Dependent
Parametric Model for the Suction Cup of the Alicia II Robot”, In Proceedings of the
European Control Conference 2007, Kos (GR), 2-5 Luglio 2007, pp. 3457-3458.
8. A.K. Gupta, S.K. Arora, “Industrial automation and robotics”, 2a
edizione, pp. 365-
366
9. T. Kim, K. Seo, J. Kim, H.S. Kim, “Adaptive Impedance Control of a Cleaning Unit
for a Novel Wall-Climbing Mobile Robotic Platform (ROPE RIDE)”, 2014
IEEE/ASME International Conference on Advanced Intelligent Mechatronics
(AIM), Besançon (FR), 8-11 Luglio 2014, pp. 994-995
45
10. H. Bin, W. Zhipeng, L. Minghe, W. Kun, S. Runjie, H. Sanqing, “Wet Adhesion
Inspired Bionic Climbing Robot”, in “IEEE/ASME Transaction on Mechatronics”,
Vol. XIX, n.1, Febbraio 2014, pp. 312-316
11. G. Mantriota, “Theoretical model of grasp with vacuum gripper”, in “Mechanism
and Machine Theory”, vol. XLII (2007), pp. 2-17
12. G. Mantriota, “Optimal grasp of vacuum grippers with multiple suction cups” in
“Mechanism and Machine Theory”, vol. XLII (2007), pp. 18-33
13. G. Mantriota, A. Messina, “Theoretical and experimental study of the performance
of flat suction cups in the presence of tangential loads”, in “Mechanism and
Machine Theory”, vol. XLVI (2011), pp.607-617
Sitografia
a) http://diem1.ing.unibo.it/personale/troncossi/MR/Integrazione_Disp.pdf
b) https://www.maxonmotor.it/maxon/view/application/Robot-arrampicatori-con-gli-
azionamenti-maxon
c) http://ww2.unime.it/ingegneria/new/materiale/sensori14.pdf

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Robot arrampicatori con azionamento pneumatico

  • 1. POLITECNICO DI BARI DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA ELETTRICA E DELL'INFORMAZIONE CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN INGEGNERIA INFORMATICA E DELL'AUTOMAZIONE TESI DI LAUREA IN MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE Robot arrampicatori con azionamento pneumatico Relatore: Laureando: Chiar.mo Prof. Ing. Giacomo Mantriota Vladimir Zitoli Anno Accademico 2016/2017
  • 2.
  • 3. Indice Introduzione .................................................................................................................................1 Capitolo 1 Panoramica sulle tipologie di robot arrampicatori ....................................................................3 1.1 Adesione mediante ventose..............................................................................................3 1.2 Adesione mediante magneti.............................................................................................7 1.3 Adesione mediante corde o binari....................................................................................8 1.4 Robot bioispirati...............................................................................................................9 Capitolo 2 Progettazione funzionale del robot arrampicatore proposto....................................................11 2.1 Analisi delle ventose......................................................................................................11 2.2 Analisi dei generatori di vuoto.......................................................................................14 2.3 Selezione dei tubi flessibili per il vuoto.........................................................................16 2.4 Analisi degli attuatori oscillanti .....................................................................................16 Capitolo 3 Modello matematico del robot arrampicatore proposto ..........................................................20 Capitolo 4 Analisi prestazionale del robot................................................................................................30 Conclusioni .................................................................................................................................43 Bibliografia / sitografia..............................................................................................................44
  • 4.
  • 5. 1 Introduzione Negli ultimi 30 anni si è assistito ad un rapido sviluppo di un nuovo settore dell’ingegneria: la robotica. Questa è presente in molteplici settori quali, per citarne alcuni, quello industriale, medico, agricolo e domestico ed è destinata ad avere un ruolo sempre più importante nella nostra società. Infatti i robot sono in grado di eseguire compiti pesanti, noiosi, ripetitivi, pericolosi e veloci in maniera precisa e accurata diversamente da una persona: un esempio è quello fornito da robot che manipolano oggetti a temperature elevate, che trasportano carichi di diverse centinaia di chilogrammi da un punto ad un altro, oppure che riescono a spostare con precisione piccoli componenti al ritmo di 150 movimenti al minuto. Secondo Frey ed Osborne, infatti, nel prossimo futuro il 47% degli attuali impiegati negli Stati Uniti d’America saranno rimpiazzati da robot che sono in grado di eseguire in maniera ottimale i loro stessi lavori [1] . È possibile classificare i robot utilizzando diversi criteri. Una prima distinzione è quella basata sul criterio funzionale, in cui possiamo distinguere robot progettati [a] : • Per manipolazione • Per processi • Per assemblaggio Un’altra distinzione si basa invece sulla precisione, in cui si distinguono robot: • Ad alta precisione • A media precisione (manipolazione, montaggio) • A bassa precisione Infine, un’ultima distinzione riguarda la mobilità dei robot, in cui si distinguono robot: a) Fissi b) Mobili (su ruote, su rotaie, su cingoli) Questa tesi si concentrerà sui robot mobili ed in maniera più approfondita su quelli arrampicatori.
  • 6. 2 Questi, infatti, hanno trovato un discreto successo grazie alla peculiarità di potersi muovere lungo superfici più o meno ripide, con diversi tipi di rugosità e trasportando carichi laddove risulta necessario. Un esempio di applicazione è quello dei robot lavavetri, utilizzati per pulire le vetrate dei grattacieli, che hanno avuto una larghissima diffusione a causa dell’elevata pericolosità che caratterizza tale compito. Altri esempi riguardano robot che si arrampicano sui tralicci dell’alta tensione, rendendo più sicuri i controlli di routine, robot antincendio, utili per spegnere incendi in edifici o pozzetti elettrici [b] o robot arrampicatori per manutenzione e monitoraggio di componenti posti su superfici verticali. Fig.1a Robot arrampicatore su tralicci Fig. 1b Robot arrampicatore per trasporto carichi
  • 7. 3 Capitolo 1 Panoramica sulle tipologie di robot arrampicatori Ad oggi, esistono diverse tecniche di adesione dei robot arrampicatori. Nel lavoro di Nansai e Mohan [2] sono stati trattati alcuni tra i metodi più comuni utilizzati per permettere l’adesione tra il robot arrampicatore e la superficie di contatto. 1.1 Adesione mediante ventose La tipologia che, senza ombra di dubbio, è più diffusa è quella dell’adesione tramite ventose. Tale tipologia è ideale se il robot è destinato ad essere usato su superfici lisce e piane come, ad esempio, il vetro. Il principio di funzionamento si articola in 3 fasi: • Approccio: la ventosa entra in contatto con la superficie della parete • Presa: la ventosa è sottoposta al vuoto. In questa fase la ventosa rimane attaccata alla parete • Rilascio: viene interrotta la condizione di vuoto per rilasciare il corpo Il vuoto viene creato mediante l’ausilio di un generatore di vuoto. Il vantaggio principale nell’utilizzo di tale tecnica è che tali robot possono essere completamente pilotati da semplici attuatori pneumatici, il che rende il robot economico da realizzare. Un grande svantaggio tipico se si utilizza questa tecnica è la Fig.2 Robot mobile con sistema di aderenza tramite ventose circolari
  • 8. 4 limitata velocità di avanzamento del robot in quanto è necessario effettuare un controllo sul livello di vuoto creato ogni qual volta la ventosa aderisce lungo la superficie [2] . Tale problematica viene superata con l’utilizzo di ventose che aderiscono sulla superficie in maniera “passiva”, ovvero senza l’ausilio di un sistema di aspirazione dell’aria. Un esempio è quello dei robot arrampicatori cingolati. Con questo tipo di robot, le ventose sono attaccate su uno o più cingoli che, ruotando, fanno aderire le ventose alla parete. Un robot arrampicatore cingolato è stato progettato da Kim (Figura 4) [4] . Nel progetto si evince che le ventose sono controllate da un meccanismo a valvole: questa è composta da una molla che viene aperta non appena la ventosa si trova sulla parte inferiore del cingolo. Tramite l’apertura e la chiusura delle valvole, è possibile far fuoriuscire o far entrare l’aria permettendo alla macchina di avanzare. Il principale vantaggio nell’utilizzo di tale robot è quello di poter generare una forza di adesione molto intensa senza l’ausilio di particolari sistemi che regolino la quantità d’aria da asportare [3] . D’altra parte, lo svantaggio nell’uso di questi robot è quello di non poter effettuare rotazioni. Per poterle eseguire è necessario progettare un ulteriore meccanismo che permetta al robot di poter cambiare direzione. Fig.3 Robot cingolato progettato da Kim H.
  • 9. 5 Altri robot che utilizzano una tecnica molto simile a quella appena analizzata sono i robot arrampicatori dotati di ruote. Esse presentano il vantaggio di poter raggiungere più facilmente diversi punti della superficie, diversamente da quanto visto prima. Un semplice esempio di robot arrampicatore dotato di ruote è stato proposto da Gao e Kikuchi [5] ed è un modello di robot lavavetri. La struttura del robot proposto è divisibile in tre parti: il corpo, il sistema di sicurezza ed il sistema di pulizia. Come è possibile notare dalla figura 6, il corpo è composto da una singola grande ventosa (4), due pompe (2), due ruote autonome (1) ed un motore con controllore (3). Una delle due pompe lavora più intensamente, l’altra invece lavora solo quando il robot su muove su superfici curve. Per permettere l’adesione e la mobilità non si deve creare sulla ventosa né una pressione molto elevata, altrimenti non si riuscirebbe a muovere, né tantomeno Fig.5 Modello di robot arrampicatore dotato di ruote proposto da Gao Fig. 4 Funzionamento robot cingolato progettato da Kim H.
