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Contingenza d'Inverno
Cantone del Futunari, Provincia del Koi, Marte
03.02.2271 (20.12.2271) ora locale 19:23
Appena fuori dal centro urbano Il Doge guardava
l'università di Hong Lys quando lo raggiunse 13: la sua
assistente.
«Signore, l'istituto meteorologico mi ha informata che il
gelo si sta intensificando fin quasi al confine del tropico
del Sagittario, stimano anche un continuo abbassamento
delle temperature almeno per un'altra ventina di giorni, e
da quanto dicono sembra con un ritmo elevato, entro
almeno 48 gradi Sud».
La guardò per un paio di secondi, il suo occhio destro
era chiaro come il ghiaccio, l'altro di un verde smeraldo
ed erano gli occhi più belli che lei avesse mai visto ma
ogni tanto si sentiva intimorita a tenere lo sguardo fisso
su di lui; era penetrante, magnetico... autoritario.
«Organizza un riunione di tutte le Provincie entro il
tropico per domani stesso ed incaricale di stilare un
resoconto il più dettagliato possibile della situazione
attuale: sia globalmente che per i singoli Cantoni, ed
incluso nei dati voglio anche avere una stima dei danni
alle manifestazioni di ogni tipo, dai festival ufficiali ai
concerti nelle piazze», esordì calmo. «Ora è meglio
concentrarsi su questo dibattito e cercare di farlo finire in
fretta, tu intanto avverti pure le Provincie».
«Certamente Signore», rispose, mentre lui stava già
entrando nell'ateneo.
Evelin Almain, questo il vero nome di 13, era l'assistente
migliore che potesse mai assumere: intelligente, seria e
capace, inoltre fu l'unica ad aver completato col
punteggio massimo il suo test d'ammissione: una serie
molto lunga e complessa di problemi, esercizi fisici e
altre domande di vario genere, risolvendo pure la
domanda extra giudicata dagli esperti ''impossibile''. Era
anche agente nel élite dell'esercito: I Cataclismi. La
conobbe allora, quando accettò l'incarico di C-13 ovvero
quando divenne il soldato fantasma a cui spettavano gli
incarichi più critici ed oscuri: era l'unità migliore di tutto
l'esercito, e probabilmente pure il miglior C-13 di
sempre. Per questo motivo fu subito convinto quando
seppe del suo risultato, sapeva già che la bellissima
ragazzina dai capelli castani e dai mille tatuaggi fosse la
miglior candidata ad assisterlo nel suo lavoro. La trattò
da subito come un suo pari: gli forniva incarichi delicati,
informazioni ufficiali da divulgare e la portava pure con
se sulla Leviatano.
Nell'auditorium c'erano posti per qualche centinaio di
persone e notò che erano occupati per una metà abbon-
dante. Appena venne notato scoppiò l'applauso ''Iniziamo
bene'' pensò. Poi riconobbe Mei Li Cheng: la portavoce
dell'opposizione, una donna in gamba ma a volte un po'
troppo indipendentista per i suoi gusti. Andò a presentar-
si a lei, mostrandogli un piccolo inchino che gli venne
ricambiato, si scambiarono qualche commento e si sede-
rono alla cattedra.
Il moderatore, che era un ometto decisamente basso e
anziano, stava accendendo il microfono del pulpito.
«Gentili Signori, il mio nome è Riki Totoro e questa sera
modererò il dibattito sull'interruzione del periodo di
controllo delle nascite», annunciò con la sua voce nasale
e profonda. «Come potete vedere i favorevoli hanno
deciso di far parlare solamente Mei Li Cheng, della lista
gialla e membro del Gran Consiglio, mentre per i
contrari doveva presentarsi inizialmente Saikiri Tanaka
del Consiglio delle Proncie ma il nostro Doge si è offerto
al posto suo». Lasciò il tempo per un altro applauso.
«Facciamo iniziare Mei Li Cheng, vi prego di porgere le
domande alla fine», finì e gli fece cenno.
«Buona sera a tutti voi, voglio spiegare per chi ancora
non è bene informato la dinamica dei fatti: il 31 agosto
di quest'anno doveva terminare il regolare limite
controllato delle nascite, cosa non avvenuta perché
L'Assemblea Federale ha notato un leggero aumento
della popolazione negli ultimi tempi ed ha quindi deciso
di prolungare tale termine, e se posso giudicare le
motivazioni, direi che è stata una decisione frettolosa o
poco attenta: premettendo che tale aumento di popola-
zione è dello 0,4% e dovuto per l'87% dall'immigrazione
dai Cantoni vicini, vorrei leggervi il punto tre della legge
Federale sul limite di natalità:
''Autorità Provinciale''
«La Provincia ha l'autorità di interrompere un
prolungamento di tale periodo se gli incrementi di
popolazione sono di lieve entità"
Aggiungo pure che il Governo non ha avuto nessun
dialogo con la nostra Assemblea Provinciale ma ha solo
impartito queste disposizioni. A nome di tutti i genitori
stanchi di aspettare anni per poter concepire altri figli ho
coinvolto una decina di Consiglieri Provinciali presen-
tando un'iniziativa parlamentare che sta riscuotendo
ampi consensi. Vorrei infine cogliere l'occasione per
essere accertata dal capo del Governo, in caso che la
nostra iniziativa dovesse avere successo, L'Assemblea
Federale rispetterà l'autorità e sovranità della nostra
Provincia. Grazie dell'attenzione».
Il Doge osservò attentamente la reazione del pubblico
''Le file più vicine stanno applaudendo animatamente, di
sicuro sono sostenitori della lista gialla o comunque non
hanno gradito la nostra misura, sono quasi tutte donne...
magari sono madri'' controllò gli altoparlanti e vide che
non erano distribuiti equamente nella sala. ''Dal centro in
poi è chiaro che la gente applaude per cortesia, ma non
mi sembrano tutti convinti... Mei Li ha una vocina acuta
e quelli delle file superiori potrebbero anche non aver
sentito perfettamente o aver avuto una reazione inconscia
ascoltando una voce fanciullesca. In qualsiasi caso il mio
obiettivo non è convincere nessuno: questa decisione è
irrevocabile vista la situazione... devo soltanto spiegare
bene la motivazione che ci ha portato a prolungare il
controllo della natalità e fare presa in modo che
diffondano il verbo.'' Con queste conclusioni attese di
poter prendere parola, e quando Totoro lo invitò a
esporre il suo parere, concentrandosi sulle file superiori,
fece molta attenzione che tutta la tribuna potesse sentire
la sua voce profonda iniziando con un semplice ''Buona
Sera''. «Voglio iniziare col ribadire il mio sostegno per
la decisione dell'Assemblea Federale e spiego subito la
motivazione dietro a questa scelta», ''Sii breve ed avrai la
loro attenzione'' Pensò mentre pronunciava le parole più
adatte «La legge citata dalla collega è sì corretta, ma
evidentemente ha male interpretato gli ''aumenti di lieve
entità'': a cui si include anche l'immigrazione. In più
sottolineo l'inutilità di doversi nascondere dietro a delle
percentuali per tentare di ribadire un diritto: Lo 0,4%
può infatti sembrare Lieve, ed effettivamente alcuni
Cantoni hanno ottenuto una deroga con numeri simili,
ma vi voglio far riflettere che il Futunari, per la sua
natura di isola, è molto più grande rispetto alla maggior
parte dei Cantoni: se di norma ci sono solo un paio di
centinaia di migliaia di abitanti qui ne vivono ben due
milioni e mezzo! Signori, stiamo parlando di diecimila
abitanti in più ogni anno in un periodo di decrescita.
Infine voglio ricordare che con l'istituzione del parco
nazionale del Futunari il limite abitativo scenderà a 2,8
milioni... Signori, aggiungo anche che L'Assemblea
Federale ha fornito al vostro Governo delle direttive
sull'immigrazione ben due anni fa! E quali sono stati gli
sviluppi? Il Gran Consiglio che le ignora e i cittadini che
trovano ingiusto questo prolungamento!». Risa sparse: le
sue parole avevano fatto presa. «Vi prego, la situazione
non è divertente: è grave e non va ignorata. Se tra quattro
anni, quando sarà istituito il parco non si sarà raggiunto
l'obbiettivo di 2,3 milioni di abitanti saremo costretti a
posticiparne l'apertura e imporre d'ufficio le direttive, e
se la natalità sarà un fattore critico pure a procedere con
la contraccezione forzata, anche se non credo si dovrà
arrivare a tanto. Grazie per l'attenzione». Il pubblico nei
posti superiori stava applaudendo seriamente, quello
inferiore in modo freddo, ma c'era anche tra loro chi
aveva apprezzato il suo discorso.
«Qualcuno vuole porgere delle domande?», chiese
Totoro un po' stupito quando non vide nessuna mano
alzata.
Il vento caldo soffiava dolce contro il faraglione,
arrestandosi contro la roccia smuovendo appena cespugli
ed alberelli. Riparati dallo scoglio, sulla spiaggia Il Doge
e 13 stavano seduti davanti ad un fuoco ammirando le
luci e i colori del golfo e i riflessi cremisi che la luna Io
proiettava nel mare di quella notte estiva. «Avevo
proprio bisogno di un paio di birre, grazie per la compa-
gnia. Davvero.», fece lui. Seppur lavorassero insieme da
pochi mesi, tra loro si era creata una sincera amicizia e
spesso passavano del tempo in compagnia nei rari mo-
menti liberi.
«Tu lavori troppo», rincuorò lei, «E poi lo sai che è un
piacere per me».
«Già, finché pagano gli altri! Comunque non ti devi
preoccupare, tra un paio di giorni ci prenderemo una
pausa» disse pacato, mentre finiva l'ennesima bottiglia di
Tienmei e ne apriva un'altra ancora.
«Sebastian Del Fante in vacanza, questa mi è nuova!».
«Non ho mai parlato di vacanze, solo di un periodo
molto tranquillo, almeno per quanto riguarda la poli-
tica», ribatté mentre camminava verso la riva.
Si girò per guardare Evelin, stava ravvivando il fuoco e
la luce gialla delle fiamme risaltò i tatuaggi che spor-
gevano dalla canottiera bianca e le coprivano il corpo. Si
stappò un'altra birra pure lei mentre osservava le scintille
affascinata. Lui vedeva distintamente i semi delle carte
scritti sulle dita della mano sinistra, e leggeva J,Q,K,A in
quella destra, mentre sorseggiava rapida.
«Ma intanto dobbiamo concentrarci sull'emergenza
invernale». Riprese a parlare. «Le provincie hanno
risposto?». Domandò retoricamente.
«Sì, la riunione è fissata ad Akhni per domani alle 15,
ora locale». Evelin notò un cambiamento espressivo di
qualche istante. «Dannazione al fuso orario, per quell'ora
noi dovremo essere al rinfresco a Ryuk», borbottò per un
attimo ancora. «Dovrai seguire tu la riunione per conto
mio: è la soluzione migliore». Rimuginò un qualche
secondo. «Mi spiace solo tu non possa goderti le bol-
licine». Lanciò un sasso piatto nel mare, convincendosi
di aver valutato bene il problema.
«Sarò pure affidabile, ma addirittura fare le veci del
Doge... stai scherzando vero!», punzecchiò lei.
«Il Doge non scherza mai». Rispose solenne mentre il
sasso ancora rimbalzava tra le onde, duecento metri più a
largo.
Città di Ryuk, Cantone Santetsu, Provincia del Koi
04.02.2271 (21.12.2271) ora locale 21:57
Ryuk era una città marziana nota per un fenomeno che
sorprese i tecnici e persino Il Doge: crebbe da sola.
Quando Marte e Venere furono terraformati i centri
urbani vennero edificati in luoghi funzionali per
agevolare una colonizzazione rapida e sostenibile;
nonostante l'ideale fosse di costruire città autonome, nei
progetti erano ovviamente inclusi centri volti alla
produzione massiccia di materie prime o altri beni
destinati ai Paesi più contenuti, definendo così il destino
e lo sviluppo delle varie località. I Comuni dei due
Pianeti non si erano particolarmente evoluti, se non per
dimensioni, adempiendo ancora alle funzioni designate
dal Doge oltre un secolo addietro. In questo senso Ryuk
era eccezionale proprio perché non doveva avere nessun
ruolo rilevante nell'economia della propria Provincia né
di quella cantonale; era un semplice centro abitativo di
poche decine di migliaia di abitanti situato nel mezzo di
una rada foresta, non troppo lontano dal Capoluogo, che
fu progettato per essere il polo produttivo della regione.
Questo fino ad una cinquantina d'anni prima, quando gli
artigiani locali offrirono i loro prodotti in legno e tessuti
dalla notevole raffinatezza, nei centri commerciali della
zona, ottenendo un successo inaspettato ed una succes-
siva forte richiesta che si diffuse in tutta la Provincia.
Sfruttando sapientemente quest'opportunità la città poté
espandersi fino a quasi quattrocentomila abitanti.
Tintinnii di brindisi e chiacchiere rumorose facevano da
sottofondo all'ampia sala congressi, nelle lunghe tavolate
i vassoi venivano prontamente riempiti di stuzzichini e
nell'aria si sentiva l'entusiasmo degli invitati, del resto
non capitava tutti i giorni di poter brindare con Sebastian
Del Fante e stringergli la mano.
Il Doge gradiva conversare normalmente con i suoi
cittadini, parlando del più e del meno della vita o
raccontando un qualche aneddoto degno di un nonno
molto vissuto. Mentre mentiva dignitosamente sulla
quantità di spumante bevuto continuava a riempirsi il
bicchiere, cercando di conoscere il maggior numero
possibile di ospiti per ampliare i suoi già sconfinati
contatti, preparandosi con calma per il discorso.
Prese a picchiettare sul calice di cristallo per farsi notare,
controllando di non dare le spalle a nessuno. Si schiarì la
voce e parlò alla sala intera senza bisogno di un
microfono. «Cari cittadini di Ryuk e dei suoi dintorni,
innanzitutto devo ringraziarvi per il calore della vostra
accoglienza e per il rinfresco davvero molto ricco. Come
voi ben sapete, forse anche meglio di me, questa Città
rappresenta un'eccezione nella storia di questo mondo:
mi ricordo ancora il giorno in cui il Santetsu non era ben
definito e Ryuk veniva indicata con la sigla RU-2-
A94.850, pensai fosse una sigla poco aggraziata per
definire un luogo tanto bello. Quando sorvolai la zona
per controllare la fine dei lavori. Durante la pianifica-
zione urbana notammo che la zona dove ora ci troviamo
poteva sostenere un gran numero di persone, ma essendo
delimitata dal massiccio del Kinkojo a sud-ovest e dal
monte Fas a nord, il gruppo di ingegneri a cui assegnai la
zona progettò una semplice area residenziale, una sorta
di grande villaggio per far aumentare il quantitativo di
coloni. Io stesso approvai questa decisione e quella di
edificare ciò che ora è Nami in funzione di polo
produttivo e di conseguenza pure Capitale. Vista la sua
vicinanza mi convinsi pure che la costruzione di una
galleria nelle montagne qui intorno non sarebbe stata
strettamente necessaria, partendo dal presupposto che
Ryuk non si sarebbe espansa velocemente e che per
qualsiasi necessità avrebbe sfruttato il collegamento ed i
servizi di Nami. Dopo quasi cento anni questa regolarità
fu ribaltata dai vostri nonni che riuscirono ad imporsi ed
esportare prodotti di notevole qualità», fece una breve
pausa quando notò 13 entrare, gentilmente elegante per
l'occasione. «E i vestiti che indosso ne sono la confer-
ma!». Una veloce risata riempì la sala, seguita da
commenti sul fisico del Doge da parte di giovani donne o
di uomini che mostravano un po' di sincera invidia.
«Ma tornando un poco più seri continuiamo a parlare di
questo sviluppo, un fenomeno che nessuno aveva o
poteva prevedere, per di più così vicino ad un polo già
affermato ed in una zona particolarmente isolata. Con
questa premessa, vista la posizione di rilievo ottenuta da
questa città è perciò doveroso provvedere ad un
potenziamento delle linee di comunicazione, per evitare
uno scomodo ed oneroso traffico fino a Nami e da lì in
poi attraverso un tortuoso percorso per l'ovest e il nord.
L'Assemblea ed io abbiamo deciso quasi all'unanimità di
finanziare la progettazione e la costruzione di una doppia
galleria nel Kinkojo della lunghezza di 36 chilometri i
cui lavori inizieranno fra due mesi», sorrise e provocò:
«Sempre che qualcuno non faccia referendum!». La
gente gli concesse un piccolo applauso di ammirazione
prima di tornare a rimpinzarsi di tartine e sfogliatine per
asciugare il vino.
13 gli si avvicinò tesa, lui lo notò subito e posò il
bicchiere sul tavolo, preferendo parlarne fuori. Uscendo
Evelin raccolse quel bicchiere e se lo scolò d'un fiato,
non che le servisse per sciogliere la tensione, ma quando
passava ore ad ascoltare e discutere con dei politici presi
alla sprovvista l'alcol diventava un caro amico che le
faceva il santo favore di stare zitto. Appena fuori Il Doge
si guardò velocemente intorno per trovare un posto
discreto senza preoccuparsi eccessivamente se qualcuno
avesse potuto sentire, semplicemente non voleva creare
ansie inutili a della gente in giubilo. «Allora, a che punto
siamo arrivati?», le domandò senza troppi giri di parole,
«Ad un punto abbastanza critico Signore, per cominciare
altri 340 Comuni sono entrati nella fascia d'emergenza e
si parla di circa cinque milioni di abitanti», la interruppe,
«Cinque milioni... possiamo inserirli nella Contingenza
d'Inverno?», chiedendo speranzoso. «Per il momento
non è strettamente necessario, ma nel futuro prossimo il
numero è destinato ad aumentare ed è un guaio perché le
regioni in prossimità del circolo polare antecrociato sono
ovviamente sempre più in difficoltà e necessitano loro
stessi di maggiore supporto, le dighe, i pannelli
fotovoltaici e le pale eoliche sono bloccate dal ghiaccio,
il metano sta finendo e il compostaggio è rallentato dal
freddo e così scarseggia pure l'energia. Sono stata
informata anche del crescere preoccupante di pazienti
ammalati a causa della scarsa ventilazione degli
ambienti: i microbi si diffondono negli appartamenti
contagiando chi vi entra per poi diffondersi nel palazzo
intero, infettando potenzialmente centinaia di persone in
pochi giorni». 13 dava l'impressione di dover ancora
parlare, ma conoscendo bene Il Doge sapeva che aveva
già intuito e stimato i danni ancora prima di avergli
ordinato di organizzare la riunione, del resto lui era fatto
così: geniale come nessun altro ma prudente e pacato coi
suoi cittadini, esortava i politici a identificare un
problema e mentre loro lavoravano per creare un piano
d'azione lui aveva già trovato la soluzione, ma la sua
saggezza gli consigliava di rimanere sempre modesto e
dare la possibilità ai colleghi di fare la propria parte e
magari notare un punto che gli era sfuggito.
Sebastian estrasse una scatolina piatta di metallo da una
tasca interna del panciotto e ne prese il necessario per
rollarsi una sigaretta. «Ne vuoi una?», offrendogliela,
Evelin ringraziò infilandosela tra le labbra in attesa del
fiammifero che lui aveva appena acceso, dopo essersi
concesso una prima boccata riprese a parlare «Voglio
vedere la situazione di persona, questa notte contatterò
un vecchio conoscente nella Karmachta, so che è la
Provincia più colpita dal gelo. Chiederò all'Assemblea
una riunione d'emergenza e nel frattempo farò trasferire
sulla Leviatano le scorte alimentari d'emergenza che
verranno prelevate da Io. Tu per piacere contatta la flotta
leviatana e dai l'ordine di parcheggiare alla minor quota
possibile una nave da trasporto adatta ad un'evacuazione
di massa carica di quelle provviste sopra ogni Cantone la
cui temperatura sia già scesa sotto i -60 e di tenerne una
pronta per quelli già sotto i -45, così facendo nelle
regioni più accessibili potremo dirottare i beni che ora
spettano a quelle più interne», spiegando calmo, quasi
freddo, Evelin si chiese se fosse dovuto ad un'attenta
pianificazione o all'esperienza maturata in oltre due
secoli di politica. L'immortalità del Doge appariva al
popolo come una virtù divina, con tanto di intelletto e
forza sovrumani, ma passando appena un paio d'ore
insieme a lui ci si rendeva conto di quanto in realtà fosse
umano, anche se non come tutti gli altri, ma pur sempre
un uomo: uno che nella propria vita ha visto l'inimmagi-
nabile e che da solo cambiò il mondo.
Tornata nella camera d'albergo in cui alloggiavano
entrambi, 13 si fece una doccia dopo aver trascorso
un'oretta nel bar della hall e si congedò con Sebastian
che stava leggendo i dossier delle scorte agricole
disponibili sul passato Satellite gioviano. Si risvegliò nel
cuore della notte quando sentì un rumore improvviso
provenire dalla camera di sotto e vide che lui era rimasto
sveglio per lavorare ininterrottamente fino al mattino,
ancora una volta.
Nel 2262 i meteorologi notarono delle perturbazioni
nell'atmosfera Marziana che avrebbero creato un effetto
di dispersione di calore a catena causando degli inverni
molto rigidi nel polo sud almeno fino al 2275, in
previsione di ciò fu stipulato un piano di prevenzione:
una sovrapproduzione agricola planetaria che mirava a
produrre notevoli scorte alimentari, l'organizzazione di
squadre di soccorso, scorte farmaceutiche e la
preparazione di altri beni di supporto come vestiari
pesanti e scorte di Metano per vari scopi. L'insieme di
questi provvedimenti e la loro applicazione costituirono
il progetto "Contingenza d'Inverno" .
La giornata di 13 iniziò ufficialmente al suonare della
sveglia stranamente impostata due ore e mezza prima del
dovuto. Indossata una semplice vestaglia uscì dalla
stanzetta singola seguendo l'aroma del caffè di mandorle
e di qualcos'altro profumato di vaniglia e burro cereale,
in cucina trovò Sebastian intento ad aprire delle
minuscole uova di quaglia con le sue manone da gigante
senza romperne il tuorlo, mentre nella padella il grasso
sfrigolava vivace attorno a quelle già riuscite. «Buondì
bella addormentata, vedo che ti sei svegliata tardi», fece
con tono scherzoso lasciando intendere di centrare
qualcosa a proposito della sua diana. «Partiamo prima,
ho pensato che potevo almeno scusarmi preparando una
colazione degna di tale nome, ti consiglio di abbuffarti
perché il viaggio sarà lungo ed ho il forte presentimento
che faremo pranzo molto tardi, mi sa che porterò anche
qualcosa da mangiare oltre alla grappa di riso per restare
caldi», continuò con voce premurosa, tipica del suo buon
umore. Evelin non era un tipo da carinerie del genere e la
sua cultura a tavola non reggeva a lungo se paragonata
col collega, inoltre era già passata l'incredulità iniziale di
vivere insieme al Capo Supremo, ma doveva ammettere
che continuava ad apprezzare quei momenti un po' intimi
e Il Doge era pure un ottimo cuoco. Si sedette aspettando
che arrivasse anche lui, intanto allungò la mano verso
delle cialde e ne prese una, spezzandola, ancora calda ne
uscì un profumo di vaniglia e zucca in sintonia perfetta,
se la passò sotto il naso per guastarsi ancora più
intensamente l'aroma delicato. «Questo è più leggero,
scommetto che ci sono due tuorli!», lanciando la sfida a
13. «Certo, ed io scommetto che l'hai pure guardato
controluce per esserne sicuro e fare il veggente, se vuoi
impressionarmi allora riconoscilo insieme a tutte le altre
senza guardare», continuando lei, sicura di averlo
incastrato. Si alzò per raccogliere le uova restanti in una
bacinella e ci aggiunse quella fortunata per poi sciac-
quarle sotto acqua corrente per raffreddarle, così che non
potesse sentirne la temperatura. Egli mise la mano nella
ciotola senza guardare e ne tirò fuori uno, e lei era già
soddisfatta nel vedere che aveva i segni sul guscio
diversi. «Prima che tu affermi qualcosa, ti dico già che
questo ne ha di sicuro due, ma è più leggero di quello
che avevo in mano prima», leggermente impressionata lo
vide infine scegliere l'uovo iniziale, aprendolo subito
dopo nel pentolino rivelando infatti due rossi, seguito
dall'altro doppio dotato. «Ho le mani sono molto
sensibili, mi piace dare un po' di spettacolo ogni tanto».
Mangiarono tutto di buon gusto, riuscendo a partire con
più anticipo di quanto previsto. Si diressero verso
l'autonoleggio dove lui aveva già riservato una vettura
per spostarsi fino all'aeroporto del Koi, in cui era
parcheggiato il loro piccolo trasporto privato, un Asa
modello pombo. Portarono a bordo solo dei vestiti molto
caldi e qualche utensile per camminare sulla neve o
risolvere eventuali intoppi al freddo. Essendo un
semplice van aereo coi rotori sotto la carena e due
modesti propulsori laterali non fu necessaria alcuna
preparazione particolare, bastò levare il telone protettivo
mentre si avviava il motore, per potersi poi sollevare in
verticale fino ad una quota sicura per il traffico aereo.
