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L A R I V I S T A
G E N T I L E
Gennaio 2023
Il green pass obbligatorio per entrare a scuola è stata
la miccia che ha dato vita a questa rivista.
Pensavo che un simile...
progetto e testi di Tomaso Bozzalla
fotografie di Alessia Napolitano
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LA RIVISTA GENTILE was born. I am a teacher. With a group of colleagues and professionals in education fields, throughout the past school year, we reflected on this post-pandemic reality. I share the result with you.
Thank you

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  1. 1. L A R I V I S T A G E N T I L E Gennaio 2023
  2. 2. Il green pass obbligatorio per entrare a scuola è stata la miccia che ha dato vita a questa rivista. Pensavo che un simile avvenimento dovesse stimolare un dibattito acceso ed erudito fra noi insegnanti. Sono rimasto incredulo, invece, per la mancanza di confronto riguardo a un momento storico così drammatico ed epocale. La scuola è il tempio della cultura, era doverosa una riflessione. Ho coinvolto, quindi, alcuni colleghi con i quali ci siamo riuniti per parlare del mondo in questo presente distopico post 2020. A distanza, insieme ad altri amici, è sorto un percorso parallelo. Ne è nata una sperimentazione di pensiero che lascio libera nella sua forma, ma che riconosco magicamente intrecciata da un fil rouge ben riconoscibile, fra denuncia di un sistema di vita malato ed una forte richiesta di aiuto.
  3. 3. progetto e testi di Tomaso Bozzalla fotografie di Alessia Napolitano
  4. 4. Gilberto Bellino Il blob Tomaso Bozzalla Il bene comune Alessandro Ratti L’arte del fare Luca Dolfi L’improvvisazione Patrizia Belardi L’uomo ecosistemico Lorenzo Alfieri La materia cosciente Antonella Marsilia Memoria Cristina Coloru Morte Alessia Napolitano L’anatra, la morte e il tulipano
  5. 5. L’era degli uomini è finita. Questa frase de Il signore degli anelli mi risuona in testa da due anni, da quando è iniziata la pandemia. La sua naturale continuazione, però, vede aprirsi scenari più luminosi degli orchi. L’umanità di questo mondo sta andando verso la spiritualità. Siamo anima, spirito e mente racchiusi nella dimensione terrestre dentro un corpo fisico. È il nostro destino, qui, confrontarci con la fisicità e la finitudine. Il futuro che ci siamo costruiti è dominato dagli aspetti materiali, è incentrato sulla forza. La direzione che abbiamo intrapreso ci ha portato a vivere in una società sorda muta e cieca, ma lampi di risveglio risuonano dalle cime degli alberi: è il respiro dentro di noi. Viviamo sempre più momenti in cui ci accorgiamo di essere presenti, hic et nunc, nell’atto del vero ascolto.
  6. 6. Questo è il tempo della visione, del mare all’orizzonte. Non può essere tutto qua, il mondo. L’umanità non può accontentarsi di poter scegliere l’auto migliore; la scuola non può ridursi a produrre tecnici automi senz’anima né spirito; le persone non possono accartocciarsi dentro spazi virtuali; le famiglie non possono consumarsi correndo dietro le spese quotidiane. Il senso di questa vita non può essere oppresso dalle paure materiali. L’era di questo mondo è finita, è vero, il tempo dell’anima è giunto. C’è un significato più grande e completo della vita. Appare ormai chiaro che la via che abbiamo percorso sia sbagliata e che ci sia qualcosa di nuovo, oggi, nell’aria, anzi di antico. Che gli uomini inizino a guardarsi intorno, ad ascoltare l’aria, a dialogare col signor tempo, a riscoprire se stessi parte di un tutto.
  7. 7. Prologo
  8. 8. Quando domandavo agli Achuar perché il cervo, la scimmia cappuccina e le piante di noccioline si presentavano sotto un’apparenza umana nei loro sogni, essi mi rispondevano, sorpresi per l’ingenuità della domanda, che la maggior parte delle piante e degli animali sono persone proprio come noi. Nei sogni noi possiamo vederli senza il loro costume animale o senza il loro costume vegetale, ovvero come degli uomini. Gli Achuar dicono in effetti che la grande maggioranza degli esseri della natura possiedono un’anima analoga a quella umana, che permette loro di pensare, di ragionare, di provare dei sentimenti, di comunicare come gli umani, e soprattutto che li porta a riconoscersi, loro stessi, come esseri umani, malgrado la loro apparenza animale o vegetale. P. DESCOLA, Diversità di natura, diversità di cultura, Ed. Book Time, Milano, 2011, p. 14 Il blob Gi l berto Bel l i no Ci ao Tommy, sono sugl i spal ti di un campo da basket e mentre aspetto che Arnoul d fi ni sca di gi ocare ti mando un vocal e. Sono stato trauma- ti zzato dal l ’ i mpatto con l a burocrazi a francese. Sto i ni - zi ando fi nal mente a l egal i zzare l a mi a si tuazi one dopo tre mesi . Avevo i nvi ato tutta l a documen- tazi one, ma mi sono scontrato con i l mondo del l a robo- ti ca di gi tal e che si muove attraverso al gori tmi . Ed eccoci qua, tre mesi per aspettare un fogl i o. Dopo pi ù di quarant’ anni di vi ta ri ncorro papi ri È una situazione in cui ci siamo messi noi umani: i computer sono degli oggetti, così come tutti gli altri utensili, come la lancia o il fuoco, scoperti o inventati apposta per migliorare la nostra qualità di vita, per evolvere.
  9. 9. che mi di ano l a pos- si bi l i tà di entrare con tutti e due i pi edi nel l a soci età, così da potermi i denti fi care come archi tetto. E l a mi a vi ta ri co- mi nci a ancora una vol ta i n una nuova ci ttà. Dopo tutto quel l o che ho fatto, mi sembra di gi rare a vuoto e mi facci o domande, ma ho poco tempo per cercare ri sposte, perché l a fami gl i a chi ama. Mi a nonna non sta bene. Mi ri trovo a ri fl ettere sul l a mor- te. E l a ri sposta ar- ri va i nevi tabi l e dal - l a vi ta. Per caso mi sono messo ad as- col tare una tras- mi ssi one radi o-foni - ca, argomenti sci - enti fi ci trattati con una vi si one anche poeti ca: parl avano del bl ob. Ora, ti eni ti forte, i l bl ob non è un fungo e non è un ani mal e e non è un vegetal e, l ’ abbi amo vi sto nel fi l m ma nel l a real tà esi ste veramente. Il bl ob è una roba che abi ta nei boschi , per e- sempi o, si ri pro- duce da sol o ed è una speci e uni cel - l ul are. Di cono di aver vi sto i l bl ob pi ù grande al mon- Noi parliamo di morte ma non sappiamo cosa voglia dire vita. Geneticamente siamo più vicini a un fungo o a un blob? do i n una foresta negl i Stati Uni ti , l ungo quasi 1 Km. Recentemente han- no scoperto che i l bl ob è i ntel l i gente, ci oè è capace di ri sol vere dei probl e- mi ; ma l a cosa pi ù sconcertante è che se prendi 50 bl ob, ognuno di questi esseri uni cel l ul ari ri sol verà l o stesso probl ema i n mani - era di versa. Un bl ob esce fuori da un l a- bi ri nto, ri esce a na- scondersi dal sol e. veranno mol to pi ù l ontano di noi e per questo ben pi ù i n- tel l i genti di noi fi - nal mente. Noi abbi amo bi so- gno del regno vege- tal e per sopravvi ve- re, mentre l e pi ante non hanno bi sogno del regno ani mal e, certo l e api e gl i i nsetti ri coprono un ruol o i mportante, ma i l regno vege- tal e sol o col vento ce l a farebbe a ri - prodursi . Ri sal endo al l ' ori gi - ne di tutto, sul grande al bero del l a vi ta, del qual e noi si amo gl i ul ti mi ra- metti i n al to, da che cosa deri vi amo noi ? Forse se andando a ri troso a guardare i l ramo pi ù grande su cui sti amo crescen- do, potremmo tro- varci una medusa! Noi facci amo parte del tutto, non sol - tanto del regno ani - mal e o vegetal e. Dobbi amo apri rci ad al tre i ntel l i genze che arri vano da mol to pi ù l ontano di noi e che arri - Intanto conti nuo a scal are e mi sto prendendo qual che soddi sfazi one. Ho ri sposto a un annunci o e mi sono ri trovato a scal are con un gruppo di sessantenni forti s- si mi e adesso ho questi nuovi ami ci . Conti nuo a guar- dare l a parti ta di mi o fi gl i o. A presto Tommy.
