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Terza lezione: Regimi di tasso di cambio,Terza lezione: Regimi di tasso di cambio,
svalutazione e inflazionesvalutazione e inflazione
Relatore Filippo AbbateRelatore Filippo Abbate
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Il tasso di cambio e quotazione
La Bilancia dei Pagamenti e il tasso di cambio
Tassi di cambio e economia reale
www.memmt.info
Il tasso di cambio reale
I regimi dei tassi di cambio
Svalutazione e bilancia commerciale
Svalutazione e inflazione
La svalutazione
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Il tasso di cambio nominale è il prezzo di una valuta in termini di un’altra.
Questo prezzo può essere definito in due modi:
• il primo metodo, detto quotazione incerto per certo, definisce il tasso di cambio
come quantità di valuta nazionale scambiata per una unità di valuta estera.
Se ad esempio diciamo che il tasso di cambio £/$ = 1200 significa che 1200 £= 1 $
Il tasso di cambio nominale: Definizione e metodi di quotazione
• il secondo, detto quotazione certo per incerto, definisce il tasso di cambio come
quantità di valuta estera scambiata per una unità di valuta nazionale.
Se ad esempio diciamo che il tasso di cambio €/$ è oggi a 1,35 significa 1 € = 1.35 $
Si noti che mentre noi in Europa utilizziamo il metodo certo per incerto (1=x), il tasso
di cambio del dollaro verso le valute dei paesi emergenti si basa sul metodo
contrario, incerto per certo, ossia quante unità di valuta locale si ottengono in
cambio di un dollaro (x=1).
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Nel nostro sistema quindi, un aumento del tasso di cambio significa che la valuta
si
apprezza - con lo stesso euro compreremo una maggior quantità di dollari, mentre
nella quotazione incerto per certo un un aumento del tasso di cambio significa che
la valuta si deprezza.
certo per incerto
Quanti $ per 1 €
incerto per certo
Quante Lire per 1 Ecu/DM
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Come si determina il tasso di cambio
Il tasso di cambio è determinato dall'incontro della domanda e dell'offerta di valuta nel
mercato dei cambi, mercato chiamato Forex (Foreign Exchange Market).
La domanda e l'offerta di una valuta avviene in seguito al cambio da una valuta all'altra
necessario per effettuare gli scambi internazionali.
Ad ogni esportazione di merci corrisponde un cambio di valuta straniera con valuta
nazionale, al fine di pagare le merci del paese, e quindi un acquisto di valuta nazionale.
Ad ogni importazione di merci, viceversa, ci sarà una vendita di valuta nazionale per pagare le
importazioni in valuta straniera.
Quindi se il saldo degli scambi con l'estero è attivo, la forte domanda della valuta ne
spingerà in alto il prezzo. Viceversa, la valuta tenderà a perdere valore.
Ad ogni importazione di capitali corrisponde un cambio di valuta straniera con valuta
nazionale, al fine di pagare le attività finanziarie, e quindi un acquisto di valuta nazionale.
Ad ogni esportazione di capitali, ci sarà una vendita di valuta nazionale per pagare le attività
finanziarie in valuta straniera.
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Come si determina il tasso di cambio
Il tasso di cambio dipende, in definitiva dalla bilancia dei pagamenti di un paese, e in
particolare:
• dagli scambi commerciali: importazioni ed esportazioni di beni, compreso il turismo da un
paese all'altro;
• dagli investimenti finanziari (ad es.: acquisto di buoni del tesoro stranieri) - questo volume
di scambio è legato in particolar modo al livello del tasso di interesse che se alto attira
capitali alla ricerca di buoni rendimenti.
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La Bilancia dei Pagamenti registra tutti i movimenti
di valuta tra un paese e il resto del mondo.
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Ma se i pagamenti non sono in equilibrio, i
casi sono due:
1) c’è stato eccesso di domanda di
valuta nazionale (da parte di esportatori di
beni o importatori di capitali): e in questo
caso il cambio tenderà ad apprezzarsi;
2) c’è stato eccesso di offerta di valuta
nazionale (da parte di importatori di beni o
esportatori di capitali): e in questo caso il
cambio tenderà a deprezzarsi.
Lo scopo è quello di stabilire se il saldo fra pagamenti ricevuti e pagamenti
effettuati è positivo o negativo (o nullo).
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I SALDI INTERMEDI
Il saldo della bilancia dei pagamenti dipende, così, in particolare:
a) dal saldo del conto corrente e del conto capitale, che varia in
particolare in funzione di:
- fattori di competitività di prezzo, ossia del tasso di cambio reale;
- fattori di domanda, ovvero, livello di reddito interno ed esterno;
b) dal saldo dei movimenti di capitale (conto finanziario), che
dipende dal differenziale di interesse e dal premio per la
copertura
del tasso di cambio a termine (parità coperta dei tassi d'interesse).
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Esportazioni
17.930
Importazion
i 18.188
Totale 36.118
Commercio estero
mondiale 2012 (mld $)
http://www.wto.org/english/res_e/statis_e/its2013_e/its13_world_trade_dev_e.pdf
http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2010-12-18/monetario-mercato-4mila-miliardi-1
La maggior parte delle transazioni in valuta non è associata al
commercio internazionale, ma alla compravendita di attività
finanziarie.
