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C­1­FSE­2013­555
Da Marconi al Marconi: la scienza scritta dai ragazzi
Scienza & Salute
Scienza & Sentimenti
Scienza & Natura
Scienza & Ambiente
The chemistry of emotions
"Acqua frizzante" contro l'effetto serra
Farmaci off-label: una nuova risorsa?
Binge drinking: pericolo giovani
"Nuoce gravemente alla salute"
Il mistero del Drago di Komodo
E-cig: la vera arma di difesa dai danni derivanti dal fumo?
Assassino subacqueo
I panda: amici bianchi e neri
Farmaci vs Dieta
SOS pianeta Terra!
Biologico o convenzionale?
Scienza & Tecnologia
Doping: sicuri che sia l'alternativa vincente?
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“Mobile Phones can seriously damage your health”
E­Cig: is it the real weapon of defence against damages caused by smoking?
SOS planet Earth
"Sparkling water" against the Greenhouse Effect
Underwater killer
Giant Pandas: our black & white friends
The mistery of the Komodo Dragon
La chimica delle emozioni
Is Organic food better than conventional food?
Doping: are we sure it is the winning alternative?
Health: Diet vs Drugs
Binge drinking: youth risk behaviour
Off­label drugs: a new resource?
22
I farmaci off­label sono molecole che vengono usate per
guarire malattie diverse da quelle autorizzate al momento di
mettere un medicinale sul mercato. Ma come funziona
questo complesso meccanismo?
Da ormai decenni il processo di verifica di un prodotto
farmaceutico, compresa l’autorizzazione alla sua
commercializzazione (AIC), viene attuato da enti specifici.
Fra questi c'è l'Agenzia Italiana del FArmaco (AIFA), che sul
suo sito internet afferma a tal proposito che "tali
valutazioni, che iniziano all’atto della prima autorizzazione
all’immissione in commercio, si protraggono per l’intero
ciclo di vita del farmaco e, in particolare, per ogni
successiva modifica dell’autorizzazione stessa (estensioni di
linea, estensioni di indicazioni terapeutiche, ecc)."
La modalità con cui questo può avvenire è particolarmente
dibattuta in questo periodo storico. Infatti, nel marzo del
2014 ha avuto grande risonanza quello che è stato definito
dai giornali come lo "scandalo Avastin/Lucentis". Si tratta di
due farmaci prodotti da due grandi multinazionali,
rispettivamente la Roche e la Novartis, che pur contenendo
principi attivi simili (ranibizumab e bevacizumab)
presentano all’interno del foglio illustrativo indicazioni per la
cura di patologie molto diverse. Niente di anomalo, se non
fosse che uno dei due medicinali costa dieci volte più
dell’altro e i medici non hanno la possibilità di scegliere. La
normativa attuale prevede, infatti, l’obbligo di prescrizione
del farmaco più costoso per la cura di patologie non incluse
nelle indicazioni terapeutiche della molecola meno cara, pur
essendosi questa dimostrata ugualmente efficace.
Ma perché l’azienda che commercializza quest’ultima non ha
fatto richiesta per l’estensione del suo utilizzo? Una serie di
indagini hanno portato gli inquirenti ad ipotizzare l’esistenza
di un vero e proprio accordo fra i due “giganti” dell’industria
allo scopo di trarre profitto ai danni dello Stato Italiano.
Insomma, sembra essere l’ennesima conferma che Big
Pharma (un vero e proprio cartello che riunisce le più grandi
aziende farmaceutiche mondiali) pensi poco alla salute delle
persone e molto a quella delle sue finanze. E una notizia
dell’aprile 2014 contribuisce ad alimentare questa certezza.
Si tratta della gestione della scoperta e commercializzazione
del Tamiflu. Questo farmaco era stato prodotto e venduto
(con un profitto di ben 3 miliardi di euro) dalla Roche
qualche anno fa, quando la popolazione mondiale era
preoccupata per la diffusione dell’influenza aviaria.
Farmaci off-label: una nuova risorsa?
Scienza & Salute
Maurizio Ceo
Recentemente sembra essere stata chiarita la scarsa
efficacia di questa molecola, la cui utilità è stata
semplicemente quella di rimpinguare le casse dell’azienda
che l’ha commercializzata. Presto ne sapremo di più.
Come reagirà, però, la popolazione in caso di una nuova
situazione di emergenza, che magari non si rivelerà un falso
allarme come nel caso descritto in precedenza? I governi si
fideranno nuovamente di chi li ha presi in giro? E la gente
comune provvederà a usare le medicine consigliate?
Lo sviluppo della scienza medica e farmaceutica ha
permesso negli ultimi due secoli di migliorare decisamente
le condizioni di vita dell’uomo. Ma siamo quasi alla deriva e
bisogna intervenire con la legge per fermare questo
pericoloso modo di fare business sulla pelle degli abitanti
dell’intero pianeta. E bisogna farlo in fretta.
4
Off­label drugs: a new resource?
The off­label drugs are molecules that are used to cure diseases different than those which require drug registration
and marketing authorization.
Over the last decades, the validation process of a pharmaceutical product, including its marketing authorization
(MA), is being implemented by specific entities. The Italian Medicines Agency (AIFA) on its website states in this
regard that “these evaluations, which begin at the time of the first marketing authorization, are extending over the
entire life cycle of the drug and, in particular, for any subsequent changes of the authorization itself (line extensions,
extensions of therapeutic indications, etc.)”.
The way this can be done is particularly debated in this historical period. In fact, on March 2014, it has had great
resonance what has been defined by the newspapers as the scandal Avastin/Lucentis. These two drugs produced by
two large pharmaceutical companies, Roche and Novartis, respectively, contain similar active principles (ranibizumab
and bevacizumab), although the leaflet that comes in their package provides therapeutic indications for the
treatment of different diseases. Nothing unusual, except that one of the two medicines costs ten times more than
the other one. Current legislation provides, however, the obligation of drug prescription for the medicine which is
more expensive and for the treatment of diseases not included in the therapeutic indications of the cheap drug,
although this drug has been proven to be equally effective.
But why has the company selling the cheap drug not submitted a request for the extension of its use? A series of
investigations have led investigators to assume the existence of an agreement between the two “giants” of industry
in order to make profit at the expense of the Italian State.
In short, it seems yet another confirmation that Big Pharma (a real sign that brings together the largest
pharmaceutical companies in the world), thinks a little about the health of people and a lot about its finances. And
the news published on April 2014 contributed to this certainty.
It is a matter of the management of the discovery and marketing of Tamiflu. This drug was manufactured and sold
at a profit of no less than 3 billion Euro by Roche company a few years ago, when the world population was
concerned about the spread of avian influenza . Recently, there seems to have been a clarification on the low
efficiency of this molecule, but the usefulness of all this was simply to fill the company’s coffers that did the drug
marketing. Hopefully, we will soon know more about it.
How will the population react, however, in case of a new emergency situation which may not prove to be a false
alarm as in the case described above? Will governments trust again those who deceive them? And will the common
people use the recommended medicines?
The development of medical and pharmaceutical science has allowed certainly the improvement of human condition
in the last two centuries. But we are almost going adrift and we need to intervene with the law to stop this
dangerous way of making money at the expense of people of the entire planet. And we must do it quickly.
5
In ogni attimo della sua esistenza l’essere umano prova dei
sentimenti. Si può dire che ogni giornata sia ricca di emozioni,
positive e negative. Ma qual è la loro origine? Romanticamente
si è portati a pensare al cuore come centro di tutto, ma non è
esattamente cosi. Sono invece diverse le aree del cervello ad
attivarsi in queste circostanze.
Il dibattito è acceso, e non certo da poco tempo. Nel XVII
secolo, il filosofo francese Cartesio aveva affermato che le
emozioni e l’intelletto erano entità nettamente separate.
Funzioni come la moralità, la ragione e il linguaggio erano
situate nel cervello ed erano ritenute superiori e proprie
dell’uomo, mentre i sentimenti appartenevano alla dimensione
dell'anima.
La chimica delle emozioni
Scienza & Sentimenti
Valeria Radogna
Oggi la scienza ha fatto passi da gigante: possiamo affermare con certezza che le emozioni siano attività strettamente
legate ad alcune aree del cervello, correlate a determinate modificazioni chimiche. Secondo il parere di alcuni
neuroscienziati esistono alcuni circuiti nervosi dedicati a questi fenomeni e pronti ad entrare in funzione nel momento in cui
si verifica una determinata situazione. In seguito a questi stimoli vengono innescate reazioni quasi automatiche che vanno
da semplici contrazioni muscolari fino a estese risposte ormonali. Per esempio, una situazione di pericolo può scatenare
l'emozione della paura, caratterizzata da particolari espressioni facciali e da una reazione che può variare dal completo
blocco alla fuga.
Ma come è regolato questo delicato meccanismo? Ad entrare in gioco è il sistema nervoso autonomo attraverso le sue due
componenti: il sistema simpatico e il sistema parasimpatico. In particolare, il sistema simpatico ha il compito di attivare le
risposte involontarie connesse alla sopravvivenza: in seguito ad un forte stress (ad esempio la percezione di una minaccia)
viene attivato da ormoni secreti dalle ghiandole surrenali. Le conseguenze finali sono un aumento del battito cardiaco,
contrazione muscolare, midriasi (dilatazione delle pupille) e alterazione del respiro, che si fa più frequente e profondo.
A livello centrale gioca, invece, un ruolo fondamentale il sistema limbico che contiene al suo interno quella che sembra
essere la vera e propria “base” delle emozioni: l’amigdala. In realtà questo nucleo non è in grado di decodificare la qualità
emozionale degli stimoli, ma sicuramente contribuisce prima ad attivare e poi ad alimentare l’intero “circuito” emotivo.
Alla luce di queste conoscenze si può sicuramente affermare che quando ci si innamora il primo “a battere” è il nostro
cervello. Il cuore però ci avverte.
6
The chemistry of emotions
Every second, every minute, the human being has feelings. The day is full of positive and negative emotions. But
what is their origin? You may think they come from your heart, but it is not. Different areas of the brain are activated
when you experience an emotion.
The debate is on and certainly not from recent years. During the 17th­century, the French philosopher Descartes
distinguished between emotions and intellect saying that they originated from different parts of the body. Functions
such as morality, reason and language constituted mind because they were considered the “higher” intellectual
functions of man, whereas emotions arose from soul.
Science has made great strides and today, we can say that emotions are thought to be related to certain activities in
the brain which are correlated with chemical changes. According to some neuroscientists, there are specific
emotional brain circuits ready to act when stimulated by specific situations. These stimuli trigger automatic reactions
which range from simple muscle contractions to a variety of hormonal responses. For example, fear emotion is
triggered in response to threat and is characterized by particular facial expressions and responses such as freeze or
flight.
But how is this delicate mechanism regulated?
Emotion involves the entire nervous system, of course. But there are two parts of the nervous system that are
especially significant: the limbic system and the autonomic nervous system.
The autonomic nervous system through its two complementary parts, the sympathetic system and the
parasympathetic system, plays a critical role in emotion. In particular, the sympathetic system deals with the
response to stress and danger, releasing adrenaline secreted by adrenal glands, and in general increasing activity
and metabolic rate. The final consequences of this mechanism are the increased heart rate, muscle contraction,
mydriasis (pupillary dilation) and altered breathing which becomes deeper and faster.
At central level, an important role is played by the limbic system which includes what seems the real emotion centre:
the amygdala. Actually, this nucleus is not able to decode the emotional quality of the stimuli, but certainly plays a
key role in the circuitry that activates emotion.
In the light of this scientific knowledge, we can definitely say that when you fall in love the first “beat” is from your
brain, but the heart feels the emotion.
7
Il mistero del Drago di Komodo
Scienza & Natura
Batteri killer? Veleno mortale? Una cosa è certa: incontrarlo può costarti la vita, soprattutto se sei un piccolo animaletto
indifeso.
Il Drago di Komodo è il rettile esistente più grande del mondo (è lungo fino a tre metri arrivando a pesare più di cento
chili!) e vive prevalentemente in Indonesia. Anche se apparentemente innocuo perché di aspetto goffo e placido, quando è
in azione diventa molto veloce e mostra ottimi riflessi. Ma per le sue prede non è questo il vero problema: la sua arma
segreta è il morso letale.
Anche se spesso si limita a cibarsi di carogne (ha la fama di essere molto pigro), non rinuncia, a volte, anche a prede vive,
che insegue e morde, lasciandole poi fuggire. Dopo circa venti minuti l’animale attaccato, però, entra in paralisi totale,
pronto ad essere finito dal rettile, che nel frattempo si era nascosto tra la vegetazione.
A causa della sua pericolosità, i nativi dell’isola di Komodo, nell’Asia Sudorientale, decimarono questa specie per secoli,
fino all’età coloniale, ovvero all’intervento degli scienziati europei, incuriositi tanto quanto impauriti di fronte a questo
animale. Dal lontano 1600 ad oggi non si riesce però ancora a comprendere con certezza la modalità con cui questo
lucertolone, con un solo morso, possa paralizzare il sistema nervoso della sua preda.
Fra le ipotesi più accreditate la più esplorata è stata quella che lega la letalità dell’azione del Drago di Komodo ai numerosi
batteri presenti nella sua bocca: la morte dell’animale attaccato potrebbe quindi essere dovuta a setticemia batterica e
infezione della ferita. Questa possibilità è stata confermata da uno studio (a dire il vero un po’ datato) condotto in
collaborazione fra le Università di Texas, Florida e Indonesia, che ha evidenziato la presenza di numerose specie batteriche
(alcune molto pericolose) nella saliva di questi rettili, con una significativa differenza fra quella di animali selvatici e
cresciuti in cattività.
Più di recente, grazie ad una ricerca pubblicata dalla prestigiosa rivista PNAS, si è dimostrata la presenza nei tessuti del
varanide di piccole ghiandole velenifere, che producono molecole molto tossiche per il sistema cardiocircolatorio di gran
parte degli animali predati. La mancanza di denti cavi attraverso i quali secernere il veleno suggerisce che il Drago di
Komodo possa agire come il "Mostro di Gila", che dopo aver morso la sua vittima resta attaccato ad essa affinché il veleno
mescolato alla saliva entri nella ferita aperta. Ma anche questa, per il momento, è solo una ipotesi.
Quale sarà la risposta definitiva a questo mistero?
Benedetto Rutigliano
8
The mistery of the Komodo Dragon
Bacteria killer? Deadly poison? One thing is certain: meeting it can cost you your life, especially if you are a little
helpless creature.
The Komodo dragon is the world's largest living lizard. An adult male can measure up to three meters and can weigh
more than hundred pounds! It lives mainly in Indonesia. Although it seems harmless because of its awkward and
placid appearance, it becomes very fast and shows good reflexes during the attack. But this is not the real problem
for its preys: its secret weapon is the lethal bite.
It feeds on carrion or carcass of dead animals (it has the reputation of being very lazy), although sometimes it does
not give up even live preys. It chases and bites them and then it lets them run away, but after about twenty minutes
of the attack, however, they enter into total paralysis and ready to be eaten by the reptile which in the meantime
was hidden among the vegetation.
Because of its dangerousness, the natives of the island of Komodo, in Southeast Asia, decimated this species for
centuries until the colonial age, or rather the intervention of European scientists who were intrigued as much as
frightened in front of this animal. However, from 1600 to the present, you cannot yet understand with certainty how
this lizard can paralyze the nervous system of its prey with a single bite.
Among the most recognized hypotheses is the one that links the lethality of the action of the Komodo dragon to the
numerous bacteria found in his mouth: the death of the animal attacked could therefore be due to bacterial
septicaemia and wound infection. This possibility was confirmed by a study (although a bit outdated) conducted in
collaboration with the University of Texas, Florida and Indonesia. The study showed the presence of numerous
bacterial species (some very dangerous) in the saliva of these reptiles with a significant difference between wild
animals and those bred in captivity.
More recently, a study published in the prestigious journal PNAS showed the presence of small venomous glands in
the tissues of the monitor lizard. These glands produce highly toxic molecules for the cardiovascular system of the
majority of prey animals. The lack of the grooved­tooth venom delivery system found in other varanids suggests that
the Komodo dragon could act as the Gila monster that, after biting its victim, hangs on tight to let the venom flow in
the wound. But even this, for the moment, it is only a hypothesis.
What will the final answer be to this mystery?
9
"Acqua frizzante" contro l'effetto serra
Scienza & Ambiente
Giovanni Greco
Effetto serra, inquinamento atmosferico e anidride carbonica (CO2) sono parole che ormai da decenni sentiamo utilizzare
ciclicamente e che spesso servono a descrive lo stesso problema: l’uomo, pur di produrre energia e di trarre da essa una
fonte di guadagno, continua a liberare nell’atmosfera tonnellate di gas nocivi mettendo a rischio l’intero ecosistema. Ma
adesso sembra che qualcosa stia cambiando: la comunità internazionale ha preso coscienza della gravità della situazione e
sta investendo molto nella ricerca al fine di individuare un metodo di stoccaggio di queste sostanze volatili che sia sicuro,
economico ed efficiente. E una di queste soluzioni pare stia dando degli ottimi risultati.
Una delle ragioni che da sempre ha rallentato le azioni volte al diminuire le emissioni sono i costi. Ridurre l’anidride
carbonica in atmosfera richiede, infatti, l’abbandono dell’utilizzo del carbone e del petrolio come fonti energetiche primarie.
L’alternativa, però, adesso sembra esserci: sono infatti in via di sviluppo nuove tecnologie che consentirebbero di catturare
la CO2 e conservarla al sicuro per i secoli a venire.
Ma c’è davvero la possibilità concreta di inserire un apparato di smaltimento di questo gas, che sia poco costoso ma
efficiente e compatibile con infrastrutture preesistenti? La risposta è affermativa, ma con qualche condizione: è necessario
operare in zone del pianeta in cui, in quantità più o meno rilevanti, si registrino delle risalite o, per meglio dire, degli afflussi
verticali di acqua salmastra.