  10. 10. buio
  11. 11. «Da noi, nella Terra di Marcita», proseguì il Fuoco Fatuo impappinandosi, «è successo qualcosa… cioè continua a succedere… è molto difficile da spiegare… è cominciato col fatto che… insomma, all’est del nostro Paese c’è un lago, o meglio c’era, si chiamava Gorgoglione. E allora è cominciato così, che un bel giorno il lago Gorgoglione non c’era più. Via, sparito, capite?» «Vuoi dire che si è prosciugato?» volle sapere Ukuk. «No», replicò il Fuoco Fatuo, «in tal caso in quel punto ci sarebbe adesso un lago prosciugato. Ma non è così. Là dove c’era il lago, adesso non c’è più nulla, mi capite?» «Un buco?» grugnì il Mordipietra. «No, neppure un buco.» Il Fuoco Fatuo appariva sempre più impotente a spiegarsi. «Un buco è già qualcosa. Ma là non c’è nulla.» Gli altri tre messaggeri si scambiarono rapide occhiate. «E come si presenta, uh uh! questo niente?» domandò l’Incubino. «È proprio questo che è tanto difficile da descrivere», assicurò il Fuoco Fatuo sempre più infelice. «Non si presenta affatto. È… è come… ah, come lo si può dire, non c’è una parola per questo.» M. ENDE, La storia infinita, Ed. Longanesi, Milano, 2019, p. 27 Il bene comune Tomaso Bozzal l a “La cul tura i tal i - ana, ri guardo al l a scuol a, non ha pro- dotto paradi gmi autori fl essi vi : l ’ uni - co model l o di sponi - bi l e è di matri ce fondamental mente esteti ca, l ’ arte di fare scuol a. Il resto è soprattutto i deo- l ogi a pol i ti ca. […] Può darsi che si a vero che l ’ Ital i a non sa bene che cosa vuol e dal l a scuol a, ma è certo che non vuol e es- serne di sturbata. ” C. Scurati , Li nea- menti e ri fl essi oni fra pedagogi a e di - datti ca, operapi zzi - goni . i t Il mi ni stro del l ’ I- struzi one Bi anchi ha esortato i pro- fessori a promuo- vere gl i studenti so- stenendo che l a scuol a deve essere i ncl usi va e affet- tuosa. Ci rca l a metà dei ragazzi , oggi , i n Ital i a, non è i n grado di fare questa scuol a superi ore i n sol i ci nque anni . Noi professori non ri usci amo a reggere i l confronto con l e tempi sti che dei fa- mi gerati programmi (abol i ti , ma sempre comunque ri chi e- sti ), né con i l nume- ro del l e mai supera- te i nterrogazi oni e veri fi che da eserci - tare durante l ’ a. s. ; al l o stesso modo gl i studenti non posso- no sostenere l a mo- l e di nozi oni i mpar- ti te da ci ascuna si ngol a materi a i n
  12. 12. così poco tempo. Questo avvi ene per- ché i l mondo fuori dal l a scuol a è cam- bi ato, si comuni ca i n mani era di fferen- te gi à sol tanto ri - spetto a tre anni fa, si parl a, si scri ve, si l egge e si ascol ta i n modal i tà che si ri nnovano costante- mente e questo non può pi ù essere con- ci l i abi l e con i l si ste- ma scol asti co adot- tato ancora oggi i n Ital i a. Questa man- canza d’ i ncontro fra scuol a e real tà è causa del l e bocci a- ture. Ri sul ta qui ndi sempl i ci sti co l o spot l anci ato nel 2021 dal Mi ur. La scuol a di oggi è forzatamente i nfl u- enzata dal l a pande- mi a del 2020. Nel 2020 qual cosa è successo: così come nel 2001, così come con l e guerre mon- di al i o l a ri vol uzi one i ndustri al e, anche nel 2020 qual cosa è successo e ha fatto nascere un al tro mondo. Per questo, ed è sotto gl i occhi di tutti , i vecchi pa- radi gmi precosti tui - ti i n questi ul ti mi decenni non val go- no pi ù. C' è stato uno scarto nel l a l i nea spazi o- temporal e. Sti amo andando mol to ve- l ocemente verso un al tro mondo. Se noi , tutti noi , non con- tri bui remo al cam- bi amento del l a so- ci età e qui ndi del l a scuol a, i l tempo fa- rà i l suo corso senza al cun i ntervento da parte nostra e ci ri troveremo perduti senza saperl o. Dobbi amo deci dere da che parte stare. Abbi amo un ruol o soci al e fondamenta- l e i n questo mo- mento: noi si amo l a Scuol a, i l l uogo do- ve non bi sogna sol o parl are di acco- gl i enza, i ncl usi one ed affettuosi tà, ma nel qual e bi sogne- rebbe anche tra- sformare queste buone i ntenzi oni i n fatti per i l bene co- mune. La scuol a do- vrebbe portare nuo- ve prospetti ve: l a l i - bertà, come di ceva Lamberto Borghi , è l a l i bertà di tutti , raggi ungi bi l e grazi e al l a l i bertà di ci a- scuno, attraverso i l di al ogo e l a cono- scenza reci proca. La scuol a e di conse- guenza l a soci età i ntera sta pagando un prezzo troppo al to per col pa di una mancanza di cri ti ca che vada a toccare l e radi ci pi ù profonde del l ’ edu- cazi one, i l senso del l a scuol a al l ’ i n- terno di questo nuovo mondo. Ho l a sensazi one che non tutti dedi - chi no l a propri a vi - ta, i l propri o l avoro, l a propri a vol ontà al vero bene comune, agl i al tri e qui ndi a noi stessi . Il l i mi te i nvi si bi l e contro cui sbatti amo è ben evi dente, ma non l o ri conosci amo per- ché a noi basti amo così . La scuol a, sembra fermarsi l ì . La scuola del futuro non potrà più essere quella di oggi, perchè la società, ma soprattutto le persone, non saranno mai più le stesse e cresceranno in maniera diversa ri- spetto all’avvenire che si prospettava prima del 2020.
  13. 13. È i n atto uno studi o per far durare l e scuol e superi ori 4 anni i nvece che 5; i nol tre sono stati presi dei provve- di menti che punta- no al rafforzamento del l a formazi one professi onal e e de- gl i i sti tuti tecni ci superi ori per favori - re l ’ i nseri mento de- gl i studenti nel mondo del l avoro. In questo modo si di ce a chi are l ettere che non si ha cosci enza di quanto sta succedendo nei Li cei , dove è pal ese che uno studente, nel l a scuol a di oggi , non ri esca ad avere i l tempo di crescere i n sol i 5 anni (fi gu- ri amoci i n 4) e si espl i ci ta al tresì l a vol ontà di al l onta- nare dal l a scuol a i l concetto di “fare cul tura”, per sosti - tui rl o con faci l i sl o- gan ri vol ti al mondo del l avoro. Grandi pedagogi sti , da Frei re a Borghi , sostengono che sol o rendendo consape- vol e l o studente del propri o sapere, da l ì si possa parti re per apprendere ancora e svi l uppare i l pro- pri o i o dal l a teori a al l a prati ca (e ri - torno). Purtroppo l a di rezi one i ntrapresa va di chi aratamente dal l a parte opposta: una scuol a che “produce” tecni ci e non ci ttadi ni (l a persona non vi ene nemmeno vi sta). “Se qual cuno doves- se chi edere a me, come fi l osofa, che cosa si dovrebbe i mparare al Li ceo, ri sponderei : pri ma di tutto, sol o cose i nuti l i , greco anti - co, l ati no, matema- ti ca pura e fi l osofi a, tutto quel l o che è i nuti l e nel l a vi ta. Il bel l o è che così , al l ’ età di 18 anni , si ha un bagagl i o di sapere i nuti l e con cui si può fare di tutto. Mentre col sapere uti l e si pos- sono fare sol o pi c- col e cose. ” Agnes Hel l er, Sol o se sono l i bera, 2013 assecondate come se anni di pensi ero pedagogi co fossero stati messi i n un cassetto (i l famoso tempo del l ' attesa, del l a ri fl essi one e del l a maturazi one i nteri ore, tanto stu- di ati da Rousseau a Scurati ). Cosa di - rebbero Ferri ère e l a sua educazi one atti va, o Frei re con l a pedagogi a degl i oppressi , o Frei net promotore del l a ti - pografi a scol asti ca? La di mensi one edu- cati va al l avoro è una produzi one cul - tural e, non dovreb- be essere sempl i ci - sti camente tecni ca nozi oni sti ca. Si a nel passato (arti gi ano) che nel presente (mul ti taski ng), i l l a- voratore è col ui che usa l a testa e l e mani per arri vare a fare una cosa col cuore. Insegnare a vi vere separando queste tre compo- nenti è l ' opera peg- È come se la scuola, oggi, volesse scindere la società in due classi ben distinte: il lavoro manuale, l’unico scopo di vita a cui ambire, e il pensiero intellettuale e trascendente, mortificato come inutile perdita di tempo. Il mercato del l avo- ro i mpone regol e al mondo del l ' educa- zi one, che vengono
  14. 14. gi ore che l a scuol a possa perpetrare. Perdendo di vi sta l ’ astrazi one, i l con- cetto stesso di scuol a crol l a. Se dal l ’ al to, però, si evoca l a promozi o- ne di massa per i l bene di tutti , di - venta di ffi ci l e pro- vare a formul are un pensi ero pi ù arti - col ato e profondo, si è portati ad ade- guarsi al ri basso fi - dandosi del capo. Facendo ri feri mento ai grandi Maestri , dal l a di sobbedi enza ci vi l e di Don Mi l ani , secondo cui ognuno deve crescere con- sapevol e del propri o essere ci ttadi no, dal l ’ antroposofi a di R. Stei ner al l ’ asso- l uto pedagogi co di R. Laporta, dove si col l oca l a scuol a i n tutto questo? La cri si umana che sti amo attraversan- do rende urgente e necessari a l ’ entra- ta i n scena di un grande cambi amen- to soci al e. Se ad es- sere mal ata, devi a- ta, è l ’ umani tà stes- sa, se i l contesto i n cui l a scuol a opera vaga senza meta, al l ora pi ù che mai dovremmo fondare l e basi del nostro ri scatto propri o al l ’ i nterno del l e mura scol asti che, perchè è i l si ngol o uomo-mattone che forma l a soci età. Come professore sento l a necessi tà di un pensi ero che abbracci quanto sta avvenendo i n ma- ni era pi ù organi ca e compl eta, propri o come si farebbe per qual si asi argomento trattato con compe- tenza al l ’ i nterno di una cl asse. Se i l si stema scol asti co fosse contestual i z- zato al concetto di tempo e di spazi o i n questo nuovo mon- do, se ci fosse una prassi di datti ca adeguata al l a no- stra soci età e uno studi o pedagogi co ben radi cato nel l e fondamenta, tutti noi ci muoveremmo verso l o stesso fi ne: i l vero bene comune. Camminiamo lungo la foce di un fiume fino al mare. Il sentiero è di cemento, senza alberi, c’è un mini spazio recintato per gli "amici a quattro zampe", tanta sporcizia, sprazzi di prati incolti e secchi. Incontriamo tumuli di sabbia o altro materiale da cantiere, lampioni rotti. Sulla sinistra case abitate che sembrano abbandonate, cemento e ferro, sulla destra cumuli di legna portata a riva dal fiume e dalle maree. Tra gli spazi alcune persone si sono sdraiate a prendere il sole. Arriviamo ad un locale disadorno dove si gioca alle slot machine. Aperitivi, musica alta, cani tenuti al guinzaglio, bambini che vogliono il gelato, mamme nervose, papà annoiati. Si apre un lembo di spiaggia pubblica racchiusa tra gli ombrelloni degli stabilimenti balneari, una marea di persone accalcate sugli asciugamani.