  • 10. 6 bisogna creare una pressione troppo piccola poiché il robot cadrebbe. Infine, dato che il moto è fornito dalle ruote, grazie alla variazione della velocità della singola ruota e all’inclinazione della stessa il robot ha il vantaggio di poter raggiungere facilmente ed in poco tempo diversi punti della superficie. Un modello di robot più complesso dotato di ruote è quello progettato da Longo e Muscato e denominato ALICIA [6] . ALICIA è un robot arrampicatore dotato di 3 moduli indipendenti e collegati tra loro da braccia robotiche. Ciascun modulo, rappresentato in figura 6, si comporta come una grande ventosa in grado di muoversi e nel contempo di rimanere attaccato alla superficie. La sua struttura comprende tre anelli in PVC tenuti insieme da un disco di alluminio. L’anello più grande ed il disco hanno un diametro di 30 cm. Questo anello ed il secondo sono responsabili della tenuta del robot, mentre il terzo anello è responsabile del contatto tra il robot e la superficie. Inoltre, questo anello è usato come base per ospitare il sistema di aspirazione dell’aria ed il motore per far muovere il robot mediante l’utilizzo delle ruote. Per regolare il livello di vuoto da creare sulla ventosa, è necessario porre un sistema di controllo che garantisca il corretto funzionamento del robot. Alcuni modelli di sistemi di controllo sono stati proposti da De Francisci, Longo e Muscato [7] . Il punto di forza di ALICIA è quello di unire il vantaggio di superare grossi ostacoli con l’utilizzo di braccia robotiche con il vantaggio di essere veloce grazie all’utilizzo delle ruote. Ciò a scapito di un sistema di controllo complesso e dell’utilizzo di un sistema di aspirazione dell’aria che deve ad aspirare meno aria di quella che normalmente aspira una pompa. Fig.6 2Singolo modulo del robot ALICIA Fig.7 robot arrampicatore ALICIA
  • 11. 7 1.2 Adesione mediante magneti Un’altra tecnica di adesione comunemente utilizzata dai robot arrampicatori è quella magnetica. Naturalmente, per poter applicare tale tecnica è necessario che i materiali che compongono il robot e la superficie abbiano un’elevata permeabilità magnetica. Il robot deve essere fornito dunque di magneti permanenti in modo da potersi arrampicare sulla superficie interessata. Il vantaggio di tali robot è quello di non avere nessun tipo di controllo sull’adesione, come invece accadeva con i modelli precedentemente descritti, e ciò si traduce in costi minori. Inoltre, l’assenza di dispositivi aggiuntivi (come le pompe o aspiratori vari) permette al robot di supportare un carico maggiore. Per sfruttare al massimo l’effetto, è necessario che il magnete sia totalmente in contatto con la superficie. In certi casi, però, è anche possibile far funzionare correttamente il robot anche non avendo un contatto perfetto tra magnete e superficie a patto che la forza sviluppata dall’interazione magnetica sia tale da non far cadere il robot. Una particolarità nell’utilizzo di adesione magnetica è la rapidità di arrampicata del robot, che può raggiungere velocità molto più elevate rispetto a quelle che si ottengono utilizzando le ventose, proprio perché l’adesione magnetica non ha bisogno di interventi e controlli esterni. Se non si dispongono di magneti permanenti, il robot può essere costruito anche mediante elettromagneti alimentati in continua. Si deve però tenere in considerazione che, se per qualche motivo dovesse venire a mancare l’alimentazione, il robot cadrebbe. D’altra parte, un possibile svantaggio è dato dalla temperatura: infatti i magneti permanenti tendono a smagnetizzarsi se lavorano ad una temperatura maggiore della temperatura di Curie. In realtà tali temperature sono elevate (da 573°K per il neodimio a 1043°K per il ferro) ed è molto difficile che un robot arrampicatore possa lavorare a Fig.8 Gecko, esempio di robot arrampicatore con adesione magnetica
  • 12. 8 queste temperature [8] . Un altro svantaggio, tipico se si utilizza la tecnica di adesione magnetica mediante magneti permanenti, è la difficoltà legata alla fase di rilascio della superficie in quanto le forze di iterazione magnetica possono risultare molto elevate. Tale difficoltà viene superata con l’utilizzo di elettromagneti: infatti basta non far circolare corrente per permettere il distacco dalla superficie. Infine tale tecnica è utilizzabile sono in presenza di superfici formate da materiale ferromagnetico. 1.3 Adesione mediante corde o binari La tecnica di adesione mediante corde e binari utilizza una corda o dei speciali binari installati sulla parete per guidare il robot nella sua arrampicata lungo la superficie considerata. L’utilizzo dell’adesione mediante corda è ideale quando il robot si deve arrampicare su superfici che non sono piane. Questa tecnica presenta un elevato grado di sicurezza del robot in quanto esso è fissato o mediante una corda o sul binario. Un modello di robot arrampicatore con adesione mediante corde è proposto da Kim con il robot ROPE RIDE (Robotic Platform Enabling Rope access In Dangerous Environment) [9] . La struttura del ROPE RIDE è composto da due parti uguali, una superiore ed una inferiore, tenute insieme da un giunto rotante passivo. La parte inferiore è composta da quattro ruote triangolari per permettere la mobilità del robot. Sulla parte superiore sono installati il meccanismo di sterzata ed il meccanismo di arrampicata del robot. Il giunto, oltre ad attenuare gli effetti negativi di momenti esterni, abbassa il centro di massa rendendo il robot più stabile. Fig.9a Robot arrampicatore ROPE RIDE Fig. 9b Robot arrampicatore con adesione mediante binari
  • 13. 9 Sul ROPE RIDE, inoltre, così come in tutte queste tipologie di robot, è installato anche un meccanismo addizionale di adesione che permette al robot di arrampicarsi su superfici aventi un’inclinazione maggiore della verticale. 1.4 Robot bioispirati Negli ultimi anni si è affermato un nuovo concetto della robotica: la “biorobotica”, cioè la robotica ispirata dalla biologia. È interessante notare come i sistemi robotici bioispirati dal mondo animale possano essere più solidi ed efficienti, considerato che quest’ultimo si è evoluto in migliaia di anni. Infatti si è visto come ciascuna tecnica analizzata precedentemente presenti vantaggi e svantaggi: • L’utilizzo di ventose permette un forte presa ma nel contempo è lento e non ideale per superfici ruvide. • L’adesione magnetica rende il robot veloce ma può essere utilizzata solo con materiali ferromagnetici. • I robot arrampicatori mediante corde e/o binari non possono arrampicarsi su pareti più inclinate della verticale se non sono dotati di un meccanismo aggiuntivo di arrampicata. D’altra parte, nel mondo animale troviamo insetti come formiche e scarafaggi o rettili come gechi che sono in grado di arrampicarsi sulla maggior parte delle superfici in maniera stabile e veloce. Se si riesce, dunque, ad imitare le modalità di arrampicata di tali animali si potrebbero costruire robot altrettanto stabili e veloci. Nel mondo animale vengono utilizzate principalmente due tipi di adesioni: adesione asciutta e capillare. Il primo tipo di adesione è quella sfruttata dai gechi: le loro zampe sono composte da microscopici peli (setole) che permettono al rettile di rimanere attaccato ad una superficie grazie al fenomeno delle forze di Van der Waals (forze intermolecolari che nascono quando gli elettroni di un atomo creano un campo magnetico tale da attirare gli elettroni di un atomo vicino). Per staccarsi, basta modificare l’inclinazione di questi peli e, in questa maniera, il geco riesce a muoversi.