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Media giornaliera scambi Forex April 2013 (mld $)
http://www.bis.org/publ/qtrpdf/r_qt1312e.htm
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La stragrande maggioranza delle transazioni internazionali
sul Forex, certamente oltre il 90% del volume totale non è
direttamente legato alle partite correnti.
Ne consegue che non vi è ragione per cui gli aggiustamenti
dei tassi di cambio dovrebbero eliminare gli squilibri di
partite correnti.
Il tasso di cambio è determinato dall'incontro della domanda
e dell'offerta di valuta sul Forex, pertanto il saldo del conto
corrente non riveste il ruolo principale nella determinazione
dello stesso.
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0,825
0,652
0,81
0,50
0,95
0,66
1,047
+ 24%
- 21%
- 38%
- 30%
+ 90%
+ 57%
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1,97
1,42
1,69
1,40
2,08
1,40
+ 19%
- 28%
- 17%
+ 48%
- 32%
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PercentualedelPIL
Saldo partite correnti Australia – Gran Bretagna (1990-2013)
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La stragrande maggioranza delle transazioni internazionali
sul Forex, certamente oltre il 90% del volume totale è
direttamente riconducibile alle transazioni di natura
finanziaria.
Ne consegue la domanda e l'offerta di una valuta dipende
prevalentemente dal differenziale di interesse e dal premio
per la copertura del tasso di cambio a termine.
Il tasso di cambio è determinato dall'incontro della domanda
e dell'offerta di valuta sul Forex, pertanto il contributo del
saldo del conto finanziario nella determinazione dello stesso
è prevalente.
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REGIMI DI CAMBIO
www.memmt.info 18
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A seconda delle circostanze, le autorità monetarie possono
preferire che il tasso di cambio segua liberamente le forze
della domanda e dell'offerta, oppure possono preferire che
esso non si allontani da un determinato valore.
Queste diverse possibilità di scelta si esprimono mediante
accordi tra autorità monetarie che danno vita al sistema
monetario internazionale.
REGIMI DI CAMBIO
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Il Fondo Monetario Internazionale classifica i regimi di cambio sulla base della loro
flessibilità e sulla presenza di impegni formali o informali a seguire un certo
andamento. In ordine crescente di flessibilità i regimi di cambio identificati sono:
Dollarizzazione: nel paese viene adottata una moneta emessa da un altro paese (in
genere il dollaro). E' un caso estremo di tasso di cambio fisso in cui la politica
monetaria è svolta dal paese estero.
Classificazione dei regimi di cambio
Currency Board: è un regime di cambio basato sull'istituzionalizzazione del vincolo
della politica monetaria (attraverso una legge speciale o l'inserimento nella
costituzione). Il currency board è un'autorità monetaria che si sostituisce o si
affianca alla Banca centrale ed emette valuta soltanto se questa e coperta da un
eguale ammontare di valuta estera alla quale la valuta domestica è legata da un
cambio fisso. L'operato della banca centrale del paese che adotta il currency board
è legato alla condotta della banca centrale del paese verso cui il tasso e stato
fissato (con conseguente perdita di autonomia della politica monetaria, Argentina
aprile 1991 - gennaio 2002).
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Tasso di cambio fisso (Peg): il tasso di cambio della valuta domestica è fissato ad
un'altra valuta (o ad un paniere di valute) e può oscillare in una banda piuttosto
limitata tra -/+ 1-2%. Non c'e alcun impegno legale a mantenere la parità
irrevocabilmente, ma la banca centrale si impegna a mantenere la parità centrale
attraverso interventi diretti (acquisto/vendita di valuta estera) o indiretti (manovre
sui tassi). La flessibilità della politica monetaria, benché limitata, è mantenuta,
soprattutto perché le “barriere all'uscita” sono deboli ed un paese può decidere di
abbandonare il tasso di cambio o modificare la parità (riallineamento). Si tratta in
genere di accordi unilaterali (un paese fissa la propria valuta ad una estera), ma
esistono anche accordi multilaterali (come lo SME).
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Crawling peg (parità strisciante): il tasso di cambio è ancora ancorato ad una
valuta (o ad un paniere di valute), ma la parità viene aggiustata periodicamente
(con variazioni ridotte) sulla base di alcuni indicatori prefissati, generalmente il
differenziale inflazionistico tra i due paesi.
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Fluttuazione all'interno di una banda: il tasso di cambio viene lasciato fluttuare
liberamente all'interno di una banda di oscillazione e la banca centrale
interviene solo quando il tasso di cambio si avvicina agli estremi. La parità
centrale e i margini possono essere fissi (target zone) o aggiustati
periodicamente sulla base di alcuni indicatori predeterminati (crawling bands).
Il grado di flessibilità del cambio dipende dall'ampiezza della banda.