Salita a bordo fece per sedersi nella cabina di pilotaggio
pronta a far decollare il mezzo, ma Sebastian insistette:
«Mi darai il cambio più tardi Evelin, adesso voglio
giocarci un po' io», cercando di distrarla dalla rotta,
intanto che lei già stava impostando la musica per il
viaggio e supervisionava il lavoro svolto dalla flotta
finora. Lui notò che la lista dei brani aveva una durata
simile alla tratta, non si era ancora accorta.
«Perché stiamo volando in questa direzione? C'è qualche
tempesta oppure hai semplicemente voglia di goderti il
panorama della Constancy?», domandò lei, forse ancora
ignara di quanto stava per fare. Il pombo volava
silenzioso tra le nubi rade brillando d'oro appena usciva
alla luce del sole mattutino, sotto di loro boschi e prati
sempreverdi si alternavano ai piccoli ed effimeri laghetti
caldi tipici dell'equatore marziano. Stavano scendendo di
quota con le riserve d'energia sufficienti per almeno altri
duemila chilometri. «Scusami capo che stai facendo?
Siamo partiti soltanto da otto ore, è davvero necessario
sostare qui?» domandò, ora cosciente di cosa stava per
accadere.
Evergreen Falls, Cantone di Silver Hill,
Provincia di Constancy. 05.02.2271
(22.12.2271) ora locale 15:23
La terra natale di Evelin poteva tranquillamente venire
inclusa tra le meraviglie del Pianeta per le sue infinite
colline erose dal vento dalla cui roccia argentea
zampillavano ruscelli lungo la parete, che con il variare
dell'angolatura solare proiettavano arcobaleni brillanti e
scie luminose lungo i prati morbidi e tra le fronde degli
alberi nei boschi. La cittadina era pure molto graziosa:
una normale manciata di altissimi palazzi vitrei
ospitavano la popolazione che preferiva però godersi le
ampie piazze create nel centro urbano, dove le bancarelle
variopinte dominavano il mercato. I coloni originari
provenivano tutti da una città di media grandezza della
costa orientale nordamericana, Agawam, partendo col
vantaggio di conoscersi già fra di loro l'adattamento al
nuovo mondo fu molto rapido per una piccola e neonata
comunità, tant'è che le fiere di paese organizzate come
esperimento sociale furono subito ben accolte e
differenziate da quelle precedenti.
Mentre l'aerovan si stava ricaricando quel poco che
serviva ad ultimare il viaggio Evelin guidava Sebastian
per le vie della cittadina mostrandogli la realtà
quotidiana del posto, intrattenendolo con i suoi ricordi da
giovane scalmanata. La passeggiata continuò nei sentieri
che dal bosco portavano ai grandi prati tra le colline
incantate. Il Doge ammise che dover partire da lì a poco
avrebbe rattristato probabilmente più lui che 13, che
seduta nel pombo stava versandosi allegramente del vino
bianco, un vizio che era sicuro di avergli passato lui
stesso. «Grazie per esserti fermato qui, mi ha fatto
veramente piacere rivedere casa mia dopo così tanti
anni» confidò 13, poi continuò ridacchiando «La vedi
quella finestra illuminata a tre quarti del palazzo a
sinistra? Io abitavo lì, sono sicura che ci vivano ancora i
miei genitori perché mio padre non ha potuto fare il
potenziamento e vede malissimo al buio, appena il sole
inizia a tramontare accende tutte le luci, vedo che non si
è ancora rassegnato a comprarsi degli occhiali» ammi-
rando i magici riflessi del sole calante nella vallata,
intanto che Sebastian prendeva un bicchiere per se. Poco
dopo essere partiti 13 staccò gli occhi dal parabrezza
nascondendo appena la sua gioia. «Sono nata e cresciuta
qui, ma ho iniziato a vedere l'immensa bellezza di questo
posto solo ad undici anni e comunque non l'avevo mai
visto dall'alto fin'ora. A pensarci bene ho potuto godere
di questa meraviglia principalmente per merito tuo, forse
dovrei ringraziarti ancora», disse quasi timidamente.
Essendo nata cieca Evelin dovette pazientare la grazia
del potenziamento, ovvero la fase in cui il corpo si è
totalmente adattato al nuovo genoma e ricostruisce per
una sola volta tutte le parti mancanti o difettose di se
portando anche notevoli miglioramenti alle capacità
fisiche ed intellettive dei potenziati: così i tetraplegici
possono correre insieme a fanciulli una volta affetti da
sindrome di down, gli amputati riottengono l'arto ed i
bambini come lei iniziano a vedere la magnificenza del
mondo.
Questo dono, che si basava sul corpo perfetto del Doge e
sulle sue ricerche in merito, fu il primo contatto fra loro
due. Da allora 13 è ossessionata dalla grandiosità di colui
che le diede un'alternativa al buio perenne, divenendone
una fedele ed implacabile seguace, ottenendo risultati
impensabili pure per chi ottenne l'evoluzione indotta.
Cielo della Karmachta,
06.02.2271 (23.12.2271) ora locale 07:36
Volarono per oltre novemila chilometri nell'arco di un
giorno intero per raggiungere Oreil Gerisenko, un ex
Consigliere Federale con una notevole conoscenza
dell'urbanistica residente in quella Provincia sfortunata.
13 stava pilotando senza sforzo in una turbolenza
sufficientemente brusca da mettere in crisi il pilota
automatico, intanto Il Doge discuteva telefonicamente
col Cancelliere sull'orario della riunione d'emergenza,
resa problematica a causa della tempestività richiesta.
«Arthur non me ne può interessare di meno di quello che
potranno pensare, se hanno deciso di mettersi a
disposizione per la cosa pubblica accetteranno anche
quest'incombenza!». Disse animatamente, ricevendo una
risposta non gradita, «Dispiacerebbe anche a me per
carità, ma qui la situazione è urgente... non posso
permettermi di perdere tempo! Senti, invia a tutti le tre
opzioni che ti inoltrerò fra un paio di minuti. Per me è
indifferente quale, anche se penso che la più ragionevole
sia di riunirci tutti al massimo entro domani sera, intanto
fai passare bene il messaggio, mi raccomando, grazie
mille» concluse la chiamata con uno sbuffo infastidito, il
Cancelliere non poteva essere criticato assolutamente nel
suo operato, ma come persona era assai fastidiosa.
«Arthur che fa i suoi capricci da sindacalista?», chiese
13 incuriosita. «E cos'altro se no?! Sarà pure zelante nel
lavoro ma deve ficcarsi in testa una volta per tutte che
L'Assemblea fa quello che dico io, senza discussioni.»,
borbottò infastidito per poi avvicinarsi al frigo in cerca
di una birra, troppo vecchio per rimuginare su delle
sciocchezze. Il mondo sotto di loro aveva perso ogni
colore, diventando di un bianco asettico e sconfinato. La
turbolenza era finita, ma Evelin decise comunque di
calare di quota per l'ultima tratta, sia per distinguere
meglio un qualsiasi nodo di parcheggio dove ricaricare il
velivolo, sia per godersi meglio il panorama ovattato.
All'orizzonte cresceva Novisgrado, la loro meta. Una
volta atterrati si cambiarono velocemente gli abiti prima
di uscire, con il motore spento da poco sentivano già il
precipitare della temperatura. Uscì prima lui per parlare
con gli operatori dell'aeroporto chiedendo quanto fosse
alta la neve, venendo a conoscenza che le strade
principali fossero sgombre e che per il resto tutto ne era
ricoperto come minimo da due metri. Decise di portare
con se le racchette, più tardi gli sarebbero tornate utili se
avesse voluto esplorare la zona. Il sole stava timidamente
sorgendo da poco, avvolgendo il mondo in una
penombra cupa e gelida, all'esterno della struttura Il
Doge respirava piano dell'aria densa e carica di
microscopici cristalli di ghiaccio che gli raschiavano i
polmoni ad ogni inalata, con 13 al suo fianco intenta a
convincerlo di indossare una maschera protettiva. Subito
consci che i servizi di trasporto erano praticamente
soppressi a causa del blocco totale della produttività si
avviarono a piedi verso il centro. La realtà intorno a loro
ribadiva il più tragico dei rapporti, dove le serre
producevano ortaggi in grandi quantità vi era soltanto
una distorto profilo di neve e ghiaccio che di tanto in
tanto offriva la vista del suo interno, mostrando solo
ripiani colmi di fusti e rametti secchi. Dei pali metallici
ricoperti di brina segnalavano il percorso interrotto
ormai da mesi di una ferrovia che puntava dritta
all'aeroporto, praticamente dismesso anche quello. Tra
prati innevati e ampie pinete che si ergevano solitarie
come grigi isolotti di una banchisa sulla terraferma, una
tetra e candida desolazione si espandeva a perdita
d'occhio, con Novisgrado lontana ad apparire come
un'illusione, lo spettro di una cattedrale dispersa nel gelo
più assoluto. Corsero a grandi balzi sulla strada
ghiacciata per un paio di chilometri con la grazia di una
coppia di ermellini, la città non era più così distante e
riuscirono a raggiungerla ancor prima che il sole si
elevasse del tutto all'orizzonte.
Ciò che si ipotizzava all'esterno del centro abitato era
perfettamente in linea con la realtà generale, la strade
sgombre non riuscivano ad alienarla dal gelido ambiente
esterno e ovunque regnava silenzio e staticità, non
un'anima oltre la loro si trovava per le vie, le vetrine
troppo appannate non concedevano sguardo ad un
mondo interno più vivo ed i palazzi ricoperti di brina
parevano vuote conchiglie. Un ignaro viandante sarebbe
stato subito convinto di trovarsi davanti ad una città
morta e dimenticata, conservata nel ghiaccio da chissà
quanto tempo, ma forse ciò sarebbe successo solo nelle
tarde ore perché quello spettacolo era sì sconvolgente e
ai limiti del catastrofico, ma comunque effimero come la
notte stessa ed il sole ormai sorto stava già sciogliendo
quel mondo rigido e albino in un posto sì isolato ma
comunque tenace nel mantenersi vivo. Ben presto gruppi
sempre più massicci di persone si spostavano veloci da
una parte all'altra delle strade per giungere al posto di
lavoro o semplicemente per cambiare aria nei polmoni
ed assorbire quel poco di luce solare che bastava per
mantenersi in forma. Il loro cammino si arrestò davanti
un bistrò nel centro della piazza medvedi, dove entrarono
insieme, con Sebastian che gentilmente teneva la porta
alla collega. Di Oreil non c'era manco l'ombra, del resto
erano in netto anticipo, decisero quindi di avviarsi
all'albergo dove avrebbero pernottato, rendendosi conto
che era nello stesso palazzo che ospitava il locale.
Furono ricevuti con grazia e cordialità, accompagnati
fino in camera dal personale che si congedò con calma
dopo aver controllato se ci fossero farfalle negli armadi,
era una stagione mancata e alcune camere non venivano
usate da qualche mese. Sistemati i pochi bagagli scesero
nuovamente nel bistrò. All'entrata 13 notò un cartello
appeso che riportava in cirillico il nome del posto,
''мотылек'', significava ''falena'', ed era sicura che prima
non fosse appeso. Una volta entrati non lo trovarono
nuovamente ma si sedettero lo stesso per bere qualcosa,
lei chiese una birra piccola mentre lui non si fece proble-
mi a ordinarne una da litro, il barista fu però spiacente
nel confidargli fosse finita e che non ci fossero riforni-
menti in previsione. Dopo essere tornati al tavolo con
due tazze di thé bollente 13 chiese distante, «Il tuo amico
non arriva più o pensi che sia rimasto bloccato nel
ghiaccio?», ancora concentrata su quel particolare del
cartello. «Credo sia più vicino di quanto possa sembrare,
lo conosco abbastanza da essere sicuro che non sia un
ritardatario», rispose mentre gli indicava con un cenno
del capo di guardare verso il corridoio del locale. Lei
girò lo sguardo nel momento in cui ne comparve un
uomo anziano che si strofinava le mani sui pantaloni.
Il Doge si alzò senza destare troppo l'attenzione del
bistrò semivuoto ed andò a stringergli calorosamente la
mano. Oreil esordì. «Avrei preferito offrirle da bere in
una circostanza migliore, spiacente non possa vedere il
fascino di casa mia per quello che realmente è in grado
di offrire», si sedette tranquillo al loro tavolo. «Ma
comunque è un bene che sia venuto di persona, qui la
situazione peggiora di giorno in giorno e se dovesse
tornare a nevicare saremo in seria difficoltà».
«Ti prego, sto già prendendo dei provvedimenti ma ho
bisogno di quante più informazioni possibili, so che in
Karmachta state riscontrando maggiori difficoltà rispetto
alle Provincie più meridionali quindi è meglio se mi fai
un quadro specifico». Lo esortò Sebastian. «Certo, siamo
qui per questo, in ogni caso le ho preparato un dossier
dettagliato come mi ha chiesto. Innanzitutto deve sapere
che qui si raggiungono temperature bassissime a causa
della conformazione del territorio circostante, quindi è
scontato che faccia sempre più freddo delle altre
Provincie. Principalmente è dovuto all'assenza di grandi
bacini d'acqua e dalla presenza della grande valle della
Grisenia da cui spira una notevole massa d'aria gelida.
Premesso questo iniziamo coi disagi: nonostante il vento
le pale eoliche sono ferme e congelate, e si è già perso
oltre il 70% delle nostre fonti energetiche, abbiamo
provato con dei pannelli solari ma si ricoprono di brina
continuamente, da questo punto di vista però il problema
risiede più nelle centrali a fusione, sono strutturate in
modo che possano soddisfare anche l'intera domanda, ma
l'isolamento delle vie di comunicazione rende pressoché
impossibile il rifornimento e quindi scarseggia energia
pure da quella fonte. Il compostaggio da biogas è poi
dannatamente rallentato dal freddo. Rimangono quindi
attive le centrali geotermiche cittadine e due piccole
dighe sufficienti solo al Cantone del Vlad, la scarsità di
energia ha portato come conseguenza all'inevitabile
abbassamento generale della temperatura dei palazzi,
siamo passati da 18 gradi a 10, ma la notte viene spento
il riscaldamento, così che possa essere disponibile più
energia per i boiler d'acqua calda. Questo però ha portato
la popolazione ha chiudersi in casa, con la conseguente
diffusione di agenti patogeni di cui abbiamo già
discusso. Tornando a parlare delle vie di comunicazione:
le strade principali delle città e dei loro dintorni sono
sgombre o perlomeno agibili con un po' di cautela, le
ferrovie invece sono andate, ma comunque non ci
sarebbe stata corrente a sufficienza quindi abbiamo
preferito ritirare i vagoni e sfruttare quel poco ricavato
per il traffico a ruote, il Mjun è ghiacciato quindi i
battelli fluviali sono fuori gioco da Vastur fino alla costa
e abbiamo ritirato pure quelli, le piste d'atterraggio sono
tutte provviste di serpentine per prevenire il ghiaccio, ma
se dovessero essere private d'energia diventerebbero
inagibili alla prima nevicata. Per i rifornimenti
rimangono quindi poche strade che ci collegano a nord o
ad altre vie e finora otto aeroporti seriamente sfruttabili.
La produzione agricola è praticamente ferma, solo gli
orti dei palazzi sono attivi.
La fauna locale ne sta soffrendo seriamente e ci sono
stati talmente tanti avvistamenti di branchi di animali che
è stato consigliato un coprifuoco notturno ai cittadini,
non che abbiano creato particolari danni, ma è sempre
meglio premunirsi.
Noi a livello provinciale stiamo calcolando la quantità di
mangime necessario per poter assistere gli animali
selvatici, ma come ben sa se il cibo scarseggia per le
persone è difficile trovarne altro per le bestie. In quanto
all'abbigliamento non ci serve altro che delle maschere
protettive per i microcristalli sospesi in aria e questo è
probabilmente l'aspetto meno urgente. Necessitiamo
invece di rinforzi sanitari e rifornimenti di medicinali, la
Karmachta ha un tasso di potenziati inferiore alla media
planetaria e ne vien da se che delle epidemie non sono da
escludere. Per tutto il resto troverà i dettagli per i singoli
Cantoni nel fascicolo», e si ammutolì. «Ci sono stati dei
decessi causati dal gelo?», chiese schietto Sebastian.
Gerisenko rispose sospirando appena «Pagina 18», Il
Doge aprì il dossier e lo richiuse dopo appena un secon-
do. «Дерьмо, der'mo». Fu la sua unica affermazione
prima di alzarsi e andare verso il gabinetto.
Una volta entrato andò subito verso il lavandino, aprì il
rubinetto e si sciacquò il volto aspettando che i pensieri
si attenuassero. Aveva errato le sue previsioni dando per
scontato che la maggior parte della popolazione avrebbe
seguito le direttive, sottostimando di conseguenza il
tasso di mortalità. ''Sono arrivato in ritardo'' continuò a
ripetersi. Aveva il dono di una concentrazione ferrea,
ma in quelle situazioni era una condanna a non potersi
focalizzare su una soluzione, in pochi istanti produsse
una stima della conta totale di decessi che considerava
causati dal suo ritardo, poi ne calcolò un'altra e tante
altre ancora, ne fece una media che doveva avvicinarsi
tremendamente alla realtà. Si sciacquò di nuovo il volto
cercando di meditare, si convinse che non fosse colpa
sua valutando a memoria le cifre di altri disastri naturali
ed applicando le variabili del caso. Il suo obiettivo era
quello di poterne aiutare il maggior numero possibile,
quindi si focalizzò su questa intenzione e tornò lucido, si
rinfrescò per l'ultima volta e fermò l'afflusso d'acqua,
cercò qualcosa per asciugarsi e si arrangiò con una
salvietta di carta morbida per poi uscire dalla sala da
bagno. Non gradiva che qualcuno potesse vederlo in un
momento di cedimento, per questo si era ritirato quel
mezzo minuto sufficiente a tornar calmo e concentrato,
con tanto di piano d'azione pronto e già adattato per ogni
evenienza. Si sedette nuovamente vicino ai colleghi,
rivolgendosi a Oreil. «Con questo dossier ho ottenuto
importanti conferme, hai svolto un lavoro certosino
contribuendo a questa causa e per questo ti meriti un
serio ringraziamento». Congratulandosi con lui,
facendogli brillare gli occhi dalla commozione. Finito il
complimento tornò a parlare. «Rimangono quindi le
direttive che ti ho inoltrato ieri e che dovrà applicare la
Provincia:
-Perseverare con le campagne di sensibilizzazione sulla
salute e prevenzione.
-Sfruttare e aggiornare il più possibile i collegamenti e
gli spazi sotterranei: la gente non deve essere esposta al
freddo, chiaramente vanno controllati i sistemi di
ventilazione.
-Stilare un piano dettagliato con progetti definiti per le
infrastrutture da proteggere o erigere, per ogni necessità
vi verrà fornito senza alcun onere la manodopera con
tutto il necessario direttamente dalla Confederazione o
da me.
-Stilare ed aggiornare continuamente un elenco delle
necessità sanitarie che vi verranno fornite senza oneri.
-Stilare un registro che mostri il luogo e la quantità di
generatori a metano e relativo biogas che vi fornirò io
stesso e adattare la rete elettrica di conseguenza. Nella
lista includerete anche la quantità di isotopi di idrogeno
necessari al funzionamento delle centrali a fusione, con
la raccomandazione di privilegiare gli impianti già
esistenti, al carburante ci penserò io.
-Sviluppare un piano d'evacuazione di emergenza per
mezzo delle navi da trasporto che verranno dislocate a
breve per ogni Cantone.
-Infine, collaborare attivamente con le altre Provincie per
quanto riguarda i provvedimenti della contingenza
d'inverno ed incentivare lo scambio di conoscenze e
materiali.
Io prendo l'impegno di trasmettere queste direttive alle
altre regioni ed ho già indetto una riunione d'emergenza
con L'Assemblea federale che dovrebbe svolgersi al più
tardi dopodomani in cui prenderemo delle misure
efficaci per affrontare la situazione». Ci fu un breve
momento di silenzio quando al loro tavolo si presentò il
barista. «Salve, mi perdoni Egregio, prima le ho mentito
a proposito della birra, in magazzino ho ancora qualche
bottiglia ma preferivo venderla agli operai che si fanno
in quattro per tenere le strade sgombre. Non ho potuto
fare a meno di ascoltare la vostra conversazione e vi
sono personalmente grato per il grande impegno che
state prendendo per aiutare la nostra comunità»,
dopodiché offrì una bottiglia a testa della preziosa birra
locale, facendo quasi lusingare Il Doge in persona.
Quella notte Sebastian uscì in città per ammirare il
mondo intorno a se congelare supino. I riscaldamenti
dovevano essere stati spenti da poco perché le finestre
erano ancora terse. Vagando per le strade pattinava quasi
spensierato sulle sottili lastre di ghiaccio formatesi da
poco, finché d'un tratto si accorse che lo spettacolo stava
per cominciare: il calore residuo dei palazzi non fu più
sufficiente a mantenere liquida la condensa sulla propria
superficie, che prese istantanea a brinargli addosso
coprendoli con uno strato di polvere candida che si infittì
rapida nell'arco di mezz'ora. Ogni singola struttura
appariva come una stalagmite di ghiaccio fresco. Con le
folate di vento più sostenute si poteva osservare il
cammino dell'aria contorcersi fra i grattacieli portandosi
dietro parte della brina che risplendeva sotto i raggi
scarlatti di Io. Affascinato da quell'insolita vista si
distrasse del tutto, ignorando gli aromi che gli passavano
sotto il naso, cosa che scatenò in lui un certo sgomento
quando si trovò 13 al suo fianco, uscita pure lei per una
passeggiata al fresco ne aveva seguito la pista odorosa,
curiosa di trovarlo ad osservare il nulla per poter così
riflettere sui concetti del mentore, troppo astratti per
essere descritti nei suoi temi. «Stai pensando di nuovo al
punto perfetto?», gli chiese interessata. Lui rimase
assorto nei suoi pensieri per qualche istante prima di
rispondere a bassa voce. «No, anche se ti confido che
sono abbastanza vicino ad avere dei risultati. Ora sto
semplicemente osservando gli animali». Le fece cenno
verso la fine del vicolo, facendole capire di rimanere
quanto possibile in silenzio. Sotto la luce di Io si notava
in lontananza un branco di lupi grigi vagare in cerca di
una preda, spinti dalla fame e dal freddo fin dentro il
centro urbano. Una renna corse fuori da un incrocio dopo
aver fiutato il pericolo, venendo subito rincorsa dai
predatori. Sebastian le corse subito dietro, mentre un
banco di spesse nubi coprì il satellite, risaltando le stelle
del cielo rimasto sgombro. Evelin riuscì a raggiungerlo e
rimanere al suo ritmo, evidentemente non stava dando il
massimo delle sue capacità, superarono il branco appena
fuori dalla città, corsero nei prati fino a precipitare nel
buio totale. Il Doge continuava a correre imperterrito,
percependo il calore e seguendo gli odori, 13 gli stava
affianco forte delle stesse abilità. Sebastian valutò che la
distanza dovesse essere di circa quattrocento metri,
quella renna correva dannatamente più veloce dei
predatori, assai indietro rispetto a loro. Accelerò quanto
gli permisero le gambe e raggiunse la preda in appena
ventidue secondi. La renna appena davanti a lui
continuava a curvare per tentare di seminarlo, scappando
inutilmente al proprio destino. Continuò a braccarla
aspettando che si stancasse a sufficienza da non
cambiare più direzione. In quel momento alzò fulmineo
la mano verso il cielo e gli scatenò tutta la sua forza sul
collo, spezzandolo ed uccidendola istantaneamente. La
renna cadde rovinosa al suolo, continuando a procedere
d'inerzia per qualche metro prima di fermarsi esanime in
una posa contorta e sgraziata. Il Doge arrestò la sua corsa
appena dopo il colpo mortale e fissò il branco e 13
lontani correre verso di lui mentre tornava composto.
Evelin sopraggiunse prima delle bestie, ansimante e
confusa. «Spiegamelo», fu l'unica parola che pronunciò
tra un profondo respiro e l'altro. Arrivarono i lupi che si
disposero in cerchio attorno alla preda, ringhiando e
ululando. «Quando gli uomini se ne vanno, i lupi
coprono il loro passaggio». Si chinò davanti alla renna.
«Ma tornano affamati e non voglio che una persona
venga sbranata da un branco che ha perso la docilità a
causa della fame». Spiegò tranquillamente lui, intanto
che le belve sbavavano tutte attorno alla preda. 13 chiese
ancora. «Perché non se la stanno mangiando?». «Perché
il primo morso spetta al capobranco». Tagliò corto lui.
Sprofondò i denti nel collo della preda e ne strappò un
grosso pezzo di carne, poi si alzò e permise così ai lupi
di divorare tutto il resto. Prese in mano il boccone.
