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Universit´a degli studi dell’Aquila
Dipartimento di Scienze fisiche e chimiche
Corso di Laurea Triennale in Scienze e
tecnologie chimiche e dei materiali
Studio e confronto delle propriet`a
superficiali di Alluminio in seguito
a pretrattamenti di fosfatazione
o nanotecnologici
Candidato:
Daniele Monti
Matricola 202124
Relatore:
Sandro Santucci
Anno Accademico 2012/2013
Alla mia famiglia . . .
I N D I C E
 VII
 VIII
 IX
1   1
1.1 Corrosione dell’Alluminio . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Specifiche delle leghe di alluminio . . . . . . . . . 2
1.3 Fosfatazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.4 Elettrodeposizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.5 Sgrassaggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.6 Disossidazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.7 Passivazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.8 Descrizione specifica del processo utilizzato . . . 11
1.9 Oxsilan . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2   18
2.1 SEM: Scanning Electron Microscope . . . . . . . . 18
2.2 XPS: X-ray Photoelectron Spectroscopy . . . . . . 23
3   29
3.1 Preparazione dei Campioni . . . . . . . . . . . . . 29
3.2 Analisi SEM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
3.3 Analisi XPS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
3.4 Difetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
4  50
 51
 53
III
E L E N C O D E L L E F I G U R E
Figura 1 Grafico dei costituenti principali della lega. 3
Figura 2 Schema della struttura del rivestimento
Oxsilan R . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
Figura 3 Confronto tra il pretrattamento con fosfa-
tazione ed il pretrattamento con Oxsilan R . 16
Figura 4 Schema della colonna elettro-ottica di un
FEG: (1) filamento di W, (2) elettrodo scher-
mo; (3) sostegno del campione; (4) elet-
trodo estrattore; (5) elettrodo accelerato-
re; (6) tubo da vuoto; (7) lente conden-
satrice; (8) aperture; (9a, b, c) bobine di
allineamento; (10, 11) lenti obiettivo; (12)
campione; (13) stigmatore; (14) sistema di
deflessione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
Figura 5 Detectors: (1) INLENS, scintillatore coas-
siale al fascio elettronico primario; (2) SE
secondo rivelatore posto lateralmente al
campione; (3) fotomoltiplicatore; (4) gui-
da di luce; (5) scintillatore; (6) collettore a
forma di griglia. . . . . . . . . . . . . . . . 23
Figura 6 Immagine schematica di un XPS [2]. . . . 27
Figura 7 Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111
sottoposti alla fase di sgrassaggio. . . . . . 32
Figura 8 Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111
dopo pretrattamento. . . . . . . . . . . . . 33
Figura 9 Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111
dopo verniciatura. . . . . . . . . . . . . . . 34
Figura 10 Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111
dopo pretrattamento Oxsilan R . . . . . . . 35
Figura 11 Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111
verniciati in seguito al nuovo pretratta-
mento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
Figura 12 Confronto tra il deposito ottenuto dopo
pretrattamento di fosfatazione e dopo pre-
trattamento Oxsilan R su Alluminio di pro-
va. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
IV
Figura 13 Confronto tra il deposito di vernice otte-
nuto dopo pretrattamento di fosfatazio-
ne e dopo pretrattamento Oxsilan R su
Alluminio di prova. . . . . . . . . . . . . . 37
Figura 14 Confronto tra il deposito ottenuto dopo
pretrattamento di fosfatazione e dopo pre-
trattamento Oxsilan R su Alluminio AA
6111. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
Figura 15 Confronto tra il deposito di vernice otte-
nuto dopo pretrattamento di fosfatazione
e dopo pretrattamento Oxsilan su Allumi-
nio AA 6111. . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
Figura 16 Survey dei campioni di alluminio di pro-
va ed alluminio AA 6111 dopo la fase di
sgrassaggio. . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
Figura 17 Survey dei campioni di alluminio di pro-
va ed alluminio AA 6111 dopo il pretrat-
tamento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
Figura 18 Survey dei campioni di alluminio di pro-
va ed alluminio AA 6111 dopo verniciatura. 41
Figura 19 Survey del campione di alluminio di pro-
va, dopo pretrattamento Oxsilan R . . . . . 43
Figura 20 Survey del campione di alluminio di pro-
va verniciato in seguito al pretrattamento
Oxsilan R . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
Figura 21 Esempio di bolle dovute allo sviluppo di
Idrogeno molecolare o alla presenza di schiu-
ma. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
Figura 22 Esempio di cattiva distensione dovuta a
batteri. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
Figura 23 Andamento tensione nel bagno di verni-
ciatura prima delle modifiche. . . . . . . . 47
Figura 24 Andamento tensione nel bagno di verni-
ciatura dopo le modifiche. . . . . . . . . . 48
Figura 25 Andamento della corrente nel bagno di
verniciatura dopo le modifiche. . . . . . . 48
V
E L E N C O D E L L E TA B E L L E
Tabella 1 Processo per leghe di alluminio . . . . . . X
Tabella 2 Composizione Chimica Alluminio AA 6111 2
Tabella 3 Flow-Chart di processo per materiali in
alluminio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
Tabella 4 Flow-Chart di processo per materiali in
alluminio con tecnologia Oxsilan R . . . 17
Tabella 5 Parametri processo 18 Dicembre 2012 . . 29
Tabella 6 Parametri processo 15 Aprile 2013 . . . . 30
Tabella 7 Parametri processo 11 Giugno 2013 . . . . 31
Tabella 8 Parametri di elettrodeposizione cofani pri-
ma delle modifiche . . . . . . . . . . . . . 45
Tabella 9 Parametri di elettrodeposizione cofani do-
po le modifiche . . . . . . . . . . . . . . . 46
VI
A B ST R A C T
Aluminium and its alloy are among the most widely used ma-
terials in the modern industry. This large employ is due to the
high fatigue resistance accompained by a low specific weight, an
high thermal conductivity and a superior corrosion resistance
compared to other materials like steel. The notable corrosion
resistance came from the quickness with which Aluminium is
able to form an external oxide film, that significantly prevents
the corrosion. Most of the Aluminium alloys, that are utilized
industrially, don’t have the high corrosion resistance of the pure
Aluminium, due to the presence of alloying elements like Cop-
per, Zinc or Nickel that increase hardness and toughness, but
diminish the corrosion resistance.
From these needs comes the importance of having an anti-corrosion
process, that works very well for the Aluminium alloys and that
leads to a durable and free from defects surface finishing, with
the less environmental impact.
VII
S O M M A R I O
L’alluminio e le sue leghe sono tra i materiali più utilizzati
dalla moderna industria. Questo largo impiego è dovuto all’alta
resistenza agli sforzi accompagnata da: un basso peso specifico,
un’elevata conducibilità termica ed una superiore resistenza alla
corrosione rispetto ad altri materiali, come ad esempio acciaio.
La notevole resistenza alla corrosione deriva dalla rapidità con
cui l’alluminio riesce a formare un film di ossido che impedi-
sce notevolmente la corrosione. La maggior parte delle leghe
di alluminio utilizzate industrialmente non hanno l’elevata resi-
stenza alla corrosione propria dell’alluminio puro a causa della
presenza di elementi alliganti come Rame, Zinco o Nichel che
ne aumentano la durezza e la tenacità, ma ne diminuiscono la
resistenza alla corrosione.
Da queste necessità nasce l’importanza di avere un processo
anti-corrosione che funzioni bene per le leghe a base di allu-
minio e che porti, soprattuto per l’industria automobilistica, ad
una finitura superficiale resistente e priva di difetti con il minor
impatto ambientale.
VIII
I N T R O D U Z I O N E
Il lavoro svolto nasce da una collaborazione tra Intesa Mecca-
nica s.r.l. ed il Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche dell’U-
niversità degli studi dell’Aquilla. L’azienda Intesa Meccanica srl
effettua finiture superficiali di vario genere per componenti del-
l’industria automobilistica, ma il principale processo utilizzato
per effettuare queste finiture è la cataforesi, ossia una elettro-
deposizione catodica che deposita pigmenti di vernice carichi
positivamente sui componenti metallici in contatto elettrico con
il catodo (carichi negativamente).
La deposizione vera e propria è preceduta da vari stadi che han-
no il ruolo di preparare la superficie del materiale alla verni-
ciatura in modo da massimizzare l’aderenza della vernice e la
resistenza alla corrosione. Tutti i vari stadi che compongono il
processo analizzato vengono effettuati per immersione dei ma-
nufatti in vasche poste in successione.
L’impianto utilizzato, per ragioni di produzione, deve adattarsi
a vari tipi di materiali: Acciaio, Acciaio zincato e Leghe a base di
Alluminio. Questi metalli necessitano di parametri diversi, co-
me ad esempio il pH di alcune vasche, ma soprattutto di pretrat-
tamenti diversi con composizioni differenti. La contaminazione
delle vasche, prodotta da inevitabili trascinamenti di soluzione
da una vasca alla successiva, è causa di grandi problemi: i bagni
hanno bisogno quindi di una costante monitorazione dei prin-
cipali parametri (pH, acidità libera, acidità totale), in modo da
mantenere la composizione delle varie soluzioni costante ed in-
tervenire tempestivamente in caso di eccessiva contaminazione.
I dettagli verranno approfonditi successivamente.
Come detto in precedenza, l’impianto deve adattarsi a vari tipi
di materiali, ma dato che verranno trattati solamente substrati a
base di alluminio, sono stati riportati di seguito i vari stadi, dal
pretrattamento alla verniciatura.
Il processo specifico utilizzato per leghe a base di alluminio è
formato da 13 step:
IX
Tabella 1: Processo per leghe di alluminio
Flow-Chart di processo per materiali in alluminio
Step
Sgrassaggio
Risciacquo
Decapaggio
Risciacquo
Attivazione
Fosfatazione
Risciacquo
Passivazione
Risciacquo con acqua demineralizzata
Elettrodeposizione
Risciacquo Ultra-Filtrato
Risciacquo Ultra-Filtrato
Reticolazione
In particolare è stato effettuato uno studio sulle proprietà su-
perficiali dei manufatti nei vari stadi della produzione (Sgras-
saggio, Fosfatazione, Verniciatura), tramite tecniche spettrosco-
piche come SEM (scanning electron microscopy) e XPS (X-ray
photoelectron spectroscopy) per cercare, dove possibile, una cor-
relazione tra le proprietà microscopiche del materiale e le pro-
prietà macroscopiche del prodotto finito. A questo scopo sono
stati investigati vari campioni di diversi tipi di alluminio, in tem-
pi diversi ed in diverse condizioni di produzione.
Inizialmente sono stati preparati dei campioni di alluminio con
processo completo, con pretrattamento e solo con fase di sgras-
saggio in modo da avere una visione d’insieme del processo
iniziale da tenere come riferimento per le successive analisi. In
seguito sono stati analizzati campioni di diverse tipologie di al-
luminio per poter vedere: come risponderà l’impianto ai vari
tipi di materiale e valutare quali parametri dovranno variare
per avere un prodotto della qualità desiderata.
L’azienda Intesa meccanica s.r.l. si è cimentata nel sostituire il
processo di fosfatazione con un nuovo prodotto distribuito da
Chemetall Italia srl a base di polisilossani, in grado di dare pre-
X
stazioni uguali al precedente processo e con un minore impatto
ambientale.
Sono stati caratterizzati, con le tecniche sopra elencate, an-
che dei campioni di alluminio trattati con il nuovo prodotto
(Oxsilan R ) per poterli confrontare con i dati acquisiti dai cam-
pioni riguardanti il trattamento classico di fosfatazione e verifi-
care se il trattamento Oxsilan R rispetti gli standard di qualità
richiesti.
In conclusione il lavoro svolto si articola principalmente in
quattro fasi:
1. Acquisire un’esperienza di base nell’ambito delle vernicia-
ture cataforetiche e pretrattamenti anti-corrosione, princi-
palmente per leghe di alluminio.
2. Investigare i difetti di produzione riscontrati tramite tec-
niche spettroscopiche, per cercare una possibile soluzione
del problema intervenendo sui parametri fisici e chimici
delle vasche.
3. Confrontare la risposta dell’impianto in termini di quali-
tà del prodotto finito per le varie tipologie di alluminio
interessate dalla produzione.
4. Analizzare e confrontare il nuovo pretrattamento proposto
da Chemetall Italia srl con il pretattamento di fosfatazione,
sempre attraverso le tecniche sopra elencate.
XI
1 B A S I T E O R I C H E
.  ’
Una superficie di Alluminio, con il suo film di ossido, non
può essere considerata omogenea: infatti, anche con campio-
ni di purezza 99.99%, la superficie appare microscopicamente
eterogenea. Molte impurezze come Fe, Si e Cu, oltre ad esse-
re distribuite omogeneamente all’interno della matrice solida,
possono accumularsi ad esempio sui bordi di grano, generando
delle imperfezioni. Un’ulteriore causa di difetti è dovuta a de-
formazioni meccaniche.[3]
La presenza di imperfezioni in zone discrete della superficie di
un campione di alluminio, contribuisce alla formazione di regio-
ni anodiche e catodiche. Sotto determinate condizioni le zone
anodiche possono essere attaccate provocando la dissoluzione
del metallo, mentre le regioni catodiche mostrano una riduzio-
ne del potenziale redox dell’intero processo.
La dissoluzione dell’alluminio corrisponde alla seguente reazio-
ne anodica:
Al ! Al3+
+ 3e-
(1)
Lo ione formato viene solvatato immediatamente se posto a
contatto con l’acqua:
Al3+
+ 6H2O ! [Al(H2O)6]3+
(2)
Questo complesso può quindi idrolizzare:
[Al(H2O)6]3+
! Al(OH)3 + 3H2O + 3H+
(3)
Per quanto riguarda invece le reazioni catodiche, ci sono due
possibilità in ambiente acquoso: riduzione dell’ossigeno o evo-
luzione di idrogeno.
Le reazioni interessate sono le seguenti:
O2 + 2H2O + 4e-
! 4OH-
(4)
.      2
2H+
+ 2e-
! H2 (5)
La natura isolante del film protettivo di ossido che riveste l’al-
luminio aiuta la protezione da attacchi elettrochimici, ma queste
reazioni possono avvenire in presenza di difetti superficiali.
.     -

L’alluminio utilizzato nella parte superficiale dei manufatti è
un alluminio del tipo AA 6111, ossia una lega basata principal-
mente di Alluminio, Magnesio, Silicio e Rame che presenta una
buona resistenza alla corrosione ed è particolarmente adatta per
applicazioni esterne, come nel caso in questione (parti esterne
di carrozzeria).
Nella tabella 2 è mostrata la composizione in termini di percen-
tuale in peso della lega, mentre la figura 1 mostra una rappre-
sentazione grafica di questa composizione.
Tabella 2: Composizione Chimica Alluminio AA 6111
Composizione Chimica
Elemento Weight %
Si 0.60-1.10
Fe max 0.40
Cu 0.50-0.90
Mn 0.10-0.45
Mg 0.50-1.00
Cr max 0.10
Ti max 0.15
Zn max 0.10
Other max 0.15
La lega presa in considerazione presenta le seguenti proprietà
fisiche:
1. Densità: 2.71 ⇤ 103 kg/m3
.      3
Figura 1: Grafico dei costituenti principali della lega.
2. Modulo di elasticità: 70000 N/mm2
3. Coefficiente di espansione termica: 24 ⇤ 10-6 K-1
4. Conducibilità termica: 180 W/mK
5. Conducibilità elettrica: 23 - 27 m/⌦mm2
Nel corso di questo lavoro è stata trattata un’ulteriore lega
di alluminio, utilizzata da Intesa meccanica s.r.l. per effettuare
prove finalizzate al controllo della qualità: la lega in questione
verrà chiamata Alluminio di prova. Questo secondo tipo di mate-
riale appartiene sempre alla Serie 6, ossia quelle leghe di allu-
minio, i cui principali elementi alliganti sono Magnesio, Silicio e
Rame. Questa tipologia di alluminio differisce dalla precedente
per gli elementi alliganti secondari ed i trattamenti termici subi-
ti; tuttavia non è stata fornita una documentazione dettagliata a
riguardo.
.  4
. 
Il processo di fosfatazione è un meccanismo di conversione
chimica superficiale basato sulla reazione tra gli strati più ester-
ni di un substrato metallico con una specifica soluzione, che por-
ta alla formazione di un deposito inorganico insolubile sia nello
stato amorfo che cristallino. In questo coating, una porzione del
substrato metallico viene convertita in uno dei componenti del
film protettivo risultante, il quale è molto meno suscettibile alla
corrosione rispetto alla superficie di partenza; inoltre il deposito
formatosi incrementa notevolmente l’adesione di eventuali ver-
nici.[6]
Il processo di fosfatazione può essere applicato a vari metalli
come Ferro, Zinco, Alluminio e Manganese.
La maggior parte dei bagni di fosfatazione sono soluzioni dilui-
te di Acido fosforico, uno o più ioni di metalli pesanti o alcalini
ed eventualmente un accelerante. I costituenti principali della
miscela saranno quindi: (i) Acido fosforico libero, (ii) fosfati pri-
mari dei cationi metallici presenti in soluzione (Me(H2PO4)2) e
(iii) l’accelerante.[8]
Introducendo un campione metallico in una soluzione fosfatan-
te si avvia la reazione di conversione superficiale, nella quale gli
atomi del metallo vengono portati in soluzione dall’acido fosfo-
rico libero nei microanodi, situati sulla superficie del substrato,
mentre lo sviluppo di Idrogeno molecolare avviene nei siti mi-
crocatodici.
Le reazioni in questione sono rispettivamente le seguenti:
Me ! Me2+
+ 2e-
(6)
2H3PO4 + 2e-
! 2H2PO-
4 + H2  (7)
La reazione globale sarà quindi:
Me + 2H3PO4 ! Me(H2PO4)2 + H2  (8)
La formazione di un fosfato primario del catione metallico por-
ta ad una localizzata diminuzione dell’Acido fosforico libero,
provocando un aumento del pH all’interfaccia Metallo-Soluzione.
Questa variazione di pH porta alla formazione di Fosfati terzia-
ri di ioni di metalli pesanti, che essendo insolubili, generano un
deposito fangoso potenzialmente tossico, il quale compromette
.  5
la qualità del film.[6] Le reazioni di formazione di questo depo-
sito in un bagno fosfatico in cui è presente ad esempio Zinco,
sono le seguenti:
Zn(H2PO4)2 ⌦ ZnHPO4 + H3PO4 (9)
3ZnHPO4 ⌦ Zn3(PO4)2 + H3PO4 (10)
Da queste equazioni di equilibrio si evince che una certa quan-
tità di Acido fosforico libero deve sempre essere presente per
inibire l’idrolisi e la formazione di Fosfati terziari insolubili.
Le reazioni di fosfatazione tendono ad essere rallentate da fe-
nomeni di polarizzazione causati ad esempio dallo sviluppo di
idrogeno nel sito catodico (superficie del metallo). Per evitare
di avere tempi di trattamento molto lunghi si ricorre all’uso di
metodi di accelerazione che possono essere sia chimici che elet-
trochimici.
Tra gli acceleranti chimici, i più importanti sono degli Agenti ossi-
danti come Nitriti, Nitrati, Cromati, Perossidi e Nitro-composti
organici, che agiscono depolarizzando il sito catodico e impe-
dendo l’accumulo di idrogeno e degli ioni di metalli più nobili
rispetto al materiale utilizzato. Gli ioni in questione possono
derivare da Rame o Nichel, i quali favoriscono la dissoluzio-
ne abbassando il potenziale del sito catodico tramite la loro co-
deposizione.[6]
Uno tra i metodi di accelerazione elettrochimica consiste nel col-
legare galvanicamente il substrato ad un metallo, che è più no-
bile rispetto al substrato utilizzato e permette di velocizzare il
processo di fosfatazione.
Il rivestimento fosfatico generato mostra generalmente una strut-
tura policristallina con dimensione dei grani variabile in fun-
zione delle condizioni sperimentali. Le caratteristiche del film
dipendono fortemente dalla turbolenza della vasca, dalla com-
posizione delle soluzioni, dalla quantità di accelerante e dalla
presenza o meno di altri ioni metallici.
La crescita del coating fosfatico è iniziata dalla formazione di
uno strato sub-cristallino sul quale possono crescere i cristalli
di fosfato; la nucleazione e la crescita non avvengono uniforme-
mente su tutta la superficie del substrato ma sono limitate ad
alcune zone, principalmente sui bordi di grano.[6]
Il processo di crescita per questo tipo di coating può essere
schematizzato in tre stadi:
.  6
1. Formazione di cristalli piatti orientati casualmente con una
densità di circa 105/cm2: la crescita avviene lateralmente
sulla superficie del metallo.
2. Nucleazione e crescita di un nuovo strato cristallino sul
precedente substrato: la crescita avviene verticalmente a
partire dalla superficie del materiale.
3. Un sottile strato di Fosfato di zinco diffonde dalla base del
cristallo verso la superficie.
Uno dei principali fattori da considerare nella scelta delle con-
centrazioni dei bagni di fosfatazione è lo spessore desiderato del
coating, generalmente il range di spessore si attesta tra 10 - 50
µm; dato che non è sempre possibile misurare con accuratezza
lo spessore del film, si preferisce quantificarlo in termini di peso
per unità di area g/m2.
Come detto in precedenza lo strato di film fosfatico consiste di
numerosi cristalli di differente dimensione, che crescono a par-
tire dal centro di nucleazione per coprire infine tutta la super-
ficie del materiale. Inevitabilmente si formeranno delle fessure
e dei canali attraverso lo strato policristallino, fino ad arrivare
alla superficie del substrato metallico: come è possibile intuire,
il numero di questi pori sarà strettamente legato alla resistenza
alla corrosione del film. La porosità del coating dipende forte-
mente dal suo spessore, dal tipo di soluzione utilizzata e dalla
quantità di Ferro presente nella soluzione.[6] Dal momento che
il processo di fosfatazione è un pretrattamento cui segue una
fase di verniciatura per elettrodeposizione, ne deriva che il coa-
ting fosfatico deve essere compatibile con le condizioni in cui
avviene l’elettrodeposizione catodica.
Nel processo di cataforesi, la decomposizione dell’acqua produ-
ce ioni idrossido, che possono causare la dissoluzione del film
e per questo motivo, durante la fase di elettrodeposizione, vie-
ne perso molto del film fosfatico che riveste il metallo. Inoltre
dopo la fase cataforetica il materiale viene mantenuto ad una
temperatura di circa 170 C per far avvenire la polimerizzazione
della vernice depositata (i dettagli verranno approfonditi nelle
prossime sezioni); durante questo periodo il film fosfatico subi-
sce una notevole perdita di peso, associata ad un cambiamento
strutturale dei cristalli.