Fluttuazione sporca (managed floating): l'autorità monetaria cerca di
influenzare il tasso di cambio attraverso interventi diretti o indiretti, ma senza
avere un preciso obiettivo di cambio. Gli interventi sono sporadici e determinati
da eventi particolari (ad esempio, un peggioramento non strutturale della
bilancia dei pagamenti).
Tassi di cambio perfettamente flessibili (independently floating): il tasso di
cambio è determinato unicamente dalle forze di mercato, senza alcun
intervento delle autorità monetarie mirato a stabilizzare o indirizzare il tasso di
cambio.
www.memmt.info 22
Le autorità si impegnano a mantenere fisso il tasso di cambio e tutte le volte che le
forze di mercato, che determinano la domanda e l’offerta di valuta, tendono a
modificare il tasso di cambio, o con un apprezzamento o con un deprezzamento, le
autorità monetarie intervengono, comprando oppure vendendo valuta nazionale
per contrastare le fluttuazioni del mercato.
- Il regime a cambi fissi, si realizza quando due o più paesi concordano di
mantenere il tasso di cambio tra le loro valute ad un determinato valore ( più
frequentemente, entro una certa fascia), o di aderire ad una unione monetaria.
- Il regime a cambi fluttuanti, si realizza quando uno o più paesi decidono di
lasciare che i tassi di cambio della propria valuta con tutte le altre siano liberamente
determinati dalla domanda e dall’offerta, lasciando che il meccanismo di mercato
operi liberamente.
Principali regimi di cambio
www.memmt.info 23
24http://memmttoscana.wordpress.com/
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Il regime dei cambi fissi favorisce gli scambi internazionali grazie alla stabilità del
cambio, ma in caso di pressioni sul cambio dovute a uno squilibrio nella bilancia dei
pagamenti, in un regime a cambi fissi non si può far scendere il valore della moneta,
ma bisogna adottare politiche restrittive per diminuire la domanda e le importazioni,
aumentare i tassi di interesse, e insomma il riequilibrio passa necessariamente
attraverso una crisi economica interna al paese.
In un regime di cambi fluttuanti, il riequilibrio della bilancia avviene
automaticamente col deprezzamento della valuta nei confronti delle altre valute
che renderà più competitive le esportazioni. Naturalmente se il paese dipende
parecchio dalle importazioni ci sarà il rovescio della medaglia, perché le importazioni
diventeranno più costose.
Regime di cambi fissi e fluttuanti
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Come abbiamo detto, il tasso di cambio è il prezzo relativo di due monete. Se
astraiamo dalle transazioni di carattere finanziario e in particolare speculativo
(ad esempio, le operazioni di arbitraggio), un agente economico che acquista
una valuta estera lo fà per perfezionare degli scambi di beni (cioè delle
transazioni reali): ad esempio, un importatore acquista dollari per pagare le
materie prime o i prodotti finiti che importa, un turista acquista rupie per
finanziare la propria vacanza all’estero (dove acquisterà beni e servizi), ecc. ecc.
Questa misura è data dal tasso di cambio reale
In tutte queste transazioni sono coinvolti, oltre ai tassi di cambio, anche i prezzi
dei beni e dei servizi scambiati. I due elementi (prezzi e tasso di cambio)
concorrono nel determinare la convenienza per un operatore economico ad
acquistare in un paese piuttosto che in un altro. È quindi utile disporre di una
misura del tasso di cambio che tenga conto dell’effetto dei prezzi, o, per dirla in
un altro modo, che venga definito come prezzo relativo non fra due valute, ma
fra due insiemi di beni.
Tasso di cambio reale
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Il tasso di cambio reale é il prezzo relativo dei beni nazionali e dei beni esteri.
Il tasso di cambio reale
Il tasso di cambio reale compara i prezzi di un bene nazionale e di uno straniero
all’interno di una economia e dipende dal tasso di cambio nominale e dai
prezzi del bene nazionale e di quello straniero, misurati nelle valute locali.
Il tasso di cambio reale è il rapporto fra il livello dei prezzi interni e il livello dei
prezzi esterni, espresso in valuta estera (quotazione certo per incerto).
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Per esempio:
Se il tasso di cambio EUR/USD é di 1,20 e un’auto in Italia costa 30.000 euro e in USA
costa 36.000 dollari, significa che l’automobile ha in realtà lo stesso valore.
Questo perché 36.000 dollari hanno lo stesso valore di 30.000 euro.
Abbiamo fatto un esempio il cui calcolo si può fare semplicemente a mente, per gli
altri casi, ecco la formula
E = e (P/P*)
dove:
E é il tasso di cambio reale
e il tasso di cambio nominale
P il prezzo dei beni nazionali
P* il prezzo dei beni esteri.
Quindi, nel nostro esempio:
E= 1,20 (30.000/36.000) = 1
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Esempi: E= 1,20 (30.000/36.000) = 1
Se E assume valori > oppure < di 1 significa che il cambio reale tra le due valute si sta
apprezzando o deprezzando.
