Program of Conference "Exploring China's Ancient Links to Africa"
Ritrovata la flotta di Kubilai Khan annientata dal tifone - Il Venerdì di Repubblica - 15 novembre 2013
1. scienze
cOld casE
Il nipote di Gengis, imperatore della cina dal 1260, voleva sottomettere il giappone. ma, nel 1281,
una spaventosa tempesta spazzò via migliaia delle sue navi. oggi ritrovate. anche grazie agli italiani
Ritrovata la flotta
di Kubilai Khan
annientata dal tifone
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1 Nel 1281, contro il Giappone, Kubilai Khan
fece partire una flotta da Quanzhou, Cina,
e un’altra da Happo (odierna Pusan), in Corea.
La flotta cinese arrivò tardi (quando quella
coreana aveva già attaccato ed era stata
respinta) e venne spazzata via da un tifone
Cina
2 Un pezzo di imbarcazione recuperato
sul fondo e conservato al museo di Takashima
3 Un’illustrazione del XIII secolo con l’assalto
dei giapponesi a una nave mongola
4 Una cotta mongola ritrovata in mare: era
perfettamente piegata in una scatola di legno
di Marco Merola
e venisse stilata una classifica dei
cold case più affascinanti dell’ar-cheologia,
la storia della flotta di
Kubilai Khan sbaraglierebbe la
S
concorrenza. Narrano le antiche cronache
degli Yuan (il nome dinastico che il nipote di
Gengis scelse quando divenne imperatore
della Cina) che il 15 agosto del 1281 l’armata
cinese fu spazzata via da un tifone potentissi-mo
quando era ormai a poca distanza dal
Giappone. I nipponici chiamarono quell’even-to
kamikaze («vento divino») a sottolineare
l’idea che il fato avesse protetto il Paese del
Sol Levante dai potenti e voraci vicini. Le due
versioni, dunque, concordavano. Ma manca-vano
le prove. Fino all’estate scorsa.
Quella vicenda, ormai leggendaria, aveva
infatti appassionato un archeologo, Daniele
Petrella, che viene dall’Università L’Orienta-le
di Napoli e oggi è presidente dell’Iriae (In-ternational
Research Institute for Archaeo-logy
and Etnology). Petrella, in coincidenza
con la data del naufragio, lo scorso Ferrago-sto,
ha finalmente individuato in fondo al ma-re,
accanto all’isola di Takashima, nella regio-ne
giapponese del Kyushu, pezzi del fasciame
delle navi di Kubilai Khan. Insieme a questi,
sul fondo, giacevano mortai usati per la pre-parazione
a bordo di cibi e medicamenti e
ceramiche di fattura cinese. La caccia alla
flotta perduta si è dunque conclusa grazie al
contributo di un italiano, e il ritrovamento
sarà presentato domani, 16 novembre, nel
corso della Borsa del Turismo archeologico
di Paestum.
Le cronache raccontano che Kubilai, elet-to
Khan dai suoi generali nel 1260, era salda-mente
al potere dal 1264, dopo una contesa
dinastica con un fratello sfociata in una guer-ra
civile. A questo punto il suo obiettivo era
conquistare anche l’ultima terra emersa d’A-sia.
Un primo tentativo fallì nel 1274. L’impe-ratore
pianificò così un assalto «a tenaglia» e,
nel 1281, fece salpare alla volta del Giappone
due flotte: una dal porto di Quanzhou, nella
Cina meridionale, l’altra da Happo (odierna
Pusan), in Corea, Paese che era stato asser-vito
con le armi già nel 1273.
3 2
La disfatta del 1281
Giappone
Oceano Pacifico
del Nord
Mare del
Giappone
Hakata
Takashima
Rotta della flotta cinese
Rotta della flotta coreana
Happo
Rotta di rientro della flotta coreana
Percorso del tifone
Corea
Silvio Coiante
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2. scienze
cOld casE
Borsa mediterranea: iNcONtRi, cONFERENzE E MOstRE
ino al 17 novembre Pae-stum
ospita la sedicesi-ma
edizione della Borsa
mediterranea del turi-smo
F
archeologico. La manifestazio-ne,
che quest’anno si svolge nell’a-rea
del Tempio di Cerere, propone
a paestum
Il turIsmo
archeologIco
È In fIera
molti appuntamenti. Nelle sale conferenze allestite
presso la Basilica Paleocristiana, il Museo archeolo-gico
nazionale e la tensostruttura del Parco archeo-logico
si terranno in tutto una cinquantina tra incon-tri,
dibattiti e conferenze. E domani alle ore 14.30,
l’Iria (International Research Institute for Archeo-logy
and Etnology) illustrerà il ritrovamento della
flotta di Kubilai. Tra gli ospiti della manifestazione, i
ministri Massimo Bray e Carlo Trigilia, il segretario
generale dell’Organizzazione mondiale del Turismo
Taleb Rifai, il consigliere speciale del direttore gene-rale
Unesco Mounir Bouchenaki, archeologi e storici
cone Salvatore Settis, Emanuele Greco, Paolo
Matthiae, giornalisti e scrittori come Armando Mas-sarenti,
Valerio Massimo Manfredi, Alberto Angela.
Duecento stand espositivi rappresentano invece
enti del turismo esteri, associazioni culturali ed enti
pubblici. Il Paese ospite di questa edizione è il Vene-zuela.