Il miglior rendimento del coating fosfatico, anche in seguito al-
la fase di elettro-deposizione, è stato migliorato introducendo
.  7
nella soluzione fosfatante, oltre a Zinco, anche Manganese e Ni-
chel: questi ioni metallici hanno portato notevoli vantaggi, ad
esempio un notevole incremento della qualità del deposito cri-
stallino in termini di porosità. Inoltre lo ione Mn2+ stimola la
nucleazione dei cristalli, incrementando la velocità complessiva
del trattamento di fosfatazione ed aumentanto la resistenza alla
corrosione del coating ottenuto.[6]
Un ulteriore miglioramento del deposito è possibile ottenerlo
aumentando la rugosità superficiale del substrato, poiché all’au-
mentare della rugosità aumenta il peso del coating depositato
per unità di area apparente: un incremento della rugosità pro-
voca un miglioramento della struttura del cristallo.[6]
Non legato direttamente alle proprietà del processo di fosfata-
zione, ma comunque importante ai fini della qualità del depo-
sito, è il trattamento termico impiegato nella produzione del
metallo utilizzato come substrato, poiché in base al tipo tratta-
mento termico vengono determinati il numero e la dimensione
dei grani e, per leghe con molti componenti, la composizione
superficiale del substrato. Questi due fattori influenzano diret-
tamente il processo di crescita del film cristallino in quanto, co-
me detto in precedenza, la nucleazione avviene in prossimità
dei bordi di grano: quindi una lega con un maggior numero di
grani per unità di volume produrrà un coating fosfatico con una
densità di grani elevata.
I principali parametri da controllare in un bagno di fosfatazione
sono l’acidità libera e l’acidità totale: ad esempio un incremento
dell’acidità totale produce un più elevato peso di coating, men-
tre l’acidità libera influenza la capacità di etching da parte della
soluzione, in particolare dell’Acido fosforico rispetto alla super-
ficie del metallo, formando la base su cui andrà a crescere il
film.
. 
L’elettrodeposizione è un sistema di verniciatura applicabile
a substrati metallici o altre superfici conduttive attraverso un
processo elettrochimico. In particolare l’impianto utilizzato per
verniciare i componenti automobilistici è di tipo cataforetico, os-
sia vengono depositati dei componenti carichi positivamente sul
substrato metallico, che funge da catodo, quindi carico negativa-
.  8
mente.
La vernice per elettrodeposizione catodica generalmente è com-
posta da una resina, da un solvente (da miscelare poi con acqua
deionizzata), da un pigmento e dalle cariche.
Le resine impiegate per la deposizione catodica sono di natura
epossidica, in particolare prima della reticolazione il polimero
non ha ancora assunto lo stato di resina, in quanto si troverà
sotto forma di lunghe catene carboniose con due gruppi fon-
damentali: un anello ossiranico, responsabile della formazione
dei legami trasversali (cross-link), e un gruppo amminico carico
positivamente, che avrà il compito di mantenere in soluzione
l’intera macromolecola.
Il precursore della resina necessita di un ambiente debolmen-
te acido per rimanere in soluzione ed evitare la coagulazione
della stessa: per questo viene aggiunto alla soluzione vernician-
te dell’Acido Lattico al momento di preparazione del bagno e
generalmente il pH si attesta intorno a 5.
Queste molecole andranno a formare degli aggregati micellari
con la parte idrofila a contatto con l’ambiente acquoso e l’altra
porzione di catena rivolta verso l’interno, evitando quindi l’inte-
razione con l’acqua.
Come detto in precedenza nella soluzione sono presenti anche
dei solventi di due tipologie: solventi polari e solventi apolari.
I solventi idrofilici andranno a miscelarsi con l’acqua, mentre
i solventi idrofobici diffonderanno all’interno delle micelle for-
mate dalle molecole di precursore ed andranno ad influire sullo
spessore del film depositato. Nel caso specifico i solventi uti-
lizzati nel bagno di verniciatura sono due: 2-esilossi-etanolo
e 1-metossi-2-propanolo; il primo è un solvente meno polare,
mentre il secondo è un solvente più polare e miscibile con ac-
qua.
2-esilossi-etanolo◆ ⇣
CH3–CH2–CH2–CH2–CH2–CH2–O–CH2–CH2–OH
✓ ⌘
1-metossi-2-propanolo◆ ⇣
CH3–O–CH2–CHOH–CH3
✓ ⌘
.  9
I pigmenti e le cariche, che influiscono sul colore del coating
depositato, sono componenti inorganici che vengono inglobati
nelle micelle durante la preparazione della vernice.
Nel momento in cui verrà applicato un campo elettrico alla solu-
zione, le particelle di vernice cariche positivamente migreranno
verso il catodo, cui sono collegati elettricamente i substrati da
rivestire. Il secondo effetto dell’applicazione di un campo elet-
trico alla soluzione è la produzione di ioni OH- e molecole di H2
attraverso la riduzione dell’acqua secondo la seguente reazione:
2H2O + 2e-
! H2  +2OH-
(11)
l’idrogeno abbandona quindi il sito di reazione mentre gli ioni
OH- provocano un incremento di pH localizzato in un film di
liquido molto prossimo al catodo. Questo incremento di pH pro-
voca la coagulazione della resina e la deposizione dei pigmenti
e delle molecole di precursore sul substrato, di seguito è mo-
strata la reazione che interessa la neutralizzazione dei gruppi
amminici della resina epossidica.
R - NH+
3 + OH-
! H2O + R - NH2 (12)
Anche i pigmenti (carichi positivamente) andranno a depositar-
si sul substrato, dopo aver neutralizzato la loro carica con gli
elettroni forniti dal generatore di tensione.[5]
Nella coagulazione della resina si liberano ioni di acidi organici
(acetato o formiato, a seconda della composizione della resina)
carichi negativamente: tali ioni sono trasportati dal campo elet-
trico verso gli anodi (poli positivi). Questi elettrodi sono piastre
immerse in vaschette contenenti acqua demineralizzata, separa-
te dal bagno da una membrana semipermeabile che solo l’acqua
e gli ioni idronio riescono ad attraversare.
Gli ioni OH-, che non hanno reagito con il precursore della re-
sina, migrano verso l’anodo dove vengono ossidati liberando
ossigeno molecolare; si crea così un locale eccesso di ioni idro-
geno, i quali reagiscono con gli ioni derivanti dagli acidi sopra
elencati. La reazione interessata è la seguente:
2OH-
! O2 + 2H+
+ 4e-
(13)
Si avrà quindi una soluzione via via più concentrata in acido,
che viene periodicamente scaricata parzialmente e sostituita con
acqua demineralizzata.
.  10
. 
Lo sgrassaggio è una fase molto importante nei processi di
conversione superficiale: questo step ha lo scopo di eliminare
eventuali oli e grassi presenti sulla superficie dei substrati, in
modo da favorire la formazione di uno strato fosfatico unifor-
me.
I solventi organici sono molto adatti per rimuovere contaminanti
organici dalla superficie dei substrati, ma spesso questi solventi
sono tossici, infiammabili e molto costosi, se si tiene conto del
fatto che devono essere utilizzati in quantità elevata.
Uno sgrassaggio alcalino fornisce un’alternativa economica al-
l’utilizzo di solventi organici ed è utilizzato insieme a tensioat-
tivi e solventi idrocarburici emulsionati. Questo tipo di sgras-
saggio è particolarmente efficiente se utilizzato a caldo ( circa 75
C)
Nelle condizioni sopra specificate per i bagni di sgrassaggio,
si crea l’ambiente idoneo per una reazione di saponificazione,
che porta alla formazione di sali di acidi grassi. L’esistenza di
questa reazione, associata alla presenza di tensioattivi introdotti
al momento di preparazione del bagno di sgrassaggio, può ge-
nerare la formazione di schiuma che limita di conseguenza la
concentrazione dei tensioattivi che possono essere utilizzati. La
schiuma può essere abbattuta con degli specifici prodotti o in
alternativa con solventi, come il Kerosene, che la eliminano per
effetto dei vapori sviluppati. Un ulteriore sistema per risolve-
re questo problema consiste nell’aumentare la temperatura del
bagno di sgrassaggio.
. 
Il processo di disossidazione o decapaggio è finalizzato alla rimo-
zione degli strati di ossido dalla superficie del substrato di allu-
minio, formatisi in seguito alla lavorazione a caldo del materiale,
o eventuali prodotti di corrosione. Le soluzioni in cui vengono
immersi generalmente i manufatti contengono acidi inorganici
forti, come ad esempio: Acido Solforico, Acido Cloridrico o Aci-
do Nitrico.[7]
La scelta del tipo di acido o miscela di acidi da utilizzare dipen-
de fortemente dal tipo di substrato e dal tipo di materiale che si
.  11
intende rimuovere dalla superficie metallica.
Per limitare l’attacco alla superficie del metallo, normalmente si
introducono degli inibitori di corrosione, che riducono anche la
formazione di idrogeno.[7]
. 
La passivazione ha lo scopo di limitare e sigillare le difettosi-
tà della trama cristallina dello strato fosfatico. Tale fenomeno si
ottiene facendo reagire il metallo nudo, in corrispondenza dei
pori e degli interstizi dello strato fosfatico, con sostanze che for-
mano complessi insolubili con i metalli costituenti il substrato.
A tal scopo si utilizzavano soluzioni acide contenenti Cromo e
suoi derivati che, a causa della loro pericolosità ambientale, so-
no stati sostituiti da prodotti a minor impatto ambientale.
Sono stati formulati dei nuovi prodotti passivanti di natura inor-
ganica, metallo-organica ed organica in grado di garantire otti-
mi risultati di protezione, pari ai prodotti a base di cromo. La
passivazione finale aumenta la resistenza alla sottocorrosione e
permette di ovviare ad alcune eventuali difettosità e problemati-
che causate ad esempio da parametri non idonei del precedente
bagno di fosfatazione. Nello specifico il passivante utilizzato è
a base di Acido esafluoro-zirconico (H2ZrF6).
.    -
 
Il processo utilizzato per l’alluminio, come detto in preceden-
za, è formato da 13 step ed in questa sezione si andranno ad
analizzare nel dettaglio i prodotti utilizzati nelle varie vasche ed
i parametri da regolare e monitorare per ottenere un deposito
con le qualità desiderate.
Tabella 3: Flow-Chart di processo per materiali in alluminio
Processo Prodotti utilizzati
Sgrassaggio Gardoclean S 5185, Additivo 7143, Tensioattivo 7438
Risciacquo Acqua Industriale
.      12
Tabella 3: continua dalla pagina precedente
Processo Prodotti utilizzati
Disossidazione Gardacid AL 10
Risciacquo Acqua Industriale
Attivazione Gardolene ZL 5
Fosfatazione Gardobond 25/1, Additivo H7050
Risciacquo Acqua Industriale
Passivazione Gardolene D600/6
Risciacquo Acqua demineralizzata
Elettrodeposizione PPG Powercron 6200
Risciacquo UF Acqua Ultrafiltrata
Risciacquo UF Acqua Ultrafiltrata
Cottura
In particolare verranno illustrate le varie vasche con i costi-
tuenti (citati in Tabella 3) e le loro concentrazioni.
1. Sgrassaggio
Volume vasca: 5700 l
Temperatura: 50 - 65 C
Tempo di trattamento: 150 sec
Prodotti utilizzati: Detergente alcalino, tensioattivo.
pH: 10.5 - 11.5
Punti di HCl: 3-5.5 cm3
Concentrazioni: Gardoclean S5185 = 40 g/l; Additivo H
7438 = 4 g/l; Additivo H7143 = 12 g/l
Per la determinazione dei Punti di HCl si prelevano 10 cm3
di soluzione da analizzare e si titolano con HCl 0.1 N al
viraggio della Fenolftaleina da rosa ad incolore, i cm3 di
HCl consumati indicano il punteggio del bagno analizzato.
2. Risciacquo
Volume vasca: 5700 l
Temperatura: ambiente
Tempo di trattamento: 150 sec
.      13
Prodotti utilizzati: acqua di rete
3. Disossidazione
Volume vasca: 5700 l
Temperatura: ambiente
Tempo di trattamento: 150 sec
Prodotti utilizzati: Acidi Inorganici
Punti di NaOH: 3-5.5 cm3
Per determinare il titolo del bagno, bisogna prelevare 10
cm3 di soluzione da analizzare e titolare con NaOH 0.1 N
fino al viraggio del verde di bromocresolo da giallo a verde;
i cm3 di NaOH consumati corrispondono al punteggio del
bagno.
4. Risciacquo
Volume vasca: 5700 l
Temperatura: ambiente
Tempo di trattamento: 55 sec
Prodotti utilizzati: acqua di rete
5. Attivazione
Volume vasca: 5700 l
Temperatura: ambiente
Tempo di trattamento: 75 sec
Prodotti utilizzati: Sali di Titanio
pH:  8.5
Concentrazione: Gardolene ZL 5: 4 g/l
6. Fosfatazione
Volume vasca: 5700 l
Temperatura: 45-55 C
Tempo di trattamento: 75 sec
Prodotti utilizzati: Fosfatante tricationico
Punti di Acidità libera: 0.8-1.1 cm3
.      14
Punti di Acidità totale: 22-24 cm3
Per determinare i punti di acidità libera bisogna prelevare
10 cm3 di soluzione da analizzare e titolare con NaOH 0.1
N fino al viraggio del Verde di bromocresolo da giallo a ver-
de. Mentre per la determinazione dell’acidità totale bisogna
eseguire la stessa procedura utilizzando come indicatore
la fenolftaleina che virerà da incolore a rosa.
7. Risciacquo
Volume vasca: 5700 l
Temperatura: ambiente
Tempo di trattamento: 140 sec
Prodotti utilizzati: acqua di rete
8. Passivazione
Volume vasca: 5700 l
Temperatura: ambiente
Tempo di trattamento: 60 sec
Prodotti utilizzati: Acido esafluoro-zirconico
pH: 2.5-3.5
9. Risciacquo
Volume vasca: 5700 l
Temperatura: ambiente
Tempo di trattamento: 210 sec
Prodotti utilizzati: Acqua deionizzata
10. Elettrodeposizione
Volume vasca: 5700 l
Temperatura bagno: 32-36 C
Tempo di trattamento: variabile in base al tipo di substra-
to
Residuo secco: 13-16 %
Conducibilità bagno: 800-1500 µS
Differenza di potenziale applicata: variabile a seconda del
substrato da rivestire
.  15
Prodotti utilizzati: Vernice per deposizioni catodiche a
base di resine epossidiche.
. 
I processi di fosfatazione presentano vari inconvenienti dal pun-
to di vista produttivo, ambientale ma anche della sicurezza: que-
ste problematiche derivano principalmente dalla produzione del
fango di fosfatazione, che avviene inevitabilmente nelle vasche
di trattamento. Questo fango è dannoso sia per l’uomo che per
l’ambiente ed è necessario smaltirlo con dei costi elevati; inoltre
i fanghi che vengono prodotti provocano delle incrostazioni nel-
le apparecchiature di produzione, che necessitano quindi di una
notevole manutenzione.
Di fronte a queste necessità, l’azienda Chemetall ha sviluppato
un nuovo pretrattamento anti-corrosione in grado di avere una
buona adesione della resina, che viene depositata nella fase di
elettrodeposizione: questa tecnologia è basata su polisilossani
legati a dei cationi metallici.
I principali vantaggi di questo pretrattamento risiedono nel fatto
che non necessita del riscaldamento della vasca (con un rispar-
mio diretto nei consumi di gas per alimentare le caldaie), non
ha bisogno di processi di attivazione (riduzione della linea di
produzione e diminuzione del tempo di trattamento per ogni
ciclo), non produce rifiuti pericolosi ed ha delle potenzialità di
rischio per l’ambiente notevolmente inferiori rispetto ai normali
processi di fosfatazione.
Il film ottenuto con questa tecnologia ha un peso di strato in-
feriore rispetto ai normali rivestimenti prodotti con i bagni di
fosfatazione, circa 50 - 250 mg/m2 contro i 100 - 1000 mg/m2
dei rivestimenti fosfatici. Il film formatosi non è cristallino ma
amorfo, come la maggior parte dei rivestimenti organici con tut-
ti i vantaggi che ne derivano, ad esempio: l’elevata flessibilità del
film. Questo rivestimento possiede anche caratteristiche tipiche
dei coating inorganici come ad esempio l’elevata compattezza
del deposito; tale proprietà deriva in particolare dalla presenza
di zirconio nella composizione di questo prodotto, che forma
uno strato di ossido insieme agli atomi di silicio. Questo film di
ossido funge da ponte tra la superficie del metallo, dove viene
ancorato, e le catene di polisilossani che a loro volta entreranno
.  16
in contatto con la vernice.
Esplicativa è l’immagine 2 che mostra come viene assemblato il
rivestimento sulla superficie del metallo.
Figura 2: Schema della struttura del rivestimento Oxsilan R .
Come detto in precedenza, il processo da utilizzare con il pro-
dotto Oxsilan R è notevolmente più corto rispetto ai tradizionali
processi di fosfatazione, in quanto questa nuova tecnologia non
necessita di un’accurata preparazione della superficie come nel
caso della fosfatazione, ed è così possibile evitare di immerge-
re i manufatti nei bagni di Decapaggio ed Attivazione, riducendo
quindi la linea di produzione ed il tempo per ogni ciclo.
L’immagine 3 mette a diretto confronto gli step dei due processi.
Figura 3: Confronto tra il pretrattamento con fosfatazione ed il
pretrattamento con Oxsilan R .
Lo schema di processo per i materiali in alluminio con tecno-
logia Oxsilan R è descritto nello specifico in tabella 4.
.  17
Tabella 4: Flow-Chart di processo per materiali in alluminio con
tecnologia Oxsilan R
Processo Prodotti utilizzati
Sgrassaggio Gardoclean S 5185, Additivo 7143, Tensioattivo 7438
Risciacquo Acqua Industriale
Disossidazione Gardacid AL 10
Risciacquo Acqua Industriale
Oxsilan Oxsilan 9807
Risciacquo Acqua demineralizzata
Elettrodeposizione PPG Powercron 6200
Risciacquo UF Acqua Ultrafiltrata
Risciacquo UF Acqua Ultrafiltrata
Reticolazione
I parametri di vasca di questa nanotecnologia sono i seguenti:
1. Oxsilan
Volume vasca: 5700 l
Temperatura: ambiente
Tempo di trattamento: 120 sec
Prodotti utilizzati: Oxsilan 9807
pH: 4.5-5.5
Concentrazione: 1 g/l
2 T E C N I C H E S P E R I M E N TA L I
. :   -

Un microscopio elettronico a scansione fornisce un’immagine
topografica della superficie del campione in esame. Un fascio
di elettroni altamente energetico viene inviato sul campione ed
induce l’emissione di elettroni secondari, raccolti poi da un rive-
latore.
Gli elettroni del fascio incidente, detti elettroni primari, produco-
no diversi effetti quando interagiscono con il campione: possono
essere riflessi o trasmessi .
Gli elettroni riflessi provengono da due processi:
1. Collisioni anelastiche, da cui l’elettrone esce con energia
sufficiente a superare la funzione lavoro ed abbandonare il
campione, generano elettroni secondari (Secondary Electrons)
prodotti sulla superficie del campione, entro poche decine
di nanometri e con energia inferiore a 50 eV.
2. Collisioni multiple fra elettroni primari e substrato, che ge-
nerano elettroni retrodiffusi (Back Scattered Electrons); questi
elettroni sono prodotti più internamente nel campione, fi-
no a una profondità di qualche micrometro, con energie
maggiori di 50 eV e fuoriescono ad angoli di oltre 90 ri-
spetto alla direzione del fascio incidente. Sono tanto più
numerosi quanto più è alto il numero atomico Z e forni-
scono informazioni sulla topografia e composizione del
campione relativamente alla zona da cui provengono.
Sono questi due tipi di elettroni ad essere rivelati ed utilizzati
per l’analisi del campione.
In base al tipo di sorgente, ed al modo con cui vengono generati
gli elettroni che formeranno il fascio primario, i microscopi a
scansione si dividono in termoionici e ad emissione di campo. I
SEM ad emissione di campo possono essere suddivisi a loro
. :    19
volta in FEG (Field Emission Gun) a catodo freddo ed a catodo caldo.
Gli elettroni per essere emessi dal filamento metallico devono
ricevere sufficiente energia per superare la barriera di potenziale
che li tiene confinati nel materiale. Questa barriera è la funzione
lavoro ' del metallo che generalmente ha un valore di qualche
eV.
Gli elettroni possono essere emessi dalla superficie secondo tre
meccanismi diversi:
1. Emissione Termoionica
2. Emissione Schottky
3. Emissione di campo (FEG)
Nei SEM ad emissione di campo gli elettroni vengono ottenu-
ti applicando alla sorgente un forte campo elettrico che fornisce
agli stessi l’energia necessaria ad abbandonare la superficie del
materiale, per effetto tunnel, attraverso la barriera di potenzia-
le che li tiene legati. L’intensità del campo necessaria per avere
un’emissione significativa è dell’ordine di 10 V/nm e può essere
ottenuta con delle punte aventi un diametro dell’ordine di 1000
Å applicando tensioni di pochi kV.
Il fascio formato ha un’altissima brillanza, calcolata come nume-
ro di elettroni per unità di angolo solido. La brillanza è una
funzione inversa della temperatura e si esprime tramite la Legge
di Langmuir:
=
JeE0
⇡kbT
(14)
Nella quale corrisponde alla brillanza ed E0 alla tensione di
accelerazione.
A maggiore brillanza corrisponde un migliore potere risolutivo.
Nei FEG a catodo freddo la sorgente è mantenuta a tempera-
tura ambiente; questi strumenti permettono di raggiungere ele-
vate risoluzioni, ma richiedono un vuoto molto spinto (10-10
torr) ed un dispositivo che rimuova gli ossidi dal catodo dopo
qualche ora di utilizzo. Un evoluzione di queste sorgenti elet-
troniche sono le sorgenti elettroniche Schottky, realizzate con un
monocristallo di W ricoperto di ossido di zirconio (ZrO) che ri-
duce la funzione lavoro della punta. Questa tipologia di sorgenti
combina l’alta brillanza, il basso spread energetico e il piccolo
pennello elettronico tipici delle sorgenti a catodo freddo, con
l’alta stabilità del fascio proprio delle sorgenti termoioniche. Gli
. :    20
elettroni emessi, infatti, hanno un’energia compresa in un inter-
vallo e la larghezza di questo intervallo in termini di energia è
inversamente proporzionale alla qualità dell’immagine ottenibi-
le. Generalmente un SEM a filamento di LaB6 raggiunge una
risoluzione di 3.0 nm a 30 kV di tensione di accelerazione; un
FEG invece garantisce una risoluzione di circa 1.0 nm a 20 kV.
É questo il maggiore vantaggio di un FEG: ottenere immagini
ad altissima risoluzione anche a bassissime tensioni di accelera-
zione. In linea teorica, la risoluzione aumenta con l’aumentare
della tensione di accelerazione, infatti maggiore è la tensione di
accelerazione, minore è il diametro del pennello elettronico.
La semplice emissione termoionica non è sufficiente per la
produzione di un fascio elettronico adatto ad operare in micro-
scopia: per questo motivo nei microscopi elettronici a scansione
si utilizza una lente elettrostatica acceleratrice. Gli elettroni pro-
dotti dal catodo vengono accelerati dal campo prodotto da un
anodo, posto al di sotto, che si trova ad un potenziale positivo;
fra il catodo e l’anodo c’è un terzo elettrodo tenuto ad un poten-
ziale negativo rispetto al catodo.
Il potenziale acceleratore fa sì che le traiettorie degli elettroni si
curvino fortemente e formino un fascio intorno alle traiettorie
principali, cioè quelle degli elettroni emessi perpendicolarmen-
te. In un sistema ideale, privo di aberrazioni, tutte le traiettorie
principali convergono in uno stesso punto focale; tuttavia, per
effetto della componente radiale delle velocità di uscita dal ca-
todo, il diametro del fascio, nel piano perpendicolare che passa
per quel punto, sarà finito e dipenderà dal valore delle com-
ponenti radiali delle stesse velocità. Esiste quindi una sezione
minima del fascio detta cross-over, che dipende dalla componente
radiale della velocità degli elettroni emessi dal catodo. Essa agi-
sce come l’effettiva sorgente elettronica del microscopio.
