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UNA VITA (NON) APPESA A UN FILO
a cura di Giovanni Polliotti, Giorgio Ruffinatto, SPreSAL della ASL TO3
Che cosa è successo
Un lavoratore è caduto dal tetto procurandosi fratture multiple durante i lavori di
copertura di un edificio destinato a diventare un salone polivalente.
Chi è stato coinvolto
Abdel, un operaio trentenne di origine marocchina che vive in Italia da più di vent’anni
insieme alla sua famiglia. Abdel aveva sempre lavorato in aziende metalmeccaniche ma
da un mese aveva cambiato ditta, ora lavorava per una piccola azienda specializzata nella
realizzazione e montaggio di strutture metalliche.
Dove e quando
L’infortunio è avvenuto in provincia di Torino nell’aprile 2008 in un cantiere edile per la
costruzione di un edificio che doveva essere adibito a salone polivalente. La ditta operava
in subappalto per il montaggio della copertura all’edificio.
Apertura per l’evacuazione fumi
Come
Al momento dell’infortunio il tetto era già coperto per poco più di metà. La copertura era
realizzata con pannelli prefabbricati coibentati (due lastre grecate con interposto uno
strato di lana di vetro pressata) lunghi sei metri, larghi un metro e spessi dieci centimetri.
Per svolgere i lavori di muratura e copertura era stato montato un ponteggio lungo il
perimetro dell’edificio. Nel cantiere erano presenti una piattaforma autosollevante (un
mezzo sollevatore a pantografo) e una gru automontante fissa dotata di forche che
serviva, tra l’altro, per trasferire i pannelli sul tetto.
www.dors.it/infortuni_lavoro pubblicato l’ 11 settembre 20131
La mattina dell’infortunio, Abdel e il suo capo cantiere Daniel avevano posato un pannello
sulla capriata in posizione arretrata di un metro rispetto al colmo in modo da lasciare
un’apertura per la futura posa di un condotto di evacuazione dei fumi. Avevano quindi
proseguito la copertura dell’edificio con la posa di altri pannelli.
Poco dopo le 10, Daniel era sul ponteggio da dove con un radiocomando manovrava la
gru per trasportare i pannelli sul tetto. Abdel in piedi sul tetto accompagnava il carico
sospeso e lo trasferiva dalle forche della gru alla copertura, depositandolo su blocchetti di
polistirolo per evitare di danneggiare la parte di tetto già realizzata.
In una delle due falde del tetto, due pannelli sovrapposti erano già stati appoggiati
sull’ultimo pannello fissato. Abdel si era trasferito sull’altra falda dove, a circa tre metri
dall’ultimo pannello posato, vi era l’apertura di un metro di lato. Stava accompagnando i
pannelli che oscillavano e ruotavano su se stessi quando, arretrando di qualche passo, è
caduto nell’apertura alle sue spalle e, precipitando al suolo da un’altezza di circa sette
metri, è rimasto gravemente ferito riportando politraumi ossei.
“Quando il mio capo cantiere ha abbassato il carico, questo oscillava in quanto sospeso.
Io le dovevo tenere ferme (le lastre) e le accompagnavo fino a che queste non erano
appoggiate sulla copertura... Al momento dell’infortunio accompagnavo le lastre in arrivo
le quali dondolavano abbastanza. Nel guardare le lastre alle quali appoggiavo le mani e
facendo attenzione al ciglio della copertura posto davanti a me, sono arretrato cadendo
nel foro.”
Abdel è stato trasportato con l’elisoccorso all’ospedale dove ha subito un intervento;
secondo i medici che lo hanno curato, il ragazzo avrà per tutta la vita problemi nel
camminare causati dalle lesioni subite.
Perché
Sul tetto dell’edificio in costruzione erano in corso lavori in assenza di adeguate opere
provvisionali. Non ve ne erano né a protezione dell’apertura di un metro di lato lasciata
per la futura posa dell’evacuatore di fumo, né sul bordo della copertura prospiciente il
vuoto (verso la porzione di copertura ancora da realizzare).
Il ponteggio perimetrale all’edificio non proteggeva il lato di avanzamento dei lavori di
copertura. Sui due lati più lunghi del ponteggio erano state montate delle strutture a tubi e
giunti (tubi utilizzati per il montaggio dei ponteggi) per ancorare un cavo in acciaio del
diametro di dieci millimetri al quale i lavoratori si sarebbero potuti vincolare per operare in
sicurezza sul tetto. Il cavo in acciaio (linea vita) non era però fissato alla struttura ma
semplicemente appoggiato sulla copertura e non poteva essere usato dai lavoratori.