Caso 3: Inflazione nel Paese €; il prezzo da 30.000 passa a 33.000 a cambio invariato
E= 1,20 (33.000/36.000) = 1,1
L’aumento del prezzo in € rende più conveniente il bene prodotto all’estero
(33.000 € = 39.600$) => Aumento importazioni del Paese € e aumento esportazioni del Paese $
Caso 4: Inflazione nel Paese $; il prezzo da 36.000 passa a 39.000 a cambio invariato
E= 1,20 (30.000/39.000) = 0,923
L’aumento del prezzo in $ rende più conveniente il bene prodotto all’interno
(39.000 $ = 32.500 €) => Aumento esportazioni del Paese € e aumento importazioni del Paese $
Il cambio reale è la determinante chiave nelle quantità di importazione e
esportazione di una economia (es. regime cambi fissi)
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Il cambio reale è la determinante chiave nelle quantità di importazione e
esportazione di una economia (es. regime cambi fluttuanti)
Esempi: E= 1,20 (30.000/36.000) = 1
Se E assume valori > oppure < di 1 significa che il cambio reale tra le due valute si sta
apprezzando o deprezzando.
Caso 1: Apprezzamento dell’€; il cambio da 1,20 passa a 1,30 a prezzi invariati
E= 1,30 (30.000/36.000) = 1,083
L’apprezzamento del cambio reale rende più conveniente il bene prodotto all’estero
(30.000 € = 39.000 $) => Aumento importazioni del Paese € e aumento esportazioni del Paese $
Caso 2: Deprezzamento dell’€; il cambio da 1,20 passa a 1,10 a prezzi invariati
E= 1,10 (30.000/36.000) = 0,916
Il deprezzamento del cambio reale rende più conveniente il bene prodotto all’interno
(36.000 $ = 32.727 €) => Aumento esportazioni del Paese € e aumento importazioni del Paese $
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In particolare, il tasso di cambio reale aumenta, cioè si apprezza, quando:
• aumentano i prezzi interni ,
• il cambio si rivaluta,
• diminuiscono i prezzi esteri
In tutti questi casi per gli agenti economici residenti nel paese di riferimento
diventa più conveniente acquistare beni esteri anziché beni nazionali, o perché i
beni nazionali sono più cari, o perché quelli esteri sono meno cari, o perché la
valuta estera costa meno; di conseguenza il paese i subisce una perdita di
competitività.
Viceversa una diminuzione, cioè un deprezzamento, del tasso di cambio reale
implica un aumento di competitività, che può essere determinato o da
movimenti relativi dei prezzi, o da una svalutazione del cambio nominale.
Nel mondo reale, le valute non sono utilizzate soltanto per le transazioni di
conto corrente, ma vengono anche impiegate nelle transazioni di conto
capitale.
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Regimi di tasso di cambi e economia reale
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Tassi di cambio fissi e l'inflazione variabile
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Tassi di cambio flessibili e l'inflazione variabile
E = e (P/P*) e = (P/P*) / E e = (105/102) / 1 = 1,03
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Quotazione incerto per certo
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Differenziali medi di inflazione Paesi Euro e
Germania
Country 1980-1998 1999-2013
Austria 0,4 0,5
Belgium 0,8 0,6
Finland 2,0 0,3
France 2,0 0,1
Greece 13,1 1,3
Italy 5,2 0,7
Netherlands -0,1 0,6
Portugal 9,4 0,9
Spain 4,7 1,2
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…….quali conseguenze ……...quali conseguenze ……..
Indici di prezzo nell’eurozonaIndici di prezzo nell’eurozona
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…….quali conseguenze ……sulla competitività?.quali conseguenze ……sulla competitività?
Austria Belgium Finland France Germany Greece Ireland Italy Netherlands Portugal Spain
1999 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
2000 102,3 102,5 103,0 101,7 101,4 103,2 105,6 102,5 102,3 102,9 103,4
2001 105,1 105,1 105,7 103,3 103,4 106,7 110,8 105,4 106,6 107,4 107,1
2002 107,0 106,7 107,4 105,3 104,9 110,6 115,9 108,0 110,1 111,3 110,4
2003 108,5 108,5 108,3 107,5 105,9 114,4 119,9 110,9 112,4 114,9 113,8
2004 110,7 110,7 108,6 109,8 107,7 117,7 122,6 113,4 113,8 117,6 117,2
2005 113,3 113,8 109,2 111,6 109,3 121,9 125,5 115,6 115,7 120,3 121,2
2006 114,9 115,9 111,0 113,5 111,1 125,8 130,4 118,1 117,1 124,0 125,4
2007 117,4 118,0 113,7 115,2 113,6 129,4 136,8 120,2 119,0 127,1 128,9
2008 121,1 123,3 118,4 118,5 116,6 134,8 142,4 124,1 121,9 130,5 134,2
2009 121,7 123,1 118,4 118,6 117,0 136,5 136,0 125,1 123,4 129,4 133,8
2010 123,9 125,9 119,8 120,3 118,2 142,9 134,8 127,0 125,0 131,2 136,2
2011 128,0 130,3 123,9 122,9 120,7 147,6 138,3 130,6 127,9 136,1 140,6
2012 131,2 133,9 127,3 125,3 123,1 149,8 140,6 134,5 131,1 139,9 143,9
2013 133,9 135,4 129,3 126,5 125,0 148,5 141,3 136,1 134,4 140,3 145,9
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…….quali conseguenze ……sulla competitività?.quali conseguenze ……sulla competitività?