  15. 15. A proposito di un collezionista di insetti giapponese, Hugh Raffles scrive: “Dopo aver collezionato per tanti anni, ora ha gli occhi mushi, occhi da insetto, e nella natura vede ogni cosa dal punto di vista di un insetto. Ogni albero è un mondo a sé stante, ogni foglia è differente. Gli insetti gli hanno insegnato che i nomi generali come insetti, alberi, foglie e soprattutto natura distruggono la nostra sensibilità ai dettagli. Ci rendono concettualmente e fisicamente violenti. Diciamo: ‘Oh un insetto’, vedendo solo la categoria e non l’essere in se stesso” (Raffles, 2010: 345) E. KOHN, Come pensano le foreste, Ed. Nottetempo, Milano, 2021, p. 168 L’ arte del fare Al essandro Ratti Parti amo dal punto di vi sta. Ho sempre combat- tuto l ’ eti chetta di arti sta, ma i n defi - ni ti va qui con l oro i o sono anche quel - l o. Il mi o ruol o tec- ni camente è quel l o del l o scenografo che fa un l abora- tori o di teatro con un gruppo i nfor- mal e di ragazzi del l i ceo arti sti co, sono i l formatore di que- sto l aboratori o. Ho un approcci o da ri - cercatore e pro- pongo un percorso da compi ere i nsi e- me a l oro. Non i n- segno, i o facci o, non sono arri vato, ma cammi no con l oro. È attraverso i l fare ri cerca mate- ri al mente che creo arte. Fi n dal l e pri me esperi enze di venti anni fa, i ni zi o i l per- corso con una map- patura: un punto di partenza fi si co per dare i l senso di ori entamento i n quel terri tori o, per poi spazi are se- guendo l e correnti spontanee che si svi l uppano al l ’ i n- terno del gruppo. A settembre erano 25, oggi ne sono ri ma- sti 17 ed è un gran- de successo. Al l ’ i ni zi o i ragazzi non si conoscevano fra l oro. Nel pri mo i ncontro ho fatto una speci e di show desk dove ognuno di l oro mi presen- tava qual cosa di se stesso ed ho por- tato l oro pi ccol i do- ni : una pi etra, una armoni ca, un pen- nel l o. Un ragazzo, per esempi o, mi ha fatto vedere tre fo- to di suoi l avori dal cel l ul are, non mi sono pi aci uti e da l ì si amo parti ti . i n quel momento nes- suno si è cono- sci uto veramente,
  16. 16. vederl i ora è emo- zi onante, hanno fat- to tutto da sol i , i o sono stato i l l uogo del l oro i ncontro setti manal e. L’ i ntento è comune. A scuola il prof è una figura che dà, fa un altro lavoro rispetto al mio. Mi sento responsabile, come i docen- ti, per quello che sto facendo, ma lo strumento qui è l’arte pubblica e relazionale. i l l avoro l o si fa toccando con mano l a creta, i l l egno e l a pi ttura, l e l uci , i tel i ed occupando gl i spazi del teatro. Dovremo ri creare un vol to umano che nasce da un al bero: si amo parti ti senza sapere che cosa ne sarebbe venuto fuo- ri , l ’ i dea nel l a mi a testa era una forma vagamente oval e messa di tre quarti . Il mi o i nsegnare sta nel muovere i ra- gazzi , i ndi care di re- zi oni . Ci si amo mes- si a pi egare del l e canne e abbi amo formato un rettan- gol one come base su cui l avorare. Tutto ha avuto ori - gi ne dai rotol egni , i l nome gl i el ’ hanno dato i ragazzi . Nessuno ha fi ni to i 50 metri di carta, ma tutti hanno di - segnato l a l oro ci ttà andando i n gi ro per l e strade ad osser- vare. Il testo tea- tral e ci portava verso gl i al beri e i l rapporto fra uomo e natura. Ognuno ha scri tto i l propri o di - ari o di vi aggi o, i l canto degl i al beri . Pri ma di parl are ci si amo messi a guar- dare l e pi anti ne co- me nascevano dal tombi no, abbi amo cercato i l ti po di pi anta con l ' app. In centro ci ttà c’ è una pal ma che è cre- sci uta dentro un dattero; fi no a una certa al tezza è una pi anta, poi dal l a stessa ne sbuca fuo- ri un’ al tra. Ini zi al mente abbi a- mo l avorato sul l a vel oci tà, sul l o schi z- zo. E i ntanto si ca- pi sce chi è pi ù por- tato nel di segno, con l a mati ta, con l a chi na, coi col ori ; col passare del l e setti - mane dò nuovi stru- menti i n mano ai ragazzi . L’ approcci o al l a sensi bi l i tà arti - sti ca passa attraver- so queste esperi en- ze. Se vedo che uno ha l ’ occhi o scul to- reo gl i metto da- vanti l a creta. La vi - si one pi ù ampi a l a tengo al l ’ ori zzonte, ma i ntanto i ragazzi l avorano sul punto, su di l oro. Superata l a fase dei rotol egni , si amo passati ai vi deo, al - tro strumento per i ndagare l ’ urbano. Ognuno porta l a sua vi si one del mondo: si amo parti ti dai dettagl i natural i - sti ci , abbi amo cer- cato di comprende- re l a natura di un al bero perché è questa l a ri cerca dettata dal testo teatral e. Abbi amo usato pi ccol e por- zi oni del corpo umano, schi ene sco- perte, torsi nudi , spacchi di gambe, movi menti di brac- ci a. I ragazzi si sono di pi nti a vi cenda, superando gl i i m- barazzi . Uno stu- dente di pri ma ha fatto i l di segno di un al bero sul l a schi ena di una ra- gazza di qui nta. Hanno fatto una se- ri e di fotografi e per poi fare un mon- taggi o i n stop
  17. 17. moti on. Ne sono venuti fuori vi deo mol to i ntensi , con dettagl i di gi noc- chi a, muscol i del col l o, costol e, di ta che come pi ccol i rami crescono. Proi etteremo tutto su apposi ti tel i appesi a metà del pal co. Gl i spettatori si ederanno tutt’ i n- torno a cerchi o. Da cosa nasce cosa. Abbi amo usato una l uce teatral e da studi o fotografi co; i cel l ul ari fanno vi - deo e foto con una buona ri sol uzi one che ci hanno per- messo di cogl i ere i costrui re l ’ al bero con una schi umata di espanso per ter- ra. Abbi amo creato un’ i nstal l azi one mul ti medi al e da far gi rare i n l oop su tanti moni tor, al l e- sti to del l e l uci di mmerabi l i al l ' i n- terno di una gabbi a di metal l o. Questo è fare per me. Facci amo arte. Qui ndi sono un ar- ti sta sì . Sono un for- matore, un i nse- gnante e uno sce- nografo. Sono punti di vi sta. Sono uno che per l oro sarà sempre un vecchi o. pi ccol i parti col ari del l a pel l e, trasfor- mandol i i n nodi di cortecci a, i n radi ci o gemme. In tutti questi momenti non c’ è mai stata man- canza di ri spetto fra i ragazzi , e questo secondo me è do- vuto anche al ti po di scuol a che fre- quentano. L’ arte i n- segna ad avere un rapporto sensi bi l e con i l corpo. Lasci o a l oro i l mi o computer per mon- tare i vi deo e ogni vol ta mi ri trovo l e i mpostazi oni di Pre- mi ere stravol te. Abbi amo i ni zi ato a In piazza una ragazza spiega la sua opera d’arte. Ha trascorso un periodo in residenza in un paesino, ha scoperto la bellezza del parlare con gli abitanti ed è arrivata ad esprimere le sue emozioni in un’opera: il percorso è stato importante, il senso di appartenenza degli abitanti l’ha toccata. All’inizio tutti attraversano questo tipo di considerazioni, già affrontate da milioni di artisti, ma se si ricomincia ogni volta dalla A, nelle scuole la faranno sempre da padrone le attività di educazione artistica. La scuola ha bisogno dell’intervento di artisti professionisti, l’arte deve assurgere alle sfere più alte per innalzare il livello culturale. L’arte pubblica e relazionale non può essere reinventata come novità ogni volta che si va alla scoperta del mondo. È fondamentale che il mondo esterno dentro cui cresce la scuola sia in grado di sporgersi in maniera dirompente verso il futuro, conoscendo il passato, perché la scuola è il tempo e lo spazio in cui vive.