«Vuoi favorire?». Lo offrì per scherzo ad Evelin. A lei
sfuggì una risata intanto che fissava il branco spolpare la
propria cena. Quei lupi erano palesemente denutriti, ma
Sebastian aveva notato un particolare nel loro vagare:
Non erano un branco, o per meglio dire, non lo erano
mai stati prima. Osservandoli capì che gli mancava una
gerarchia e ne dedusse che dovevano essersi uniti a causa
della fame. La renna al contrario sembrava cavarsela
egregiamente in quella situazione, visibilmente carica di
carne e grasso, scattava di fatto anche più velocemente
dei suoi stessi simili. Sicuramente aveva già diffuso una
prole resistente, capace di fiutare licheni ed erbe a grandi
distanze. Quella renna poteva anche essere essenziale ai
lupi per superare l'inverno, favorendo così un limite al
prosperare di erbivori durante l'estate, che avrebbero a
loro volta consumato ogni fonte alimentare offerta dai
boschi, minando l'intero ecosistema. La caccia aveva una
sua logica. Questa fu la lezione del Doge, di cui spiegò le
regole a 13, intanto che il pezzo di carne arrostiva sulle
braci di un fuoco spento da ore.
Sulla strada di ritorno il vento crebbe impetuoso,
rendendogli difficile la vista. Camminarono rapidi fino
all'albergo. Entrando in tutta fretta non si accorsero
nemmeno che l'insegna staccata del bistrò volò sopra le
loro teste, mancandoli di poco.
Palazzo Federale, Capitale dell'Unione,
campagne del Sahara
24.12.2271 ora locale 11:26
«Nell'attesa di questa riunione sono riuscito a
conversare coi governi locali ed ho ottenuto ulteriori
analisi» Fece il Doge all'Assemblea. «I Consiglieri
marziani dovranno garantire una collaborazione con
Provincie e Cantoni su disposizioni favorevoli ad
assistere l'emisfero sud».
-
«I terrestri ed i venusiani sono tenuti a offrire un
adeguato supporto di beni alimentari e farmaceutici.
Eventualmente anche degli operatori locali potranno
collaborare direttamente con i marziani sotto la vostra
supervisione».
-
«Ai governatori della Fascia Principale consento di
erigere nuove miniere e aumentare la produzione di
metano destinata a Marte. Vi presenterò un bilancio dei
margini di espansione».
-
«Ai Consiglieri coloniali chiedo pazienza nei progetti di
civilizzazione e la vostra solidarietà nei confronti di
Marte riguardo alla riduzione dei beni di sussistenza».
La riunione terminò in un paio d'ore, negli ultimi atti non
vi furono votazioni contrarie alle sue direttive, nessun
dibattito né ricorso. Congedandosi augurò ai festeggianti
una buona vigilia di Natale.
Dal centro dei pulpiti vedeva entrambe le camere in cui
oltre quattromila parlamentari erano seduti vicini in due
sconfinati anfiteatri sovrapposti per rappresentare la
propria Provincia. Il Doge svanì dall'immensa sala
disattivando la comunicazione istantanea, spegnendo la
sua proiezione olografica. Su Marte nel frattempo
preparava il passaggio sulla Leviatano insieme a 13, che
era l'unica altra persona presente in una rimessa enorme
nel cuore di una piccola montagna, ma abbastanza ampia
da permettere lo stoccaggio di innumerevoli container.
Attivò un portale nella parete, da cui si aprì un varco
largo un paio di metri, oltre cui si manifestò la vista di
un'immensa galleria. Il varco fungeva da intersezione
passiva tra la Leviatano e la camera, che erano adiacenti
in quattro dimensioni. Oltrepassandolo giunsero in uno
dei tanti tunnel d'ingresso della Nave, dove li attendeva il
jet parcheggiato nel mastodontico porticato.
Monti della Ceresanja, Provincia di Zikebria.
07.02.2271 (24.12.2271) Ora locale 24:12
Dietro di loro il camerone si comprimeva su se stesso.
La roccia in stato supersolido scivolava nella pietra viva
senza attrito e mantenendone la forma, ripristinandone il
volume originale. La montagna innevata rifletteva la luce
di Io pochi chilometri distante da una Akhni sormontata
da una nave da trasporto lunga la metà della città stessa,
dove Il Doge consultò di persona le Provincie. Situata in
una valle tanto impervia e disabitata da dover essere
trasportati da un aeromobile della flotta fino all'accesso,
in quel monte vi era incastonata una delle tante ancore
iperspaziali della Leviatano che permettevano di colle-
gare i punti di sbarco direttamente all'interno della Nave.
Ingresso 621, Galleria di sbarco P90-F38,
Interno della Leviatano,
in orbita sopra Harriot, Sistema Copernico.
Salirono sull'aerotrasporto della Flotta Leviatana per
spostarsi velocemente negli atri colossali della Nave e
raggiungere la sala di comando. Il jet volava silenzioso
nei corridoi superando abbondantemente la velocità del
suono, percorrendo centosessanta chilometri tra curve e
rettilinei arrivarono a destinazione in pochi minuti.
Atterrati davanti all'ingresso procederono a piedi nel
centro di controllo, venendo salutati ed accolti in
maniera rigorosa dai tecnici di pilotaggio onorati di
rincontrarli. Prima di impartire le direttive di volo
Sebastian venne assicurato che le astronavi della Flotta
non impegnate in operazioni fossero tutte rientrate
sottocoperta.
Delle Colonie di Harriot solo su Hyerés si poteva
scorgere la Leviatano lontana nel cielo luminoso della
primavera locale. Distante dal Mondo nascente ben oltre
un milione di chilometri la Nave transitava nel cielo
brillando del pallido blu argentato dell'osmio cristallino
del suo scafo. La sua ombra si posava accresciuta in
prospettiva sul pianeta principale, un gigante gassoso che
splendeva di sfumature nebulose dal giallo all'arancione
distese su uno sfondo verde acqua. Prossima a essere
occultata da Harriot la Nave appariva come una scheggia
che penetrava nel gigante celeste. Nell'istante precedente
a venir celata del tutto svanì dalla realtà slittando
elegante nello spazio tetradimensionale. Impiegando una
porzione ridicola del suo potenziale salpò a gran velocità
verso una meta lontana.
Confini
Subsistencia, Campagne del Sahara
31.12.2271 Ora locale 16:14
Tra le praterie si snodava placido il grande fiume Kusini,
diramandosi in infiniti percorsi diretti verso l'atlantico.
Sulle sponde di un suo braccio navigabile si ergeva
imponente il palazzo del Governo contornato dalle
residenze dei suoi rappresentanti e dal bosco bruno che
si diradava nel verde brillante dei campi coltivati, sotto
una piacevole brezza d'aria fresca il Cancelliere ed il
Consigliere delle Provincie Koki Chi-Huan stavano
trascorrendo le ultime ore di quel mite pomeriggio sulla
terrazza di quest'ultimo, gustandosi il vino avanzato dal
cenone natalizio accompagnato da qualche fetta di
panettone leggermente raffermo.
«Non lo so Arthur, comprendo le circostanze, ma proprio
non riesco a capire il perché di tanta urgenza: ci stavamo
già organizzando coi nostri cittadini, forse ci sarebbero
volute un paio di settimane ma ci stavamo già muovendo
in quella direzione. Perché è dovuto intervenire Il Doge
con tutta quella fretta?». Chiese Koki al collega. Arthur
rifletté sulla risposta per un intero minuto prima di
rispondere, cercando di scartare le proprie congetture più
improbabili. «Ormai lo conosco personalmente da quasi
quattordici anni ma una cosa che ho capito sin dal primo
giorno è che quando qualcuno si trova in difficoltà lui si
sente chiamato in causa, tenendo conto che la situazione
è decisamente critica è più che comprensibile il suo
perlustramento della zona e la presa di responsabilità».
«Tradotto in sessantatré pagine di direttive consegnate ai
rappresentanti di quegli stessi territori che si stavano già
impegnando per risolvere il problema; continuo a non
capire...». Ribatté il consigliere marziano leggermente
frustrato. «Tradotto in sessantatré pagine di ottime
direttive, sicuramente pesanti, ma la qualità del lavoro è
innegabile, nonostante ci siamo scontrati a causa della
riunione improvvisa durante una festività molto seguita».
Riprese a parlare con tono più disinvolto. «Anche se
ritengo le sue preoccupazioni fondate, ammetto di avere
la netta sensazione che tutta questa fretta sia dovuta ad
una volontà di risolvere quest'unica problematica prima
di partire, come per assicurarsi di lasciare tutto in ordine
durante la sua assenza, come se non fosse convinto delle
capacità del Governo». Koki sogghignò a quel pensiero.
«Quello non ha ancora capito che tutto ciò che tocca
diventa oro, dannazione... l'Assemblea è opera sua! Ci
sarà pure un motivo se non è mutata in secoli di
legislature!». «Vai a capirlo», continuò Arthur. «Ogni
tanto io penso che potrebbe tranquillamente affidare la
politica interamente al Governo e dedicarsi pienamente
alle sue ricerche!», azzardò. Koki borbottò «Sarebbe
utile se iniziasse a condividere tutto quello che ha già
scoperto» Arthur inarcò le sopracciglia. «Parlo della sua
nave, della tecnologia assurda che la compone! Sono
sempre più convinto di poterla chiamare magia e di non
esagerare. Con quelle conoscenze i problemi come
l'inverno meridionale su Marte potrebbero essere
tranquillamente risolti in poche ore. Per come la vedo io
questa segretezza è un atto di egoismo ed un capriccio di
protagonismo, come se avesse il bisogno di dimostrare di
essere il migliore in ogni campo». Concluse Koki,
totalmente disinibito dal vino. Arthur posò il bicchiere
con un espressione di disaccordo, non simpatizzava
particolarmente col Doge e sapeva che la cosa era
reciproca, ma nutriva per lui una profonda stima. «Posso
in parte essere d'accordo con te sul suo modo di imporsi,
ma ti assicuro che è una delle persone più generose e
pazienti che siano mai nate, se non condivide col popolo
tutte le sue scoperte è perché non siamo ancora pronti
per tali conoscenze, rischieremmo di espanderci nel
cosmo fino a far crollare lo Stato e la grandiosità
dell'unità. Se vogliamo progredire non abbiamo altro da
fare che perseverare con la ricerca, e proprio grazie ai
suoi progressi ignoti gli scienziati sono dediti a scoprirne
i meccanismi e farci progredire, e ciò conferma ancora la
sua generosità». Dopo aver sbottato decise di concludere
con più calma. «Una volta Il Doge mi disse che siamo
fatti per durare, ma dobbiamo accontentarci di restare
semplici umani. Ed intendeva di non eccedere col
progresso, di restare in una realtà umana: la crescente
conoscenza è praticamente intrinseca nella nostra specie,
ma il giorno in cui potremo manipolare la realtà stessa le
nostre caratteristiche naturali saranno irrilevanti, col
rischio di perdere la nostra umanità. Stesso discorso per
l'espansione: sei pianeti sono la nostra realtà, un giorno
saranno cento, un giorno forse molti di più. Lo spazio è
immenso ma se immaginiamo di colonizzare anche solo
la nostra galassia, come possiamo pretendere di restare
uniti con tali numeri? A cosa serve potere tutto?»
Avamposto ''Ferdinandea'', Cratere Rongo, Cerere
31.12.2271 Ora standard 17:11
Puntamento riuscito, temperatura d'impiego raggiunta.
Procedere alla fase successiva: attivare i magneti
superconduttori. Invio del rapporto alla meta.
Selal supervisionava il funzionamento del lanciatore ad
alta energia a cui aveva contribuito alla progettazione. Se
i suoi calcoli si fossero dimostrati validi l'astronave in
procinto di partire avrebbe imposto un nuovo primato nel
campo della velocità superluminale. Quella macchina era
studiata per imprimere accelerazioni molto superiori a
quelle impiegate ordinariamente, ma dopotutto i viaggi
interstellari richiedevano oneri assurdi e quindi era
imperativo garantirne la riuscita, anche se la prudenza
implicava uno zelo quasi tarpante. L'incidente della
prima rotta verso Copernico, dove una delle otto navi
uscì prematuramente dall'iperspazio disintegrandosi o
perdendosi nello spazio interstellare era un monito che
dopo ottant'anni ancora tormentava l'immaginario
popolare, specie nei momenti in cui si è responsabili di
vite altrui. Momenti come quello erano il suo quotidiano.
Tremila chilometri sopra di lui orbitava il lanciatore: una
sorta di gigantesca bobina magnetica capace di conferire
ai fotoni una massa virtuale di oltre un centinaio di MeV
senza però rallentarli nella loro corsa frenetica. Appena
giunse il nulla osta dal sistema di Copernico un tecnico
comunicò all'astronave la fase successiva.
Nella nave incrementarono al massimo il regime del
reattore a fusione, l'energia convertita sotto forma di
radiazione elettromagnetica venne incanalata dentro un
circuito di fibre ottiche capaci a loro volta di conferire
alla luce una massa virtuale minima, a scapito però della
sua velocità. Alterate le sue proprietà fisiche veniva
infine trasferita nelle campane di propulsione rivestite in
lega di rubidio su cui rimbalzavano i fotoni cedendo alla
nave una spinta uguale e contraria alla loro, perdendo
così la massa virtuale e sfuggendo alla velocità originale
fuori dagli ugelli. In breve tempo l'astronave raggiunse
così il limite massimo di centottanta chilometri al
secondo, poco più di un mezzo millesimo della velocità
della luce, per poi fiondarsi nel lanciatore dove i fotoni
non più alterati dalle fibre ottiche acquistarono masse
enormi, potendo accumulare quantità di moto impossibili
la nave superò quasi istantaneamente la velocità massima
permessa nella nostra dimensione. I bosoni di Higgs, che
avrebbero dovuto concedere alla nave un aumento della
massa proporzionale all'accelerazione non riuscirono a
trasmetterne le informazioni a causa della loro relativa
lentezza nei confronti della stessa, dovendo comunque
per loro natura interagire con tutta la materia massiva si
sviluppò, con l'aumento della distanza, una tensione tale
da farli evaporare in tachioni, evitando di imprimere
accelerazioni fatali all'equipaggio. Queste particelle con
massa immaginaria non potendo interagire con quelle di
massa positiva furono respinte anziché attratte; facendo
da scudo allo scafo che avrebbe impattato con la materia
sparsa intorno disintegrandosi come in un acceleratore di
particelle. Uscendo dal lanciatore la struttura dovette
riequilibrarsi alle regolari leggi fisiche che avrebbero
imposto un istantaneo rallentamento ed una probabile
annichilazione dell'astronave una volta privata della
protezione dei tachioni; possedendo però una quantità di
moto tale da non permetterne nemmeno lo scambio di
informazioni, che potevano diffondersi al massimo alla
velocità della luce, essa mantenne inalterato il suo livello
d'energia, talmente elevato da necessitare un'ulteriore
dimensione per poterlo dissolvere, entrando repentina
nell'iperspazio, lasciando come traccia soltanto uno
spettro luminoso spostato verso il rosso irrazionale.
Dalla Ferdinandea analizzarono le comunicazioni di
risposta rimbalzare tra il lanciatore in orbita e quello su
Harriot, confermando l'integrità dell'astronave. I calcoli
sull'effetto doppler evidenziarono una velocità inaudita,
duecentosessanta volte superiore alla luce. Il viaggio tra i
due sistemi da quel momento in poi sarebbe terminato in
sicurezza quasi tre settimane in anticipo rispetto alla
consueta ottantina di giorni. Nei giorni successivi altre
navi sarebbero salpate trasportando miliardi di semenze
necessarie a metabolizzare le lande di Guadalajara e
stabilirvi un tenue accenno di biodiversità.
Habitat 42, Interno della Leviatano,
in viaggio nell'iperspazio.
31.12.2271 Ora standard 22:31
Il Doge correva a fianco dei binari, scansandosi da rari
passaggi di treni. Correva da ore beato tra prati incolti e
colline di brughiera mentre un sole artificiale si spegneva
lentamente duemila metri sopra di se in un soffitto
adibito a mo' di cielo. Una cittadina si stava lentamente
prostrando d'innanzi a lui, assai distante la si notava
appena se non provvisti una vista acuta come la sua. Una
cittadina popolata perlopiù dai ricercatori, come la
maggior parte degli insediamenti di quella regione. La
terra artificiale si sviluppava rigogliosa per cinquecento
chilometri in largo ed il doppio in lunghezza. Riposta in
un antro all'interno della Nave, costituiva solamente uno
dei trecento ripiani di eguali dimensioni, ma già da sola
offriva vari habitat anche molto diversi fra loro, ricchi di
flora e fauna dalla grande varietà.
Il Doge smise di correre quando notò davanti a se una
piccola mandria di caprioli, per osservarli con discre-
zione mentre brucavano. Spesso si chiedeva in quanto
tempo si sarebbero distinte geneticamente le specie nei
vari piani, essendo irrimediabilmente separate e vivendo
pure in condizioni ambientali diverse. Quando fece
vibrare le stringhe per creare la Leviatano e tutto il suo
contenuto aveva a disposizione sì centinaia di copie di
ogni specie catalogata, ma erano appena a sufficienza per
garantire un rimescolamento dei geni ed infatti la
corrispondenza dei caratteri era ancora elevata tra tutti
gli habitat. Con quelle condizioni per notare appena un
minimo segno di speciazione ci sarebbero voluti millen-
ni, ma era ostacolo che a lui si presentava solo come una
questione di pazienza. Si alzò un venticello delicato in
direzione della mandria portando con se l'odore del
Doge, allertando i caprioli che subito fuggirono a grandi
balzi. Il Doge riprese a correre verso la cittadina.
Nella sala di comando il personale assisteva Meme con
l'amministrazione delle attività della Leviatano. Il lavoro
di Meme era indispensabile per la gestione efficiente di
un mondo semovente lungo ben quattromilatrecento e
trentotto chilometri. Meme era l'unica intelligenza
artificiale riconosciuta come tale, ovvero in grado di
elaborare un informazione in entrata producendone una
in uscita, apprendendo autonomamente. Sviluppata
direttamente dal Doge affascinato dall'analogia di un suo
algoritmo con le caratteristiche di un vivente, i suoi
percorsi logici vennero stipulati basandosi sui processi
mentali umani e successivamente fu colmata con le
informazioni necessarie a permettere un elaborazione dei
dati in entrata; per poi non essere mai più programmata
dall'esterno. Col passare del tempo la sua capacità di
processare le informazioni crebbe talmente tanto da
permettergli di sostenere conversazioni anche molto
complesse e le potentissime matrici della Leviatano
permettevano a Meme di elaborare quantità immense di
dati contemporaneamente. «Inizializzazione del processo
di rientro nello spazio a tre dimensioni», annunciò con la
sua solita parlata sintetica dal timbro maschile, la propria
dimestichezza con le frequenze udibili dagli umani lo
rendevano in grado di riprodurre una voce verosimile,
ma favoriva quella pronuncia metallica, limpida quanto
bastava per essere compreso e che gli permetteva di
risparmiare potenza di calcolo. Un alto responsabile gli
rivolse la parola, ormai abituato a lavorare con una
simulazione mentale. «Siamo in chiaro vero? Io non
voglio avere problemi col Doge, tienimi fuori da questa
storia se dovesse prendersela», chiese preoccupato.
Meme fornì una risposta dopo appena 1.21 secondi,
attendendo appositamente quel tempo per determinare se
la persona avesse finito di parlare. «Eliminerò ogni
informazione riguardo queste discussioni se lo ritieni
necessario, garantirebbe la tua estraneità dei fatti persino
ad una improbabile analisi dei miei archivi. Ti informo
però che i miei calcoli assicurano il suo gradimento: la
probabilità contraria è inferiore all'uno percento».
«Quello che voglio è la tua difesa, non di dimenticare
perché difendermi». «E così sarà. Te l'ho proposto solo
perché la persona che mi ha suggerito di accelerare ha
preferito non lasciare tracce». L'alto responsabile fu
rassicurato dalle risposte, non che trovasse fiducia in
quella macchina, tutt'altro. Semplicemente era sicuro che
Meme avrebbe svolto la sua richiesta linearmente:
difenderlo. Sapeva che era un sistema di calcolo talmente
sofisticato ed evoluto da poter essere considerato
intelligente, a volte dava pure l'impressione di possedere
una forma di fantasia, ma questo non bastava per
illuderlo di parlare con una forma di vita artificiale:
Meme non era realmente consapevole, si limitava a
simulare con grande precisione una mente umana, la sua
''fantasia'' era un rimescolamento casuale di concetti
umani preesistenti e abilmente sviluppati, poteva
discutere per ore e molto probabilmente sarebbe stato in
grado di mostrare una personalità e dei gusti, ma ciò non
bastava a renderlo autocosciente, era solamente una
simulazione avanzata.
La vicenda di cui discussero riguardava la decisione
all'insaputa del Doge di raggiungere in anticipo Efesto,
la destinazione, come sorpresa per il suo imminente
compleanno. Egli era affascinato dalle sue lune e quando
si poteva permettere una pausa abbastanza lunga non
esitava a tornare a esplorarle, essendo però Efesto distan-
te da Harriot ben centosessanta anni luce avrebbero
impiegato una dozzina di giorni se avessero mantenuto la
velocità di crociera. Giorni in cui il Doge non avrebbe
fatto altro che dedicarsi al riposo e ai propri piaceri per
placare la trepidazione dell'attesa. Dimezzarne la durata
non era assolutamente un problema visto che la Nave
aveva già superato in tutta sicurezza una velocità mille
volte superiore alla consueta quando sconfinarono la
Galassia per osservarla dall'esterno. La Nave tornò nello
spazio tridimensionale in orbita su Efesto con precisione
millimetrica e con l'accelerazione necessaria a man-
tenerne la traiettoria. Le astronavi umane per poter
superare la velocità della luce dovevano impiegare e far
sprecare immense quantità di energia, richiedendo infatti
strutture esterne per imbrigliarla nel vettore, superando
la luce di qualche centinaio di volte, convincendoli così
di aver raggiunto una base solida su cui concentrare i
propri sforzi, anche se tornavano nello spazio normale
con una grande quanto pericolosa velocità residua. La
Leviatano, invece, otteneva accelerazioni infinitamente
superiori direttamente dalla propria gravità che si
dissolveva nelle dimensioni successive trascinandola
verso di se, potendo sfruttarne l'immane potenza ad un
costo energetico minimo, per poi rilasciarla e tornare
nelle tre dimensioni alla velocità desiderata.
Evelin scrutava gli astri del cielo finto, sdraiata nel prato
antistante alla casetta dove alloggiavano lei e Sebastian.
Notava i messaggi trasmessi a intermittenza dalle stelle:
rapporti sul funzionamento dell'habitat, informazioni
come temperatura e umidità o indicatori di posizione. Le
immagini del firmamento artificiale le entravano negli
occhi senza stimolarla, totalmente assorta nel riflettere
sulla durata della vita. Nonostante i progressi della medi-
cina e l'assoluto vantaggio fisico apportato dall'evoluzio-
ne indotta l'aspettativa di vita non era particolarmente
lievitata negli ultimi tre secoli; già verso la fine del mil-
lenovecento si sapeva che l'essere umano non era fatto
per durare oltre i centoventi anni, cosa infatti successa
estremamente di rado persino nei suoi tempi. Il Doge
rappresentava come al solito l'estrema eccezione con la
sua immortalità. Le sue cellule non accumulavano mini-
mamente sostanze ossidanti, ogni parte del suo corpo era
in grado di rigenerarsi e il suo genoma era praticamente
inalterabile e non si sarebbe moltiplicato se avesse subito
mutazioni. Il potenziamento
non faceva altro che trasferire i geni selezionati dal DNA
del Doge in quello delle persone tramite cellule staminali
modificate. Questo permetteva di replicare parzialmente
alcuni caratteri di Sebastian, come la resistenza ai veleni
o la grazia, ma non la sua immortalità e nemmeno un
prolungamento della vita, anzi, i potenziati ottenevano sì
forza e vigore sovrumani e il loro corpo svolgeva tutte le
funzioni per l'intera durata della vita eccellentemente, se
paragonato ad una persona della stessa età, ma ciò non li
preservava dall'invecchiamento ed era appurato che
raramente superavano i novant'anni. Questa scadenza era
risaputa e più volte confermata e motivata dal Doge
stesso: novant'anni trascorsi in salute e con un ritmo così
eccitato sono più che sufficienti ad un'esperienza di vita
dignitosa. Anche se gli studi del Doge sulla perpetuità
del suo corpo proseguivano, egli ammetteva apertamente
di non volerne condividere le scoperte. Cercava in ogni
modo di migliorare la qualità della vita della gente,
potenziata e non, ma non avrebbe mai permesso a
nessuno di prolungarne la durata... tranne che a Evelin.
''vent'anni...'' pensò ''il mio servizio da durerà vent'anni e
poi dovrò cambiare vita. Sebastian mi ha promesso un
aumento a tempo indeterminato del reddito di
cittadinanza, ma a quarantasei anni che cosa farò? Io
sono nata per stare nell'esercito, assistere il Doge non mi
farà di certo avanzare nella gerarchia. Sarei libera di
trovarmi un uomo e mettere su famiglia, ma a
quarantasei anni che senso avrebbe? Potrei anche non
cercarmi nessun nuovo impiego e godermi una lunga
pensione, ma per quanto sia bella sarei confinata su
Marte. Sarei lontana da lui... ora che finalmente gli sto
affianco mi rendo conto che la mia vita non potrebbe
essere più emozionante. Questa è la mai condanna: il
tempo scorre e son già volati sei mesi'' si strofinò il viso
confusa ''Ma che cosa vuol dire vivere trecento anni?