Tassi di cambio reali bilaterali Germania e partner eurozona
www.memmt.info 38
Tassi di cambio reali bilaterali tra partner eurozona e Germania
www.memmt.info 39
40http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
http://memmttoscana.wordpress.com/
Facciamo il punto:
• a partire dalla metà degli anni ’80 i differenziali di inflazione fra paesi partner
dell’eurozona e Germania si sono ridotti;
• questo processo è continuato anche dopo l’entrata nell’euro, che quindi non ha
né causato né amplificato i differenziali di inflazione;
• al contempo, questi differenziali sono sempre rimasti in media positivi, cioè gli
altri paesi hanno continuato ad avere più inflazione della Germania, e quindi non
cè stata convergenza fra tutti i partner dell'eurozona;
• questo ha determinato una svalutazione reale della Germania rispetto a tutti i
partner, se pure in misura variabile (e simmetricamente una rivalutazione reale dei
partner rispetto alla Germania);
• questa svalutazione reale ha contribuito al grande successo delle esportazioni
tedesche, successo che,
è molto più marcato rispetto ai partner dell’eurozona che rispetto al resto del mondo
. Il che è ovvio, visto che il resto del mondo, per difendersi, ha a disposizione lo
strumento della flessibilità del cambio.
Il cambio è fisso mentre l'inflazione è variabile
www.memmt.info 41
Tassi di cambio flessibili e economia finanziaria
www.memmt.info 42
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Tassi di cambio fissi e economia finanziaria
www.memmt.info 43
http://memmttoscana.wordpress.com/
Il cambio è fisso mentre l'inflazione è variabile. Ne consegue che i
Paesi che riescono a tenerla più bassa di altri, che sono sì
geograficamente vicini ma anche competitori nella dinamica delle
esportazioni e delle importazioni di merci e capitali, in pratica
effettuano una sorta di svalutazione monetaria indiretta. Ed è
quello che sta succedendo a Germania e Francia rispetto a Paesi
come Italia, Spagna e Portogallo.
www.memmt.info 44
45http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
46
L’inflazione misura il valore interno della moneta
tramite il potere di acquisto, la svalutazione (o
rivalutazione) serve invece a quantificare il valore
esterno della moneta tramite il tasso di cambio.
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La svalutazione è la perdita di valore di una moneta nei confronti di una
o più monete, regolate da un regime di cambi fissi, in seguito alla
variazione della parità o al definitivo sganciamento della valuta da
un’altra moneta forte.
E’ un aggiustamento del tasso di cambio coerente ai parametri reali
dell’economia di un Paese.
Quando invece ci si trova in un regime di cambi variabili si parla di
deprezzamento della moneta. Esso avviene in un mercato di cambi
flessibili in cui la domanda e l'offerta di un tipo di moneta regolano il
prezzo della stessa.
www.memmt.info 47
La svalutazione
48http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Differenziale di inflazione cumulato e svalutazione
2001 1994 1997 1982 1997 1992
182
19 21
206
La variazione percentuale del tasso di cambio tra due valute, in caso di sganciamento di
una valuta da un’altra moneta forte, tende a coincidere con la differenza tra le variazioni
percentuali dei livelli di prezzo nazionali.
49http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Differenziali di inflazione Italia - Germania
Time 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Tot
Germany 0,6 1,4 2 1,4 1 1,7 1,5 1,6 2,3 2,6 0,3 1,1 2,1 2 1,5 23,1
Italy 1,7 2,5 2,8 2,5 2,7 2,2 2 2,1 1,8 3,3 0,8 1,5 2,8 3 1,2 32,9
Differenziale 9,8
50http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Cambio 1 $ = 1 £
AnsaldoBreda esporta 10 ETR 1000 in USA per
un controvalore di 100 mln di £, (ogni treno
10 mln £), incassando al cambio attuale 100
mln di $.
Ipotizzando una svalutazione della £ del 10% rispetto al $ ed una stabilità del
prezzo del treno, con 100 mln di $ quanti treni saranno esportati in USA ?
Cambio* 1 $ = 1,1 £
Cambio* 100 mln $ = 110 mln £
A parità di prezzo saranno esportati 11 treni.A parità di prezzo saranno esportati 11 treni.
Le esportazioni aumenterannoLe esportazioni aumenteranno..
N. Treni = 110 mln £ / 10 mln £ = 11
Svalutazione e bilancia commerciale
51http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
18 settembre del 1992 uscita dell’Italia dallo
SME svalutazione nominale effettiva del 20%
reintroduzione della lira nello SME (1996)
Svalutazione e bilancia commerciale
52http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Supponiamo che la bilancia commerciale parta da una posizione di equilibrio.