  18. 18. L’ improvvisazione Luca Dol fi Scri ve i n un saggi o Vi ttori a Dol cetti Co- razza: L' i mprovvi sa- zi one è un fenome- no uni versal e che attraversa i secol i , l e tradi zi oni e l e si - tuazi oni pi ù di verse e che si avval e di forme espressi ve di vari o genere. . . è l e- gata al l ' oral i tà e si confi gura come un tratto di quel l a at- ti vi tà poeti ca, non di sgi unta da ac- compagnamento musi cal e, che sot- tol i neava parti col a- ri momenti del l a vi ta soci al e senti ti come i mportanti e ri cchi di si gni fi cato, per esempi o l a guerra, l a morte, i l banchetto ecc. Ma anche Cortazar i n vari saggi e ri - fl essi oni afferma con forza che l a maggi or parte dei suoi racconti sono nati da associ azi o- ni i nattese e da si - tuazi oni poco defi - ni bi l i e tutt' al tro che catal ogabi l i nel tempo e nel l o spa- zi o. Racconti nati dunque da atti di vol ontà i mprovvi sa, da un repenti no cambi o di attenzi o- ne. Tutto appari reb- be fuori da ogni l o- gi ca, ma è l o stesso Cortazar che ci vi e- ne i n ai uto: l a cre- azi one nasce dal l a profondi tà, l a crea- zi one è l a consa- pevol ezza i nconsa- pevol e del l a prati ca i mprovvi sa. ( G I U L I A N A F E R R E C C I O , D A V I D E R A C C A [ a c u r a d i ] , L ' i m p r o v v i s a z i o n e i n m u s i c a e i n l e t t e r a - t u r a , T o r i n o , H a r m a t t a n I t a l i a , 2 0 0 5 , p . 1 8 ) ( C O R T A Z A R J U L I O , E n t r e t i e n a v e c O m a r P r e g o , G a l l i m a r d P a r i s , 1 9 8 6 , p . 2 4 ) Oggi le cose scompaiono costantemente, senza che ce ne accorgiamo. È la nostra smania comunicativa ed informativa a far sparire le cose. Le informazioni, ovvero le non-cose, si antepongono alle cose facendole completamente sparire. […] Presi da questa urgenza informativa, non possiamo più percepire la bellezza delle cose. Siamo frastornati dalla frenesia dell’informazione, della comunicazione, senza renderci conto che la digitalizzazione sta sottoponendo il nostro rapporto con il mondo, la nostra percezione ad un cambiamento radicale: l’ordine della terra si compone di cose, che assumono una forma permanente e formano un ambiente stabile, consolidato per la convivenza umana; mentre le informazioni, rispetto alle cose, non formano un ambiente altrettanto stabile all’interno del quale possiamo convivere. […] La crisi odierna della libertà è insidiosa perché abbiamo a che fare con una tecnica di potere che non nega o sopprime la libertà, ma anzi la sfrutta. […] Il dominio smart, invisibile, non incontra la nostra resistenza. BYUNG-CHUL HAN, Lectio magistralis (https://www.facebook.com/associazionetlon/videos/ 949738202635604)
  19. 19. L'idea, in sostanza, si fa luce interiore e determina lo spostamento dello sguardo, là, dove pulsano le possibilità. Appare chi aro che si tuazi oni di questo genere, che si pre- sentano a scuol a ogni gi orno, devono necessari amente essere sorrette dal l ' esperi enza e dal l a memori a di l a- voro, i n modo che l ' i ni zi ati va i mprov- vi sa possa dar l uogo a un progetto che sappi a crescere se- condo l e esi genze che l e sono propri e. È il progetto o l'opera ad essere creativa, non l'autore Ogni progetto do- vrebbe essere pl a- smato e ri spettato ogni gi orno e qual - si asi i dea può esse- re determi nante per e l ' i ncal col abi l e, e l o compi ono di con- ti nuo, che l o sap- pi ano o no. Le sci enze organi z- zati ve, qual è l a di datti ca, spesso di - menti cano che l ' i m- provvi sazi one non si gni fi ca agi re co- stantemente con l ' i sti nto del momen- to, ma i mpl i ca sem- pre i l ri spetto e l a conoscenza pree- si stente di di sci - pl i na e creati vi tà, che garanti scono l ' adattamento di na- mi co al l a mutevo- l ezza del l e si tua- zi oni . D' al tra parte nel mondo gl obal e, e una cl asse ne è espressi one, non è pi ù sol tanto i mpor- tante chi edersi chi si amo, ma soprat- tutto come possi a- mo fare a gesti re i l movi mento conti - nuo. uno spostamento del punto di vi sta. Se dovessi fare ri - feri mento a un passaggi o l etterari o i mportante per so- stenere questa tesi di rei che Hannah Arendt i n Che cosa è l a pol i ti ca? espri me i n modo straordi nari o questo concetto: (…) abbi a- mo real mente i l di - ri tto (…) di aspettar- ci dei mi racol i . Non perchè credi amo ai mi racol i , ma perchè gl i uomi ni , fi nchè possono agi re, sono i n grado di com- pi ere l ' i mprobabi l e Fluido non ha definizioni, è colui o colei che è, un giorno in un modo, un altro in un altro. La realtà come sempre va ben oltre la finzione della schwa che per eliminare le differenze le individua e le rimarca. Fluido non ha differenze intrinseche, non se le pone. I ragazzi vivono lì, qui, nel fluido. Noi adulti, noi professori, ci arrovelliamo per cercare di orientarci all’interno di tutto questo movimento. Gli studenti abitano il movimento. L’improvvisazione scardina dinamiche precostituite ed apre le porte al pensiero libero, ma gli studenti, oggi, sanno accoglierla e, grazie ad essa, maturano competenze in più o diverse?
  20. 20. Un’ansia inconsueta da qualche tempo si accende in me alla sera, e non è più rimpianto delle gioie lasciate, come accadeva nei primi tempi del viaggio; piuttosto è l’impazienza di conoscere le terre ignote a cui mi dirigo. Vado notando – e non l’ho confidato finora a nessuno – vado notando come di giorno in giorno, man mano che avanzo verso l’improbabile meta, nel cielo irraggi una luce insolita quale mai mi è apparsa, neppure nei sogni; e come le piante, i monti, i fiumi che attraversiamo, sembrino fatti di una essenza diversa da quella nostrana e l’aria rechi presagi che non so dire. D. BUZZATI, I sette messaggeri, in La boutique del mistero, Ed. Mondadori, Milano, 1976, p. 20 In pri ma el ementa- re ero terrori zzata dal restare i n cl asse con i compagni : senza l a maestra, che per me era l ’ uni co ri feri mento, mi senti vo sol a. Co- sì l a segui vo anche i n bagno. Ho vi ssu- to l ’ umi l i azi one di l eggere ad al ta voce davanti a tutti , vi sta l a mi a emoti vi tà che mi faceva ve- dere una l ettera per l ’ al tra (per fortuna al meno non esi ste- va ancora l a si gl a DSA). Ri cordo i l mi o pri mo consi gl i o di L’ uomo ecosistemico Patrizia Belardi cl asse come docen- te, dovevo scri vere un verbal e ed ero i nti mi di ta dal l ’ i dea di fare errori di ortografi a davanti ai col l eghi . Racconto questi fatti personal i per- ché a mi o avvi so l a scuol a si cambi a un docente al l a vol ta. Robi n Li m, un’ oste- tri ca di grande va- l ore, di ce che i l pi a- neta si sal va un bambi no al l a vol ta. Il l avoro personal e è fondamental e, du- ri ssi mo e mai fi ni to; c’ è l a di mensi one col l egi al e, i l l avoro di una comuni tà mossa da i ntenzi o- ni condi vi se, e c’ è un’ orchestrazi one, una vi si one d’ i nsi e- me. Condi vi dendo con Bronfenbrenner i l model l o ecol ogi co del l o svi l uppo, vedo l a scuol a come un campo bi osi stemi - co. (Ecol ogi a del l o svi l uppo umano, Bo, Il mul i no, 1989) Vedo l a scuol a pro- cedere un passo i n- di etro ri spetto al l a vi ta di chi l a abi ta, eccetto epi sodi di cul tura i ncarnata,
  21. 21. di i nsegnamenti trasformati vi . Sento che l a scuol a non è nel qui ed ora, non è nel passato e non è nel futuro. Dov’ è al l ora? Oggi possi amo di re di vi vere un trauma col l etti vo. Questi due anni di pande- mi a hanno toccato un tema mol to i n- ti mo che è l a paura. Ecco perché ancora una vol ta è fonda- mental e i l l avoro personal e. Non tutte le persone hanno di- mestichezza con le emozioni, si tende a volerle eliminare, piuttosto che sentirle ed accoglierle. Nel l a si tuazi one di trauma si veri fi ca un congel amento e spesso una di sso- ci azi one. Così tutte l e premesse per un di al ogo arti col ato sal tano. Non c’ è pi ù una vi si one cri ti ca e soprattutto mobi l e. In questo momento sento che a scuol a non c’ è l a possi bi l i - tà per mol ti di di - scernere ci ò che è pi ù peri col oso da ci ò che non l o è. Provocatori amente mi verrebbe da chi edere: qual è l a vera pandemi a, i l Sars-Covi d 19 o l a deri va del l a scuol a e del soci al e? Mi spaventa quando conti nui amo a no- mi nare a scuol a i l tema del l a si curez- za, perché per tutti , ma i n pri mi s per i ragazzi , questa pa- rol a muove a l i vel l o i nconsci o i l tema del control l o, del l a di pendenza. Non ri uscendo a convi vere con l a paura (di mori re), si cerca di creare vere o fal se si curezze esterne. Nel l a nostra soci età si curo per non ac- cedere al l a parte profonda e mi ste- ri osa. Se l ’ i nsegnamento non parte dal bi so- gno radi cal e di rag- gi ungere l a veri tà, i n qual si asi ambi to, rel azi onal e, del l e di sci pl i ne che i nse- gni amo, i n noi stes- si , non potremo av- vi ci narci a quel l a zona vi brante che genera contatto, l e nostre parol e non saranno vettori di potenza generati va, non atti veranno nel l ’ al tro l a spi nta vi tal e verso l a ri - cerca. Oggi purtroppo ve- do i ragazzi al l on- tanarsi dal propri o corpo, per mol ti di - sabi tato; l i vedo chi ni e di pendenti dal tel efono, pen- sando così di essere al si curo. Ho sempre creduto si potesse fare qual che cosa che ri usci sse ad i nci de- re su un cambi a- mento, un’ evol u- zi one. Per questo torno ad i nvesti re l e mi e energi e nel pi ccol o, nel l e i tera- zi oni terapeuti che ed educati ve a due, dove col ti vare l e domande. Buon cammi no cari professori . l ’ agi o economi co di buona parte del l a col l etti vi tà ha por- tato a pensare che i l vuoto i nterno po- tesse essere col ma- to da tutta una seri e di beni mate- ri al i , dal l ’ auto al l a vacanza, dal l a strut- tura fami l i are, an- che quando questa genera rapporti morti feri , al buon comportamento di facci ata. Tal vol ta, e quasi sempre senza averne cosci enza, si formul ano teori e o credenze per soste- nere un’ i mpal catura che possa mantene- re l a propri a vi ta i mmutabi l e e al
  22. 22. Il mondo di oggi andrà nel futuro? È giusto porsi delle domande e andare alla ricerca. È necessario esporsi. La paura del conflitto può essere peggio del conflitto stesso? Il mondo di oggi sembra non avere più spazio né tempo. L’unico luogo che riconosciamo, all’interno del quale ognuno di noi può avere l’illusione di esprimersi, è internet. E questa consuetudine ci sta trasformando. Stiamo bene dentro le nostre aree private. Ciascuno ha libertà di parola senza l’obbligo di ascoltare gli altri. In rete siamo protetti dal non esserci. Passato, presente, futuro perdono di significato. È come se gli uomini non abitassero più, non avessero più cura. Senza aver capito con precisione cosa sia il bene ed il male rispetto al nostro obiettivo finale e al vero benessere eterno – piuttosto che rispetto alla ricerca di una gratificazione illusoria e sfuggevole – come possiamo trovare il giusto cammino in questo mondo? Tutta l’umanità vaga perdutamente per il mondo come se fosse in una foresta, formulando delle teorie sbagliate sullo scopo essenziale della vita e su come raggiungerlo. M. LAITMAN, Raggiungere i mondi superiori, Ed. Atanor, Roma, 2012, p. 177
