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istituzioni, attori e ideali di un secolo
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 Eleonora Maddalena

                BRAILLE DELL’ISTITUTO     CIECHI
 IL MUSEO LOUIS BRAILLE DELL’ISTITUTO DEI CIECHI DI MILANO

 In un sontuoso volume uscito alcuni anni fa sulla storia e il patrimonio dell’Istituto dei ciechi di Milano -
 uno dei più avanzati centri europei rivolti alla formazione dei disabili visivi - il suo attuale direttore,
 Giancarlo Abba, sottolineava la vocazione che l’Istituto ha manifestato in tutta la sua storia a
 proiettarsi nel futuro della “tiflologia”, come viene chiamata la scienza applicata all’educazione dei non
 vedenti e al loro inserimento in campo lavorativo e sociale1.
 Da un punto di vista storico, della storia delle istituzioni scientifiche italiane, l’Istituto dei ciechi è a tutti
 gli effetti un caso di studio estremamente proficuo di cui tenere conto. In primo luogo perché non si
 tratta di un’istituzione benefica di carità e ricovero come le altre, bensì di un ente di ricerca applicata
 nel campo dell’istruzione dei non vedenti. Secondariamente, perché è un prototipo delle scuole
 speciali per alunni affetti da ogni genere di disabilità create via via dal Comune di Milano tra Otto e
 Novecento.
 Creato nel 1840, durante il Regno Lombardo-Veneto come un asilo per i ciechi poveri, e per volontà del
 governo del conte Franz von Hartig, l’Istituto assunse questi suoi caratteri distintivi grazie all’opera del
 suo primo direttore Michele Barozzi (1795-1867), già direttore della Pie case di industria e che, una
 volta avuto l’incarico, si fece l’apostolo di ideali di educazione dei ciechi di stampo scientifico
 illuminista. I suoi modelli sono il Blindeninstitut di Vienna diretto da Johann Wilhelm Klein (1765-1848),
 oltre all’Institut pour jeunes aveugles che Valentin Haüy (1745-1822) aveva inaugurato alla vigilia della
 Rivoluzione a Parigi e dove allora insegnava un musicista, cieco dall’età di tre anni: Louis Braille (1809-
 1852)2.
 Quando nasce l’istituto milanese, l’alfabeto Braille, ideato alla fine degli anni Venti, è ancora in fase di
 gestazione. Un primo tentativo di applicarlo alla scrittura e lettura di testi e della musica, fatto nel
 1842 da Barozzi, si scontra con le resistenze degli istruttori milanesi, abituati ai sistemi tradizionali di
 lettura in rilievo. Barozzi stesso nutriva forti riserve, temendo che una scrittura così radicalmente
 differente da quella normale contribuisse a segregare ancor più i non vedenti. Passeranno vent’anni
 perché l’Istituto dei ciechi di Milano, primo in Italia, opti per l’adozione del Braille.
 Come tutte le grandi innovazioni tecniche, anche l’avvento di un alfabeto stenografico a rilievo per
 ciechi, così geniale perché basato sulle combinazioni di soli sei punti, e oggi di uso universale, non fu un
 processo ovvio e immediato. L’adozione del metodo Braille non è un uovo di Colombo, ma un itinerario
 costellato di dubbi e di alternative, come scrive nel volume prima citato Paola Bonanomi, tiflologa
 dell’Istituto, presentando il museo storico dei metodi di scrittura e lettura dei ciechi, ospitato nella
 storica sede milanese dell’Istituto in via Vivaio e frutto del recente riordino delle sue collezioni
 didattiche e strumentali, tra le più ricche del mondo3.
 Il percorso museale prende avvio proprio dalla ricostruzione dei sistemi di educazione alla lettura e
 scrittura adottati in seno all’Istituto nel corso dei suoi due primi decenni di attività. Sono esposte in
 particolare le tavolette inventate nel XVIII secolo da Hauy e rimaste in uso fino al 1844, con incisi in
 rilievo le normali lettere dell’alfabeto e i numeri (fig. 1).