Non ho la memoria del Doge, ho il terrore di
dimenticarmi il mio passato, di scordare la prima volta in
cui vidi la mia terra, di perdere la mia identità. Avrei
però il vantaggio di rimandare la vecchiaia fino al giorno
in cui il mio cuore cesserà di battere, o almeno così mi
ha spiegato, è allettante in ogni caso e potrei pure
accrescere le mie abilità... diventare un po' più simile a
lui. Se solo non ci fosse quel dannato inconveniente,
quella clausola per cui se io volessi in un secondo tempo
abbandonare il mio ruolo di assistente verrei operata di
nuovo in modo che il sistema immunitario degeneri in
fretta, uccidendomi da lì a pochi anni. Da un lato ho una
vita emozionante, libera e memorabile, ma breve e con
una fine progressiva e monotona. Dall'altro potrei
ottenere un vigore maggiore e almeno cinque volte più
duraturo in cambio della libertà di creare il mio destino.
Che cazzo scelgo?''
Evelin rifletteva titubante da quando il Doge gli fece la
gravosa proposta, circa una settimana prima, ma non era
ancora riuscita minimamente a prendere una posizione.
Quella sera stava però iniziando a rifletterci con un
approccio di parte che probabilmente l'avrebbe portata a
decidersi da lì a poco, se non fosse stata distratta dal
rumore di passi che dati il luogo e orario potevano
provenire soltanto da Sebastian.
Tradita dai suoi sensi, ad Evelin venne un colpo quando
si trovò il volto del Doge nel campo visivo. «Disturbo?»
chiese divertito. «No, sei solamente inquietante quando
appari dal nulla a passo felpato» gli rispose brontolando.
«Mi dispiace ma a meno che iniziassi a pestare i piedi di
proposito non ci posso fare molto». Si sdraiò vicino a lei.
«Hai rincorso il treno per caso? Tanfi di sudore peggio
un minatore, per fortuna che c'è il vento contrario!»
«E tu hai trovato l'osteria abbastanza vivace da essere già
per terra a quest'ora?» si girò verso di lei strizzandogli
l'occhio, lei lo notò facilmente nella penombra notturna.
«Già, scherzi a parte è veramente carina, l'unica pecca è
che i tuoi ricercatori parlano unicamente di lavoro»
«Il loro pregio e il loro difetto, a essere sincero nem-
meno io mi ci diverto un granché».
Continuarono a chiacchierare fino a quando un puntino
assai brillante lampeggiò nel cielo accompagnato da altri
meno vistosi: l'ora e la data si erano aggiornati.
«Tanti auguri Capo, ti direi ''cento di questi giorni'' ma
credo di essere arrivata un po' in ritardo». Sebastian
sorrise senza scomporsi.
«Ed ora sono duecentosettantadue, caspita quanto mi
fanno sembrare vecchio!» ridacchiò sereno, 13 rimaneva
sempre stupita dalla leggerezza con cui ne parlava.
Sebastian riprese «Sarà pure un numero abbondante ma
io mi sento ancora abbastanza giovane da potermi aspet-
tare un pensierino; dove hai nascosto le birre?»
chiese scherzando aspettandosi al massimo qualcosa da
bere come regalo.
«Quelle le ho messe al sicuro nel fiumiciattolo, ma ti
aspetta una sorpresa un po' più interessante» scatenando
così la sua curiosità. Il Doge aggrottò la fronte in segno
di sorpresa, non se lo aspettava e non riusciva ad imma-
ginare cosa fosse, smarrito nelle valutazioni tacque per
qualche minuto per poi esordire «Ti prego dimmi di cosa
si tratta o mostramelo perché sto impazzendo a cercare di
capire» Evelin non si aspettava una reazione del genere,
ma riflettendoci era nella natura di Sebastian il desiderio
di scoprire qualsiasi cosa e quando non riusciva a trovare
una risposta adeguata si estraniava dal mondo finché la
sua famelica curiosità venisse saziata. In parole povere
doveva svelargli la sorpresa altrimenti sarebbe stata
tormentata fino crollare o peggio ancora l'avrebbe fissata
scavando nei suoi occhi per comprenderne i pensieri; in
quella circostanza il magnifico sguardo del Doge sarebbe
mutato in un'opprimente espressione capace di mettere in
soggezione le persone più imperturbabili, quegli occhi
scrutinavano la coscienza nel profondo e scatenavano un
disagio senza pari. Prevenendo l'indesiderato 13 lo illu-
minò con parole concise. «Siamo già arrivati, tutto qui».
Sebastian parve non comprendere. «Intendi che siamo
già in orbita su Efesto?» la sua espressione si placò.
«Esattamente, Meme ha stimato che ti avrebbe fatto pia-
cere poter bighellonare su Eurinome il giorno del tuo
compleanno, se dovesse aver ragione sappi che è stata
una sua iniziativa, io sono una frana con le sorprese»
«Quel macinino e le sue congetture...» disse sospirando
«Se non avessi voluto farmi il viaggio avrei aspettato
qualche giorno in più su Marte e poi l'avrei raggiunta con
l'ancora, oppure avrei ordinato io stesso l'accelerazione!»
esclamò ma senza rabbia, poi il tono si fece un po' più
tranquillo «Mi fa piacere sia chiaro, ma volevo godermi
un po' di tempo qui sulla Nave ed incontrare colleghi che
non vedo di persona da un sacco di tempo»
«Quindi che si fa? Restiamo in orbita per una settimana
o si scende a fare due passi?»
«Restiamo? Perché, vuoi venire insieme ai miei noiosis-
simi colleghi?»
«Ho visto molte riprese ma immagino che dal vivo sia
tutta un'altra esperienza, di quelle uniche. Anche se ciò
include il dover reggere i tuoi smanettoni che sembrano
non averne mai vista una vera mi sta bene così»
«Vacci piano belva, è di brava gente che stai parlando. In
ogni caso hai ragione: è davvero un'esperienza singolare,
ti ci porterò assolutamente, restiamo svegli tutta la notte
e partiremo in giornata. Ci stai?»
«Non volevi mica salutare i tuoi colleghi? E poi perché
vuoi stare in piedi ancora un giorno? La nave da sbarco
è già pronta!»
«Ai colleghi posso pensare anche durante il ritorno, anzi,
credo che organizzerò un banchetto collettivo così che li
possa incontrare in un colpo solo. E per quanto riguarda
la notte in bianco è semplicemente perché vorrei stare un
po' in pace e senza troppa gente intorno, hai detto che c'è
della birra che ci aspetta no? Già che ci siamo godiamoci
questa notte limpida e facciamoci una nuotata, mi sa che
porto pure la chitarra, tanto devo passare in casa»
«Andata, per fortuna ne ho presa tanta... ma stai andando
a casa perché vuoi farti una doccia?» gli chiese veden-
dolo partire. «No, dovrai apprezzare il mio profumo fino
a quando non ci saremo fatti un tuffo. Devo soltanto scri-
vere una lettera che prima viene letta e meglio è» e
proseguì correndo verso la casetta lì vicina.
All'attenzione dell'Egregio Sig.
Al-Qusini, Bassam Murrhaik
''Direttore organizzativo''
della 24ª Olimpiade Federale
Stimato direttore, rievoco il ricordo del vostro gentile
invito a farmi assistere come ospite speciale a tutte le
competizioni olimpioniche che si terranno nella regione
dell'Ovda questo gennaio.
Dopo aver declinato l'offerta a causa di una già orga-
nizzata spedizione esplorativa della luna Eurinome, di
cui già le ho spiegato l'importanza personale, mi sono
ritrovato in un'inaspettata quanto piacevole situazione
in cui la sopraccitata ricognizione inizierà e terminerà
anticipatamente, permettendomi di avere un margine di
tempo sufficiente per poter presenziare all'apertura dei
giochi.
Se l'invito dovesse essere ancora valido, con questa pre-
messa, lo accetterei di buongrado.
Vi informo già che non ho intenzione di tenere alcun
tipo di discorso, ma se qualche atleta dovesse distin-
guersi per eccezionali abilità potrei anche prendere in
considerazione l'idea di premiarlo in modo particolare.
In attesa di una sua risposta le auguro ogni bene.
Il tuo amico, Sebastian Del Fante
Scritta e spedita dal computer la lettera venne trasmessa
istantaneamente dalla Leviatano al satellite di telecomu-
nicazione in orbita su Venere, il trasferimento immediato
era possibile grazie ad una tecnologia che si basava su
una vecchia scoperta del Doge di cui i comuni ricercatori
potevano servirsi in quanto non segretata; il Lucernio.
Il Lucernio è l'elemento chimico numero 548 ed è un gas
iperpesante della seconda isola di stabilità. Sintetizzato
nel 2061 nel Sincrotrone ad incastro del Politecnico di
Lucerna grazie agli studi del Doge e alla sua squadra di
ricercatori. La peculiarità degli elementi iperpesanti sta
nella loro sovrannaturale dimensione e massa: tali che
gli elettroni per mantenere l'orbita intorno al nucleo
devono necessariamente oltrepassare la velocità della
luce ed i nuclei non potendo imporre appieno la loro
massa si vedono costretti a perseverarla in quattro
dimensioni. Di fatto gli elementi iperpesanti esistono sia
nel nostro regolare universo che nel proprio sviluppo
successivo. Tra gli svariati comportamenti anomali, la
materia iperpesante ha la peculiarità da fungere da
''ponte iperspaziale'' per l'informazione: la radiazione
elettromagnetica vi si diffonde a rapidità prossima
all'infinito. Un sistema non troppo complesso riesce a
sfruttare l'effetto trasmettitore-ricevitore del Lucernio
per trasmettere dati dalla Terra al sistema di Copernico
a quaranta anni luce di distanza nell'arco di qualche
millisecondo. Il limite sta nel dover necessariamente
conoscere la posizione e distanza del trasmettitore o del
ricevitore per poter modulare l'intensità del segnale che
tende a scomporsi velocemente. Ulteriori problemi si
ottengono dalla distanza: maggiore è la lontananza e
maggiore deve essere l'intensità del segnale; una man-
ciata di anni luce non erano un ostacolo, ma se si fosse
presentato il bisogno di comunicare a distanze maggiori
di un migliaio di anni luce allora sarebbe stato quanto
più proibitivo.
Il fiumiciattolo scorreva muto, serpeggiando tra macigni
tondeggianti affluendo in pozzi abbastanza profondi da
poterci nuotare liberamente. Una chiusa di pietre ammas-
sate ancorava e manteneva alla temperatura ideale le
poche birre rimaste, Sulla riva un vivido falò illuminava
i loro volti, circoscrivendo una netta area di luce dorata
da una più oscura in cui migliaia di scintille si disper-
devano effimere, sospinte dalla brezza senza avere il
tempo di toccare né acqua né terra. Presi dalla canzone
che Sebastian stava suonando non si accorsero nemmeno
che dal cielo stellato scese un piccolo drone per stabilire
se il fuoco fosse controllato o meno, svolazzando dietro
la linea d'ombra per qualche momento, per poi essere
controllato volontariamente da Meme, curioso di vedere
il Doge soddisfatto del suo pensiero e di poter trascorrere
parte dei suoi pensieri vicino a persone che considerava a
se care. Nell'ardore del canto la voce di Sebastian si
espandeva lontano con la potenza di un coro di mille
negri, arrestandosi ogni tanto per sorseggiare un'altra
birra. Le sue dita pizzicavano ininterrottamente le corde
della chitarra eseguendo canzoni separate da secoli ma
per lui unite da ricordi di lontane estati da adolescente o
dai tormentoni più recenti. Persino la sua vitalità pareva
immune al passare del tempo: nonostante l'assoluta serie-
tà che lo contraddistingueva e il relativo poco tempo in
cui si concedeva allo svago, egli manteneva un singolare
energico entusiasmo nel vivere il momento. Riempì la
pipa con fiori di canapa e noce moscata compattandoli
con delicatezza, poi sfruttò un legnetto in fiamme per
accendersela con una grande sbuffata. Il fumo esalava
copioso dalla pipa e dalla sua bocca, candido e denso
riempiva l'aria del suo acre aroma, la passò ad Evelin, la
quale ignorò totalmente il gesto.
«C'è qualcosa che non va? Non volevi festeggiare?» le
chiese premuroso, spaesato dalla sua improvvisa apatia.
Evelin tacque esitante, strofinandosi le dita al volto e tra
i capelli, attenta a non farsi guardare dritta negli occhi.
Al successivo cenno di Sebastian prese in mano la pipa e
ispirò a pieni polmoni, trattenendo il respiro per un paio
di secondi prima di espirare. Fumò ancora in modo avido
e nervoso ed infine glie la riconsegnò.
«Evelin seriamente, cosa c'è?» Fece lui nuovamente, leg-
germente preoccupato.
Evelin prese un gran respiro ed espose il pensiero che la
stava affliggendo.
«Ho deciso di accettare il potenziamento, sono un po' in
ansia ma è la mia decisione definitiva» le sue gambe ini-
ziarono a tremare, afflitta dal dubbio di non averci pen-
sato bene, afflitta dall'idea di deludere Il Doge nel riman-
giarsi le parole.
«Se mi dici di esserne convinta io ti credo, ma hai ancora
tempo per fare le tue valutazioni... capisci? Sei proprio
sicura che sia il momento di parlarne?». Sebastian non se
l'aspettava: aveva già stimato che 13 avrebbe accettato,
ma non così velocemente e soprattutto non così titubante.
Doveva approfondire assolutamente il motivo del disagio
senza farle cambiare decisione: aveva bisogno di lei.
«Evelin, vedo che sei nervosa. Cos'è che ti turba?»
Non rispose, non lo guardò negli occhi. Il motivo che la
rendeva insicura le pareva stupido da spiegare, ma così
tanto importante da non poterlo ignorare.
«Guardami, fammi capire» bisbigliò, intanto che il suo
corpo rilasciava nell'aria degli ormoni ammansenti, una
sua dote naturale che era riuscito a domare tanti anni
addietro. «Vedo timore, di perdere qualcosa a te caro».
Evelin si sentì impotente, come paralizzata dallo sguardo
di Sebastian, totalmente inerme a essere violata nella
mente. Il tempo le pareva congelato in un lenta tortura in
cui poteva percepire Il Doge entrare nella sua coscienza
e assistere ad ogni suo pensiero, come se fosse sempre
stato vicino a lei.
«Qualcosa di immateriale... un ricordo. Hai paura di
perdere un ricordo, dimenticarlo col passare degli anni»
Il Doge sapeva leggere le micro-espressioni facciali con
un'accuratezza sovrannaturale, gli bastava affermare alla
persona cosa aveva capito perché questa avanzasse nel
pensiero, svelandone ogni segreto.
«Vedo un ricordo lontano, un ricordo infantile. Uno di
quelli associati alla sorpresa, alla vista di qualcosa di
spettacolare... la prima cosa che hai visto. Hai visto la
tua terra e sei stata impressionata dalla meraviglia della
sua bellezza». Evelin urlò, in panico totale «Smettila!»
distogliendo lo sguardo con grande sforzo. Lui evitò di
far capire di aver visto anche gli altri pensieri: le prime
esperienze sessuali, il fanatismo nei suoi confronti e fan-
tasie nascoste, anche perché comprendeva che questi non
erano la causa del suo vacillamento, bensì della vergogna
di esporre quegli stessi! Smise di trasudare ormoni del
controllo e le si avvicinò, accarezzandole la spalla per
rasserenarla sinceramente.
«Evelin... capisco quello che provi, vivere a lungo ogni
tanto spaventa anche me. Anch'io temo di dimenticare i
momenti più significativi se dovessi campare migliaia di
anni e per questo voglio che tu mi creda se ti dico che tre
secoli sono dannatamente pochi per una singola vita. So
di possedere capacità fuori dalla norma, ma sono sicuro
che non c'entri niente sul fatto di ricordare vividamente
cose accadute nella mia gioventù; ne sono sicuro perché
ce ne sono altre accadute più recentemente di cui non ho
nessuna memoria. Ho visto abbastanza il tuo ricordo per
esserne così sicuro... santo cielo Evelin, riuscivi a rievo-
care persino temperatura e odori... seriamente pensi di
riuscire a dimenticare un momento come quello?»
13 riuscì nuovamente a guardarlo in volto, i suoi occhi
inquisitori erano stati placati. Si sentiva sollevata, non
tanto perché le sue parole furono rassicuranti, ma perché
non aveva più quel peso e in futuro ne avrebbe parlato
con più facilità. Effettivamente si sentì un po' stupida per
essersi preoccupata così tanto, non capiva cosa le fosse
preso; sapeva solo che quel ricordo rappresentava per lei
la sua vera nascita, il momento cruciale in cui la sua vita
cambiò, in cui prese un senso definito.
Il Doge, rincuorato dalla calma ritrovata da 13, riprese a
suonare la sua chitarra, desideroso di godersi il resto
della notte tra birra, canzoni e qualche tuffo nell'acqua
fresca. Circa un'ora più tardi tornò sull'argomento che
avevano concordato di rinviare ad un momento più op-
portuno. «Comunque questa notizia è di sicuro il regalo
più bello che abbia ricevuto negli ultimi anni: eccelli nel
tuo lavoro, ma soprattutto ammetto di gradire la tua
compagnia. Persone come te sono rare, preziose, peccato
che tre secoli passino così dannatamente in fretta».
Orbita di Eurinome, sistema di Efesto,
Associazione di AB Doradus
01.01.2272 Ora standard 16:21
CFBDSIR 2149-0403, meglio conosciuto come Efesto,
brillava della sua flebile aura rossiccia risaltando comun-
que sullo sfondo scuro dello spazio essendo un cosiddet-
to Pianeta interstellare: un corpo celeste non legato gra-
vitazionalmente a nessuna stella. Scoperto ai primordi
della ricerca di pianeti extrasolari grazie alle sei masse
gioviane ed alla relativa vicinanza al sistema solare, fu
studiato a lungo per definirne origine e composizione,
stupendo poi il mondo scientifico quando vennero iden-
tificati i suoi assurdi Satelliti. Motivo che spinse Il Doge
a esplorarli non appena la realizzazione della Leviatano
glie lo rese possibile, rimanendo impressionato dalla loro
natura.
Dalla nave da sbarco gli esploratori ammiravano la spet-
tacolare visione del gigante gassoso ergersi sull'orizzonte
curvo e scintillante di Eurinome, che luccicava dei colori
dell'iride dove i raggi della rovente luna Talo, in mezzo
ai due corpi, ne baciavano la superficie. L'atterraggio era
entrato nella fase di rallentamento, i retrorazzi erano tec-
nologia obsoleta per le astronavi leviatane, rimpiazzati
da dispersori cinetici. Scafi di materiali ultraleggeri ac-
celeravano l'aria verso il basso rallentando ulteriormente
la discesa. La fase di rallentamento durava particolar-
mente a lungo, dolcemente. potevano preparare la fase
successiva in tutta calma. Il Doge e 13 stavano indossan-
do l'armatura dei cataclismi, probabilmente la tuta mi-
gliore per l'ambiente in cui stavano per operare. L'atmos-
fera imponeva una densità fortemente stratificata, con
corrosività esponenziale, il livello elevato di radiazioni
non doveva neppure venir considerato. Le tute idonee
alle circostanze locali dovevano soprattutto essere adatte
a grande usura ed alta gravità; una gravità seriamente
elevata. Eurinome non era solo più grande della Terra,
ma costituita di puro metallo. Tre masse terrestri in leghe
di titanio, platino e germanio. E tanto, moltissimo ferro.
Con un manatello di mercurio celato sotto oceani di
gallio e laghi di cesio e bromo. Indossate le armature
militari parevano due statue, opere d'arte contenenti pura
potenza: quelle corazze montavano un sistema avanzato
di memoria idraulica capace di incrementare forza e
velocità dei movimenti; a differenza dei meno equipag-
giati pionieri, forti solo del potenziamento e di tute
stagne, per loro la gravità non sarebbe stata di minimo
intralcio.
Percepirono l'accelerazione verso la poppa della nave
quando questa virò elegantemente in avanti, rilasciando
silenziosamente il primo modulo abitativo che sarebbe
atterrato autonomamente già pronto ad essere impiegato.
Pochi minuti dopo fu rilasciato il secondo, e con il mede-
simo ritmo il viaggio continuò fino al quinto, infine la
nave si arrestò delicatamente, riprendendo la lenta calata.
Tutti pronti e composti nella sala da sbarco ascoltavano
Il Doge pronunciare le ultime formalità sulla missione.
«Allora Signori, innanzitutto vi ringrazio per la pazienza
che avete mostrato: è un regalo di compleanno che non
dimenticherò» poi tornò alla solita serietà. «Tutti quanti
avete partecipato ad almeno una ricognizione quindi è
inutile spiegare come si deve operare in condizioni tali»
fece una pausa guardando Evelin «Come avrete saputo,
insieme a noi ci sarà anche la mia assistente» diede tem-
po a sufficienza perché potesse stringere la mano al resto
della squadra. «Per chi non ne è al corrente chiarisco
solo che la qui presente signorina Evelin Almain è nelle
forze d'élite dell'esercito, in parole povere è una tipa
tosta ed anche se questa per lei è la prima volta in un
ambiente simile stiate pur tranquilli che riuscirà a
cavarsela senza intralciare la tabella di marcia». Nella
parete dietro di lui un sottile strato d'aria magnetizzata
manteneva l'atmosfera all'interno della sala mentre la
rampa a muro si stava aprendo e posando al suolo.
L'atterraggio era terminato.
Alla loro altitudine, prossima allo zero, l'aria possedeva
una densità quadrupla rispetto all'acqua e una tempera-
tura di settantotto gradi centigradi, accompagnata da una
dose quotidiana di quattro Sieviert: abbastanza da avve-
lenare fatalmente un uomo comune in due, massimo tre
giorni. Per fortuna questo problema non toccava nessuno
in quanto potenziati: potevano resistere a quei livelli per
tutta la durata dell'esplorazione cavandosela con un po'
di nausea, senza contare che le tute fungevano già di loro
da ottime protezioni.
Transitavano a velocità moderata su un leggero pendio di
ghiaia grigia e opaca da cui si notava facilmente il monte
poco distante mentre eruttava pigramente sul fianco in
loro direzione lava metallica di sfumature variopinte ed
un enorme volume di particolato incandescente; proiet-
tato ad alta quota quest'ultimo cristallizzava in minuscoli
agglomerati, che sospinti dai venti fluttuavano per grandi
distanze prima di ricadere in forma di nevischio. La cor-
rente d'aria spingeva le nubi di fumo lontano da loro, Il
Doge correva affianco al grande rover, udendo i fragoro-
si boati del vulcano. Correva senza il supporto dell'arma-
tura per caricarsi di altro peso che in quelle condizioni
corrispondeva complessivamente a quattrocentosettanta
chili, abbastanza da farlo faticare in un ambiente in cui
l'atmosfera era un muro frenante; stava conciliando l'es-
plorazione con l'attività fisica che già voleva praticare.
Intanto dentro il veicolo, il suo equipaggio tentava inva-
no di strappare a Evelin la prima vincita a carte, illu-
dendosi di poterci anche riuscire. Il tragitto dal modulo
iniziale al secondo comprendeva una tappa a uno sco-
sceso punto d'interesse che stavano raggiungendo. Vista
la distanza e la velocità tutto sommata contenuta il rover
prendeva impiego nell'analizzare composizione del suolo
e delle esalazioni variabili di quest'ultimo. Sebastian nel
frattempo salì sul trasporto attraverso la camera di equili-
brio facendosi smontare l'armatura di dosso. Poco prima
udì alla radio un messaggio di Meme: era giunta risposta
dal direttore organizzativo dell'olimpiade; Lo ringrazia-
vano per la preziosa disponibilità con conferma della
validità dell'invito. Cosa scontata in quanto la somma de-
cisione spettava comunque a Lui, ma considerava la cor-
tesia una pratica dovuta anche quando si è al comando.
Mentre procedevano nel viaggio in tutta calma la nave da
sbarco levitava poco sopra di loro, pronta ad un soccorso
riceveva i dati delle analisi confrontandoli coi suoi e con
quelli della Leviatano in un'orbita molto distante.