  • 14. 10 Il secondo tipo di adesione è tipico della stragrande maggioranza degli insetti (es. afidi) e consiste nell’interazione tra una superficie solida ed un liquido che viene secreto dalle zampe dell’insetto. Un esempio di robot arrampicatore ispirato al mondo animale è quello proposto da Bin H. et al. [10] . Il robot sfrutta il principio di adesione capillare ed è ispirato all’insetto stecco. La sua struttura, infatti, è composta da un busto centrale, dodici motori e sei arti con zampe progettate in maniera tale da imitare le zampe dell’insetto stecco: la superficie di contatto è morbida e supportata da strati di fibre inclinate di 30° o 60° per permettere un contatto leggero con la superficie da scavalcare (figura 11). Il robot, inoltre, è piatto per renderlo stabile (il centro di massa è a circa 1.5cm dalla superficie), grande 40cm in lunghezza e 17cm in larghezza e leggero (pesa circa 600g). Dagli esperimenti condotti sul robot si è visto che questo è in grado di arrampicarsi su superfici di vetro con diverse angolazioni utilizzando come liquido l’acqua. In particolare, ad un’angolazione di 30° il robot è in grado di arrampicarsi ad una velocità di 3.5cm/s. Inoltre, dagli esperimenti si è notato che all’aumentare della viscosità del liquido aumenta la velocità del robot. Gli svantaggi legati a questi robot sono sia quello di non poter trasportare un carico molto pesante sia quello di dover progettare una maniera per produrre il liquido non appena la zampa del robot tocca la superficie. Fig.10 Zampa del robot progettato da Bin H. Fig.11 Modello del robot progettato da Bin He Fig. 12 Particolare del robot progettato da Bin He
  • 15. 11 Capitolo 2 Progettazione funzionale del robot arrampicatore proposto Il robot arrampicatore proposto in questa tesi utilizza la tecnica di adesione tramite ventose. In questo capitolo si analizzeranno diversi tipi dei principali elementi componenti tale robot: • Ventose: per permettere l’aderenza con la parete • Sistema di generazione del vuoto: necessari per creare il vuoto • Motori oscillanti: necessari per permettere l’arrampicata del robot 2.1 Analisi ventose I principali svantaggi legati all’utilizzo delle ventose riguardano i problemi dello slittamento, ribaltamento e l’impossibilità di poter aderire perfettamente su superfici che presentano irregolarità. La scelta della tipologia di ventosa dipende da diversi fattori: [11] • Impiego: ambiente di lavoro, quantità di carico da trasportare, vita prevista, etc. • Materiale: dipendente dal tipo di impiego • Superfici: caratteristiche della superficie di contatto, come rugosità ed oleosità • Temperatura di lavoro • Tempo ciclo di lavoro In genere, si possono classificare le ventose in due tipi: • Ventose piatte • Ventose a soffietto
  • 16. 12 Le ventose piatte sono particolarmente utilizzate su superfici lisce o leggermente ondulate. Hanno il vantaggio di essere stabili durante l’aspirazione dell’aria, poco ingombranti e di avere un tempo di aspirazione piccolo. Le ventose a soffietto, invece, sono indicate per superfici ruvide ed irregolari in quanto riescono ad adattarsi alla forma della superficie con cui entra in contatto. Due problemi possono occorrere nell’utilizzo delle ventose: il primo problema riguarda lo slittamento della stessa e il secondo riguarda il suo distacco dalla superficie di contatto. Tali problemi possono avere diverse cause: aderenza non perfetta sulla superficie (problema tipico se si lavora su superfici caratterizzate da asperità), carico troppo pesante, deterioramento dei materiali (causate dall’ambiente di lavoro del robot), livello di vuoto non abbastanza elevato da permettere la totale adesione della ventosa sulla superficie di contatto. È necessario, dunque, minimizzare l’effetto di tali problematiche: ad esempio, bisogna calcolare quanto dev’essere il livello di vuoto necessario a garantire la stabilità del robot con determinati carichi. Al fine di ottimizzare il contatto con la superficie, invece, si possono adottare diverse soluzioni. Ad esempio, per permettere una perfetta aderenza della ventosa anche su Fig.13 Esempio di ventosa piatta Fig.14 Esempio di ventosa a soffietto
  • 17. 13 superfici ruvide vengono utilizzate delle mescole di gomma che, adattandosi alla rugosità della superficie, permettono una perfetta aderenza della ventosa. Tali mescole possono essere composte da diversi tipi di materiali[c] , come ad esempio: • Gomma Para: adatta per superfici di legno, vetro, marmo e anche su superfici ruvide. Ha il vantaggio di essere resistente all’usura e di essere molto elastico ma presenta lo svantaggio di non essere resistente al calore (può lavorare correttamente da una temperatura di -70°C fino ad 80°C circa) • Poliuretano: adatto per sollevare carichi molto pesanti, è molto resistente alla trazione e all’abrasione. Può lavorare a temperature più elevate (-30°C ÷ 100°C) ma non è resistente agli acidi • Gomma spugna: adatta per ventose che sono destinate a lavorare su superfici molto ruvide. Sono in grado di mantenere la propria elasticità anche dopo diversi cicli di lavoro. • Gomma nitrilica: Resistente al calore e agli olii minerali, rigida ma con scarsa capacità dielettrica. Adatta per la presa di lastre metalliche, vetri e con qualsiasi superficie liscia. • Gomma naturale: Ottima resa elastica, al taglio e alla lacerazione. Consente la presa su superfici ruvide ed irregolari ma non è resistente al calore. • Silicone antistatico: Adatto anche per superfici con temperature molto alte o molto basse, ma può lasciare aloni sulla superficie. • Elastodur: Resistente all’usura e all’abrasione, adatto per superfici a contatto con l’ambiente esterno. Lo svantaggio più evidente è quello di essere deformabile in maniera permanente Fig.15a Ventose con mescola in gomma para Fig.16 Ventose con mescola in silicone
  • 18. 14 2.2 Analisi generatori di vuoto La scelta del tipo di generatore di vuoto è influenzato dai seguenti fattori: • Tipologia di alimentazione • Tipologia di carico • Rispetto dei tempi di ciclo • Tipologia del materiale che compone la superficie di contatto Al variare di queste caratteristiche, è possibile scegliere tra: • Eiettore • Pompa • Soffiante L’eiettore è adatto per tutte quelle applicazioni che richiedono tempi di ciclo rapidi. Esso è alimentato ad aria compressa per cui per utilizzarlo è necessario essere dotati di un compressore o di un depressore. Esistono due tipi di eiettori: monostadio e multistadio. Il funzionamento del generatore di vuoto monostadio è basato sul principio Venturi. Alimentando il generatore con aria compressa in A, sulla porta D si genera una depressione causata dall’azione dell’ugello Venturi (B) e, attraverso un silenziatore (C) viene scaricata l’aria di alimentazione con quella aspirata. Interrompendo l’alimentazione dell’aria compressa, cessa l’effetto vuoto in D. L’eiettore multistadio è basato sull’azione contemporanea di più eiettori monostadio disposti in serie tra loro. Il vantaggio dei generatori di vuoto multistadio consiste nello sfruttare l’energia cinetica dell’aria compressa d’alimentazione, attraverso più eiettori in linea opportunamente dimensionati, prima di scaricarla nell’atmosfera. Questo sistema Fig.17 Sezione eiettore monostadio Fig.18 Sezione eiettore multistadio
  • 19. 15 consente, a parità di portata, un minor consumo d’aria compressa rispetto ai generatori di vuoto monostadio. La capacità d’aspirazione o portata è direttamente proporzionale al differenziale di pressione esistente tra la pressione del fluido d’aspirare e quella esterna (pressione atmosferica). Le ridotte dimensioni e la leggerezza rendono i generatori di vuoto multistadio compatti e poco ingombranti in rapporto alla loro grande capacità d’aspirazione. L’assenza di parti in movimento li rende particolarmente silenziosi e ne consente l’uso continuo, senza sviluppo di calore. Essendo alimentati solamente da aria compressa, sono antideflagranti e possono essere impiegati in ambienti di lavoro con temperature variabili da -20 a +80 °C. Per le loro caratteristiche, è sufficiente una buona filtrazione dell’aria compressa d’alimentazione e dell’aria aspirata, per eliminare qualsiasi forma di manutenzione La pompa, invece, è ideale se risulta necessario dover ottenere livelli di vuoto molto elevati ma è sconsigliata nei lavori discontinui. Infine, il soffiante presenta i vantaggi di poter compensare facilmente le perdite di vuoto (ideale per superfici irregolari e porose) ed è in grado di creare un alto livello di vuoto in poco tempo. La seguente tabella rappresenta alcune caratteristiche delle tre tipologie di generatori di vuoto. Nella scelta del tipo di generatore di vuoto è necessario dover tenere in considerazione anche eventuali perdite d’aria specialmente se la ventosa deve lavorare su superfici ruvide. Per mantenere il livello di vuoto desiderato, è necessario che il generatore abbia una capacità tale da compensare le perdite. In genere, con n ventose la capacità totale di aspirazione vale: 𝑉 = 𝑛 ∗ 𝑉𝑠 Fig.19 Tabella riassuntivo delle caratteristiche salienti dei tre tipi di generatori di vuoto