“Perimetralmente all’edificio c’era un ponteggio, dal quale lavorava il mio capo cantiere,
mentre io operavo sulla copertura senza protezioni. C’era una tesata ma era troppo
arretrata e quindi non potevo legarmi. Specifico che i giorni prima dell’infortunio mi ero
legato alla tesata, ma il giorno dell’infortunio i lavori erano avanzati e non potevo legarmi.”
Abdel indossava un’imbracatura a fascia (cintura di posizionamento), non idonea come
Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) anticaduta ed era comunque inutile poiché non
era fissata a un ancoraggio sicuro.
www.dors.it/infortuni_lavoro pubblicato l’ 11 settembre 20132
Linea vita smontata
Cosa si è appreso dall’inchiesta
Il lavoratore ha riferito che era il primo cantiere nel quale doveva lavorare in quota e che
nessuno l’aveva formato o addestrato sull’uso delle linee vita e delle imbracature di
sicurezza.
“Specifico che questo è stato il mio primo cantiere in altezza. Nessuno mi ha indicato
dove e come ancorarmi, né in azienda né sul cantiere. Il giorno prima dell’infortunio il mio
capo mi ha detto di legarmi alla tesata. L’errore è stato quello di non spostare la tesata.”
La documentazione di cantiere (piano di sicurezza e coordinamento, piano operativo di
sicurezza) non affrontava i rischi di caduta dall’alto se non in modo molto generico. In
sede progettuale si era valutata la possibilità di predisporre un intero tavolato sotto alla
copertura, ma non era poi stato realizzato probabilmente per problemi di costi e tempi,
optando per la linea vita.
L’utilizzo di adeguate opere provvisionali contro il rischio di caduta dall’alto avrebbe
evitato l’infortunio: oltre al ponteggio perimetrale, sarebbe stato necessario affrontare
adeguatamente il rischio di caduta all’interno dell’edificio in costruzione. Infatti, era stata
allestita una linea vita che si è rivelata di fatto inutilizzabile poiché in parte non ancorata.
Sarebbe inoltre stato opportuno organizzare il lavoro in modo da realizzare l’apertura per
l’evacuatore di fumo solo al termine dei lavori di copertura, in modo da limitare numerose
situazioni di rischio.
La presenza in cantiere di una persona di comprovata esperienza (Daniel, il capo cantiere)
non ha evitato l’infortunio probabilmente perché si è dedicato più a organizzare il lavoro
piuttosto che a gestire la sicurezza. Daniel era socio della ditta esecutrice e, poiché il
lavoro era in subappalto, aveva probabilmente l’esigenza di terminare il lavoro in tempi
rapidi, tagliando anche sui costi legati alla sicurezza. A riprova si rileva che la linea vita
non era ancorata e l’infortunato non era formato sulla necessità di lavorare sempre in
condizioni di sicurezza.
Indicazioni per la prevenzione
È importante che le misure per garantire la sicurezza dei lavoratori siano organizzate fin
dalle fasi progettuali. Un’adeguata valutazione dei rischi, specifica per il cantiere dove è
accaduto questo infortunio avrebbe individuato il sistema anticaduta più opportuno, da
scegliersi preferibilmente fra i sistemi di protezione collettiva.
www.dors.it/infortuni_lavoro pubblicato l’ 11 settembre 20133
La normativa vigente (Decreto Legislativo 81 del 2008) prevede infatti che sia data priorità
alla scelta di sistemi di protezione collettiva (es. ponteggi, reti anticaduta), rispetto ai
dispositivi di protezione individuale (es. linee vita).
In questo cantiere, un tavolato di sicurezza oppure l’installazione di reti anticaduta al di
sotto di tutta la superficie della copertura da realizzarsi, avrebbero certamente evitato
l’infortunio.
Quando invece, per tipologia di opera, è necessario ricorrere a misure di protezione
individuale, queste devono essere progettate in modo scrupoloso. Le linee vita, ad
esempio devono avere caratteristiche indicate da norme tecniche specifiche (UNI EN 795:
2012). Esse prevedono, tra l’altro, la marcatura di ogni singolo elemento costituente la
linea vita: ogni componente smontabile di un sistema deve essere marcato in modo
chiaro, indelebile e permanente. La marcatura deve contenere: anno di costruzione, nome
o marchio del costruttore, numero di lotto/serie del componente. Infatti, il fabbricante
deve effettuare prove di tenuta statiche e dinamiche sui singoli elementi.