Potremmo esprimere questo equilibrio così:
PX = EPfM
dove P sono i prezzi nazionali, X le esportazioni, E il tasso di cambio incerto per
certo (quantità di valuta nazionale per una unità di valuta estera), Pf i prezzi esteri in
valuta estera, M le importazioni
Svalutazione e bilancia commerciale
53http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Ragioniamo …………
Sappiamo benissimo, perché lo osserviamo da sempre sui mercati, che
importazioni ed esportazioni reagiscono al tasso di cambio, sono cioè
“elastiche” al cambio.
Quello che succede alla fine della storia dipende appunto da quanto sono elastiche
esportazioni e importazioni.
Il fatto è che quando il cambio si svaluta i prodotti nazionali diventano più
convenienti (le esportazioni aumentano) e quelli esteri meno convenienti (le
importazioni diminuiscono).
Questi effetti evidentemente contrastano l’effetto negativo determinato dalla
svalutazione del cambio sul costo delle importazioni. L’aumento del costo delle
importazioni fa peggiorare la situazione, ma sia l’aumento del volume delle
esportazioni che la riduzione di quello delle importazioni tendono a far migliorare
la situazione.
54http://memmt.info/site/
Allora il problema è:
QUANTO devono essere elastiche esportazioni e importazioni affinché il
movimento dei loro volumi compensi l’effetto negativo dato dall’aumento del
valore delle importazioni?
La regola è molto semplice e si chiama condizione di Marshall-Lerner:
bisogna che la somma dei valori delle due elasticità, presi tutti col segno
positivo (cioè in valore assoluto) sia maggiore di uno.
Qualche esempio:
55http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Dalla teoria alla pratica
Ma queste elasticità, in pratica, quanto valgono?
Quanto è plausibile che siano così grandi da tirarci fuori dai guai?
Fonte: Commissione Europea
Le elasticità delle esportazioni al cambio secondo gli esperti della commissione.
56http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
……ma ci mancano le elasticità al prezzo delle importazioni…
Ma con una elasticità simile, maggiore di uno, se anche le importazioni
in volume non si muovessero, l’aumento di costo determinato dalla
necessità di pagare di più la valuta estera verrebbe più che
compensato dall’aumento di ricavi prodotto dall’incremento del
volume delle esportazioni. Quindi in tutti questi paesi (che guarda
caso sono tutti del Sud, Francia inclusa) una uscita con svalutazione
avrebbe necessariamente effetti positivi sul saldo commerciale.
57http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Brigitte Granville
Prof. di Economia Internazionale e
Politica Economica.
Queen Mary University, London
http://www.asimmetrie.org/wp-content/uploads/2013/10/THE-PRETENCE-OF-BARGAINING-POWER-IN-THE-EMU.p
Impact on Exports post EMU
Dissolution Based on FX Pass-through
58http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Il coefficiente di trasferimento (pass-through) è l'intensità con cui una variazione
del tasso di cambio (di solito una svalutazione) si trasferisce sul prezzo dei beni
nazionali: per esempio se in seguito ad una svalutazione del 10% l'inflazione
aumenta del 5%, allora il pass-through è dello 0,5 (ovvero 50%).
Il coefficiente pass-through italiano è stato stimato intorno al 15% nel primo anno e
del 36% nel secondo (Goldfajn e Werlang), per cui ipotizzando una svalutazione del
20%, solo il 15% di tale svalutazione si tradurrebbe in inflazione l'anno successivo;
ipotizzando un'inflazione del 2%-2,5% il prossimo anno, il 15% del 20% è uguale al
3%, per cui vuol dire che l'inflazione l'anno successivo all'uscita potrebbe essere del
5,5% (2,5+3). Si tratta di valori tutto sommato esigui e facilmente controllabili (anche
ipotizzandola fino al 9-10% totale) e che sono comunque immaginati nel caso di
totale assenza di politiche anti-inflazionistiche (impensabile che il Governo o la
Banca Centrale rimangano immobili).
Fonte: http://varieanalisi.blogspot.it
Svalutazione e inflazione
59http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Goldfajn – Werlang: The Pass-through from Depreciation to Inflation: A Panel Study1
Il coefficiente pass-through italiano
60http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Brigitte Granville
Prof. di Economia Internazionale e
Politica Economica.
Queen Mary University, London
http://www.asimmetrie.org/wp-content/uploads/2013/10/THE-PRETENCE-OF-BARGAINING-POWER-IN-THE-EMU.p
Incremental Annualized Inflation Impact post
EMU Dissolution Based on FX Passthrough
Estimates
61http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Una verifica storica………… Svalutazione e inflazione
62http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Una verifica storica…………
forte rivalutazione della lira del
22% avvenuta nel 1979
inflazione crescente
svalutazione della lira del
20% settembre 1992
inflazione decrescente
63http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Dal luglio del 2001 al febbraio del
2004 la moneta polacca si svaluta
47%, cosa sarà successo
all’inflazione in Polonia?
Dall’agosto del 2008 al febbraio
del 2009 la moneta polacca si
svaluta 51%, cosa sarà successo
all’inflazione in Polonia?
Le forti svalutazioni avvenute in Polonia
Una verifica moderna …………
64http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Dall’agosto del 2008 al febbraio del 2009
l’inflazione in Polonia diminuisce dal 4% al
3,2%! Ma, secondo il ragionamento
dell’automa, non sarebbe dovuta
schizzare in altissimo?