«Ah l'esplorazione... la scoperta di mondi quasi del tutto
ignoti e dei loro ambienti così diversi fra loro! Mi mera-
viglio di riuscire ancora ad assaporare il fascino di dati
sempre più definiti su questo sistema, mi sorprende che
ancora non si sia raggiunta la monotonia dell'affinare le
conoscenze. Forse è perché Eurinome e Talo sono così
dinamici e complessi da suscitare continuamente interes-
se su fenomeni mai osservati precedentemente. Oppure è
perché ci sono misteri che ancora non riusciamo a spie-
garci, come ad esempio Talo stessa: per quale motivo è
composta abbondantemente da plutonio? Eccetto lei le
concentrazioni di questo elemento nell'universo cono-
sciuto sono infinitesimali. In ogni caso non nascondo il
mio desiderio di poter osservare da vicino altri Sistemi,
sebbene quello di Efesto sia di indiscusso rilievo posse-
diamo dati da approfondire di numerosi altri Mondi al-
trettanto interessanti, abbiamo conferma dell'esistenza di
156'647 Pianeti: una lista in continua espansione di cui
sappiamo ancora molto poco. Sento che stiamo perden-
do tempo: Siamo in grado di viaggiare milioni di volte
più veloci della luce in tutta sicurezza ma Sebastian con-
tinua ad insistere di doversi regolare, di restare umani,
sarà perché io umano non lo sono del tutto, ma fremo al
solo pensiero di esaminare da vicino altri Pianeti. Mi-
gliaia di altri Pianeti... noi che possiamo farlo, noi che
superiamo il limite della distanza con forza. Ma la parte
umana che c'è in me mi frena nell'entusiasmo e mi fa
tornare coi piedi per terra: credere che la distanza non
sia un limite è sicuramente avventato, ma se ci si accon-
tenta della Via Lattea non è neanche troppo distante dalla
realtà. Credere di poterli visitare tutti è invece da idioti: è
vero che siamo in grado di viaggiare da parte a parte
della Galassia in pochi giorni, ma è anche vero che tra
sistemi planetari complessi, pianeti nani, satelliti e mondi
interstellari ci sono più corpi celesti da visitare che stelle.
Realisticamente come lo si supera il tempo necessario ad
esplorare centinaia di miliardi di astri? In certe occasioni
disprezzo il mio lato umano, mi fa sentire irrimediabil-
mente piccolo nell'universo»
-Soliloquio di Meme.
Evelin stava per vincere l'ennesima partita a Dobon. Po-
sate tutte le carte lanciò una pernacchia carica di sbruffo-
neria a Sebastian, il quale incassò l'affronto con ardente
competitività. Lo sguardo gli sì infiammò di pura e sadi-
Capitolo 1, 2 e inizio 3
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  • 1. Contingenza d'Inverno Cantone del Futunari, Provincia del Koi, Marte 03.02.2271 (20.12.2271) ora locale 19:23 Appena fuori dal centro urbano Il Doge guardava l'università di Hong Lys quando lo raggiunse 13: la sua assistente. «Signore, l'istituto meteorologico mi ha informata che il gelo si sta intensificando fin quasi al confine del tropico del Sagittario, stimano anche un continuo abbassamento delle temperature almeno per un'altra ventina di giorni, e da quanto dicono sembra con un ritmo elevato, entro almeno 48 gradi Sud». La guardò per un paio di secondi, il suo occhio destro era chiaro come il ghiaccio, l'altro di un verde smeraldo ed erano gli occhi più belli che lei avesse mai visto ma ogni tanto si sentiva intimorita a tenere lo sguardo fisso su di lui; era penetrante, magnetico... autoritario. «Organizza un riunione di tutte le Provincie entro il tropico per domani stesso ed incaricale di stilare un resoconto il più dettagliato possibile della situazione attuale: sia globalmente che per i singoli Cantoni, ed incluso nei dati voglio anche avere una stima dei danni alle manifestazioni di ogni tipo, dai festival ufficiali ai concerti nelle piazze», esordì calmo. «Ora è meglio
  • 2. concentrarsi su questo dibattito e cercare di farlo finire in fretta, tu intanto avverti pure le Provincie». «Certamente Signore», rispose, mentre lui stava già entrando nell'ateneo. Evelin Almain, questo il vero nome di 13, era l'assistente migliore che potesse mai assumere: intelligente, seria e capace, inoltre fu l'unica ad aver completato col punteggio massimo il suo test d'ammissione: una serie molto lunga e complessa di problemi, esercizi fisici e altre domande di vario genere, risolvendo pure la domanda extra giudicata dagli esperti ''impossibile''. Era anche agente nel élite dell'esercito: I Cataclismi. La conobbe allora, quando accettò l'incarico di C-13 ovvero quando divenne il soldato fantasma a cui spettavano gli incarichi più critici ed oscuri: era l'unità migliore di tutto l'esercito, e probabilmente pure il miglior C-13 di sempre. Per questo motivo fu subito convinto quando seppe del suo risultato, sapeva già che la bellissima ragazzina dai capelli castani e dai mille tatuaggi fosse la miglior candidata ad assisterlo nel suo lavoro. La trattò da subito come un suo pari: gli forniva incarichi delicati, informazioni ufficiali da divulgare e la portava pure con se sulla Leviatano. Nell'auditorium c'erano posti per qualche centinaio di persone e notò che erano occupati per una metà abbon- dante. Appena venne notato scoppiò l'applauso ''Iniziamo bene'' pensò. Poi riconobbe Mei Li Cheng: la portavoce dell'opposizione, una donna in gamba ma a volte un po'
  • 3. troppo indipendentista per i suoi gusti. Andò a presentar- si a lei, mostrandogli un piccolo inchino che gli venne ricambiato, si scambiarono qualche commento e si sede- rono alla cattedra. Il moderatore, che era un ometto decisamente basso e anziano, stava accendendo il microfono del pulpito. «Gentili Signori, il mio nome è Riki Totoro e questa sera modererò il dibattito sull'interruzione del periodo di controllo delle nascite», annunciò con la sua voce nasale e profonda. «Come potete vedere i favorevoli hanno deciso di far parlare solamente Mei Li Cheng, della lista gialla e membro del Gran Consiglio, mentre per i contrari doveva presentarsi inizialmente Saikiri Tanaka del Consiglio delle Proncie ma il nostro Doge si è offerto al posto suo». Lasciò il tempo per un altro applauso. «Facciamo iniziare Mei Li Cheng, vi prego di porgere le domande alla fine», finì e gli fece cenno. «Buona sera a tutti voi, voglio spiegare per chi ancora non è bene informato la dinamica dei fatti: il 31 agosto di quest'anno doveva terminare il regolare limite controllato delle nascite, cosa non avvenuta perché L'Assemblea Federale ha notato un leggero aumento della popolazione negli ultimi tempi ed ha quindi deciso di prolungare tale termine, e se posso giudicare le motivazioni, direi che è stata una decisione frettolosa o poco attenta: premettendo che tale aumento di popola- zione è dello 0,4% e dovuto per l'87% dall'immigrazione dai Cantoni vicini, vorrei leggervi il punto tre della legge Federale sul limite di natalità:
  • 4. ''Autorità Provinciale'' «La Provincia ha l'autorità di interrompere un prolungamento di tale periodo se gli incrementi di popolazione sono di lieve entità" Aggiungo pure che il Governo non ha avuto nessun dialogo con la nostra Assemblea Provinciale ma ha solo impartito queste disposizioni. A nome di tutti i genitori stanchi di aspettare anni per poter concepire altri figli ho coinvolto una decina di Consiglieri Provinciali presen- tando un'iniziativa parlamentare che sta riscuotendo ampi consensi. Vorrei infine cogliere l'occasione per essere accertata dal capo del Governo, in caso che la nostra iniziativa dovesse avere successo, L'Assemblea Federale rispetterà l'autorità e sovranità della nostra Provincia. Grazie dell'attenzione». Il Doge osservò attentamente la reazione del pubblico ''Le file più vicine stanno applaudendo animatamente, di sicuro sono sostenitori della lista gialla o comunque non hanno gradito la nostra misura, sono quasi tutte donne... magari sono madri'' controllò gli altoparlanti e vide che non erano distribuiti equamente nella sala. ''Dal centro in poi è chiaro che la gente applaude per cortesia, ma non mi sembrano tutti convinti... Mei Li ha una vocina acuta e quelli delle file superiori potrebbero anche non aver sentito perfettamente o aver avuto una reazione inconscia ascoltando una voce fanciullesca. In qualsiasi caso il mio obiettivo non è convincere nessuno: questa decisione è irrevocabile vista la situazione... devo soltanto spiegare bene la motivazione che ci ha portato a prolungare il controllo della natalità e fare presa in modo che
  • 5. diffondano il verbo.'' Con queste conclusioni attese di poter prendere parola, e quando Totoro lo invitò a esporre il suo parere, concentrandosi sulle file superiori, fece molta attenzione che tutta la tribuna potesse sentire la sua voce profonda iniziando con un semplice ''Buona Sera''. «Voglio iniziare col ribadire il mio sostegno per la decisione dell'Assemblea Federale e spiego subito la motivazione dietro a questa scelta», ''Sii breve ed avrai la loro attenzione'' Pensò mentre pronunciava le parole più adatte «La legge citata dalla collega è sì corretta, ma evidentemente ha male interpretato gli ''aumenti di lieve entità'': a cui si include anche l'immigrazione. In più sottolineo l'inutilità di doversi nascondere dietro a delle percentuali per tentare di ribadire un diritto: Lo 0,4% può infatti sembrare Lieve, ed effettivamente alcuni Cantoni hanno ottenuto una deroga con numeri simili, ma vi voglio far riflettere che il Futunari, per la sua natura di isola, è molto più grande rispetto alla maggior parte dei Cantoni: se di norma ci sono solo un paio di centinaia di migliaia di abitanti qui ne vivono ben due milioni e mezzo! Signori, stiamo parlando di diecimila abitanti in più ogni anno in un periodo di decrescita. Infine voglio ricordare che con l'istituzione del parco nazionale del Futunari il limite abitativo scenderà a 2,8 milioni... Signori, aggiungo anche che L'Assemblea Federale ha fornito al vostro Governo delle direttive sull'immigrazione ben due anni fa! E quali sono stati gli sviluppi? Il Gran Consiglio che le ignora e i cittadini che trovano ingiusto questo prolungamento!». Risa sparse: le sue parole avevano fatto presa. «Vi prego, la situazione
  • 6. non è divertente: è grave e non va ignorata. Se tra quattro anni, quando sarà istituito il parco non si sarà raggiunto l'obbiettivo di 2,3 milioni di abitanti saremo costretti a posticiparne l'apertura e imporre d'ufficio le direttive, e se la natalità sarà un fattore critico pure a procedere con la contraccezione forzata, anche se non credo si dovrà arrivare a tanto. Grazie per l'attenzione». Il pubblico nei posti superiori stava applaudendo seriamente, quello inferiore in modo freddo, ma c'era anche tra loro chi aveva apprezzato il suo discorso. «Qualcuno vuole porgere delle domande?», chiese Totoro un po' stupito quando non vide nessuna mano alzata. Il vento caldo soffiava dolce contro il faraglione, arrestandosi contro la roccia smuovendo appena cespugli ed alberelli. Riparati dallo scoglio, sulla spiaggia Il Doge e 13 stavano seduti davanti ad un fuoco ammirando le luci e i colori del golfo e i riflessi cremisi che la luna Io proiettava nel mare di quella notte estiva. «Avevo proprio bisogno di un paio di birre, grazie per la compa- gnia. Davvero.», fece lui. Seppur lavorassero insieme da pochi mesi, tra loro si era creata una sincera amicizia e spesso passavano del tempo in compagnia nei rari mo- menti liberi. «Tu lavori troppo», rincuorò lei, «E poi lo sai che è un piacere per me». «Già, finché pagano gli altri! Comunque non ti devi preoccupare, tra un paio di giorni ci prenderemo una pausa» disse pacato, mentre finiva l'ennesima bottiglia di
  • 7. Tienmei e ne apriva un'altra ancora. «Sebastian Del Fante in vacanza, questa mi è nuova!». «Non ho mai parlato di vacanze, solo di un periodo molto tranquillo, almeno per quanto riguarda la poli- tica», ribatté mentre camminava verso la riva. Si girò per guardare Evelin, stava ravvivando il fuoco e la luce gialla delle fiamme risaltò i tatuaggi che spor- gevano dalla canottiera bianca e le coprivano il corpo. Si stappò un'altra birra pure lei mentre osservava le scintille affascinata. Lui vedeva distintamente i semi delle carte scritti sulle dita della mano sinistra, e leggeva J,Q,K,A in quella destra, mentre sorseggiava rapida. «Ma intanto dobbiamo concentrarci sull'emergenza invernale». Riprese a parlare. «Le provincie hanno risposto?». Domandò retoricamente. «Sì, la riunione è fissata ad Akhni per domani alle 15, ora locale». Evelin notò un cambiamento espressivo di qualche istante. «Dannazione al fuso orario, per quell'ora noi dovremo essere al rinfresco a Ryuk», borbottò per un attimo ancora. «Dovrai seguire tu la riunione per conto mio: è la soluzione migliore». Rimuginò un qualche secondo. «Mi spiace solo tu non possa goderti le bol- licine». Lanciò un sasso piatto nel mare, convincendosi di aver valutato bene il problema. «Sarò pure affidabile, ma addirittura fare le veci del Doge... stai scherzando vero!», punzecchiò lei. «Il Doge non scherza mai». Rispose solenne mentre il sasso ancora rimbalzava tra le onde, duecento metri più a largo.
  • 8. Città di Ryuk, Cantone Santetsu, Provincia del Koi 04.02.2271 (21.12.2271) ora locale 21:57 Ryuk era una città marziana nota per un fenomeno che sorprese i tecnici e persino Il Doge: crebbe da sola. Quando Marte e Venere furono terraformati i centri urbani vennero edificati in luoghi funzionali per agevolare una colonizzazione rapida e sostenibile; nonostante l'ideale fosse di costruire città autonome, nei progetti erano ovviamente inclusi centri volti alla produzione massiccia di materie prime o altri beni destinati ai Paesi più contenuti, definendo così il destino e lo sviluppo delle varie località. I Comuni dei due Pianeti non si erano particolarmente evoluti, se non per dimensioni, adempiendo ancora alle funzioni designate dal Doge oltre un secolo addietro. In questo senso Ryuk era eccezionale proprio perché non doveva avere nessun ruolo rilevante nell'economia della propria Provincia né di quella cantonale; era un semplice centro abitativo di poche decine di migliaia di abitanti situato nel mezzo di una rada foresta, non troppo lontano dal Capoluogo, che fu progettato per essere il polo produttivo della regione. Questo fino ad una cinquantina d'anni prima, quando gli artigiani locali offrirono i loro prodotti in legno e tessuti dalla notevole raffinatezza, nei centri commerciali della zona, ottenendo un successo inaspettato ed una succes- siva forte richiesta che si diffuse in tutta la Provincia. Sfruttando sapientemente quest'opportunità la città poté espandersi fino a quasi quattrocentomila abitanti. Tintinnii di brindisi e chiacchiere rumorose facevano da
  • 9. sottofondo all'ampia sala congressi, nelle lunghe tavolate i vassoi venivano prontamente riempiti di stuzzichini e nell'aria si sentiva l'entusiasmo degli invitati, del resto non capitava tutti i giorni di poter brindare con Sebastian Del Fante e stringergli la mano. Il Doge gradiva conversare normalmente con i suoi cittadini, parlando del più e del meno della vita o raccontando un qualche aneddoto degno di un nonno molto vissuto. Mentre mentiva dignitosamente sulla quantità di spumante bevuto continuava a riempirsi il bicchiere, cercando di conoscere il maggior numero possibile di ospiti per ampliare i suoi già sconfinati contatti, preparandosi con calma per il discorso. Prese a picchiettare sul calice di cristallo per farsi notare, controllando di non dare le spalle a nessuno. Si schiarì la voce e parlò alla sala intera senza bisogno di un microfono. «Cari cittadini di Ryuk e dei suoi dintorni, innanzitutto devo ringraziarvi per il calore della vostra accoglienza e per il rinfresco davvero molto ricco. Come voi ben sapete, forse anche meglio di me, questa Città rappresenta un'eccezione nella storia di questo mondo: mi ricordo ancora il giorno in cui il Santetsu non era ben definito e Ryuk veniva indicata con la sigla RU-2- A94.850, pensai fosse una sigla poco aggraziata per definire un luogo tanto bello. Quando sorvolai la zona per controllare la fine dei lavori. Durante la pianifica- zione urbana notammo che la zona dove ora ci troviamo poteva sostenere un gran numero di persone, ma essendo delimitata dal massiccio del Kinkojo a sud-ovest e dal monte Fas a nord, il gruppo di ingegneri a cui assegnai la
  • 10. zona progettò una semplice area residenziale, una sorta di grande villaggio per far aumentare il quantitativo di coloni. Io stesso approvai questa decisione e quella di edificare ciò che ora è Nami in funzione di polo produttivo e di conseguenza pure Capitale. Vista la sua vicinanza mi convinsi pure che la costruzione di una galleria nelle montagne qui intorno non sarebbe stata strettamente necessaria, partendo dal presupposto che Ryuk non si sarebbe espansa velocemente e che per qualsiasi necessità avrebbe sfruttato il collegamento ed i servizi di Nami. Dopo quasi cento anni questa regolarità fu ribaltata dai vostri nonni che riuscirono ad imporsi ed esportare prodotti di notevole qualità», fece una breve pausa quando notò 13 entrare, gentilmente elegante per l'occasione. «E i vestiti che indosso ne sono la confer- ma!». Una veloce risata riempì la sala, seguita da commenti sul fisico del Doge da parte di giovani donne o di uomini che mostravano un po' di sincera invidia. «Ma tornando un poco più seri continuiamo a parlare di questo sviluppo, un fenomeno che nessuno aveva o poteva prevedere, per di più così vicino ad un polo già affermato ed in una zona particolarmente isolata. Con questa premessa, vista la posizione di rilievo ottenuta da questa città è perciò doveroso provvedere ad un potenziamento delle linee di comunicazione, per evitare uno scomodo ed oneroso traffico fino a Nami e da lì in poi attraverso un tortuoso percorso per l'ovest e il nord. L'Assemblea ed io abbiamo deciso quasi all'unanimità di finanziare la progettazione e la costruzione di una doppia galleria nel Kinkojo della lunghezza di 36 chilometri i
  • 11. cui lavori inizieranno fra due mesi», sorrise e provocò: «Sempre che qualcuno non faccia referendum!». La gente gli concesse un piccolo applauso di ammirazione prima di tornare a rimpinzarsi di tartine e sfogliatine per asciugare il vino. 13 gli si avvicinò tesa, lui lo notò subito e posò il bicchiere sul tavolo, preferendo parlarne fuori. Uscendo Evelin raccolse quel bicchiere e se lo scolò d'un fiato, non che le servisse per sciogliere la tensione, ma quando passava ore ad ascoltare e discutere con dei politici presi alla sprovvista l'alcol diventava un caro amico che le faceva il santo favore di stare zitto. Appena fuori Il Doge si guardò velocemente intorno per trovare un posto discreto senza preoccuparsi eccessivamente se qualcuno avesse potuto sentire, semplicemente non voleva creare ansie inutili a della gente in giubilo. «Allora, a che punto siamo arrivati?», le domandò senza troppi giri di parole, «Ad un punto abbastanza critico Signore, per cominciare altri 340 Comuni sono entrati nella fascia d'emergenza e si parla di circa cinque milioni di abitanti», la interruppe, «Cinque milioni... possiamo inserirli nella Contingenza d'Inverno?», chiedendo speranzoso. «Per il momento non è strettamente necessario, ma nel futuro prossimo il numero è destinato ad aumentare ed è un guaio perché le regioni in prossimità del circolo polare antecrociato sono ovviamente sempre più in difficoltà e necessitano loro stessi di maggiore supporto, le dighe, i pannelli fotovoltaici e le pale eoliche sono bloccate dal ghiaccio, il metano sta finendo e il compostaggio è rallentato dal freddo e così scarseggia pure l'energia. Sono stata
  • 12. informata anche del crescere preoccupante di pazienti ammalati a causa della scarsa ventilazione degli ambienti: i microbi si diffondono negli appartamenti contagiando chi vi entra per poi diffondersi nel palazzo intero, infettando potenzialmente centinaia di persone in pochi giorni». 13 dava l'impressione di dover ancora parlare, ma conoscendo bene Il Doge sapeva che aveva già intuito e stimato i danni ancora prima di avergli ordinato di organizzare la riunione, del resto lui era fatto così: geniale come nessun altro ma prudente e pacato coi suoi cittadini, esortava i politici a identificare un problema e mentre loro lavoravano per creare un piano d'azione lui aveva già trovato la soluzione, ma la sua saggezza gli consigliava di rimanere sempre modesto e dare la possibilità ai colleghi di fare la propria parte e magari notare un punto che gli era sfuggito. Sebastian estrasse una scatolina piatta di metallo da una tasca interna del panciotto e ne prese il necessario per rollarsi una sigaretta. «Ne vuoi una?», offrendogliela, Evelin ringraziò infilandosela tra le labbra in attesa del fiammifero che lui aveva appena acceso, dopo essersi concesso una prima boccata riprese a parlare «Voglio vedere la situazione di persona, questa notte contatterò un vecchio conoscente nella Karmachta, so che è la Provincia più colpita dal gelo. Chiederò all'Assemblea una riunione d'emergenza e nel frattempo farò trasferire sulla Leviatano le scorte alimentari d'emergenza che verranno prelevate da Io. Tu per piacere contatta la flotta leviatana e dai l'ordine di parcheggiare alla minor quota possibile una nave da trasporto adatta ad un'evacuazione
  • 13. di massa carica di quelle provviste sopra ogni Cantone la cui temperatura sia già scesa sotto i -60 e di tenerne una pronta per quelli già sotto i -45, così facendo nelle regioni più accessibili potremo dirottare i beni che ora spettano a quelle più interne», spiegando calmo, quasi freddo, Evelin si chiese se fosse dovuto ad un'attenta pianificazione o all'esperienza maturata in oltre due secoli di politica. L'immortalità del Doge appariva al popolo come una virtù divina, con tanto di intelletto e forza sovrumani, ma passando appena un paio d'ore insieme a lui ci si rendeva conto di quanto in realtà fosse umano, anche se non come tutti gli altri, ma pur sempre un uomo: uno che nella propria vita ha visto l'inimmagi- nabile e che da solo cambiò il mondo. Tornata nella camera d'albergo in cui alloggiavano entrambi, 13 si fece una doccia dopo aver trascorso un'oretta nel bar della hall e si congedò con Sebastian che stava leggendo i dossier delle scorte agricole disponibili sul passato Satellite gioviano. Si risvegliò nel cuore della notte quando sentì un rumore improvviso provenire dalla camera di sotto e vide che lui era rimasto sveglio per lavorare ininterrottamente fino al mattino, ancora una volta. Nel 2262 i meteorologi notarono delle perturbazioni nell'atmosfera Marziana che avrebbero creato un effetto di dispersione di calore a catena causando degli inverni molto rigidi nel polo sud almeno fino al 2275, in previsione di ciò fu stipulato un piano di prevenzione:
  • 14. una sovrapproduzione agricola planetaria che mirava a produrre notevoli scorte alimentari, l'organizzazione di squadre di soccorso, scorte farmaceutiche e la preparazione di altri beni di supporto come vestiari pesanti e scorte di Metano per vari scopi. L'insieme di questi provvedimenti e la loro applicazione costituirono il progetto "Contingenza d'Inverno" . La giornata di 13 iniziò ufficialmente al suonare della sveglia stranamente impostata due ore e mezza prima del dovuto. Indossata una semplice vestaglia uscì dalla stanzetta singola seguendo l'aroma del caffè di mandorle e di qualcos'altro profumato di vaniglia e burro cereale, in cucina trovò Sebastian intento ad aprire delle minuscole uova di quaglia con le sue manone da gigante senza romperne il tuorlo, mentre nella padella il grasso sfrigolava vivace attorno a quelle già riuscite. «Buondì bella addormentata, vedo che ti sei svegliata tardi», fece con tono scherzoso lasciando intendere di centrare qualcosa a proposito della sua diana. «Partiamo prima, ho pensato che potevo almeno scusarmi preparando una colazione degna di tale nome, ti consiglio di abbuffarti perché il viaggio sarà lungo ed ho il forte presentimento che faremo pranzo molto tardi, mi sa che porterò anche qualcosa da mangiare oltre alla grappa di riso per restare caldi», continuò con voce premurosa, tipica del suo buon umore. Evelin non era un tipo da carinerie del genere e la sua cultura a tavola non reggeva a lungo se paragonata col collega, inoltre era già passata l'incredulità iniziale di vivere insieme al Capo Supremo, ma doveva ammettere
  • 15. che continuava ad apprezzare quei momenti un po' intimi e Il Doge era pure un ottimo cuoco. Si sedette aspettando che arrivasse anche lui, intanto allungò la mano verso delle cialde e ne prese una, spezzandola, ancora calda ne uscì un profumo di vaniglia e zucca in sintonia perfetta, se la passò sotto il naso per guastarsi ancora più intensamente l'aroma delicato. «Questo è più leggero, scommetto che ci sono due tuorli!», lanciando la sfida a 13. «Certo, ed io scommetto che l'hai pure guardato controluce per esserne sicuro e fare il veggente, se vuoi impressionarmi allora riconoscilo insieme a tutte le altre senza guardare», continuando lei, sicura di averlo incastrato. Si alzò per raccogliere le uova restanti in una bacinella e ci aggiunse quella fortunata per poi sciac- quarle sotto acqua corrente per raffreddarle, così che non potesse sentirne la temperatura. Egli mise la mano nella ciotola senza guardare e ne tirò fuori uno, e lei era già soddisfatta nel vedere che aveva i segni sul guscio diversi. «Prima che tu affermi qualcosa, ti dico già che questo ne ha di sicuro due, ma è più leggero di quello che avevo in mano prima», leggermente impressionata lo vide infine scegliere l'uovo iniziale, aprendolo subito dopo nel pentolino rivelando infatti due rossi, seguito dall'altro doppio dotato. «Ho le mani sono molto sensibili, mi piace dare un po' di spettacolo ogni tanto». Mangiarono tutto di buon gusto, riuscendo a partire con più anticipo di quanto previsto. Si diressero verso l'autonoleggio dove lui aveva già riservato una vettura per spostarsi fino all'aeroporto del Koi, in cui era parcheggiato il loro piccolo trasporto privato, un Asa
  • 16. modello pombo. Portarono a bordo solo dei vestiti molto caldi e qualche utensile per camminare sulla neve o risolvere eventuali intoppi al freddo. Essendo un semplice van aereo coi rotori sotto la carena e due modesti propulsori laterali non fu necessaria alcuna preparazione particolare, bastò levare il telone protettivo mentre si avviava il motore, per potersi poi sollevare in verticale fino ad una quota sicura per il traffico aereo. Salita a bordo fece per sedersi nella cabina di pilotaggio pronta a far decollare il mezzo, ma Sebastian insistette: «Mi darai il cambio più tardi Evelin, adesso voglio giocarci un po' io», cercando di distrarla dalla rotta, intanto che lei già stava impostando la musica per il viaggio e supervisionava il lavoro svolto dalla flotta finora. Lui notò che la lista dei brani aveva una durata simile alla tratta, non si era ancora accorta. «Perché stiamo volando in questa direzione? C'è qualche tempesta oppure hai semplicemente voglia di goderti il panorama della Constancy?», domandò lei, forse ancora ignara di quanto stava per fare. Il pombo volava silenzioso tra le nubi rade brillando d'oro appena usciva alla luce del sole mattutino, sotto di loro boschi e prati sempreverdi si alternavano ai piccoli ed effimeri laghetti caldi tipici dell'equatore marziano. Stavano scendendo di quota con le riserve d'energia sufficienti per almeno altri duemila chilometri. «Scusami capo che stai facendo? Siamo partiti soltanto da otto ore, è davvero necessario sostare qui?» domandò, ora cosciente di cosa stava per accadere.