In ogni caso la formazione e l’addestramento all’uso dei sistemi di protezione sia collettivi
sia individuali (es. linee vita, imbracature di sicurezza) sono fondamentali, specialmente
per i neoassunti.
Le attività di formazione e addestramento hanno infatti due obiettivi: il primo è quello di
far sì che il lavoratore usi in modo corretto i sistemi di protezione, il secondo è quello di
sensibilizzarlo sull’importanza del loro utilizzo, correggendo anche eventuali abitudini
sbagliate. L’incapacità di realizzare una linea vita conforme alla normativa o di non
saperla utilizzare correttamente, espone il lavoratore (e talvolta anche i propri colleghi) al
rischio di infortunio, ad esempio a causa del cedimento della linea vita. Ma è altrettanto
grave che in alcune situazioni, nonostante la sicurezza sia progettata correttamente (es.
linee vita o ancoraggi adeguati), i lavoratori non ne facciano uso perché preferiscono
operare privi di vincoli, a volte per incapacità, ma altre volte anche per abitudine o
comodità.
Per Abdel, questo era il primo cantiere in cui operava in quota: oltre a essere privo delle
conoscenze tecniche sull’utilizzo corretto della linea vita, aveva una percezione del
pericolo distorta a causa dell’inesperienza. Un addestramento e un corso di formazione
specifici sui sistemi anticaduta gli sarebbero stati certamente utili a conoscere molteplici
contenuti di sicurezza ma anche a sensibilizzarlo sull’importanza di usare tali sistemi. In
altre parole: se utilizzi correttamente i sistemi anticaduta, forse un giorno saranno utili a
salvarti la vita.
Ultimo, ma non in ordine di importanza, è l’obbligo, previsto in capo al datore di lavoro e
al dirigente della ditta dal Decreto Legislativo 81/08, di vigilanza in merito all’idoneità delle
opere provvisionali e al loro corretto utilizzo da parte dei lavoratori. In questo cantiere era
presente una figura dirigenziale dell’azienda (Daniel era socio della ditta) che lavorava a
stretto contatto con Abdel e quindi era pienamente cosciente della mancanza della linea
vita e delle carenze formative del suo sottoposto.
Per maggiori informazioni contattare:
Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute, ASL TO3
Via Sabaudia 164, 10095, Grugliasco (TO)
Tel. 01140188210-502 - Fax 01140188501 - info@dors.it
www.dors.it/infortuni_lavoro pubblicato l’ 11 settembre 20134

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212 storia di infortunio

  • 1. UNA VITA (NON) APPESA A UN FILO a cura di Giovanni Polliotti, Giorgio Ruffinatto, SPreSAL della ASL TO3 Che cosa è successo Un lavoratore è caduto dal tetto procurandosi fratture multiple durante i lavori di copertura di un edificio destinato a diventare un salone polivalente. Chi è stato coinvolto Abdel, un operaio trentenne di origine marocchina che vive in Italia da più di vent’anni insieme alla sua famiglia. Abdel aveva sempre lavorato in aziende metalmeccaniche ma da un mese aveva cambiato ditta, ora lavorava per una piccola azienda specializzata nella realizzazione e montaggio di strutture metalliche. Dove e quando L’infortunio è avvenuto in provincia di Torino nell’aprile 2008 in un cantiere edile per la costruzione di un edificio che doveva essere adibito a salone polivalente. La ditta operava in subappalto per il montaggio della copertura all’edificio. Apertura per l’evacuazione fumi Come Al momento dell’infortunio il tetto era già coperto per poco più di metà. La copertura era realizzata con pannelli prefabbricati coibentati (due lastre grecate con interposto uno strato di lana di vetro pressata) lunghi sei metri, larghi un metro e spessi dieci centimetri. Per svolgere i lavori di muratura e copertura era stato montato un ponteggio lungo il perimetro dell’edificio. Nel cantiere erano presenti una piattaforma autosollevante (un mezzo sollevatore a pantografo) e una gru automontante fissa dotata di forche che serviva, tra l’altro, per trasferire i pannelli sul tetto. www.dors.it/infortuni_lavoro pubblicato l’ 11 settembre 20131