L’umanità potrebbe quindi davvero servirsi delle odierne tecniche di stoccaggio di CO2 per imprigionare questo gas nocivo
all’interno di quest’acqua al fine di ridurre l’inquinamento ambientale. Ma c’è di più: questo sistema potrebbe permetterci di
individuare una fonte energetica alternativa. L’acqua salmastra che sarebbe utilizzata presenta, in genere, un’elevata
concentrazione di gas metano (che comunemente è utilizzato nelle nostre cucine ma che è anche uno dei prodotti della
digestione di un essere vivente). L’anidride carbonica potrebbe quindi “sostituire” il metano all’interno dell’acqua prima della
sua ricollocazione in profondità. Gli scienziati stimano che se si dovesse utilizzare una tecnica di stoccaggio di questo tipo in
una città dalle dimensioni di New York, il tasso di CO2 diminuirebbe del 10% in un anno e si produrrebbe abbastanza
metano da soddisfare un sesto dell’intero fabbisogno energetico annuo della metropoli americana. Possiamo quindi
immaginare l’immenso vantaggio che l’intera umanità potrebbe trarre da questa tecnica.
La procedura sembra però mostrare alcuni punti deboli, dato che la CO2, essendo un gas, tende, in assenza di strati
impermeabili, a risalire verso l'esterno, anche se è importante sottolineare che la sua solubilità in profondità (dove l’acqua
verrebbe reimmessa) è considerevolmente più alta che in superficie. Inoltre, estrarre le acque salmastre, "sostituire" il
metano con l’anidride carbonica e reimmettere il tutto nel sottosuolo non sembrano procedimenti sostenibili
economicamente se considerati singolarmente. Ma combinandoli in un unico sistema forse sì. Alcuni esempi di queste
strutture sono già funzionanti e hanno portato a dei risultati soddisfacenti. Il Golfo del Messico risulta il luogo ideale dove
costruire impianti simili, ma il problema dell’inquinamento è globale: se si riuscissero a convincere le alte sfere politiche di
paesi come Russia e Cina a investire nello sviluppo di questa tecnologia preoccuparsi delle emissioni di anidride carbonica
diventerebbe soltanto un triste ricordo.
Scienza & Ambiente
10
"Sparkling water" against the Greenhouse Effect
Greenhouse gases, air pollution and carbon dioxide (CO2) are words that we have been heard for decades and they
are used to describe the same problem. The man continues to release tons of harmful gases into the atmosphere
endangering the entire ecosystem in order to produce energy and to draw income from it. But now it seems that
something has changed: the international community has become aware of the gravity of the situation and is
investing in research in order to identify a safe, economical and efficient method of storage of these volatile
substances. And one of these solutions is giving good results.
One of the reasons that have always slowed down actions to reduce emissions is the costs. Reduce carbon dioxide in
the atmosphere requires, in fact, the abandonment of the use of coal and oil as primary energy sources. However,
there seems to be an alternative now, indeed, new technologies are developing that make it possible to capture CO2
and store it safely for centuries to come.
But is there really a realistic chance of having an apparatus for the disposal of this gas, which is cheap but efficient
and compatible with existing infrastructure? The answer is yes, but with some conditions: it is necessary to operate
in areas of the world where, in an amount more or less relevant, there are re­ascents, or rather vertical inflows of
brackish water.
Humanity could then really make use of today’s CO2 storage techniques to keep this harmful gas inside of this water
in order to reduce environmental pollution. But there’s more: this system could enable us to identify an alternative
energy source. The brackish water that would be used has, in fact, a high concentration of methane gas (which is
commonly used in our kitchens, but which is also one of the products of digestion of a living being). The carbon
dioxide could “replace” then the methane in the water prior to its relocation in depth. Scientists estimate that if you
were to use a technique of storage of this type in a city the size of New York, the rate of CO2 would decrease by
10% in one year and enough natural gas would be produced to meet one sixth of the annual energy requirements of
the American metropolis. We can therefore imagine the immense advantage that all mankind might receive from this
technique.
The procedure seems to show weaknesses since CO2, being a gas, tends, in the absence of impermeable layers, to
rise to the surface, although it must be stressed that its solubility in depth (where the water would be pumped back)
is considerably higher than in the surface. In addition, procedures such as storing carbon dioxide underground,
extracting brackish water to obtain methane and conveying brackish water to surface to obtain methane do not
seem economically bearable if you consider them individually. But if you combine them into a single system, maybe
yes. Some examples of these plants are already operating and have brought good results. The Gulf of Mexico is the
perfect place to build similar plants, but the problem of pollution is a global issue. If you were to tackle this issue
with the government officials of countries such as Russia and China, worries about carbon dioxide emissions would
be only a sad memory.
11
Un oggetto bizzarro, inizialmente usato quasi con vergogna
ma ultimamente sempre più spesso ostentato. Perché
scegliere la sigaretta elettronica? Aiuta davvero a smettere
di fumare?
Umberto Veronesi, famoso oncologo italiano e nel recente
passato Ministro della Salute, non ha dubbi: non più tardi
del Novembre del 2013 ha ribadito durante un intervento
riportato su “Salute 24” che grazie all’uso di questo
dispositivo sarebbe possibile salvare fino a trentamila vite
all'anno solamente in Italia. Ma come?
La sigaretta elettronica non prevede per il suo
funzionamento la combustione di carta e tabacco evitando
al fumatore l’inalazione di fino a tredici composti
cancerogeni. Non essendo quindi contenuti nei vapori
emessi residui come catrame, benzene e idrocarburi
policiclici aromatici, i rischi per la salute sembrano davvero
molto limitati.
Di contro, non esistono grossi studi sulla tossicità ma anche
sulla completa innocuità delle sostanze contenute nelle
cartucce di ricarica di questo dispositivo o che si producono
durante l’uso dello stesso: si tratta in prevalenza di vapore
acqueo, ma anche glicole propilenico, glicerina, aromi
naturarli e ovviamente nicotina (contenuta anche nelle
sigarette tradizionali e che crea dipendenza).
La LIAF, Lega Italiana Anti Fumo, in collaborazione con
l’Università di Catania, ha intrapreso nel 2010 uno studio
sulle sigarette elettroniche con risultati preliminari tanto
incoraggianti da portare ad una petizione che ha raccolto in
poche settimane più di seimila adesioni con lo scopo di
ottenere dal Ministero della Salute un allentamento di
tassazione e restrizioni per non sfavorire l’uso di questo
dispositivo.
Una posizione molto netta nata dalla considerazione che l’e­
cig potrebbe davvero essere un valido aiuto per smettere di
fumare: con una riduzione graduale della nicotina contenuta
nella cartuccia di ricarica si potrebbe far fronte alla
dipendenza fisica dalla sostanza senza dover
contestualmente combattere anche la dipendenza
psicologica determinata dai tipici gesti abitudinari e dalla
sensazione di fumo nei polmoni. E tutto questo azzerando i
rischi e il fastidio del fumo passivo.
Ma è davvero tutto così semplice? Perché i tecnici dei
governi di gran parte del pianeta sono così restii a dare il
via libera all’uso di questi dispositivi?
E-cig: la vera arma di difesa dai danni
Scienza & Tecnologia
Molti sospettano che sia solo dovuto alle pressioni delle
multinazionali del tabacco che potrebbero veder calare
drasticamente i loro introiti. In realtà la sigaretta elettronica
diventa un “nemico” nel momento in cui viene utilizzata
come sostituto della sigaretta tradizionale: la legge italiana
vieta severamente il fumo nei luoghi pubblici e sono sempre
più i giovani e giovanissimi che adoperano questo nuovo
strumento col solo scopo di aggirare queste norme, finendo
per fumare ancora di più!
Inoltre, sono molte le persone che cercano rifugio nella e­
cig per evitare le sostanze cancerogene presenti nelle
sigarette, ma ben poche sono coloro che raggiungono
l’obiettivo prefissato. Forse per abbandonare questo vizio è
sufficiente “solamente” grande impegno e ferma volontà.
C’è chi ci è riuscito leggendo un libro, o solo per la necessità
di risparmiare dei soldi.
Una cosa è certa: il miglior modo per smettere è… NON
COMINCIARE!!!
Claudia Carella
derivanti dal fumo?
12
E­Cig: is it the real weapon of defence against damages caused by smoking?
A bizarre object initially used with some embarrassment, but lately it has been used more and more with pride.
Why choose the electronic cigarette? Can e­cig really help you quit smoking?
Umberto Veronesi, a famous Italian oncologist and a Minister of Health in the recent past, has no doubts, in fact, not
later than November 2013, during a speech reported by “Salute24” magazine he said that through the use of this
device you can save up to thirty lives a year in Italy, but how?
The electronic cigarette does not require the combustion of paper and tobacco to work and this avoids inhalation of
up to thirteen carcinogenic compounds found in the smoke. Since the vapours emitted from e­cigarette do not
contained residues such as tar, benzene and polycyclic aromatic hydrocarbons, the health risks seem very limited.
In contrast, there are no large studies on the toxicity but also on the complete safety of the substances contained in
the refill cartridges of this device or produced by the same one: it is mainly water vapour, but also propylene glycol,
glycerine, natural aromas and of course nicotine (which is also contained in traditional cigarettes and causes
dependence).
The LIAF, Italian Anti Smoking League, in collaboration with the University of Catania, conducted a study on
electronic cigarettes in 2010 with encouraging preliminary results. This has led to a petition that has collected more
than six thousand adhesions in a few weeks with the aim of loosening tax and restrictions on the use of this device
from the Ministry of Health.
A very clear position born from the consideration that the e­cig could really be a great help to stop smoking: with a
gradual reduction of nicotine in the cartridge refill you could cope with the physical dependence on the substance
without even having to fight the same psychological dependence determined by the common gestures and the good
feeling of smoking, and all this without any risks and discomfort of passive smoking. But is it really so simple? Why
are most government officials of the world so reluctant to give the green light to the use of these devices?
Many people suspect that it is only due to pressure from tobacco companies which could see their revenues decline
drastically.
The electronic cigarette actually becomes an "enemy" when it is used as a substitute for the traditional cigarette.
Italian law strictly prohibits smoking in public places and are more and more the young and the very young that use
this new device with the sole purpose of circumventing these rules, ending up by smoking even more!
In addition, there are many people who are smoking e­cig to avoid carcinogenic substances found in cigarettes, but
only few people can really reach the set goal. For giving up this habit of smoking, maybe it is "just" enough great
commitment and determination. There are people who achieved their goal to stop smoking by reading a book or just
because they need to save money.
One thing is certain: the best way to quit smoking is ... DO NOT START!
13
I dati Istat pubblicati nell’Aprile 2012 parlano chiaro. La
situazione nel nostro paese è allarmante: la percentuale di
adolescenti che assumono bevande alcoliche sta crescendo
notevolmente e una nuova, pericolosa “moda” mette a
rischio la salute di questi ragazzi ancora in fase di crescita.
Si tratta del Binge Drinking (termine inglese, che può
letteralmente tradursi come “bere per ubriacarsi”): la sfida
consiste nell’assumere cinque o più bevande alcoliche in un
tempo prestabilito in modo tale da provocare ubriachezza il
più rapidamente possibile.
Il fenomeno è estremamente diffuso tra i giovani (18­24
anni): il 14,8% di questa fetta di popolazione (20,1% dei
maschi e 9,1% delle femmine) si “diletta” con questo
passatempo, per lo più durante momenti di socializzazione
Binge drinking: pericolo giovani
Scienza & Salute
Roberta Faccilongo
all’interno di discoteche (il dato diventa il 30,5% in questo caso) e altri luoghi di incontro, bevendo a volte fino ad arrivare
all’intossicazione alcolica. Spesso anche il comportamento non moderato dei genitori influenza i figli. Il rapporto Istat
“L’uso e l’abuso di alcol in Italia” riporta infatti che “il 17,4% dei ragazzi di 11­17 anni che vivono in famiglie dove almeno
un genitore adotta comportamenti a rischio nel consumo di alcol ha anch'esso abitudini alcoliche non moderate, mentre
tale quota scende al 9,2% tra i giovani che vivono con genitori che non bevono o che bevono in maniera moderata”. Una
bella differenza.
Ma qual è la posizione delle istituzioni di fronte a questi numeri così preoccupanti? Il Ministero della Salute, riprendendo le
indicazioni dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda la totale astensione dal consumo di alcol per i
ragazzi al di sotto dei 16 anni di età: i risultati della ricerca scientifica ci dicono infatti che chi inizia a bere troppo presto ha
un rischio quattro volte maggiore di sviluppare alcol­dipendenza in età adulta rispetto a chi inizia non prima dei 21 anni.
Questo significa che i comportamenti di consumo diffusi tra i giovani potrebbero avere gravi implicazioni sia in ambito
sanitario che in quello sociale.
L’alcol infatti, come tutti sappiamo, fa male: danni al fegato, al sistema nervoso, allo stomaco. In particolare i sintomi
derivanti da pratiche pericolose e ripetute come il Binge Drinking comprendono anche problemi di apprendimento,
concentrazione e memoria, senza contare le disfunzioni renali e cardiache strettamente legate al consumo di dosi eccessive
di etanolo e i cosiddetti effetti secondari provocati dall’ubriachezza, come ad esempio un aumento della frequenza di
incidenti stradali mortali.
Dal punto di vista legislativo, in Italia si è cercato di risolvere questo problema con la legge n. 189 dell’8 novembre 2012
che stabilisce il divieto assoluto di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche ai minori di 18 anni e l’obbligo di
richiedere il documento di identità per accertare l’età dell’acquirente. Ma i frequenti episodi legati alla pratica del Binge
Drinking suggeriscono che questo non basta. E’ quindi necessario agire anche su altri fronti, con attività di informazione
nelle scuole, o anche conducendo inchieste specifiche sul fenomeno, convincendo i giovani ad accettare terapie individuali
o in gruppo, incoraggiando attività ricreative sane e prevedendo specifici programmi educativi. A quanto pare c’è ancora
tanto lavoro da fare.
14
Binge drinking: youth risk behaviour
ISTAT data published in April 2012 are very clear. The situation in our country is alarming: the percent of
adolescents drinking alcoholic beverages is growing considerably and a new dangerous “trend” puts these young
people, who are still growing, at risk of health problems. This is the binge drinking (English term which can be
translated literally as “drinking to get drunk”). The “challenge” consists of consuming five or more alcoholic drinks
over a specified period of time so that you get drunk quickly.
This phenomenon is very common among the youth aged 18­24 years: 14.8% of this segment of population (males
= 20.1%, females = 9.1%) enjoy doing this pastime, especially when they socialize with others in pubs (the datum
rises to 30.5% in this case) and in other meeting places where they are drinking to intoxication. Often heavy
drinking among parents can also influence their children. The ISTAT­ report on “The use and abuse of alcohol in
Italy” shows that 17.4% of children aged 11­17 who live in households where at least one parent exhibits excessive
use of alcohol may not be able to maintain moderate drinking habits, whereas the percent drops to 9.2% among
young people living with parents who do not drink or who drink in moderation”. A big difference!
But what is the position of the government officials about these so alarming numbers? The Ministry of Health,
following the directions of the WHO (World Health Organization), recommends total abstention from alcohol
consumption for adolescents up to 15 years. The results of scientific research show that people who start drinking
before the age of 15 are four times more likely to develop alcohol dependence in adulthood compared to those who
do not begin drinking before the age of 21. This means that the widespread alcohol use among teens can have
serious implications for both health care and social spheres.
As we all know, alcohol can cause damages to liver, nervous system and stomach. In particular, the symptoms
resulting from repeated and dangerous practices such as binge drinking also include learning problems, memory and
concentration, not to mention kidney and cardiac dysfunctions closely associated to the excessive alcohol
consumption and the so­called secondary effects caused by drunkenness such as the increasing frequency of fatal
road accidents.
From the legislative point of view in Italy we have tried to solve this problem with the law No. 189 of 8 November
2012 that established the absolute prohibition of the sale and service of alcoholic beverages to persons under 18
years of age and the obligation to require identification card to determine the age of the purchaser. But the frequent
problems related to the practice of binge drinking suggest that this is not enough. It is therefore necessary to find
other ways, such as information activities in schools, or even conducting specific surveys on this phenomenon and
try to convince young people to attend individual and group therapy, encouraging recreational activities and
providing specific educational programs. It seems that there is still much work to be done.
15
I panda giganti sono orsi inconfondibili che vivono in
Cina e sono caratterizzati dal pelo bianco e nero. Sono
animali teneri, dolci ma, soprattutto, sono a rischio
d’estinzione, minacciati dalla mancanza di cibo e dalla
caccia da parte dei bracconieri. Proprio per questo
motivo il naturalista Sir Peter Scott li ha scelti come
simbolo del WWF.
Tempo fa era facile trovarli in zone di pianura, ma, a
causa di agricoltura, disboscamento, e sviluppi urbani,
1600 "reduci" sono oggi costretti a vivere in montagna
(la maggior parte risiede nei pressi delle città montuose
della Cina centrale), mentre circa 300 esemplari
trascorrono la loro esistenza negli zoo.
I panda: amici bianchi e neri
Scienza & Natura
A causa dell’ingordigia dell’uomo, però, le foreste di bambù stanno scomparendo e ciò rappresenta un grande problema per
i nostri amici che si nutrono tutto il giorno principalmente di questo alimento, arrivando a pesare oltre i 100 Kg. Per capire
quanto siano golosi basti pensare che, nascosti tra i grandi alberi, sono capaci di pranzi lunghi anche 14 ore, e senza
smettere mai di masticare!