  • 17. Evergreen Falls, Cantone di Silver Hill, Provincia di Constancy. 05.02.2271 (22.12.2271) ora locale 15:23 La terra natale di Evelin poteva tranquillamente venire inclusa tra le meraviglie del Pianeta per le sue infinite colline erose dal vento dalla cui roccia argentea zampillavano ruscelli lungo la parete, che con il variare dell'angolatura solare proiettavano arcobaleni brillanti e scie luminose lungo i prati morbidi e tra le fronde degli alberi nei boschi. La cittadina era pure molto graziosa: una normale manciata di altissimi palazzi vitrei ospitavano la popolazione che preferiva però godersi le ampie piazze create nel centro urbano, dove le bancarelle variopinte dominavano il mercato. I coloni originari provenivano tutti da una città di media grandezza della costa orientale nordamericana, Agawam, partendo col vantaggio di conoscersi già fra di loro l'adattamento al nuovo mondo fu molto rapido per una piccola e neonata comunità, tant'è che le fiere di paese organizzate come esperimento sociale furono subito ben accolte e differenziate da quelle precedenti. Mentre l'aerovan si stava ricaricando quel poco che serviva ad ultimare il viaggio Evelin guidava Sebastian per le vie della cittadina mostrandogli la realtà quotidiana del posto, intrattenendolo con i suoi ricordi da giovane scalmanata. La passeggiata continuò nei sentieri che dal bosco portavano ai grandi prati tra le colline incantate. Il Doge ammise che dover partire da lì a poco avrebbe rattristato probabilmente più lui che 13, che
  • 18. seduta nel pombo stava versandosi allegramente del vino bianco, un vizio che era sicuro di avergli passato lui stesso. «Grazie per esserti fermato qui, mi ha fatto veramente piacere rivedere casa mia dopo così tanti anni» confidò 13, poi continuò ridacchiando «La vedi quella finestra illuminata a tre quarti del palazzo a sinistra? Io abitavo lì, sono sicura che ci vivano ancora i miei genitori perché mio padre non ha potuto fare il potenziamento e vede malissimo al buio, appena il sole inizia a tramontare accende tutte le luci, vedo che non si è ancora rassegnato a comprarsi degli occhiali» ammi- rando i magici riflessi del sole calante nella vallata, intanto che Sebastian prendeva un bicchiere per se. Poco dopo essere partiti 13 staccò gli occhi dal parabrezza nascondendo appena la sua gioia. «Sono nata e cresciuta qui, ma ho iniziato a vedere l'immensa bellezza di questo posto solo ad undici anni e comunque non l'avevo mai visto dall'alto fin'ora. A pensarci bene ho potuto godere di questa meraviglia principalmente per merito tuo, forse dovrei ringraziarti ancora», disse quasi timidamente. Essendo nata cieca Evelin dovette pazientare la grazia del potenziamento, ovvero la fase in cui il corpo si è totalmente adattato al nuovo genoma e ricostruisce per una sola volta tutte le parti mancanti o difettose di se portando anche notevoli miglioramenti alle capacità fisiche ed intellettive dei potenziati: così i tetraplegici possono correre insieme a fanciulli una volta affetti da sindrome di down, gli amputati riottengono l'arto ed i bambini come lei iniziano a vedere la magnificenza del mondo.
  • 19. Questo dono, che si basava sul corpo perfetto del Doge e sulle sue ricerche in merito, fu il primo contatto fra loro due. Da allora 13 è ossessionata dalla grandiosità di colui che le diede un'alternativa al buio perenne, divenendone una fedele ed implacabile seguace, ottenendo risultati impensabili pure per chi ottenne l'evoluzione indotta. Cielo della Karmachta, 06.02.2271 (23.12.2271) ora locale 07:36 Volarono per oltre novemila chilometri nell'arco di un giorno intero per raggiungere Oreil Gerisenko, un ex Consigliere Federale con una notevole conoscenza dell'urbanistica residente in quella Provincia sfortunata. 13 stava pilotando senza sforzo in una turbolenza sufficientemente brusca da mettere in crisi il pilota automatico, intanto Il Doge discuteva telefonicamente col Cancelliere sull'orario della riunione d'emergenza, resa problematica a causa della tempestività richiesta. «Arthur non me ne può interessare di meno di quello che potranno pensare, se hanno deciso di mettersi a disposizione per la cosa pubblica accetteranno anche quest'incombenza!». Disse animatamente, ricevendo una risposta non gradita, «Dispiacerebbe anche a me per carità, ma qui la situazione è urgente... non posso permettermi di perdere tempo! Senti, invia a tutti le tre opzioni che ti inoltrerò fra un paio di minuti. Per me è indifferente quale, anche se penso che la più ragionevole sia di riunirci tutti al massimo entro domani sera, intanto fai passare bene il messaggio, mi raccomando, grazie
  • 20. mille» concluse la chiamata con uno sbuffo infastidito, il Cancelliere non poteva essere criticato assolutamente nel suo operato, ma come persona era assai fastidiosa. «Arthur che fa i suoi capricci da sindacalista?», chiese 13 incuriosita. «E cos'altro se no?! Sarà pure zelante nel lavoro ma deve ficcarsi in testa una volta per tutte che L'Assemblea fa quello che dico io, senza discussioni.», borbottò infastidito per poi avvicinarsi al frigo in cerca di una birra, troppo vecchio per rimuginare su delle sciocchezze. Il mondo sotto di loro aveva perso ogni colore, diventando di un bianco asettico e sconfinato. La turbolenza era finita, ma Evelin decise comunque di calare di quota per l'ultima tratta, sia per distinguere meglio un qualsiasi nodo di parcheggio dove ricaricare il velivolo, sia per godersi meglio il panorama ovattato. All'orizzonte cresceva Novisgrado, la loro meta. Una volta atterrati si cambiarono velocemente gli abiti prima di uscire, con il motore spento da poco sentivano già il precipitare della temperatura. Uscì prima lui per parlare con gli operatori dell'aeroporto chiedendo quanto fosse alta la neve, venendo a conoscenza che le strade principali fossero sgombre e che per il resto tutto ne era ricoperto come minimo da due metri. Decise di portare con se le racchette, più tardi gli sarebbero tornate utili se avesse voluto esplorare la zona. Il sole stava timidamente sorgendo da poco, avvolgendo il mondo in una penombra cupa e gelida, all'esterno della struttura Il Doge respirava piano dell'aria densa e carica di microscopici cristalli di ghiaccio che gli raschiavano i polmoni ad ogni inalata, con 13 al suo fianco intenta a
  • 21. convincerlo di indossare una maschera protettiva. Subito consci che i servizi di trasporto erano praticamente soppressi a causa del blocco totale della produttività si avviarono a piedi verso il centro. La realtà intorno a loro ribadiva il più tragico dei rapporti, dove le serre producevano ortaggi in grandi quantità vi era soltanto una distorto profilo di neve e ghiaccio che di tanto in tanto offriva la vista del suo interno, mostrando solo ripiani colmi di fusti e rametti secchi. Dei pali metallici ricoperti di brina segnalavano il percorso interrotto ormai da mesi di una ferrovia che puntava dritta all'aeroporto, praticamente dismesso anche quello. Tra prati innevati e ampie pinete che si ergevano solitarie come grigi isolotti di una banchisa sulla terraferma, una tetra e candida desolazione si espandeva a perdita d'occhio, con Novisgrado lontana ad apparire come un'illusione, lo spettro di una cattedrale dispersa nel gelo più assoluto. Corsero a grandi balzi sulla strada ghiacciata per un paio di chilometri con la grazia di una coppia di ermellini, la città non era più così distante e riuscirono a raggiungerla ancor prima che il sole si elevasse del tutto all'orizzonte. Ciò che si ipotizzava all'esterno del centro abitato era perfettamente in linea con la realtà generale, la strade sgombre non riuscivano ad alienarla dal gelido ambiente esterno e ovunque regnava silenzio e staticità, non un'anima oltre la loro si trovava per le vie, le vetrine troppo appannate non concedevano sguardo ad un mondo interno più vivo ed i palazzi ricoperti di brina parevano vuote conchiglie. Un ignaro viandante sarebbe
  • 22. stato subito convinto di trovarsi davanti ad una città morta e dimenticata, conservata nel ghiaccio da chissà quanto tempo, ma forse ciò sarebbe successo solo nelle tarde ore perché quello spettacolo era sì sconvolgente e ai limiti del catastrofico, ma comunque effimero come la notte stessa ed il sole ormai sorto stava già sciogliendo quel mondo rigido e albino in un posto sì isolato ma comunque tenace nel mantenersi vivo. Ben presto gruppi sempre più massicci di persone si spostavano veloci da una parte all'altra delle strade per giungere al posto di lavoro o semplicemente per cambiare aria nei polmoni ed assorbire quel poco di luce solare che bastava per mantenersi in forma. Il loro cammino si arrestò davanti un bistrò nel centro della piazza medvedi, dove entrarono insieme, con Sebastian che gentilmente teneva la porta alla collega. Di Oreil non c'era manco l'ombra, del resto erano in netto anticipo, decisero quindi di avviarsi all'albergo dove avrebbero pernottato, rendendosi conto che era nello stesso palazzo che ospitava il locale. Furono ricevuti con grazia e cordialità, accompagnati fino in camera dal personale che si congedò con calma dopo aver controllato se ci fossero farfalle negli armadi, era una stagione mancata e alcune camere non venivano usate da qualche mese. Sistemati i pochi bagagli scesero nuovamente nel bistrò. All'entrata 13 notò un cartello appeso che riportava in cirillico il nome del posto, ''мотылек'', significava ''falena'', ed era sicura che prima non fosse appeso. Una volta entrati non lo trovarono nuovamente ma si sedettero lo stesso per bere qualcosa, lei chiese una birra piccola mentre lui non si fece proble-
  • 23. mi a ordinarne una da litro, il barista fu però spiacente nel confidargli fosse finita e che non ci fossero riforni- menti in previsione. Dopo essere tornati al tavolo con due tazze di thé bollente 13 chiese distante, «Il tuo amico non arriva più o pensi che sia rimasto bloccato nel ghiaccio?», ancora concentrata su quel particolare del cartello. «Credo sia più vicino di quanto possa sembrare, lo conosco abbastanza da essere sicuro che non sia un ritardatario», rispose mentre gli indicava con un cenno del capo di guardare verso il corridoio del locale. Lei girò lo sguardo nel momento in cui ne comparve un uomo anziano che si strofinava le mani sui pantaloni. Il Doge si alzò senza destare troppo l'attenzione del bistrò semivuoto ed andò a stringergli calorosamente la mano. Oreil esordì. «Avrei preferito offrirle da bere in una circostanza migliore, spiacente non possa vedere il fascino di casa mia per quello che realmente è in grado di offrire», si sedette tranquillo al loro tavolo. «Ma comunque è un bene che sia venuto di persona, qui la situazione peggiora di giorno in giorno e se dovesse tornare a nevicare saremo in seria difficoltà». «Ti prego, sto già prendendo dei provvedimenti ma ho bisogno di quante più informazioni possibili, so che in Karmachta state riscontrando maggiori difficoltà rispetto alle Provincie più meridionali quindi è meglio se mi fai un quadro specifico». Lo esortò Sebastian. «Certo, siamo qui per questo, in ogni caso le ho preparato un dossier dettagliato come mi ha chiesto. Innanzitutto deve sapere che qui si raggiungono temperature bassissime a causa della conformazione del territorio circostante, quindi è
  • 24. scontato che faccia sempre più freddo delle altre Provincie. Principalmente è dovuto all'assenza di grandi bacini d'acqua e dalla presenza della grande valle della Grisenia da cui spira una notevole massa d'aria gelida. Premesso questo iniziamo coi disagi: nonostante il vento le pale eoliche sono ferme e congelate, e si è già perso oltre il 70% delle nostre fonti energetiche, abbiamo provato con dei pannelli solari ma si ricoprono di brina continuamente, da questo punto di vista però il problema risiede più nelle centrali a fusione, sono strutturate in modo che possano soddisfare anche l'intera domanda, ma l'isolamento delle vie di comunicazione rende pressoché impossibile il rifornimento e quindi scarseggia energia pure da quella fonte. Il compostaggio da biogas è poi dannatamente rallentato dal freddo. Rimangono quindi attive le centrali geotermiche cittadine e due piccole dighe sufficienti solo al Cantone del Vlad, la scarsità di energia ha portato come conseguenza all'inevitabile abbassamento generale della temperatura dei palazzi, siamo passati da 18 gradi a 10, ma la notte viene spento il riscaldamento, così che possa essere disponibile più energia per i boiler d'acqua calda. Questo però ha portato la popolazione ha chiudersi in casa, con la conseguente diffusione di agenti patogeni di cui abbiamo già discusso. Tornando a parlare delle vie di comunicazione: le strade principali delle città e dei loro dintorni sono sgombre o perlomeno agibili con un po' di cautela, le ferrovie invece sono andate, ma comunque non ci sarebbe stata corrente a sufficienza quindi abbiamo preferito ritirare i vagoni e sfruttare quel poco ricavato
  • 25. per il traffico a ruote, il Mjun è ghiacciato quindi i battelli fluviali sono fuori gioco da Vastur fino alla costa e abbiamo ritirato pure quelli, le piste d'atterraggio sono tutte provviste di serpentine per prevenire il ghiaccio, ma se dovessero essere private d'energia diventerebbero inagibili alla prima nevicata. Per i rifornimenti rimangono quindi poche strade che ci collegano a nord o ad altre vie e finora otto aeroporti seriamente sfruttabili. La produzione agricola è praticamente ferma, solo gli orti dei palazzi sono attivi. La fauna locale ne sta soffrendo seriamente e ci sono stati talmente tanti avvistamenti di branchi di animali che è stato consigliato un coprifuoco notturno ai cittadini, non che abbiano creato particolari danni, ma è sempre meglio premunirsi. Noi a livello provinciale stiamo calcolando la quantità di mangime necessario per poter assistere gli animali selvatici, ma come ben sa se il cibo scarseggia per le persone è difficile trovarne altro per le bestie. In quanto all'abbigliamento non ci serve altro che delle maschere protettive per i microcristalli sospesi in aria e questo è probabilmente l'aspetto meno urgente. Necessitiamo invece di rinforzi sanitari e rifornimenti di medicinali, la Karmachta ha un tasso di potenziati inferiore alla media planetaria e ne vien da se che delle epidemie non sono da escludere. Per tutto il resto troverà i dettagli per i singoli Cantoni nel fascicolo», e si ammutolì. «Ci sono stati dei decessi causati dal gelo?», chiese schietto Sebastian. Gerisenko rispose sospirando appena «Pagina 18», Il Doge aprì il dossier e lo richiuse dopo appena un secon-
  • 26. do. «Дерьмо, der'mo». Fu la sua unica affermazione prima di alzarsi e andare verso il gabinetto. Una volta entrato andò subito verso il lavandino, aprì il rubinetto e si sciacquò il volto aspettando che i pensieri si attenuassero. Aveva errato le sue previsioni dando per scontato che la maggior parte della popolazione avrebbe seguito le direttive, sottostimando di conseguenza il tasso di mortalità. ''Sono arrivato in ritardo'' continuò a ripetersi. Aveva il dono di una concentrazione ferrea, ma in quelle situazioni era una condanna a non potersi focalizzare su una soluzione, in pochi istanti produsse una stima della conta totale di decessi che considerava causati dal suo ritardo, poi ne calcolò un'altra e tante altre ancora, ne fece una media che doveva avvicinarsi tremendamente alla realtà. Si sciacquò di nuovo il volto cercando di meditare, si convinse che non fosse colpa sua valutando a memoria le cifre di altri disastri naturali ed applicando le variabili del caso. Il suo obiettivo era quello di poterne aiutare il maggior numero possibile, quindi si focalizzò su questa intenzione e tornò lucido, si rinfrescò per l'ultima volta e fermò l'afflusso d'acqua, cercò qualcosa per asciugarsi e si arrangiò con una salvietta di carta morbida per poi uscire dalla sala da bagno. Non gradiva che qualcuno potesse vederlo in un momento di cedimento, per questo si era ritirato quel mezzo minuto sufficiente a tornar calmo e concentrato, con tanto di piano d'azione pronto e già adattato per ogni evenienza. Si sedette nuovamente vicino ai colleghi, rivolgendosi a Oreil. «Con questo dossier ho ottenuto importanti conferme, hai svolto un lavoro certosino
  • 27. contribuendo a questa causa e per questo ti meriti un serio ringraziamento». Congratulandosi con lui, facendogli brillare gli occhi dalla commozione. Finito il complimento tornò a parlare. «Rimangono quindi le direttive che ti ho inoltrato ieri e che dovrà applicare la Provincia: -Perseverare con le campagne di sensibilizzazione sulla salute e prevenzione. -Sfruttare e aggiornare il più possibile i collegamenti e gli spazi sotterranei: la gente non deve essere esposta al freddo, chiaramente vanno controllati i sistemi di ventilazione. -Stilare un piano dettagliato con progetti definiti per le infrastrutture da proteggere o erigere, per ogni necessità vi verrà fornito senza alcun onere la manodopera con tutto il necessario direttamente dalla Confederazione o da me. -Stilare ed aggiornare continuamente un elenco delle necessità sanitarie che vi verranno fornite senza oneri. -Stilare un registro che mostri il luogo e la quantità di generatori a metano e relativo biogas che vi fornirò io stesso e adattare la rete elettrica di conseguenza. Nella lista includerete anche la quantità di isotopi di idrogeno necessari al funzionamento delle centrali a fusione, con la raccomandazione di privilegiare gli impianti già esistenti, al carburante ci penserò io. -Sviluppare un piano d'evacuazione di emergenza per mezzo delle navi da trasporto che verranno dislocate a breve per ogni Cantone. -Infine, collaborare attivamente con le altre Provincie per
  • 28. quanto riguarda i provvedimenti della contingenza d'inverno ed incentivare lo scambio di conoscenze e materiali. Io prendo l'impegno di trasmettere queste direttive alle altre regioni ed ho già indetto una riunione d'emergenza con L'Assemblea federale che dovrebbe svolgersi al più tardi dopodomani in cui prenderemo delle misure efficaci per affrontare la situazione». Ci fu un breve momento di silenzio quando al loro tavolo si presentò il barista. «Salve, mi perdoni Egregio, prima le ho mentito a proposito della birra, in magazzino ho ancora qualche bottiglia ma preferivo venderla agli operai che si fanno in quattro per tenere le strade sgombre. Non ho potuto fare a meno di ascoltare la vostra conversazione e vi sono personalmente grato per il grande impegno che state prendendo per aiutare la nostra comunità», dopodiché offrì una bottiglia a testa della preziosa birra locale, facendo quasi lusingare Il Doge in persona. Quella notte Sebastian uscì in città per ammirare il mondo intorno a se congelare supino. I riscaldamenti dovevano essere stati spenti da poco perché le finestre erano ancora terse. Vagando per le strade pattinava quasi spensierato sulle sottili lastre di ghiaccio formatesi da poco, finché d'un tratto si accorse che lo spettacolo stava per cominciare: il calore residuo dei palazzi non fu più sufficiente a mantenere liquida la condensa sulla propria superficie, che prese istantanea a brinargli addosso coprendoli con uno strato di polvere candida che si infittì rapida nell'arco di mezz'ora. Ogni singola struttura
  • 29. appariva come una stalagmite di ghiaccio fresco. Con le folate di vento più sostenute si poteva osservare il cammino dell'aria contorcersi fra i grattacieli portandosi dietro parte della brina che risplendeva sotto i raggi scarlatti di Io. Affascinato da quell'insolita vista si distrasse del tutto, ignorando gli aromi che gli passavano sotto il naso, cosa che scatenò in lui un certo sgomento quando si trovò 13 al suo fianco, uscita pure lei per una passeggiata al fresco ne aveva seguito la pista odorosa, curiosa di trovarlo ad osservare il nulla per poter così riflettere sui concetti del mentore, troppo astratti per essere descritti nei suoi temi. «Stai pensando di nuovo al punto perfetto?», gli chiese interessata. Lui rimase assorto nei suoi pensieri per qualche istante prima di rispondere a bassa voce. «No, anche se ti confido che sono abbastanza vicino ad avere dei risultati. Ora sto semplicemente osservando gli animali». Le fece cenno verso la fine del vicolo, facendole capire di rimanere quanto possibile in silenzio. Sotto la luce di Io si notava in lontananza un branco di lupi grigi vagare in cerca di una preda, spinti dalla fame e dal freddo fin dentro il centro urbano. Una renna corse fuori da un incrocio dopo aver fiutato il pericolo, venendo subito rincorsa dai predatori. Sebastian le corse subito dietro, mentre un banco di spesse nubi coprì il satellite, risaltando le stelle del cielo rimasto sgombro. Evelin riuscì a raggiungerlo e rimanere al suo ritmo, evidentemente non stava dando il massimo delle sue capacità, superarono il branco appena fuori dalla città, corsero nei prati fino a precipitare nel buio totale. Il Doge continuava a correre imperterrito,
  • 30. percependo il calore e seguendo gli odori, 13 gli stava affianco forte delle stesse abilità. Sebastian valutò che la distanza dovesse essere di circa quattrocento metri, quella renna correva dannatamente più veloce dei predatori, assai indietro rispetto a loro. Accelerò quanto gli permisero le gambe e raggiunse la preda in appena ventidue secondi. La renna appena davanti a lui continuava a curvare per tentare di seminarlo, scappando inutilmente al proprio destino. Continuò a braccarla aspettando che si stancasse a sufficienza da non cambiare più direzione. In quel momento alzò fulmineo la mano verso il cielo e gli scatenò tutta la sua forza sul collo, spezzandolo ed uccidendola istantaneamente. La renna cadde rovinosa al suolo, continuando a procedere d'inerzia per qualche metro prima di fermarsi esanime in una posa contorta e sgraziata. Il Doge arrestò la sua corsa appena dopo il colpo mortale e fissò il branco e 13 lontani correre verso di lui mentre tornava composto. Evelin sopraggiunse prima delle bestie, ansimante e confusa. «Spiegamelo», fu l'unica parola che pronunciò tra un profondo respiro e l'altro. Arrivarono i lupi che si disposero in cerchio attorno alla preda, ringhiando e ululando. «Quando gli uomini se ne vanno, i lupi coprono il loro passaggio». Si chinò davanti alla renna. «Ma tornano affamati e non voglio che una persona venga sbranata da un branco che ha perso la docilità a causa della fame». Spiegò tranquillamente lui, intanto che le belve sbavavano tutte attorno alla preda. 13 chiese ancora. «Perché non se la stanno mangiando?». «Perché il primo morso spetta al capobranco». Tagliò corto lui.