Dal luglio del 2001 al febbraio del 2004
l’inflazione in Polonia diminuisce dal
4,2% al 3%! Ma, secondo il ragionamento
dell’automa, non sarebbe dovuta
schizzare in altissimo?
…………..e l’inflazione?
Fonte: http://www.indexmundi.com/
65http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Lo sapevate che ………
Attenzione: noi l’euro non lo avevamo ancora in tasca, ma già lo usavamo negli scambi
internazionali, cioè per comprare i dollari necessari ad acquistare le materie prime.
LA SVALUTAZIONE DELL’EURO
Quale fù l’ammontare della svalutazione che subì l’euro nei
primi 22 mesi di vita (dal gennaio 1999 al novembre 2000)?
66http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
5 gennaio 1999 €/$ 1,17
27 novembre 2000 €/$ 0,84
L’€ SVALUTA DEL
28,2%
Qualche stato della zona euro non ha più comprato MP?
Vediamo un po’ ………
67http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
… e l’inflazione schizzò?
5 gennaio 1999 1%
Giugno 2001 2,7%
Fonte: Eurostat
68http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
La struttura dei costi dell’azienda italiana X
Fonte: http://tempesta-perfetta.blogspot.it
69http://memmt.info/site/
Esempio:
Produzione Totale 100 prodotti Costi di produzione 100
COSTI VARIABILI
Consumo materie prime 20
Lavorazioni esterne 10
Acquisto servizi produttivi 10
Costi commerciali 10
COSTI FISSI
Costi del personale 20
Ammortamenti 10
Accantonamenti e svalutazioni 10
Oneri diversi 10
Costo Totale Produzione 100
Costo Unitario Produzione 1
Margine 10%
Valore fatturato 110
Prezzo di vendita 1,1
Sval. 20%
24
12
12
10
20
10
10
10
108
1,08
118,8
1,188
Incremento di prezzo 8%
40%
estero
…………………...................
…………………...................
…………………...................
70http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
Ciò significa che anche in presenza di ipotesi forti (40% costi dipendono
dall’estero) l’effetto della svalutazione monetaria della lira del 20% non
si è tradotto in un aumento del 20% dei prezzi, provocando appunto
un’inflazione del 20%, ma già in condizioni tanto estreme ed assurde la
correlazione si è praticamente più che dimezzata (pass-through).
In conclusione…………
E’ chiaro che se invece ragioniamo su ipotesi più realistiche, l’aumento
previsto dei prezzi interni dei beni e servizi prodotti in Italia, causato da una
svalutazione del 20%, sarà molto inferiore all'8%.
Inoltre l’imprenditore potrebbe rispondere all’aumento dei costi delle materie
prime, lavorazioni esterne e servizi produttivi acquistati all’estero,
rimodulando la stessa struttura dei costi dell’azienda (per esempio potrebbe
decidere di acquistare parte delle materie prime e dei servizi da aziende
italiane, subendo un aumento dei costi molto inferiore rispetto al 20%, come
dimostrato prima) oppure diminuendo il rendimento atteso del suo
investimento dal 10% all’8% o al 7%.
Fonte: http://tempesta-perfetta.blogspot.it
71http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
In aggiunta a queste modifiche interne all’azienda, l’uscita dall’Italia dalla zona
euro potrebbe comportare dei cambiamenti istituzionali importanti, come il
recupero della sovranità monetaria e la possibilità per lo Stato Italiano di
diminuire discrezionalmente il livello insostenibile di tassazione che grava sulle
piccole e medie imprese italiane (che oggi arriva a sfiorare cifre impressionanti
del 65% della tassazione complessiva in rapporto al reddito imponibile),
consentendo all’imprenditore di mantenere invariato il ritorno economico del
suo investimento.
La componente fiscale pesa sul 41% del costo del gasolio al netto dell’IVA contro
una media europea del 34%.
Analoga situazione si verifica per il costo del kWh elettrico e per il gas naturale,
con un forte aggravio sui costi operativi del sistema Italia.
Inoltre…………
Fonte: http://tempesta-perfetta.blogspot.it
Così come sarebbe possibile rivedere in modo strutturale le accise che pesano sul
costo dell’energia in Italia.
72
73http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
Importata
Creditizia
Finanziaria
Da profitti
Da costi Da offerta
Da domanda
Aumento del livello generale dei prezzi
Cos’ è ….. le tipologieCos’ è ….. le tipologie
74http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
Da domanda
L'inflazione da domanda è quella che deriva dalla
pressione della domanda, che tende a espandersi al di
là dell' offerta disponibile in prossimità della piena
occupazione delle risorse fisiche e umane .
Da offerta
Creditizia
Finanziaria
Inflazione finanziaria e inflazione creditizia sono forme
di inflazione da domanda, innescate, rispettivamente,
da crescita della spesa pubblica finanziata in deficit in
condizioni di prossimità al pieno impiego o da
eccessiva creazione di credito da parte del sistema
bancario.