  23. 23. La materia cosciente Lorenzo Afieri Ai pi edi dei monti Fedri adi , a nord del gol fo di Cori nto, nel l a regi one greca di Foci da, si i ncon- tra, adagi ato sul l a pendi ce ori ental e del massi cci o del Parnaso, i l Tempi o di Apol l o i n Del fi , l uogo embl emati co per l a stori a e l a rel i gi one del popol o greco e si ntesi del l a di al etti ca tra uomo e paesaggi o. Scol pi to nel l ’ archi - trave del tempi o, l ’ effato: Conosci te stesso e Tu sei . Nel passo pl atoni co del Fedro (229E – 230A), si l egge: “Io non sono ancora i n grado, secondo l ’ i scri zi one di Del fi , di ‘ conoscere me stesso’ e perci ò mi sembra ri di col o, non conoscendo an- cora questo, i nda- gare su cose che mi sono estranee. Per- ci ò dando addi o a tal i cose e mante- nendo fede a ci ò che si crede di es- sere, vado esami - nando non tal i cose, ma me stesso, per vedere se non si di a i l caso che i o si a una qual che besti a pervasa di brame (…), o se i nvece i o si a un essere vi ven- te pi ù mansueto e pi ù sempl i ce, parte- ci pe per natura di una sorte di vi na e senza fumosa arro- ganza”. Sant’ Agosti no, fa- cendo propri e l e suggesti oni propo- ste da Porfi ri o, con- trappone l ’ i ndagi ne i nteri ore al l a ri cer- ca del l a physi s esteri ore. Questa ri - fl essi one gl i ri vel erà l ’ i mmagi ne tri na del l ’ ani ma (mens, noti ti a et amor): l a presenza i mmedi a- ta, i ntui ti va, del l ’ a- ni ma a se stessa i n- di ca l a possi bi l i tà per l ’ uomo, essere ani mato dal l o spi ri - to, di converti rsi e tornare a Di o. Nel l a enci cl i ca Fede e ragi one di Papa Gi ovanni Paol o II, ri scontri amo l a ne- cessi tà di una ri - cerca i ndi ri zzata al - l a rel azi one feno- meno/cosci enza, gi usti fi cata da quel - l e domande escato- l ogi che ri correnti anche nel l a meta- fi si ca che ancora oggi non trovano una ri sposta esau- sti va e che ci i nter- rogano sul rapporto uomo-natura. C’ è una forma cor- retta di percepi re? Cosa i nfl uenza l a nostra i ntel l i genza? La cosci enza è gi à a pri ori defi ni ta o si svi l uppa con i l no- stro corpo? L’ archi - tettura del l ’ essere si ri fl ette nel mon- do esteri ore o è un ri fl esso di questo? Che ruol o ri copre i l l i bero arbi tri o? Malgrado le difficoltà nella vita personale che non ci permettono di essere felici, siamo da tempo immersi in un cammino spirituale e continuiamo ad elargire consigli e precetti su come rilassarci per entrare in sintonia con noi stessi e col tutto. La medesima contraddizione è insita in noi quando ci lamentiamo del nostro stato di vita, che appare privilegiato e positivo, a cui, però, non attribuiamo importanza. Sarà pur vero che rivolgendo lo sguardo verso l’altro riusciamo a conoscere noi stessi, ma sono sempre gli altri ad aver bisogno di aiuto, mentre noi siamo le vittime. Forse, pensando agli altri, evitiamo di affrontare il nostro io.
  24. 24. luce
  25. 25. parl are di l i bri a Fahrenhei t mi met- te i n una di spo- si zi one d’ ani mo ot- ti mal e per farl o senza stress. Non so perché, forse c’ en- tra i l fatto che nel l ’ ascol to ho l ’ i m- pressi one di com- pensare i l tempo che i l traffi co ci ru- ba con l a possi bi - l i tà di conoscere mol ti pi ù l i bri di quanti ne potrei Il mondo dell’africano comune è diverso. È un mondo povero, di una semplicità elementare, ridotto a pochi oggetti base: una camicia, una ciotola, una manciata di semi, un sorso d’acqua. La ricchezza e la varietà del suo mondo non si esprimono in forme materiali, oggettive, tangibili e visibili, ma nei valori e nei significati simbolici che l’uomo attribuisce agli oggetti più semplici, a infime cose invisibili per i non iniziati. Una penna di gallo può essere considerata una lanterna che illumina il cammino del buio, e una goccia d’olio uno scudo che protegge dai proiettili. L’oggetto assume un valore simbolico e metafisico perché così ha deciso l’uomo che con la sua scelta lo sublima, lo sposta in un’altra dimensione, in una sfera esistenziale superiore: nella trascendenza. R. KAPUSCINSKI, Ebano, Ed. Feltrinelli, Milano, 2007, p. 272 Memoria Antonel l a Marsi l i a Ero nel l a fi l a l enta di macchi ne che al l ’ ora di punta ren- de pi ù denso i l traf- fi co su una del l e vi e pri nci pal i del l a mi a pi ccol a ci ttà, un tardo pomeri ggi o di pochi gi orni fa. Stavo gui dando, so- l a, i n un automati - smo pi gro e al i e- nante, e ri mugi navo sul l e parol e che usci vano dal l a ra- di o. Da quando ho ri preso a gui dare, appena metto i n moto parte i n au- tomati co l a si nto- ni zzazi one su Radi o 3. Gui dare sentendo acqui stare e l egge- re. Poi ché poi spes- so si parl a di usci te recenti , questo ag- gi ornamento co- stante mi fa senti re pi ù aderente al l ’ at- tual i tà, i n grado di annusarne l e tra- sformazi oni . Così mi i l l udo di mantenere l a mi a rotta men- tal e mentre l a sto- ri a cambi a corso i naspettatamente. In quel l ’ accenno di
  26. 26. crepuscol o di fi ne apri l e, i nvece, anda- va i n onda Hol l y- wood Party, un pro- gramma sul ci nema che mi capi ta di ascol tare pi uttosto di rado. Si parl ava di un documentari o stori co sul l a Shoah, dal ti tol o “Stori e del l a Shoah i n Ita- l i a. I compl i ci ”, pre- sentato i n di retta dal l o stori co Ame- deo Osti Guerrazzi , che ne è stato cura- tore. Narra dei col - l aborazi oni sti i tal i a- ni che si macchi aro- no del l a tragi ca col - pa di segnal are gl i ebrei l oro conci tta- di ni ai nazi sti per l a deportazi one. Buo- na parte del l ’ i nter- vi sta al l ’ ospi te i n- dugi ava su una do- manda, che a di - stanza di gi orni an- cora mi fruga den- tro, sul dovere del l a memori a. Evi dentemente l a trasmi ssi one era stata programmata come prel udi o te- mati co al l e cel ebra- zi oni di ri to che si sarebbero svol te i l successi vo Lunedì 25 Apri l e. La pro- duzi one stori ca, ar- ti sti ca e l etterari a che narra e i ndaga gl i anni del l a se- conda guerra mon- di al e e dei suoi pro- dromi cul tural i e soci al i - ri fl etteva- no al l a radi o - nel corso dei decenni si è strati fi cata fi no a ri sul tare tal ora ri - dondante, al punto che anche nel mer- cato cul tural e pe- ri odi camente sem- brano esserci esi - tazi oni sul l a neces- si tà di nuove pub- bl i cazi oni sui temi del l ’ ol ocausto e del nazi fasci smo. È sta- to su questo punto qui che i l mi o pen- si ero si è andato ad i ncagl i are. Ri cordare, dunque, ma fi no a che pun- to, a qual e costo? Pochi gi orni pri ma, non saprei dove, avevo l etto l e paro- l e di una donna, bambi na supersti te di un campo di concentramento, che ri vendi cava per sé i l di ri tto al l a di menti canza e al si l enzi o su un capi - tol o così strazi ante del suo passato. Qual è i l l i mi te al dovere del l a memo- ri a? Se smettessi mo di ri cordare l ’ orrore i ncorreremmo pi ù faci l mente nel ri - schi o di vederl o ri - petersi ? Se per pa- radosso, a furi a di ri cordare - ogni an- no, pi ù vol te al l ’ an- no, a scuol a, nei ci - nema, nel l e pi azze - l e parol e, i racconti , l e i mmagi ni del l a memori a cadessero i n un vuoto scavato dal l ’ abi tudi ne e dal - l a ri peti zi one? Se quel l o del l a memo- ri a fosse poco pi ù di un eserci zi o retori - co ben col l audato, un ri to atteso e dunque prevedi bi l e, poco coi nvol gente propri o per i pi ù
  27. 27. gi ovani che anagra- fi camente ri schi ano di i gnorare pi ù che di menti care? Mi sono chi esta se si possa dare un si - gni fi cato assol uto al l a memori a, i m- pri merl e una trama e uno spessore pe- renni cosi cché non perda l a credi bi l i tà che occorre per svol gere un ruol o testi moni al e e edu- cati vo tanto i mpor- tante per i l futuro dei popol i . Negl i stessi gi orni era gi à mol to avan- zata l a cronaca di questa nuova guer- ra europea che è scoppi ata comun- que, mal grado “l a memori a come mo- ni to” e forse propri o perché è stata tra- di ta “l a memori a come testi mone”. Pi uttosto, i n mol ti paesi del l ’ Occi den- te democrati co so- no stati i nvocati e approvati gesti di cancel l azi one cul - tural e ai danni di arti sti e i ntel l et- tual i , senza che da nessuna del l e i sti - tuzi oni che si occu- pano di cul tura si si a al zata una voce di sdegno contro l ’ assurda i ni qui tà di questa damnati o memori ae. Gesti che ancora mi suo- nano vi l i , che ri ca- dono ol tre i confi ni del l a Russi a, fi n dentro i nostri , i struendoci al l a pra- ti ca di un dovere di segno opposto. Il dovere di di menti - care, di non nomi - nare, di consegnare al l ’ obl i o l ’ i ndesi de- rato. La memori a stori ca è materi a scottante e i ntri cata e gesti r- l a i n senso col l et- ti vo di venta una grossa responsabi - l i tà. Affi darne a qual cuno i l con- trol l o non è roba per i l pri mo che capi ta, perché è perfi no ovvi o sotto- l i neare come i fatti possano essere fa- ci l mente al terati fi n dal l oro racconto nel mentre che ac- cadono. Chi deti ene i l potere di deci de- re se tramandarl i o ri muoverl i al l ’ i m- provvi so, come se mai fossero ac- caduti , può vera- mente cambi are i l corso del l a stori a e real i zzare quel l e che sembrano i m- possi bi l i di stopi e. Pi ù o meno erano queste l e domande bui e su cui ri mugi - navo al l a ri cerca di ri sposte coerenti - per l a mi a coerenza, al meno - che non
  28. 28. mi dessero l ’ ari a di chi è di catti vo u- more mentre, gi un- ta a desti nazi one, mi guardavo i ntor- no cercando un po- sti ci no dove par- cheggi are. Con un gesto sol o si sono spenti i nsi eme mo- tore e radi o: l e vo- ci che mi avevano suggeri to i dee e pensi eri desti nati a ri manere pri vi di senso e compi utez- za, si sono di l egua- te al l ’ i stante. Me ne restava i n testa una vaga eco, quasi una tracci a psi coti ca. Sono scesa dal l ’ au- to e ho attraversato l a strada di retta verso l a Chi esa del quarti ere i n cui vi - vevo da ragazza. Era l a seconda vol ta i n poche setti mane che ci entravo, l a funzi one era gi à i ni - zi ata e mi sono messa i n un banco l i bero a metà nava- ta. Da dov’ ero sedu- ta potevo vedere nel l e fi l e davanti buona parte del l a fami gl i a di mi a ma- dre, che è anche l a mi a fami gl i a. Ci trovavamo l ì per commemorare una zi a a me par- ti col armente cara e i n quel si l enzi o va- sto, l i turgi co e ri - tual e, ho senti to farsi avanti i l ri cor- do come ri sorsa e consol azi one. Mi si è mani festata d’ un tratto e con chi a- rezza l a forza del l a memori a, quel l a pri vata degl i addi i . Ho pensato che possi amo godere i l ri cordo degl i assen- ti come un dono, anche quando apre l e porte ad una pro- fonda tri stezza, e che questo parti co- l are ti po di memo- ri a, autenti camente fami l i are e prossi - ma, può crescere nel suo val ore se ol tre al dovere di ri cordare ne avver- ti amo anche l a ne- cessi tà, come i sti n- to a conservare pezzi di una vi ta che a tratti è stata anche l a nostra. Al l ora, ol tre che es- sere gi usto, nobi l e e i ndi spensabi l e - ho pensato mentre l a messa fi ni va - ecco che questo ri cordare ha per me meravi gl i osamente senso.