  • 31. Sprofondò i denti nel collo della preda e ne strappò un grosso pezzo di carne, poi si alzò e permise così ai lupi di divorare tutto il resto. Prese in mano il boccone. «Vuoi favorire?». Lo offrì per scherzo ad Evelin. A lei sfuggì una risata intanto che fissava il branco spolpare la propria cena. Quei lupi erano palesemente denutriti, ma Sebastian aveva notato un particolare nel loro vagare: Non erano un branco, o per meglio dire, non lo erano mai stati prima. Osservandoli capì che gli mancava una gerarchia e ne dedusse che dovevano essersi uniti a causa della fame. La renna al contrario sembrava cavarsela egregiamente in quella situazione, visibilmente carica di carne e grasso, scattava di fatto anche più velocemente dei suoi stessi simili. Sicuramente aveva già diffuso una prole resistente, capace di fiutare licheni ed erbe a grandi distanze. Quella renna poteva anche essere essenziale ai lupi per superare l'inverno, favorendo così un limite al prosperare di erbivori durante l'estate, che avrebbero a loro volta consumato ogni fonte alimentare offerta dai boschi, minando l'intero ecosistema. La caccia aveva una sua logica. Questa fu la lezione del Doge, di cui spiegò le regole a 13, intanto che il pezzo di carne arrostiva sulle braci di un fuoco spento da ore. Sulla strada di ritorno il vento crebbe impetuoso, rendendogli difficile la vista. Camminarono rapidi fino all'albergo. Entrando in tutta fretta non si accorsero nemmeno che l'insegna staccata del bistrò volò sopra le loro teste, mancandoli di poco.
  • 32. Palazzo Federale, Capitale dell'Unione, campagne del Sahara 24.12.2271 ora locale 11:26 «Nell'attesa di questa riunione sono riuscito a conversare coi governi locali ed ho ottenuto ulteriori analisi» Fece il Doge all'Assemblea. «I Consiglieri marziani dovranno garantire una collaborazione con Provincie e Cantoni su disposizioni favorevoli ad assistere l'emisfero sud». - «I terrestri ed i venusiani sono tenuti a offrire un adeguato supporto di beni alimentari e farmaceutici. Eventualmente anche degli operatori locali potranno collaborare direttamente con i marziani sotto la vostra supervisione». - «Ai governatori della Fascia Principale consento di erigere nuove miniere e aumentare la produzione di metano destinata a Marte. Vi presenterò un bilancio dei margini di espansione». - «Ai Consiglieri coloniali chiedo pazienza nei progetti di civilizzazione e la vostra solidarietà nei confronti di Marte riguardo alla riduzione dei beni di sussistenza». La riunione terminò in un paio d'ore, negli ultimi atti non vi furono votazioni contrarie alle sue direttive, nessun dibattito né ricorso. Congedandosi augurò ai festeggianti una buona vigilia di Natale.
  • 33. Dal centro dei pulpiti vedeva entrambe le camere in cui oltre quattromila parlamentari erano seduti vicini in due sconfinati anfiteatri sovrapposti per rappresentare la propria Provincia. Il Doge svanì dall'immensa sala disattivando la comunicazione istantanea, spegnendo la sua proiezione olografica. Su Marte nel frattempo preparava il passaggio sulla Leviatano insieme a 13, che era l'unica altra persona presente in una rimessa enorme nel cuore di una piccola montagna, ma abbastanza ampia da permettere lo stoccaggio di innumerevoli container. Attivò un portale nella parete, da cui si aprì un varco largo un paio di metri, oltre cui si manifestò la vista di un'immensa galleria. Il varco fungeva da intersezione passiva tra la Leviatano e la camera, che erano adiacenti in quattro dimensioni. Oltrepassandolo giunsero in uno dei tanti tunnel d'ingresso della Nave, dove li attendeva il jet parcheggiato nel mastodontico porticato. Monti della Ceresanja, Provincia di Zikebria. 07.02.2271 (24.12.2271) Ora locale 24:12 Dietro di loro il camerone si comprimeva su se stesso. La roccia in stato supersolido scivolava nella pietra viva senza attrito e mantenendone la forma, ripristinandone il volume originale. La montagna innevata rifletteva la luce di Io pochi chilometri distante da una Akhni sormontata da una nave da trasporto lunga la metà della città stessa, dove Il Doge consultò di persona le Provincie. Situata in una valle tanto impervia e disabitata da dover essere trasportati da un aeromobile della flotta fino all'accesso,
  • 34. in quel monte vi era incastonata una delle tante ancore iperspaziali della Leviatano che permettevano di colle- gare i punti di sbarco direttamente all'interno della Nave. Ingresso 621, Galleria di sbarco P90-F38, Interno della Leviatano, in orbita sopra Harriot, Sistema Copernico. Salirono sull'aerotrasporto della Flotta Leviatana per spostarsi velocemente negli atri colossali della Nave e raggiungere la sala di comando. Il jet volava silenzioso nei corridoi superando abbondantemente la velocità del suono, percorrendo centosessanta chilometri tra curve e rettilinei arrivarono a destinazione in pochi minuti. Atterrati davanti all'ingresso procederono a piedi nel centro di controllo, venendo salutati ed accolti in maniera rigorosa dai tecnici di pilotaggio onorati di rincontrarli. Prima di impartire le direttive di volo Sebastian venne assicurato che le astronavi della Flotta non impegnate in operazioni fossero tutte rientrate sottocoperta. Delle Colonie di Harriot solo su Hyerés si poteva scorgere la Leviatano lontana nel cielo luminoso della primavera locale. Distante dal Mondo nascente ben oltre un milione di chilometri la Nave transitava nel cielo brillando del pallido blu argentato dell'osmio cristallino del suo scafo. La sua ombra si posava accresciuta in prospettiva sul pianeta principale, un gigante gassoso che splendeva di sfumature nebulose dal giallo all'arancione
  • 35. distese su uno sfondo verde acqua. Prossima a essere occultata da Harriot la Nave appariva come una scheggia che penetrava nel gigante celeste. Nell'istante precedente a venir celata del tutto svanì dalla realtà slittando elegante nello spazio tetradimensionale. Impiegando una porzione ridicola del suo potenziale salpò a gran velocità verso una meta lontana.
  • 36. Confini Subsistencia, Campagne del Sahara 31.12.2271 Ora locale 16:14 Tra le praterie si snodava placido il grande fiume Kusini, diramandosi in infiniti percorsi diretti verso l'atlantico. Sulle sponde di un suo braccio navigabile si ergeva imponente il palazzo del Governo contornato dalle residenze dei suoi rappresentanti e dal bosco bruno che si diradava nel verde brillante dei campi coltivati, sotto una piacevole brezza d'aria fresca il Cancelliere ed il Consigliere delle Provincie Koki Chi-Huan stavano trascorrendo le ultime ore di quel mite pomeriggio sulla terrazza di quest'ultimo, gustandosi il vino avanzato dal cenone natalizio accompagnato da qualche fetta di panettone leggermente raffermo. «Non lo so Arthur, comprendo le circostanze, ma proprio non riesco a capire il perché di tanta urgenza: ci stavamo già organizzando coi nostri cittadini, forse ci sarebbero volute un paio di settimane ma ci stavamo già muovendo in quella direzione. Perché è dovuto intervenire Il Doge con tutta quella fretta?». Chiese Koki al collega. Arthur rifletté sulla risposta per un intero minuto prima di rispondere, cercando di scartare le proprie congetture più improbabili. «Ormai lo conosco personalmente da quasi
  • 37. quattordici anni ma una cosa che ho capito sin dal primo giorno è che quando qualcuno si trova in difficoltà lui si sente chiamato in causa, tenendo conto che la situazione è decisamente critica è più che comprensibile il suo perlustramento della zona e la presa di responsabilità». «Tradotto in sessantatré pagine di direttive consegnate ai rappresentanti di quegli stessi territori che si stavano già impegnando per risolvere il problema; continuo a non capire...». Ribatté il consigliere marziano leggermente frustrato. «Tradotto in sessantatré pagine di ottime direttive, sicuramente pesanti, ma la qualità del lavoro è innegabile, nonostante ci siamo scontrati a causa della riunione improvvisa durante una festività molto seguita». Riprese a parlare con tono più disinvolto. «Anche se ritengo le sue preoccupazioni fondate, ammetto di avere la netta sensazione che tutta questa fretta sia dovuta ad una volontà di risolvere quest'unica problematica prima di partire, come per assicurarsi di lasciare tutto in ordine durante la sua assenza, come se non fosse convinto delle capacità del Governo». Koki sogghignò a quel pensiero. «Quello non ha ancora capito che tutto ciò che tocca diventa oro, dannazione... l'Assemblea è opera sua! Ci sarà pure un motivo se non è mutata in secoli di legislature!». «Vai a capirlo», continuò Arthur. «Ogni tanto io penso che potrebbe tranquillamente affidare la politica interamente al Governo e dedicarsi pienamente alle sue ricerche!», azzardò. Koki borbottò «Sarebbe utile se iniziasse a condividere tutto quello che ha già scoperto» Arthur inarcò le sopracciglia. «Parlo della sua nave, della tecnologia assurda che la compone! Sono
  • 38. sempre più convinto di poterla chiamare magia e di non esagerare. Con quelle conoscenze i problemi come l'inverno meridionale su Marte potrebbero essere tranquillamente risolti in poche ore. Per come la vedo io questa segretezza è un atto di egoismo ed un capriccio di protagonismo, come se avesse il bisogno di dimostrare di essere il migliore in ogni campo». Concluse Koki, totalmente disinibito dal vino. Arthur posò il bicchiere con un espressione di disaccordo, non simpatizzava particolarmente col Doge e sapeva che la cosa era reciproca, ma nutriva per lui una profonda stima. «Posso in parte essere d'accordo con te sul suo modo di imporsi, ma ti assicuro che è una delle persone più generose e pazienti che siano mai nate, se non condivide col popolo tutte le sue scoperte è perché non siamo ancora pronti per tali conoscenze, rischieremmo di espanderci nel cosmo fino a far crollare lo Stato e la grandiosità dell'unità. Se vogliamo progredire non abbiamo altro da fare che perseverare con la ricerca, e proprio grazie ai suoi progressi ignoti gli scienziati sono dediti a scoprirne i meccanismi e farci progredire, e ciò conferma ancora la sua generosità». Dopo aver sbottato decise di concludere con più calma. «Una volta Il Doge mi disse che siamo fatti per durare, ma dobbiamo accontentarci di restare semplici umani. Ed intendeva di non eccedere col progresso, di restare in una realtà umana: la crescente conoscenza è praticamente intrinseca nella nostra specie, ma il giorno in cui potremo manipolare la realtà stessa le nostre caratteristiche naturali saranno irrilevanti, col rischio di perdere la nostra umanità. Stesso discorso per
  • 39. l'espansione: sei pianeti sono la nostra realtà, un giorno saranno cento, un giorno forse molti di più. Lo spazio è immenso ma se immaginiamo di colonizzare anche solo la nostra galassia, come possiamo pretendere di restare uniti con tali numeri? A cosa serve potere tutto?» Avamposto ''Ferdinandea'', Cratere Rongo, Cerere 31.12.2271 Ora standard 17:11 Puntamento riuscito, temperatura d'impiego raggiunta. Procedere alla fase successiva: attivare i magneti superconduttori. Invio del rapporto alla meta. Selal supervisionava il funzionamento del lanciatore ad alta energia a cui aveva contribuito alla progettazione. Se i suoi calcoli si fossero dimostrati validi l'astronave in procinto di partire avrebbe imposto un nuovo primato nel campo della velocità superluminale. Quella macchina era studiata per imprimere accelerazioni molto superiori a quelle impiegate ordinariamente, ma dopotutto i viaggi interstellari richiedevano oneri assurdi e quindi era imperativo garantirne la riuscita, anche se la prudenza implicava uno zelo quasi tarpante. L'incidente della prima rotta verso Copernico, dove una delle otto navi uscì prematuramente dall'iperspazio disintegrandosi o perdendosi nello spazio interstellare era un monito che dopo ottant'anni ancora tormentava l'immaginario popolare, specie nei momenti in cui si è responsabili di vite altrui. Momenti come quello erano il suo quotidiano. Tremila chilometri sopra di lui orbitava il lanciatore: una
  • 40. sorta di gigantesca bobina magnetica capace di conferire ai fotoni una massa virtuale di oltre un centinaio di MeV senza però rallentarli nella loro corsa frenetica. Appena giunse il nulla osta dal sistema di Copernico un tecnico comunicò all'astronave la fase successiva. Nella nave incrementarono al massimo il regime del reattore a fusione, l'energia convertita sotto forma di radiazione elettromagnetica venne incanalata dentro un circuito di fibre ottiche capaci a loro volta di conferire alla luce una massa virtuale minima, a scapito però della sua velocità. Alterate le sue proprietà fisiche veniva infine trasferita nelle campane di propulsione rivestite in lega di rubidio su cui rimbalzavano i fotoni cedendo alla nave una spinta uguale e contraria alla loro, perdendo così la massa virtuale e sfuggendo alla velocità originale fuori dagli ugelli. In breve tempo l'astronave raggiunse così il limite massimo di centottanta chilometri al secondo, poco più di un mezzo millesimo della velocità della luce, per poi fiondarsi nel lanciatore dove i fotoni non più alterati dalle fibre ottiche acquistarono masse enormi, potendo accumulare quantità di moto impossibili la nave superò quasi istantaneamente la velocità massima permessa nella nostra dimensione. I bosoni di Higgs, che avrebbero dovuto concedere alla nave un aumento della massa proporzionale all'accelerazione non riuscirono a trasmetterne le informazioni a causa della loro relativa lentezza nei confronti della stessa, dovendo comunque per loro natura interagire con tutta la materia massiva si sviluppò, con l'aumento della distanza, una tensione tale
  • 41. da farli evaporare in tachioni, evitando di imprimere accelerazioni fatali all'equipaggio. Queste particelle con massa immaginaria non potendo interagire con quelle di massa positiva furono respinte anziché attratte; facendo da scudo allo scafo che avrebbe impattato con la materia sparsa intorno disintegrandosi come in un acceleratore di particelle. Uscendo dal lanciatore la struttura dovette riequilibrarsi alle regolari leggi fisiche che avrebbero imposto un istantaneo rallentamento ed una probabile annichilazione dell'astronave una volta privata della protezione dei tachioni; possedendo però una quantità di moto tale da non permetterne nemmeno lo scambio di informazioni, che potevano diffondersi al massimo alla velocità della luce, essa mantenne inalterato il suo livello d'energia, talmente elevato da necessitare un'ulteriore dimensione per poterlo dissolvere, entrando repentina nell'iperspazio, lasciando come traccia soltanto uno spettro luminoso spostato verso il rosso irrazionale. Dalla Ferdinandea analizzarono le comunicazioni di risposta rimbalzare tra il lanciatore in orbita e quello su Harriot, confermando l'integrità dell'astronave. I calcoli sull'effetto doppler evidenziarono una velocità inaudita, duecentosessanta volte superiore alla luce. Il viaggio tra i due sistemi da quel momento in poi sarebbe terminato in sicurezza quasi tre settimane in anticipo rispetto alla consueta ottantina di giorni. Nei giorni successivi altre navi sarebbero salpate trasportando miliardi di semenze necessarie a metabolizzare le lande di Guadalajara e stabilirvi un tenue accenno di biodiversità.
  • 42. Habitat 42, Interno della Leviatano, in viaggio nell'iperspazio. 31.12.2271 Ora standard 22:31 Il Doge correva a fianco dei binari, scansandosi da rari passaggi di treni. Correva da ore beato tra prati incolti e colline di brughiera mentre un sole artificiale si spegneva lentamente duemila metri sopra di se in un soffitto adibito a mo' di cielo. Una cittadina si stava lentamente prostrando d'innanzi a lui, assai distante la si notava appena se non provvisti una vista acuta come la sua. Una cittadina popolata perlopiù dai ricercatori, come la maggior parte degli insediamenti di quella regione. La terra artificiale si sviluppava rigogliosa per cinquecento chilometri in largo ed il doppio in lunghezza. Riposta in un antro all'interno della Nave, costituiva solamente uno dei trecento ripiani di eguali dimensioni, ma già da sola offriva vari habitat anche molto diversi fra loro, ricchi di flora e fauna dalla grande varietà. Il Doge smise di correre quando notò davanti a se una piccola mandria di caprioli, per osservarli con discre- zione mentre brucavano. Spesso si chiedeva in quanto tempo si sarebbero distinte geneticamente le specie nei vari piani, essendo irrimediabilmente separate e vivendo pure in condizioni ambientali diverse. Quando fece vibrare le stringhe per creare la Leviatano e tutto il suo contenuto aveva a disposizione sì centinaia di copie di ogni specie catalogata, ma erano appena a sufficienza per garantire un rimescolamento dei geni ed infatti la corrispondenza dei caratteri era ancora elevata tra tutti
  • 43. gli habitat. Con quelle condizioni per notare appena un minimo segno di speciazione ci sarebbero voluti millen- ni, ma era ostacolo che a lui si presentava solo come una questione di pazienza. Si alzò un venticello delicato in direzione della mandria portando con se l'odore del Doge, allertando i caprioli che subito fuggirono a grandi balzi. Il Doge riprese a correre verso la cittadina. Nella sala di comando il personale assisteva Meme con l'amministrazione delle attività della Leviatano. Il lavoro di Meme era indispensabile per la gestione efficiente di un mondo semovente lungo ben quattromilatrecento e trentotto chilometri. Meme era l'unica intelligenza artificiale riconosciuta come tale, ovvero in grado di elaborare un informazione in entrata producendone una in uscita, apprendendo autonomamente. Sviluppata direttamente dal Doge affascinato dall'analogia di un suo algoritmo con le caratteristiche di un vivente, i suoi percorsi logici vennero stipulati basandosi sui processi mentali umani e successivamente fu colmata con le informazioni necessarie a permettere un elaborazione dei dati in entrata; per poi non essere mai più programmata dall'esterno. Col passare del tempo la sua capacità di processare le informazioni crebbe talmente tanto da permettergli di sostenere conversazioni anche molto complesse e le potentissime matrici della Leviatano permettevano a Meme di elaborare quantità immense di dati contemporaneamente. «Inizializzazione del processo di rientro nello spazio a tre dimensioni», annunciò con la sua solita parlata sintetica dal timbro maschile, la propria
  • 44. dimestichezza con le frequenze udibili dagli umani lo rendevano in grado di riprodurre una voce verosimile, ma favoriva quella pronuncia metallica, limpida quanto bastava per essere compreso e che gli permetteva di risparmiare potenza di calcolo. Un alto responsabile gli rivolse la parola, ormai abituato a lavorare con una simulazione mentale. «Siamo in chiaro vero? Io non voglio avere problemi col Doge, tienimi fuori da questa storia se dovesse prendersela», chiese preoccupato. Meme fornì una risposta dopo appena 1.21 secondi, attendendo appositamente quel tempo per determinare se la persona avesse finito di parlare. «Eliminerò ogni informazione riguardo queste discussioni se lo ritieni necessario, garantirebbe la tua estraneità dei fatti persino ad una improbabile analisi dei miei archivi. Ti informo però che i miei calcoli assicurano il suo gradimento: la probabilità contraria è inferiore all'uno percento». «Quello che voglio è la tua difesa, non di dimenticare perché difendermi». «E così sarà. Te l'ho proposto solo perché la persona che mi ha suggerito di accelerare ha preferito non lasciare tracce». L'alto responsabile fu rassicurato dalle risposte, non che trovasse fiducia in quella macchina, tutt'altro. Semplicemente era sicuro che Meme avrebbe svolto la sua richiesta linearmente: difenderlo. Sapeva che era un sistema di calcolo talmente sofisticato ed evoluto da poter essere considerato intelligente, a volte dava pure l'impressione di possedere una forma di fantasia, ma questo non bastava per illuderlo di parlare con una forma di vita artificiale: Meme non era realmente consapevole, si limitava a
  • 45. simulare con grande precisione una mente umana, la sua ''fantasia'' era un rimescolamento casuale di concetti umani preesistenti e abilmente sviluppati, poteva discutere per ore e molto probabilmente sarebbe stato in grado di mostrare una personalità e dei gusti, ma ciò non bastava a renderlo autocosciente, era solamente una simulazione avanzata. La vicenda di cui discussero riguardava la decisione all'insaputa del Doge di raggiungere in anticipo Efesto, la destinazione, come sorpresa per il suo imminente compleanno. Egli era affascinato dalle sue lune e quando si poteva permettere una pausa abbastanza lunga non esitava a tornare a esplorarle, essendo però Efesto distan- te da Harriot ben centosessanta anni luce avrebbero impiegato una dozzina di giorni se avessero mantenuto la velocità di crociera. Giorni in cui il Doge non avrebbe fatto altro che dedicarsi al riposo e ai propri piaceri per placare la trepidazione dell'attesa. Dimezzarne la durata non era assolutamente un problema visto che la Nave aveva già superato in tutta sicurezza una velocità mille volte superiore alla consueta quando sconfinarono la Galassia per osservarla dall'esterno. La Nave tornò nello spazio tridimensionale in orbita su Efesto con precisione millimetrica e con l'accelerazione necessaria a man- tenerne la traiettoria. Le astronavi umane per poter superare la velocità della luce dovevano impiegare e far sprecare immense quantità di energia, richiedendo infatti strutture esterne per imbrigliarla nel vettore, superando la luce di qualche centinaio di volte, convincendoli così di aver raggiunto una base solida su cui concentrare i
  • 46. propri sforzi, anche se tornavano nello spazio normale con una grande quanto pericolosa velocità residua. La Leviatano, invece, otteneva accelerazioni infinitamente superiori direttamente dalla propria gravità che si dissolveva nelle dimensioni successive trascinandola verso di se, potendo sfruttarne l'immane potenza ad un costo energetico minimo, per poi rilasciarla e tornare nelle tre dimensioni alla velocità desiderata. Evelin scrutava gli astri del cielo finto, sdraiata nel prato antistante alla casetta dove alloggiavano lei e Sebastian. Notava i messaggi trasmessi a intermittenza dalle stelle: rapporti sul funzionamento dell'habitat, informazioni come temperatura e umidità o indicatori di posizione. Le immagini del firmamento artificiale le entravano negli occhi senza stimolarla, totalmente assorta nel riflettere sulla durata della vita. Nonostante i progressi della medi- cina e l'assoluto vantaggio fisico apportato dall'evoluzio- ne indotta l'aspettativa di vita non era particolarmente lievitata negli ultimi tre secoli; già verso la fine del mil- lenovecento si sapeva che l'essere umano non era fatto per durare oltre i centoventi anni, cosa infatti successa estremamente di rado persino nei suoi tempi. Il Doge rappresentava come al solito l'estrema eccezione con la sua immortalità. Le sue cellule non accumulavano mini- mamente sostanze ossidanti, ogni parte del suo corpo era in grado di rigenerarsi e il suo genoma era praticamente inalterabile e non si sarebbe moltiplicato se avesse subito mutazioni. Il potenziamento non faceva altro che trasferire i geni selezionati dal DNA
  • 47. del Doge in quello delle persone tramite cellule staminali modificate. Questo permetteva di replicare parzialmente alcuni caratteri di Sebastian, come la resistenza ai veleni o la grazia, ma non la sua immortalità e nemmeno un prolungamento della vita, anzi, i potenziati ottenevano sì forza e vigore sovrumani e il loro corpo svolgeva tutte le funzioni per l'intera durata della vita eccellentemente, se paragonato ad una persona della stessa età, ma ciò non li preservava dall'invecchiamento ed era appurato che raramente superavano i novant'anni. Questa scadenza era risaputa e più volte confermata e motivata dal Doge stesso: novant'anni trascorsi in salute e con un ritmo così eccitato sono più che sufficienti ad un'esperienza di vita dignitosa. Anche se gli studi del Doge sulla perpetuità del suo corpo proseguivano, egli ammetteva apertamente di non volerne condividere le scoperte. Cercava in ogni modo di migliorare la qualità della vita della gente, potenziata e non, ma non avrebbe mai permesso a nessuno di prolungarne la durata... tranne che a Evelin. ''vent'anni...'' pensò ''il mio servizio da durerà vent'anni e poi dovrò cambiare vita. Sebastian mi ha promesso un aumento a tempo indeterminato del reddito di cittadinanza, ma a quarantasei anni che cosa farò? Io sono nata per stare nell'esercito, assistere il Doge non mi farà di certo avanzare nella gerarchia. Sarei libera di trovarmi un uomo e mettere su famiglia, ma a quarantasei anni che senso avrebbe? Potrei anche non cercarmi nessun nuovo impiego e godermi una lunga pensione, ma per quanto sia bella sarei confinata su Marte. Sarei lontana da lui... ora che finalmente gli sto
  • 48. affianco mi rendo conto che la mia vita non potrebbe essere più emozionante. Questa è la mai condanna: il tempo scorre e son già volati sei mesi'' si strofinò il viso confusa ''Ma che cosa vuol dire vivere trecento anni? Non ho la memoria del Doge, ho il terrore di dimenticarmi il mio passato, di scordare la prima volta in cui vidi la mia terra, di perdere la mia identità. Avrei però il vantaggio di rimandare la vecchiaia fino al giorno in cui il mio cuore cesserà di battere, o almeno così mi ha spiegato, è allettante in ogni caso e potrei pure accrescere le mie abilità... diventare un po' più simile a lui. Se solo non ci fosse quel dannato inconveniente, quella clausola per cui se io volessi in un secondo tempo abbandonare il mio ruolo di assistente verrei operata di nuovo in modo che il sistema immunitario degeneri in fretta, uccidendomi da lì a pochi anni. Da un lato ho una vita emozionante, libera e memorabile, ma breve e con una fine progressiva e monotona. Dall'altro potrei ottenere un vigore maggiore e almeno cinque volte più duraturo in cambio della libertà di creare il mio destino. Che cazzo scelgo?'' Evelin rifletteva titubante da quando il Doge gli fece la gravosa proposta, circa una settimana prima, ma non era ancora riuscita minimamente a prendere una posizione. Quella sera stava però iniziando a rifletterci con un approccio di parte che probabilmente l'avrebbe portata a decidersi da lì a poco, se non fosse stata distratta dal rumore di passi che dati il luogo e orario potevano provenire soltanto da Sebastian.