  • 20. 16 *) il flusso di perdita rimane pressoché costante da -47kPa a -100kPa 2.3 Selezione dei tubi flessibili per il vuoto I tubi flessibili per il vuoto vengono scelti in base a diversi criteri: dimensioni della ventosa, carico da trasportare, ambiente di lavoro del robot. Quando vengono installate le tubazioni per l’aria compressa si deve cercare di non creare eccessive cadute di pressione. Tali cadute dipendono dalle dimensioni della ventosa (diametro e lunghezza), dal flusso che scorre all’interno e dalla pressione iniziale secondo la seguente formula: ∆𝑃 = 1.6 ∗ 1012 ∗ 𝜑1.85 ∗ 𝑙 𝑑5 ∗ 𝑃1 Con: • ∆𝑃 caduta di pressione [kPa] • 𝜑 flusso [m/s] • 𝑑 diametro interno [mm] • 𝑙 lunghezza delle tubazioni [m] • 𝑃1 pressione assoluta iniziale [kPa] 2.4 Analisi degli attuatori oscillanti Per permettere al robot di arrampicarsi sulla parete è necessario l’utilizzo di attuatori oscillanti. Una prima classificazione degli attuatori oscillanti è quella tra: • Attuatori oleodinamici • Attuatori pneumatici Fig.20 Flusso di perdita ai diversi gradi di vuoto attraverso un foro di 1mm2
  • 21. 17 Per quanto concerne gli attuatori oleodinamici, essi garantiscono un controllo in posizione e velocità pressoché perfetto e coppie molto elevate ma sono molto costosi. D’altra parte, gli attuatori pneumatici sono più economici, più resistenti e meno pesanti di quelli oleodinamici anche se, a differenza di quest’ultimi, non garantiscono un perfetto controllo di posizione e velocità. Non in tutti i casi quest’ultima caratteristica rappresenta uno svantaggio per il robot. Un’altra possibile distinzione tra gli attuatori è quella tra [c] : • Attuatori a pignone e cremagliera • Attuatori a doppio effetto Gli attuatori a semplice effetto dispongono di una sola camera e la forza viene sviluppata in una sola direzione. Lo stelo si riposizione per mezzo di una molla o per l’azione di una forza. Quando il fluido viene immesso nella camera, questo genera una pressione sulla parete dell’organo mobile. Quando tale pressione è sufficientemente elevata da contrastare la risultante dei carichi resistenti, l’organo inizia a muoversi (l’attuatore si dice “in spinta”). Per riportare l’organo nella sua posizione iniziale, bisogna eliminare la spinta del fluido mediante l’azione di una forza esterna (l’attuatore si dice “in trazione”). Gli attuatori a doppio effetto dispongono di due camere in cui far agire alternativamente il fluido in pressione in modo tale da sfruttare l’azione del fluido sia durante la spinta che la trazione. In questo modo non c’è bisogno di una forza esterna per riposizionare l’organo mobile nella posizione iniziale. Fig.21 Funzionamento attuatore a singolo effetto
  • 22. 18 Inoltre, gli attuatori oscillanti si distinguono in: • Attuatori a pignone e cremagliera • Attuatori a paletta Negli attuatori a pignone e cremagliera, l’albero di uscita è dotato di un pignone che si ingrana direttamente su una cremagliera solidale con il doppio pistone. Angoli tipici di rotazione sono di 90° e 180°. Il vantaggio che offre questo tipo di attuatore è quello di avere una coppia costante e direttamente proporzionale alla pressione di alimentazione. Negli attuatori del tipo “a paletta”, la pressione dell’aria agisce su una paletta solidale con l’albero di uscita. La paletta è sigillata da una guarnizione in gomma per contrastare le perdite. Una guarnizione speciale tridimensionale assicura la tenuta fra il fermo, l’albero e l’involucro. In genere, la dimensione del fermo definisce l’angolo di rotazione di 90°, 180° o 270°, ma possono essere forniti fermi regolabili che permettono la regolazione ad un qualsiasi angolo di rotazione Fig.22 Funzionamento attuatore a doppio effetto Fig.23 Sezione di un attuatore a pignone e cremagliera Fig.24 Sezione di un attuatore a palette
  • 23. 19 Nei cilindri lineari viene creato un cuscino d’aria per evitare l’impatto quando il pistone raggiunge il fondo. Lo spessore di tale cuscino d’aria dipende dalla quantità di energia cinetica che il pistone riesce ad assorbire. Dato che l’espressione dell’energia cinetica è 𝐸𝑐 = 1 2 𝑚𝑣2 , il valore di tale energia diventa molto importante quando un carico è movimentato ad alte velocità. Un discorso analogo dev’essere fatto anche per gli attuatori oscillanti: infatti lo stop improvviso di una massa rotante senza ammortizzo può causare la rottura del pignone o del vano che lo contiene. La massima energia sopportabile è dichiarata dal costruttore e dev’essere rispettata. Occorre conoscere il momento d’inerzia della massa rotante 𝐽 per definire tale energia: 𝐸𝑐 = 1 2 𝐽𝜔2 . Laddove è possibile, le masse rotanti devono essere fermate contro un fermo meccanico (e.g. smorzatore): questo dev’essere piazzato il più lontano possibile dall’asse di rotazione.
  • 24. 20 Capitolo 3 Modello matematico del robot arrampicatore proposto Per la determinazione del modello matematico, si utilizzeranno i risultati ottenuti dai lavori di Mantriota [11,12,13] . Lo scopo principale è quello di determinare il legame tra le dimensioni del robot ed il peso del carico, in modo tale da poter calcolare il peso massimo trasportabile affinché non ci siano i fenomeni di ribaltamento e slittamento. Per far sì che ciò avvenga, le forze di aderenza 𝑑𝐹𝑇 che nascono sulla ventosa devono soddisfare la seguente relazione: 𝑑𝐹𝑇 ≤ 𝑓 ∗ 𝑑𝐹 𝑁 = 𝑓 ∗ 𝑝(𝑥, 𝑦) ∗ 𝑑𝑙 con 𝑝(𝑥, 𝑦) = 𝑝0 + 𝑎𝑥 + 𝑏𝑦 In caso di “incipiente slittamento”, la relazione sopra descritta si modifica nel seguente modo: 𝑑𝐹𝑇 = 𝑓 ∗ 𝑑𝐹 𝑁 = 𝑓 ∗ 𝑝(𝑥, 𝑦) ∗ 𝑑𝑙 In condizioni diverse da quella di incipiente slittamento, non è detto che il rapporto tra la forza tangenziale di aderenza e la forza normale sia costante su tutto il lato della ventosa; tale ipotesi è maggiormente vera quanto più ci si avvicina alla condizione di incipiente slittamento. Tale condizione rappresenta, inoltre, l’ipotesi peggiorativa per calcolare il valore minimo del coefficiente di aderenza 𝑓 [11] . Al fine di calcolare agevolmente la direzione ed il verso delle forze di aderenza, Mantriota ha ipotizzato l’esistenza di un punto di “tendente rotazione” K di coordinate (xk, yk), individuato dal punto di incontro delle rette normali a tali forze [11,12,13] . L’ipotesi di esistenza del punto di tendente rotazione è maggiormente vera quanto più ci si avvicina alla condizione di incipiente slittamento. Per semplicità, si suppone che i pesi degli attuatori e delle ventose siano trascurabili rispetto al peso del carico e che quest’ultimo venga posto esattamente a metà strada tra i centri delle ventose.
  • 25. 21 Ipotizziamo, dunque, di avere due ventose di lato L, collegate per mezzo di un’asta di lunghezza D su cui è posto un carico di massa M. Durante l’arrampicata, la ventosa fissa alla parete, che supponiamo sia quella di destra, sarà soggetta a due momenti: uno che causa lo slittamento (Tz) e l’altro che causa il ribaltamento della ventosa (Tx): 𝑀⃑⃑ 𝑝,𝑡𝑜𝑡 ∶= 𝑏⃑ × 𝑀𝑔 = (𝑥𝑏 ∗ 𝑖⃑ + 𝑦𝑏 ∗ 𝑗 + 𝑧𝑏 ∗ 𝑘⃑ ) × 𝑀𝑔 = (𝑥𝑏 ∗ 𝑖) × 𝑀𝑔 + (𝑦𝑏 ∗ 𝑗) × 𝑀𝑔⏟ 0 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎè 𝑗∕∕𝑔⃑ + (𝑧𝑏 ∗ 𝑘⃑ ) × 𝑀𝑔 = (𝑥𝑏 ∗ 𝑖) × 𝑀𝑔 + (𝑧𝑏 ∗ 𝑘⃑ ) × 𝑀𝑔 = 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑧 + 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑥 Supponiamo che il valore di 𝑧𝑏 sia trascurabile rispetto alla lunghezza dell’asta. Quest’ipotesi semplificativa permette di trascurare l’azione del momento 𝑀 𝑃,𝑥. Supponiamo infine che il contatto con la superficie avvenga solamente sui quattro vertici della ventosa. Sotto queste ipotesi, possiamo scrivere le seguenti equazioni: ∑ 𝑭⃑⃑ = 𝟎 → { 𝑃⃑ 𝑥 + 𝐹𝑇,𝑥 = 0 𝑃⃑ 𝑦 + 𝐹𝑇,𝑦 = 0 𝐹𝑣 + 𝑃⃑ 𝑧 + 𝐹𝑇,𝑧 = 0 ∑ 𝑴⃑⃑⃑ = 𝟎 → { 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑥 + 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑥 = 0 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑦 + 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑦 = 0 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑧 + 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑧 = 0 𝑴 𝑷,𝒙 𝑀𝑔 Fig.25 Sezione del robot arrampicatore proposto in questa tesi Fig.26 Azione dei momenti causati dalla forza peso del carico 𝑀 𝑃,𝑧 𝑀𝑔