  29. 29. come un evento “i n- determi nato, che, certamente, un gi orno o l ’ al tro fi - ni rà per accadere, ma che, per i ntanto, non è ancora pre- sente e qui ndi non ci mi nacci a”. Ecco perché probabi l - mente l ’ i dea del l a morte l a ri muovi a- mo dal l e nostre esi - stenze, come fosse qual cosa di esterno Per due ore e mezzo della notte – mi venne un brivido – l’immondo insetto appiccicato alla piastrella dalle sue stesse mucillagini viscerali, per due ore e mezzo aveva continuato a morire, e non era finita ancora. Meravigliosamente continuava a morire, trasmettendo con l’ultima zampina un suo messaggio. Ma chi lo poteva raccogliere alle tre di notte nel buio del corridoio di una pensione sconosciuta? Due ore e mezzo, pensai, continuamente su e giù, l’ultima porzione di vita spinta dentro alla superstite gambina per invocare giustizia. Il pianto di un bambino – avevo letto un giorno – basta ad avvelenare il mondo. In cuor suo Dio onnipotente vorrebbe che certe cose non succedessero, ma impedirlo non può perché è stato da lui stesso deciso. Però un’ombra giace su di noi. Schiacciai con la pantofola l’insetto, fregando sul pavimento lo spappolai in una lunga striscia grigia. Allora finalmente il cane tacque, lei nel sonno si quietò e quasi sembrava sorridesse, le voci si spensero, tacque la madre, nessun sintomo più di irrequietezza del canarino, la notte ricominciava a passare sulla casa stanca, in altri punti del mondo la morte si era spostata a gonfiare la sua inquietudine. D. BUZZATI, Lo scarafaggio, in La boutique del mistero Ed. Mondadori, Milano, 1976, p. 156 Morte Cri sti na Col oru Secondo l a psi col o- gi a soci al e tutti i comportamenti del l ’ uomo si basano sul l a paura di mori - re che ben rappre- senta l ’ angosci a e l a di ffi col tà che, so- prattutto oggi , i n- contri amo nel con- frontarci con l ’ i gno- to. Hei degger sosti ene che gl i uomi ni con- si derano l a morte a noi , quando i nve- ce era così presente nel l e cul ture anti - che. Non ri usci amo a dare un senso al l a morte ma neanche al l a vi ta dal punto di vi sta esi stenzi al e. In fondo sappi amo che nel l a vi ta non c’ è ni ente di defi ni - ti vo, nul l a dura per sempre: si tratta so- l o di mere possi bi - l i tà. Al di l à di ogni
  30. 30. ragi one Schopenha- uer che nel suo pessi mi smo soste- neva che ci attac- chi amo al l a vi ta non perché l ’ ami amo ma sol o per paura del l a morte: è l a vi ta co- me morte ri nvi ata. Ma è propri o questo i l senso che vogl i a- mo darl e? Jung ci di ce che “È possi bi l e pensare l a vi ta senza mai vi - verl a. Non si è mai nel l ’ accadere, nep- pure nel propri o ac- cadere”. Non può esi stere morte senza vi ta eppure i n occi dente censuri amo l a mor- te: evi ti amo di par- l arne ai bambi ni ri nforzando l a paura di ci ò che è nasco- sto, i nvi si bi l e. Ma i n real tà l a morte vi ene spesso rap- presentata attra- verso i mmagi ni (termi ne che deri va da yem = doppi o) ed è qui ndi fal sata, costrui ta, spettaco- credenza rel i gi osa, bi sognerebbe ri cor- dare e far propri o i l concetto buddi sta di “Impermanenza” come ci tato nel sutra del cuore: “Oh Shari putra, l a forma non è che vuoto, i l vuoto non è che forma; ci ò che è forma è vuoto, ci ò che è vuoto è forma. ” La consapevol ezza di questo dovrebbe i n qual che modo apri rci al l ’ uni ca cer- tezza: l a morte. Ma ri cordarci che dob- bi amo mori re non presuppone passi vi - tà e ri nunci a, al contrari o l a vera scel ta potrebbe es- sere vi vere i ntensa- mente l ’ esserci , l ’ atti mo. Oggi i n tante persone è presente questa angosci a del tempo che passa, i l banal e e assurdo conteggi o di quan- to ci resterà da vi - vere. Forse aveva l ari zzata, oggetto di fantasi e di storte; ma è pur sempre qual cosa che sen- ti amo l ontano dal vero, è rappresen- tata ma mai vi ssuta real mente, el abora- ta. I mass medi a al i - mentano l a perce- zi one che l a morte di qual cuno si a do- vuta sempre a even- ti vi ol enti o ecce- zi onal i . L’ eccessi va esposi zi one al l e uni che i mmagi ni di morte real i che ve- di amo i n reportage di guerra, ci por- tano al l ’ anestesi a emoti va per assue- fazi one. “La morte è dentro di noi , così come l a vi ta. Si amo di stratti e non ce ne ren- di amo conto, ma mentre sti amo vi - vendo sti amo i n real tà anche moren- do” (Thi ch Nhat Hanh). La morte fa parte del l a vi ta; so- no parte del l a stes- sa cosa. Ma se sono
  31. 31. ché ci è stata da sempre raccontata un’ al tra stori a fatta di un edoni smo al l a ri cerca di effi mere grati fi cazi oni , fatta di ri mozi one o ne- gazi one conti nua di pensi eri scomodi perché angosci anti . La nostra soci età è quel l a che è stata defi ni ta del l ’ happy end. Oggi pi ù che mai , i mprovvi sa- mente ci si amo ac- corti che l a morte può arri vare e scon- vol gere l a nostra quoti di ani tà. E que- sta paura mi sta al l ’ angosci a di capi - re che non tutto è sotto control l o, i n questi tempi , ha ge- nerato un pensi ero debol e, grande i n- certezza e di sori en- tamento, facendo sì che aderi ssi mo acri - ti camente ad un’ u- ni ca narrazi one che sempre pi ù ci para- l i zza e ci al l ontana si a dal l a nostra ra- gi one che dal no- un tutto uni co deve necessari amente essere che nel l a morte c’ è l a ri na- sci ta, ci oè l a vi ta stessa. Non esi ste un i ni zi o e non esi ste una fi ne, sono costru- zi oni mental i che noi esseri umani ci crei amo per mi su- rare i l passare del tempo che i n real tà non esi ste, è una pura convenzi one. Trascuri amo l ’ uni co tempo che ci è dato vi vere, una di men- si one i nteri ore, di - l atata, che non co- nosce un pri ma e un dopo, quanti fi - cabi l e sol o attraver- so l a mi sura del l ’ i n- tensi tà (S. Agosti no, Bergson). Ma nel l a nostra soci età occi dental e da tempo abbi amo abdi cato agl i spazi i nteri ori , templ i si - l enzi osi del non fare ma del l ’ essere. Si amo confusi , spa- ventati anche per- stro senti re pi ù pro- fondo. C’ è un termi ne gi apponese, shoganai , che espri - me bene i l concetto di ci ò che non può essere evi tato, di qual cosa che può avveni re al di fuori del nostro control - l o, l ’ i naspettato, perturbante sì ma che è anche senso degl i accadi menti del l a vi ta stessa. Sol o quando accet- ti amo che non ci è dato cambi are del l e si tuazi oni , ecco che l a nostra mente, senza pi ù ansi e e paure, si apre a possi bi l i tà i naspet- tate e i mpari amo a l asci are andare i n modo resi l i ente e non passi vo. Questo concetto, radi cato nel l e fi l osofi e ori en- tal i (taoi smo, bud- di smo e zen), si ac- compagna a quel l o di wabi sabi che i ndi ca un’ esteti ca del l a i mperfezi one
  32. 32. fasci no del l a vi ta. La morte ci resti - tui sce al l ’ Assol uto, al l ’ i nfi ni to, i mpossi - bi l e e i ncomprensi - bi l e nel l a fi ni tudi ne del l a nostra vi ta: è l a forma del l ’ acqua. È vi tal e e i mpro- rogabi l e pensare a nuovi spazi per una ri fl essi one che con- senta attraverso i l di al ogo di arri vare a rappresentare l a morte, grazi e a un percorso di consa- pevol ezza e di ac- cettazi one del mi - stero del l a vi ta, e che ci ai uti a rea- l i zzare che, pri ma o poi , potrà capi tare anche a noi , ai no- stri cari o a qual cun al tro. Sol o così ci si può senti re meno sol i , nel l ’ i ncontro con l e paure del l ’ al tro che ri conosco come mi e. e del l a evanescenza del l e cose, l a bel - l ezza del l ’ asi mme- tri a, del l a sempl i ci - tà e del l ’ i nti mi tà, i l ci cl o natural e di cresci ta e decaden- za; è un modo di pensare, uno stato di cosci enza, una prati ca anche medi - tati va, che ci apre a una di versa e pi ù serena vi si one del l ’ esi stenza. Wabi i ndi ca l a mal i nconi a e l ’ i mperfezi one, Sabi i nvece rappre- senta ci ò che sva- ni sce e non ri torna pi ù, i l senso, di ce- vamo, del l ’ i mper- manenza che ci por- ta a vi vere i ntensa- mente i l momento che ci è dato, senza domandarci che co- sa accadrà o pensa- re di speratamente a ci ò che non c’ è pi ù, con l a consapevo- l ezza del l a mente e del cuore che ni en- te è perfetto e dura per sempre, e pro- pri o i n questo è i l Questo dovrebbe essere i l tempo del - l a compassi one nel qual e non cel are pi ù l a morte negl i ospedal i , nel l e strutture per anzi a- ni o usarl a come ar- ma per generare terrore e senso di i mpotenza; l i beri dal l a paura dovrem- mo i mparare ad ac- compagnare e an- che a “l asci are an- dare”, i n nome di un’ esi stenza real - mente e profonda- mente vi ssuta.