La larghezza di banda della distribuzione energetica sarà circa: 0.6
eV per W e 0.4 eV per LaB6.
In un cannone ad emissione di campo si usano almeno due anodi:
il primo, ad un potenziale di pochi kV il quale determina l’emis-
sione da parte della punta, il secondo ad una tensione di alcune
decine di kV serve ad accelerare ulteriormente gli elettroni.
L’uso del FEG comporta un vuoto, nella zona di emissione (10-10
torr), molto più spinto di quello necessario con filamenti termo-
ionici (10-7 torr), per evitare contaminazioni della punta che
. :    21
riducono drasticamente la densità di corrente emessa.
Un SEM ed in particolare il FEG utilizzato per le misure è
composto da:
1. Colonna elettro-ottica
2. Camera di lavoro, in cui avviene l’interazione tra gli elet-
troni e la superficie del substrato
3. Sistemi di rivelazione
4. Sistema di presentazione dell’immagine, sincronizzato con
il sistema di deflessione del fascio elettronico sul campione
La colonna elettro-ottica è composta dalla sorgente di elettroni
(cannone elettronico) e da un sistema di lenti magnetiche che
focalizzano e deflettono il fascio elettronico sulla superficie del
campione. Lo schema di quest’apparato è riportato in figura 4.
Per prima c’è una lente condensatrice (7), attiva solo per basse ten-
sioni fornendo una maggiore corrente al fascio ed aumentando
la risoluzione. Sono presenti nel tubo da vuoto anche molteplici
aperture (8) e delle bobine di allineamento (9 a,b,c) del fascio. C’è
uno stigmatore (13) per correggere l’astigmatismo residuo del fa-
scio di elettroni ed una valvola (15), che isola il tubo da vuoto
dalla camera in cui si trova il campione. Nella parte conica più
bassa del tubo ci sono le lenti obiettivo (10, 11), che focalizzano il
fascio elettronico sul campione, in cui è integrato un sistema di
deflessione elettromagnetico (14) costituito da bobine.
La camera di lavoro in cui viene inserito il campione (12) è in
alto vuoto (10-6 torr) ed in questa camera si trovano i sistemi di
rivelazione (detectors) che raccolgono i segnali risultanti dall’in-
terazione elettroni-campione.
Sono presenti tre tipi di detectors come mostrato in figura 5:
il primo è detto INLENS e si trova sopra le lenti obiettivo. Gli
elettroni secondari emessi dal campione vengono accelerati dal-
le lenti obiettivo verso lo scintillatore, INLENS, coassiale al fa-
scio primario, dove sono prodotti fotoni, che vengono portati
fuori dalla colonna ad un fotomoltiplicatore. Questo amplifica
e converte nuovamente il segnale in una corrente di elettroni,
che forniscono il primo segnale video ad un preamplificatore. Il
secondo detector, chiamato SE, è montato su una parete della
. :    22
Figura 4: Schema della colonna elettro-ottica di un FEG: (1) filamento
di W, (2) elettrodo schermo; (3) sostegno del campione; (4)
elettrodo estrattore; (5) elettrodo acceleratore; (6) tubo da
vuoto; (7) lente condensatrice; (8) aperture; (9a, b, c) bobine
di allineamento; (10, 11) lenti obiettivo; (12) campione; (13)
stigmatore; (14) sistema di deflessione.
camera. Un collettore a forma di griglia (6), a tensione positiva,
raccoglie gli elettroni secondari convogliati poi verso lo scintilla-
tore (5). Una guida di luce porta i fotoni fuori la camera verso il
fotomoltiplicatore, che fornisce il secondo segnale video al pre-
amplificatore. Il terzo detector, detto BSE, è quello che raccoglie
gli elettroni retrodiffusi, Back Scattered Electron Detector, e si tro-
va nella parete opposta allo sportello di apertura della camera.
Nella camera è inserita una CCD-TV-Camera per avere sem-
pre la visione del campione. É possibile, inoltre, ruotare il porta-
campioni, rispetto alla direzione del fascio elettronico primario,
fino a 90 ed avere informazioni sullo spessore del campione e
sulla morfologia dei bordi.
. : -   23
Figura 5: Detectors: (1) INLENS, scintillatore coassiale al fascio elettro-
nico primario; (2) SE secondo rivelatore posto lateralmen-
te al campione; (3) fotomoltiplicatore; (4) guida di luce; (5)
scintillatore; (6) collettore a forma di griglia.
. : -  -

La spettroscopia di fotoemissione XPS, nota in chimica come
ESCA (Electron Spectroscopy for Chemical Analysis), sfrutta gli
elettroni fotoemessi dal campione, bombardato con raggi X mo-
noenergetici e ne analizza l’energia per studiare le proprietà chi-
miche del campione ed i livelli energetici di core degli atomi.
Il principio fisico alla base dell’XPS consiste nell’emissione de-
gli elettroni dai loro stati legati, con energia Ev
B rispetto al livello
di vuoto, da parte di una luce di frequenza ⌫; l’energia cinetica
degli elettroni emessi è data dall’equazione 15.
Ec = h⌫ - Ev
B (15)
Per cui l’energia di legame di un elettrone fotoemesso, rispetto
al livello di vuoto è:
Ev
B = h⌫ - Ec (16)
nella realtà dobbiamo tener conto del fatto che gli elettroni si tro-
vano all’interno di solidi e non in atomi isolati. Se il campione
e lo spettrometro vengono entrambi messi a terra, in modo tale
. : -   24
che il loro livello di Fermi coincida, l’energia di legame dell’elet-
trone nel solido, sarà ora riferita al suo livello di Fermi e l’ener-
gia cinetica del campione potrà essere calcolata con l’equazione
17 .
Ec = h⌫ - Ev
B(camp) = h⌫ - EB - e c (17)
Nella quale c è la funzione lavoro del campione, mentre l’ener-
gia cinetica misurata, vista dallo spettrometro sarà:
Ec(sp) = h⌫ - Ev
B(sp) = h⌫ - EB - e sp (18)
con sp funzione lavoro dello spettrometro, essenziale per risa-
lire all’esatta energia di legame dell’elettrone rivelato.
L’XPS è una tecnica di analisi superficiale dei campioni, che
sono irradiati con raggi X molli in UHV (Ultra-High Vacuum) e
viene inoltre analizzata l’energia degli elettroni fotoemessi. Il li-
bero cammino medio degli elettroni in un solido è molto piccolo
(100 Å), quindi gli elettroni rivelati provengono da pochi strati
atomici sotto la superficie. I raggi X tipicamente usati, hanno
una energia di circa 1253.6 eV per la riga K↵ di una lampada al
Magnesio (Mg) e di circa 1486.6 eV per la riga K↵ si una lam-
pada di Alluminio (Al), con profondità di penetrazione di circa
1 - 10 µm.
Lo spettro rivelato è costituito dal numero di elettroni conteggia-
ti nell’unità di tempo (elettroni al secondo) in funzione dell’ener-
gia di legame degli elettroni. Ciò che viene misurato è l’energia
cinetica degli elettroni e da questa, data l’unicità di ogni riga per
ogni atomo, si può risalire all’elemento presente nel campione
da cui è stato emesso il fotoelettrone.
La relazione per ricavare l’energia di legame atomica, assume
che il processo fotoelettrico sia elastico, per cui i picchi generati
dalla radiazione incidente sul campione riflettono direttamente
l’energia di legame degli elettroni negli elementi in esame: tali
elettroni sono detti primari. Alcuni elettroni, durante il percor-
so verso l’analizzatore perdono parte della loro energia cinetica
in urti anaelastici. Questi elettroni, detti elettroni secondari, incre-
mentano il rumore di fondo ad alte energie di legame, mentre la
fotoemissione generata dalla Radiazione di Bremsstrahlung (a sua
volta generata dalla decelerazione degli elettroni), incrementa il
segnale di fondo a basse energie di legame.
La larghezza di un picco a metà altezza (FWHM: Full Width at
. : -   25
Half Maximum) E, assumendo che tutti i picchi abbiano un
andamento gaussiano, è data da:
E = ( E2
n + E2
p + E2
a)
1
2 (19)
nella quale En rappresenta la larghezza caratteristica del li-
vello in esame (incluso allargamento termico) mentre Ep è la
larghezza di riga della sorgente di raggi X ed infine En simbo-
leggia la risoluzione dell’analizzatore.
Le forme spettrali in XPS possono essere suddivise in forme pri-
marie e forme secondarie.
Le forme primarie si dividono in tre tipi:
1. Picchi relativi alla fotoemissione dei livelli di core.
2. Picchi derivati da elettroni al livello di valenza.
3. Picchi dovuti all’emissione Auger indotta da raggi X.
I livelli di core sono una diretta conseguenza della struttura elet-
tronica dell’atomo: ogni picco si differenzia dagli altri in posi-
zione, intensità e larghezza. Il parametro alla base delle diverse
intensità tra due picchi di core è la sezione d’urto atomica di
fotoemissione . I picchi relativi agli orbitali 1s (l = 0) non pre-
sentano doppietti, che sono invece presenti nell’accoppiamento
j - j (l  0).
I picchi di valenza sono quelli occupati dagli elettroni meno legati
(tra 0 e 20 eV) e lo spettro relativo a questa regione è costituito
da una fitta serie di picchi che non vengono risolti e formano
un’unica banda.
Quando il fotone X incidente causa la fotoemissione di un elet-
trone da un livello di core, un elettrone che si trova ad un livello
più esterno, può decadere nel livello lasciato vuoto, cedendo
la propria energia in eccesso ad un altro elettrone più esterno
che, se sufficientemente energetico, verrà emesso e rivelato dallo
spettrometro. Questo è detto Processo Auger ed i livelli coinvolti
vengono chiamati serie Auger. Una serie Auger è descritta da tre
lettere, ad esempio KLL: la prima lettera indica la shell dove si
crea la prima buca a causa della fotoemissione, la seconda indi-
ca la shell a cui apparteneva l’elettrone che va a riempire la buca
e la terza indica la shell di appartenenza dell’elettrone uscente,
detto elettrone Auger.
Le forme secondare spettrali si originano perchè il sistema finale
. : -   26
atomico, dopo l’emissione del fotoelettrone, con la buca lasciata
nel core, cambia la situazione energetica degli elettroni emessi.
Compaiono dei picchi satellite chiamati shake-up e shake-off.
Un picco shake-up si origina dal riarrangiamento degli elettro-
ni di valenza dopo la fotoemissione dell’elettrone di core e può
avvenire, in questa fase, la promozione di un elettrone di va-
lenza in un livello vuoto più alto. L’energia necessaria a tale
processo sarà sottratta all’elettrone primario che quindi uscirà
con un’energia cinetica inferiore, dando origine al picco satellite
shake-up.
Il piccho shake-off viene prodotto quando un elettrone di valenza
è promosso in un livello nel continuo.
Altre strutture secondarie sono legate alla sorgente X non mono-
cromatica e sono chiamati satelliti da raggi X; sono transizioni
dalla banda di valenza al livello 1s e si presentano spostati di
circa 10 eV e con minore intensità.
I livelli energetici di core di un dato elemento possono subire
spostamenti fino a qualche eV, in funzione dell’ambiente chimi-
co in cui si trova l’elemento in considerazione, come: lo stato
molecolare, l’eventuale ossido che lo circonda e il differente sito
reticolare che occupa. Si parla allora di chemical shift, cioè di
spostamento chimico del picco.
Gli elementi di base dell’XPS sono una sorgente luminosa, un
analizzatore di energia per elettroni e un sistema di rivelazione
(un rivelatore multicanale), il tutto in ambiente di UHV (⇡ 10-10
torr).
La sorgente mostrata in figura 6, tipicamente è costituita da un
tubo a raggi X in cui un fascio di elettroni di diversi KeV di
energia cinetica colpisce un anodo (raffreddato ad acqua), ge-
nerando radiazione di una data energia sovrapposta ad un fon-
do di bremsstralungh. Circa la metà dei raggi X prodotti sono
raggi-K↵, concentrati in un picco avente una FWHM di circa 1
eV. Il picco è costituito da due righe: la K↵1, che deriva dalla
transizione 2p3/2 ! 1s, e la K↵2 che invece proviene dalla tran-
sizione 2p1/2 ! 1s; queste transizioni sono provocate da una
buca che si crea nel livello 1s a causa della collisione degli elet-
troni incidenti con gli elettroni dei livelli 1s del materiale bersa-
glio. Le radiazioni più usate sono quelle appartenenti alla riga
K↵1,2 - Al (h⌫ = 1486.6 eV) e la riga K↵1,2 - Mg (h⌫ = 1253.6
eV), ottenute con anodi di Alluminio e Magnesio. Lo svantag-
. : -   27
gio di queste sorgenti risiede nella larghezza intrinseca di riga,
approssimativamente di 1 eV.
Figura 6: Immagine schematica di un XPS [2].
L’analizzatore di elettroni utilizzato, rappresentato nello sche-
ma di figura 6, è un analizzatore emisferico concentrico, detto
dispersivo poiché ricorre ad un campo elettrico deflettore per
separare gli elettroni in modo tale che, per un dato campo elet-
trico, giungano sul successivo moltiplicatore elettronico solo gli
elettroni con energie contenute in un intervallo ristretto intor-
no all’energia selezionata. Gli elettroni di energia Ue passano
attraverso la fessura di ingresso e vengono poi focalizzati sulla
fessura di uscita se viene soddisfatta la seguente relazione tra la
differenza di potenziale Uk ai capi dei due emisferi, i loro raggi
R1, R2 ed Ue :
Uk = Ue(
R2
R1
-
R1
R2
) (20)
Ci sono due risoluzioni usate: la risoluzione energetica E, la
larghezza a metà altezza di un picco osservato (FWHM), e la
risoluzione relativa R, definita come:
R =
E
E0
(21)
con E0 posizione del picco osservato. Una definizione alternati-
va di R è legata alla geometria dell’esperimento ed è:
R =
E
E0
=
!
2R0
+
↵2
4
(22)
. : -   28
dove ! è la larghezza della fessura d’ingresso e di uscita, R0 è
il raggio della traiettoria ideale, ↵ l’angolo di ingresso dell’elet-
trone rispetto alla normale alla fessura. Una stima di R è data
da:
R =
E
E0
⇡
0.63!
R0
(23)
In questi analizzatori la risoluzione relativa è dello 0.5%; per
mantenere questo valore costante su tutto l’intervallo di misu-
ra di energia, si decelerano tutti gli elettroni alla stessa energia
cinetica (pass-energy) e si esegue una scansione sul potenzia-
le ritardante di ingresso. La pass-energy può essere variata in
un intervallo da 5 a 200 eV e all’aumentare di questa energia
diminuisce la risoluzione. Per portare il valore dell’energia ci-
netica degli elettroni fotoemessi ad un valore pari a quello della
pass-energy e per collimarli, si utilizza un sistema di lenti elet-
trostatiche all’ingresso dell’analizzatore emisferico.
All’uscita è collocato l’analizzatore multicanale (MCA: Multi-
Channel Analiser) che rivela i fotoelettroni con un fattore di
amplificazione di 106 - 108.
3 R I S U LTAT I S P E R I M E N TA L I
.   
Inizialmente sono state preparate 3 serie di campioni con due
tipi di alluminio differenti: la prima serie contiene campioni sot-
toposti solo alla fase di sgrassaggio alcalino, la seconda consiste
di campioni che hanno subito il processo di pretrattamento com-
pleto (dalla fase di Sgrassaggio alla fase di Passivazione Zirconica);
infine la terza serie è costituita da campioni sottoposti all’inte-
ro processo. Faremo riferimento alle due leghe di alluminio
utilizzate per i campioni con i seguenti nomi:
1. Alluminio di prova, utilizzato da Intesa Meccanica srl sola-
mente per prove di aderenza e di corrosione.
2. Alluminio AA 6111, utilizzato attivamente nella produzio-
ne in particolare nelle parti superficiali dei manufatti.
I tre campioni inerenti all’Alluminio di prova sono stati preparati
nel giorno 18/12/2012 con i parametri di processo riportati in
Tabella 5.
Tabella 5: Parametri processo 18 Dicembre 2012
Step Parametri
Sgrassaggio
Temperatura ( C) 58
Punti di HCl 3.8
pH 11.5
Disossidazione Punti di NaOH 9.7
Attivazione pH 8.8
Fosfatazione
Temperatura ( C) 54
Punti di Acidità libera 0.8
Punti di Acidità totale 22.0
Passivazione pH 3.5
Lavaggio acqua deionizzata
Conducibilità vasca (µS) 17
pH 5.2
.    30
Tabella 5: continua dalla pagina precedente
Step Parametri
Elettrodeposizione
Temperatura ( C) 32.5
Residuo secco (%) 14.8
pH 4.8
Conducibilità bagno (µS) 813
Conducibilità anolita (µS) 2460
Portata modulo di ultra filtrazione (l/h) 300
Questi campioni sono stati preparati al fine di determinare lo
stato di partenza dell’impianto e del processo per avere un riferi-
mento con le prove effettuate successivamente. É stata caratteriz-
zata la morfologia superficiale dei substrati con il Microscopio
elettronico ed è stata effettuata un’analisi chimica superficiale
tramite XPS.
Per avere un riscontro diretto con le eventuali problematiche
relative alla produzione, sono stati preparati dei campioni di al-
luminio AA 6111, prodotti con i parametri di processo mostrati
in tabella 6.
Tabella 6: Parametri processo 15 Aprile 2013
Step Parametri
Sgrassaggio
Temperatura ( C) 56
Punti di HCl 4.0
pH 10.9
Disossidazione Punti di NaOH 7.1
Attivazione pH 8.7
Fosfatazione
Temperatura ( C) 52
Punti di Acidità libera 1.1
Punti di Acidità totale 23.8
Passivazione pH 2.5
Lavaggio acqua deionizzata
Conducibilità vasca (µS) 15
pH 5.8
Elettrodeposizione
Temperatura ( C) 35.5
Residuo secco (%) 13.5
pH 5.1
Conducibilità bagno (µS) 822
Conducibilità anolita (µS) 2380
Portata modulo di ultra filtrazione (l/h) 650
.   31
Dopo questa prima serie di campioni, ne sono stati preparati
altri con il processo Oxsilan R . Tale trattamento prevede l’eli-
minazione delle vasche di Attivazione e Fosfatazione e la so-
stituzione della vasca di Passivazione con la vasca Oxsilan R
per confrontare il nuovo processo con il vecchio e cercare di fa-
re un confronto. I parametri con cui sono stati prodotti questi
campioni sono mostrati in tabella 7.
Tabella 7: Parametri processo 11 Giugno 2013
Step Parametri
Sgrassaggio
Temperatura ( C) 62.7
Punti di HCl 5.0
pH 10.51
Disossidazione Punti di NaOH 7.5
Oxsilan pH 4.9
Lavaggio acqua deionizzata
Conducibilità vasca (µS) 18.9
pH 6.2
Elettrodeposizione
Temperatura ( C) 34.7
Residuo secco (%) 13.03
pH 5.1
Conducibilità bagno (µS) 844
Conducibilità anolita (µS) 2107
Portata modulo di ultra filtrazione (l/h) 700
.  
Attraverso il microscopio elettronico a scansione è stata effet-
tuata un’indagine della morfologia superficiale dei campioni di
Alluminio. In una prima fase verranno mostrate delle immagi-
ni relative a dei campioni di Alluminio di prova ed Alluminio AA
6111 in tre diverse fasi del processo produttivo: la fase di Sgras-
saggio, il pretrattamento di fosfatazione ed infine la verniciatura.
In seguito al pretrattamento Oxsilan R ed alla fine del nuovo
processo, sono stati investigati dei campioni delle due tipologie
di Alluminio, per effettuare un confronto tra i campioni ottenuti
con le due diverse tipologie di pretrattamento.
Nelle immagini relative a questi ultimi campioni non è stata ef-
fettuata un’analisi nella fase di sgrassaggio, in quanto questa è
comune ad entrambi i pretrattamenti (Oxsilan e Fosfatazione).
.   32
In figura 7 sono mostrate delle immagini, acquisite a diversi in-
grandimenti, relative alla fase di sgrassaggio; esaminando atten-
tamente queste immagini, è possibile notare che la superficie di
entrambi i campioni non è perfettamente planare ed uniforme,
come mostrato nelle immagini 7-a e 7-b, ma ricca di imperfezio-
ni (7-c - 7-d). La presenza di imperfezioni superficiali è molto
importante in quanto queste fungono da centri di nucleazione
per i cristalli del film fosfatico.
(a) Alluminio di prova, 1000 ingran-
dimenti.
(b) Alluminio AA 6111, 1000 ingran-
dimenti.
(c) Alluminio di prova, 100000 in-
grandimenti.
(d) Alluminio AA 6111, 100000 in-
grandimenti.
Figura 7: Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 sottoposti alla
fase di sgrassaggio.
La figura 8 mostra delle immagini acquisite a diversi ingrandi-
menti da due campioni, uno di Alluminio di prova e l’altro di
Alluminio AA 6111, entrambi sottoposti al pretrattamento di fo-
sfatazione. Analizzando le immagini ottenute a bassi ingrandi-
menti, si evince che il coating che riveste il campione di Allumi-
nio di prova (8-a), presenta una serie di zone in cui il substrato
non è stato coperto dal deposito, mentre l’altro campione (8-a)
.   33
ha una morfologia sostanzialmente uniforme. Come è già stato
illustrato nel capitolo 2, la quantità di superficie che non viene
coperta dal film fosfatico influenza negativamente la resistenza
alla corrosione, perchè in presenza di questi pori l’aderenza del-
la resina epossidica, che verrà poi depositata, risulterà minore.
Esaminando invece le immagini ottenute ad alti ingrandimenti
(8-c - 8-d), è possibile comprendere che il coating deposto su
entrambi i campioni è formato da un insieme di cristalli di di-
mensioni dell’ordine dei nanometri.
(a) Alluminio di prova, 1000 ingran-
dimenti.
(b) Alluminio AA 6111, 1000 ingran-
dimenti.
(c) Alluminio di prova, 100000 in-
grandimenti.
(d) Alluminio AA 6111, 100000 in-
grandimenti.
Figura 8: Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 dopo pretratta-
mento.
Le immagini di figura 9 sono state acquisite da due campioni
differenti, uno per ogni tipologia di alluminio, sottoposti all’in-
tero processo attualmente in uso. Andando ad esaminare le
immagini 9-a e 9-b si evince che la superficie del campione di
Alluminio di prova ha un numero superiore di difetti rispetto al-
la superficie del campione di Alluminio AA 6111. Le immagini
.   34
9-c e 9-d indicano chiaramente che le imperfezioni presenti sul
primo campione sono molto più estese delle imperfezioni del
secondo, che appaiono più localizzate. In particolare i difetti in
questione sono dovuti essenzialmente a degli accumuli di ver-
nice, che non riesce a distendersi adeguatamente nella fase di
elettrodeposizione; nell’ultima sezione di questo capitolo verrà
approfondito maggiormente il problema.
(a) Alluminio di prova, 1000 ingran-
dimenti.
(b) Alluminio AA 6111, 1000 ingran-
dimenti.
(c) Alluminio di prova, 10000 ingran-
dimenti.
(d) Alluminio AA 6111, 10000 ingran-
dimenti.
Figura 9: Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 dopo verniciatu-
ra.