  • 26. 22 Con: • 𝑃⃑ 𝑥, 𝑃⃑ 𝑦, 𝑃⃑ 𝑧 le componenti lungo x, y e z della forza peso del carico • 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑥, 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑦, 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑧 le componenti lungo x, y e z del momento creato dal carico • 𝐹𝑇,𝑥, 𝐹𝑇,𝑦, 𝐹𝑇,𝑧 le componenti lungo x, y e z della forza di aderenza • 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑥, 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑦, 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑧 le componenti lungo x, y e z del momento creato dalla forza di aderenza Fissato un sistema di riferimento secondo la regola della mano destra, con centro coincidente con il centro della ventosa, asse x diretto verso destra e asse z uscente dalla ventosa, possiamo asserire che la forza peso ha componenti x e z nulle. Le equazioni sopra riportate possono, pertanto, essere riscritte nel seguente modo: ∑ 𝑭⃑⃑ = 𝟎 → { 𝐹𝑇,𝑥 = ∑ 𝐹𝑇,𝑖,𝑥 = 0 𝐹𝑇,𝑦 = ∑ 𝐹𝑇,𝑖,𝑦 = −𝑀𝑔 𝐹𝑇,𝑧 = −𝐹𝑣 ∑ 𝑴⃑⃑⃑ = 𝟎 → { 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑥 + 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑥 = 0 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑦 + 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑦 = 0 𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑧 + 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑧 = 0 Ricordando che, per ipotesi, 𝑀 𝑃,𝑥 = 0 e che 𝑀 𝑃,𝑦 = 0, si giunge in definitiva al seguente sistema di equazioni: ∑ 𝑭⃑⃑ = 𝟎 → { 1. 𝐹𝑇,𝑥 = ∑ 𝐹𝑇,𝑖,𝑥 = 0 2. 𝐹𝑇,𝑦 = ∑ 𝐹𝑇,𝑖,𝑦 = −𝑀𝑔 3. 𝐹𝑣 = −𝐹𝑇,𝑧 = 𝐹 𝑁 ∑ 𝑴⃑⃑⃑ = 𝟎 → { 4. 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑥 = 0 5. 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑦 = 0 6. 𝑀⃑⃑ 𝑇,𝑧 = −𝑀⃑⃑ 𝑃,𝑧 = −𝑀𝑔 𝐷 2 sin 𝜃 Otteniamo, così, un sistema di 6 equazioni in 7 incognite (xk, yk, p0, a, b, f, Fv): fissata un’incognita, è possibile determinare le altre sei. Si fissi, ad esempio, il valore di p0 in quanto è un dato di targa dei generatori di vuoto. Nel lavoro di Mantriota [11] si dimostra che: • 𝑀 𝑇,𝑥 = − 2 3 ∗ 𝑏 ∗ 𝐿3 con θ = angolo compreso tra il vettore 𝑀𝑔 e l’asta Con 𝐹 𝑁 forza normale premente di contatto ventosa-parete
  • 27. 23 • 𝑀 𝑇,𝑦 = 2 3 ∗ 𝑎 ∗ 𝐿3 Con p0, a e b i coefficienti della legge di variazione della pressione lungo i lati della ventosa: 𝑝(𝑥, 𝑦) = 𝑝0 + 𝑎𝑥 + 𝑏𝑦 Dalla (4) e dalla (5) si ricava facilmente che i coefficienti a e b sono nulli, ovvero la pressione applicata sui lati della ventosa è costante: ciò è tanto vero quanto più il valore di 𝑀 𝑃,𝑥 è piccolo rispetto a 𝑀 𝑃,𝑧 o, in altre parole, ipotizzando D≫L. Dato che, per l’equazione (1), la risultante delle forze di aderenza lungo l’asse x dev’essere nullo, si intuisce che il punto di tendente rotazione si deve trovare lungo l’asse di simmetria orizzontale della ventosa: il valore di yk dev’essere nullo. Inoltre, l’ascissa del punto di tendente rotazione si deve trovare nel semiasse destro rispetto al centro della ventosa affinché il momento delle forze di aderenza si oppongano a quello creato dal carico. Per determinare i valori di xk ed f, esaminiamo lo schema delle forze di aderenza riportato in figura: L’obiettivo è trovare per quale valore del punto di tendente rotazione sono soddisfatte contemporaneamente la (2) e la (6). Per soddisfare la (2) basta effettuare una semplice somma delle quattro forze d’aderenza sui vertici: la loro somma vettoriale sarà uguale alla forza peso 𝑀𝑔 del carico. Fig.27 Schema delle forze di reazione agenti sui quattro vertici della ventosa
  • 28. 24 Dalla figura se evince che la somma delle forze resistenti sui vertici A e D sono pari a: 7. 𝐹1 = 2𝐹𝑇 cos(𝛼) Con 𝛼 = tan−1 ( 𝐿 2 𝑥𝑘+ 𝐿 2 ) Mentre la somma delle forze resistenti sui vertici B e C sono pari a: 8. 𝐹2 = 2𝐹𝑇cos(𝛽) Con 𝛽 = tan−1 ( 𝐿 2 𝐿 2 −𝑥𝑘 ) se xk è un punto interno alla ventosa Con 𝛽 = tan−1 ( 𝐿 2 𝑥𝑘− 𝐿 2 ) se xk è un punto esterno alla ventosa Da cui: 9. 𝑅 = 𝐹1 − 𝐹2 = 𝑀𝑔 se xk è interno alla ventosa 10. 𝑅 = 𝐹1 + 𝐹2 = 𝑀𝑔 se xk è esterno alla ventosa Con 𝑅 la risultante delle forze di aderenza o, in altri termini, la risultante delle componenti verticali delle forze di aderenza. Per soddisfare la (6) basta effettuare un discorso analogo: il momento creato dalle forze resistenti deve eguagliare il momento creato dal carico. Ciò si traduce nel seguente modo: 11. 𝑀 𝑇,𝑧 = −𝐹1 ∗ (𝑥𝑘 + 𝐿 2 + 𝐿 2 tan 𝛼) − 𝐹2 ∗ ( 𝐿 2 − 𝑥𝑘 + 𝐿 2 tan 𝛽) = = 𝑀𝑔 ∗ ( 𝐷 2 𝑐𝑜𝑠𝜃 + 𝑥𝑘) = −𝑅 ∗ ( 𝐷 2 𝑐𝑜𝑠𝜃 + 𝑥𝑘) se xk è interno alla ventosa 12. 𝑀 𝑇,𝑧 = −𝐹1 ∗ (𝑥𝑘 + 𝐿 2 + 𝐿 2 tan 𝛼) − 𝐹2 ∗ (𝑥𝑘 − 𝐿 2 + 𝐿 2 tan 𝛽) = = 𝑀𝑔 ∗ ( 𝐷 2 𝑐𝑜𝑠𝜃 + 𝑥𝑘) = −𝑅 ∗ ( 𝐷 2 𝑐𝑜𝑠𝜃 + 𝑥𝑘) se xk è esterno alla ventosa Fig.28 Schema delle forze nel caso in cui il punto di tendente rotazione sia interno alla ventosa
  • 29. 25 Dato che sia la somma delle forze d’aderenza che la somma dei momenti dipendono dal modulo di 𝐹𝑇 e, quindi, dal valore di 𝑓, è possibile calcolare facilmente il valore dell’ascissa del punto di tendente rotazione andando ad eguagliare il rapporto tra il momento della forza agente e la stessa forza agente con il momento delle forze resistenti e la forza totale resistente, in modo da svincolarsi dal valore del coefficiente d’aderenza: 𝑀 𝑃,𝑧 𝑃 = − ( 𝐷 2 cos 𝜃 + 𝑥𝑘) = 𝑀 𝑇,𝑧 𝑅 Definito il valore del punto 𝑥𝑘, inoltre, è possibile verificare la correttezza dei calcoli anche per via grafica. Dire, infatti, che il momento resistente è uguale al momento agente significa dire che la somma delle aree dei triangoli definiti dalle forze d’aderenza e dai corrispettivi bracci rispetto al punto 𝑥𝑘 è pari all’area del triangolo definito dalla forza peso e dal braccio rispetto allo stesso punto. Di seguito sono rappresentati alcuni esempi di verifica grafica supponendo L=200mm e D=1m con diversi valori dell’angolazione dell’asta. Fig.29 Schema delle forze nel caso in cui il punto di tendente rotazione sia esterno alla ventosa Fig.30a Verifica grafica nell'istante in cui l'asta è orizzontale. Le aree colorate in giallo rappresentano il valore del momento totale reagente. Tale momento compensa il momento creato dal carico, rappresentato mediante l’area di colore grigio essendo R=Mg. In questa configurazione il punto di tendente rotazione si trova all'interno della ventosa, a circa 6.55cm dal centro della stessa.
  • 30. 26 Fig.30c Quando l'angolo θ assume il valore θ=32° il punto di tendente rotazione si trova sul bordo della ventosa Fig.30b Al diminuire dell’angolo θ, il punto di tendente rotazione si allontana dal centro della ventosa. Nella configurazione in figura, per un angolo θ=60° il punto di tendente rotazione ha ascissa 𝑥𝑘 =7.25cm
  • 31. 27 Come possiamo notare, la verifica grafica rispecchia completamente l’andamento del valore di 𝑥𝑘 che ci aspettavamo: • Quando l’asta è orizzontale (θ=90°), il centro di tendente rotazione è interno alla ventosa; • All’aumentare dell’inclinazione dell’asta, il centro di tendente rotazione si allontana dal centro della ventosa verso il bordo della stessa; • Per θ=32° il centro di tendente rotazione coincide col bordo della ventosa; • Aumentando ulteriormente l’inclinazione dell’asta, il centro di tendente rotazione esce dal bordo della ventosa; Fig.30d Non appena l'angolo supera il valore θ=32°, il punto di tendente rotazione supererà il bordo e continuerà ad allontanarsi sempre di più fino a quando tenderà all'infinito quando θ=0°
  • 32. 28 • Per θ=0° il valore del centro di tendente rotazione tende all’infinito. È possibile interpretare tale risultato considerando che nel momento in cui l’asta è verticale il sistema, in caso di perdita di aderenza, traslerebbe verticalmente; tale traslazione verticale altro non è che una rotazione intorno a punto di rotazione improprio (ovvero infinitamente distante dal centro della ventosa) Ricordiamo che quanto anzidetto vale per un robot con ventose quadrate di lato L=200mm ed asta di collegamento lunga D=1m. Variando le dimensioni geometriche del robot (lato delle ventose e lunghezza dell’asta) il centro di tendente rotazione assumerà posizioni diverse al variare dell’inclinazione dell’asta, tendendo sempre all’infinito quando questa è verticale (si vedano gli esempi riportati nel Cap.4). Procediamo quindi con il calcolo del valore del coefficiente d’aderenza Si parte dall’equazione di equilibrio lungo l’asse y: 𝑀𝑔 = 𝑅 = 2𝐹𝑇[cos(𝛼) − cos(𝛽)] se xk è interno alla ventosa 𝑀𝑔 = 𝑅 = 2𝐹𝑇[cos(𝛼) + cos(𝛽)] se xk è esterno alla ventosa Ponendo 𝑘(𝛼, 𝛽) = [cos(𝛼) ± cos(𝛽)] (i segni + e – sono scelti in base alla posizione del punto di tendente rotazione secondo quanto scritto prima), è possibile ricavare il valore di 𝐹𝑇: 𝐹𝑇 = 𝑀𝑔 2𝑘(𝛼, 𝛽) = 𝑓𝐹 𝑁 Per definizione, la forza normale di contatto è pari a: 𝐹 𝑁 = 𝑝0 ∗ 𝑆 con 𝑝0 = 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑎𝑝𝑝𝑙𝑖𝑐𝑎𝑡𝑎 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑒𝑛𝑡𝑜𝑠𝑎 𝑆 = 𝑠𝑢𝑝𝑒𝑟𝑓𝑖𝑐𝑖𝑒 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑒𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑎𝑑𝑒𝑟𝑒𝑛𝑧𝑎 Il valore di 𝑝0 dipende principalmente da due elementi: • Superficie di contatto: una superficie ruvida causa perdite d’aria ingenti, motivo per il quale la depressione creata è minore di quella che si potrebbe creare utilizzando una superficie liscia • Generatore di vuoto: le caratteristiche dei generatori di vuoto, tra cui il massimo livello di vuoto possibile da creare, sono molteplici e dipendono dall’uso che se ne vuole fare.