Ma c’è un’importante novità che potrebbe risolvere ogni problema: recentemente si è ipotizzato che i panda possano avere
una passione per lo zucchero e per alcuni dolcificanti naturali. Un nuovo studio dei ricercatori del Monell Center di
Philadelphia e pubblicato su PlosOne, ci ha permesso infatti di scoprire “l’amore” per i dolci, da parte di questi grossi
orsacchiotti bianchi e neri dall’aspetto un po’ buffo, sottoponendo un gruppo di loro, nello Shaanxi Wild Animal Rescue and
Research Center, ad un curioso esperimento che consisteva nel proporre alcune ciotole contenenti acqua e altre soluzioni
miscelate con zuccheri naturali come fruttosio, galattosio, glucosio, lattosio, maltosio e saccarosio. Tutti i panda hanno
preferito la seconda proposta evidenziando la preferenza per fruttosio e saccarosio. Tutta questa dolcezza (ma soprattutto
la disponibilità di cibo) potrebbe migliorare le “capacità relazionali” di questi animali. Il nostro amico infatti non è molto
socievole, anzi ha la fama di essere un timidone, raramente va in cerca dei suoi simili e, se lo fa, è solo quando deve
cercare moglie. Sembrano animali docili e indifesi ma l'apparenza inganna: sono orsi, sotto il pelo morbido nascondono
muscoli davvero potenti, i loro soffici zamponi coprono artigli più affilati di tigri e leoni e il loro tenero musetto cela una
serie di zanne capaci di staccare una zampa ad altri simili. Quindi, se uno di loro ti chiede di dargli il bambù, tu dagli del
bambù, e fallo in fretta: con i panda non si scherza!
Valeria De Palo
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Giant Pandas: our black & white friends
The giant pandas with an unmistakable black and white fur pattern are bears that live in China. They are animals
with a peaceful attitude, but especially are also in danger of extinction due to lack of food and poaching. For this
reason the naturalist Sir Peter Scott has chosen them as a symbol of WWF.
They once lived in lowland areas but, due to farming, deforestation and urban development, the giant pandas have
been forced to dwell in the mountains. Today, 1,600 specimens live in the mountains, most of them living in the
mountains of central China, while around 300 others live in zoos.
Because of the greed of man, however, the bamboo forests are disappearing and this is a big problem for our friends
who are eating mainly this food all day and can weigh more than 100Kg. To understand how they are gluttonous,
just think that they are capable of eating for fourteen hours a day hidden among the tall trees and without stopping
to chew!
But there is an important piece of news that could solve every problem: recently it was assumed that the pandas can
have a passion for sweets and for some natural sweeteners. A new study by researchers at the Monell Center in
Philadelphia and published in Plos One, has allowed us to discover the "love" for sweets by these big blacks and
whites teddy bears with a funny looking. A group of them was subjected to a curious experiment at Shaanxi Wild
Animal Rescue and Research Center. The experiment consisted of giving them some bowls containing water and
others with solutions mixed with natural sugars such as fructose, galactose, glucose, lactose, maltose and sucrose.
All the pandas have preferred the second choice highlighting the preference for fructose and sucrose.
All this sweetness (but especially the availability of food) could improve the "interpersonal skills" of these animals.
Our friend is, in fact, not very sociable, indeed it has the reputation of being a very timid animal, rarely it goes
searching for its own kind and, if it does, it is only when it has to find a female panda. They appear docile and
helpless animals, but appearances can be deceptive, in fact, they are bears and under their soft fur they hide very
powerful muscles, their soft paws cover claws sharper than those of lions and tigers, and their sweet little snout hide
large teeth capable of biting a paw off of their own kind.
So if one of them asks you to give it bamboo, let's give it, and do it quickly: do not mess with the panda!
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"Nuoce gravemente alla salute"
Scienza & Tecnologia
Enrica Romito
Il cellulare è diventato un oggetto indispensabile nella nostra quotidianità e ormai molte delle nostre azioni sono possibili solo grazie all’uso
questo dispositivo. Non tutti sanno però che questo strumento emette radiazioni potenzialmente dannose nella fascia di frequenza compresa
fra 900 MHz e 2.4 GHz, molto vicina a quella dei forni a microonde. Per la precisione i cellulari, inclusi quelli di nuova generazione, sono delle
vere e proprie sorgenti di campi elettromagnetici che sembra abbiano la capacità di influenzare alcune reazioni chimiche alla base delle
normali funzioni fisiologiche umane. Sono molti gli scienziati che hanno investigato negli ultimi anni sui possibili effetti della radiazione della
telefonia mobile. Nel Regno Unito, un’ampia indagine fra il 2000 e il 2004 all’interno di un progetto denominato Interphone e basata sulla
osservazione di 966 pazienti con glioma, ha permesso di escludere una correlazione fra l’uso di questi dispositivi e l’insorgenza della
patologia. Anche uno studio più recente denominato “Emerging and Newly Identified Health Risks (SCENIHR)” e pubblicato nel 2007 dalla
Commissione Europea ha portato alla conclusione che non si rilevavano significativi effetti nocivi per un livello normale di esposizione.
Altre ricerche, invece, hanno suggerito che le emissioni da cellulare potrebbero causare disturbi di diverso tipo al nervo cocleare. Un gruppo di
scienziati dell’Università di Verona ha dimostrato che l’esposizione diretta ai campi elettromagnetici emessi da terminale mobile provoca infatti
una variazione significativa dei potenziali d’azione nella zona dell’orecchio (CNAPs) rispetto a ciò che avviene fisiologicamente. La ricerca è
stata pubblicata nel 2011 sulla prestigiosa rivista Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry.
Nulla quindi sembra certo. Ma come affrontano il problema gli organismi governativi, che dovrebbero tutelare la salute della popolazione?
L’ISS (Istituto Superiore della Sanità) afferma a questo proposito che “è stata avanzata l’ipotesi che l’esposizione a campi di intensità inferiore
alle soglie per l’insorgenza di effetti acuti, soprattutto se cronica, possa causare malattie degenerative ed in particolare il cancro (effetti a
lungo termine)”. Al momento possiamo quindi solo immaginare cosa potrebbe succedere continuando a tenere il cellulare nelle estreme
vicinanze al nostro cervello per tante ore al giorno. Fiorenzo Marinelli, ricercatore dell’Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Bologna, in
una intervista al fattoquotidiano.it propone di inserire su tutti i telefonini l'indicazione: “Nuoce gravemente alla salute”, facendo riferimento
all’allarme lanciato dalla IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), che nel Maggio 2011 ha classificato le radiofrequenze nella
classe 2B, che corrisponde alla frase di rischio “possibili cancerogeni per l’uomo”. Ecco perché la Wien Medical Association ha deciso di
metterci in guardia postulando queste dieci “regole igieniche” nell’utilizzo del cellulare:
­ preferire modelli con antenne esterne;
­ telefonare raramente ed il più brevemente possibile;
­ durante la comunicazione tenersi a qualche metro di distanza dalle altre persone;
­ fare attenzione agli auricolari: il filo ha un effetto conduttore per l'irradiamento;
­ non tenere il cellulare a diretto contatto col proprio corpo quando non lo si usa;
­ non telefonare in auto, bus e treno: qui l'irradiamento è molto più potente;
­ non inviare SMS o navigare nel web mentre si è alla guida;
­ spegnere sempre il dispositivo durante la notte;
­ non utilizzare il telefono per scattare fotografie o giocare;
­ evitare l’utilizzo in luoghi con scarso segnale come gli ascensori.
Indicazioni banali ma, a dire il vero, difficilissime da rispettare per veri e propri “dipendenti” dal telefono. Alla fine riusciremo davvero a
limitare l’utilizzo del nostro caro amico cellulare? Saremo capaci di adoperarlo con le giuste precauzioni e prevenire i possibili danni
permanenti? A noi la scelta.
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“Mobile Phones can seriously damage your health”
The mobile phone has become an indispensable item in our daily lives and now many of our actions are only possible thanks
to this device. But not everyone knows that this device emits potentially harmful radiations in the frequency range 900 MHz
to 2.4 GHz, which is similar to that used by microwave ovens. Precisely mobile phones, including those of the new
generation, are the real sources of electromagnetic fields which can have an influence on some basic chemical reactions of
human physiology.
Many scientists have investigated the possible effects of mobile phone radiation. In the United Kingdom, an extensive survey
between 2000 and 2004 in a project called Interphone, based on the observation of 966 patients with glioma, allowed us to
exclude a correlation between the use of mobile devices and the onset of the disease.
Moreover, a more recent study, entitled "Emerging and Newly Identified Health Risks (SCENIHR)" and published by a
European Commission in 2007, concluded that there are no significant adverse effects on a normal level of exposure (1).
Other researches have suggested instead that the emissions from mobile phone could cause different types of problems to
the cochlear nerve. A group of scientists from the University of Verona demonstrated that direct exposure to electromagnetic
fields emitted by mobile terminal causes significant changes in cochlear nerve action potentials (CNAPs). The research was
published in 2011 in the prestigious journal “Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry”.
Thus, nothing seems certain. But how does the government deal with this problem since it should protect the health of the
population?
The ISS (National Institute of Health) states in this regard that "it has been suggested that exposure to fields of intensity
lower than the threshold for the onset of acute effects, especially if chronic exposure, can cause degenerative diseases and
especially cancer (long­term effects)."
At the moment we can only imagine what might happen then continuing to hold the mobile phone so close to our brains for
so many hours a day.
Fiorenzo Marinelli , researcher at the Institute of Molecular Genetics of the National Research Council in Bologna, in an
interview with fattoquotidiano.it proposes to put a health warning on mobile phones ­ "Mobile Phones can seriously damage
your health," referring to the alarm raised by the I.A.R.C. (International Agency for Research on Cancer).
On May 31, 2011, the I.A.R.C. has classified radio frequencies electromagnetic fields as “possibly carcinogenic to humans”
(Group 2B), based on an increased risk for glioma, a malignant type of brain cancer associated with wireless phone use.
That's why the Vienna Medical Association has decided to warn people proposing these ten “hygiene rules” when using the
mobile phone:
­ Prefer buying a new mobile with an external antenna;
­ Phone as little and briefly as possible;
­ During conversation, keep within several meters' distance of other persons;
­ Head­sets are not inoffensive. The wire acts as a conductor of radiation;
­ Do not carry your mobile close to your body (such as chest or trouser pocket);
­ Never phone in car, bus or train; radiation is stronger;
­ Do not SMS or web surfing while you are driving;
­ Always switch your mobile off during the night;
­ Do not take photographs or play game on a mobile;
­ Avoid using mobile in places with poor reception such as cellars or lifts.
They are banal indications but, in truth, they are very hard to follow especially for people who are too “dependent” on the
phone.
Finally, can we really limit the use of our dear friend cell phone? Will we be able to use it with the right precautions and
prevent possible permanent damages?
The choice is ours!
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La spesa sanitaria pubblica stimata nel 2012, è stata di
circa 111 miliardi di euro, pari al 7 % del Pil e a 1867 euro
annui per abitante, molto inferiore a quella di altri
importanti paesi europei ma comunque non certo
trascurabile, soprattutto in tempi di crisi.
Una delle vie individuate dal Ministero della Salute per
ridurre questi numeri importanti è promuovere e migliorare
la qualità della vita dei cittadini attraverso l’uso di una
corretta alimentazione. Cambiare in meglio alcune abitudini
permetterebbe, infatti, di diminuire il rischio di contrarre le
cosiddette “patologie del benessere”, oltre ad aumentare la
fiducia in noi stessi.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha infatti
rilevato che circa un terzo delle malattie cardiovascolari e
dei tumori possono essere, in questo modo, prevenuti. E
sarebbe un gran traguardo, dato che si stima che nei Paesi
Occidentali siano circa 3 milioni le persone morte ogni anno
a causa di queste patologie.
Guardando all’Italia, secondo dati ISTAT, è altissima la
percentuale di persone affette da almeno una malattia
cronica (per alcune fasce d’età si sfiora il 40% del totale),
1.500.000 quelle con disturbi cardiovascolari e più di
1.150.000 i ricoveri annuali.
Ma nella pratica come possiamo intervenire?
Il Ministero della Salute sul suo sito internet consiglia di
assumere nel corso della giornata una quantità di calorie
moderata e in proporzioni ben definite: 25% calorie totali
da grassi (di cui non più del 7­8% derivanti da grassi
saturi), 50% da carboidrati (con alto contenuto di fibre) e
25% da proteine, specialmente di origine vegetale.
Questo modo di nutrirsi si ispira a qualcosa a noi molto
familiare: la Dieta Mediterranea.
Nata dalla combinazione delle tradizioni delle popolazioni
del sud dell’Europa, dei paesi orientali e dell'Africa
settentrionale, si tratta di un modello nutrizionale a
piramide, che prevede un’alimentazione a base di pane,
pasta, legumi, olio di oliva, verdure, formaggio, frutta e
vino, e va associata ad una sana attività fisica. Il 17
Novembre 2010, dopo numerose ricerche e valutazioni, il
comitato intergovernativo dell’UNESCO ha definito questo
vero e proprio stile di vita “patrimonio immateriale
dell’Umanità” e, anche se alcune associazioni territoriali
rivendicano il fatto che la vera Dieta Mediterranea sia solo
Farmaci vs Dieta
Scienza & Salute
quella derivata dalle abitudini alimentari della parte
meridionale della nostra penisola, in particolare da quelle
della popolazione del Cilento, tutta l’Italia va fiera di questo
riconoscimento.
Ma possiamo dire di alimentarci davvero bene come spesso
sosteniamo discutendo con amici stranieri?
In realtà già nel 2009, uno studio realizzato
dall’Osservatorio Nutrizionale e sugli Stili di Vita Grana
Padano (OGP) evidenziava come, per un italiano su quattro,
la maggior parte dell’apporto calorico quotidiano derivasse
da alimenti non inclusi nella “piramide”.
Che sia vero o no una cosa pare certa: come anche l’Istituto
Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN)
ha dimostrato, la Dieta Mediterranea è l’unico modello
nutrizionale equilibrato, adatto a tutti e capace di ridurre il
rischio di malattie del benessere e tumori.
E allora perché spendere soldi in farmaci se è possibile
migliorare la propria salute semplicemente cambiando il
proprio stile di vita?
Domenica Mancini
20
Health: Diet vs Drugs
Public health care expenditure in Italy in 2012 was about 111 billion­euro, equal to 7.0 % of GDP and 1867 euro per
year per­capita , much lower than that of other major European countries, but certainly not negligible , especially in
times of crisis.
One of the ways identified by the Ministry of Health to reduce these numbers is to improve the quality of life of
citizens through the use of proper nutrition.
Changing your eating habits for the better would reduce the risk of so­called “diseases of affluence” as well as would
increase self­confidence.
The WHO, World Health Organization , found that about one­third of cardiovascular disease and cancer can be
reduced by this way.
In Western countries, an estimated 3 million people die every year due to these diseases.
In Italy, according to ISTAT data, the percentage of people with at least one chronic disease is very high (for certain
age groups it is almost 40% of the total), there are approximately 1,500,000 people suffering from cardiovascular
disease and more than 1,150,000 annual hospitalizations.
But in practice, how can we intervene?
The Ministry of Health on its website recommends taking moderate quantity of calories during the day and in well­
defined proportions: 25% fat (not more than 7­8 % saturated fat), 50 % carbohydrates (with high fiber content)
and 25 % proteins, especially vegetable origin.
This way of eating is based on something very familiar to us: the Mediterranean diet. It was born from the
combination of the food traditions of the peoples of southern Europe, eastern and northern Africa.
It is a nutritional pyramid model that includes a diet based on bread, pasta, legumes, olive oil, vegetables with a
little cheese, fruit and wine, associated with physical activity.
After extensive research and evaluations, the Intergovernmental Committee of UNESCO defined on 17 November
2010 this real lifestyle “Intangible Heritage of Humanity”, and although some local associations claim that the true
Mediterranean diet is only one derived from the eating habits of southern Italy, in particular from Cilento peoples,
the whole Italian people is proud of this recognition.
But, can we truly say that we eat healthy as we often argue with foreign friends?
In fact, a study conducted by the Centre on Nutrition and Lifestyles "Grana Padano" ( PDO ) in 2009 showed that,
for one out of four Italians, most of the daily caloric intake came from foods not included in the " pyramid".
But whether this is true or not, it seems certain that a study conducted by the National Research Institute for Food
and Nutrition (INRAN) has shown that the Mediterranean diet is the only nutritional model of balanced diet suitable
for everyone and able to reduce the risk of cancer and diseases of affluence.
So why spend money on drugs if you can improve your health simply by changing your lifestyle?
21
Assassino subacqueo
Scienza & Natura
L’ambiente marino è un luogo affascinante e particolare, ospita innumerevoli esseri viventi e presenta paesaggi naturali
spettacolari. Tuttavia queste caratteristiche sono accompagnate da molti pericoli nascosti. Fra tutti gli organismi marini
velenosi il più curioso e apparentemente innocuo è una cubomedusa, la Chironex fleckeri o vespa di mare, che molti
definiscono come l’animale acquatico più letale al mondo.
Questo pericoloso essere vive nelle acque tropicali della Nuova Guinea, ma gli ultimi avvistamenti sono avvenuti sulle
coste australiane e in questo territorio è stato calcolato il numero maggiore di vittime. La vespa di mare è dotata di circa
sessanta tentacoli che possono superare i tre metri di lunghezza e di una cupola che spesso raggiunge i trenta centimetri
di diametro.
Il peso totale di un esemplare adulto arriva anche a due chilogrammi. Sembra impossibile sfuggire allo sguardo di questo
killer marino: rispetto ad altre meduse, infatti, dispone di ben quattro fasci oculari con ventiquattro occhi, ciascuno dotato
di iride, cornea e retina.
Quando la Chironex fleckeri attacca una vittima, i suoi tentacoli perforano la pelle fino a un millimetro di profondità. Il
veleno, composto da una miscela complessa che include diverse catecolamine e varie altre tossine di natura peptidica,
raggiunge l’epidermide ed entra in circolo nei vasi sanguigni attraverso decine di migliaia di nematocisti. I sintomi
principali e immediati sono dolore intenso e forte bruciore cutaneo. Essi aumentano a seconda della superficie colpita. Le
conseguenze all’attacco della vespa di mare sono principalmente danni al sistema nervoso, difficoltà respiratoria ed infine
l’arresto cardiaco. Questo organismo caccia di giorno mentre di notte resta immobile in acque poco profonde nutrendosi
tutto il tempo di particelle organiche e piccoli pesci. Il suo corpo è impossibile da individuare nuotando di giorno, poiché è
semi­trasparente ed è difficile da seminare perché è in grado di raggiungere velocità sostenute (fino a otto chilometri
all’ora!).