Uno spazio speciale è dedicato ad ArcheoVirtual,
mostra sulle sperimentazioni interattive e virtuali e un
altro, Archeolavoro, alle offerte formative. (m.m.)
Se prendiamo per buoni i numeri ripor-tati
nelle cronache si sarebbe trattato di 140
mila uomini e 4.400 navi. Un contingente
immenso. I due tronconi si sarebbero dovu-ti
incontrare sull’isola nipponica di Iki e da
lì partire all’attacco verso la baia di Hakata.
Ma nulla andò secondo i piani.
Il ramo cinese dell’armata aveva una di-stanza
molto lunga da coprire (circa 1.400
chilometri) e tardò sei mesi. Doveva arriva-re
in febbraio e invece giunse ad agosto, che
è proprio il periodo dei tifoni. I coreani ave-vano
attaccato senza aspettare ma erano
stati ricacciati indietro dai giapponesi. La
flotta di Quanzhou si ritrovò quindi abban-donata
e, come se non bastasse, «sulle teste
dei marinai sino-mongoli si ab-batté
un turbine di livello 4 o 5
della Scala Saffir-Simpson (si-stema
di misurazione dell’intensi-tà
dei cicloni tropicali, ndr) con
raffiche a 250 chilometri orari»
spiega Petrella. «Le navi non
poterono far altro che mettere
le vele a favore del vento». Il ti-fone
le spinse verso Takashima
i vascelli
individuati
finora sono
duecento,
ma secondo
le cronache
erano migliaia
trascinandole con violenza sulle
rocce, rovesciandole e facendo sbattere tra
loro. Tanti di quei relitti sono ancora sul
fondo del mare, a pochi metri dalla costa.
Dove non c’è più il fasciame ci sono le anco-re
in legno e pietra a consentire agli studio-si
di tenere la contabilità dei vascelli. A oggi
se ne sono contati almeno duecento.
Un’ancora gigantesca, lunga sette me-tri,
fu recuperata nel 1994 dal professor
Hayashida in un altro punto dell’isola.
«Analisi di laboratorio sul blocco di grani-to
incastrato nel fusto (era la zavorra, ndr)
hanno confermato la provenienza dalla
Cina meridionale. Successivamente l’esa-me
al radiocarbonio del legno ha fissato la
datazione al 1260-1270».
Nel corso degli anni, poi, seguendo il pro-babile
tragitto del tifone da sud-ovest a
nord-est, sono stati recuperati numerosi
pezzi di legno di varie dimensioni. Parti di
scafi, paratie, tessere di un puzzle di cui si
stentava a comprendere il disegno comples-sivo.
Tutto è stato portato al Museo di Ta-kashima
e lì immerso in vasconi riempiti
con acqua di mare, così da non pregiudicar-
3 2 1
1 Il fasciame delle imbarcazioni
conservato nel museo di Takashima.
2 La mappa dello scavo subacqueo
3 Un’ancora in legno lunga sette metri
4 Alcuni teppo, palle di ceramica riempite
di polvere da sparo e schegge di ferro
che venivano usate come bombe
4
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ne la conservazione. Ad agosto scorso, di-cevamo,
la scoperta decisiva, frutto della
missione nata da una joint venture tra l’I-riae
(nato a Napoli alla fine del 2012 per
organizzare e cofinanziare progetti in tutto
il mondo), la Soprintendenza del mare del-la
Regione Siciliana diretta da Sebastiano
Tusa e il gruppo di Hayashida Kenzo, do-cente
di Archeologia subacquea presso
l’ateneo Kayo Daigaku di Tokyo.
Incrociando i dati sulle ultime navi ri-trovate
a Takashima con quelli di relitti
mongoli di altre parti del mondo (Vietnam,
per esempio) e con i disegni presenti sul
Moko shurai ekotoba (Racconto illustrato
dell’invasione mongola, un rotolo di carta
di riso realizzato alla
fine del XIII secolo)
Petrella è riuscito a
ricostruire il disegno
di una delle imbarca-zioni
dei Khan.
«Quelli di Kubilai
non erano vascelli da
guerra ma vecchi ba-stimenti
mercantili
per il trasporto flu-viale
Kubilai
investì molto
in nuove armi,
ma viene
considerato
un mediocre
stratega
sottratti alla precedente dinastia
Song e poi restaurati» puntualizza. «Le
imbarcazioni per la navigazione d’alto ma-re
avrebbero fatto il loro ingresso in Cina
solo a partire dalla metà del XIV secolo,
sotto la dinastia Ming».
Anche a causa di questa sciagurata spe-dizione
il nipote di Gengis sarebbe passato
alla storia come un mediocre stratega mili-tare.
I suoi mongoli, del resto, non nasceva-no
marinai ma arcieri, abili a combattere
nelle steppe. Però nel preparare la missione
l’imperatore non lesinò denaro per dotare
le sue navi di armi all’avanguardia. Come i
teppo, bombe da lancio composte da un glo-bo
di ceramica riempito di polvere da sparo
e schegge di ferro. A Takashima ne sono
state trovate tante, quasi tutte inesplose. Lì
l’unica battaglia che si combatté fu contro
la furia degli elementi.
Sotto il mare c’è molto altro da recupe-rare.
Ma la missione è aggiornata alla pros-sima
estate. Cercando di schivare i tifoni
che, oggi come ieri, flagellano il Kyushu.
Marco Merola
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