 1
   Cfr. G. Abba, Un'istituzione storica che lavora per il futuro, in Luce su luce, a cura di M. Bascapé, M. Canella, S. Rebora,
 Istituto dei ciechi di Milano, Milano 2003, pp. 220- 239.
 2
   Cfr. M. G. Bascapé, Michele Barozzi (1795-1867), ivi, pp. 82-103.
 3
   Cfr. P. Bonanomi, Museo storico dei metodi di scrittura e lettura per ciechi, ivi pp. 274 -283.




                                            web: www.milanocittadellescienze.it
milano CITTA’DELLESCIENZE                   email: info@milanocittadellescienze.it                                                  1
istituzioni, attori e ideali di un secolo
                                                                                               di cultura scientifica a Milano 1863 – 1963



      Eleonora Maddalena – IL MUSEO BRAILLE DI MILANO




                                      1. Tavoletta con lettere e numeri in rilievo.

 Per la scrittura a mano, dei telai muniti di aste o di un regolo permettevano di guidare la matita
 delimitando sul foglio di scrittura gli spazi tra le righe. La tavoletta Galimberti, ideata all’Istituto e
 ancora in uso nel 1865, utilizzava come guida un dispositivo metallico scorrevole sul foglio e dotato un
 foro rettangolare che poteva essere ingrandito o ridotto mediante chiavistelli (fig. 2).




      2. Tavoletta Galimberti.                                                  3. Punzoni per la trascrizione della musica.

 La tecnica della scrittura in rilievo serviva anche per la stampa, dando luogo a pesanti volumi la cui
 lettura tattile risultava lenta e faticosa, dato che l’alfabeto latino, elaborato per la vista, presenta
 lettere di grafia molto simile tutt’altro che facile da distinguere con il tatto, come per esempio la B e la
 R o la Q dalla O. Più tardi fu adottato per la stampa il metodo di Johann Wilhelm Klein, anch’esso a
 caratteri in rilievo, ma punteggiati, come si vede in una tavoletta di legno con lettere formate da punti
 in metallo e da una serie di caratteri di stampa con punte di metallo che definiscono i contorni delle
 lettere. Questa stessa tecnica è attestata anche da una cassetta con stampi per i segni musicali (fig. 3).
 Di spartiti e testi musicali realizzati nella tipografia dell’Istituto, come pure di libri, manuali e atlanti
 geografici il Museo offre una ricca gamma di esemplari. Una particolare tecnica di scrittura in rilievo
 ideata da Luigi Vitali (1836-1919), successore di Barozzi alla direzione dell’Istituto, è realizzata grazie
 all’inchiostro speciale in grado di mantenere il rilievo una volta asciutto.
 Una sezione di grande valore storico è quella dedicata alle macchine per scrivere in rilievo. Due tra le
 più antiche conservate sono opera di Michele Barozzi. Nella prima, del 1847, costruita dal meccanico




                                             web: www.milanocittadellescienze.it
milano CITTA’DELLESCIENZE                    email: info@milanocittadellescienze.it                                                      2
istituzioni, attori e ideali di un secolo
                                                                                              di cultura scientifica a Milano 1863 – 1963



      Eleonora Maddalena – IL MUSEO BRAILLE DI MILANO



 Carlo Radice, tre serie di punzoni metallici disposti a ventaglio imprimono sul foglio le lettere in rilievo
 grazie a carta oleosa annerita con polvere di grafite (fig. 4).




     4. Macchina per scrivere Barozzi, 1847.                                     5. Macchina da scrivere Barozzi, 1848.

 La seconda, costruita nel 1848 dal meccanico lodigiano Giovan Battista Marchesi, presenta un disco
 porta-punzoni su cui sono incisi i caratteri a rilievo, manualmente ribaltabili e che riportano da un lato
 le lettere maiuscole e dall’altro quelle minuscole (fig. 5).
 Lo stesso dispositivo verrà adottato dieci anni più tardi nell’esemplare di macchina da scrivere
 dell’inglese William Hugues, a disco metallico girevole con lettere e numeri in rilievo sul lato
 superiore.
 Tra le macchine per scrivere per non vedenti che si diffusero nella seconda metà del XIX secolo, il
 Museo conserva un prezioso esemplare della prima macchina per riprodurre meccanicamente le
 combinazioni di punti del metodo Braille, realizzata nel 1860 da François-Pierre Foucault (1797-1871),
 anch’egli non vedente dall’età di sei anni (fig. 6).