È sicuramente difficile sopravvivere all’attacco della Chironex fleckeri, eppure una bambina di soli dieci anni che ha avuto
un incontro molto ravvicinato con un esemplare adulto è ancora qui a raccontarci la sua storia. Rachael Shardlow di
Brisbane è stata attaccata da una vespa di mare nel fiume Calliope in Australia nel 2010: i tentacoli hanno avvolto
entrambe le gambe e se non fosse stata in compagnia di suo fratello, che è riuscito a portarla a riva, sarebbe morta.
Racheal è stata ricoverata in ospedale per sei settimane. I dottori che hanno studiato il caso lo considerano un vero e
proprio miracolo: al di là delle cicatrici sulle gambe e un grande spavento la bambina non ha riportato alcun danno
permanente.
Per quanto si cerchi di comprendere le condizioni più favorevoli per l’azione della vespa di mare, in alcune zone del
nuovissimo continente sembra davvero impossibile prevenire un attacco di questo assassino subacqueo... il mio consiglio
quindi è: se sei in Australia pensaci due volte prima di fare un bagno!
Graziella D'aniello
22
Underwater killer
Marine world is a fascinating and particular environment. It harbours innumerable living beings and has spectacular
natural views. However, these features are accompanied by many hidden dangers. Among the marine venomous
organisms, the strangest and apparently harmless is the Chironex fleckeri, commonly known as sea wasp, a species
of box jellyfish, which has been described as the most lethal jellyfish in the world. This dangerous creature lives in
tropical waters from New Guinea, although it was recently found in coastal waters in Australia where it was
calculated the greatest number of victims.
A fully grown box jellyfish measures up to 30 cm in diameter, and it has almost 60 tentacles which can grow up to 3
m in length. Its weight can reach 2 kg.
It seems impossible to avoid looking at this ocean killer. In fact, it has four eye­clusters with twenty­four eyes
complete with iris, cornea and retina compared to other jellyfishes.
When a victim is stung by a Chironex fleckeri, its tentacles can penetrate human skin to a depth of 1 mm. The
venom, composed by a complex mixture of different catecholamines and various other peptide toxins, reaches the
epidermis and enters bloodstream through tens of thousands of nematocysts. The main symptoms are immediate
intense pain and skin burning sensation. They increase depending on the area affected. The consequences of stings
from sea wasp are especially damages to the nervous system, breathing difficulty and finally cardiac arrest. This
organism is usually hunting in the morning, whereas in the night it stays motionless in shallow water feeding on
organic particles and small fishes. It is impossible to see its body when you are swimming in the morning because it
is semi­transparent, and it is really hard leaving it behind because it is capable of achieving speeds of up to 4 knots
(7.4 km/h).
It is certainly difficult to survive an attack of Chironex fleckeri, but a 10­year old girl who had a very close encounter
with an adult specimen is still alive to tell her story. Rachael Shardlow from Brisbane, Australia, was stung by a sea
wasp in the Calliope River in Australia in 2010. The tentacles wrapped around both her limbs, and if it wasn’t for her
brother, who pulled her onto the riverbank, she would have died. Rachael was hospitalized for six weeks. The
doctors, who studied her case, considered it a miracle because beyond the scars on her limbs and a big scare, the
girl had not any permanent damages.
As far as you try to understand the most favourable conditions for the behaviour of sea wasp, in some areas of the
new continent it seems really impossible to prevent an attack of this underwater killer.
So, my advice is: if you are in Australia, you may want to think twice before you go swimming!
23
Tutti (o quasi) sappiamo che la Terra presenta
un'atmosfera formata essenzialmente da azoto, ossigeno
ed altri gas in piccola quantità. Da alcuni decenni però
l’aumento percentuale di anidride carbonica e metano ha
dato origine al cosiddetto “effetto serra” e al conseguente
incremento progressivo della temperatura media del
nostro pianeta.
Questo fenomeno è dovuto principalmente alla produzione
dei gas­serra in seguito alle reazioni di combustione
necessarie per le varie attività umane e principalmente
utilizzate per creare energia.
SOS pianeta Terra!
Scienza & Ambiente
Ivan Marzolla
Se da un lato il progresso ha migliorato la qualità della nostra vita, dall’altro sono sempre maggiori le preoccupazioni degli
esperti a proposito del conto che la natura ci potrebbe far pagare. Sono infatti sotto stretta osservazione fenomeni come lo
scioglimento dei ghiacciai, il riscaldamento degli oceani, le onde di calore e siccità, la diffusione di malattie tropicali,
incendi, inondazioni e altri disastri legati al clima.
E questi avvenimenti potrebbero determinare ulteriori complicazioni. Nel caso, ad esempio, dello scioglimento dei ghiacciai,
il conseguente innalzamento del livello del mare potrebbe provocare la distruzione di gran parte delle grandi città che sono
sorte nel corso dei secoli nei pressi delle coste di tutto il mondo. Uno studio recente dei glaciologi dell’Università di Bristol
prevede entro la fine di questo secolo la scomparsa di interi stati come l'Olanda, la Danimarca e la Florida, che verrebbero
letteralmente sommersi; anche la foresta amazzonica sarebbe ricoperta dal mare e città come Venezia e Stoccolma non
sarebbero più sulle nostre cartine geografiche.
Uno scenario forse troppo pessimista ma comunque possibile. E nonostante i tanti avvertimenti il genere umano continua
ad agire in maniera scellerata, compromettendo l'equilibrio della natura e andando incontro ad un futuro pieno di insidie. Il
limite, purtroppo, sembra ormai essere vicino.
Cosa potrebbe fare concretamente ognuno di noi per invertire questa pericolosa tendenza? Difficile dirlo, ma spesso anche
piccoli gesti come spegnere un interruttore o differenziare un rifiuto possono essere utili a contribuire a salvaguardare la
Terra e a farne un pianeta migliore per le generazioni future.
24
SOS planet Earth
Everybody (or almost everyone) knows that the Earth has an atmosphere composed mainly of nitrogen, oxygen and
other gases in small quantities.
For some decades now, however, the percentage increase of carbon dioxide and methane has caused the so­called
“greenhouse effect” and the consequent progressive increase in the average temperature of our planet.
This phenomenon is mainly due to the production of greenhouse gases after combustion reactions that are
necessary for the various human activities and mainly used to produce energy.
If, on the one hand, progress has improved the quality of our lives, on the other, experts reveal growing concerns
about the price that Mother Nature would make us pay for this. In fact, phenomena such as melting glaciers,
warming oceans, heat waves and drought, the spread of tropical diseases, fires, floods and other climate­related
disasters are under close observation.
And these events could cause further problems. In the case of melting glaciers, for instance, the resulting rise in sea
level could cause the destruction of most of the major cities founded over the centuries along the coasts around the
world. A recent study of the glaciologists at the University of Bristol has predicted the disappearance of entire
countries like Holland, Denmark and Florida by the end of this century. These countries would be literally swamped,
even the Amazon forest would be covered by the sea and cities like Venice and Stockholm would disappear.
A scenario may be too pessimistic but still possible. And yet despite the many warnings, humankind continues to
behave badly, compromising the balance of nature and going towards an uncertain future full of perils.
Unfortunately, the limit seems quite close at hand.
What can each of us do concretely to reverse this dangerous trend? It is hard to say, but often also small gestures
like turning off a switch or differentiate refuse can help to protect the Earth and make it a better planet for future
generations.
25
Doping: sicuri che sia l'alternativa vincente?
Scienza & Salute
In tempi in cui l’Italia era affascinata dal mondo del ciclismo per le grandi imprese di Marco Pantani, forse il nostro più
grande scalatore di sempre, il doping ha distrutto i sogni e la passione anche dei tifosi più accaniti. Eppure ci è stato
insegnato che l'importante è partecipare. E allora perchè il ricorso a sostanze proibite?
Un grande campione, un atleta scarso o un semplice sportivo della domenica si distinguono certamente per il loro talento,
ma è molto importante anche l’allenamento, che “modella” i processi metabolici in modo da garantire le massime
prestazioni agonistiche. E’ inutile negare però che il desiderio di ogni singolo essere umano sia di primeggiare sugli altri,
anche spingendosi oltre il limite fisiologico. Il doping è un modo per farlo.
Fra le pratiche più citate nei report dei laboratori di controllo troviamo l’uso di anabolizzanti, che attraverso l’accrescimento
della massa muscolare migliorano forza fisica e resistenza, di stimolanti, che possono aumentare l’aggressività e diminuire
la sensazione di sforzo, il ricorso a eritropoietina (EPO) e/o autotrasfusione, che puntano ad incrementare la conta di globuli
rossi e il cosiddetto “doping genetico”, tecnica molto recente e ancora difficile da comprendere a fondo.
Il doping è definito “cancro dello sport”: i suoi effetti sono devastanti per l’organismo. La fine regolazione di molti processi
metabolici, infatti, è fortemente influenzata dall'uso di sostanze proibite. Non si tratta quindi solo di una questione di etica
sportiva (anche se alla base di ogni competizione ci dovrebbe essere la lealtà): è dunque importante combattere questo
fenomeno a livello internazionale, emanando delle leggi specifiche volte a limitare l’utilizzo di farmaci non consentiti. Con la
legge 376 del 2000 in Italia si è fatto un importante passo in avanti con l’introduzione dell'utilizzo del doping nello sport fra i
reati puniti dal codice di diritto penale.
Ma fino a che punto è possibile spingersi senza “scivolare” nella pratica illecita? Certamente una normale alimentazione non
è sufficiente a soddisfare il fabbisogno di un atleta ad alti livelli: per questo molti sportivi, amatori e professionisti,
abitualmente assumono amminoacidi e proteine con lo scopo di facilitare il recupero a livello muscolare, oltre a sali minerali
per integrare quanto perso con la sudorazione e carbogel per avere una fonte di energia (carboidrati semplici) subito a
disposizione durante uno sforzo prolungato. Nulla di vietato dalla legge, ma è importante ricordare che l’uso eccessivo di
questi integratori alimentari può risultare molto dannoso per la salute.
Spesso il doping ha rovinato l’esistenza di sportivi famosi (come nel caso del già citato Marco Pantani), che hanno avuto
l’unico “torto” di essere stati scoperti in periodi storici in cui gran parte degli atleti competevano aiutandosi con sostanze
proibite. Viene da sé pensare che, se nessuno di questi le avesse usate, probabilmente i valori in campo sarebbero stati gli
stessi. E ora non staremmo a rimpiangere questi campioni.
Non ci resta che sperare in un futuro dello sport più pulito. La lezione sarà bastata?
Alessandro De Frenza, Saverio Nicassio
26
27
Doping: are we sure it is the winning alternative?
At a time in which Italy was fascinated by the world cycling for the great sport enterprises of Marco Pantani, perhaps
our greatest climber ever, the doping has destroyed the dreams and the passion of more fierce fans. And yet we
were taught that the important is to participate. So why is a sportsman using doping substances?
A great champion, a mediocre athlete or a simple sportsman are distinguished certainly for their talent, but it is also
very important the training which improves the metabolic processes in order to ensure maximum athletic
performance. It is useless to deny, however, that the desire of every single human being is to excel over others,
even beyond the physiological limit. Doping is a way to do it.
Among the most common practices cited in reports of the anti­doping laboratories, we find the use of anabolic
steroids, that through the growth of muscle mass improve physical strength and endurance, the use of stimulants
which may increase the aggressiveness and reduces the feeling of effort, the use of erythropoietin (EPO) and/or
autotransfusion, which aim at increasing red blood cell count and the so­called “genetic doping” which is very recent
technique and still difficult to understand it. The doping is defined as the “cancer of sport”. The use of doping can
have devastating effects on human body. In fact, the metabolic processes are strongly influenced by the use of
“prohibit” substances. It is therefore not only a matter of ethics of sports, even though at the base of each
competition there should be the loyalty, but it is also important to combat doping at international level by enacting
laws designed to limit its use. With the law 376 of 2000, Italy has made an important step to combat the practice of
doping in sports; in fact, its practice is among the “sporting offences” punished by the Criminal Code.
But how far can you go without “slipping” into illegal practices? Certainly, a regular diet is not enough to meet the
needs of a high­level athlete at the highest level. This is why many athletes, amateurs and professionals are usually
taking amino acids and proteins in order to facilitate recovery of the muscles, as well as minerals to replace their
loss through sweating and Carbogel as a source of energy (simple carbohydrates) that is immediately available
during prolonged exercise. None of these is prohibited by law, but it is important to remember that an excessive use
of these dietary supplements can be harmful to your health. Often doping has ruined the life of famous sportsmen
(as in the case of the aforementioned Marco Pantani), who had the only “fault” to have been officially found out,
especially in historic periods when most of the athletes competed with the help of prohibited substances. Well, you
may imagine that if none of these had used these substances, probably their sports results would have been the
same. And now we miss them and will not forget those champions.
We just have to hope for a future of cleaner sports. Will the lesson be enough?
Biologico o convenzionale?
Scienza & Salute
Negli ultimi anni si sta affermando sempre di più l’idea che
gli alimenti biologici siano più sicuri e salutari rispetto a
quelli ottenuti con tecniche di coltivazione convenzionali. Ma
mettendo a confronto i risultati delle ricerche scientifiche
questo non sembra essere sempre vero. Anzi, in alcuni casi
si può addirittura affermare che gli svantaggi economici,
ecologici e qualitativi superino i vantaggi.
L’agricoltura biologica è un metodo di coltivazione che
utilizza esclusivamente pesticidi naturali escludendo
sostanze chimiche di sintesi. La filosofia alla base di queste
metodiche è quella di preservare la fertilità del terreno
utilizzando determinate tecniche agricole con lo scopo di
non sfruttare in modo intensivo il suolo.
L’agricoltura convenzionale, invece, è basata sull’uso di
fitofarmaci, meccanizzazione, fertilizzanti, ingegneria
genetica e altre tecnologie avanzate. Questo permette di
sfruttare al massimo il territorio, diminuire le superfici
coltivate e di conseguenza aumentare la produzione agricola
e mantenere bassi i prezzi.
Numerosi lavori scientifici in letteratura hanno come
obiettivo il confronto fra i due metodi di coltivazione,
cercando di evidenziare i pregi e i difetti delle due modalità
di lavoro.
Oltre che un ovvio abbassamento della resa dei terreni (fino
al 25%, in base al tipo di coltura e alle condizioni
ambientali), queste ricerche sembrano smontare
definitivamente il “mito” che i prodotti biologici presentino
valori nutrizionali in assoluto più alti. Infatti alcuni alimenti
(i cereali ad esempio) sono risultati mediamente più poveri
di proteine rispetto a quelli ottenuti con la coltivazione
convenzionale. Ma non sempre questo è vero e il dibattito
Giovanni Pellegrini, Alessandro Totaro
fra gli esperti è ancora molto aperto.
Una cosa però è certa: il mancato utilizzo di antiparassitari
di origine sintetica potrebbe sicuramente rendere gli
alimenti biologici più sani, ma questo non significa
necessariamente che questi prodotti siano in assoluto più
sicuri per il consumatore. Un importante campanello
d’allarme è la presenza di micotossine, sostanze altamente
pericolose come aflatossine e ocratossina A, prodotte da
muffe che attaccano le colture in caso di particolari
condizioni climatiche e in seguito a cattiva conservazione
degli alimenti. Ovviamente (come la letteratura scientifica
conferma) i prodotti biologici sono meno protetti da questo
tipo di contaminazione.
Queste considerazioni, però, non devono scoraggiare noi
consumatori: l’agricoltura biologica è un importante
strumento, protegge l’uomo dall’assunzione d alcunei
sostanze tossiche e preserva l’impoverimento dei terreni.
Ma dobbiamo imparare comunque tenere sempre gli occhi
aperti.
28
Is Organic food better than conventional food?
In recent years, it is becoming more and more the idea that organic foods are healthier than those obtained with
conventional cultivation methods. But if you compare the results of scientific research, this does not seem to be
always true. Indeed, in some cases it can even be said that the economic, ecological and qualitative disadvantages
are more than the advantages.
Organic farming is a cultivation method that uses only natural pesticides excluding synthetic chemicals. The basic
philosophy of these methods is to preserve the fertility of soil using certain agricultural techniques in order not to
exploit the soil for intensive farming.
Conventional agriculture is based, instead, on the use of pesticides, mechanization, fertilizers, genetic engineering
and other advanced technologies. This allows you to exploit most of the land and decrease the area under cultivation
and thereby increasing agricultural production and keeping low prices.
Numerous scientific studies in the literature have as an objective a comparison between the two methods of
cultivation, trying to highlight the strengths and weaknesses of the two farming methods.
In addition to an obvious crop yield reduction (up to 25%, depending on the type of crop and environmental
conditions), these studies seem to permanently demolish the “myth” that organic products have the very best
nutritional values. In fact, some foods (for example, organic grains) were on average poorer in proteins than those
obtained with the conventional farming. But this is not always true, and the debate among experts is still open.
One thing is certain: the non­use of synthetic pesticides can certainly make organic food healthier, although this
does not necessarily mean they are safer for the consumer. An important warning sign is the presence of micotoxins
such as aflatoxins and ochratoxin A. They are harmful natural contaminants produced by molds or fungi that attack
crops in particular climate conditions and as a result of poor storage of food. Obviously the organic products are less
protected from this type of contamination as it is confirmed by the scientific literature.
These considerations, however, should not discourage the consumer. Organic farming is an important tool that
protects man from toxic chemicals and preserves the impoverishment of soils.
But, we are keeping our eyes open!