Dopo questa prima parte, che ha interessato l’analisi dei cam-
pioni ottenuti nelle varie fasi del processo con pretrattamento
di fosfatazione, verranno analizzati dei campioni relativi a due
step salienti del nuovo processo, ossia a fine pretrattamento
Oxsilan R e dopo la fase di verniciatura.
I primi campioni analizzati (uno per ogni tipologia di allumi-
nio) sono stati sottoposti al nuovo pretrattamento e le immagini
ottenute sono mostrate in figura 10. Il coating che riveste il cam-
.   35
pione di Alluminio di prova (10-a) si presenta molto più uni-
forme rispetto al deposito che riveste il campione di Alluminio
AA 6111 (10-b). Inoltre nelle immagini 10-c - 10-d si possono
identificare delle microstrutture paragonabili ad i cristalli for-
mati dal bagno di fosfatazione: queste particelle sono dovute
probabilmente alla parte inorganica che compone la tecnologia
Oxsilan R .
(a) Alluminio di prova, 500 ingrandi-
menti.
(b) Alluminio AA 6111, 10000 ingran-
dimenti.
(c) Alluminio di prova, 100000 in-
grandimenti.
(d) Alluminio AA 6111, 100000 in-
grandimenti.
Figura 10: Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 dopo
pretrattamento Oxsilan R .
In un secondo momento, sono state acquisite delle immagini
da due campioni rispettivamente uno di Alluminio di prova e
l’altro di Alluminio AA 6111 in seguito al nuovo processo (figura
11). Dalle immagini ottenute a bassi ingrandimenti (11-a - 11-b)
è possibile constatare che le due tipologie di alluminio presen-
tano entrambe un deposito sostanzialmente uniforme. Infatti,
anche esaminando le altre immagini ottenute a più alti ingran-
dimenti, non si notano imperfezioni significative, fatta eccezione
per alcune zone in cui il coating si è depositato in maniera mag-
.   36
giore. Degno di nota è il deposito ottenuto su Alluminio AA
6111 (11-b), che appare molto uniforme, a dispetto di quello che
si sarebbe potuto pensare esaminando il film cresciuto su que-
sto stesso tipo di alluminio durante il pretrattamento Oxsilan
R (10-b).
(a) Alluminio di prova, 1000 ingran-
dimenti.
(b) Alluminio AA 6111, 1000 ingran-
dimenti.
(c) Alluminio diprova, 10000 ingran-
dimenti.
(d) Alluminio AA 6111, 10000 ingran-
dimenti.
Figura 11: Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 verniciati in
seguito al nuovo pretrattamento.
Per concludere questa sezione, verranno mostrate delle imma-
gini di confronto tra diversi campioni della stessa tipologia di
alluminio, nelle fasi omologhe dei due processi presi in esame.
In figura 12 sono mostrate due immagini relative a due campio-
ni diversi di Alluminio di prova, uno sottoposto ad un pretratta-
mento di fosfatazione (12-a) e l’altro sottoposto a pretrattamen-
to Oxsilan R (12-b). La morfologia dei due campioni appare
totalmente differente: nella prima immagine è possibile notare
che sono presenti molte zone del substrato non coperte dal film,
mentre la seconda immagine mostra un coating che riveste tutta
la superficie del campione senza lasciare zone scoperte.
.   37
(a) Alluminio di prova dopo pretrat-
tamento di fosfatazione, 1000
ingrandimenti.
(b) Alluminio di prova dopo pretratta-
mento Oxsilan R , 500 ingrandi-
menti.
Figura 12: Confronto tra il deposito ottenuto dopo pretrattamen-
to di fosfatazione e dopo pretrattamento Oxsilan R su
Alluminio di prova.
Le seconde immagini mostrate per l’Alluminio di prova sono
relative a due campioni, il primo verniciato in seguito al pre-
trattamento di fosfatazione ed il secondo verniciato in seguito
al nuovo pretrattamento (figura 13): la morfologia di questo se-
condo campione, mostrata nell’immagine 13-b, appare molto più
uniforme rispetto all’altra superficie, mostrata nell’immagine 13-
a.
(a) Alluminio di prova dopo verni-
ciatura con pretrattamento di
fosfatazione, 1000 ingrandimenti.
(b) Alluminio di prova dopo vernicia-
tura con pretrattamento Oxsilan
R , 1000 ingrandimenti.
Figura 13: Confronto tra il deposito di vernice ottenuto dopo pretrat-
tamento di fosfatazione e dopo pretrattamento Oxsilan R
su Alluminio di prova.
Dopo aver confrontato le scansioni relative ad i campioni di
.   38
Alluminio di prova, verranno confrontate le immagini acquisite
da Alluminio AA 6111 relative ai due processi esaminati nel cor-
so di questo lavoro.
Le prime immagini di confronto, mostrate in figura 14, compara-
no la morfologia di un campione dell’alluminio AA 6111 sotto-
posto al pretrattamento di fosfatazione con un secondo campio-
ne della stessa tipologia di alluminio sottoposto al nuovo pre-
trattamento.
La superficie dei due campioni appare totalmente differente: in
particolare il primo campione presenta una superficie molto più
omogenea rispetto al secondo. Questo potrebbe indurre a pen-
sare che il coating di vernice, che verrà poi elettrodeposto nelle
successive fasi del processo, debba essere più uniforme per il
primo campione. In realtà, esaminando le immagini di figura
15, che mostrano i due campioni di Alluminio AA 6111 sotto-
posti uno al processo con pretrattamento di fosfatazione, l’altro
al nuovo processo, è evidente, invece, che il secondo campio-
ne (figura 15-b) mostra una superficie nettamente più omoge-
nea nonostante la morfologia del coating deposto nella fase di
pretrattamento Oxsilan R .
(a) Alluminio AA 6111 dopo pretrat-
tamento di fosfatazione, 1000
ingrandimenti.
(b) Alluminio AA 6111 dopo pre-
trattamento Oxsilan R , 1000
ingrandimenti.
Figura 14: Confronto tra il deposito ottenuto dopo pretrattamen-
to di fosfatazione e dopo pretrattamento Oxsilan R su
Alluminio AA 6111.
.   39
(a) Alluminio AA 6111 dopo ver-
niciatura con pretrattamento di
fosfatazione, 1000 ingrandimenti.
(b) Alluminio AA 6111 dopo vernicia-
tura con pretrattamento Oxsilan
R , 1000 ingrandimenti.
Figura 15: Confronto tra il deposito di vernice ottenuto dopo pretrat-
tamento di fosfatazione e dopo pretrattamento Oxsilan su
Alluminio AA 6111.
.  
In seguito ad un’analisi morfologica, è stata effettuata anche
un’analisi chimica superficiale tramite spettroscopia fotoelettronica
a raggi-X (XPS), al fine di investigare gli elementi che compongo-
no la superficie dei vari campioni. Le analisi XPS, che saranno
mostrate di seguito, sono state eseguite sui medesimi campioni
analizzati precedentemente.
I primi due campioni, analizzati dopo essere stati sottoposti
alla fase di sgrassaggio, sono: uno relativo all’Alluminio di prova
(grafico in nero) e l’altro relativo all’Alluminio AA 6111 (grafico
in rosso). Per entrambi i campioni è stato acquisito uno spettro
al fine di esaminare quali elementi sono presenti sulla loro su-
perficie. Analizzando le overview di questi substrati è possibile
riscontrare la presenza dei picchi Al 2s, Al 2p, Zn 3p, Zn 2p1/2
e Zn 2p3/2, relativi agli elementi presenti all’interno delle leghe.
Inoltre si può notare la presenza di due picchi di intensità molto
elevata: uno appartenente all’ossigeno (O 1s) ed uno al carbonio
(C 1s). Il primo segnale deriva dallo strato di ossido presente
sulla superficie dei campioni di alluminio, mentre il secondo
elemento può derivare molto probabilmente, dall’anidride car-
bonica che è stata adsorbita sulla superficie dei campioni. Sono
presenti anche segnali di elementi non previsti nella composi-
zione del bagno di sgrassaggio e nella composizione della lega,
come ad esempio i picchi Ca 2s e Ca 2p3/2, inerenti al Calcio, che
.   40
probabilmente deriva dal calcare presente nell’acqua industriale
utilizzata per la preparazione dei bagni.
Figura 16: Survey dei campioni di alluminio di prova ed alluminio
AA 6111 dopo la fase di sgrassaggio.
Successivamente sono stati analizzati due campioni sottopo-
sti al pretrattamento di fosfatazione: uno relativo all’Alluminio
di prova e l’altro all’Alluminio AA 6111. Gli spettri ottenuti da
questi due campioni sono mostrati in figura 17: in nero è mostra-
to il survey dell’Alluminio di prova, mentre in rosso è mostrato
il survey dell’Alluminio AA 6111.
Nei survey mostrati in figura 17 si possono notare, su entram-
bi i substrati, la presenza dei picchi Zn 3s, Zn 3p1/2, Zn 3p3/2,
Zr 3d, P 2p, F 1s e F 2s relativi agli elementi che compongono
i bagni del pretrattamento. Ad esempio il Fosforo (P) deriva
dall’Acido fosforico (H3PO4) presente nel bagno di fosfatazione,
mentre Zirconio (Zr) e Fluoro (F) derivano dall’Acido esafluoro-
zirconico (H2ZrF6) presente nella vasca di passivazione.
Anche questa volta sono presenti i segnali del Carbonio e del-
l’Ossigeno ( C 1s e O 1s), solo che in questo caso la presenza di
Ossigeno è dovuta al pretrattamento e non al film di ossido.
I survey di figura 18 mostrano invece i campioni ultimati dopo
la verniciatura: dai picchi ottenuti (O 1s, C 1s e N 1s) si identifi-
cano i principali elementi costituenti la resina epossidica, ossia
Carbonio, Azoto ed Ossigeno. Particolare importanza riveste la
.   41
Figura 17: Survey dei campioni di alluminio di prova ed alluminio
AA 6111 dopo il pretrattamento.
Figura 18: Survey dei campioni di alluminio di prova ed alluminio
AA 6111 dopo verniciatura.
presenza dello Stagno Sn (Sn 4d, Sn 3d3/2, Sn 3d1/2, Sn 3p3/2),
che deriva dalla parte di pigmento contenuta nella vernice: nei
campioni di Alluminio di prova verniciati appare evidente la
.   42
presenza maggiore di questo elemento rispetto ai campioni di
Alluminio AA 6111, anch’essi verniciati. Questa differenza può
essere riconducibile alle diverse condizioni in cui sono stati pro-
dotti i campioni. Il parametro che indica la quantità di residui
solidi (di cui fa parte il pigmento della vernice) presenti nel ba-
gno di verniciatura è il residuo secco: infatti, confrontando i
valori di questo parametro per l’alluminio di prova (tabella 5)
con lo stesso parametro relativo all’alluminio AA 6111 (tabella
6), notiamo che il valore per quest’ultimo tipo di alluminio, nei
giorni in cui sono stati preparati i campioni, è più basso, e ciò
giustifica la minore presenza di stagno nel secondo tipo di allu-
minio.
In figura 19 è mostrata una overview di un campione di allumi-
nio di prova, sottoposto al pretrattamento Oxsilan R . Nell’im-
magine non viene riportato lo spettro ottenuto dall’altro cam-
pione (Alluminio AA 6111), dal momento che non sono state
riscontrate differenze significative.
In tale spettro sono presenti i segnali dei principali elementi che
compongono questa nanotecnologia: Zr 4p, Zr 3d5/2, Zr 3p3/2,
Zr 3p1/2, Zr 3s, Al 2p, Si 2p, Si 2s, C 1s e O 1s. Nello spettro è
presente un segnale che non è riconducibile a nessun elemento
presente nel bagno di verniciatura e non appartiene agli elemen-
ti alliganti presenti nella lega: F 1s.
L’ultima immagine, mostrata in figura 20, riporta il survey ac-
quisito da un campione di Alluminio di prova sottoposto all’in-
tero nuovo processo. Anche in questo caso è stato omesso il
grafico relativo all’altra tipologia di alluminio, in quanto non
è stata riscontrata alcuna differenza. In analogia ai campioni
verniciati in seguito al pretrattamento di fosfatazione, sono stati
ottenuti dei picchi appartenenti ai principali elementi (Carbonio,
Azoto ed Ossigeno) che compongono la parte organica della ver-
nice; i segnali in questione sono i seguenti: C 1s, O 1s e N 1s.
Per quanto riguarda la parte inorganica della vernice, ossia il
pigmento, si riscontrano dei picchi relativi allo Stagno: Sn 4d,
Sn 3d5/2, Sn 3d3/2, Sn 3p3/2.
Esaminando le immagini 18-20 è possibile notare che gli spet-
tri ottenuti sono molto simili: ciò sta ad indicare che le due
tipologie di pretrattamento sono essenzialmente equivalenti.
.  43
Figura 19: Survey del campione di alluminio di prova, dopo
pretrattamento Oxsilan R .
Figura 20: Survey del campione di alluminio di prova verniciato in
seguito al pretrattamento Oxsilan R .
. 
Durante la realizzazione di questo lavoro presso Intesa mecca-
nica srl sono stati riscontrati diversi difetti di produzione, provo-
.  44
cati da vari fattori. I principali difetti riscontrati sono i seguenti:
1. Bolle dovute allo sviluppo di Idrogeno molecolare;
2. Bolle dovute alla presenza di schiuma nel bagno di verniciatura;
3. Cattiva distensione della vernice;
4. Schivature dovute alla presenza di olio nel bagno di verniciatura;
1. Il primo dei difetti elencati è dovuto all’eccessivo svilup-
po di H2 sulla superficie dei substrati, perché tale molecola non
riesce ad abbandonare il sito di reazione e rimane inizialmente
intrappolata nel film depositato formando delle bolle. Successi-
vamente a causa dell’elevata temperatura presente nel forno di
appassimento (170 C), queste bolle vengono distrutte, liberando
l’idrogeno intrappolato.
A tal proposito è emblematica la figura 21, nella quale si vede
chiaramente la presenza di queste imperfezioni.
Figura 21: Esempio di bolle dovute allo sviluppo di Idrogeno
molecolare o alla presenza di schiuma.
2. Le bolle dovute alla presenza di schiuma si presentano in
maniera del tutto identica alle bolle dovute allo sviluppo di Idro-
geno molecolare: per questo motivo è difficile stabilire quale dei
.  45
due fenomeni sia la causa effettiva del difetto in questione. La
schiuma, che si viene a formare sulla superficie della vasca di
verniciatura, si deposita sui manufatti nel momento in cui que-
sti vengono immersi o estratti dal bagno, generando questo tipo
di imperfezione.
3. Una cattiva distensione della vernice può verificarsi quando
nella vasca di verniciatura è presente un’elevata concentrazione
di batteri, che ostacolano la mobilità delle molecole di vernice
ed influiscono quindi sulla qualità del deposito.
Un esempio di questo problema è mostrato in figura 22.
Figura 22: Esempio di cattiva distensione dovuta a batteri.
Inizialmente per eliminare queste imperfezioni sono state ese-
guite delle modifiche al programma di tensione applicato alla
vasca di verniciatura; i parametri di deposizione prima delle
modifiche sono mostrati in tabella 8.
Tabella 8: Parametri di elettrodeposizione cofani prima delle modifi-
che
Parametri di elettrodeposizione
Tensione massima 280 V
Rampa 180 sec
.  46
Tabella 8: continua dalla pagina precedente
Parametri di elettrodeposizione
Tempo di elettrodeposizione 270 sec
Spessore medio 23 µm
Nella fase iniziale della deposizione, la tensione viene variata
linearmente nel tempo, da 0 alla tensione massima (che in que-
sto caso è 280 V), in un determinato intervallo di tempo.
I prodotti ottenuti mostravano inizialmente due problemi: cat-
tiva distensione del deposito e basso spessore. Per ovviare a
questi problemi è stato deciso di diminuire la tensione massima
ed aumentare sia il tempo di rampa che quello di elettrodeposizione,
per ottenere un deposito dello spessore giusto ed evitare di sot-
toporre i manufatti ad una variazione troppo brusca di tensione.
Un incremento rapido della tensione può provocare un ecces-
sivo sviluppo di ioni OH- e quindi una rapida crescita di pH
nello strato di liquido più prossimo alla superficie dei manufat-
ti, provocando la prematura coagulazione della vernice che non
riesce a distendersi in maniera adeguata.
Come mostrato nella reazione 11, all’aumentare degli elettroni
forniti al sistema, aumenta la produzione di ioni OH- e quindi
il pH nella parte di liquido più vicino alla superficie dei manu-
fatti. I parametri di elettrodeposizione sono stati variati e sono
riportati in tabella 9.
Tabella 9: Parametri di elettrodeposizione cofani dopo le modifiche
Parametri di elettrodeposizione
Tensione massima 255 V
Rampa 218 sec
Tempo di elettrodeposizione 330 sec
Spessore medio 29µm
Con le modifiche effettuate, è stata ottenuta un buona disten-
sione della vernice ed uno spessore del coating idoneo; successi-
vamente sono state eseguite, dall’azienda fornitrice dei prodotti
per elettrodeposizione, delle analisi microbiologiche alla solu-
zione di vernice: è stato scoperto che era presente un’elevata
concentrazione di batteri e per questo sono stati introdotti nel
.  47
bagno di verniciatura degli specifici prodotti antibatterici per
eliminare questo problema.
Nell’immagine 23 viene mostrata la tensione applicata ai manu-
fatti prima delle modifiche, mentre in figura 24 è mostrata la
tensione applicata dopo le modifiche; infine l’immagine 25 mo-
stra l’andamento della corrente in vasca. La corrente che attra-
versa la soluzione aumenta inizialmente in maniera lineare con
l’aumentare della tensione fino ad un massimo, dove la corrente
inizia a decrescere a causa del coating che è stato depositato e
che tende ad isolare i manufatti, provocando una diminuzione
della corrente in vasca.
Figura 23: Andamento tensione nel bagno di verniciatura prima delle
modifiche.
4. La presenza di olio in vasca genera delle zone in cui il
deposito non aderisce alla vernice del metallo oppure aderisce
male. Le particelle di olio che si depositano sulla superficie degli
oggetti la isolano dal passaggio di corrente e di conseguenza in
questa zona, la superficie resta priva di deposito, quindi non
protetta dalla corrosione. La presenza dell’olio in vasca può
essere dovuta a vari motivi, ad esempio uno sgrassaggio non
sufficientemente efficace, che non deterge bene la superficie dei
manufatti. In questo modo l’olio può essere trasportato fino
.  48
Figura 24: Andamento tensione nel bagno di verniciatura dopo le
modifiche.
Figura 25: Andamento della corrente nel bagno di verniciatura dopo
le modifiche.
.  49
alla vasca di verniciatura, dove viene portato in soluzione, a
causa della presenza in questo bagno di solventi non polari che
solubilizzano gli olii.
Sia con pretrattamento di Fosfatazione che con pretrattamento
Oxsilan R i difetti riscontati sono gli stessi e ciò sta ad indicare
che le cause delle imperfezioni riscontrate prescindono dal tipo
di pretrattamento e sono da cercare solamente nei parametri di
verniciatura.
4 C O N C LU S I O N I
Gli obiettivi principali del lavoro svolto sono essenzialmente
due: cercare di ottimizzare il processo per ottenere prodotti privi
di difetti e constatare se il pretrattamento Oxsilan R , proposto
da Chemetall italia s.r.l., sia una valida alternativa al pretratta-
mento in uso (fosfatazione). Per raggiungere questi obiettivi ci
si è serviti di tecniche spettroscopiche come SEM e XPS.
In seguito alle varie prove eseguite sui campioni e dai riscontri
ottenuti in fase di produzione, è stato notato che i due tipi di
pretrattamento presi in esame si equivalgono dal punto di vista
delle prestazioni e della qualità dei depositi. Dal momento che
i risultati ottenuti con i due tipi di prodotti sono comparabili,
la tecnologia Oxsilan R offre molti vantaggi rispetto al pretrat-
tamento di Fosfatazione, come già detto in precedenza. Questi
vantaggi risiedono nell’abbattimento dei costi di smaltimento
dei fanghi di fosfatazione e nell’abolizione delle vasche di Atti-
vazione e Fosfatazione, con una notevole riduzione del tempo
per ogni ciclo.
La nuova tecnologia, rispetto al pretrattamento in uso, non ne-
cessita del riscaldamento della vasca, il che contribuisce a dimi-
nuire i costi di produzione.
In aggiunta a tali risultati, è stato riscontrato che i vari difetti
ottenuti, non dipendono dal tipo di pretrattamento che si utiliz-
za, ma sono riconducibili essenzialmente a due fasi del processo
produttivo: Verniciatura e Sgrassaggio.
B I B L I O G R A F I A
[1] G.W. Critchlow e D.M. Brewis. «Review of surface pre-
treatments for aluminium». In: International Journal Adhe-
sion and Adhesives 16 (1996), pp. 255–275.
[2] Dr. J. Hugh Horton. url: http://www.chem.queensu.ca/
people/faculty/horton/research.html (cit. a p. 27).
[3] P. Skeldon G. E. Thompson G. C. Wood K. Shimizu K. Ko-
bayashi. «An atomic force microscopy study of the corro-
sion and filming behaviour of aluminium». In: Corrosion
Science 39.4 (1991), pp. 701–718 (cit. a p. 1).
[4] Ingemar Olefjord Kaoru Mizuno Anders Nylund. «Surfa-
ce reactions during pickling of an aluminium-magnesium-
silicon alloy in phosphoric acid». In: Corrosion Science 43
(2001), pp. 381–396.
[5] Vesna B. Miscovi´c-Stancovi´c. «The mechanism of cathodic
electrodeposition of epoxy coatings and the corrosion be-
haviour of the electrodeposited coatings». In: Journal of the
Serbian Chemical Society 67.5 (2002), pp. 305–324 (cit. a p. 9).
[6] T.S.N. Sankara Narayanan. «Surface pretreatment by pho-
sphate conversion coating- A rewiew». In: Reviews on Ad-
vanced Materials Science 9 (2005), pp. 130–177 (cit. alle pp. 4–
7).
[7] Pietro Pedeferri. Corrosione e protezione dei materiali metallici.
Vol. 1-2. Polipress, 2012 (cit. alle pp. 10, 11).
[8] Lei Shi. «Zinc Phosphating on 6061-T6 Aluminium Alloy».
Tesi di laurea mag. University of British Columbia, 2000
(cit. a p. 4).
[9] D.M. Drazi´c V.B. Miskovi´c-Stankovi´c M.R. Stani´c. «Corro-
sion protection of aluminium by a cataphoretic epoxy coa-
ting». In: Progress in Organic Coatings 36 (1999), pp. 53–
63.
51
52
[10] Z. Kacarevi´c-Popovi´c V.B. Miskovi´c-Stankovi´c J.B. Bajat.
«Corrosion stability of epoxy coatings on aluminium pre-
treated by vinyltrietoxysilane». In: Corrosion Science 50 (2008),
pp. 2078–2084.
R I N G R A Z I A M E N T I
All’inizio di questa avventura mi sembrava tutto molto distan-
te, gli esami, il secondo anno di corso, il terzo anno, la tesi . . . ed
invece sono arrivati, forse troppo velocemente; senza renderme-
ne conto mi trovo a scrivere le ultime pagine di questo lavoro,
che segna inevitabilmente la fine di un percorso bellissimo ed
appassionante.
In primo luogo desidero ringraziare il professore Sandro Santuc-
ci e la dottoressa Daniela di Camillo per il prezioso contributo che
hanno apportato al mio lavoro.