  33. 33. Ma per un momento, per un istante brevissimo, non chiedemmo perché. Non pensammo niente se non alle farfalle, le farfalle che si posavano contemporaneamente sulle nostre teste, sulle teste degli amici e delle famiglie, su tutti quelli che conoscevamo e tutti quelli che non conoscevamo, sull’intera città. Non muoverti, sussurravamo, desiderando che potesse durare per sempre. Fermo! SHAUN TAN, Piccole storie dal centro, Tunuè, Latina, 2020, p. 19
  34. 34. L' anatra, la morte e il tulipano di Wol f El bruch, Edi zi oni e/o Al essi a Napol i tano Mol to è gi à stato detto su “La morte, l ’ anatra e i l tul i pa- no” di Wol f Erl bruch e mi stupi rei se fos- se i l contrari o poi - ché consi dero l ’ al bo i n questi one una del l e pi etre mi l i ari non sol o del mi o percorso di l i brai a e di l ettri ce, ma del panorama mondi al e del l a l etteratura per l ’ i nfanzi a. Mi sono qui ndi pro- posta di non fare di questo al bo una re- censi one canoni ca (ammesso che i o si a i n grado di farne), ma di ri portarvi i pensi eri pi ù bel l i che mi capi ta di fare mentre, rapi ta e commossa, ne sfo- gl i o l e pagi ne. I RISGUARDI Un al bo racconta una stori a fi n dal l a coperti na e non si deve correre al l a pri ma parol a scri tta per i ni zi are a l eg- gerl o davvero; l e fi - gure si l eggono e l a struttura di un l i bro d’ autore ha sempre un senso preci so. C’ è un’ economi a sottesa ad ogni si n- gol a parte di un al bo e ogni parte concorre a raccon- tarci l a stori a. I ri - sguardi spesso sono come un prol ogo. Nei ri sguardi de “L’ anatra, l a morte e i l tul i pano” c’ è un’ anatra che ci sembra i ndeci sa, smarri ta, forse i m- pauri ta. In coperti - na guarda verso l ’ al to, ferma, por- tando i l nostro sguardo al ti tol o. Nel pri mo ri sguardo è nel l a stessa posi - zi one, ma ha i l bec- co ri vol to verso si - ni stra, quasi a con- templ are l ’ effetto prodotto dal l a no- stra mano quando abbi amo gi rato l a pagi na. Sotto al co- l ofon è i nvece di se- gnata i n movi - mento, i tratti di Erl bruch ci sugge- ri scono che ha fretta, l ’ anatra si di ri ge a destra e noi i sti nti vamente l a segui amo; ma nel frontespi zi o, sotto al ti tol o, ral l enta di nuovo, si gi ra verso si ni stra e pare vol er tornare i ndi etro. Nel l a pri ma pagi na del l ’ al bo, però, si ferma e si guarda al l e spal l e, di etro di l ei l a Morte, e i n al to l e parol e di Wol f Erbruch che ci di cono: “Era da un po’ che l ’ anatra aveva una strana sensazi one – Chi sei , e perché mi stri sci al l e spal l e? – domandò. ” La stori a ha i ni zi o. Con grande mae- stri a quel l ’ anatra, fi n dai ri sguardi , ci ha gi à comuni cato una sensazi one, co- sì che quando ci trovi amo a l eggere l ’ i nci pi t del l a stori a anche noi , se si amo stati l ettori attenti , ci senti amo confusi , sospettosi e guar- di nghi . LA MORTE La Morte di Erl bruch è una si n- tesi perfetta di un
  35. 35. catal ogo vi si vo messo a punto da secol i di i mmagi - nari col l etti vi . Ogni vol ta che mi trovo davanti al l a sua testa di teschi o, al suo corpo magro ri vesti to da quel l a doppi a tuni ca a quadretti , l e mani avvol te nel l e mano- pol i ne e i pi edi i n- fi l ati nel l e pantofo- l e, nel l a mi a mente avvi ene come un cortoci rcui to e i n un sol o i stante ve- do: mi o nonno Ma- ri o, al l e 11 di ogni domeni ca matti na trascorsa nel l a casa pugl i ese di mi o pa- dre, presentarsi i n vestagl i a sul l a so- gl i a del l a cuci na, trasci nando i pi edi nel l e pantofol e di cuoi o e preannun- ci are con l a sua sol a presenza l a morte del l a gi ornata (non si sarebbe potuti usci re fi no al l e 5 del pomeri ggi o); l ’ ul ti - mo capi tol o del fi l m dei Monty Python, “Il senso del l a vi ta”, con Il Tri sto Mi eti - tore avvol to i n un nero mantel l o e l a fal ce i n mano, i n un’ atmosfera grot- tesca che mescol a sapi entemente i ro- ni a e terrore; Coma- re Morte con l a can- del a del medi co i n mano nel l a fi aba dei Fratel l i Gri mm; Aml eto che parl a al teschi o di Yori k nel grande dramma shakespeari ano; gl i occhi di brace del l o schel etro i nfi l zato nel l o steccato che ci rconda l a casa del l a Baba Yaga nel l a fi aba di Vassi l i ssa; mi a non- na, chi na sui ferri per l a magl i a a i n- trecci are una sci ar- pa di l ana mentre con l a sua voce rauca e dol ce mi racconta di mi a ma- dre e del l a mi a i n- fanzi a; e sento, sen- to l a canzone di Angel o Branduardi “Sjarazul e, marazu- l e” nel l a versi one i tal i ana dal ti tol o “Bal l o i n fa#” o “danza macabra” al verso i n cui di ce “Sono i o l a morte, e porto corona, i o son di tutti voi si gnora e padrona, e davan- ti al l a mi a fal ce i l capo tu dovrai chi - nare, e con l ’ oscura morte al passo an- dare”; e sento l a ni nna nanna che mi a madre mi can- tava per farmi ad- dormentare che fi - ni va così : “mamma oggi , mamma i eri e l e sporte non son pani eri e i pani eri non son l e sporte e l a vi ta non è l a morte e l a morte non è l a vi ta, e l a canzone è gi à fi ni ta”. Ognuno di noi di fronte al l a morte di Wol f Erl bruch ha i l suo personal e cor- toci rcui to come è gi usto che si a, ma questo perturba- mento, fondamen- tal e per poter com- prendere davvero l a stori a narrata ne “L’ anatra, l a morte e i l tul i pano”, può avveni re sol o i n vi rtù degl i archeti pi che quel l ’ i mmagi ne al l ’ apparenza così sempl i ce conti ene: i l vecchi o o l a vec- chi a, i l bui o del bo- sco, l a sogl i a, l ’ i m- pi ccato, l a strega. Al suo cospetto echi profondi ri suonano nel l a nostra memo- ri a consci a ed i n- consci a: i ri ti fune- bri e l e ri me per te- nere l ontano i l ma- l occhi o, l e fi l astroc- che dei bambi ni , i di pi nti o l e i mma- gi ni di morte che
  36. 36. hanno attraversato i l nostro cammi no, stori e l ette nei l i bri o sol o raccontate. E queste cose sono tanto vi vi de i n noi che al l a fi ne ci si confonde, e non si sa pi ù se si a l a Morte di Erl bruch ad essere così po- tente grazi e al l e stori e che ci sono state tramandate, o se sono l e stori e ad affi orare grazi e al l a potenza di questo straordi nari o i l l u- stratore; ma quando ci trovi amo di fron- te a questa doman- da, è mol to proba- bi l e che pi ù ri spo- ste si ano vere con- temporaneamente e che qui ndi abbi amo l a fortuna di tro- varci al cospetto di una ri vel azi one. LA TENEREZZA Nel turbamento che l ’ i mmagi ne del l a Morte di Erl bruch porta con sé, è nascosto un tesoro, una l uce segreta che rende quel tur- bamento ancora pi ù effi cace: l a tene- rezza. Come si può provare tenerezza per l a Morte venuta a prendere l a vi ta di un’ anatra tanto ca- ra? Eppure l a Morte parl a con genti l ez- za, i movi menti del suo corpo sono de- l i cati , l enti , quasi i mpacci ati . È ti mi da questa Morte e por- ta con sé un fi ore, un tul i pano nero, pronto a essere l a- sci ato come una preghi era sul l a tomba di qual cuno. Le pantofol e che i ndossa l e concedo- no un passo fel pato, non l a si sente arri vare, ce l a si ri - trova accanto sorri - dente con i ndosso non un nero man- tel l o, ma una speci e di pi gi ama. Che strano accorgersi di non averne paura, l a si può perfi no abbracci are e l ’ ana- tra i nfatti l o fa: poi ché l a Morte ha freddo dopo i l ba- gno nel l o stagno, l ei con l e sue pi ume cal de si abbandona qui eta sul suo cor- po schel etri co – che possi amo sol o i ntui - re sotto l a tuni ca – mentre l a Morte ri - mane ri gi da i n pre- da a un desol ante i mbarazzo. Vorremmo di rl e “Ri - l assati ! ”, ma forse ci sono dei tabù così radi cati da determi - nare i l modo di es- sere perfi no del l a Morte. Wol f Erl - bruch sembra di rci che l a compassi one è l ’ uni ca chi ave per scardi nare i l uoghi comuni e sperare i n nuovi punti di vi sta. Tutto questo al bo è gi ocato sul senti - mento del l a com- passi one, sul terro- re superato dal l a tenerezza, sul vi ve- re un qui e ora che, a pensarci bene, non ha nul l a di spaventoso. IL BIANCO Lo sfondo bi anco del l e pagi ne e l a mancanza quasi total e di prospet- ti va, rendono tutta l a vi cenda sospesa, i n bi l i co. In quel bi anco c’ è tutto e ni ente, sta a noi deci dere che sguar- do avere sul l e cose e sul mondo, sul l a vi ta e sul l a morte. C’ è una tavol a i n parti col are i n cui i l vostro sguardo è messo al l a prova; i n quel l a tavol a, sem- bra di rci Erl bruch, potete testare qua- l e si a l a vostra ca-