29
Da Marconi al Marconi: la scienza scritta dai ragazzi
Progetto PON C1-FSE-2013-555:
"Promuoviamo la scuola: la Rivista Scientifica"
ITI-LS Guglielmo Marconi - Bari
Docente esperto materie scientifiche, coordinamento attività redazione: Dott. Luca Piemontese
Docente esperto lingua inglese: Dott.ssa Giacoma Girone
Tutor: Prof. Vito Genco
Studenti partecipanti/redazione: Claudia Carella (IVSA), Maurizio Ceo (IIISB), Angelo Cozzi
(IVIA), Graziella D'Aniello (IISA), Alessandro De Frenza (IIISB), Valeria De Palo (IISA), Roberta
Faccilongo (IIISB), Giovanni Greco (IISB), Domenica Mancini (IVSA), Ivan Marzolla (ISA), Saverio
Nicassio (IIISB), Giovanni Pellegrini (IIISB), Valeria Radogna (IISB), Enrica Romito (IVSA),
Benedetto Rutigliano (IISB), Alessandro Totaro (IIISB)
Anno 2014, n.1

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Da Marconi al Marconi: la scienza scritta dai ragazzi

  • 3. Scienza & Salute Scienza & Sentimenti Scienza & Natura Scienza & Ambiente The chemistry of emotions "Acqua frizzante" contro l'effetto serra Farmaci off-label: una nuova risorsa? Binge drinking: pericolo giovani "Nuoce gravemente alla salute" Il mistero del Drago di Komodo E-cig: la vera arma di difesa dai danni derivanti dal fumo? Assassino subacqueo I panda: amici bianchi e neri Farmaci vs Dieta SOS pianeta Terra! Biologico o convenzionale? Scienza & Tecnologia Doping: sicuri che sia l'alternativa vincente? 4 14 20 26 28 6 8 16 10 24 12 18 “Mobile Phones can seriously damage your health” E­Cig: is it the real weapon of defence against damages caused by smoking? SOS planet Earth "Sparkling water" against the Greenhouse Effect Underwater killer Giant Pandas: our black & white friends The mistery of the Komodo Dragon La chimica delle emozioni Is Organic food better than conventional food? Doping: are we sure it is the winning alternative? Health: Diet vs Drugs Binge drinking: youth risk behaviour Off­label drugs: a new resource? 22
  • 4. I farmaci off­label sono molecole che vengono usate per guarire malattie diverse da quelle autorizzate al momento di mettere un medicinale sul mercato. Ma come funziona questo complesso meccanismo? Da ormai decenni il processo di verifica di un prodotto farmaceutico, compresa l’autorizzazione alla sua commercializzazione (AIC), viene attuato da enti specifici. Fra questi c'è l'Agenzia Italiana del FArmaco (AIFA), che sul suo sito internet afferma a tal proposito che "tali valutazioni, che iniziano all’atto della prima autorizzazione all’immissione in commercio, si protraggono per l’intero ciclo di vita del farmaco e, in particolare, per ogni successiva modifica dell’autorizzazione stessa (estensioni di linea, estensioni di indicazioni terapeutiche, ecc)." La modalità con cui questo può avvenire è particolarmente dibattuta in questo periodo storico. Infatti, nel marzo del 2014 ha avuto grande risonanza quello che è stato definito dai giornali come lo "scandalo Avastin/Lucentis". Si tratta di due farmaci prodotti da due grandi multinazionali, rispettivamente la Roche e la Novartis, che pur contenendo principi attivi simili (ranibizumab e bevacizumab) presentano all’interno del foglio illustrativo indicazioni per la cura di patologie molto diverse. Niente di anomalo, se non fosse che uno dei due medicinali costa dieci volte più dell’altro e i medici non hanno la possibilità di scegliere. La normativa attuale prevede, infatti, l’obbligo di prescrizione del farmaco più costoso per la cura di patologie non incluse nelle indicazioni terapeutiche della molecola meno cara, pur essendosi questa dimostrata ugualmente efficace. Ma perché l’azienda che commercializza quest’ultima non ha fatto richiesta per l’estensione del suo utilizzo? Una serie di indagini hanno portato gli inquirenti ad ipotizzare l’esistenza di un vero e proprio accordo fra i due “giganti” dell’industria allo scopo di trarre profitto ai danni dello Stato Italiano. Insomma, sembra essere l’ennesima conferma che Big Pharma (un vero e proprio cartello che riunisce le più grandi aziende farmaceutiche mondiali) pensi poco alla salute delle persone e molto a quella delle sue finanze. E una notizia dell’aprile 2014 contribuisce ad alimentare questa certezza. Si tratta della gestione della scoperta e commercializzazione del Tamiflu. Questo farmaco era stato prodotto e venduto (con un profitto di ben 3 miliardi di euro) dalla Roche qualche anno fa, quando la popolazione mondiale era preoccupata per la diffusione dell’influenza aviaria. Farmaci off-label: una nuova risorsa? Scienza & Salute Maurizio Ceo Recentemente sembra essere stata chiarita la scarsa efficacia di questa molecola, la cui utilità è stata semplicemente quella di rimpinguare le casse dell’azienda che l’ha commercializzata. Presto ne sapremo di più. Come reagirà, però, la popolazione in caso di una nuova situazione di emergenza, che magari non si rivelerà un falso allarme come nel caso descritto in precedenza? I governi si fideranno nuovamente di chi li ha presi in giro? E la gente comune provvederà a usare le medicine consigliate? Lo sviluppo della scienza medica e farmaceutica ha permesso negli ultimi due secoli di migliorare decisamente le condizioni di vita dell’uomo. Ma siamo quasi alla deriva e bisogna intervenire con la legge per fermare questo pericoloso modo di fare business sulla pelle degli abitanti dell’intero pianeta. E bisogna farlo in fretta. 4
  • 5. Off­label drugs: a new resource? The off­label drugs are molecules that are used to cure diseases different than those which require drug registration and marketing authorization. Over the last decades, the validation process of a pharmaceutical product, including its marketing authorization (MA), is being implemented by specific entities. The Italian Medicines Agency (AIFA) on its website states in this regard that “these evaluations, which begin at the time of the first marketing authorization, are extending over the entire life cycle of the drug and, in particular, for any subsequent changes of the authorization itself (line extensions, extensions of therapeutic indications, etc.)”. The way this can be done is particularly debated in this historical period. In fact, on March 2014, it has had great resonance what has been defined by the newspapers as the scandal Avastin/Lucentis. These two drugs produced by two large pharmaceutical companies, Roche and Novartis, respectively, contain similar active principles (ranibizumab and bevacizumab), although the leaflet that comes in their package provides therapeutic indications for the treatment of different diseases. Nothing unusual, except that one of the two medicines costs ten times more than the other one. Current legislation provides, however, the obligation of drug prescription for the medicine which is more expensive and for the treatment of diseases not included in the therapeutic indications of the cheap drug, although this drug has been proven to be equally effective. But why has the company selling the cheap drug not submitted a request for the extension of its use? A series of investigations have led investigators to assume the existence of an agreement between the two “giants” of industry in order to make profit at the expense of the Italian State. In short, it seems yet another confirmation that Big Pharma (a real sign that brings together the largest pharmaceutical companies in the world), thinks a little about the health of people and a lot about its finances. And the news published on April 2014 contributed to this certainty. It is a matter of the management of the discovery and marketing of Tamiflu. This drug was manufactured and sold at a profit of no less than 3 billion Euro by Roche company a few years ago, when the world population was concerned about the spread of avian influenza . Recently, there seems to have been a clarification on the low efficiency of this molecule, but the usefulness of all this was simply to fill the company’s coffers that did the drug marketing. Hopefully, we will soon know more about it. How will the population react, however, in case of a new emergency situation which may not prove to be a false alarm as in the case described above? Will governments trust again those who deceive them? And will the common people use the recommended medicines? The development of medical and pharmaceutical science has allowed certainly the improvement of human condition in the last two centuries. But we are almost going adrift and we need to intervene with the law to stop this dangerous way of making money at the expense of people of the entire planet. And we must do it quickly. 5
  • 6. In ogni attimo della sua esistenza l’essere umano prova dei sentimenti. Si può dire che ogni giornata sia ricca di emozioni, positive e negative. Ma qual è la loro origine? Romanticamente si è portati a pensare al cuore come centro di tutto, ma non è esattamente cosi. Sono invece diverse le aree del cervello ad attivarsi in queste circostanze. Il dibattito è acceso, e non certo da poco tempo. Nel XVII secolo, il filosofo francese Cartesio aveva affermato che le emozioni e l’intelletto erano entità nettamente separate. Funzioni come la moralità, la ragione e il linguaggio erano situate nel cervello ed erano ritenute superiori e proprie dell’uomo, mentre i sentimenti appartenevano alla dimensione dell'anima. La chimica delle emozioni Scienza & Sentimenti Valeria Radogna Oggi la scienza ha fatto passi da gigante: possiamo affermare con certezza che le emozioni siano attività strettamente legate ad alcune aree del cervello, correlate a determinate modificazioni chimiche. Secondo il parere di alcuni neuroscienziati esistono alcuni circuiti nervosi dedicati a questi fenomeni e pronti ad entrare in funzione nel momento in cui si verifica una determinata situazione. In seguito a questi stimoli vengono innescate reazioni quasi automatiche che vanno da semplici contrazioni muscolari fino a estese risposte ormonali. Per esempio, una situazione di pericolo può scatenare l'emozione della paura, caratterizzata da particolari espressioni facciali e da una reazione che può variare dal completo blocco alla fuga. Ma come è regolato questo delicato meccanismo? Ad entrare in gioco è il sistema nervoso autonomo attraverso le sue due componenti: il sistema simpatico e il sistema parasimpatico. In particolare, il sistema simpatico ha il compito di attivare le risposte involontarie connesse alla sopravvivenza: in seguito ad un forte stress (ad esempio la percezione di una minaccia) viene attivato da ormoni secreti dalle ghiandole surrenali. Le conseguenze finali sono un aumento del battito cardiaco, contrazione muscolare, midriasi (dilatazione delle pupille) e alterazione del respiro, che si fa più frequente e profondo. A livello centrale gioca, invece, un ruolo fondamentale il sistema limbico che contiene al suo interno quella che sembra essere la vera e propria “base” delle emozioni: l’amigdala. In realtà questo nucleo non è in grado di decodificare la qualità emozionale degli stimoli, ma sicuramente contribuisce prima ad attivare e poi ad alimentare l’intero “circuito” emotivo. Alla luce di queste conoscenze si può sicuramente affermare che quando ci si innamora il primo “a battere” è il nostro cervello. Il cuore però ci avverte. 6
  • 7. The chemistry of emotions Every second, every minute, the human being has feelings. The day is full of positive and negative emotions. But what is their origin? You may think they come from your heart, but it is not. Different areas of the brain are activated when you experience an emotion. The debate is on and certainly not from recent years. During the 17th­century, the French philosopher Descartes distinguished between emotions and intellect saying that they originated from different parts of the body. Functions such as morality, reason and language constituted mind because they were considered the “higher” intellectual functions of man, whereas emotions arose from soul. Science has made great strides and today, we can say that emotions are thought to be related to certain activities in the brain which are correlated with chemical changes. According to some neuroscientists, there are specific emotional brain circuits ready to act when stimulated by specific situations. These stimuli trigger automatic reactions which range from simple muscle contractions to a variety of hormonal responses. For example, fear emotion is triggered in response to threat and is characterized by particular facial expressions and responses such as freeze or flight. But how is this delicate mechanism regulated? Emotion involves the entire nervous system, of course. But there are two parts of the nervous system that are especially significant: the limbic system and the autonomic nervous system. The autonomic nervous system through its two complementary parts, the sympathetic system and the parasympathetic system, plays a critical role in emotion. In particular, the sympathetic system deals with the response to stress and danger, releasing adrenaline secreted by adrenal glands, and in general increasing activity and metabolic rate. The final consequences of this mechanism are the increased heart rate, muscle contraction, mydriasis (pupillary dilation) and altered breathing which becomes deeper and faster. At central level, an important role is played by the limbic system which includes what seems the real emotion centre: the amygdala. Actually, this nucleus is not able to decode the emotional quality of the stimuli, but certainly plays a key role in the circuitry that activates emotion. In the light of this scientific knowledge, we can definitely say that when you fall in love the first “beat” is from your brain, but the heart feels the emotion. 7
  • 8. Il mistero del Drago di Komodo Scienza & Natura Batteri killer? Veleno mortale? Una cosa è certa: incontrarlo può costarti la vita, soprattutto se sei un piccolo animaletto indifeso. Il Drago di Komodo è il rettile esistente più grande del mondo (è lungo fino a tre metri arrivando a pesare più di cento chili!) e vive prevalentemente in Indonesia. Anche se apparentemente innocuo perché di aspetto goffo e placido, quando è in azione diventa molto veloce e mostra ottimi riflessi. Ma per le sue prede non è questo il vero problema: la sua arma segreta è il morso letale. Anche se spesso si limita a cibarsi di carogne (ha la fama di essere molto pigro), non rinuncia, a volte, anche a prede vive, che insegue e morde, lasciandole poi fuggire. Dopo circa venti minuti l’animale attaccato, però, entra in paralisi totale, pronto ad essere finito dal rettile, che nel frattempo si era nascosto tra la vegetazione. A causa della sua pericolosità, i nativi dell’isola di Komodo, nell’Asia Sudorientale, decimarono questa specie per secoli, fino all’età coloniale, ovvero all’intervento degli scienziati europei, incuriositi tanto quanto impauriti di fronte a questo animale. Dal lontano 1600 ad oggi non si riesce però ancora a comprendere con certezza la modalità con cui questo lucertolone, con un solo morso, possa paralizzare il sistema nervoso della sua preda. Fra le ipotesi più accreditate la più esplorata è stata quella che lega la letalità dell’azione del Drago di Komodo ai numerosi batteri presenti nella sua bocca: la morte dell’animale attaccato potrebbe quindi essere dovuta a setticemia batterica e infezione della ferita. Questa possibilità è stata confermata da uno studio (a dire il vero un po’ datato) condotto in collaborazione fra le Università di Texas, Florida e Indonesia, che ha evidenziato la presenza di numerose specie batteriche (alcune molto pericolose) nella saliva di questi rettili, con una significativa differenza fra quella di animali selvatici e cresciuti in cattività. Più di recente, grazie ad una ricerca pubblicata dalla prestigiosa rivista PNAS, si è dimostrata la presenza nei tessuti del varanide di piccole ghiandole velenifere, che producono molecole molto tossiche per il sistema cardiocircolatorio di gran parte degli animali predati. La mancanza di denti cavi attraverso i quali secernere il veleno suggerisce che il Drago di Komodo possa agire come il "Mostro di Gila", che dopo aver morso la sua vittima resta attaccato ad essa affinché il veleno mescolato alla saliva entri nella ferita aperta. Ma anche questa, per il momento, è solo una ipotesi. Quale sarà la risposta definitiva a questo mistero? Benedetto Rutigliano 8
  • 9. The mistery of the Komodo Dragon Bacteria killer? Deadly poison? One thing is certain: meeting it can cost you your life, especially if you are a little helpless creature. The Komodo dragon is the world's largest living lizard. An adult male can measure up to three meters and can weigh more than hundred pounds! It lives mainly in Indonesia. Although it seems harmless because of its awkward and placid appearance, it becomes very fast and shows good reflexes during the attack. But this is not the real problem for its preys: its secret weapon is the lethal bite. It feeds on carrion or carcass of dead animals (it has the reputation of being very lazy), although sometimes it does not give up even live preys. It chases and bites them and then it lets them run away, but after about twenty minutes of the attack, however, they enter into total paralysis and ready to be eaten by the reptile which in the meantime was hidden among the vegetation. Because of its dangerousness, the natives of the island of Komodo, in Southeast Asia, decimated this species for centuries until the colonial age, or rather the intervention of European scientists who were intrigued as much as frightened in front of this animal. However, from 1600 to the present, you cannot yet understand with certainty how this lizard can paralyze the nervous system of its prey with a single bite. Among the most recognized hypotheses is the one that links the lethality of the action of the Komodo dragon to the numerous bacteria found in his mouth: the death of the animal attacked could therefore be due to bacterial septicaemia and wound infection. This possibility was confirmed by a study (although a bit outdated) conducted in collaboration with the University of Texas, Florida and Indonesia. The study showed the presence of numerous bacterial species (some very dangerous) in the saliva of these reptiles with a significant difference between wild animals and those bred in captivity. More recently, a study published in the prestigious journal PNAS showed the presence of small venomous glands in the tissues of the monitor lizard. These glands produce highly toxic molecules for the cardiovascular system of the majority of prey animals. The lack of the grooved­tooth venom delivery system found in other varanids suggests that the Komodo dragon could act as the Gila monster that, after biting its victim, hangs on tight to let the venom flow in the wound. But even this, for the moment, it is only a hypothesis. What will the final answer be to this mystery? 9