Ringrazio l’azienda Intesa Meccanica s.r.l. per avermi permes-
so di realizzare questa esperienza ed in particolare l’ingegnere
Emanuele Diana ed il signor Martelli Dionino per gli insegnamen-
ti e l’aiuto che mi hanno dato in questi mesi di permanenza in
azienda.
Durante la strada le difficoltà non sono mancate, ma sono riusci-
to a superarle anche grazie ai miei amici, sia vecchi che nuovi,
sempre pronti a trascorrere del tempo insieme e che in un modo
o nell’altro, trovano sempre il modo per strapparti un sorriso e
farti tornare il buon umore.
Un ringraziamento speciale sento di darlo alla mia famiglia che
mi ha sempre sostenuto, in tutte le mie scelte importanti. Un
grazie particolare è per mio Padre e mia Madre, che mi hanno
insegnato ad essere adulto e ad impegnarmi con serietà e pas-
sione nelle cose importanti. Un altro grazie voglio darlo a due
persone cui sono particolarmente legato: mia Sorella ed il mio
Fratellino.
Infine un sincero ringraziamento alla persona che mi ha soste-
nuto più di tutte le altre, la mia Fidanzata, senza la quale sicu-
ramente non ce l’avrei fatta, che mi ha confortato nei momenti
difficili e mi ha spinto sempre a dare il massimo; la ringrazio
soprattutto perché è e sarà un punto certo nella mia vita.

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  • 1. Universit´a degli studi dell’Aquila Dipartimento di Scienze fisiche e chimiche Corso di Laurea Triennale in Scienze e tecnologie chimiche e dei materiali Studio e confronto delle propriet`a superficiali di Alluminio in seguito a pretrattamenti di fosfatazione o nanotecnologici Candidato: Daniele Monti Matricola 202124 Relatore: Sandro Santucci Anno Accademico 2012/2013
  • 3. I N D I C E VII VIII IX 1 1 1.1 Corrosione dell’Alluminio . . . . . . . . . . . . . . 1 1.2 Specifiche delle leghe di alluminio . . . . . . . . . 2 1.3 Fosfatazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 1.4 Elettrodeposizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1.5 Sgrassaggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 1.6 Disossidazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 1.7 Passivazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 1.8 Descrizione specifica del processo utilizzato . . . 11 1.9 Oxsilan . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 2 18 2.1 SEM: Scanning Electron Microscope . . . . . . . . 18 2.2 XPS: X-ray Photoelectron Spectroscopy . . . . . . 23 3 29 3.1 Preparazione dei Campioni . . . . . . . . . . . . . 29 3.2 Analisi SEM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 3.3 Analisi XPS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 3.4 Difetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 4 50 51 53 III
  • 4. E L E N C O D E L L E F I G U R E Figura 1 Grafico dei costituenti principali della lega. 3 Figura 2 Schema della struttura del rivestimento Oxsilan R . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 Figura 3 Confronto tra il pretrattamento con fosfa- tazione ed il pretrattamento con Oxsilan R . 16 Figura 4 Schema della colonna elettro-ottica di un FEG: (1) filamento di W, (2) elettrodo scher- mo; (3) sostegno del campione; (4) elet- trodo estrattore; (5) elettrodo accelerato- re; (6) tubo da vuoto; (7) lente conden- satrice; (8) aperture; (9a, b, c) bobine di allineamento; (10, 11) lenti obiettivo; (12) campione; (13) stigmatore; (14) sistema di deflessione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 Figura 5 Detectors: (1) INLENS, scintillatore coas- siale al fascio elettronico primario; (2) SE secondo rivelatore posto lateralmente al campione; (3) fotomoltiplicatore; (4) gui- da di luce; (5) scintillatore; (6) collettore a forma di griglia. . . . . . . . . . . . . . . . 23 Figura 6 Immagine schematica di un XPS [2]. . . . 27 Figura 7 Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 sottoposti alla fase di sgrassaggio. . . . . . 32 Figura 8 Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 dopo pretrattamento. . . . . . . . . . . . . 33 Figura 9 Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 dopo verniciatura. . . . . . . . . . . . . . . 34 Figura 10 Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 dopo pretrattamento Oxsilan R . . . . . . . 35 Figura 11 Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 verniciati in seguito al nuovo pretratta- mento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 Figura 12 Confronto tra il deposito ottenuto dopo pretrattamento di fosfatazione e dopo pre- trattamento Oxsilan R su Alluminio di pro- va. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 IV
  • 5. Figura 13 Confronto tra il deposito di vernice otte- nuto dopo pretrattamento di fosfatazio- ne e dopo pretrattamento Oxsilan R su Alluminio di prova. . . . . . . . . . . . . . 37 Figura 14 Confronto tra il deposito ottenuto dopo pretrattamento di fosfatazione e dopo pre- trattamento Oxsilan R su Alluminio AA 6111. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 Figura 15 Confronto tra il deposito di vernice otte- nuto dopo pretrattamento di fosfatazione e dopo pretrattamento Oxsilan su Allumi- nio AA 6111. . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 Figura 16 Survey dei campioni di alluminio di pro- va ed alluminio AA 6111 dopo la fase di sgrassaggio. . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 Figura 17 Survey dei campioni di alluminio di pro- va ed alluminio AA 6111 dopo il pretrat- tamento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 Figura 18 Survey dei campioni di alluminio di pro- va ed alluminio AA 6111 dopo verniciatura. 41 Figura 19 Survey del campione di alluminio di pro- va, dopo pretrattamento Oxsilan R . . . . . 43 Figura 20 Survey del campione di alluminio di pro- va verniciato in seguito al pretrattamento Oxsilan R . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 Figura 21 Esempio di bolle dovute allo sviluppo di Idrogeno molecolare o alla presenza di schiu- ma. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 Figura 22 Esempio di cattiva distensione dovuta a batteri. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 Figura 23 Andamento tensione nel bagno di verni- ciatura prima delle modifiche. . . . . . . . 47 Figura 24 Andamento tensione nel bagno di verni- ciatura dopo le modifiche. . . . . . . . . . 48 Figura 25 Andamento della corrente nel bagno di verniciatura dopo le modifiche. . . . . . . 48 V
  • 6. E L E N C O D E L L E TA B E L L E Tabella 1 Processo per leghe di alluminio . . . . . . X Tabella 2 Composizione Chimica Alluminio AA 6111 2 Tabella 3 Flow-Chart di processo per materiali in alluminio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Tabella 4 Flow-Chart di processo per materiali in alluminio con tecnologia Oxsilan R . . . 17 Tabella 5 Parametri processo 18 Dicembre 2012 . . 29 Tabella 6 Parametri processo 15 Aprile 2013 . . . . 30 Tabella 7 Parametri processo 11 Giugno 2013 . . . . 31 Tabella 8 Parametri di elettrodeposizione cofani pri- ma delle modifiche . . . . . . . . . . . . . 45 Tabella 9 Parametri di elettrodeposizione cofani do- po le modifiche . . . . . . . . . . . . . . . 46 VI
  • 7. A B ST R A C T Aluminium and its alloy are among the most widely used ma- terials in the modern industry. This large employ is due to the high fatigue resistance accompained by a low specific weight, an high thermal conductivity and a superior corrosion resistance compared to other materials like steel. The notable corrosion resistance came from the quickness with which Aluminium is able to form an external oxide film, that significantly prevents the corrosion. Most of the Aluminium alloys, that are utilized industrially, don’t have the high corrosion resistance of the pure Aluminium, due to the presence of alloying elements like Cop- per, Zinc or Nickel that increase hardness and toughness, but diminish the corrosion resistance. From these needs comes the importance of having an anti-corrosion process, that works very well for the Aluminium alloys and that leads to a durable and free from defects surface finishing, with the less environmental impact. VII
  • 8. S O M M A R I O L’alluminio e le sue leghe sono tra i materiali più utilizzati dalla moderna industria. Questo largo impiego è dovuto all’alta resistenza agli sforzi accompagnata da: un basso peso specifico, un’elevata conducibilità termica ed una superiore resistenza alla corrosione rispetto ad altri materiali, come ad esempio acciaio. La notevole resistenza alla corrosione deriva dalla rapidità con cui l’alluminio riesce a formare un film di ossido che impedi- sce notevolmente la corrosione. La maggior parte delle leghe di alluminio utilizzate industrialmente non hanno l’elevata resi- stenza alla corrosione propria dell’alluminio puro a causa della presenza di elementi alliganti come Rame, Zinco o Nichel che ne aumentano la durezza e la tenacità, ma ne diminuiscono la resistenza alla corrosione. Da queste necessità nasce l’importanza di avere un processo anti-corrosione che funzioni bene per le leghe a base di allu- minio e che porti, soprattuto per l’industria automobilistica, ad una finitura superficiale resistente e priva di difetti con il minor impatto ambientale. VIII
  • 9. I N T R O D U Z I O N E Il lavoro svolto nasce da una collaborazione tra Intesa Mecca- nica s.r.l. ed il Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche dell’U- niversità degli studi dell’Aquilla. L’azienda Intesa Meccanica srl effettua finiture superficiali di vario genere per componenti del- l’industria automobilistica, ma il principale processo utilizzato per effettuare queste finiture è la cataforesi, ossia una elettro- deposizione catodica che deposita pigmenti di vernice carichi positivamente sui componenti metallici in contatto elettrico con il catodo (carichi negativamente). La deposizione vera e propria è preceduta da vari stadi che han- no il ruolo di preparare la superficie del materiale alla verni- ciatura in modo da massimizzare l’aderenza della vernice e la resistenza alla corrosione. Tutti i vari stadi che compongono il processo analizzato vengono effettuati per immersione dei ma- nufatti in vasche poste in successione. L’impianto utilizzato, per ragioni di produzione, deve adattarsi a vari tipi di materiali: Acciaio, Acciaio zincato e Leghe a base di Alluminio. Questi metalli necessitano di parametri diversi, co- me ad esempio il pH di alcune vasche, ma soprattutto di pretrat- tamenti diversi con composizioni differenti. La contaminazione delle vasche, prodotta da inevitabili trascinamenti di soluzione da una vasca alla successiva, è causa di grandi problemi: i bagni hanno bisogno quindi di una costante monitorazione dei prin- cipali parametri (pH, acidità libera, acidità totale), in modo da mantenere la composizione delle varie soluzioni costante ed in- tervenire tempestivamente in caso di eccessiva contaminazione. I dettagli verranno approfonditi successivamente. Come detto in precedenza, l’impianto deve adattarsi a vari tipi di materiali, ma dato che verranno trattati solamente substrati a base di alluminio, sono stati riportati di seguito i vari stadi, dal pretrattamento alla verniciatura. Il processo specifico utilizzato per leghe a base di alluminio è formato da 13 step: IX
  • 10. Tabella 1: Processo per leghe di alluminio Flow-Chart di processo per materiali in alluminio Step Sgrassaggio Risciacquo Decapaggio Risciacquo Attivazione Fosfatazione Risciacquo Passivazione Risciacquo con acqua demineralizzata Elettrodeposizione Risciacquo Ultra-Filtrato Risciacquo Ultra-Filtrato Reticolazione In particolare è stato effettuato uno studio sulle proprietà su- perficiali dei manufatti nei vari stadi della produzione (Sgras- saggio, Fosfatazione, Verniciatura), tramite tecniche spettrosco- piche come SEM (scanning electron microscopy) e XPS (X-ray photoelectron spectroscopy) per cercare, dove possibile, una cor- relazione tra le proprietà microscopiche del materiale e le pro- prietà macroscopiche del prodotto finito. A questo scopo sono stati investigati vari campioni di diversi tipi di alluminio, in tem- pi diversi ed in diverse condizioni di produzione. Inizialmente sono stati preparati dei campioni di alluminio con processo completo, con pretrattamento e solo con fase di sgras- saggio in modo da avere una visione d’insieme del processo iniziale da tenere come riferimento per le successive analisi. In seguito sono stati analizzati campioni di diverse tipologie di al- luminio per poter vedere: come risponderà l’impianto ai vari tipi di materiale e valutare quali parametri dovranno variare per avere un prodotto della qualità desiderata. L’azienda Intesa meccanica s.r.l. si è cimentata nel sostituire il processo di fosfatazione con un nuovo prodotto distribuito da Chemetall Italia srl a base di polisilossani, in grado di dare pre- X
  • 11. stazioni uguali al precedente processo e con un minore impatto ambientale. Sono stati caratterizzati, con le tecniche sopra elencate, an- che dei campioni di alluminio trattati con il nuovo prodotto (Oxsilan R ) per poterli confrontare con i dati acquisiti dai cam- pioni riguardanti il trattamento classico di fosfatazione e verifi- care se il trattamento Oxsilan R rispetti gli standard di qualità richiesti. In conclusione il lavoro svolto si articola principalmente in quattro fasi: 1. Acquisire un’esperienza di base nell’ambito delle vernicia- ture cataforetiche e pretrattamenti anti-corrosione, princi- palmente per leghe di alluminio. 2. Investigare i difetti di produzione riscontrati tramite tec- niche spettroscopiche, per cercare una possibile soluzione del problema intervenendo sui parametri fisici e chimici delle vasche. 3. Confrontare la risposta dell’impianto in termini di quali- tà del prodotto finito per le varie tipologie di alluminio interessate dalla produzione. 4. Analizzare e confrontare il nuovo pretrattamento proposto da Chemetall Italia srl con il pretattamento di fosfatazione, sempre attraverso le tecniche sopra elencate. XI
  • 12. 1 B A S I T E O R I C H E . ’ Una superficie di Alluminio, con il suo film di ossido, non può essere considerata omogenea: infatti, anche con campio- ni di purezza 99.99%, la superficie appare microscopicamente eterogenea. Molte impurezze come Fe, Si e Cu, oltre ad esse- re distribuite omogeneamente all’interno della matrice solida, possono accumularsi ad esempio sui bordi di grano, generando delle imperfezioni. Un’ulteriore causa di difetti è dovuta a de- formazioni meccaniche.[3] La presenza di imperfezioni in zone discrete della superficie di un campione di alluminio, contribuisce alla formazione di regio- ni anodiche e catodiche. Sotto determinate condizioni le zone anodiche possono essere attaccate provocando la dissoluzione del metallo, mentre le regioni catodiche mostrano una riduzio- ne del potenziale redox dell’intero processo. La dissoluzione dell’alluminio corrisponde alla seguente reazio- ne anodica: Al ! Al3+ + 3e- (1) Lo ione formato viene solvatato immediatamente se posto a contatto con l’acqua: Al3+ + 6H2O ! [Al(H2O)6]3+ (2) Questo complesso può quindi idrolizzare: [Al(H2O)6]3+ ! Al(OH)3 + 3H2O + 3H+ (3) Per quanto riguarda invece le reazioni catodiche, ci sono due possibilità in ambiente acquoso: riduzione dell’ossigeno o evo- luzione di idrogeno. Le reazioni interessate sono le seguenti: O2 + 2H2O + 4e- ! 4OH- (4)
  • 13. . 2 2H+ + 2e- ! H2 (5) La natura isolante del film protettivo di ossido che riveste l’al- luminio aiuta la protezione da attacchi elettrochimici, ma queste reazioni possono avvenire in presenza di difetti superficiali. . - L’alluminio utilizzato nella parte superficiale dei manufatti è un alluminio del tipo AA 6111, ossia una lega basata principal- mente di Alluminio, Magnesio, Silicio e Rame che presenta una buona resistenza alla corrosione ed è particolarmente adatta per applicazioni esterne, come nel caso in questione (parti esterne di carrozzeria). Nella tabella 2 è mostrata la composizione in termini di percen- tuale in peso della lega, mentre la figura 1 mostra una rappre- sentazione grafica di questa composizione. Tabella 2: Composizione Chimica Alluminio AA 6111 Composizione Chimica Elemento Weight % Si 0.60-1.10 Fe max 0.40 Cu 0.50-0.90 Mn 0.10-0.45 Mg 0.50-1.00 Cr max 0.10 Ti max 0.15 Zn max 0.10 Other max 0.15 La lega presa in considerazione presenta le seguenti proprietà fisiche: 1. Densità: 2.71 ⇤ 103 kg/m3
  • 14. . 3 Figura 1: Grafico dei costituenti principali della lega. 2. Modulo di elasticità: 70000 N/mm2 3. Coefficiente di espansione termica: 24 ⇤ 10-6 K-1 4. Conducibilità termica: 180 W/mK 5. Conducibilità elettrica: 23 - 27 m/⌦mm2 Nel corso di questo lavoro è stata trattata un’ulteriore lega di alluminio, utilizzata da Intesa meccanica s.r.l. per effettuare prove finalizzate al controllo della qualità: la lega in questione verrà chiamata Alluminio di prova. Questo secondo tipo di mate- riale appartiene sempre alla Serie 6, ossia quelle leghe di allu- minio, i cui principali elementi alliganti sono Magnesio, Silicio e Rame. Questa tipologia di alluminio differisce dalla precedente per gli elementi alliganti secondari ed i trattamenti termici subi- ti; tuttavia non è stata fornita una documentazione dettagliata a riguardo.
  • 15. . 4 . Il processo di fosfatazione è un meccanismo di conversione chimica superficiale basato sulla reazione tra gli strati più ester- ni di un substrato metallico con una specifica soluzione, che por- ta alla formazione di un deposito inorganico insolubile sia nello stato amorfo che cristallino. In questo coating, una porzione del substrato metallico viene convertita in uno dei componenti del film protettivo risultante, il quale è molto meno suscettibile alla corrosione rispetto alla superficie di partenza; inoltre il deposito formatosi incrementa notevolmente l’adesione di eventuali ver- nici.[6] Il processo di fosfatazione può essere applicato a vari metalli come Ferro, Zinco, Alluminio e Manganese. La maggior parte dei bagni di fosfatazione sono soluzioni dilui- te di Acido fosforico, uno o più ioni di metalli pesanti o alcalini ed eventualmente un accelerante. I costituenti principali della miscela saranno quindi: (i) Acido fosforico libero, (ii) fosfati pri- mari dei cationi metallici presenti in soluzione (Me(H2PO4)2) e (iii) l’accelerante.[8] Introducendo un campione metallico in una soluzione fosfatan- te si avvia la reazione di conversione superficiale, nella quale gli atomi del metallo vengono portati in soluzione dall’acido fosfo- rico libero nei microanodi, situati sulla superficie del substrato, mentre lo sviluppo di Idrogeno molecolare avviene nei siti mi- crocatodici. Le reazioni in questione sono rispettivamente le seguenti: Me ! Me2+ + 2e- (6) 2H3PO4 + 2e- ! 2H2PO- 4 + H2 (7) La reazione globale sarà quindi: Me + 2H3PO4 ! Me(H2PO4)2 + H2 (8) La formazione di un fosfato primario del catione metallico por- ta ad una localizzata diminuzione dell’Acido fosforico libero, provocando un aumento del pH all’interfaccia Metallo-Soluzione. Questa variazione di pH porta alla formazione di Fosfati terzia- ri di ioni di metalli pesanti, che essendo insolubili, generano un deposito fangoso potenzialmente tossico, il quale compromette
  • 16. . 5 la qualità del film.[6] Le reazioni di formazione di questo depo- sito in un bagno fosfatico in cui è presente ad esempio Zinco, sono le seguenti: Zn(H2PO4)2 ⌦ ZnHPO4 + H3PO4 (9) 3ZnHPO4 ⌦ Zn3(PO4)2 + H3PO4 (10) Da queste equazioni di equilibrio si evince che una certa quan- tità di Acido fosforico libero deve sempre essere presente per inibire l’idrolisi e la formazione di Fosfati terziari insolubili. Le reazioni di fosfatazione tendono ad essere rallentate da fe- nomeni di polarizzazione causati ad esempio dallo sviluppo di idrogeno nel sito catodico (superficie del metallo). Per evitare di avere tempi di trattamento molto lunghi si ricorre all’uso di metodi di accelerazione che possono essere sia chimici che elet- trochimici. Tra gli acceleranti chimici, i più importanti sono degli Agenti ossi- danti come Nitriti, Nitrati, Cromati, Perossidi e Nitro-composti organici, che agiscono depolarizzando il sito catodico e impe- dendo l’accumulo di idrogeno e degli ioni di metalli più nobili rispetto al materiale utilizzato. Gli ioni in questione possono derivare da Rame o Nichel, i quali favoriscono la dissoluzio- ne abbassando il potenziale del sito catodico tramite la loro co- deposizione.[6] Uno tra i metodi di accelerazione elettrochimica consiste nel col- legare galvanicamente il substrato ad un metallo, che è più no- bile rispetto al substrato utilizzato e permette di velocizzare il processo di fosfatazione. Il rivestimento fosfatico generato mostra generalmente una strut- tura policristallina con dimensione dei grani variabile in fun- zione delle condizioni sperimentali. Le caratteristiche del film dipendono fortemente dalla turbolenza della vasca, dalla com- posizione delle soluzioni, dalla quantità di accelerante e dalla presenza o meno di altri ioni metallici. La crescita del coating fosfatico è iniziata dalla formazione di uno strato sub-cristallino sul quale possono crescere i cristalli di fosfato; la nucleazione e la crescita non avvengono uniforme- mente su tutta la superficie del substrato ma sono limitate ad alcune zone, principalmente sui bordi di grano.[6] Il processo di crescita per questo tipo di coating può essere schematizzato in tre stadi:
  • 17. . 6 1. Formazione di cristalli piatti orientati casualmente con una densità di circa 105/cm2: la crescita avviene lateralmente sulla superficie del metallo. 2. Nucleazione e crescita di un nuovo strato cristallino sul precedente substrato: la crescita avviene verticalmente a partire dalla superficie del materiale. 3. Un sottile strato di Fosfato di zinco diffonde dalla base del cristallo verso la superficie. Uno dei principali fattori da considerare nella scelta delle con- centrazioni dei bagni di fosfatazione è lo spessore desiderato del coating, generalmente il range di spessore si attesta tra 10 - 50 µm; dato che non è sempre possibile misurare con accuratezza lo spessore del film, si preferisce quantificarlo in termini di peso per unità di area g/m2. Come detto in precedenza lo strato di film fosfatico consiste di numerosi cristalli di differente dimensione, che crescono a par- tire dal centro di nucleazione per coprire infine tutta la super- ficie del materiale. Inevitabilmente si formeranno delle fessure e dei canali attraverso lo strato policristallino, fino ad arrivare alla superficie del substrato metallico: come è possibile intuire, il numero di questi pori sarà strettamente legato alla resistenza alla corrosione del film. La porosità del coating dipende forte- mente dal suo spessore, dal tipo di soluzione utilizzata e dalla quantità di Ferro presente nella soluzione.[6] Dal momento che il processo di fosfatazione è un pretrattamento cui segue una fase di verniciatura per elettrodeposizione, ne deriva che il coa- ting fosfatico deve essere compatibile con le condizioni in cui avviene l’elettrodeposizione catodica. Nel processo di cataforesi, la decomposizione dell’acqua produ- ce ioni idrossido, che possono causare la dissoluzione del film e per questo motivo, durante la fase di elettrodeposizione, vie- ne perso molto del film fosfatico che riveste il metallo. Inoltre dopo la fase cataforetica il materiale viene mantenuto ad una temperatura di circa 170 C per far avvenire la polimerizzazione della vernice depositata (i dettagli verranno approfonditi nelle prossime sezioni); durante questo periodo il film fosfatico subi- sce una notevole perdita di peso, associata ad un cambiamento strutturale dei cristalli. Il miglior rendimento del coating fosfatico, anche in seguito al- la fase di elettro-deposizione, è stato migliorato introducendo
  • 18. . 7 nella soluzione fosfatante, oltre a Zinco, anche Manganese e Ni- chel: questi ioni metallici hanno portato notevoli vantaggi, ad esempio un notevole incremento della qualità del deposito cri- stallino in termini di porosità. Inoltre lo ione Mn2+ stimola la nucleazione dei cristalli, incrementando la velocità complessiva del trattamento di fosfatazione ed aumentanto la resistenza alla corrosione del coating ottenuto.[6] Un ulteriore miglioramento del deposito è possibile ottenerlo aumentando la rugosità superficiale del substrato, poiché all’au- mentare della rugosità aumenta il peso del coating depositato per unità di area apparente: un incremento della rugosità pro- voca un miglioramento della struttura del cristallo.[6] Non legato direttamente alle proprietà del processo di fosfata- zione, ma comunque importante ai fini della qualità del depo- sito, è il trattamento termico impiegato nella produzione del metallo utilizzato come substrato, poiché in base al tipo tratta- mento termico vengono determinati il numero e la dimensione dei grani e, per leghe con molti componenti, la composizione superficiale del substrato. Questi due fattori influenzano diret- tamente il processo di crescita del film cristallino in quanto, co- me detto in precedenza, la nucleazione avviene in prossimità dei bordi di grano: quindi una lega con un maggior numero di grani per unità di volume produrrà un coating fosfatico con una densità di grani elevata. I principali parametri da controllare in un bagno di fosfatazione sono l’acidità libera e l’acidità totale: ad esempio un incremento dell’acidità totale produce un più elevato peso di coating, men- tre l’acidità libera influenza la capacità di etching da parte della soluzione, in particolare dell’Acido fosforico rispetto alla super- ficie del metallo, formando la base su cui andrà a crescere il film. . L’elettrodeposizione è un sistema di verniciatura applicabile a substrati metallici o altre superfici conduttive attraverso un processo elettrochimico. In particolare l’impianto utilizzato per verniciare i componenti automobilistici è di tipo cataforetico, os- sia vengono depositati dei componenti carichi positivamente sul substrato metallico, che funge da catodo, quindi carico negativa-
  • 19. . 8 mente. La vernice per elettrodeposizione catodica generalmente è com- posta da una resina, da un solvente (da miscelare poi con acqua deionizzata), da un pigmento e dalle cariche. Le resine impiegate per la deposizione catodica sono di natura epossidica, in particolare prima della reticolazione il polimero non ha ancora assunto lo stato di resina, in quanto si troverà sotto forma di lunghe catene carboniose con due gruppi fon- damentali: un anello ossiranico, responsabile della formazione dei legami trasversali (cross-link), e un gruppo amminico carico positivamente, che avrà il compito di mantenere in soluzione l’intera macromolecola. Il precursore della resina necessita di un ambiente debolmen- te acido per rimanere in soluzione ed evitare la coagulazione della stessa: per questo viene aggiunto alla soluzione vernician- te dell’Acido Lattico al momento di preparazione del bagno e generalmente il pH si attesta intorno a 5. Queste molecole andranno a formare degli aggregati micellari con la parte idrofila a contatto con l’ambiente acquoso e l’altra porzione di catena rivolta verso l’interno, evitando quindi l’inte- razione con l’acqua. Come detto in precedenza nella soluzione sono presenti anche dei solventi di due tipologie: solventi polari e solventi apolari. I solventi idrofilici andranno a miscelarsi con l’acqua, mentre i solventi idrofobici diffonderanno all’interno delle micelle for- mate dalle molecole di precursore ed andranno ad influire sullo spessore del film depositato. Nel caso specifico i solventi uti- lizzati nel bagno di verniciatura sono due: 2-esilossi-etanolo e 1-metossi-2-propanolo; il primo è un solvente meno polare, mentre il secondo è un solvente più polare e miscibile con ac- qua. 2-esilossi-etanolo◆ ⇣ CH3–CH2–CH2–CH2–CH2–CH2–O–CH2–CH2–OH ✓ ⌘ 1-metossi-2-propanolo◆ ⇣ CH3–O–CH2–CHOH–CH3 ✓ ⌘
  • 20. . 9 I pigmenti e le cariche, che influiscono sul colore del coating depositato, sono componenti inorganici che vengono inglobati nelle micelle durante la preparazione della vernice. Nel momento in cui verrà applicato un campo elettrico alla solu- zione, le particelle di vernice cariche positivamente migreranno verso il catodo, cui sono collegati elettricamente i substrati da rivestire. Il secondo effetto dell’applicazione di un campo elet- trico alla soluzione è la produzione di ioni OH- e molecole di H2 attraverso la riduzione dell’acqua secondo la seguente reazione: 2H2O + 2e- ! H2 +2OH- (11) l’idrogeno abbandona quindi il sito di reazione mentre gli ioni OH- provocano un incremento di pH localizzato in un film di liquido molto prossimo al catodo. Questo incremento di pH pro- voca la coagulazione della resina e la deposizione dei pigmenti e delle molecole di precursore sul substrato, di seguito è mo- strata la reazione che interessa la neutralizzazione dei gruppi amminici della resina epossidica. R - NH+ 3 + OH- ! H2O + R - NH2 (12) Anche i pigmenti (carichi positivamente) andranno a depositar- si sul substrato, dopo aver neutralizzato la loro carica con gli elettroni forniti dal generatore di tensione.[5] Nella coagulazione della resina si liberano ioni di acidi organici (acetato o formiato, a seconda della composizione della resina) carichi negativamente: tali ioni sono trasportati dal campo elet- trico verso gli anodi (poli positivi). Questi elettrodi sono piastre immerse in vaschette contenenti acqua demineralizzata, separa- te dal bagno da una membrana semipermeabile che solo l’acqua e gli ioni idronio riescono ad attraversare. Gli ioni OH-, che non hanno reagito con il precursore della re- sina, migrano verso l’anodo dove vengono ossidati liberando ossigeno molecolare; si crea così un locale eccesso di ioni idro- geno, i quali reagiscono con gli ioni derivanti dagli acidi sopra elencati. La reazione interessata è la seguente: 2OH- ! O2 + 2H+ + 4e- (13) Si avrà quindi una soluzione via via più concentrata in acido, che viene periodicamente scaricata parzialmente e sostituita con acqua demineralizzata.