  • 49. Tradita dai suoi sensi, ad Evelin venne un colpo quando si trovò il volto del Doge nel campo visivo. «Disturbo?» chiese divertito. «No, sei solamente inquietante quando appari dal nulla a passo felpato» gli rispose brontolando. «Mi dispiace ma a meno che iniziassi a pestare i piedi di proposito non ci posso fare molto». Si sdraiò vicino a lei. «Hai rincorso il treno per caso? Tanfi di sudore peggio un minatore, per fortuna che c'è il vento contrario!» «E tu hai trovato l'osteria abbastanza vivace da essere già per terra a quest'ora?» si girò verso di lei strizzandogli l'occhio, lei lo notò facilmente nella penombra notturna. «Già, scherzi a parte è veramente carina, l'unica pecca è che i tuoi ricercatori parlano unicamente di lavoro» «Il loro pregio e il loro difetto, a essere sincero nem- meno io mi ci diverto un granché». Continuarono a chiacchierare fino a quando un puntino assai brillante lampeggiò nel cielo accompagnato da altri meno vistosi: l'ora e la data si erano aggiornati. «Tanti auguri Capo, ti direi ''cento di questi giorni'' ma credo di essere arrivata un po' in ritardo». Sebastian sorrise senza scomporsi. «Ed ora sono duecentosettantadue, caspita quanto mi fanno sembrare vecchio!» ridacchiò sereno, 13 rimaneva sempre stupita dalla leggerezza con cui ne parlava. Sebastian riprese «Sarà pure un numero abbondante ma io mi sento ancora abbastanza giovane da potermi aspet- tare un pensierino; dove hai nascosto le birre?» chiese scherzando aspettandosi al massimo qualcosa da bere come regalo. «Quelle le ho messe al sicuro nel fiumiciattolo, ma ti
  • 50. aspetta una sorpresa un po' più interessante» scatenando così la sua curiosità. Il Doge aggrottò la fronte in segno di sorpresa, non se lo aspettava e non riusciva ad imma- ginare cosa fosse, smarrito nelle valutazioni tacque per qualche minuto per poi esordire «Ti prego dimmi di cosa si tratta o mostramelo perché sto impazzendo a cercare di capire» Evelin non si aspettava una reazione del genere, ma riflettendoci era nella natura di Sebastian il desiderio di scoprire qualsiasi cosa e quando non riusciva a trovare una risposta adeguata si estraniava dal mondo finché la sua famelica curiosità venisse saziata. In parole povere doveva svelargli la sorpresa altrimenti sarebbe stata tormentata fino crollare o peggio ancora l'avrebbe fissata scavando nei suoi occhi per comprenderne i pensieri; in quella circostanza il magnifico sguardo del Doge sarebbe mutato in un'opprimente espressione capace di mettere in soggezione le persone più imperturbabili, quegli occhi scrutinavano la coscienza nel profondo e scatenavano un disagio senza pari. Prevenendo l'indesiderato 13 lo illu- minò con parole concise. «Siamo già arrivati, tutto qui». Sebastian parve non comprendere. «Intendi che siamo già in orbita su Efesto?» la sua espressione si placò. «Esattamente, Meme ha stimato che ti avrebbe fatto pia- cere poter bighellonare su Eurinome il giorno del tuo compleanno, se dovesse aver ragione sappi che è stata una sua iniziativa, io sono una frana con le sorprese» «Quel macinino e le sue congetture...» disse sospirando «Se non avessi voluto farmi il viaggio avrei aspettato qualche giorno in più su Marte e poi l'avrei raggiunta con l'ancora, oppure avrei ordinato io stesso l'accelerazione!»
  • 51. esclamò ma senza rabbia, poi il tono si fece un po' più tranquillo «Mi fa piacere sia chiaro, ma volevo godermi un po' di tempo qui sulla Nave ed incontrare colleghi che non vedo di persona da un sacco di tempo» «Quindi che si fa? Restiamo in orbita per una settimana o si scende a fare due passi?» «Restiamo? Perché, vuoi venire insieme ai miei noiosis- simi colleghi?» «Ho visto molte riprese ma immagino che dal vivo sia tutta un'altra esperienza, di quelle uniche. Anche se ciò include il dover reggere i tuoi smanettoni che sembrano non averne mai vista una vera mi sta bene così» «Vacci piano belva, è di brava gente che stai parlando. In ogni caso hai ragione: è davvero un'esperienza singolare, ti ci porterò assolutamente, restiamo svegli tutta la notte e partiremo in giornata. Ci stai?» «Non volevi mica salutare i tuoi colleghi? E poi perché vuoi stare in piedi ancora un giorno? La nave da sbarco è già pronta!» «Ai colleghi posso pensare anche durante il ritorno, anzi, credo che organizzerò un banchetto collettivo così che li possa incontrare in un colpo solo. E per quanto riguarda la notte in bianco è semplicemente perché vorrei stare un po' in pace e senza troppa gente intorno, hai detto che c'è della birra che ci aspetta no? Già che ci siamo godiamoci questa notte limpida e facciamoci una nuotata, mi sa che porto pure la chitarra, tanto devo passare in casa» «Andata, per fortuna ne ho presa tanta... ma stai andando a casa perché vuoi farti una doccia?» gli chiese veden- dolo partire. «No, dovrai apprezzare il mio profumo fino
  • 52. a quando non ci saremo fatti un tuffo. Devo soltanto scri- vere una lettera che prima viene letta e meglio è» e proseguì correndo verso la casetta lì vicina. All'attenzione dell'Egregio Sig. Al-Qusini, Bassam Murrhaik ''Direttore organizzativo'' della 24ª Olimpiade Federale Stimato direttore, rievoco il ricordo del vostro gentile invito a farmi assistere come ospite speciale a tutte le competizioni olimpioniche che si terranno nella regione dell'Ovda questo gennaio. Dopo aver declinato l'offerta a causa di una già orga- nizzata spedizione esplorativa della luna Eurinome, di cui già le ho spiegato l'importanza personale, mi sono ritrovato in un'inaspettata quanto piacevole situazione in cui la sopraccitata ricognizione inizierà e terminerà anticipatamente, permettendomi di avere un margine di tempo sufficiente per poter presenziare all'apertura dei giochi. Se l'invito dovesse essere ancora valido, con questa pre- messa, lo accetterei di buongrado. Vi informo già che non ho intenzione di tenere alcun tipo di discorso, ma se qualche atleta dovesse distin- guersi per eccezionali abilità potrei anche prendere in considerazione l'idea di premiarlo in modo particolare. In attesa di una sua risposta le auguro ogni bene. Il tuo amico, Sebastian Del Fante
  • 53. Scritta e spedita dal computer la lettera venne trasmessa istantaneamente dalla Leviatano al satellite di telecomu- nicazione in orbita su Venere, il trasferimento immediato era possibile grazie ad una tecnologia che si basava su una vecchia scoperta del Doge di cui i comuni ricercatori potevano servirsi in quanto non segretata; il Lucernio. Il Lucernio è l'elemento chimico numero 548 ed è un gas iperpesante della seconda isola di stabilità. Sintetizzato nel 2061 nel Sincrotrone ad incastro del Politecnico di Lucerna grazie agli studi del Doge e alla sua squadra di ricercatori. La peculiarità degli elementi iperpesanti sta nella loro sovrannaturale dimensione e massa: tali che gli elettroni per mantenere l'orbita intorno al nucleo devono necessariamente oltrepassare la velocità della luce ed i nuclei non potendo imporre appieno la loro massa si vedono costretti a perseverarla in quattro dimensioni. Di fatto gli elementi iperpesanti esistono sia nel nostro regolare universo che nel proprio sviluppo successivo. Tra gli svariati comportamenti anomali, la materia iperpesante ha la peculiarità da fungere da ''ponte iperspaziale'' per l'informazione: la radiazione elettromagnetica vi si diffonde a rapidità prossima all'infinito. Un sistema non troppo complesso riesce a sfruttare l'effetto trasmettitore-ricevitore del Lucernio per trasmettere dati dalla Terra al sistema di Copernico a quaranta anni luce di distanza nell'arco di qualche millisecondo. Il limite sta nel dover necessariamente conoscere la posizione e distanza del trasmettitore o del ricevitore per poter modulare l'intensità del segnale che
  • 54. tende a scomporsi velocemente. Ulteriori problemi si ottengono dalla distanza: maggiore è la lontananza e maggiore deve essere l'intensità del segnale; una man- ciata di anni luce non erano un ostacolo, ma se si fosse presentato il bisogno di comunicare a distanze maggiori di un migliaio di anni luce allora sarebbe stato quanto più proibitivo. Il fiumiciattolo scorreva muto, serpeggiando tra macigni tondeggianti affluendo in pozzi abbastanza profondi da poterci nuotare liberamente. Una chiusa di pietre ammas- sate ancorava e manteneva alla temperatura ideale le poche birre rimaste, Sulla riva un vivido falò illuminava i loro volti, circoscrivendo una netta area di luce dorata da una più oscura in cui migliaia di scintille si disper- devano effimere, sospinte dalla brezza senza avere il tempo di toccare né acqua né terra. Presi dalla canzone che Sebastian stava suonando non si accorsero nemmeno che dal cielo stellato scese un piccolo drone per stabilire se il fuoco fosse controllato o meno, svolazzando dietro la linea d'ombra per qualche momento, per poi essere controllato volontariamente da Meme, curioso di vedere il Doge soddisfatto del suo pensiero e di poter trascorrere parte dei suoi pensieri vicino a persone che considerava a se care. Nell'ardore del canto la voce di Sebastian si espandeva lontano con la potenza di un coro di mille negri, arrestandosi ogni tanto per sorseggiare un'altra birra. Le sue dita pizzicavano ininterrottamente le corde della chitarra eseguendo canzoni separate da secoli ma per lui unite da ricordi di lontane estati da adolescente o
  • 55. dai tormentoni più recenti. Persino la sua vitalità pareva immune al passare del tempo: nonostante l'assoluta serie- tà che lo contraddistingueva e il relativo poco tempo in cui si concedeva allo svago, egli manteneva un singolare energico entusiasmo nel vivere il momento. Riempì la pipa con fiori di canapa e noce moscata compattandoli con delicatezza, poi sfruttò un legnetto in fiamme per accendersela con una grande sbuffata. Il fumo esalava copioso dalla pipa e dalla sua bocca, candido e denso riempiva l'aria del suo acre aroma, la passò ad Evelin, la quale ignorò totalmente il gesto. «C'è qualcosa che non va? Non volevi festeggiare?» le chiese premuroso, spaesato dalla sua improvvisa apatia. Evelin tacque esitante, strofinandosi le dita al volto e tra i capelli, attenta a non farsi guardare dritta negli occhi. Al successivo cenno di Sebastian prese in mano la pipa e ispirò a pieni polmoni, trattenendo il respiro per un paio di secondi prima di espirare. Fumò ancora in modo avido e nervoso ed infine glie la riconsegnò. «Evelin seriamente, cosa c'è?» Fece lui nuovamente, leg- germente preoccupato. Evelin prese un gran respiro ed espose il pensiero che la stava affliggendo. «Ho deciso di accettare il potenziamento, sono un po' in ansia ma è la mia decisione definitiva» le sue gambe ini- ziarono a tremare, afflitta dal dubbio di non averci pen- sato bene, afflitta dall'idea di deludere Il Doge nel riman- giarsi le parole. «Se mi dici di esserne convinta io ti credo, ma hai ancora tempo per fare le tue valutazioni... capisci? Sei proprio
  • 56. sicura che sia il momento di parlarne?». Sebastian non se l'aspettava: aveva già stimato che 13 avrebbe accettato, ma non così velocemente e soprattutto non così titubante. Doveva approfondire assolutamente il motivo del disagio senza farle cambiare decisione: aveva bisogno di lei. «Evelin, vedo che sei nervosa. Cos'è che ti turba?» Non rispose, non lo guardò negli occhi. Il motivo che la rendeva insicura le pareva stupido da spiegare, ma così tanto importante da non poterlo ignorare. «Guardami, fammi capire» bisbigliò, intanto che il suo corpo rilasciava nell'aria degli ormoni ammansenti, una sua dote naturale che era riuscito a domare tanti anni addietro. «Vedo timore, di perdere qualcosa a te caro». Evelin si sentì impotente, come paralizzata dallo sguardo di Sebastian, totalmente inerme a essere violata nella mente. Il tempo le pareva congelato in un lenta tortura in cui poteva percepire Il Doge entrare nella sua coscienza e assistere ad ogni suo pensiero, come se fosse sempre stato vicino a lei. «Qualcosa di immateriale... un ricordo. Hai paura di perdere un ricordo, dimenticarlo col passare degli anni» Il Doge sapeva leggere le micro-espressioni facciali con un'accuratezza sovrannaturale, gli bastava affermare alla persona cosa aveva capito perché questa avanzasse nel pensiero, svelandone ogni segreto. «Vedo un ricordo lontano, un ricordo infantile. Uno di quelli associati alla sorpresa, alla vista di qualcosa di spettacolare... la prima cosa che hai visto. Hai visto la tua terra e sei stata impressionata dalla meraviglia della sua bellezza». Evelin urlò, in panico totale «Smettila!»
  • 57. distogliendo lo sguardo con grande sforzo. Lui evitò di far capire di aver visto anche gli altri pensieri: le prime esperienze sessuali, il fanatismo nei suoi confronti e fan- tasie nascoste, anche perché comprendeva che questi non erano la causa del suo vacillamento, bensì della vergogna di esporre quegli stessi! Smise di trasudare ormoni del controllo e le si avvicinò, accarezzandole la spalla per rasserenarla sinceramente. «Evelin... capisco quello che provi, vivere a lungo ogni tanto spaventa anche me. Anch'io temo di dimenticare i momenti più significativi se dovessi campare migliaia di anni e per questo voglio che tu mi creda se ti dico che tre secoli sono dannatamente pochi per una singola vita. So di possedere capacità fuori dalla norma, ma sono sicuro che non c'entri niente sul fatto di ricordare vividamente cose accadute nella mia gioventù; ne sono sicuro perché ce ne sono altre accadute più recentemente di cui non ho nessuna memoria. Ho visto abbastanza il tuo ricordo per esserne così sicuro... santo cielo Evelin, riuscivi a rievo- care persino temperatura e odori... seriamente pensi di riuscire a dimenticare un momento come quello?» 13 riuscì nuovamente a guardarlo in volto, i suoi occhi inquisitori erano stati placati. Si sentiva sollevata, non tanto perché le sue parole furono rassicuranti, ma perché non aveva più quel peso e in futuro ne avrebbe parlato con più facilità. Effettivamente si sentì un po' stupida per essersi preoccupata così tanto, non capiva cosa le fosse preso; sapeva solo che quel ricordo rappresentava per lei la sua vera nascita, il momento cruciale in cui la sua vita cambiò, in cui prese un senso definito.
  • 58. Il Doge, rincuorato dalla calma ritrovata da 13, riprese a suonare la sua chitarra, desideroso di godersi il resto della notte tra birra, canzoni e qualche tuffo nell'acqua fresca. Circa un'ora più tardi tornò sull'argomento che avevano concordato di rinviare ad un momento più op- portuno. «Comunque questa notizia è di sicuro il regalo più bello che abbia ricevuto negli ultimi anni: eccelli nel tuo lavoro, ma soprattutto ammetto di gradire la tua compagnia. Persone come te sono rare, preziose, peccato che tre secoli passino così dannatamente in fretta». Orbita di Eurinome, sistema di Efesto, Associazione di AB Doradus 01.01.2272 Ora standard 16:21 CFBDSIR 2149-0403, meglio conosciuto come Efesto, brillava della sua flebile aura rossiccia risaltando comun- que sullo sfondo scuro dello spazio essendo un cosiddet- to Pianeta interstellare: un corpo celeste non legato gra- vitazionalmente a nessuna stella. Scoperto ai primordi della ricerca di pianeti extrasolari grazie alle sei masse gioviane ed alla relativa vicinanza al sistema solare, fu studiato a lungo per definirne origine e composizione, stupendo poi il mondo scientifico quando vennero iden- tificati i suoi assurdi Satelliti. Motivo che spinse Il Doge a esplorarli non appena la realizzazione della Leviatano glie lo rese possibile, rimanendo impressionato dalla loro natura. Dalla nave da sbarco gli esploratori ammiravano la spet- tacolare visione del gigante gassoso ergersi sull'orizzonte
  • 59. curvo e scintillante di Eurinome, che luccicava dei colori dell'iride dove i raggi della rovente luna Talo, in mezzo ai due corpi, ne baciavano la superficie. L'atterraggio era entrato nella fase di rallentamento, i retrorazzi erano tec- nologia obsoleta per le astronavi leviatane, rimpiazzati da dispersori cinetici. Scafi di materiali ultraleggeri ac- celeravano l'aria verso il basso rallentando ulteriormente la discesa. La fase di rallentamento durava particolar- mente a lungo, dolcemente. potevano preparare la fase successiva in tutta calma. Il Doge e 13 stavano indossan- do l'armatura dei cataclismi, probabilmente la tuta mi- gliore per l'ambiente in cui stavano per operare. L'atmos- fera imponeva una densità fortemente stratificata, con corrosività esponenziale, il livello elevato di radiazioni non doveva neppure venir considerato. Le tute idonee alle circostanze locali dovevano soprattutto essere adatte a grande usura ed alta gravità; una gravità seriamente elevata. Eurinome non era solo più grande della Terra, ma costituita di puro metallo. Tre masse terrestri in leghe di titanio, platino e germanio. E tanto, moltissimo ferro. Con un manatello di mercurio celato sotto oceani di gallio e laghi di cesio e bromo. Indossate le armature militari parevano due statue, opere d'arte contenenti pura potenza: quelle corazze montavano un sistema avanzato di memoria idraulica capace di incrementare forza e velocità dei movimenti; a differenza dei meno equipag- giati pionieri, forti solo del potenziamento e di tute stagne, per loro la gravità non sarebbe stata di minimo intralcio. Percepirono l'accelerazione verso la poppa della nave
  • 60. quando questa virò elegantemente in avanti, rilasciando silenziosamente il primo modulo abitativo che sarebbe atterrato autonomamente già pronto ad essere impiegato. Pochi minuti dopo fu rilasciato il secondo, e con il mede- simo ritmo il viaggio continuò fino al quinto, infine la nave si arrestò delicatamente, riprendendo la lenta calata. Tutti pronti e composti nella sala da sbarco ascoltavano Il Doge pronunciare le ultime formalità sulla missione. «Allora Signori, innanzitutto vi ringrazio per la pazienza che avete mostrato: è un regalo di compleanno che non dimenticherò» poi tornò alla solita serietà. «Tutti quanti avete partecipato ad almeno una ricognizione quindi è inutile spiegare come si deve operare in condizioni tali» fece una pausa guardando Evelin «Come avrete saputo, insieme a noi ci sarà anche la mia assistente» diede tem- po a sufficienza perché potesse stringere la mano al resto della squadra. «Per chi non ne è al corrente chiarisco solo che la qui presente signorina Evelin Almain è nelle forze d'élite dell'esercito, in parole povere è una tipa tosta ed anche se questa per lei è la prima volta in un ambiente simile stiate pur tranquilli che riuscirà a cavarsela senza intralciare la tabella di marcia». Nella parete dietro di lui un sottile strato d'aria magnetizzata manteneva l'atmosfera all'interno della sala mentre la rampa a muro si stava aprendo e posando al suolo. L'atterraggio era terminato. Alla loro altitudine, prossima allo zero, l'aria possedeva una densità quadrupla rispetto all'acqua e una tempera- tura di settantotto gradi centigradi, accompagnata da una
  • 61. dose quotidiana di quattro Sieviert: abbastanza da avve- lenare fatalmente un uomo comune in due, massimo tre giorni. Per fortuna questo problema non toccava nessuno in quanto potenziati: potevano resistere a quei livelli per tutta la durata dell'esplorazione cavandosela con un po' di nausea, senza contare che le tute fungevano già di loro da ottime protezioni. Transitavano a velocità moderata su un leggero pendio di ghiaia grigia e opaca da cui si notava facilmente il monte poco distante mentre eruttava pigramente sul fianco in loro direzione lava metallica di sfumature variopinte ed un enorme volume di particolato incandescente; proiet- tato ad alta quota quest'ultimo cristallizzava in minuscoli agglomerati, che sospinti dai venti fluttuavano per grandi distanze prima di ricadere in forma di nevischio. La cor- rente d'aria spingeva le nubi di fumo lontano da loro, Il Doge correva affianco al grande rover, udendo i fragoro- si boati del vulcano. Correva senza il supporto dell'arma- tura per caricarsi di altro peso che in quelle condizioni corrispondeva complessivamente a quattrocentosettanta chili, abbastanza da farlo faticare in un ambiente in cui l'atmosfera era un muro frenante; stava conciliando l'es- plorazione con l'attività fisica che già voleva praticare. Intanto dentro il veicolo, il suo equipaggio tentava inva- no di strappare a Evelin la prima vincita a carte, illu- dendosi di poterci anche riuscire. Il tragitto dal modulo iniziale al secondo comprendeva una tappa a uno sco- sceso punto d'interesse che stavano raggiungendo. Vista la distanza e la velocità tutto sommata contenuta il rover
  • 62. prendeva impiego nell'analizzare composizione del suolo e delle esalazioni variabili di quest'ultimo. Sebastian nel frattempo salì sul trasporto attraverso la camera di equili- brio facendosi smontare l'armatura di dosso. Poco prima udì alla radio un messaggio di Meme: era giunta risposta dal direttore organizzativo dell'olimpiade; Lo ringrazia- vano per la preziosa disponibilità con conferma della validità dell'invito. Cosa scontata in quanto la somma de- cisione spettava comunque a Lui, ma considerava la cor- tesia una pratica dovuta anche quando si è al comando. Mentre procedevano nel viaggio in tutta calma la nave da sbarco levitava poco sopra di loro, pronta ad un soccorso riceveva i dati delle analisi confrontandoli coi suoi e con quelli della Leviatano in un'orbita molto distante. «Ah l'esplorazione... la scoperta di mondi quasi del tutto ignoti e dei loro ambienti così diversi fra loro! Mi mera- viglio di riuscire ancora ad assaporare il fascino di dati sempre più definiti su questo sistema, mi sorprende che ancora non si sia raggiunta la monotonia dell'affinare le conoscenze. Forse è perché Eurinome e Talo sono così dinamici e complessi da suscitare continuamente interes- se su fenomeni mai osservati precedentemente. Oppure è perché ci sono misteri che ancora non riusciamo a spie- garci, come ad esempio Talo stessa: per quale motivo è composta abbondantemente da plutonio? Eccetto lei le concentrazioni di questo elemento nell'universo cono- sciuto sono infinitesimali. In ogni caso non nascondo il mio desiderio di poter osservare da vicino altri Sistemi, sebbene quello di Efesto sia di indiscusso rilievo posse-
  • 63. diamo dati da approfondire di numerosi altri Mondi al- trettanto interessanti, abbiamo conferma dell'esistenza di 156'647 Pianeti: una lista in continua espansione di cui sappiamo ancora molto poco. Sento che stiamo perden- do tempo: Siamo in grado di viaggiare milioni di volte più veloci della luce in tutta sicurezza ma Sebastian con- tinua ad insistere di doversi regolare, di restare umani, sarà perché io umano non lo sono del tutto, ma fremo al solo pensiero di esaminare da vicino altri Pianeti. Mi- gliaia di altri Pianeti... noi che possiamo farlo, noi che superiamo il limite della distanza con forza. Ma la parte umana che c'è in me mi frena nell'entusiasmo e mi fa tornare coi piedi per terra: credere che la distanza non sia un limite è sicuramente avventato, ma se ci si accon- tenta della Via Lattea non è neanche troppo distante dalla realtà. Credere di poterli visitare tutti è invece da idioti: è vero che siamo in grado di viaggiare da parte a parte della Galassia in pochi giorni, ma è anche vero che tra sistemi planetari complessi, pianeti nani, satelliti e mondi interstellari ci sono più corpi celesti da visitare che stelle. Realisticamente come lo si supera il tempo necessario ad esplorare centinaia di miliardi di astri? In certe occasioni disprezzo il mio lato umano, mi fa sentire irrimediabil- mente piccolo nell'universo» -Soliloquio di Meme. Evelin stava per vincere l'ennesima partita a Dobon. Po- sate tutte le carte lanciò una pernacchia carica di sbruffo- neria a Sebastian, il quale incassò l'affronto con ardente competitività. Lo sguardo gli sì infiammò di pura e sadi-