  • 10. "Acqua frizzante" contro l'effetto serra Scienza & Ambiente Giovanni Greco Effetto serra, inquinamento atmosferico e anidride carbonica (CO2) sono parole che ormai da decenni sentiamo utilizzare ciclicamente e che spesso servono a descrive lo stesso problema: l’uomo, pur di produrre energia e di trarre da essa una fonte di guadagno, continua a liberare nell’atmosfera tonnellate di gas nocivi mettendo a rischio l’intero ecosistema. Ma adesso sembra che qualcosa stia cambiando: la comunità internazionale ha preso coscienza della gravità della situazione e sta investendo molto nella ricerca al fine di individuare un metodo di stoccaggio di queste sostanze volatili che sia sicuro, economico ed efficiente. E una di queste soluzioni pare stia dando degli ottimi risultati. Una delle ragioni che da sempre ha rallentato le azioni volte al diminuire le emissioni sono i costi. Ridurre l’anidride carbonica in atmosfera richiede, infatti, l’abbandono dell’utilizzo del carbone e del petrolio come fonti energetiche primarie. L’alternativa, però, adesso sembra esserci: sono infatti in via di sviluppo nuove tecnologie che consentirebbero di catturare la CO2 e conservarla al sicuro per i secoli a venire. Ma c’è davvero la possibilità concreta di inserire un apparato di smaltimento di questo gas, che sia poco costoso ma efficiente e compatibile con infrastrutture preesistenti? La risposta è affermativa, ma con qualche condizione: è necessario operare in zone del pianeta in cui, in quantità più o meno rilevanti, si registrino delle risalite o, per meglio dire, degli afflussi verticali di acqua salmastra. L’umanità potrebbe quindi davvero servirsi delle odierne tecniche di stoccaggio di CO2 per imprigionare questo gas nocivo all’interno di quest’acqua al fine di ridurre l’inquinamento ambientale. Ma c’è di più: questo sistema potrebbe permetterci di individuare una fonte energetica alternativa. L’acqua salmastra che sarebbe utilizzata presenta, in genere, un’elevata concentrazione di gas metano (che comunemente è utilizzato nelle nostre cucine ma che è anche uno dei prodotti della digestione di un essere vivente). L’anidride carbonica potrebbe quindi “sostituire” il metano all’interno dell’acqua prima della sua ricollocazione in profondità. Gli scienziati stimano che se si dovesse utilizzare una tecnica di stoccaggio di questo tipo in una città dalle dimensioni di New York, il tasso di CO2 diminuirebbe del 10% in un anno e si produrrebbe abbastanza metano da soddisfare un sesto dell’intero fabbisogno energetico annuo della metropoli americana. Possiamo quindi immaginare l’immenso vantaggio che l’intera umanità potrebbe trarre da questa tecnica. La procedura sembra però mostrare alcuni punti deboli, dato che la CO2, essendo un gas, tende, in assenza di strati impermeabili, a risalire verso l'esterno, anche se è importante sottolineare che la sua solubilità in profondità (dove l’acqua verrebbe reimmessa) è considerevolmente più alta che in superficie. Inoltre, estrarre le acque salmastre, "sostituire" il metano con l’anidride carbonica e reimmettere il tutto nel sottosuolo non sembrano procedimenti sostenibili economicamente se considerati singolarmente. Ma combinandoli in un unico sistema forse sì. Alcuni esempi di queste strutture sono già funzionanti e hanno portato a dei risultati soddisfacenti. Il Golfo del Messico risulta il luogo ideale dove costruire impianti simili, ma il problema dell’inquinamento è globale: se si riuscissero a convincere le alte sfere politiche di paesi come Russia e Cina a investire nello sviluppo di questa tecnologia preoccuparsi delle emissioni di anidride carbonica diventerebbe soltanto un triste ricordo. Scienza & Ambiente 10
  • 11. "Sparkling water" against the Greenhouse Effect Greenhouse gases, air pollution and carbon dioxide (CO2) are words that we have been heard for decades and they are used to describe the same problem. The man continues to release tons of harmful gases into the atmosphere endangering the entire ecosystem in order to produce energy and to draw income from it. But now it seems that something has changed: the international community has become aware of the gravity of the situation and is investing in research in order to identify a safe, economical and efficient method of storage of these volatile substances. And one of these solutions is giving good results. One of the reasons that have always slowed down actions to reduce emissions is the costs. Reduce carbon dioxide in the atmosphere requires, in fact, the abandonment of the use of coal and oil as primary energy sources. However, there seems to be an alternative now, indeed, new technologies are developing that make it possible to capture CO2 and store it safely for centuries to come. But is there really a realistic chance of having an apparatus for the disposal of this gas, which is cheap but efficient and compatible with existing infrastructure? The answer is yes, but with some conditions: it is necessary to operate in areas of the world where, in an amount more or less relevant, there are re­ascents, or rather vertical inflows of brackish water. Humanity could then really make use of today’s CO2 storage techniques to keep this harmful gas inside of this water in order to reduce environmental pollution. But there’s more: this system could enable us to identify an alternative energy source. The brackish water that would be used has, in fact, a high concentration of methane gas (which is commonly used in our kitchens, but which is also one of the products of digestion of a living being). The carbon dioxide could “replace” then the methane in the water prior to its relocation in depth. Scientists estimate that if you were to use a technique of storage of this type in a city the size of New York, the rate of CO2 would decrease by 10% in one year and enough natural gas would be produced to meet one sixth of the annual energy requirements of the American metropolis. We can therefore imagine the immense advantage that all mankind might receive from this technique. The procedure seems to show weaknesses since CO2, being a gas, tends, in the absence of impermeable layers, to rise to the surface, although it must be stressed that its solubility in depth (where the water would be pumped back) is considerably higher than in the surface. In addition, procedures such as storing carbon dioxide underground, extracting brackish water to obtain methane and conveying brackish water to surface to obtain methane do not seem economically bearable if you consider them individually. But if you combine them into a single system, maybe yes. Some examples of these plants are already operating and have brought good results. The Gulf of Mexico is the perfect place to build similar plants, but the problem of pollution is a global issue. If you were to tackle this issue with the government officials of countries such as Russia and China, worries about carbon dioxide emissions would be only a sad memory. 11
  • 12. Un oggetto bizzarro, inizialmente usato quasi con vergogna ma ultimamente sempre più spesso ostentato. Perché scegliere la sigaretta elettronica? Aiuta davvero a smettere di fumare? Umberto Veronesi, famoso oncologo italiano e nel recente passato Ministro della Salute, non ha dubbi: non più tardi del Novembre del 2013 ha ribadito durante un intervento riportato su “Salute 24” che grazie all’uso di questo dispositivo sarebbe possibile salvare fino a trentamila vite all'anno solamente in Italia. Ma come? La sigaretta elettronica non prevede per il suo funzionamento la combustione di carta e tabacco evitando al fumatore l’inalazione di fino a tredici composti cancerogeni. Non essendo quindi contenuti nei vapori emessi residui come catrame, benzene e idrocarburi policiclici aromatici, i rischi per la salute sembrano davvero molto limitati. Di contro, non esistono grossi studi sulla tossicità ma anche sulla completa innocuità delle sostanze contenute nelle cartucce di ricarica di questo dispositivo o che si producono durante l’uso dello stesso: si tratta in prevalenza di vapore acqueo, ma anche glicole propilenico, glicerina, aromi naturarli e ovviamente nicotina (contenuta anche nelle sigarette tradizionali e che crea dipendenza). La LIAF, Lega Italiana Anti Fumo, in collaborazione con l’Università di Catania, ha intrapreso nel 2010 uno studio sulle sigarette elettroniche con risultati preliminari tanto incoraggianti da portare ad una petizione che ha raccolto in poche settimane più di seimila adesioni con lo scopo di ottenere dal Ministero della Salute un allentamento di tassazione e restrizioni per non sfavorire l’uso di questo dispositivo. Una posizione molto netta nata dalla considerazione che l’e­ cig potrebbe davvero essere un valido aiuto per smettere di fumare: con una riduzione graduale della nicotina contenuta nella cartuccia di ricarica si potrebbe far fronte alla dipendenza fisica dalla sostanza senza dover contestualmente combattere anche la dipendenza psicologica determinata dai tipici gesti abitudinari e dalla sensazione di fumo nei polmoni. E tutto questo azzerando i rischi e il fastidio del fumo passivo. Ma è davvero tutto così semplice? Perché i tecnici dei governi di gran parte del pianeta sono così restii a dare il via libera all’uso di questi dispositivi? E-cig: la vera arma di difesa dai danni Scienza & Tecnologia Molti sospettano che sia solo dovuto alle pressioni delle multinazionali del tabacco che potrebbero veder calare drasticamente i loro introiti. In realtà la sigaretta elettronica diventa un “nemico” nel momento in cui viene utilizzata come sostituto della sigaretta tradizionale: la legge italiana vieta severamente il fumo nei luoghi pubblici e sono sempre più i giovani e giovanissimi che adoperano questo nuovo strumento col solo scopo di aggirare queste norme, finendo per fumare ancora di più! Inoltre, sono molte le persone che cercano rifugio nella e­ cig per evitare le sostanze cancerogene presenti nelle sigarette, ma ben poche sono coloro che raggiungono l’obiettivo prefissato. Forse per abbandonare questo vizio è sufficiente “solamente” grande impegno e ferma volontà. C’è chi ci è riuscito leggendo un libro, o solo per la necessità di risparmiare dei soldi. Una cosa è certa: il miglior modo per smettere è… NON COMINCIARE!!! Claudia Carella derivanti dal fumo? 12
  • 13. E­Cig: is it the real weapon of defence against damages caused by smoking? A bizarre object initially used with some embarrassment, but lately it has been used more and more with pride. Why choose the electronic cigarette? Can e­cig really help you quit smoking? Umberto Veronesi, a famous Italian oncologist and a Minister of Health in the recent past, has no doubts, in fact, not later than November 2013, during a speech reported by “Salute24” magazine he said that through the use of this device you can save up to thirty lives a year in Italy, but how? The electronic cigarette does not require the combustion of paper and tobacco to work and this avoids inhalation of up to thirteen carcinogenic compounds found in the smoke. Since the vapours emitted from e­cigarette do not contained residues such as tar, benzene and polycyclic aromatic hydrocarbons, the health risks seem very limited. In contrast, there are no large studies on the toxicity but also on the complete safety of the substances contained in the refill cartridges of this device or produced by the same one: it is mainly water vapour, but also propylene glycol, glycerine, natural aromas and of course nicotine (which is also contained in traditional cigarettes and causes dependence). The LIAF, Italian Anti Smoking League, in collaboration with the University of Catania, conducted a study on electronic cigarettes in 2010 with encouraging preliminary results. This has led to a petition that has collected more than six thousand adhesions in a few weeks with the aim of loosening tax and restrictions on the use of this device from the Ministry of Health. A very clear position born from the consideration that the e­cig could really be a great help to stop smoking: with a gradual reduction of nicotine in the cartridge refill you could cope with the physical dependence on the substance without even having to fight the same psychological dependence determined by the common gestures and the good feeling of smoking, and all this without any risks and discomfort of passive smoking. But is it really so simple? Why are most government officials of the world so reluctant to give the green light to the use of these devices? Many people suspect that it is only due to pressure from tobacco companies which could see their revenues decline drastically. The electronic cigarette actually becomes an "enemy" when it is used as a substitute for the traditional cigarette. Italian law strictly prohibits smoking in public places and are more and more the young and the very young that use this new device with the sole purpose of circumventing these rules, ending up by smoking even more! In addition, there are many people who are smoking e­cig to avoid carcinogenic substances found in cigarettes, but only few people can really reach the set goal. For giving up this habit of smoking, maybe it is "just" enough great commitment and determination. There are people who achieved their goal to stop smoking by reading a book or just because they need to save money. One thing is certain: the best way to quit smoking is ... DO NOT START! 13
  • 14. I dati Istat pubblicati nell’Aprile 2012 parlano chiaro. La situazione nel nostro paese è allarmante: la percentuale di adolescenti che assumono bevande alcoliche sta crescendo notevolmente e una nuova, pericolosa “moda” mette a rischio la salute di questi ragazzi ancora in fase di crescita. Si tratta del Binge Drinking (termine inglese, che può letteralmente tradursi come “bere per ubriacarsi”): la sfida consiste nell’assumere cinque o più bevande alcoliche in un tempo prestabilito in modo tale da provocare ubriachezza il più rapidamente possibile. Il fenomeno è estremamente diffuso tra i giovani (18­24 anni): il 14,8% di questa fetta di popolazione (20,1% dei maschi e 9,1% delle femmine) si “diletta” con questo passatempo, per lo più durante momenti di socializzazione Binge drinking: pericolo giovani Scienza & Salute Roberta Faccilongo all’interno di discoteche (il dato diventa il 30,5% in questo caso) e altri luoghi di incontro, bevendo a volte fino ad arrivare all’intossicazione alcolica. Spesso anche il comportamento non moderato dei genitori influenza i figli. Il rapporto Istat “L’uso e l’abuso di alcol in Italia” riporta infatti che “il 17,4% dei ragazzi di 11­17 anni che vivono in famiglie dove almeno un genitore adotta comportamenti a rischio nel consumo di alcol ha anch'esso abitudini alcoliche non moderate, mentre tale quota scende al 9,2% tra i giovani che vivono con genitori che non bevono o che bevono in maniera moderata”. Una bella differenza. Ma qual è la posizione delle istituzioni di fronte a questi numeri così preoccupanti? Il Ministero della Salute, riprendendo le indicazioni dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda la totale astensione dal consumo di alcol per i ragazzi al di sotto dei 16 anni di età: i risultati della ricerca scientifica ci dicono infatti che chi inizia a bere troppo presto ha un rischio quattro volte maggiore di sviluppare alcol­dipendenza in età adulta rispetto a chi inizia non prima dei 21 anni. Questo significa che i comportamenti di consumo diffusi tra i giovani potrebbero avere gravi implicazioni sia in ambito sanitario che in quello sociale. L’alcol infatti, come tutti sappiamo, fa male: danni al fegato, al sistema nervoso, allo stomaco. In particolare i sintomi derivanti da pratiche pericolose e ripetute come il Binge Drinking comprendono anche problemi di apprendimento, concentrazione e memoria, senza contare le disfunzioni renali e cardiache strettamente legate al consumo di dosi eccessive di etanolo e i cosiddetti effetti secondari provocati dall’ubriachezza, come ad esempio un aumento della frequenza di incidenti stradali mortali. Dal punto di vista legislativo, in Italia si è cercato di risolvere questo problema con la legge n. 189 dell’8 novembre 2012 che stabilisce il divieto assoluto di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche ai minori di 18 anni e l’obbligo di richiedere il documento di identità per accertare l’età dell’acquirente. Ma i frequenti episodi legati alla pratica del Binge Drinking suggeriscono che questo non basta. E’ quindi necessario agire anche su altri fronti, con attività di informazione nelle scuole, o anche conducendo inchieste specifiche sul fenomeno, convincendo i giovani ad accettare terapie individuali o in gruppo, incoraggiando attività ricreative sane e prevedendo specifici programmi educativi. A quanto pare c’è ancora tanto lavoro da fare. 14
  • 15. Binge drinking: youth risk behaviour ISTAT data published in April 2012 are very clear. The situation in our country is alarming: the percent of adolescents drinking alcoholic beverages is growing considerably and a new dangerous “trend” puts these young people, who are still growing, at risk of health problems. This is the binge drinking (English term which can be translated literally as “drinking to get drunk”). The “challenge” consists of consuming five or more alcoholic drinks over a specified period of time so that you get drunk quickly. This phenomenon is very common among the youth aged 18­24 years: 14.8% of this segment of population (males = 20.1%, females = 9.1%) enjoy doing this pastime, especially when they socialize with others in pubs (the datum rises to 30.5% in this case) and in other meeting places where they are drinking to intoxication. Often heavy drinking among parents can also influence their children. The ISTAT­ report on “The use and abuse of alcohol in Italy” shows that 17.4% of children aged 11­17 who live in households where at least one parent exhibits excessive use of alcohol may not be able to maintain moderate drinking habits, whereas the percent drops to 9.2% among young people living with parents who do not drink or who drink in moderation”. A big difference! But what is the position of the government officials about these so alarming numbers? The Ministry of Health, following the directions of the WHO (World Health Organization), recommends total abstention from alcohol consumption for adolescents up to 15 years. The results of scientific research show that people who start drinking before the age of 15 are four times more likely to develop alcohol dependence in adulthood compared to those who do not begin drinking before the age of 21. This means that the widespread alcohol use among teens can have serious implications for both health care and social spheres. As we all know, alcohol can cause damages to liver, nervous system and stomach. In particular, the symptoms resulting from repeated and dangerous practices such as binge drinking also include learning problems, memory and concentration, not to mention kidney and cardiac dysfunctions closely associated to the excessive alcohol consumption and the so­called secondary effects caused by drunkenness such as the increasing frequency of fatal road accidents. From the legislative point of view in Italy we have tried to solve this problem with the law No. 189 of 8 November 2012 that established the absolute prohibition of the sale and service of alcoholic beverages to persons under 18 years of age and the obligation to require identification card to determine the age of the purchaser. But the frequent problems related to the practice of binge drinking suggest that this is not enough. It is therefore necessary to find other ways, such as information activities in schools, or even conducting specific surveys on this phenomenon and try to convince young people to attend individual and group therapy, encouraging recreational activities and providing specific educational programs. It seems that there is still much work to be done. 15
  • 16. I panda giganti sono orsi inconfondibili che vivono in Cina e sono caratterizzati dal pelo bianco e nero. Sono animali teneri, dolci ma, soprattutto, sono a rischio d’estinzione, minacciati dalla mancanza di cibo e dalla caccia da parte dei bracconieri. Proprio per questo motivo il naturalista Sir Peter Scott li ha scelti come simbolo del WWF. Tempo fa era facile trovarli in zone di pianura, ma, a causa di agricoltura, disboscamento, e sviluppi urbani, 1600 "reduci" sono oggi costretti a vivere in montagna (la maggior parte risiede nei pressi delle città montuose della Cina centrale), mentre circa 300 esemplari trascorrono la loro esistenza negli zoo. I panda: amici bianchi e neri Scienza & Natura A causa dell’ingordigia dell’uomo, però, le foreste di bambù stanno scomparendo e ciò rappresenta un grande problema per i nostri amici che si nutrono tutto il giorno principalmente di questo alimento, arrivando a pesare oltre i 100 Kg. Per capire quanto siano golosi basti pensare che, nascosti tra i grandi alberi, sono capaci di pranzi lunghi anche 14 ore, e senza smettere mai di masticare! Ma c’è un’importante novità che potrebbe risolvere ogni problema: recentemente si è ipotizzato che i panda possano avere una passione per lo zucchero e per alcuni dolcificanti naturali. Un nuovo studio dei ricercatori del Monell Center di Philadelphia e pubblicato su PlosOne, ci ha permesso infatti di scoprire “l’amore” per i dolci, da parte di questi grossi orsacchiotti bianchi e neri dall’aspetto un po’ buffo, sottoponendo un gruppo di loro, nello Shaanxi Wild Animal Rescue and Research Center, ad un curioso esperimento che consisteva nel proporre alcune ciotole contenenti acqua e altre soluzioni miscelate con zuccheri naturali come fruttosio, galattosio, glucosio, lattosio, maltosio e saccarosio. Tutti i panda hanno preferito la seconda proposta evidenziando la preferenza per fruttosio e saccarosio. Tutta questa dolcezza (ma soprattutto la disponibilità di cibo) potrebbe migliorare le “capacità relazionali” di questi animali. Il nostro amico infatti non è molto socievole, anzi ha la fama di essere un timidone, raramente va in cerca dei suoi simili e, se lo fa, è solo quando deve cercare moglie. Sembrano animali docili e indifesi ma l'apparenza inganna: sono orsi, sotto il pelo morbido nascondono muscoli davvero potenti, i loro soffici zamponi coprono artigli più affilati di tigri e leoni e il loro tenero musetto cela una serie di zanne capaci di staccare una zampa ad altri simili. Quindi, se uno di loro ti chiede di dargli il bambù, tu dagli del bambù, e fallo in fretta: con i panda non si scherza! Valeria De Palo 16