     6. Macchina per scrivere Foucault.                             7. Macchina per scrivere Edelmann

 Di questa macchina si conoscono finora solo tre altri esemplari, conservati rispettivamente al Museo
 dell’Associazione Valentin Haüy di Parigi, al Museo tiflologico di Madrid e alla Casa Museo Braille a
 Coupray.




                                             web: www.milanocittadellescienze.it
milano CITTA’DELLESCIENZE                    email: info@milanocittadellescienze.it                                                     3
istituzioni, attori e ideali di un secolo
                                                                                              di cultura scientifica a Milano 1863 – 1963



      Eleonora Maddalena – IL MUSEO BRAILLE DI MILANO



 Tra gli altri modelli di “dattilobraille” esposte al Museo, la macchina per scrivere tedesca Edelmann
 del 1897, con una piastra dentata sulla quale sono posti dei segni Braille di riferimento e, all’altezza
 del rullo, un cilindro con tre fasce mobili di caratteri comuni (fig. 7).
 Della stessa epoca la Stainsby-Wayne Braille Writer, a sei tasti più spaziatore, con base pieghevole in
 legno, sulla cui testata era fissato il foglio di carta che veniva inciso a rovescio da una testina scrivente
 che scorreva orizzontalmente (fig. 8).




                                 8. Macchina Stainsby-Wayne per la scrittura Braille.

 Appartenuto alla scrittrice americana Hellen Keller, è il modello Hall Braille Writer, anch’essa della
 fine del XIX secolo, in cui il foglio è arrotolato sul rullo e la scrittura Braille viene impressa attraverso la
 combinazione dei sei tasti, mentre il tasto centrale fungeva da spaziatore (fig. 9).




 9. Macchina Hall per la scrittura Braille.                               10. Macchina Constançon per la scrittura Braille.

 Un altro modello, la francese Constançon a sette tasti, era stato progettato in seno all’Asilo dei ciechi
 svizzeri di Losanna per i ciechi vittime della Grande guerra (fig. 10).
 Inventato dall’Istituto dei ciechi di Milano è invece il prototipo di una macchina da scrivere Braille con
 una tastiera speciale per l’uso di una sola mano, così da permettere al non-vedente di leggere, con
 l’altra mano, il testo da copiare.



 [1 marzo 2010]




                                              web: www.milanocittadellescienze.it
milano CITTA’DELLESCIENZE                     email: info@milanocittadellescienze.it                                                    4