  37. 37. paci tà di vedere, l a vostra capaci tà di essere nel l a vi ta. Si amo di fronte ad una doppi a pagi na: a destra c’ è un magni fi co al bero di amarene, sul l ’ al bero ci sono l ’ anatra e l a morte. L’ anatra guarda i n basso, verso si ni stra. A si - ni stra, sul l ’ al tra me- tà del l a doppi a pa- gi na, non c’ è nul l a, sol o i l testo, appog- gi ato quasi a pi è pagi na. Il progetto grafi co è di Wol f Erl bruch. Il testo di ce: Gi ù i n basso, i n l on- tananza, si vedeva l o stagno. Era così si l enzi oso l aggi ù, e così deser- to. “Ecco come sarà, quando mori rò” si di sse. “Lo stagno: tutto sol o, senza di me”. Come l ettori l o sta- gno l o avete gi à vi - sto, Erl bruch ce l o ha di segnato sol o qual che tavol a fa, e l e fronde del l ’ al bero di amarene hanno fatto tre vol te capo- l i no dal margi ne destro del l a pagi na. Il paesaggi o è gi à dato, avete tutti gl i i ndi zi per vederl o. Ma se i n questa doppi a pagi na l o stagno ci fosse sta- to davvero, se Wol f Erl bruch si fosse preso l a pena di di pi ngercel o anco- ra, questa tavol a non sarebbe stata così perfetta e po- tente. Se l o stagno l o ve- dete o ne avverti te l a presenza e se ri u- sci te a commuover- vi per l a sol i tudi ne che comprende, al - l ora saprete che i l bi anco de “L’ anatra, l a morte e i l tul i - pano” ha per voi un si gni fi cato preci so. IL CORVO Lo stagno i nvi si bi l e è a si ni stra, nel l a parte dove non si può tornare, perché questo ci di cono l e regol e del l ’ i cono- grafi a; bi sogna an- dare avanti , bi sogna conti nuare a gi rare l e pagi ne, verso de- stra. Un’ al tra doppi a pa- gi na. Ci sono ancora l a Morte e l ’ anatra sul l ’ al bero e parl a- no, parl ano del l o stagno, anche se or- mai ce l o si amo l a- sci ati al l e spal l e, nel l a doppi a pagi na precedente, sol o e desol ato. L’ al bero è a si ni stra questa vol ta. L’ anatra di ce che sugl i al beri si fanno strani pensi eri . Sul l a pagi na di de- stra non c’ è testo, ma sol o un corvo, ha i l becco aperto e noi l o senti amo gracchi are. Vol a verso destra. In quel l a macchi a nera sul fogl i o bi an- co noi avverti amo qual cosa, un presa- gi o. L’ AZZURRO Un dol ci ssi mo az- zurro i nvade al l ’ i m- provvi so l a pagi na quando l ’ anatra smette di respi rare. Il ci el o acqui sta un peso e i ni zi a a ne- vi care. La sospen- si one del bi anco cessa. “Era accadu- to qual cosa” di ce i l testo. Quando l ’ ana-
  38. 38. tra muore, l a vi ta prende possesso del l a stori a e fi nal - mente l a possi amo vedere. Eccol a, c’ è sempre stata, come l o stagno, come i l grande fi ume. Mi vengono i n mente i ti tol i di coda del fi l m di Lars Von Tri er “Dogvi l l e”, quando, per l a pri - ma vol ta, ci vi ene mostrato i l vi l l aggi o e i l paesaggi o ci rco- stante, mentre du- rante tutto i l fi l m non abbi amo vi sto che i l pal co di un teatro con segni bi anchi sul pavi - mento nero a i ndi - care i peri metri del - l e case: uno spaesa- mento ci cogl i e per- ché quel l o che ab- bi amo sol o i mmagi - nato i mprovvi sa- mente appare, così ni ti do e così vi vi do da sembrarci pi ù i rreal e del l ’ assenza del l e cose. Come se vedessi mo per l a pri ma vol ta. Forse che l a Morte porti con sé i l mi stero del l a ri vel azi one? IL TESTO “Sei venuta a pren- dermi ?” “Ti starò accanto per i l tempo che ti resta, nel caso…” “Nel caso?” doman- dò l ’ anatra. “Sì … nel caso ti ca- pi ti qual cosa. Un brutto raffred- dore, un i nci dente: non si può mai sa- pere. ” “E al l ’ i nci dente ci pensi tu?” “Al l ’ i nci dente ci pensa l a vi ta, come anche al raffred- dore, e a tutte l e al tre cose che pos- sono capi tare a voi anatre. Per esempi o l a vol - pe. ” Trovo che l a ri posta del l a Morte “al l ’ i n- ci dente ci pensa l a vi ta” si a così vera e puntual e nel l a sua sempl i ci tà da ri bal - tare i n un sol col po l a prospetti va del l e cose. Possi bi l e che l a Vi ta col l abori con l a Morte? Possi bi l e che ci si a un patto segreto tra l e due? “Certe anatre di co- no che si di venta angel i e si sta se- duti sul l e nuvol e e si può guardare l a terra dal l ’ al to. ” “Possi bi l e” di sse l a Morte, e si mi se seduta. “In ogni caso l e al i ce l e hai gi à”. Questa è una del l e ri sposte del l a Morte che preferi sco. Non ci accorgi amo di quel l o che abbi amo fi nché non smetti a- mo di proi ettarci fuori di noi , e, a vol - te, una vi si one i dea- l e non è mi gl i ore di una real e. Vedere i l mondo dal l ’ al to per l ’ anatra è gi à pos- si bi l e (e anche per gl i esseri umani ), stare su una nuvol a no, ma passarci at- traverso certamen- te. Chi aramente i n questa ri sposta c’ è un doppi o regi stro narrati vo, uno pi ù beffardo e uno pi ù fi l osofi co, ma mi pi ace pensare che l a fi l osofi a e l ’ i roni a abbi amo mol to da sparti re. “Certe anatre di co- no che nel l e vi scere del l a terra c’ è l ’ i n- ferno, dove si fi ni - sce arrosti te se non ci si è comportate da brave anatre”. “È sorprendente ci ò che vi raccontate voi anatre. La veri tà è che non
  39. 39. l o sa nessuno”. “Nemmeno tu l o sai ! ” strepi tò l ’ ana- tra. La Morte si l i mi tò a guardarl a. Nei due brevi di a- l oghi appena ri por- tati , Wol f Erl bruch spazza vi a senza troppi convenevol i l a vi si one pi ù co- mune sul l a vi ta do- po l a morte; para- di so e i nferno, bene e mal e, nuvol e e fuoco. Ogni di coto- mi a i n questo al bo è messa al bando. Cosa resta dunque? Wol f Erl bruch fa di re al l a Morte che nessuno l o sa; ma se è l a Morte l a pri ma a non saperl o cosa racconteremo nel l a prossi ma sto- ri a? In quel non l o so, come nel bi anco del l e pagi ne, ci so- no tutte l e stori e possi bi l i , sono com- prese tutte l e ri spo- ste. A voi ri empi re i l vuoto con l a vostra vi si one perché l a sol a cosa che potre- te donare ai bambi - ni che vi chi ederan- no cosa ci si a ol tre l a vi ta è l a vostra veri tà. La Morte e l ’ anatra sono esseri uni versal i , per que- sto l ai ci , ma così spi ri tual i da l asci a- re aperta qual si asi strada. La seguì a l ungo con l o sguardo. Quando l a perse di vi sta, l a Morte quasi si rattri stò. Ma così era l a vi ta. Con questa frase fi ni sce l ’ al bo: Ma così era l a vi ta, non l a morte, così è l a vi ta. Un sussegui rsi i nfi ni to di morti e nasci te. Il resto l o l asci amo di re al grande fi ume che scompare i n al to, sul l ’ angol o destro del l a tavol a perché per noi è gi à ora di vol tare l a pagi na, di andare avanti . È ora di chi udere i l l i bro e di vi vere, di vol are, di fare i l bagno nel l o stagno, di arrampi carci su un al bero. IL TULIPANO E nel l a quarta di coperti na è sbocci a- to un tul i pano.

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