  • 17. Giant Pandas: our black & white friends The giant pandas with an unmistakable black and white fur pattern are bears that live in China. They are animals with a peaceful attitude, but especially are also in danger of extinction due to lack of food and poaching. For this reason the naturalist Sir Peter Scott has chosen them as a symbol of WWF. They once lived in lowland areas but, due to farming, deforestation and urban development, the giant pandas have been forced to dwell in the mountains. Today, 1,600 specimens live in the mountains, most of them living in the mountains of central China, while around 300 others live in zoos. Because of the greed of man, however, the bamboo forests are disappearing and this is a big problem for our friends who are eating mainly this food all day and can weigh more than 100Kg. To understand how they are gluttonous, just think that they are capable of eating for fourteen hours a day hidden among the tall trees and without stopping to chew! But there is an important piece of news that could solve every problem: recently it was assumed that the pandas can have a passion for sweets and for some natural sweeteners. A new study by researchers at the Monell Center in Philadelphia and published in Plos One, has allowed us to discover the "love" for sweets by these big blacks and whites teddy bears with a funny looking. A group of them was subjected to a curious experiment at Shaanxi Wild Animal Rescue and Research Center. The experiment consisted of giving them some bowls containing water and others with solutions mixed with natural sugars such as fructose, galactose, glucose, lactose, maltose and sucrose. All the pandas have preferred the second choice highlighting the preference for fructose and sucrose. All this sweetness (but especially the availability of food) could improve the "interpersonal skills" of these animals. Our friend is, in fact, not very sociable, indeed it has the reputation of being a very timid animal, rarely it goes searching for its own kind and, if it does, it is only when it has to find a female panda. They appear docile and helpless animals, but appearances can be deceptive, in fact, they are bears and under their soft fur they hide very powerful muscles, their soft paws cover claws sharper than those of lions and tigers, and their sweet little snout hide large teeth capable of biting a paw off of their own kind. So if one of them asks you to give it bamboo, let's give it, and do it quickly: do not mess with the panda! 17
  • 18. "Nuoce gravemente alla salute" Scienza & Tecnologia Enrica Romito Il cellulare è diventato un oggetto indispensabile nella nostra quotidianità e ormai molte delle nostre azioni sono possibili solo grazie all’uso questo dispositivo. Non tutti sanno però che questo strumento emette radiazioni potenzialmente dannose nella fascia di frequenza compresa fra 900 MHz e 2.4 GHz, molto vicina a quella dei forni a microonde. Per la precisione i cellulari, inclusi quelli di nuova generazione, sono delle vere e proprie sorgenti di campi elettromagnetici che sembra abbiano la capacità di influenzare alcune reazioni chimiche alla base delle normali funzioni fisiologiche umane. Sono molti gli scienziati che hanno investigato negli ultimi anni sui possibili effetti della radiazione della telefonia mobile. Nel Regno Unito, un’ampia indagine fra il 2000 e il 2004 all’interno di un progetto denominato Interphone e basata sulla osservazione di 966 pazienti con glioma, ha permesso di escludere una correlazione fra l’uso di questi dispositivi e l’insorgenza della patologia. Anche uno studio più recente denominato “Emerging and Newly Identified Health Risks (SCENIHR)” e pubblicato nel 2007 dalla Commissione Europea ha portato alla conclusione che non si rilevavano significativi effetti nocivi per un livello normale di esposizione. Altre ricerche, invece, hanno suggerito che le emissioni da cellulare potrebbero causare disturbi di diverso tipo al nervo cocleare. Un gruppo di scienziati dell’Università di Verona ha dimostrato che l’esposizione diretta ai campi elettromagnetici emessi da terminale mobile provoca infatti una variazione significativa dei potenziali d’azione nella zona dell’orecchio (CNAPs) rispetto a ciò che avviene fisiologicamente. La ricerca è stata pubblicata nel 2011 sulla prestigiosa rivista Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry. Nulla quindi sembra certo. Ma come affrontano il problema gli organismi governativi, che dovrebbero tutelare la salute della popolazione? L’ISS (Istituto Superiore della Sanità) afferma a questo proposito che “è stata avanzata l’ipotesi che l’esposizione a campi di intensità inferiore alle soglie per l’insorgenza di effetti acuti, soprattutto se cronica, possa causare malattie degenerative ed in particolare il cancro (effetti a lungo termine)”. Al momento possiamo quindi solo immaginare cosa potrebbe succedere continuando a tenere il cellulare nelle estreme vicinanze al nostro cervello per tante ore al giorno. Fiorenzo Marinelli, ricercatore dell’Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Bologna, in una intervista al fattoquotidiano.it propone di inserire su tutti i telefonini l'indicazione: “Nuoce gravemente alla salute”, facendo riferimento all’allarme lanciato dalla IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), che nel Maggio 2011 ha classificato le radiofrequenze nella classe 2B, che corrisponde alla frase di rischio “possibili cancerogeni per l’uomo”. Ecco perché la Wien Medical Association ha deciso di metterci in guardia postulando queste dieci “regole igieniche” nell’utilizzo del cellulare: ­ preferire modelli con antenne esterne; ­ telefonare raramente ed il più brevemente possibile; ­ durante la comunicazione tenersi a qualche metro di distanza dalle altre persone; ­ fare attenzione agli auricolari: il filo ha un effetto conduttore per l'irradiamento; ­ non tenere il cellulare a diretto contatto col proprio corpo quando non lo si usa; ­ non telefonare in auto, bus e treno: qui l'irradiamento è molto più potente; ­ non inviare SMS o navigare nel web mentre si è alla guida; ­ spegnere sempre il dispositivo durante la notte; ­ non utilizzare il telefono per scattare fotografie o giocare; ­ evitare l’utilizzo in luoghi con scarso segnale come gli ascensori. Indicazioni banali ma, a dire il vero, difficilissime da rispettare per veri e propri “dipendenti” dal telefono. Alla fine riusciremo davvero a limitare l’utilizzo del nostro caro amico cellulare? Saremo capaci di adoperarlo con le giuste precauzioni e prevenire i possibili danni permanenti? A noi la scelta. 18
  • 19. “Mobile Phones can seriously damage your health” The mobile phone has become an indispensable item in our daily lives and now many of our actions are only possible thanks to this device. But not everyone knows that this device emits potentially harmful radiations in the frequency range 900 MHz to 2.4 GHz, which is similar to that used by microwave ovens. Precisely mobile phones, including those of the new generation, are the real sources of electromagnetic fields which can have an influence on some basic chemical reactions of human physiology. Many scientists have investigated the possible effects of mobile phone radiation. In the United Kingdom, an extensive survey between 2000 and 2004 in a project called Interphone, based on the observation of 966 patients with glioma, allowed us to exclude a correlation between the use of mobile devices and the onset of the disease. Moreover, a more recent study, entitled "Emerging and Newly Identified Health Risks (SCENIHR)" and published by a European Commission in 2007, concluded that there are no significant adverse effects on a normal level of exposure (1). Other researches have suggested instead that the emissions from mobile phone could cause different types of problems to the cochlear nerve. A group of scientists from the University of Verona demonstrated that direct exposure to electromagnetic fields emitted by mobile terminal causes significant changes in cochlear nerve action potentials (CNAPs). The research was published in 2011 in the prestigious journal “Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry”. Thus, nothing seems certain. But how does the government deal with this problem since it should protect the health of the population? The ISS (National Institute of Health) states in this regard that "it has been suggested that exposure to fields of intensity lower than the threshold for the onset of acute effects, especially if chronic exposure, can cause degenerative diseases and especially cancer (long­term effects)." At the moment we can only imagine what might happen then continuing to hold the mobile phone so close to our brains for so many hours a day. Fiorenzo Marinelli , researcher at the Institute of Molecular Genetics of the National Research Council in Bologna, in an interview with fattoquotidiano.it proposes to put a health warning on mobile phones ­ "Mobile Phones can seriously damage your health," referring to the alarm raised by the I.A.R.C. (International Agency for Research on Cancer). On May 31, 2011, the I.A.R.C. has classified radio frequencies electromagnetic fields as “possibly carcinogenic to humans” (Group 2B), based on an increased risk for glioma, a malignant type of brain cancer associated with wireless phone use. That's why the Vienna Medical Association has decided to warn people proposing these ten “hygiene rules” when using the mobile phone: ­ Prefer buying a new mobile with an external antenna; ­ Phone as little and briefly as possible; ­ During conversation, keep within several meters' distance of other persons; ­ Head­sets are not inoffensive. The wire acts as a conductor of radiation; ­ Do not carry your mobile close to your body (such as chest or trouser pocket); ­ Never phone in car, bus or train; radiation is stronger; ­ Do not SMS or web surfing while you are driving; ­ Always switch your mobile off during the night; ­ Do not take photographs or play game on a mobile; ­ Avoid using mobile in places with poor reception such as cellars or lifts. They are banal indications but, in truth, they are very hard to follow especially for people who are too “dependent” on the phone. Finally, can we really limit the use of our dear friend cell phone? Will we be able to use it with the right precautions and prevent possible permanent damages? The choice is ours! 19
  • 20. La spesa sanitaria pubblica stimata nel 2012, è stata di circa 111 miliardi di euro, pari al 7 % del Pil e a 1867 euro annui per abitante, molto inferiore a quella di altri importanti paesi europei ma comunque non certo trascurabile, soprattutto in tempi di crisi. Una delle vie individuate dal Ministero della Salute per ridurre questi numeri importanti è promuovere e migliorare la qualità della vita dei cittadini attraverso l’uso di una corretta alimentazione. Cambiare in meglio alcune abitudini permetterebbe, infatti, di diminuire il rischio di contrarre le cosiddette “patologie del benessere”, oltre ad aumentare la fiducia in noi stessi. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha infatti rilevato che circa un terzo delle malattie cardiovascolari e dei tumori possono essere, in questo modo, prevenuti. E sarebbe un gran traguardo, dato che si stima che nei Paesi Occidentali siano circa 3 milioni le persone morte ogni anno a causa di queste patologie. Guardando all’Italia, secondo dati ISTAT, è altissima la percentuale di persone affette da almeno una malattia cronica (per alcune fasce d’età si sfiora il 40% del totale), 1.500.000 quelle con disturbi cardiovascolari e più di 1.150.000 i ricoveri annuali. Ma nella pratica come possiamo intervenire? Il Ministero della Salute sul suo sito internet consiglia di assumere nel corso della giornata una quantità di calorie moderata e in proporzioni ben definite: 25% calorie totali da grassi (di cui non più del 7­8% derivanti da grassi saturi), 50% da carboidrati (con alto contenuto di fibre) e 25% da proteine, specialmente di origine vegetale. Questo modo di nutrirsi si ispira a qualcosa a noi molto familiare: la Dieta Mediterranea. Nata dalla combinazione delle tradizioni delle popolazioni del sud dell’Europa, dei paesi orientali e dell'Africa settentrionale, si tratta di un modello nutrizionale a piramide, che prevede un’alimentazione a base di pane, pasta, legumi, olio di oliva, verdure, formaggio, frutta e vino, e va associata ad una sana attività fisica. Il 17 Novembre 2010, dopo numerose ricerche e valutazioni, il comitato intergovernativo dell’UNESCO ha definito questo vero e proprio stile di vita “patrimonio immateriale dell’Umanità” e, anche se alcune associazioni territoriali rivendicano il fatto che la vera Dieta Mediterranea sia solo Farmaci vs Dieta Scienza & Salute quella derivata dalle abitudini alimentari della parte meridionale della nostra penisola, in particolare da quelle della popolazione del Cilento, tutta l’Italia va fiera di questo riconoscimento. Ma possiamo dire di alimentarci davvero bene come spesso sosteniamo discutendo con amici stranieri? In realtà già nel 2009, uno studio realizzato dall’Osservatorio Nutrizionale e sugli Stili di Vita Grana Padano (OGP) evidenziava come, per un italiano su quattro, la maggior parte dell’apporto calorico quotidiano derivasse da alimenti non inclusi nella “piramide”. Che sia vero o no una cosa pare certa: come anche l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) ha dimostrato, la Dieta Mediterranea è l’unico modello nutrizionale equilibrato, adatto a tutti e capace di ridurre il rischio di malattie del benessere e tumori. E allora perché spendere soldi in farmaci se è possibile migliorare la propria salute semplicemente cambiando il proprio stile di vita? Domenica Mancini 20
  • 21. Health: Diet vs Drugs Public health care expenditure in Italy in 2012 was about 111 billion­euro, equal to 7.0 % of GDP and 1867 euro per year per­capita , much lower than that of other major European countries, but certainly not negligible , especially in times of crisis. One of the ways identified by the Ministry of Health to reduce these numbers is to improve the quality of life of citizens through the use of proper nutrition. Changing your eating habits for the better would reduce the risk of so­called “diseases of affluence” as well as would increase self­confidence. The WHO, World Health Organization , found that about one­third of cardiovascular disease and cancer can be reduced by this way. In Western countries, an estimated 3 million people die every year due to these diseases. In Italy, according to ISTAT data, the percentage of people with at least one chronic disease is very high (for certain age groups it is almost 40% of the total), there are approximately 1,500,000 people suffering from cardiovascular disease and more than 1,150,000 annual hospitalizations. But in practice, how can we intervene? The Ministry of Health on its website recommends taking moderate quantity of calories during the day and in well­ defined proportions: 25% fat (not more than 7­8 % saturated fat), 50 % carbohydrates (with high fiber content) and 25 % proteins, especially vegetable origin. This way of eating is based on something very familiar to us: the Mediterranean diet. It was born from the combination of the food traditions of the peoples of southern Europe, eastern and northern Africa. It is a nutritional pyramid model that includes a diet based on bread, pasta, legumes, olive oil, vegetables with a little cheese, fruit and wine, associated with physical activity. After extensive research and evaluations, the Intergovernmental Committee of UNESCO defined on 17 November 2010 this real lifestyle “Intangible Heritage of Humanity”, and although some local associations claim that the true Mediterranean diet is only one derived from the eating habits of southern Italy, in particular from Cilento peoples, the whole Italian people is proud of this recognition. But, can we truly say that we eat healthy as we often argue with foreign friends? In fact, a study conducted by the Centre on Nutrition and Lifestyles "Grana Padano" ( PDO ) in 2009 showed that, for one out of four Italians, most of the daily caloric intake came from foods not included in the " pyramid". But whether this is true or not, it seems certain that a study conducted by the National Research Institute for Food and Nutrition (INRAN) has shown that the Mediterranean diet is the only nutritional model of balanced diet suitable for everyone and able to reduce the risk of cancer and diseases of affluence. So why spend money on drugs if you can improve your health simply by changing your lifestyle? 21
  • 22. Assassino subacqueo Scienza & Natura L’ambiente marino è un luogo affascinante e particolare, ospita innumerevoli esseri viventi e presenta paesaggi naturali spettacolari. Tuttavia queste caratteristiche sono accompagnate da molti pericoli nascosti. Fra tutti gli organismi marini velenosi il più curioso e apparentemente innocuo è una cubomedusa, la Chironex fleckeri o vespa di mare, che molti definiscono come l’animale acquatico più letale al mondo. Questo pericoloso essere vive nelle acque tropicali della Nuova Guinea, ma gli ultimi avvistamenti sono avvenuti sulle coste australiane e in questo territorio è stato calcolato il numero maggiore di vittime. La vespa di mare è dotata di circa sessanta tentacoli che possono superare i tre metri di lunghezza e di una cupola che spesso raggiunge i trenta centimetri di diametro. Il peso totale di un esemplare adulto arriva anche a due chilogrammi. Sembra impossibile sfuggire allo sguardo di questo killer marino: rispetto ad altre meduse, infatti, dispone di ben quattro fasci oculari con ventiquattro occhi, ciascuno dotato di iride, cornea e retina. Quando la Chironex fleckeri attacca una vittima, i suoi tentacoli perforano la pelle fino a un millimetro di profondità. Il veleno, composto da una miscela complessa che include diverse catecolamine e varie altre tossine di natura peptidica, raggiunge l’epidermide ed entra in circolo nei vasi sanguigni attraverso decine di migliaia di nematocisti. I sintomi principali e immediati sono dolore intenso e forte bruciore cutaneo. Essi aumentano a seconda della superficie colpita. Le conseguenze all’attacco della vespa di mare sono principalmente danni al sistema nervoso, difficoltà respiratoria ed infine l’arresto cardiaco. Questo organismo caccia di giorno mentre di notte resta immobile in acque poco profonde nutrendosi tutto il tempo di particelle organiche e piccoli pesci. Il suo corpo è impossibile da individuare nuotando di giorno, poiché è semi­trasparente ed è difficile da seminare perché è in grado di raggiungere velocità sostenute (fino a otto chilometri all’ora!). È sicuramente difficile sopravvivere all’attacco della Chironex fleckeri, eppure una bambina di soli dieci anni che ha avuto un incontro molto ravvicinato con un esemplare adulto è ancora qui a raccontarci la sua storia. Rachael Shardlow di Brisbane è stata attaccata da una vespa di mare nel fiume Calliope in Australia nel 2010: i tentacoli hanno avvolto entrambe le gambe e se non fosse stata in compagnia di suo fratello, che è riuscito a portarla a riva, sarebbe morta. Racheal è stata ricoverata in ospedale per sei settimane. I dottori che hanno studiato il caso lo considerano un vero e proprio miracolo: al di là delle cicatrici sulle gambe e un grande spavento la bambina non ha riportato alcun danno permanente. Per quanto si cerchi di comprendere le condizioni più favorevoli per l’azione della vespa di mare, in alcune zone del nuovissimo continente sembra davvero impossibile prevenire un attacco di questo assassino subacqueo... il mio consiglio quindi è: se sei in Australia pensaci due volte prima di fare un bagno! Graziella D'aniello 22