  • 21. . 10 . Lo sgrassaggio è una fase molto importante nei processi di conversione superficiale: questo step ha lo scopo di eliminare eventuali oli e grassi presenti sulla superficie dei substrati, in modo da favorire la formazione di uno strato fosfatico unifor- me. I solventi organici sono molto adatti per rimuovere contaminanti organici dalla superficie dei substrati, ma spesso questi solventi sono tossici, infiammabili e molto costosi, se si tiene conto del fatto che devono essere utilizzati in quantità elevata. Uno sgrassaggio alcalino fornisce un’alternativa economica al- l’utilizzo di solventi organici ed è utilizzato insieme a tensioat- tivi e solventi idrocarburici emulsionati. Questo tipo di sgras- saggio è particolarmente efficiente se utilizzato a caldo ( circa 75 C) Nelle condizioni sopra specificate per i bagni di sgrassaggio, si crea l’ambiente idoneo per una reazione di saponificazione, che porta alla formazione di sali di acidi grassi. L’esistenza di questa reazione, associata alla presenza di tensioattivi introdotti al momento di preparazione del bagno di sgrassaggio, può ge- nerare la formazione di schiuma che limita di conseguenza la concentrazione dei tensioattivi che possono essere utilizzati. La schiuma può essere abbattuta con degli specifici prodotti o in alternativa con solventi, come il Kerosene, che la eliminano per effetto dei vapori sviluppati. Un ulteriore sistema per risolve- re questo problema consiste nell’aumentare la temperatura del bagno di sgrassaggio. . Il processo di disossidazione o decapaggio è finalizzato alla rimo- zione degli strati di ossido dalla superficie del substrato di allu- minio, formatisi in seguito alla lavorazione a caldo del materiale, o eventuali prodotti di corrosione. Le soluzioni in cui vengono immersi generalmente i manufatti contengono acidi inorganici forti, come ad esempio: Acido Solforico, Acido Cloridrico o Aci- do Nitrico.[7] La scelta del tipo di acido o miscela di acidi da utilizzare dipen- de fortemente dal tipo di substrato e dal tipo di materiale che si
  • 22. . 11 intende rimuovere dalla superficie metallica. Per limitare l’attacco alla superficie del metallo, normalmente si introducono degli inibitori di corrosione, che riducono anche la formazione di idrogeno.[7] . La passivazione ha lo scopo di limitare e sigillare le difettosi- tà della trama cristallina dello strato fosfatico. Tale fenomeno si ottiene facendo reagire il metallo nudo, in corrispondenza dei pori e degli interstizi dello strato fosfatico, con sostanze che for- mano complessi insolubili con i metalli costituenti il substrato. A tal scopo si utilizzavano soluzioni acide contenenti Cromo e suoi derivati che, a causa della loro pericolosità ambientale, so- no stati sostituiti da prodotti a minor impatto ambientale. Sono stati formulati dei nuovi prodotti passivanti di natura inor- ganica, metallo-organica ed organica in grado di garantire otti- mi risultati di protezione, pari ai prodotti a base di cromo. La passivazione finale aumenta la resistenza alla sottocorrosione e permette di ovviare ad alcune eventuali difettosità e problemati- che causate ad esempio da parametri non idonei del precedente bagno di fosfatazione. Nello specifico il passivante utilizzato è a base di Acido esafluoro-zirconico (H2ZrF6). . - Il processo utilizzato per l’alluminio, come detto in preceden- za, è formato da 13 step ed in questa sezione si andranno ad analizzare nel dettaglio i prodotti utilizzati nelle varie vasche ed i parametri da regolare e monitorare per ottenere un deposito con le qualità desiderate. Tabella 3: Flow-Chart di processo per materiali in alluminio Processo Prodotti utilizzati Sgrassaggio Gardoclean S 5185, Additivo 7143, Tensioattivo 7438 Risciacquo Acqua Industriale
  • 23. . 12 Tabella 3: continua dalla pagina precedente Processo Prodotti utilizzati Disossidazione Gardacid AL 10 Risciacquo Acqua Industriale Attivazione Gardolene ZL 5 Fosfatazione Gardobond 25/1, Additivo H7050 Risciacquo Acqua Industriale Passivazione Gardolene D600/6 Risciacquo Acqua demineralizzata Elettrodeposizione PPG Powercron 6200 Risciacquo UF Acqua Ultrafiltrata Risciacquo UF Acqua Ultrafiltrata Cottura In particolare verranno illustrate le varie vasche con i costi- tuenti (citati in Tabella 3) e le loro concentrazioni. 1. Sgrassaggio Volume vasca: 5700 l Temperatura: 50 - 65 C Tempo di trattamento: 150 sec Prodotti utilizzati: Detergente alcalino, tensioattivo. pH: 10.5 - 11.5 Punti di HCl: 3-5.5 cm3 Concentrazioni: Gardoclean S5185 = 40 g/l; Additivo H 7438 = 4 g/l; Additivo H7143 = 12 g/l Per la determinazione dei Punti di HCl si prelevano 10 cm3 di soluzione da analizzare e si titolano con HCl 0.1 N al viraggio della Fenolftaleina da rosa ad incolore, i cm3 di HCl consumati indicano il punteggio del bagno analizzato. 2. Risciacquo Volume vasca: 5700 l Temperatura: ambiente Tempo di trattamento: 150 sec
  • 24. . 13 Prodotti utilizzati: acqua di rete 3. Disossidazione Volume vasca: 5700 l Temperatura: ambiente Tempo di trattamento: 150 sec Prodotti utilizzati: Acidi Inorganici Punti di NaOH: 3-5.5 cm3 Per determinare il titolo del bagno, bisogna prelevare 10 cm3 di soluzione da analizzare e titolare con NaOH 0.1 N fino al viraggio del verde di bromocresolo da giallo a verde; i cm3 di NaOH consumati corrispondono al punteggio del bagno. 4. Risciacquo Volume vasca: 5700 l Temperatura: ambiente Tempo di trattamento: 55 sec Prodotti utilizzati: acqua di rete 5. Attivazione Volume vasca: 5700 l Temperatura: ambiente Tempo di trattamento: 75 sec Prodotti utilizzati: Sali di Titanio pH: 8.5 Concentrazione: Gardolene ZL 5: 4 g/l 6. Fosfatazione Volume vasca: 5700 l Temperatura: 45-55 C Tempo di trattamento: 75 sec Prodotti utilizzati: Fosfatante tricationico Punti di Acidità libera: 0.8-1.1 cm3
  • 25. . 14 Punti di Acidità totale: 22-24 cm3 Per determinare i punti di acidità libera bisogna prelevare 10 cm3 di soluzione da analizzare e titolare con NaOH 0.1 N fino al viraggio del Verde di bromocresolo da giallo a ver- de. Mentre per la determinazione dell’acidità totale bisogna eseguire la stessa procedura utilizzando come indicatore la fenolftaleina che virerà da incolore a rosa. 7. Risciacquo Volume vasca: 5700 l Temperatura: ambiente Tempo di trattamento: 140 sec Prodotti utilizzati: acqua di rete 8. Passivazione Volume vasca: 5700 l Temperatura: ambiente Tempo di trattamento: 60 sec Prodotti utilizzati: Acido esafluoro-zirconico pH: 2.5-3.5 9. Risciacquo Volume vasca: 5700 l Temperatura: ambiente Tempo di trattamento: 210 sec Prodotti utilizzati: Acqua deionizzata 10. Elettrodeposizione Volume vasca: 5700 l Temperatura bagno: 32-36 C Tempo di trattamento: variabile in base al tipo di substra- to Residuo secco: 13-16 % Conducibilità bagno: 800-1500 µS Differenza di potenziale applicata: variabile a seconda del substrato da rivestire
  • 26. . 15 Prodotti utilizzati: Vernice per deposizioni catodiche a base di resine epossidiche. . I processi di fosfatazione presentano vari inconvenienti dal pun- to di vista produttivo, ambientale ma anche della sicurezza: que- ste problematiche derivano principalmente dalla produzione del fango di fosfatazione, che avviene inevitabilmente nelle vasche di trattamento. Questo fango è dannoso sia per l’uomo che per l’ambiente ed è necessario smaltirlo con dei costi elevati; inoltre i fanghi che vengono prodotti provocano delle incrostazioni nel- le apparecchiature di produzione, che necessitano quindi di una notevole manutenzione. Di fronte a queste necessità, l’azienda Chemetall ha sviluppato un nuovo pretrattamento anti-corrosione in grado di avere una buona adesione della resina, che viene depositata nella fase di elettrodeposizione: questa tecnologia è basata su polisilossani legati a dei cationi metallici. I principali vantaggi di questo pretrattamento risiedono nel fatto che non necessita del riscaldamento della vasca (con un rispar- mio diretto nei consumi di gas per alimentare le caldaie), non ha bisogno di processi di attivazione (riduzione della linea di produzione e diminuzione del tempo di trattamento per ogni ciclo), non produce rifiuti pericolosi ed ha delle potenzialità di rischio per l’ambiente notevolmente inferiori rispetto ai normali processi di fosfatazione. Il film ottenuto con questa tecnologia ha un peso di strato in- feriore rispetto ai normali rivestimenti prodotti con i bagni di fosfatazione, circa 50 - 250 mg/m2 contro i 100 - 1000 mg/m2 dei rivestimenti fosfatici. Il film formatosi non è cristallino ma amorfo, come la maggior parte dei rivestimenti organici con tut- ti i vantaggi che ne derivano, ad esempio: l’elevata flessibilità del film. Questo rivestimento possiede anche caratteristiche tipiche dei coating inorganici come ad esempio l’elevata compattezza del deposito; tale proprietà deriva in particolare dalla presenza di zirconio nella composizione di questo prodotto, che forma uno strato di ossido insieme agli atomi di silicio. Questo film di ossido funge da ponte tra la superficie del metallo, dove viene ancorato, e le catene di polisilossani che a loro volta entreranno
  • 27. . 16 in contatto con la vernice. Esplicativa è l’immagine 2 che mostra come viene assemblato il rivestimento sulla superficie del metallo. Figura 2: Schema della struttura del rivestimento Oxsilan R . Come detto in precedenza, il processo da utilizzare con il pro- dotto Oxsilan R è notevolmente più corto rispetto ai tradizionali processi di fosfatazione, in quanto questa nuova tecnologia non necessita di un’accurata preparazione della superficie come nel caso della fosfatazione, ed è così possibile evitare di immerge- re i manufatti nei bagni di Decapaggio ed Attivazione, riducendo quindi la linea di produzione ed il tempo per ogni ciclo. L’immagine 3 mette a diretto confronto gli step dei due processi. Figura 3: Confronto tra il pretrattamento con fosfatazione ed il pretrattamento con Oxsilan R . Lo schema di processo per i materiali in alluminio con tecno- logia Oxsilan R è descritto nello specifico in tabella 4.
  • 28. . 17 Tabella 4: Flow-Chart di processo per materiali in alluminio con tecnologia Oxsilan R Processo Prodotti utilizzati Sgrassaggio Gardoclean S 5185, Additivo 7143, Tensioattivo 7438 Risciacquo Acqua Industriale Disossidazione Gardacid AL 10 Risciacquo Acqua Industriale Oxsilan Oxsilan 9807 Risciacquo Acqua demineralizzata Elettrodeposizione PPG Powercron 6200 Risciacquo UF Acqua Ultrafiltrata Risciacquo UF Acqua Ultrafiltrata Reticolazione I parametri di vasca di questa nanotecnologia sono i seguenti: 1. Oxsilan Volume vasca: 5700 l Temperatura: ambiente Tempo di trattamento: 120 sec Prodotti utilizzati: Oxsilan 9807 pH: 4.5-5.5 Concentrazione: 1 g/l
  • 29. 2 T E C N I C H E S P E R I M E N TA L I . : - Un microscopio elettronico a scansione fornisce un’immagine topografica della superficie del campione in esame. Un fascio di elettroni altamente energetico viene inviato sul campione ed induce l’emissione di elettroni secondari, raccolti poi da un rive- latore. Gli elettroni del fascio incidente, detti elettroni primari, produco- no diversi effetti quando interagiscono con il campione: possono essere riflessi o trasmessi . Gli elettroni riflessi provengono da due processi: 1. Collisioni anelastiche, da cui l’elettrone esce con energia sufficiente a superare la funzione lavoro ed abbandonare il campione, generano elettroni secondari (Secondary Electrons) prodotti sulla superficie del campione, entro poche decine di nanometri e con energia inferiore a 50 eV. 2. Collisioni multiple fra elettroni primari e substrato, che ge- nerano elettroni retrodiffusi (Back Scattered Electrons); questi elettroni sono prodotti più internamente nel campione, fi- no a una profondità di qualche micrometro, con energie maggiori di 50 eV e fuoriescono ad angoli di oltre 90 ri- spetto alla direzione del fascio incidente. Sono tanto più numerosi quanto più è alto il numero atomico Z e forni- scono informazioni sulla topografia e composizione del campione relativamente alla zona da cui provengono. Sono questi due tipi di elettroni ad essere rivelati ed utilizzati per l’analisi del campione. In base al tipo di sorgente, ed al modo con cui vengono generati gli elettroni che formeranno il fascio primario, i microscopi a scansione si dividono in termoionici e ad emissione di campo. I SEM ad emissione di campo possono essere suddivisi a loro
  • 30. . : 19 volta in FEG (Field Emission Gun) a catodo freddo ed a catodo caldo. Gli elettroni per essere emessi dal filamento metallico devono ricevere sufficiente energia per superare la barriera di potenziale che li tiene confinati nel materiale. Questa barriera è la funzione lavoro ' del metallo che generalmente ha un valore di qualche eV. Gli elettroni possono essere emessi dalla superficie secondo tre meccanismi diversi: 1. Emissione Termoionica 2. Emissione Schottky 3. Emissione di campo (FEG) Nei SEM ad emissione di campo gli elettroni vengono ottenu- ti applicando alla sorgente un forte campo elettrico che fornisce agli stessi l’energia necessaria ad abbandonare la superficie del materiale, per effetto tunnel, attraverso la barriera di potenzia- le che li tiene legati. L’intensità del campo necessaria per avere un’emissione significativa è dell’ordine di 10 V/nm e può essere ottenuta con delle punte aventi un diametro dell’ordine di 1000 Å applicando tensioni di pochi kV. Il fascio formato ha un’altissima brillanza, calcolata come nume- ro di elettroni per unità di angolo solido. La brillanza è una funzione inversa della temperatura e si esprime tramite la Legge di Langmuir: = JeE0 ⇡kbT (14) Nella quale corrisponde alla brillanza ed E0 alla tensione di accelerazione. A maggiore brillanza corrisponde un migliore potere risolutivo. Nei FEG a catodo freddo la sorgente è mantenuta a tempera- tura ambiente; questi strumenti permettono di raggiungere ele- vate risoluzioni, ma richiedono un vuoto molto spinto (10-10 torr) ed un dispositivo che rimuova gli ossidi dal catodo dopo qualche ora di utilizzo. Un evoluzione di queste sorgenti elet- troniche sono le sorgenti elettroniche Schottky, realizzate con un monocristallo di W ricoperto di ossido di zirconio (ZrO) che ri- duce la funzione lavoro della punta. Questa tipologia di sorgenti combina l’alta brillanza, il basso spread energetico e il piccolo pennello elettronico tipici delle sorgenti a catodo freddo, con l’alta stabilità del fascio proprio delle sorgenti termoioniche. Gli
  • 31. . : 20 elettroni emessi, infatti, hanno un’energia compresa in un inter- vallo e la larghezza di questo intervallo in termini di energia è inversamente proporzionale alla qualità dell’immagine ottenibi- le. Generalmente un SEM a filamento di LaB6 raggiunge una risoluzione di 3.0 nm a 30 kV di tensione di accelerazione; un FEG invece garantisce una risoluzione di circa 1.0 nm a 20 kV. É questo il maggiore vantaggio di un FEG: ottenere immagini ad altissima risoluzione anche a bassissime tensioni di accelera- zione. In linea teorica, la risoluzione aumenta con l’aumentare della tensione di accelerazione, infatti maggiore è la tensione di accelerazione, minore è il diametro del pennello elettronico. La semplice emissione termoionica non è sufficiente per la produzione di un fascio elettronico adatto ad operare in micro- scopia: per questo motivo nei microscopi elettronici a scansione si utilizza una lente elettrostatica acceleratrice. Gli elettroni pro- dotti dal catodo vengono accelerati dal campo prodotto da un anodo, posto al di sotto, che si trova ad un potenziale positivo; fra il catodo e l’anodo c’è un terzo elettrodo tenuto ad un poten- ziale negativo rispetto al catodo. Il potenziale acceleratore fa sì che le traiettorie degli elettroni si curvino fortemente e formino un fascio intorno alle traiettorie principali, cioè quelle degli elettroni emessi perpendicolarmen- te. In un sistema ideale, privo di aberrazioni, tutte le traiettorie principali convergono in uno stesso punto focale; tuttavia, per effetto della componente radiale delle velocità di uscita dal ca- todo, il diametro del fascio, nel piano perpendicolare che passa per quel punto, sarà finito e dipenderà dal valore delle com- ponenti radiali delle stesse velocità. Esiste quindi una sezione minima del fascio detta cross-over, che dipende dalla componente radiale della velocità degli elettroni emessi dal catodo. Essa agi- sce come l’effettiva sorgente elettronica del microscopio. La larghezza di banda della distribuzione energetica sarà circa: 0.6 eV per W e 0.4 eV per LaB6. In un cannone ad emissione di campo si usano almeno due anodi: il primo, ad un potenziale di pochi kV il quale determina l’emis- sione da parte della punta, il secondo ad una tensione di alcune decine di kV serve ad accelerare ulteriormente gli elettroni. L’uso del FEG comporta un vuoto, nella zona di emissione (10-10 torr), molto più spinto di quello necessario con filamenti termo- ionici (10-7 torr), per evitare contaminazioni della punta che
  • 32. . : 21 riducono drasticamente la densità di corrente emessa. Un SEM ed in particolare il FEG utilizzato per le misure è composto da: 1. Colonna elettro-ottica 2. Camera di lavoro, in cui avviene l’interazione tra gli elet- troni e la superficie del substrato 3. Sistemi di rivelazione 4. Sistema di presentazione dell’immagine, sincronizzato con il sistema di deflessione del fascio elettronico sul campione La colonna elettro-ottica è composta dalla sorgente di elettroni (cannone elettronico) e da un sistema di lenti magnetiche che focalizzano e deflettono il fascio elettronico sulla superficie del campione. Lo schema di quest’apparato è riportato in figura 4. Per prima c’è una lente condensatrice (7), attiva solo per basse ten- sioni fornendo una maggiore corrente al fascio ed aumentando la risoluzione. Sono presenti nel tubo da vuoto anche molteplici aperture (8) e delle bobine di allineamento (9 a,b,c) del fascio. C’è uno stigmatore (13) per correggere l’astigmatismo residuo del fa- scio di elettroni ed una valvola (15), che isola il tubo da vuoto dalla camera in cui si trova il campione. Nella parte conica più bassa del tubo ci sono le lenti obiettivo (10, 11), che focalizzano il fascio elettronico sul campione, in cui è integrato un sistema di deflessione elettromagnetico (14) costituito da bobine. La camera di lavoro in cui viene inserito il campione (12) è in alto vuoto (10-6 torr) ed in questa camera si trovano i sistemi di rivelazione (detectors) che raccolgono i segnali risultanti dall’in- terazione elettroni-campione. Sono presenti tre tipi di detectors come mostrato in figura 5: il primo è detto INLENS e si trova sopra le lenti obiettivo. Gli elettroni secondari emessi dal campione vengono accelerati dal- le lenti obiettivo verso lo scintillatore, INLENS, coassiale al fa- scio primario, dove sono prodotti fotoni, che vengono portati fuori dalla colonna ad un fotomoltiplicatore. Questo amplifica e converte nuovamente il segnale in una corrente di elettroni, che forniscono il primo segnale video ad un preamplificatore. Il secondo detector, chiamato SE, è montato su una parete della
  • 33. . : 22 Figura 4: Schema della colonna elettro-ottica di un FEG: (1) filamento di W, (2) elettrodo schermo; (3) sostegno del campione; (4) elettrodo estrattore; (5) elettrodo acceleratore; (6) tubo da vuoto; (7) lente condensatrice; (8) aperture; (9a, b, c) bobine di allineamento; (10, 11) lenti obiettivo; (12) campione; (13) stigmatore; (14) sistema di deflessione. camera. Un collettore a forma di griglia (6), a tensione positiva, raccoglie gli elettroni secondari convogliati poi verso lo scintilla- tore (5). Una guida di luce porta i fotoni fuori la camera verso il fotomoltiplicatore, che fornisce il secondo segnale video al pre- amplificatore. Il terzo detector, detto BSE, è quello che raccoglie gli elettroni retrodiffusi, Back Scattered Electron Detector, e si tro- va nella parete opposta allo sportello di apertura della camera. Nella camera è inserita una CCD-TV-Camera per avere sem- pre la visione del campione. É possibile, inoltre, ruotare il porta- campioni, rispetto alla direzione del fascio elettronico primario, fino a 90 ed avere informazioni sullo spessore del campione e sulla morfologia dei bordi.