  • 2. La mattina dell’infortunio, Abdel e il suo capo cantiere Daniel avevano posato un pannello sulla capriata in posizione arretrata di un metro rispetto al colmo in modo da lasciare un’apertura per la futura posa di un condotto di evacuazione dei fumi. Avevano quindi proseguito la copertura dell’edificio con la posa di altri pannelli. Poco dopo le 10, Daniel era sul ponteggio da dove con un radiocomando manovrava la gru per trasportare i pannelli sul tetto. Abdel in piedi sul tetto accompagnava il carico sospeso e lo trasferiva dalle forche della gru alla copertura, depositandolo su blocchetti di polistirolo per evitare di danneggiare la parte di tetto già realizzata. In una delle due falde del tetto, due pannelli sovrapposti erano già stati appoggiati sull’ultimo pannello fissato. Abdel si era trasferito sull’altra falda dove, a circa tre metri dall’ultimo pannello posato, vi era l’apertura di un metro di lato. Stava accompagnando i pannelli che oscillavano e ruotavano su se stessi quando, arretrando di qualche passo, è caduto nell’apertura alle sue spalle e, precipitando al suolo da un’altezza di circa sette metri, è rimasto gravemente ferito riportando politraumi ossei. “Quando il mio capo cantiere ha abbassato il carico, questo oscillava in quanto sospeso. Io le dovevo tenere ferme (le lastre) e le accompagnavo fino a che queste non erano appoggiate sulla copertura... Al momento dell’infortunio accompagnavo le lastre in arrivo le quali dondolavano abbastanza. Nel guardare le lastre alle quali appoggiavo le mani e facendo attenzione al ciglio della copertura posto davanti a me, sono arretrato cadendo nel foro.” Abdel è stato trasportato con l’elisoccorso all’ospedale dove ha subito un intervento; secondo i medici che lo hanno curato, il ragazzo avrà per tutta la vita problemi nel camminare causati dalle lesioni subite. Perché Sul tetto dell’edificio in costruzione erano in corso lavori in assenza di adeguate opere provvisionali. Non ve ne erano né a protezione dell’apertura di un metro di lato lasciata per la futura posa dell’evacuatore di fumo, né sul bordo della copertura prospiciente il vuoto (verso la porzione di copertura ancora da realizzare). Il ponteggio perimetrale all’edificio non proteggeva il lato di avanzamento dei lavori di copertura. Sui due lati più lunghi del ponteggio erano state montate delle strutture a tubi e giunti (tubi utilizzati per il montaggio dei ponteggi) per ancorare un cavo in acciaio del diametro di dieci millimetri al quale i lavoratori si sarebbero potuti vincolare per operare in sicurezza sul tetto. Il cavo in acciaio (linea vita) non era però fissato alla struttura ma semplicemente appoggiato sulla copertura e non poteva essere usato dai lavoratori. “Perimetralmente all’edificio c’era un ponteggio, dal quale lavorava il mio capo cantiere, mentre io operavo sulla copertura senza protezioni. C’era una tesata ma era troppo arretrata e quindi non potevo legarmi. Specifico che i giorni prima dell’infortunio mi ero legato alla tesata, ma il giorno dell’infortunio i lavori erano avanzati e non potevo legarmi.” Abdel indossava un’imbracatura a fascia (cintura di posizionamento), non idonea come Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) anticaduta ed era comunque inutile poiché non era fissata a un ancoraggio sicuro. www.dors.it/infortuni_lavoro pubblicato l’ 11 settembre 20132
  • 3. Linea vita smontata Cosa si è appreso dall’inchiesta Il lavoratore ha riferito che era il primo cantiere nel quale doveva lavorare in quota e che nessuno l’aveva formato o addestrato sull’uso delle linee vita e delle imbracature di sicurezza. “Specifico che questo è stato il mio primo cantiere in altezza. Nessuno mi ha indicato dove e come ancorarmi, né in azienda né sul cantiere. Il giorno prima dell’infortunio il mio capo mi ha detto di legarmi alla tesata. L’errore è stato quello di non spostare la tesata.” La documentazione di cantiere (piano di sicurezza e coordinamento, piano operativo di sicurezza) non affrontava i rischi di caduta dall’alto se non in modo molto generico. In sede progettuale si era valutata la possibilità di predisporre un intero tavolato sotto alla copertura, ma non era poi stato realizzato probabilmente per problemi di costi e tempi, optando per la linea vita. L’utilizzo di adeguate opere provvisionali contro il rischio di caduta dall’alto avrebbe evitato l’infortunio: oltre al ponteggio perimetrale, sarebbe stato necessario affrontare adeguatamente il rischio di caduta all’interno dell’edificio in costruzione. Infatti, era stata allestita una linea vita che si è rivelata di fatto inutilizzabile poiché in parte non ancorata. Sarebbe inoltre stato opportuno organizzare il lavoro in modo da realizzare l’apertura per l’evacuatore di fumo solo al termine dei lavori di copertura, in modo da limitare numerose situazioni di rischio. La presenza in cantiere di una