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Museo Louis Braille

  • 1. istituzioni, attori e ideali di un secolo di cultura scientifica a Milano 1863 – 1963 Eleonora Maddalena BRAILLE DELL’ISTITUTO CIECHI IL MUSEO LOUIS BRAILLE DELL’ISTITUTO DEI CIECHI DI MILANO In un sontuoso volume uscito alcuni anni fa sulla storia e il patrimonio dell’Istituto dei ciechi di Milano - uno dei più avanzati centri europei rivolti alla formazione dei disabili visivi - il suo attuale direttore, Giancarlo Abba, sottolineava la vocazione che l’Istituto ha manifestato in tutta la sua storia a proiettarsi nel futuro della “tiflologia”, come viene chiamata la scienza applicata all’educazione dei non vedenti e al loro inserimento in campo lavorativo e sociale1. Da un punto di vista storico, della storia delle istituzioni scientifiche italiane, l’Istituto dei ciechi è a tutti gli effetti un caso di studio estremamente proficuo di cui tenere conto. In primo luogo perché non si tratta di un’istituzione benefica di carità e ricovero come le altre, bensì di un ente di ricerca applicata nel campo dell’istruzione dei non vedenti. Secondariamente, perché è un prototipo delle scuole speciali per alunni affetti da ogni genere di disabilità create via via dal Comune di Milano tra Otto e Novecento. Creato nel 1840, durante il Regno Lombardo-Veneto come un asilo per i ciechi poveri, e per volontà del governo del conte Franz von Hartig, l’Istituto assunse questi suoi caratteri distintivi grazie all’opera del suo primo direttore Michele Barozzi (1795-1867), già direttore della Pie case di industria e che, una volta avuto l’incarico, si fece l’apostolo di ideali di educazione dei ciechi di stampo scientifico illuminista. I suoi modelli sono il Blindeninstitut di Vienna diretto da Johann Wilhelm Klein (1765-1848), oltre all’Institut pour jeunes aveugles che Valentin Haüy (1745-1822) aveva inaugurato alla vigilia della Rivoluzione a Parigi e dove allora insegnava un musicista, cieco dall’età di tre anni: Louis Braille (1809- 1852)2. Quando nasce l’istituto milanese, l’alfabeto Braille, ideato alla fine degli anni Venti, è ancora in fase di gestazione. Un primo tentativo di applicarlo alla scrittura e lettura di testi e della musica, fatto nel 1842 da Barozzi, si scontra con le resistenze degli istruttori milanesi, abituati ai sistemi tradizionali di lettura in rilievo. Barozzi stesso nutriva forti riserve, temendo che una scrittura così radicalmente differente da quella normale contribuisse a segregare ancor più i non vedenti. Passeranno vent’anni perché l’Istituto dei ciechi di Milano, primo in Italia, opti per l’adozione del Braille. Come tutte le grandi innovazioni tecniche, anche l’avvento di un alfabeto stenografico a rilievo per ciechi, così geniale perché basato sulle combinazioni di soli sei punti, e oggi di uso universale, non fu un processo ovvio e immediato. L’adozione del metodo Braille non è un uovo di Colombo, ma un itinerario costellato di dubbi e di alternative, come scrive nel volume prima citato Paola Bonanomi, tiflologa dell’Istituto, presentando il museo storico dei metodi di scrittura e lettura dei ciechi, ospitato nella storica sede milanese dell’Istituto in via Vivaio e frutto del recente riordino delle sue collezioni didattiche e strumentali, tra le più ricche del mondo3. Il percorso museale prende avvio proprio dalla ricostruzione dei sistemi di educazione alla lettura e scrittura adottati in seno all’Istituto nel corso dei suoi due primi decenni di attività. Sono esposte in particolare le tavolette inventate nel XVIII secolo da Hauy e rimaste in uso fino al 1844, con incisi in rilievo le normali lettere dell’alfabeto e i numeri (fig. 1). 1 Cfr. G. Abba, Un'istituzione storica che lavora per il futuro, in Luce su luce, a cura di M. Bascapé, M. Canella, S. Rebora, Istituto dei ciechi di Milano, Milano 2003, pp. 220- 239. 2 Cfr. M. G. Bascapé, Michele Barozzi (1795-1867), ivi, pp. 82-103. 3 Cfr. P. Bonanomi, Museo storico dei metodi di scrittura e lettura per ciechi, ivi pp. 274 -283. web: www.milanocittadellescienze.it milano CITTA’DELLESCIENZE email: info@milanocittadellescienze.it 1