  • 34. . : - 23 Figura 5: Detectors: (1) INLENS, scintillatore coassiale al fascio elettro- nico primario; (2) SE secondo rivelatore posto lateralmen- te al campione; (3) fotomoltiplicatore; (4) guida di luce; (5) scintillatore; (6) collettore a forma di griglia. . : - - La spettroscopia di fotoemissione XPS, nota in chimica come ESCA (Electron Spectroscopy for Chemical Analysis), sfrutta gli elettroni fotoemessi dal campione, bombardato con raggi X mo- noenergetici e ne analizza l’energia per studiare le proprietà chi- miche del campione ed i livelli energetici di core degli atomi. Il principio fisico alla base dell’XPS consiste nell’emissione de- gli elettroni dai loro stati legati, con energia Ev B rispetto al livello di vuoto, da parte di una luce di frequenza ⌫; l’energia cinetica degli elettroni emessi è data dall’equazione 15. Ec = h⌫ - Ev B (15) Per cui l’energia di legame di un elettrone fotoemesso, rispetto al livello di vuoto è: Ev B = h⌫ - Ec (16) nella realtà dobbiamo tener conto del fatto che gli elettroni si tro- vano all’interno di solidi e non in atomi isolati. Se il campione e lo spettrometro vengono entrambi messi a terra, in modo tale
  • 35. . : - 24 che il loro livello di Fermi coincida, l’energia di legame dell’elet- trone nel solido, sarà ora riferita al suo livello di Fermi e l’ener- gia cinetica del campione potrà essere calcolata con l’equazione 17 . Ec = h⌫ - Ev B(camp) = h⌫ - EB - e c (17) Nella quale c è la funzione lavoro del campione, mentre l’ener- gia cinetica misurata, vista dallo spettrometro sarà: Ec(sp) = h⌫ - Ev B(sp) = h⌫ - EB - e sp (18) con sp funzione lavoro dello spettrometro, essenziale per risa- lire all’esatta energia di legame dell’elettrone rivelato. L’XPS è una tecnica di analisi superficiale dei campioni, che sono irradiati con raggi X molli in UHV (Ultra-High Vacuum) e viene inoltre analizzata l’energia degli elettroni fotoemessi. Il li- bero cammino medio degli elettroni in un solido è molto piccolo (100 Å), quindi gli elettroni rivelati provengono da pochi strati atomici sotto la superficie. I raggi X tipicamente usati, hanno una energia di circa 1253.6 eV per la riga K↵ di una lampada al Magnesio (Mg) e di circa 1486.6 eV per la riga K↵ si una lam- pada di Alluminio (Al), con profondità di penetrazione di circa 1 - 10 µm. Lo spettro rivelato è costituito dal numero di elettroni conteggia- ti nell’unità di tempo (elettroni al secondo) in funzione dell’ener- gia di legame degli elettroni. Ciò che viene misurato è l’energia cinetica degli elettroni e da questa, data l’unicità di ogni riga per ogni atomo, si può risalire all’elemento presente nel campione da cui è stato emesso il fotoelettrone. La relazione per ricavare l’energia di legame atomica, assume che il processo fotoelettrico sia elastico, per cui i picchi generati dalla radiazione incidente sul campione riflettono direttamente l’energia di legame degli elettroni negli elementi in esame: tali elettroni sono detti primari. Alcuni elettroni, durante il percor- so verso l’analizzatore perdono parte della loro energia cinetica in urti anaelastici. Questi elettroni, detti elettroni secondari, incre- mentano il rumore di fondo ad alte energie di legame, mentre la fotoemissione generata dalla Radiazione di Bremsstrahlung (a sua volta generata dalla decelerazione degli elettroni), incrementa il segnale di fondo a basse energie di legame. La larghezza di un picco a metà altezza (FWHM: Full Width at
  • 36. . : - 25 Half Maximum) E, assumendo che tutti i picchi abbiano un andamento gaussiano, è data da: E = ( E2 n + E2 p + E2 a) 1 2 (19) nella quale En rappresenta la larghezza caratteristica del li- vello in esame (incluso allargamento termico) mentre Ep è la larghezza di riga della sorgente di raggi X ed infine En simbo- leggia la risoluzione dell’analizzatore. Le forme spettrali in XPS possono essere suddivise in forme pri- marie e forme secondarie. Le forme primarie si dividono in tre tipi: 1. Picchi relativi alla fotoemissione dei livelli di core. 2. Picchi derivati da elettroni al livello di valenza. 3. Picchi dovuti all’emissione Auger indotta da raggi X. I livelli di core sono una diretta conseguenza della struttura elet- tronica dell’atomo: ogni picco si differenzia dagli altri in posi- zione, intensità e larghezza. Il parametro alla base delle diverse intensità tra due picchi di core è la sezione d’urto atomica di fotoemissione . I picchi relativi agli orbitali 1s (l = 0) non pre- sentano doppietti, che sono invece presenti nell’accoppiamento j - j (l 0). I picchi di valenza sono quelli occupati dagli elettroni meno legati (tra 0 e 20 eV) e lo spettro relativo a questa regione è costituito da una fitta serie di picchi che non vengono risolti e formano un’unica banda. Quando il fotone X incidente causa la fotoemissione di un elet- trone da un livello di core, un elettrone che si trova ad un livello più esterno, può decadere nel livello lasciato vuoto, cedendo la propria energia in eccesso ad un altro elettrone più esterno che, se sufficientemente energetico, verrà emesso e rivelato dallo spettrometro. Questo è detto Processo Auger ed i livelli coinvolti vengono chiamati serie Auger. Una serie Auger è descritta da tre lettere, ad esempio KLL: la prima lettera indica la shell dove si crea la prima buca a causa della fotoemissione, la seconda indi- ca la shell a cui apparteneva l’elettrone che va a riempire la buca e la terza indica la shell di appartenenza dell’elettrone uscente, detto elettrone Auger. Le forme secondare spettrali si originano perchè il sistema finale
  • 37. . : - 26 atomico, dopo l’emissione del fotoelettrone, con la buca lasciata nel core, cambia la situazione energetica degli elettroni emessi. Compaiono dei picchi satellite chiamati shake-up e shake-off. Un picco shake-up si origina dal riarrangiamento degli elettro- ni di valenza dopo la fotoemissione dell’elettrone di core e può avvenire, in questa fase, la promozione di un elettrone di va- lenza in un livello vuoto più alto. L’energia necessaria a tale processo sarà sottratta all’elettrone primario che quindi uscirà con un’energia cinetica inferiore, dando origine al picco satellite shake-up. Il piccho shake-off viene prodotto quando un elettrone di valenza è promosso in un livello nel continuo. Altre strutture secondarie sono legate alla sorgente X non mono- cromatica e sono chiamati satelliti da raggi X; sono transizioni dalla banda di valenza al livello 1s e si presentano spostati di circa 10 eV e con minore intensità. I livelli energetici di core di un dato elemento possono subire spostamenti fino a qualche eV, in funzione dell’ambiente chimi- co in cui si trova l’elemento in considerazione, come: lo stato molecolare, l’eventuale ossido che lo circonda e il differente sito reticolare che occupa. Si parla allora di chemical shift, cioè di spostamento chimico del picco. Gli elementi di base dell’XPS sono una sorgente luminosa, un analizzatore di energia per elettroni e un sistema di rivelazione (un rivelatore multicanale), il tutto in ambiente di UHV (⇡ 10-10 torr). La sorgente mostrata in figura 6, tipicamente è costituita da un tubo a raggi X in cui un fascio di elettroni di diversi KeV di energia cinetica colpisce un anodo (raffreddato ad acqua), ge- nerando radiazione di una data energia sovrapposta ad un fon- do di bremsstralungh. Circa la metà dei raggi X prodotti sono raggi-K↵, concentrati in un picco avente una FWHM di circa 1 eV. Il picco è costituito da due righe: la K↵1, che deriva dalla transizione 2p3/2 ! 1s, e la K↵2 che invece proviene dalla tran- sizione 2p1/2 ! 1s; queste transizioni sono provocate da una buca che si crea nel livello 1s a causa della collisione degli elet- troni incidenti con gli elettroni dei livelli 1s del materiale bersa- glio. Le radiazioni più usate sono quelle appartenenti alla riga K↵1,2 - Al (h⌫ = 1486.6 eV) e la riga K↵1,2 - Mg (h⌫ = 1253.6 eV), ottenute con anodi di Alluminio e Magnesio. Lo svantag-
  • 38. . : - 27 gio di queste sorgenti risiede nella larghezza intrinseca di riga, approssimativamente di 1 eV. Figura 6: Immagine schematica di un XPS [2]. L’analizzatore di elettroni utilizzato, rappresentato nello sche- ma di figura 6, è un analizzatore emisferico concentrico, detto dispersivo poiché ricorre ad un campo elettrico deflettore per separare gli elettroni in modo tale che, per un dato campo elet- trico, giungano sul successivo moltiplicatore elettronico solo gli elettroni con energie contenute in un intervallo ristretto intor- no all’energia selezionata. Gli elettroni di energia Ue passano attraverso la fessura di ingresso e vengono poi focalizzati sulla fessura di uscita se viene soddisfatta la seguente relazione tra la differenza di potenziale Uk ai capi dei due emisferi, i loro raggi R1, R2 ed Ue : Uk = Ue( R2 R1 - R1 R2 ) (20) Ci sono due risoluzioni usate: la risoluzione energetica E, la larghezza a metà altezza di un picco osservato (FWHM), e la risoluzione relativa R, definita come: R = E E0 (21) con E0 posizione del picco osservato. Una definizione alternati- va di R è legata alla geometria dell’esperimento ed è: R = E E0 = ! 2R0 + ↵2 4 (22)
  • 39. . : - 28 dove ! è la larghezza della fessura d’ingresso e di uscita, R0 è il raggio della traiettoria ideale, ↵ l’angolo di ingresso dell’elet- trone rispetto alla normale alla fessura. Una stima di R è data da: R = E E0 ⇡ 0.63! R0 (23) In questi analizzatori la risoluzione relativa è dello 0.5%; per mantenere questo valore costante su tutto l’intervallo di misu- ra di energia, si decelerano tutti gli elettroni alla stessa energia cinetica (pass-energy) e si esegue una scansione sul potenzia- le ritardante di ingresso. La pass-energy può essere variata in un intervallo da 5 a 200 eV e all’aumentare di questa energia diminuisce la risoluzione. Per portare il valore dell’energia ci- netica degli elettroni fotoemessi ad un valore pari a quello della pass-energy e per collimarli, si utilizza un sistema di lenti elet- trostatiche all’ingresso dell’analizzatore emisferico. All’uscita è collocato l’analizzatore multicanale (MCA: Multi- Channel Analiser) che rivela i fotoelettroni con un fattore di amplificazione di 106 - 108.
  • 40. 3 R I S U LTAT I S P E R I M E N TA L I . Inizialmente sono state preparate 3 serie di campioni con due tipi di alluminio differenti: la prima serie contiene campioni sot- toposti solo alla fase di sgrassaggio alcalino, la seconda consiste di campioni che hanno subito il processo di pretrattamento com- pleto (dalla fase di Sgrassaggio alla fase di Passivazione Zirconica); infine la terza serie è costituita da campioni sottoposti all’inte- ro processo. Faremo riferimento alle due leghe di alluminio utilizzate per i campioni con i seguenti nomi: 1. Alluminio di prova, utilizzato da Intesa Meccanica srl sola- mente per prove di aderenza e di corrosione. 2. Alluminio AA 6111, utilizzato attivamente nella produzio- ne in particolare nelle parti superficiali dei manufatti. I tre campioni inerenti all’Alluminio di prova sono stati preparati nel giorno 18/12/2012 con i parametri di processo riportati in Tabella 5. Tabella 5: Parametri processo 18 Dicembre 2012 Step Parametri Sgrassaggio Temperatura ( C) 58 Punti di HCl 3.8 pH 11.5 Disossidazione Punti di NaOH 9.7 Attivazione pH 8.8 Fosfatazione Temperatura ( C) 54 Punti di Acidità libera 0.8 Punti di Acidità totale 22.0 Passivazione pH 3.5 Lavaggio acqua deionizzata Conducibilità vasca (µS) 17 pH 5.2
  • 41. . 30 Tabella 5: continua dalla pagina precedente Step Parametri Elettrodeposizione Temperatura ( C) 32.5 Residuo secco (%) 14.8 pH 4.8 Conducibilità bagno (µS) 813 Conducibilità anolita (µS) 2460 Portata modulo di ultra filtrazione (l/h) 300 Questi campioni sono stati preparati al fine di determinare lo stato di partenza dell’impianto e del processo per avere un riferi- mento con le prove effettuate successivamente. É stata caratteriz- zata la morfologia superficiale dei substrati con il Microscopio elettronico ed è stata effettuata un’analisi chimica superficiale tramite XPS. Per avere un riscontro diretto con le eventuali problematiche relative alla produzione, sono stati preparati dei campioni di al- luminio AA 6111, prodotti con i parametri di processo mostrati in tabella 6. Tabella 6: Parametri processo 15 Aprile 2013 Step Parametri Sgrassaggio Temperatura ( C) 56 Punti di HCl 4.0 pH 10.9 Disossidazione Punti di NaOH 7.1 Attivazione pH 8.7 Fosfatazione Temperatura ( C) 52 Punti di Acidità libera 1.1 Punti di Acidità totale 23.8 Passivazione pH 2.5 Lavaggio acqua deionizzata Conducibilità vasca (µS) 15 pH 5.8 Elettrodeposizione Temperatura ( C) 35.5 Residuo secco (%) 13.5 pH 5.1 Conducibilità bagno (µS) 822 Conducibilità anolita (µS) 2380 Portata modulo di ultra filtrazione (l/h) 650
  • 42. . 31 Dopo questa prima serie di campioni, ne sono stati preparati altri con il processo Oxsilan R . Tale trattamento prevede l’eli- minazione delle vasche di Attivazione e Fosfatazione e la so- stituzione della vasca di Passivazione con la vasca Oxsilan R per confrontare il nuovo processo con il vecchio e cercare di fa- re un confronto. I parametri con cui sono stati prodotti questi campioni sono mostrati in tabella 7. Tabella 7: Parametri processo 11 Giugno 2013 Step Parametri Sgrassaggio Temperatura ( C) 62.7 Punti di HCl 5.0 pH 10.51 Disossidazione Punti di NaOH 7.5 Oxsilan pH 4.9 Lavaggio acqua deionizzata Conducibilità vasca (µS) 18.9 pH 6.2 Elettrodeposizione Temperatura ( C) 34.7 Residuo secco (%) 13.03 pH 5.1 Conducibilità bagno (µS) 844 Conducibilità anolita (µS) 2107 Portata modulo di ultra filtrazione (l/h) 700 . Attraverso il microscopio elettronico a scansione è stata effet- tuata un’indagine della morfologia superficiale dei campioni di Alluminio. In una prima fase verranno mostrate delle immagi- ni relative a dei campioni di Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 in tre diverse fasi del processo produttivo: la fase di Sgras- saggio, il pretrattamento di fosfatazione ed infine la verniciatura. In seguito al pretrattamento Oxsilan R ed alla fine del nuovo processo, sono stati investigati dei campioni delle due tipologie di Alluminio, per effettuare un confronto tra i campioni ottenuti con le due diverse tipologie di pretrattamento. Nelle immagini relative a questi ultimi campioni non è stata ef- fettuata un’analisi nella fase di sgrassaggio, in quanto questa è comune ad entrambi i pretrattamenti (Oxsilan e Fosfatazione).
  • 43. . 32 In figura 7 sono mostrate delle immagini, acquisite a diversi in- grandimenti, relative alla fase di sgrassaggio; esaminando atten- tamente queste immagini, è possibile notare che la superficie di entrambi i campioni non è perfettamente planare ed uniforme, come mostrato nelle immagini 7-a e 7-b, ma ricca di imperfezio- ni (7-c - 7-d). La presenza di imperfezioni superficiali è molto importante in quanto queste fungono da centri di nucleazione per i cristalli del film fosfatico. (a) Alluminio di prova, 1000 ingran- dimenti. (b) Alluminio AA 6111, 1000 ingran- dimenti. (c) Alluminio di prova, 100000 in- grandimenti. (d) Alluminio AA 6111, 100000 in- grandimenti. Figura 7: Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 sottoposti alla fase di sgrassaggio. La figura 8 mostra delle immagini acquisite a diversi ingrandi- menti da due campioni, uno di Alluminio di prova e l’altro di Alluminio AA 6111, entrambi sottoposti al pretrattamento di fo- sfatazione. Analizzando le immagini ottenute a bassi ingrandi- menti, si evince che il coating che riveste il campione di Allumi- nio di prova (8-a), presenta una serie di zone in cui il substrato non è stato coperto dal deposito, mentre l’altro campione (8-a)
  • 44. . 33 ha una morfologia sostanzialmente uniforme. Come è già stato illustrato nel capitolo 2, la quantità di superficie che non viene coperta dal film fosfatico influenza negativamente la resistenza alla corrosione, perchè in presenza di questi pori l’aderenza del- la resina epossidica, che verrà poi depositata, risulterà minore. Esaminando invece le immagini ottenute ad alti ingrandimenti (8-c - 8-d), è possibile comprendere che il coating deposto su entrambi i campioni è formato da un insieme di cristalli di di- mensioni dell’ordine dei nanometri. (a) Alluminio di prova, 1000 ingran- dimenti. (b) Alluminio AA 6111, 1000 ingran- dimenti. (c) Alluminio di prova, 100000 in- grandimenti. (d) Alluminio AA 6111, 100000 in- grandimenti. Figura 8: Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 dopo pretratta- mento. Le immagini di figura 9 sono state acquisite da due campioni differenti, uno per ogni tipologia di alluminio, sottoposti all’in- tero processo attualmente in uso. Andando ad esaminare le immagini 9-a e 9-b si evince che la superficie del campione di Alluminio di prova ha un numero superiore di difetti rispetto al- la superficie del campione di Alluminio AA 6111. Le immagini
  • 45. . 34 9-c e 9-d indicano chiaramente che le imperfezioni presenti sul primo campione sono molto più estese delle imperfezioni del secondo, che appaiono più localizzate. In particolare i difetti in questione sono dovuti essenzialmente a degli accumuli di ver- nice, che non riesce a distendersi adeguatamente nella fase di elettrodeposizione; nell’ultima sezione di questo capitolo verrà approfondito maggiormente il problema. (a) Alluminio di prova, 1000 ingran- dimenti. (b) Alluminio AA 6111, 1000 ingran- dimenti. (c) Alluminio di prova, 10000 ingran- dimenti. (d) Alluminio AA 6111, 10000 ingran- dimenti. Figura 9: Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 dopo verniciatu- ra. Dopo questa prima parte, che ha interessato l’analisi dei cam- pioni ottenuti nelle varie fasi del processo con pretrattamento di fosfatazione, verranno analizzati dei campioni relativi a due step salienti del nuovo processo, ossia a fine pretrattamento Oxsilan R e dopo la fase di verniciatura. I primi campioni analizzati (uno per ogni tipologia di allumi- nio) sono stati sottoposti al nuovo pretrattamento e le immagini ottenute sono mostrate in figura 10. Il coating che riveste il cam-
  • 46. . 35 pione di Alluminio di prova (10-a) si presenta molto più uni- forme rispetto al deposito che riveste il campione di Alluminio AA 6111 (10-b). Inoltre nelle immagini 10-c - 10-d si possono identificare delle microstrutture paragonabili ad i cristalli for- mati dal bagno di fosfatazione: queste particelle sono dovute probabilmente alla parte inorganica che compone la tecnologia Oxsilan R . (a) Alluminio di prova, 500 ingrandi- menti. (b) Alluminio AA 6111, 10000 ingran- dimenti. (c) Alluminio di prova, 100000 in- grandimenti. (d) Alluminio AA 6111, 100000 in- grandimenti. Figura 10: Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 dopo pretrattamento Oxsilan R . In un secondo momento, sono state acquisite delle immagini da due campioni rispettivamente uno di Alluminio di prova e l’altro di Alluminio AA 6111 in seguito al nuovo processo (figura 11). Dalle immagini ottenute a bassi ingrandimenti (11-a - 11-b) è possibile constatare che le due tipologie di alluminio presen- tano entrambe un deposito sostanzialmente uniforme. Infatti, anche esaminando le altre immagini ottenute a più alti ingran- dimenti, non si notano imperfezioni significative, fatta eccezione per alcune zone in cui il coating si è depositato in maniera mag-
  • 47. . 36 giore. Degno di nota è il deposito ottenuto su Alluminio AA 6111 (11-b), che appare molto uniforme, a dispetto di quello che si sarebbe potuto pensare esaminando il film cresciuto su que- sto stesso tipo di alluminio durante il pretrattamento Oxsilan R (10-b). (a) Alluminio di prova, 1000 ingran- dimenti. (b) Alluminio AA 6111, 1000 ingran- dimenti. (c) Alluminio diprova, 10000 ingran- dimenti. (d) Alluminio AA 6111, 10000 ingran- dimenti. Figura 11: Alluminio di prova ed Alluminio AA 6111 verniciati in seguito al nuovo pretrattamento. Per concludere questa sezione, verranno mostrate delle imma- gini di confronto tra diversi campioni della stessa tipologia di alluminio, nelle fasi omologhe dei due processi presi in esame. In figura 12 sono mostrate due immagini relative a due campio- ni diversi di Alluminio di prova, uno sottoposto ad un pretratta- mento di fosfatazione (12-a) e l’altro sottoposto a pretrattamen- to Oxsilan R (12-b). La morfologia dei due campioni appare totalmente differente: nella prima immagine è possibile notare che sono presenti molte zone del substrato non coperte dal film, mentre la seconda immagine mostra un coating che riveste tutta la superficie del campione senza lasciare zone scoperte.