  • 33. 29 Per quanto riguarda il valore di 𝑆, nell’esempio trattato a ciascuna forza di aderenza, posizionata nel rispettivo vertice della ventosa, è stata attribuita una superficie di aderenza pari alla quarta parte della superficie totale della ventosa stessa. Supponendo, dunque, di utilizzare un generatore di vuoto in grado di creare una depressione pari al 𝑛% della pressione atmosferica, è possibile determinare il valore del coefficiente di aderenza di calcolo nel seguente modo: 13. 𝑓 = 𝑀𝑔 2𝑘(𝛼,𝛽)𝐹 𝑁 = 𝑀𝑔 2𝑘(𝛼,𝛽) 𝑛 100 𝑝 𝑎𝑡𝑚 𝑆 4 = 400𝑀𝑔 2𝑘(𝛼,𝛽)∗1,01325∗105 𝑛𝑆 Il coefficiente di aderenza di calcolo non rappresenta l’effettivo coefficiente di aderenza tra la ventosa e la superficie su cui si poggia (quest’ultimo è infatti dipendente solamente dal tipo di materiale con cui sono costituiti gli elementi a contatto), bensì serve ad indicare i valori dei moduli delle forze di aderenza che nascono sui quattro vertici della ventosa ed è fondamentale per l’analisi delle prestazioni del robot, secondo quanto riportato nel Cap.4. Infine, per la (3) risulta che il valore della forza di vuoto è uguale alla forza normale di contatto: 𝐹𝑣 = 𝐹 𝑁 → 𝐹𝑣 = 𝑝0 ∗ 𝑆
  • 34. 30 Capitolo 4 Analisi prestazionale del robot Questo capitolo si occuperà della progettazione del robot arrampicatore proposto. La peculiarità del robot è quella di poter trasportare carichi di diversa natura e peso in presenza di superfici sia lisce sia ruvide, evitando che si verifichino i fenomeni dello slittamento e del ribaltamento del robot stesso. Il modello del robot è rappresentato in figura 32: esso è composto da due ventose collegate tra loro mediante un’asta. In figura 33 è rappresentato il funzionamento del robot in maniera schematica. Se si studia il modello dall’istante in cui entrambe le ventose aderiscono alla parete, è possibile descrivere l’arrampicata del robot nel seguente modo: inizialmente una delle due ventose si distacca dalla superficie (nella figura, la ventosa mobile è rappresentata in verde); l’asta ruota attorno al centro dell’altra ventosa fissa (in figura è rappresentata in rosso), facendo raggiungere alla prima un punto situato più in alto; si interrompe la rotazione dell’asta, la ventosa che è salita aderisce nuovamente alla superficie ed a questo punto l’altra ventosa, rimasta in basso, si distacca ripetendo gli stessi steps effettuati precedentemente dalla prima. Il metodo di arrampicata del robot è molto simile a quello di un geco: inizialmente una delle due zampe rimane attaccata alla superficie (in figura, quella evidenziata in rosso) mentre l’altra (in figura, quella evidenziata in verde) si distacca dalla superficie e su sposta in un punto situato più in alto. Dopodiché, quest’ultima aderisce sulla superficie mentre l’altra si stacca e ripete lo stesso procedimento della prima zampa. Grazie alla sua struttura semplice, uno dei grandi vantaggi di questo robot è quello di superare ostacoli di diverse dimensioni (passandoci da sopra o aggirandoli). Di seguito, verranno analizzate le prestazioni del robot al variare di alcuni parametri, come ad esempio dimensioni (lato della ventosa e lunghezza dell’asta) e peso del carico. Fig. 31 Istantanea dell'arrampicata del geco
  • 35. 31 Il generatore di vuoto proposto per questa applicazione è l’eiettore pneumatico multistadio “VUOTOTECNICA FVG 3” (rappresentato in figura 34): esso è stato studiato appositamente per applicazioni di presa e rilascio. L’eiettore proposto presenta i vantaggi seguenti: • poco ingombrante • poco pesante (84g) • basso consumo energetico Motore pneumatico Pistone per sollevamento ventosa carico Generatore di vuoto ventosa Fig.32 Rappresentazione dei principali step che il robot esegue durante l'arrampicata Fig.33 Rappresentazione schematica in 3D del robot trattato in questa tesi Fig.34 Eiettore pneumatico multistadio FVG 3 dal catalogo VUOTOTECNICA
  • 36. 32 • in grado di creare un livello di vuoto massimo dell’85% ad una pressione di esercizio di 4bar ed è dotato di espulsore Esso è alimentato ad aria compressa proveniente da un depressore mediante tubi flessibili. Si supponga di voler sollevare un carico di 10kg utilizzando due ventose quadrate aventi superfici di 0.04m². È possibile studiare la ventosa mediante una ventosa equivalente di lato L=200mm, avente il solo perimetro a contatto con la parete. Analizziamo le prestazioni del robot al variare del grado di vuoto ed al variare del carico. L’andamento del punto di tendente rotazione è visibile dal seguente diagramma 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 puntotendenterotazione[metri] θ [gradi] xk(θ) con L=200mm e D=1m Fig. 35 Rappresentazione della superficie di calcolo associata a ciascuna forza di aderenza. Nel caso esaminato si considera l≈L. Fig.36 Andamento dell'ascissa del punto di tendente rotazione al variare di θ con L=200mm e D=1m
  • 37. 33 Tramite foglio di calcolo, in corrispondenza del valore corretto di 𝑥𝑘 (ottenuto confrontando il rapporto tra momento e forza resistente con il rapporto tra momento e forza agente) si è in grado di calcolare il valore di 2𝑘(𝛼, 𝛽), necessario per il calcolo del coefficiente di aderenza di calcolo in accordo a quanto riportato nel Cap.3: 𝑓 = 𝑀𝑔 2𝑘(𝛼, 𝛽)𝐹 𝑁 = 𝑀𝑔 2𝑘(𝛼, 𝛽) 𝑛 100 𝑝 𝑎𝑡𝑚 𝑆 4 = 400𝑀𝑔 2𝑘(𝛼, 𝛽) ∗ 1,01325 ∗ 105 𝑛𝑆 Nel caso esaminato, per un angolo θ=90°, il valore di 2𝑘(𝛼, 𝛽) è circa pari a 1.0583. Assumendo un valore di depressione massimo (85% del vuoto), il valore del coefficiente di aderenza di calcolo è quindi pari a: 𝑓85%,10𝑘𝑔 = 10 ∗ 9.8 1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.85 ∗ 0.01 ≅ 0.108 Per verificare che la ventosa non scivoli, deve risultare che il modulo della forza di aderenza sia al più uguale al modulo della forza di aderenza massima, che dipende dalla superficie della parete su cui il robot si sta arrampicando. Non è possibile rilevare dati generalmente validi relativi al coefficiente di aderenza massimo 𝑓𝑚 𝑎𝑥 tra la ventosa e la parete. Questo deve essere concretamente rilevato mediante dei tentativi, avendo un ruolo essenziale la qualità della superficie della parete (ruvida, secca, umida, oleosa) e le caratteristiche della ventosa (forma, labbro di tenuta, bordo di tenuta, materiale ventosa, durezza). In maniera approssimata, è possibile utilizzare i seguenti valori dei coefficienti di aderenza: • 𝑓1,𝑚𝑎𝑥 = 0.2 ÷ 0.3 se il contatto è tra ventosa e superfici lisce ed umide • 𝑓2,𝑚𝑎𝑥 = 0.5 se il contatto è tra ventosa e legno, ventosa e metallo, ventosa e pietra • 𝑓3,𝑚𝑎𝑥 = 0.6 se il contatto è tra ventosa e superfici ruvide cui corrispondono le seguenti forze di aderenza massime:
  • 38. 34 𝐹𝑇𝑖,𝑚𝑎𝑥 = 𝑓𝑖,𝑚𝑎𝑥 ∗ 𝑆 𝑐𝑜𝑛 𝑖 = 1,2,3 Si verifica, quindi, che i valori ottenuti delle forze di aderenza siano minori dei valori massimi: 𝐹𝑇 = 𝑓 ∗ 𝑆 ≤ 𝑓𝑖,𝑚𝑎𝑥 ∗ 𝑆 = 𝐹𝑇𝑖,𝑚𝑎𝑥 → 𝑓 ≤ 𝑓𝑖,𝑚𝑎𝑥 Dato che, nel caso in esame, tale relazione è soddisfatta per tutti e tre i tipi di superfici analizzate, la ventosa aderisce su qualsiasi tipo di parete. Per ciascun caso è possibile definire un coefficiente di sicurezza pari al rapporto tra il coefficiente di aderenza massimo 𝑓𝑚 𝑎𝑥 e quello di calcolo 𝑓: 𝑠 = 𝑓 𝑓𝑚 𝑎𝑥 Variando il valore di depressione varierà anche il valore del coefficiente di aderenza di calcolo. Ad esempio, per valori di depressione pari al 60% ed al 40% della pressione atmosferica si ottengono i seguenti risultati: 𝑓60%,10𝑘𝑔 = 10 ∗ 9.8 1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.6 ∗ 0.01 ≅ 0.15 𝑓40%,10𝑘𝑔 = 10 ∗ 9.8 1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.4 ∗ 0.01 ≅ 0.23 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 85 60 40 coefficienteaderenza livello di vuoto coefficiente aderenza con M=10kg a diversi livelli di vuoto Fig.37 Valori del coefficiente di aderenza di calcolo con diversi valori del livello di vuoto utilizzando un carico di massa M=10kg