  • 2. istituzioni, attori e ideali di un secolo di cultura scientifica a Milano 1863 – 1963 Eleonora Maddalena – IL MUSEO BRAILLE DI MILANO 1. Tavoletta con lettere e numeri in rilievo. Per la scrittura a mano, dei telai muniti di aste o di un regolo permettevano di guidare la matita delimitando sul foglio di scrittura gli spazi tra le righe. La tavoletta Galimberti, ideata all’Istituto e ancora in uso nel 1865, utilizzava come guida un dispositivo metallico scorrevole sul foglio e dotato un foro rettangolare che poteva essere ingrandito o ridotto mediante chiavistelli (fig. 2). 2. Tavoletta Galimberti. 3. Punzoni per la trascrizione della musica. La tecnica della scrittura in rilievo serviva anche per la stampa, dando luogo a pesanti volumi la cui lettura tattile risultava lenta e faticosa, dato che l’alfabeto latino, elaborato per la vista, presenta lettere di grafia molto simile tutt’altro che facile da distinguere con il tatto, come per esempio la B e la R o la Q dalla O. Più tardi fu adottato per la stampa il metodo di Johann Wilhelm Klein, anch’esso a caratteri in rilievo, ma punteggiati, come si vede in una tavoletta di legno con lettere formate da punti in metallo e da una serie di caratteri di stampa con punte di metallo che definiscono i contorni delle lettere. Questa stessa tecnica è attestata anche da una cassetta con stampi per i segni musicali (fig. 3). Di spartiti e testi musicali realizzati nella tipografia dell’Istituto, come pure di libri, manuali e atlanti geografici il Museo offre una ricca gamma di esemplari. Una particolare tecnica di scrittura in rilievo ideata da Luigi Vitali (1836-1919), successore di Barozzi alla direzione dell’Istituto, è realizzata grazie all’inchiostro speciale in grado di mantenere il rilievo una volta asciutto. Una sezione di grande valore storico è quella dedicata alle macchine per scrivere in rilievo. Due tra le più antiche conservate sono opera di Michele Barozzi. Nella prima, del 1847, costruita dal meccanico web: www.milanocittadellescienze.it milano CITTA’DELLESCIENZE email: info@milanocittadellescienze.it 2
  • 3. istituzioni, attori e ideali di un secolo di cultura scientifica a Milano 1863 – 1963 Eleonora Maddalena – IL MUSEO BRAILLE DI MILANO Carlo Radice, tre serie di punzoni metallici disposti a ventaglio imprimono sul foglio le lettere in rilievo grazie a carta oleosa annerita con polvere di grafite (fig. 4). 4. Macchina per scrivere Barozzi, 1847. 5. Macchina da scrivere Barozzi, 1848. La seconda, costruita nel 1848 dal meccanico lodigiano Giovan Battista Marchesi, presenta un disco porta-punzoni su cui sono incisi i caratteri a rilievo, manualmente ribaltabili e che riportano da un lato le lettere maiuscole e dall’altro quelle minuscole (fig. 5). Lo stesso dispositivo verrà adottato dieci anni più tardi nell’esemplare di macchina da scrivere dell’inglese William Hugues, a disco metallico girevole con lettere e numeri in rilievo sul lato superiore. Tra le macchine per scrivere per non vedenti che si diffusero nella seconda metà del XIX secolo, il Museo conserva un prezioso esemplare della prima macchina per riprodurre meccanicamente le combinazioni di punti del metodo Braille, realizzata nel 1860 da François-Pierre Foucault (1797-1871), anch’egli non vedente dall’età di sei anni (fig. 6). 6. Macchina per scrivere Foucault. 7. Macchina per scrivere Edelmann Di questa macchina si conoscono finora solo tre altri esemplari, conservati rispettivamente al Museo dell’Associazione Valentin Haüy di Parigi, al Museo tiflologico di Madrid e alla Casa Museo Braille a Coupray. web: www.milanocittadellescienze.it milano CITTA’DELLESCIENZE email: info@milanocittadellescienze.it 3
  • 4. istituzioni, attori e ideali di un secolo di cultura scientifica a Milano 1863 – 1963 Eleonora Maddalena – IL MUSEO BRAILLE DI MILANO Tra gli altri modelli di “dattilobraille” esposte al Museo, la macchina per scrivere tedesca Edelmann del 1897, con una piastra dentata sulla quale sono posti dei segni Braille di riferimento e, all’altezza del rullo, un cilindro con tre fasce mobili di caratteri comuni (fig. 7). Della stessa epoca la Stainsby-Wayne Braille Writer, a sei tasti più spaziatore, con base pieghevole in legno, sulla cui testata era fissato il foglio di carta che veniva inciso a rovescio da una testina scrivente che scorreva orizzontalmente (fig. 8). 8. Macchina Stainsby-Wayne per la scrittura Braille. Appartenuto alla scrittrice americana Hellen Keller, è il modello Hall Braille Writer, anch’essa della fine del XIX secolo, in cui il foglio è arrotolato sul rullo e la scrittura Braille viene impressa attraverso la combinazione dei sei tasti, mentre il tasto centrale fungeva da spaziatore (fig. 9). 9. Macchina Hall per la scrittura Braille. 10. Macchina Constançon per la scrittura Braille. Un altro modello, la francese Constançon a sette tasti, era stato progettato in seno all’Asilo dei ciechi svizzeri di Losanna per i ciechi vittime della Grande guerra (fig. 10). Inventato dall’Istituto dei ciechi di Milano è invece il prototipo di una macchina da scrivere Braille con una tastiera speciale per l’uso di una sola mano, così da permettere al non-vedente di leggere, con l’altra mano, il testo da copiare. [1 marzo 2010] web: www.milanocittadellescienze.it milano CITTA’DELLESCIENZE email: info@milanocittadellescienze.it 4