  • 48. . 37 (a) Alluminio di prova dopo pretrat- tamento di fosfatazione, 1000 ingrandimenti. (b) Alluminio di prova dopo pretratta- mento Oxsilan R , 500 ingrandi- menti. Figura 12: Confronto tra il deposito ottenuto dopo pretrattamen- to di fosfatazione e dopo pretrattamento Oxsilan R su Alluminio di prova. Le seconde immagini mostrate per l’Alluminio di prova sono relative a due campioni, il primo verniciato in seguito al pre- trattamento di fosfatazione ed il secondo verniciato in seguito al nuovo pretrattamento (figura 13): la morfologia di questo se- condo campione, mostrata nell’immagine 13-b, appare molto più uniforme rispetto all’altra superficie, mostrata nell’immagine 13- a. (a) Alluminio di prova dopo verni- ciatura con pretrattamento di fosfatazione, 1000 ingrandimenti. (b) Alluminio di prova dopo vernicia- tura con pretrattamento Oxsilan R , 1000 ingrandimenti. Figura 13: Confronto tra il deposito di vernice ottenuto dopo pretrat- tamento di fosfatazione e dopo pretrattamento Oxsilan R su Alluminio di prova. Dopo aver confrontato le scansioni relative ad i campioni di
  • 49. . 38 Alluminio di prova, verranno confrontate le immagini acquisite da Alluminio AA 6111 relative ai due processi esaminati nel cor- so di questo lavoro. Le prime immagini di confronto, mostrate in figura 14, compara- no la morfologia di un campione dell’alluminio AA 6111 sotto- posto al pretrattamento di fosfatazione con un secondo campio- ne della stessa tipologia di alluminio sottoposto al nuovo pre- trattamento. La superficie dei due campioni appare totalmente differente: in particolare il primo campione presenta una superficie molto più omogenea rispetto al secondo. Questo potrebbe indurre a pen- sare che il coating di vernice, che verrà poi elettrodeposto nelle successive fasi del processo, debba essere più uniforme per il primo campione. In realtà, esaminando le immagini di figura 15, che mostrano i due campioni di Alluminio AA 6111 sotto- posti uno al processo con pretrattamento di fosfatazione, l’altro al nuovo processo, è evidente, invece, che il secondo campio- ne (figura 15-b) mostra una superficie nettamente più omoge- nea nonostante la morfologia del coating deposto nella fase di pretrattamento Oxsilan R . (a) Alluminio AA 6111 dopo pretrat- tamento di fosfatazione, 1000 ingrandimenti. (b) Alluminio AA 6111 dopo pre- trattamento Oxsilan R , 1000 ingrandimenti. Figura 14: Confronto tra il deposito ottenuto dopo pretrattamen- to di fosfatazione e dopo pretrattamento Oxsilan R su Alluminio AA 6111.
  • 50. . 39 (a) Alluminio AA 6111 dopo ver- niciatura con pretrattamento di fosfatazione, 1000 ingrandimenti. (b) Alluminio AA 6111 dopo vernicia- tura con pretrattamento Oxsilan R , 1000 ingrandimenti. Figura 15: Confronto tra il deposito di vernice ottenuto dopo pretrat- tamento di fosfatazione e dopo pretrattamento Oxsilan su Alluminio AA 6111. . In seguito ad un’analisi morfologica, è stata effettuata anche un’analisi chimica superficiale tramite spettroscopia fotoelettronica a raggi-X (XPS), al fine di investigare gli elementi che compongo- no la superficie dei vari campioni. Le analisi XPS, che saranno mostrate di seguito, sono state eseguite sui medesimi campioni analizzati precedentemente. I primi due campioni, analizzati dopo essere stati sottoposti alla fase di sgrassaggio, sono: uno relativo all’Alluminio di prova (grafico in nero) e l’altro relativo all’Alluminio AA 6111 (grafico in rosso). Per entrambi i campioni è stato acquisito uno spettro al fine di esaminare quali elementi sono presenti sulla loro su- perficie. Analizzando le overview di questi substrati è possibile riscontrare la presenza dei picchi Al 2s, Al 2p, Zn 3p, Zn 2p1/2 e Zn 2p3/2, relativi agli elementi presenti all’interno delle leghe. Inoltre si può notare la presenza di due picchi di intensità molto elevata: uno appartenente all’ossigeno (O 1s) ed uno al carbonio (C 1s). Il primo segnale deriva dallo strato di ossido presente sulla superficie dei campioni di alluminio, mentre il secondo elemento può derivare molto probabilmente, dall’anidride car- bonica che è stata adsorbita sulla superficie dei campioni. Sono presenti anche segnali di elementi non previsti nella composi- zione del bagno di sgrassaggio e nella composizione della lega, come ad esempio i picchi Ca 2s e Ca 2p3/2, inerenti al Calcio, che
  • 51. . 40 probabilmente deriva dal calcare presente nell’acqua industriale utilizzata per la preparazione dei bagni. Figura 16: Survey dei campioni di alluminio di prova ed alluminio AA 6111 dopo la fase di sgrassaggio. Successivamente sono stati analizzati due campioni sottopo- sti al pretrattamento di fosfatazione: uno relativo all’Alluminio di prova e l’altro all’Alluminio AA 6111. Gli spettri ottenuti da questi due campioni sono mostrati in figura 17: in nero è mostra- to il survey dell’Alluminio di prova, mentre in rosso è mostrato il survey dell’Alluminio AA 6111. Nei survey mostrati in figura 17 si possono notare, su entram- bi i substrati, la presenza dei picchi Zn 3s, Zn 3p1/2, Zn 3p3/2, Zr 3d, P 2p, F 1s e F 2s relativi agli elementi che compongono i bagni del pretrattamento. Ad esempio il Fosforo (P) deriva dall’Acido fosforico (H3PO4) presente nel bagno di fosfatazione, mentre Zirconio (Zr) e Fluoro (F) derivano dall’Acido esafluoro- zirconico (H2ZrF6) presente nella vasca di passivazione. Anche questa volta sono presenti i segnali del Carbonio e del- l’Ossigeno ( C 1s e O 1s), solo che in questo caso la presenza di Ossigeno è dovuta al pretrattamento e non al film di ossido. I survey di figura 18 mostrano invece i campioni ultimati dopo la verniciatura: dai picchi ottenuti (O 1s, C 1s e N 1s) si identifi- cano i principali elementi costituenti la resina epossidica, ossia Carbonio, Azoto ed Ossigeno. Particolare importanza riveste la
  • 52. . 41 Figura 17: Survey dei campioni di alluminio di prova ed alluminio AA 6111 dopo il pretrattamento. Figura 18: Survey dei campioni di alluminio di prova ed alluminio AA 6111 dopo verniciatura. presenza dello Stagno Sn (Sn 4d, Sn 3d3/2, Sn 3d1/2, Sn 3p3/2), che deriva dalla parte di pigmento contenuta nella vernice: nei campioni di Alluminio di prova verniciati appare evidente la
  • 53. . 42 presenza maggiore di questo elemento rispetto ai campioni di Alluminio AA 6111, anch’essi verniciati. Questa differenza può essere riconducibile alle diverse condizioni in cui sono stati pro- dotti i campioni. Il parametro che indica la quantità di residui solidi (di cui fa parte il pigmento della vernice) presenti nel ba- gno di verniciatura è il residuo secco: infatti, confrontando i valori di questo parametro per l’alluminio di prova (tabella 5) con lo stesso parametro relativo all’alluminio AA 6111 (tabella 6), notiamo che il valore per quest’ultimo tipo di alluminio, nei giorni in cui sono stati preparati i campioni, è più basso, e ciò giustifica la minore presenza di stagno nel secondo tipo di allu- minio. In figura 19 è mostrata una overview di un campione di allumi- nio di prova, sottoposto al pretrattamento Oxsilan R . Nell’im- magine non viene riportato lo spettro ottenuto dall’altro cam- pione (Alluminio AA 6111), dal momento che non sono state riscontrate differenze significative. In tale spettro sono presenti i segnali dei principali elementi che compongono questa nanotecnologia: Zr 4p, Zr 3d5/2, Zr 3p3/2, Zr 3p1/2, Zr 3s, Al 2p, Si 2p, Si 2s, C 1s e O 1s. Nello spettro è presente un segnale che non è riconducibile a nessun elemento presente nel bagno di verniciatura e non appartiene agli elemen- ti alliganti presenti nella lega: F 1s. L’ultima immagine, mostrata in figura 20, riporta il survey ac- quisito da un campione di Alluminio di prova sottoposto all’in- tero nuovo processo. Anche in questo caso è stato omesso il grafico relativo all’altra tipologia di alluminio, in quanto non è stata riscontrata alcuna differenza. In analogia ai campioni verniciati in seguito al pretrattamento di fosfatazione, sono stati ottenuti dei picchi appartenenti ai principali elementi (Carbonio, Azoto ed Ossigeno) che compongono la parte organica della ver- nice; i segnali in questione sono i seguenti: C 1s, O 1s e N 1s. Per quanto riguarda la parte inorganica della vernice, ossia il pigmento, si riscontrano dei picchi relativi allo Stagno: Sn 4d, Sn 3d5/2, Sn 3d3/2, Sn 3p3/2. Esaminando le immagini 18-20 è possibile notare che gli spet- tri ottenuti sono molto simili: ciò sta ad indicare che le due tipologie di pretrattamento sono essenzialmente equivalenti.
  • 54. . 43 Figura 19: Survey del campione di alluminio di prova, dopo pretrattamento Oxsilan R . Figura 20: Survey del campione di alluminio di prova verniciato in seguito al pretrattamento Oxsilan R . . Durante la realizzazione di questo lavoro presso Intesa mecca- nica srl sono stati riscontrati diversi difetti di produzione, provo-
  • 55. . 44 cati da vari fattori. I principali difetti riscontrati sono i seguenti: 1. Bolle dovute allo sviluppo di Idrogeno molecolare; 2. Bolle dovute alla presenza di schiuma nel bagno di verniciatura; 3. Cattiva distensione della vernice; 4. Schivature dovute alla presenza di olio nel bagno di verniciatura; 1. Il primo dei difetti elencati è dovuto all’eccessivo svilup- po di H2 sulla superficie dei substrati, perché tale molecola non riesce ad abbandonare il sito di reazione e rimane inizialmente intrappolata nel film depositato formando delle bolle. Successi- vamente a causa dell’elevata temperatura presente nel forno di appassimento (170 C), queste bolle vengono distrutte, liberando l’idrogeno intrappolato. A tal proposito è emblematica la figura 21, nella quale si vede chiaramente la presenza di queste imperfezioni. Figura 21: Esempio di bolle dovute allo sviluppo di Idrogeno molecolare o alla presenza di schiuma. 2. Le bolle dovute alla presenza di schiuma si presentano in maniera del tutto identica alle bolle dovute allo sviluppo di Idro- geno molecolare: per questo motivo è difficile stabilire quale dei
  • 56. . 45 due fenomeni sia la causa effettiva del difetto in questione. La schiuma, che si viene a formare sulla superficie della vasca di verniciatura, si deposita sui manufatti nel momento in cui que- sti vengono immersi o estratti dal bagno, generando questo tipo di imperfezione. 3. Una cattiva distensione della vernice può verificarsi quando nella vasca di verniciatura è presente un’elevata concentrazione di batteri, che ostacolano la mobilità delle molecole di vernice ed influiscono quindi sulla qualità del deposito. Un esempio di questo problema è mostrato in figura 22. Figura 22: Esempio di cattiva distensione dovuta a batteri. Inizialmente per eliminare queste imperfezioni sono state ese- guite delle modifiche al programma di tensione applicato alla vasca di verniciatura; i parametri di deposizione prima delle modifiche sono mostrati in tabella 8. Tabella 8: Parametri di elettrodeposizione cofani prima delle modifi- che Parametri di elettrodeposizione Tensione massima 280 V Rampa 180 sec
  • 57. . 46 Tabella 8: continua dalla pagina precedente Parametri di elettrodeposizione Tempo di elettrodeposizione 270 sec Spessore medio 23 µm Nella fase iniziale della deposizione, la tensione viene variata linearmente nel tempo, da 0 alla tensione massima (che in que- sto caso è 280 V), in un determinato intervallo di tempo. I prodotti ottenuti mostravano inizialmente due problemi: cat- tiva distensione del deposito e basso spessore. Per ovviare a questi problemi è stato deciso di diminuire la tensione massima ed aumentare sia il tempo di rampa che quello di elettrodeposizione, per ottenere un deposito dello spessore giusto ed evitare di sot- toporre i manufatti ad una variazione troppo brusca di tensione. Un incremento rapido della tensione può provocare un ecces- sivo sviluppo di ioni OH- e quindi una rapida crescita di pH nello strato di liquido più prossimo alla superficie dei manufat- ti, provocando la prematura coagulazione della vernice che non riesce a distendersi in maniera adeguata. Come mostrato nella reazione 11, all’aumentare degli elettroni forniti al sistema, aumenta la produzione di ioni OH- e quindi il pH nella parte di liquido più vicino alla superficie dei manu- fatti. I parametri di elettrodeposizione sono stati variati e sono riportati in tabella 9. Tabella 9: Parametri di elettrodeposizione cofani dopo le modifiche Parametri di elettrodeposizione Tensione massima 255 V Rampa 218 sec Tempo di elettrodeposizione 330 sec Spessore medio 29µm Con le modifiche effettuate, è stata ottenuta un buona disten- sione della vernice ed uno spessore del coating idoneo; successi- vamente sono state eseguite, dall’azienda fornitrice dei prodotti per elettrodeposizione, delle analisi microbiologiche alla solu- zione di vernice: è stato scoperto che era presente un’elevata concentrazione di batteri e per questo sono stati introdotti nel
  • 58. . 47 bagno di verniciatura degli specifici prodotti antibatterici per eliminare questo problema. Nell’immagine 23 viene mostrata la tensione applicata ai manu- fatti prima delle modifiche, mentre in figura 24 è mostrata la tensione applicata dopo le modifiche; infine l’immagine 25 mo- stra l’andamento della corrente in vasca. La corrente che attra- versa la soluzione aumenta inizialmente in maniera lineare con l’aumentare della tensione fino ad un massimo, dove la corrente inizia a decrescere a causa del coating che è stato depositato e che tende ad isolare i manufatti, provocando una diminuzione della corrente in vasca. Figura 23: Andamento tensione nel bagno di verniciatura prima delle modifiche. 4. La presenza di olio in vasca genera delle zone in cui il deposito non aderisce alla vernice del metallo oppure aderisce male. Le particelle di olio che si depositano sulla superficie degli oggetti la isolano dal passaggio di corrente e di conseguenza in questa zona, la superficie resta priva di deposito, quindi non protetta dalla corrosione. La presenza dell’olio in vasca può essere dovuta a vari motivi, ad esempio uno sgrassaggio non sufficientemente efficace, che non deterge bene la superficie dei manufatti. In questo modo l’olio può essere trasportato fino
  • 59. . 48 Figura 24: Andamento tensione nel bagno di verniciatura dopo le modifiche. Figura 25: Andamento della corrente nel bagno di verniciatura dopo le modifiche.
  • 60. . 49 alla vasca di verniciatura, dove viene portato in soluzione, a causa della presenza in questo bagno di solventi non polari che solubilizzano gli olii. Sia con pretrattamento di Fosfatazione che con pretrattamento Oxsilan R i difetti riscontati sono gli stessi e ciò sta ad indicare che le cause delle imperfezioni riscontrate prescindono dal tipo di pretrattamento e sono da cercare solamente nei parametri di verniciatura.
  • 61. 4 C O N C LU S I O N I Gli obiettivi principali del lavoro svolto sono essenzialmente due: cercare di ottimizzare il processo per ottenere prodotti privi di difetti e constatare se il pretrattamento Oxsilan R , proposto da Chemetall italia s.r.l., sia una valida alternativa al pretratta- mento in uso (fosfatazione). Per raggiungere questi obiettivi ci si è serviti di tecniche spettroscopiche come SEM e XPS. In seguito alle varie prove eseguite sui campioni e dai riscontri ottenuti in fase di produzione, è stato notato che i due tipi di pretrattamento presi in esame si equivalgono dal punto di vista delle prestazioni e della qualità dei depositi. Dal momento che i risultati ottenuti con i due tipi di prodotti sono comparabili, la tecnologia Oxsilan R offre molti vantaggi rispetto al pretrat- tamento di Fosfatazione, come già detto in precedenza. Questi vantaggi risiedono nell’abbattimento dei costi di smaltimento dei fanghi di fosfatazione e nell’abolizione delle vasche di Atti- vazione e Fosfatazione, con una notevole riduzione del tempo per ogni ciclo. La nuova tecnologia, rispetto al pretrattamento in uso, non ne- cessita del riscaldamento della vasca, il che contribuisce a dimi- nuire i costi di produzione. In aggiunta a tali risultati, è stato riscontrato che i vari difetti ottenuti, non dipendono dal tipo di pretrattamento che si utiliz- za, ma sono riconducibili essenzialmente a due fasi del processo produttivo: Verniciatura e Sgrassaggio.
  • 62. B I B L I O G R A F I A [1] G.W. Critchlow e D.M. Brewis. «Review of surface pre- treatments for aluminium». In: International Journal Adhe- sion and Adhesives 16 (1996), pp. 255–275. [2] Dr. J. Hugh Horton. url: http://www.chem.queensu.ca/ people/faculty/horton/research.html (cit. a p. 27). [3] P. Skeldon G. E. Thompson G. C. Wood K. Shimizu K. Ko- bayashi. «An atomic force microscopy study of the corro- sion and filming behaviour of aluminium». In: Corrosion Science 39.4 (1991), pp. 701–718 (cit. a p. 1). [4] Ingemar Olefjord Kaoru Mizuno Anders Nylund. «Surfa- ce reactions during pickling of an aluminium-magnesium- silicon alloy in phosphoric acid». In: Corrosion Science 43 (2001), pp. 381–396. [5] Vesna B. Miscovi´c-Stancovi´c. «The mechanism of cathodic electrodeposition of epoxy coatings and the corrosion be- haviour of the electrodeposited coatings». In: Journal of the Serbian Chemical Society 67.5 (2002), pp. 305–324 (cit. a p. 9). [6] T.S.N. Sankara Narayanan. «Surface pretreatment by pho- sphate conversion coating- A rewiew». In: Reviews on Ad- vanced Materials Science 9 (2005), pp. 130–177 (cit. alle pp. 4– 7). [7] Pietro Pedeferri. Corrosione e protezione dei materiali metallici. Vol. 1-2. Polipress, 2012 (cit. alle pp. 10, 11). [8] Lei Shi. «Zinc Phosphating on 6061-T6 Aluminium Alloy». Tesi di laurea mag. University of British Columbia, 2000 (cit. a p. 4). [9] D.M. Drazi´c V.B. Miskovi´c-Stankovi´c M.R. Stani´c. «Corro- sion protection of aluminium by a cataphoretic epoxy coa- ting». In: Progress in Organic Coatings 36 (1999), pp. 53– 63. 51
  • 63. 52 [10] Z. Kacarevi´c-Popovi´c V.B. Miskovi´c-Stankovi´c J.B. Bajat. «Corrosion stability of epoxy coatings on aluminium pre- treated by vinyltrietoxysilane». In: Corrosion Science 50 (2008), pp. 2078–2084.
  • 64. R I N G R A Z I A M E N T I All’inizio di questa avventura mi sembrava tutto molto distan- te, gli esami, il secondo anno di corso, il terzo anno, la tesi . . . ed invece sono arrivati, forse troppo velocemente; senza renderme- ne conto mi trovo a scrivere le ultime pagine di questo lavoro, che segna inevitabilmente la fine di un percorso bellissimo ed appassionante. In primo luogo desidero ringraziare il professore Sandro Santuc- ci e la dottoressa Daniela di Camillo per il prezioso contributo che hanno apportato al mio lavoro. Ringrazio l’azienda Intesa Meccanica s.r.l. per avermi permes- so di realizzare questa esperienza ed in particolare l’ingegnere Emanuele Diana ed il signor Martelli Dionino per gli insegnamen- ti e l’aiuto che mi hanno dato in questi mesi di permanenza in azienda. Durante la strada le difficoltà non sono mancate, ma sono riusci- to a superarle anche grazie ai miei amici, sia vecchi che nuovi, sempre pronti a trascorrere del tempo insieme e che in un modo o nell’altro, trovano sempre il modo per strapparti un sorriso e farti tornare il buon umore. Un ringraziamento speciale sento di darlo alla mia famiglia che mi ha sempre sostenuto, in tutte le mie scelte importanti. Un grazie particolare è per mio Padre e mia Madre, che mi hanno insegnato ad essere adulto e ad impegnarmi con serietà e pas- sione nelle cose importanti. Un altro grazie voglio darlo a due persone cui sono particolarmente legato: mia Sorella ed il mio Fratellino. Infine un sincero ringraziamento alla persona che mi ha soste- nuto più di tutte le altre, la mia Fidanzata, senza la quale sicu- ramente non ce l’avrei fatta, che mi ha confortato nei momenti difficili e mi ha spinto sempre a dare il massimo; la ringrazio soprattutto perché è e sarà un punto certo nella mia vita.