  • 39. 35 Come si può notare, a parità di carico si ha che: • Generando una pressione pari al 60% della pressione atmosferica il robot continua a funzionare su un qualsiasi tipo di superficie • Generando una pressione pari al 40% della pressione atmosferica il robot non è in grado di arrampicarsi su alcune tipologie di superfici lisce Il coefficiente di aderenza di calcolo varia anche al variare del carico. Di seguito sono rappresentati i valori di quest’ultimo all’85%, 60% e al 40% della pressione atmosferica con un carico pari a 30kg 𝑓85%,30𝑘𝑔 = 30 ∗ 9.8 1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.85 ∗ 0.01 ≅ 0.32 𝑓60%,30𝑘𝑔 = 30 ∗ 9.8 1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.6 ∗ 0.01 ≅ 0.457 𝑓40%,30𝑘𝑔 = 50 ∗ 9.8 1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.4 ∗ 0.01 ≅ 0.685 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 85 60 40 coefficienteaderenza livello di vuoto coefficiente d'aderenza con M=30kg a diversi livelli di vuoto Fig.38a Valore del coefficiente di aderenza di calcolo con diversi valori del livello di vuoto utilizzando un carico di massa M=30kg
  • 40. 36 E con un carico pari a 50kg: 𝑓85%,50𝑘𝑔 = 50 ∗ 9.8 1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.85 ∗ 0.01 ≅ 0.538 𝑓60%,50𝑘𝑔 = 50 ∗ 9.8 1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.6 ∗ 0.01 ≅ 0.75 𝑓40%,50𝑘𝑔 = 50 ∗ 9.8 1.01325 ∗ 105 ∗ 1.0583 ∗ 0.4 ∗ 0.01 ≅ 1.6 Come si può notare: • con un carico di 30kg il robot può arrampicarsi solamente su superfici diverse da quelle lisce fintanto che la depressione generata all’interno della ventosa sia maggiore del 40% della pressione atmosferica. In caso contrario tale robot non può arrampicarsi su nessun altro tipo di superficie. • Con un carico di 50kg il robot può arrampicarsi solamente su superfici ruvide se l’eiettore riesce a creare un livello di vuoto pari all’85% della pressione atmosferica, altrimenti per livelli di vuoto più bassi il robot non è in grado di arrampicarsi su nessun tipo di superficie. Di seguito verrà analizzato cosa succede se, invece, si fanno variare le dimensioni della ventosa. Supponiamo, ad esempio, di aumentare il lato della ventosa di 10cm, ovvero L=300mm. 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 85 60 40 coefficienteaderenza livello di vuoto coefficiente d'aderenza con M=50kg a diversi livelli di vuoto Fig.38b Valore del coefficiente di aderenza di calcolo con diversi valori del livello di vuoto utilizzando un carico di massa M=50kg
  • 41. 37 In questo caso la legge di variazione dell’ascissa del punto di tendente rotazione sarà diversa da quella vista nel caso precedente. Mediante l’ausilio di un foglio di calcolo, si impone l’equilibrio alla rotazione e alla traslazione lungo l’asse y utilizzando le equazioni 9, 10, 11 e 12. In questo caso, il punto di tendente rotazione ha il seguente andamento Risulta, dunque, necessario calcolare il nuovo valore di 2𝑘(𝛼, 𝛽), che nel caso peggiore (θ=90°) vale circa 1.4885. Utilizzando la formula 13, con un carico di 10 kg si ottengono i seguenti valori dei coefficienti di aderenza di calcolo a diversi livelli di vuoto: • 𝑓85%,10𝑘𝑔 = 10∗9.8 1.01325∗105∗1.4885∗0.85∗0.0225 ≅ 0.034 • 𝑓60%,10𝑘𝑔 = 10∗9.8 1.01325∗105∗1.4885∗0.6∗0.0225 ≅ 0.048 • 𝑓40%,10𝑘𝑔 = 10∗9.8 1.01325∗105∗1.4885∗0.4∗0.0225 ≅ 0.072 Si noti come, aumentando le dimensioni della ventosa, il robot risulti più stabile. Infatti, rispetto al robot precedentemente analizzato, questo garantisce un coefficiente di sicurezza maggiore per ciascun caso. Aumentando il carico da trasportare, i valori dei coefficienti di aderenza di calcolo varieranno. In particolare con un carico di 30kg saranno: 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 puntotendenterotazione[metri] θ[gradi] xk(θ) con L=300mm e D=1m Fig.39 Andamento dell'ascissa del punto di tendente rotazione al variare di θ con L=300mm e D=1m
  • 42. 38 • 𝑓85%,30𝑘𝑔 = 30∗9.8 1.01325∗105∗1.4885∗0.85∗0.0225 ≅ 0.1 • 𝑓60%,30𝑘𝑔 = 30∗9.8 1.01325∗105∗1.4885∗0.6∗0.0225 ≅ 0.14 • 𝑓40%,30𝑘𝑔 = 30∗9.8 1.01325∗105∗1.4885∗0.4∗0.0225 ≅ 0.216 Similmente al caso precedente, il robot riesce ad arrampicarsi su una qualsiasi superficie tranne su alcuni tipi di superfici lisce ed umide quando la depressione creata all’interno della ventosa è minore del 40% della pressione atmosferica. Con un carico di 50kg i nuovi valori sono, invece: • 𝑓85%,50𝑘𝑔 = 50∗9.8 1.01325∗105∗1.4885∗0.85∗0.0225 ≅ 0.17 • 𝑓60%,50𝑘𝑔 = 50∗9.8 1.01325∗105∗1.4885∗0.6∗0.0225 ≅ 0.24 • 𝑓40%,50𝑘𝑔 = 50∗9.8 1.01325∗105∗1.4885∗0.4∗0.0225 ≅ 0.36 In quest’ultimo caso il robot non riuscirà ad arrampicarsi su superfici lisce se il livello di vuoto generato dall’eiettore è minore del 60%. 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 85 60 40 coeficiented'aderenza livello di vuoto [%] L=300mm e D=1m M=10kg M=30kg M=50kg Fig.40 Valore del coefficiente di aderenza di calcolo con diversi valori del livello di vuoto utilizzando un carico di massa 10kg, 20kg e 50kg
  • 43. 39 Infine sono state analizzate le prestazioni del robot quando si utilizza un’asta di lunghezza minore. In particolare si è supposto D=800mm ed L=200mm. L’andamento dell’ascissa del punto di tendente rotazione è mostrato in fig.40. Così come fatto in precedenza, si calcola dapprima il nuovo valore di 2𝑘(𝛼, 𝛽), che è pari a circa a 1.2826. A questo punto, applicando nuovamente la formula 13 e supponendo il carico pesante 10kg, si ottengono i seguenti valori del coefficiente di aderenza di calcolo al variare del livello di vuoto: • 𝑓85%,10𝑘𝑔 = 10∗9.8 1.01325∗105∗1.2826∗0.85∗0.01 ≅0.09 • 𝑓60%,10𝑘𝑔 = 10∗9.8 1.01325∗105∗1.2826∗0.6∗0.01 ≅ 0.126 • 𝑓40%,10𝑘𝑔 = 10∗9.8 1.01325∗105∗1.2826∗0.4∗0.01 ≅ 0.19 Si noti che si è avuto un miglioramento delle prestazioni del robot rispetto alle prestazioni del primo robot studiato. In caso di carico di 30kg, i nuovi valori del coefficiente di aderenza di calcolo saranno: Fig.41 Andamento dell'ascissa del punto di tendente rotazione al variare di θ con L=200mm e D=0.8m 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 puntotendenterotazione[metri] θ [gradi] xk(θ) con L=200mm e D=0,8m
  • 44. 40 • 𝑓85%,30𝑘𝑔 = 30∗9.8 1.01325∗105∗1.2826∗0.85∗0.01 ≅ 0.264 • 𝑓60%,30𝑘𝑔 = 30∗9.8 1.01325∗105∗1.2826∗0.6∗0.01 ≅ 0.375 • 𝑓40%,30𝑘𝑔 = 30∗9.8 1.01325∗105∗1.2826∗0.4∗0.01 ≅ 0.567 Come è possibile notare, analogamente al robot con ventosa di lato L=200mm ed asta di lunghezza D=1m, con questo robot non è possibile trasportare carichi di 30kg su superfici lisce. Inoltre il robot non può arrampicarsi nemmeno su superfici di legno o pietra se il livello di vuoto è inferiore al 40%. Infine, i valori dei coefficienti di aderenza di calcolo per carichi pesanti 50kg valgono: • 𝑓85%,50𝑘𝑔 = 50∗9.8 1.01325∗105∗1.2826∗0.85∗0.01 ≅ 0.44 • 𝑓60%,50𝑘𝑔 = 50∗9.8 1.01325∗105∗1.2826∗0.6∗0.01 ≅ 0.625 • 𝑓40%,50𝑘𝑔 = 50∗9.8 1.01325∗105∗1.2826∗0.4∗0.01 ≅ 0.945 Come ci si poteva aspettare, per carichi pari a 50kg questa tipologia di robot non può arrampicarsi su superfici lisce ed umide, di legno, vetro, pietra etc., e potrà arrampicarsi su superfici ruvide solo se il livello di vuoto creato è maggiore del 40%. 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1 85 60 40 L=200mm D=0,8m M=10kg M=30kg M=50kg Fig.42 Valore del coefficiente di aderenza di calcolo con diversi valori del livello di vuoto utilizzando un carico di massa 10kg, 20kg e 50kg