  • 23. Underwater killer Marine world is a fascinating and particular environment. It harbours innumerable living beings and has spectacular natural views. However, these features are accompanied by many hidden dangers. Among the marine venomous organisms, the strangest and apparently harmless is the Chironex fleckeri, commonly known as sea wasp, a species of box jellyfish, which has been described as the most lethal jellyfish in the world. This dangerous creature lives in tropical waters from New Guinea, although it was recently found in coastal waters in Australia where it was calculated the greatest number of victims. A fully grown box jellyfish measures up to 30 cm in diameter, and it has almost 60 tentacles which can grow up to 3 m in length. Its weight can reach 2 kg. It seems impossible to avoid looking at this ocean killer. In fact, it has four eye­clusters with twenty­four eyes complete with iris, cornea and retina compared to other jellyfishes. When a victim is stung by a Chironex fleckeri, its tentacles can penetrate human skin to a depth of 1 mm. The venom, composed by a complex mixture of different catecholamines and various other peptide toxins, reaches the epidermis and enters bloodstream through tens of thousands of nematocysts. The main symptoms are immediate intense pain and skin burning sensation. They increase depending on the area affected. The consequences of stings from sea wasp are especially damages to the nervous system, breathing difficulty and finally cardiac arrest. This organism is usually hunting in the morning, whereas in the night it stays motionless in shallow water feeding on organic particles and small fishes. It is impossible to see its body when you are swimming in the morning because it is semi­transparent, and it is really hard leaving it behind because it is capable of achieving speeds of up to 4 knots (7.4 km/h). It is certainly difficult to survive an attack of Chironex fleckeri, but a 10­year old girl who had a very close encounter with an adult specimen is still alive to tell her story. Rachael Shardlow from Brisbane, Australia, was stung by a sea wasp in the Calliope River in Australia in 2010. The tentacles wrapped around both her limbs, and if it wasn’t for her brother, who pulled her onto the riverbank, she would have died. Rachael was hospitalized for six weeks. The doctors, who studied her case, considered it a miracle because beyond the scars on her limbs and a big scare, the girl had not any permanent damages. As far as you try to understand the most favourable conditions for the behaviour of sea wasp, in some areas of the new continent it seems really impossible to prevent an attack of this underwater killer. So, my advice is: if you are in Australia, you may want to think twice before you go swimming! 23
  • 24. Tutti (o quasi) sappiamo che la Terra presenta un'atmosfera formata essenzialmente da azoto, ossigeno ed altri gas in piccola quantità. Da alcuni decenni però l’aumento percentuale di anidride carbonica e metano ha dato origine al cosiddetto “effetto serra” e al conseguente incremento progressivo della temperatura media del nostro pianeta. Questo fenomeno è dovuto principalmente alla produzione dei gas­serra in seguito alle reazioni di combustione necessarie per le varie attività umane e principalmente utilizzate per creare energia. SOS pianeta Terra! Scienza & Ambiente Ivan Marzolla Se da un lato il progresso ha migliorato la qualità della nostra vita, dall’altro sono sempre maggiori le preoccupazioni degli esperti a proposito del conto che la natura ci potrebbe far pagare. Sono infatti sotto stretta osservazione fenomeni come lo scioglimento dei ghiacciai, il riscaldamento degli oceani, le onde di calore e siccità, la diffusione di malattie tropicali, incendi, inondazioni e altri disastri legati al clima. E questi avvenimenti potrebbero determinare ulteriori complicazioni. Nel caso, ad esempio, dello scioglimento dei ghiacciai, il conseguente innalzamento del livello del mare potrebbe provocare la distruzione di gran parte delle grandi città che sono sorte nel corso dei secoli nei pressi delle coste di tutto il mondo. Uno studio recente dei glaciologi dell’Università di Bristol prevede entro la fine di questo secolo la scomparsa di interi stati come l'Olanda, la Danimarca e la Florida, che verrebbero letteralmente sommersi; anche la foresta amazzonica sarebbe ricoperta dal mare e città come Venezia e Stoccolma non sarebbero più sulle nostre cartine geografiche. Uno scenario forse troppo pessimista ma comunque possibile. E nonostante i tanti avvertimenti il genere umano continua ad agire in maniera scellerata, compromettendo l'equilibrio della natura e andando incontro ad un futuro pieno di insidie. Il limite, purtroppo, sembra ormai essere vicino. Cosa potrebbe fare concretamente ognuno di noi per invertire questa pericolosa tendenza? Difficile dirlo, ma spesso anche piccoli gesti come spegnere un interruttore o differenziare un rifiuto possono essere utili a contribuire a salvaguardare la Terra e a farne un pianeta migliore per le generazioni future. 24
  • 25. SOS planet Earth Everybody (or almost everyone) knows that the Earth has an atmosphere composed mainly of nitrogen, oxygen and other gases in small quantities. For some decades now, however, the percentage increase of carbon dioxide and methane has caused the so­called “greenhouse effect” and the consequent progressive increase in the average temperature of our planet. This phenomenon is mainly due to the production of greenhouse gases after combustion reactions that are necessary for the various human activities and mainly used to produce energy. If, on the one hand, progress has improved the quality of our lives, on the other, experts reveal growing concerns about the price that Mother Nature would make us pay for this. In fact, phenomena such as melting glaciers, warming oceans, heat waves and drought, the spread of tropical diseases, fires, floods and other climate­related disasters are under close observation. And these events could cause further problems. In the case of melting glaciers, for instance, the resulting rise in sea level could cause the destruction of most of the major cities founded over the centuries along the coasts around the world. A recent study of the glaciologists at the University of Bristol has predicted the disappearance of entire countries like Holland, Denmark and Florida by the end of this century. These countries would be literally swamped, even the Amazon forest would be covered by the sea and cities like Venice and Stockholm would disappear. A scenario may be too pessimistic but still possible. And yet despite the many warnings, humankind continues to behave badly, compromising the balance of nature and going towards an uncertain future full of perils. Unfortunately, the limit seems quite close at hand. What can each of us do concretely to reverse this dangerous trend? It is hard to say, but often also small gestures like turning off a switch or differentiate refuse can help to protect the Earth and make it a better planet for future generations. 25
  • 26. Doping: sicuri che sia l'alternativa vincente? Scienza & Salute In tempi in cui l’Italia era affascinata dal mondo del ciclismo per le grandi imprese di Marco Pantani, forse il nostro più grande scalatore di sempre, il doping ha distrutto i sogni e la passione anche dei tifosi più accaniti. Eppure ci è stato insegnato che l'importante è partecipare. E allora perchè il ricorso a sostanze proibite? Un grande campione, un atleta scarso o un semplice sportivo della domenica si distinguono certamente per il loro talento, ma è molto importante anche l’allenamento, che “modella” i processi metabolici in modo da garantire le massime prestazioni agonistiche. E’ inutile negare però che il desiderio di ogni singolo essere umano sia di primeggiare sugli altri, anche spingendosi oltre il limite fisiologico. Il doping è un modo per farlo. Fra le pratiche più citate nei report dei laboratori di controllo troviamo l’uso di anabolizzanti, che attraverso l’accrescimento della massa muscolare migliorano forza fisica e resistenza, di stimolanti, che possono aumentare l’aggressività e diminuire la sensazione di sforzo, il ricorso a eritropoietina (EPO) e/o autotrasfusione, che puntano ad incrementare la conta di globuli rossi e il cosiddetto “doping genetico”, tecnica molto recente e ancora difficile da comprendere a fondo. Il doping è definito “cancro dello sport”: i suoi effetti sono devastanti per l’organismo. La fine regolazione di molti processi metabolici, infatti, è fortemente influenzata dall'uso di sostanze proibite. Non si tratta quindi solo di una questione di etica sportiva (anche se alla base di ogni competizione ci dovrebbe essere la lealtà): è dunque importante combattere questo fenomeno a livello internazionale, emanando delle leggi specifiche volte a limitare l’utilizzo di farmaci non consentiti. Con la legge 376 del 2000 in Italia si è fatto un importante passo in avanti con l’introduzione dell'utilizzo del doping nello sport fra i reati puniti dal codice di diritto penale. Ma fino a che punto è possibile spingersi senza “scivolare” nella pratica illecita? Certamente una normale alimentazione non è sufficiente a soddisfare il fabbisogno di un atleta ad alti livelli: per questo molti sportivi, amatori e professionisti, abitualmente assumono amminoacidi e proteine con lo scopo di facilitare il recupero a livello muscolare, oltre a sali minerali per integrare quanto perso con la sudorazione e carbogel per avere una fonte di energia (carboidrati semplici) subito a disposizione durante uno sforzo prolungato. Nulla di vietato dalla legge, ma è importante ricordare che l’uso eccessivo di questi integratori alimentari può risultare molto dannoso per la salute. Spesso il doping ha rovinato l’esistenza di sportivi famosi (come nel caso del già citato Marco Pantani), che hanno avuto l’unico “torto” di essere stati scoperti in periodi storici in cui gran parte degli atleti competevano aiutandosi con sostanze proibite. Viene da sé pensare che, se nessuno di questi le avesse usate, probabilmente i valori in campo sarebbero stati gli stessi. E ora non staremmo a rimpiangere questi campioni. Non ci resta che sperare in un futuro dello sport più pulito. La lezione sarà bastata? Alessandro De Frenza, Saverio Nicassio 26
  • 27. 27 Doping: are we sure it is the winning alternative? At a time in which Italy was fascinated by the world cycling for the great sport enterprises of Marco Pantani, perhaps our greatest climber ever, the doping has destroyed the dreams and the passion of more fierce fans. And yet we were taught that the important is to participate. So why is a sportsman using doping substances? A great champion, a mediocre athlete or a simple sportsman are distinguished certainly for their talent, but it is also very important the training which improves the metabolic processes in order to ensure maximum athletic performance. It is useless to deny, however, that the desire of every single human being is to excel over others, even beyond the physiological limit. Doping is a way to do it. Among the most common practices cited in reports of the anti­doping laboratories, we find the use of anabolic steroids, that through the growth of muscle mass improve physical strength and endurance, the use of stimulants which may increase the aggressiveness and reduces the feeling of effort, the use of erythropoietin (EPO) and/or autotransfusion, which aim at increasing red blood cell count and the so­called “genetic doping” which is very recent technique and still difficult to understand it. The doping is defined as the “cancer of sport”. The use of doping can have devastating effects on human body. In fact, the metabolic processes are strongly influenced by the use of “prohibit” substances. It is therefore not only a matter of ethics of sports, even though at the base of each competition there should be the loyalty, but it is also important to combat doping at international level by enacting laws designed to limit its use. With the law 376 of 2000, Italy has made an important step to combat the practice of doping in sports; in fact, its practice is among the “sporting offences” punished by the Criminal Code. But how far can you go without “slipping” into illegal practices? Certainly, a regular diet is not enough to meet the needs of a high­level athlete at the highest level. This is why many athletes, amateurs and professionals are usually taking amino acids and proteins in order to facilitate recovery of the muscles, as well as minerals to replace their loss through sweating and Carbogel as a source of energy (simple carbohydrates) that is immediately available during prolonged exercise. None of these is prohibited by law, but it is important to remember that an excessive use of these dietary supplements can be harmful to your health. Often doping has ruined the life of famous sportsmen (as in the case of the aforementioned Marco Pantani), who had the only “fault” to have been officially found out, especially in historic periods when most of the athletes competed with the help of prohibited substances. Well, you may imagine that if none of these had used these substances, probably their sports results would have been the same. And now we miss them and will not forget those champions. We just have to hope for a future of cleaner sports. Will the lesson be enough?
  • 28. Biologico o convenzionale? Scienza & Salute Negli ultimi anni si sta affermando sempre di più l’idea che gli alimenti biologici siano più sicuri e salutari rispetto a quelli ottenuti con tecniche di coltivazione convenzionali. Ma mettendo a confronto i risultati delle ricerche scientifiche questo non sembra essere sempre vero. Anzi, in alcuni casi si può addirittura affermare che gli svantaggi economici, ecologici e qualitativi superino i vantaggi. L’agricoltura biologica è un metodo di coltivazione che utilizza esclusivamente pesticidi naturali escludendo sostanze chimiche di sintesi. La filosofia alla base di queste metodiche è quella di preservare la fertilità del terreno utilizzando determinate tecniche agricole con lo scopo di non sfruttare in modo intensivo il suolo. L’agricoltura convenzionale, invece, è basata sull’uso di fitofarmaci, meccanizzazione, fertilizzanti, ingegneria genetica e altre tecnologie avanzate. Questo permette di sfruttare al massimo il territorio, diminuire le superfici coltivate e di conseguenza aumentare la produzione agricola e mantenere bassi i prezzi. Numerosi lavori scientifici in letteratura hanno come obiettivo il confronto fra i due metodi di coltivazione, cercando di evidenziare i pregi e i difetti delle due modalità di lavoro. Oltre che un ovvio abbassamento della resa dei terreni (fino al 25%, in base al tipo di coltura e alle condizioni ambientali), queste ricerche sembrano smontare definitivamente il “mito” che i prodotti biologici presentino valori nutrizionali in assoluto più alti. Infatti alcuni alimenti (i cereali ad esempio) sono risultati mediamente più poveri di proteine rispetto a quelli ottenuti con la coltivazione convenzionale. Ma non sempre questo è vero e il dibattito Giovanni Pellegrini, Alessandro Totaro fra gli esperti è ancora molto aperto. Una cosa però è certa: il mancato utilizzo di antiparassitari di origine sintetica potrebbe sicuramente rendere gli alimenti biologici più sani, ma questo non significa necessariamente che questi prodotti siano in assoluto più sicuri per il consumatore. Un importante campanello d’allarme è la presenza di micotossine, sostanze altamente pericolose come aflatossine e ocratossina A, prodotte da muffe che attaccano le colture in caso di particolari condizioni climatiche e in seguito a cattiva conservazione degli alimenti. Ovviamente (come la letteratura scientifica conferma) i prodotti biologici sono meno protetti da questo tipo di contaminazione. Queste considerazioni, però, non devono scoraggiare noi consumatori: l’agricoltura biologica è un importante strumento, protegge l’uomo dall’assunzione d alcunei sostanze tossiche e preserva l’impoverimento dei terreni. Ma dobbiamo imparare comunque tenere sempre gli occhi aperti. 28
  • 29. Is Organic food better than conventional food? In recent years, it is becoming more and more the idea that organic foods are healthier than those obtained with conventional cultivation methods. But if you compare the results of scientific research, this does not seem to be always true. Indeed, in some cases it can even be said that the economic, ecological and qualitative disadvantages are more than the advantages. Organic farming is a cultivation method that uses only natural pesticides excluding synthetic chemicals. The basic philosophy of these methods is to preserve the fertility of soil using certain agricultural techniques in order not to exploit the soil for intensive farming. Conventional agriculture is based, instead, on the use of pesticides, mechanization, fertilizers, genetic engineering and other advanced technologies. This allows you to exploit most of the land and decrease the area under cultivation and thereby increasing agricultural production and keeping low prices. Numerous scientific studies in the literature have as an objective a comparison between the two methods of cultivation, trying to highlight the strengths and weaknesses of the two farming methods. In addition to an obvious crop yield reduction (up to 25%, depending on the type of crop and environmental conditions), these studies seem to permanently demolish the “myth” that organic products have the very best nutritional values. In fact, some foods (for example, organic grains) were on average poorer in proteins than those obtained with the conventional farming. But this is not always true, and the debate among experts is still open. One thing is certain: the non­use of synthetic pesticides can certainly make organic food healthier, although this does not necessarily mean they are safer for the consumer. An important warning sign is the presence of micotoxins such as aflatoxins and ochratoxin A. They are harmful natural contaminants produced by molds or fungi that attack crops in particular climate conditions and as a result of poor storage of food. Obviously the organic products are less protected from this type of contamination as it is confirmed by the scientific literature. These considerations, however, should not discourage the consumer. Organic farming is an important tool that protects man from toxic chemicals and preserves the impoverishment of soils. But, we are keeping our eyes open! 29
  • 31. Progetto PON C1-FSE-2013-555: "Promuoviamo la scuola: la Rivista Scientifica" ITI-LS Guglielmo Marconi - Bari Docente esperto materie scientifiche, coordinamento attività redazione: Dott. Luca Piemontese Docente esperto lingua inglese: Dott.ssa Giacoma Girone Tutor: Prof. Vito Genco Studenti partecipanti/redazione: Claudia Carella (IVSA), Maurizio Ceo (IIISB), Angelo Cozzi (IVIA), Graziella D'Aniello (IISA), Alessandro De Frenza (IIISB), Valeria De Palo (IISA), Roberta Faccilongo (IIISB), Giovanni Greco (IISB), Domenica Mancini (IVSA), Ivan Marzolla (ISA), Saverio Nicassio (IIISB), Giovanni Pellegrini (IIISB), Valeria Radogna (IISB), Enrica Romito (IVSA), Benedetto Rutigliano (IISB), Alessandro Totaro (IIISB)