persona di comprovata esperienza (Daniel, il capo cantiere) non ha evitato l’infortunio probabilmente perché si è dedicato più a organizzare il lavoro piuttosto che a gestire la sicurezza. Daniel era socio della ditta esecutrice e, poiché il lavoro era in subappalto, aveva probabilmente l’esigenza di terminare il lavoro in tempi rapidi, tagliando anche sui costi legati alla sicurezza. A riprova si rileva che la linea vita non era ancorata e l’infortunato non era formato sulla necessità di lavorare sempre in condizioni di sicurezza. Indicazioni per la prevenzione È importante che le misure per garantire la sicurezza dei lavoratori siano organizzate fin dalle fasi progettuali. Un’adeguata valutazione dei rischi, specifica per il cantiere dove è accaduto questo infortunio avrebbe individuato il sistema anticaduta più opportuno, da scegliersi preferibilmente fra i sistemi di protezione collettiva. www.dors.it/infortuni_lavoro pubblicato l’ 11 settembre 20133
  • 4. La normativa vigente (Decreto Legislativo 81 del 2008) prevede infatti che sia data priorità alla scelta di sistemi di protezione collettiva (es. ponteggi, reti anticaduta), rispetto ai dispositivi di protezione individuale (es. linee vita). In questo cantiere, un tavolato di sicurezza oppure l’installazione di reti anticaduta al di sotto di tutta la superficie della copertura da realizzarsi, avrebbero certamente evitato l’infortunio. Quando invece, per tipologia di opera, è necessario ricorrere a misure di protezione individuale, queste devono essere progettate in modo scrupoloso. Le linee vita, ad esempio devono avere caratteristiche indicate da norme tecniche specifiche (UNI EN 795: 2012). Esse prevedono, tra l’altro, la marcatura di ogni singolo elemento costituente la linea vita: ogni componente smontabile di un sistema deve essere marcato in modo chiaro, indelebile e permanente. La marcatura deve contenere: anno di costruzione, nome o marchio del costruttore, numero di lotto/serie del componente. Infatti, il fabbricante deve effettuare prove di tenuta statiche e dinamiche sui singoli elementi. In ogni caso la formazione e l’addestramento all’uso dei sistemi di protezione sia collettivi sia individuali (es. linee vita, imbracature di sicurezza) sono fondamentali, specialmente per i neoassunti. Le attività di formazione e addestramento hanno infatti due obiettivi: il primo è quello di far sì che il lavoratore usi in modo corretto i sistemi di protezione, il secondo è quello di sensibilizzarlo sull’importanza del loro utilizzo, correggendo anche eventuali abitudini sbagliate. L’incapacità di realizzare una linea vita conforme alla normativa o di non saperla utilizzare correttamente, espone il lavoratore (e talvolta anche i propri colleghi) al rischio di infortunio, ad esempio a causa del cedimento della linea vita. Ma è altrettanto grave che in alcune situazioni, nonostante la sicurezza sia progettata correttamente (es. linee vita o ancoraggi adeguati), i lavoratori non ne facciano uso perché preferiscono operare privi di vincoli, a volte per incapacità, ma altre volte anche per abitudine o comodità. Per Abdel, questo era il primo cantiere in cui operava in quota: oltre a essere privo delle conoscenze tecniche sull’utilizzo corretto della linea vita, aveva una percezione del pericolo distorta a causa dell’inesperienza. Un addestramento e un corso di formazione specifici sui sistemi anticaduta gli sarebbero stati certamente utili a conoscere molteplici contenuti di sicurezza ma anche a sensibilizzarlo sull’importanza di usare tali sistemi. In altre parole: se utilizzi correttamente i sistemi anticaduta, forse un giorno saranno utili a salvarti la vita. Ultimo, ma non in ordine di importanza, è l’obbligo, previsto in capo al datore di lavoro e al dirigente della ditta dal Decreto Legislativo 81/08, di vigilanza in merito all’idoneità delle opere provvisionali e al loro corretto utilizzo da parte dei lavoratori. In questo cantiere era presente una figura dirigenziale dell’azienda (Daniel era socio della ditta) che lavorava a stretto contatto con Abdel e quindi era pienamente cosciente della mancanza della linea vita e delle carenze formative del suo sottoposto. Per maggiori informazioni contattare: Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute, ASL TO3 Via Sabaudia 164, 10095, Grugliasco (TO) Tel. 01140188210-502 - Fax 01140188501 - info@dors.it www.dors.it/infortuni_lavoro pubblicato l’ 11 settembre 20134