  • 45. 41 Da una rapida analisi, dunque, si può dedurre che le prestazioni del robot migliorano all’aumentare delle dimensioni della ventosa ed al diminuire della lunghezza dell’asta. Inoltre, il robot trova più difficoltà a scavalcare pareti lisce ed umide piuttosto che quelle ruvide. D’altra parte, è necessario considerare che con superfici lisce si è in grado di mantenere il livello di vuoto costante ed elevato, mentre su superfici ruvide tale livello è destinato ad abbassarsi. Per ovviare a questo problema esistono due soluzioni. La prima è quella di effettuare un controllo del livello di vuoto tramite vacuostato e fare in modo che l’eiettore aspiri l’aria all’interno della ventosa non appena il livello di vuoto registrato diventa più piccola di una soglia minima. Tale soluzione è efficace ma costosa in quanto è necessario implementare un sistema di controllo automatico. La seconda soluzione è meno costosa e consiste nell’utilizzare ventose rigide ma che abbiano il labbro deformabile: in questo modo la ventosa si adatta alla forma della superficie, minimizzando le perdite o rendendole nulle. Per questa applicazione, ad esempio, è conveniente utilizzare uno tra i seguenti materiali: gomma para, gomma spugna o gomma naturale. Fig.43b Ventose con mescole di gomma spugna con relativa rappresentazione in sezione Fig. 43a Con mescole in gomma spugna, la ventosa si adatta alla rugosità della superficie
  • 46. 42 Per quanto concerne l’utilizzo dei motori, è possibile utilizzare un motore oscillante pneumatico a palmola oscillante. La scelta del motore dev’essere basata sul peso nominale del carico da trasportare. Ad esempio, se si utilizza il primo robot analizzato (L=200mm, D=1m), la coppia che il motore deve fornire dev’essere superiore a 5.00Nm. In questo caso può essere utilizzato un “Attuatore pneumatico oscillante Festo DSRL-32- 180-P”. Da catalogo, infatti, tale attuatore fornisce in uscita una coppia pari a 10.00Nm con una pressione di alimentazione pari a 6bar. Se invece si vuole sollevare un carico di 30kg, può essere utilizzato un “Attuatore pneumatico oscillante Festo DSRL-40-180-P”, che fornisce in uscita una coppia pari a 20.00Nm alla pressione di alimentazione pari a 6bar. Fig.44a Motore DSRL dal catalogo FESTO Fig.44b Sezione del motore DSRL
  • 47. 43 Conclusioni I robot arrampicatori sono ampiamente diffusi per poter svolgere lavori di varia natura, dal trasporto di carichi pesanti alla pulizia di edifici fino ad azioni di controllo su oggetti posti lungo pareti verticali. L’arrampicata mediante ventose rappresenta una tra le più diffuse tipologie di arrampicata di tali robot. In questa tesi è stato studiato un robot dotato di due ventose quadrate, collegate tra loro per mezzo di un’asta e aventi ciascuna un attuatore pneumatico oscillante, un eiettore ed un pistone per permettere il distacco dalla superficie. È stato proposto un modello matematico che rappresenta il comportamento del robot basato sulla rilevazione di un punto di tendente rotazione 𝑥𝑘. È stato quindi visto che, durante l’arrampicata, ciascuna ventosa è soggetta ad un momento lungo l’asse z variabile con l’inclinazione dell’asta e che tende a far slittare la ventosa. L’obiettivo della tesi è stato quello di calcolare il valore del coefficiente di aderenza di calcolo a diversi gradi di vuoto e a diversi carichi, verificando che questo sia minore del coefficiente di aderenza ventosa-parete, permettendo quindi l’utilizzo del robot in totale sicurezza durante l’arrampicata. Dai risultati ottenuti, sono state dedotte le seguenti conclusioni: • Superamento degli ostacoli: il suo principio di funzionamento e la sua struttura permettono al robot di poter superare ostacoli di diverse dimensioni. • Possibilità di essere utilizzato con superfici di diversa natura: l’utilizzo di ventose rigide il cui labbro di tenuta è di gomma o gomma spugna permettono al robot di potersi arrampicare su una vasta gamma di superfici (lisci o irregolari, umide o asciutte, vetro, legno, pietra etc.). • Possibilità di trasportare carichi pesanti: è stato verificato che l’utilizzo di ventose di lato L=200mm e di un’asta di lunghezza D=1m permettono al robot di poter trasportare carichi fino a 10/15kg su superfici lisce, mentre è possibile trasportare carichi di 30/40kg su superfici irregolari. Infine è stato verificato che, variando opportunamente le dimensioni del robot, quest’ultimo può trasportare carichi più pesanti a parità di superfici di arrampicata.
  • 48. 44 Riferimenti Bibliografia 1. C.B. Frey, M.A. Osborne “The future of employment: How susceptible are jobs to computerization”, p. 38. 2. S. Nansai, R. E. Mohan “A Survey of Wall Climbing Robots: Recent Advances and Challenges” in “Robotics”, 2016, pp. 2-8. 3. S. Kawasaki, K. Kikuchi, “Development of a Small Legged Wall Climbing Robot with Passive Suction Cups”, In Proceedings of the 3rd International Conference on Design Engineering and Science - ICDES, Pilsen (CZ), 31 Agosto – 3 Settembre 2014, p.112-116 4. H. Kim, D. Kim, H. Yang, K. Lee, K. Seo, D. Chang, J. Kim, “A wall climbing robot with vacuum caterpillar wheel system operated by mechanical valve”, In Proceedings of the 9th International Conference on Climbing and Walking Robots, Bruxelles (BE), 12-14 Settembre 2006, pp. 28–33. 5. X. Gao, K. Kikuchi, “Study on a Kind of Wall Cleaning Robot”, In Proceedings of the 2004 IEEE International Conference on Robotics and Biomimetics, Shenyang (CN), 22-26 Agosto 2004, pp. 391-392. 6. D. Longo, G. Muscato, “The Alicia climbing robot, a three-module robot for Automatic wall inspection”, in “IEEE Robotics & Automation Magazine”, Marzo 2006, pp. 42-46. 7. S. De Francisci, D. Longo, G. Muscato, “A State-Space Direction Dependent Parametric Model for the Suction Cup of the Alicia II Robot”, In Proceedings of the European Control Conference 2007, Kos (GR), 2-5 Luglio 2007, pp. 3457-3458. 8. A.K. Gupta, S.K. Arora, “Industrial automation and robotics”, 2a edizione, pp. 365- 366 9. T. Kim, K. Seo, J. Kim, H.S. Kim, “Adaptive Impedance Control of a Cleaning Unit for a Novel Wall-Climbing Mobile Robotic Platform (ROPE RIDE)”, 2014 IEEE/ASME International Conference on Advanced Intelligent Mechatronics (AIM), Besançon (FR), 8-11 Luglio 2014, pp. 994-995
  • 49. 45 10. H. Bin, W. Zhipeng, L. Minghe, W. Kun, S. Runjie, H. Sanqing, “Wet Adhesion Inspired Bionic Climbing Robot”, in “IEEE/ASME Transaction on Mechatronics”, Vol. XIX, n.1, Febbraio 2014, pp. 312-316 11. G. Mantriota, “Theoretical model of grasp with vacuum gripper”, in “Mechanism and Machine Theory”, vol. XLII (2007), pp. 2-17 12. G. Mantriota, “Optimal grasp of vacuum grippers with multiple suction cups” in “Mechanism and Machine Theory”, vol. XLII (2007), pp. 18-33 13. G. Mantriota, A. Messina, “Theoretical and experimental study of the performance of flat suction cups in the presence of tangential loads”, in “Mechanism and Machine Theory”, vol. XLVI (2011), pp.607-617 Sitografia a) http://diem1.ing.unibo.it/personale/troncossi/MR/Integrazione_Disp.pdf b) https://www.maxonmotor.it/maxon/view/application/Robot-arrampicatori-con-gli- azionamenti-maxon c) http://ww2.unime.it/ingegneria/new/materiale/sensori14.pdf