L'inflazione da offerta si verifica per effetto di shocks
che portano a ridurre l'offerta (calamità naturali,
guerre, necessità di sensibili ristrutturazioni produttive
che nell'immediato riducono la capacità produttiva).
75http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
Da costi
L'inflazione da costi (cost-push inflation) consiste nel
trasferimento sui prezzi dell' aumento dei costi
dell'impresa (in particolare, dei costi variabili: salari,
materie prime, energia, imposte specifiche).
Da profitti
L'inflazione da profitti è connessa con l'aumento del
margine di profitto reso possibile dall'esistenza di
forme di mercato diverse dalla concorrenza perfetta
(oligopoli e monopoli).
Importata
L'inflazione importata è un aumento dei prezzi
causato dall'incremento dei prezzi dei fattori
produttivi importati. L'inflazione importata è stata
osservata nel corso degli shock petroliferi del 1973 e
del 1979.
76http://memmttoscana.wordpress.com/
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Gli indiciGli indici
L’inflazione viene misurata mediante la costruzione di un indice dei prezzi al
consumo, il cui calcolo è affidato all’Istituto Nazionale di Statistica.
L’indice dei prezzi al consumo (l’IPC) è uno strumento statistico che misura le
variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di beni e servizi, chiamato paniere,
che rappresenta gli effettivi consumi delle famiglie nell’arco di tempo di un
anno.
Del calcolo degli indici si occupano l’ISTAT e l’EURISPES (Istituto di studi Politici
Economici e Sociali).
77http://memmttoscana.wordpress.com/
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In particolare l’ISTAT produce tre diversi indici dei prezzi al consumo che
possiedono finalità differenti:
1.Per l’intera comunità nazionale calcola il NIC che misura l’inflazione a livello
dell’intero sistema economico, vale a dire considera l’Italia come se fosse
un’unica grande famiglia all’interno della quale le abitudini di spesa sono
differenziate. Il NIC per gli organi di governo rappresenta il parametro di
riferimento per la realizzazione delle politiche economiche.
2. Per le famiglie di operai e impiegati calcola il FOI il quale si riferisce ai consumi
delle famiglie che fanno a capo a un lavoratore dipendente. Il suo uso serve
per adeguare periodicamente i valori monetari come ad esempio gli affitti, o
gli assegni dovuti al coniuge separato.
3. L’indice armonizzato europeo IPCA il cui studio è stato sviluppato per
assicurare
una misura dell’inflazione comparabile a livello europeo, infatti viene assunto
come indicatore per verificare la convergenza dei paesi membri dell’Unione
Europea, ai fini dell’accesso e della permanenza nell’unione monetaria.
78http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
79http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
In ambito mainstream è convinzione comune che le masse monetarie
siano controllate dalla banca centrale.
Secondo la Teoria Quantitativa della Moneta (TQM) la sequenza è la seguente: le
banche centrali possono stampare denaro e con esso comprare titoli, privati o
pubblici, dando così alle banche commerciali, o allo Stato, nuova moneta. Inoltre,
agendo sulle riserve obbligatorie delle banche, possono variare la capacità degli
istituti di credito di concedere prestiti, controllando così l'emissione della
“moneta bancaria”, attraverso quello che viene chiamato “moltiplicatore
monetario”. Meno riserve sono richieste, più le banche possono prestare. Se la
riserva obbligatoria è il 2% di tutti i depositi posseduti da una banca, allora il
moltiplicatore monetario è 50 (1 /0,02).
Secondo la TQM quindi, se la banca centrale stampa troppa moneta (che viene
moltiplicata dalle banche commerciali secondo parametri sotto il controllo della
banca centrale) questa offerta può superare quanto necessario a rappresentare i
beni reali. In tal caso i prezzi saliranno, cioè avremo inflazioneIn tal caso i prezzi saliranno, cioè avremo inflazione.
80http://memmttoscana.wordpress.com/
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Teoria Quantitativa della Moneta
La base teorica della precedente affermazione è una particolare interpretazione
della seguente identità, detta equazione degli scambi di Fisher:
Dove:
M è uguale all’offerta di moneta;
V è la velocità della moneta (o il numero medio di volte che ogni euro viene speso);
P è il prezzo medio delle merci e dei servizi;
T è la quantità totale di merci e servizi venduti durante il periodo di tempo in questione.
In questo modo, se vi erano 100 merci e servizi che erano venduti per €10 ognuno (in
media), si avevano transazioni effettuate per un valore totale di € 1.000. Laddove vi
fossero 200 monete da un euro in quella economia, ciò avrebbe significato che
ognuna di quelle monete era stata utilizzata 5 volte (da qui il fattore della “velocità”
della moneta, o quanto velocemente questa venisse spesa ulteriormente).
81http://memmttoscana.wordpress.com/
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I falsi presupposti
M: l’offerta di moneta è una grandezza facilmente definita e identificabile dato
che solo la Banca Centrale può influenzare una variazione dell’offerta, secondo
dei precisi criteri di politica monetaria e lavorando in totale indipendenza e
autonomia.
V: la velocità di denaro è strettamente collegata con le abitudini della gente e con
la struttura del sistema finanziario. E, quindi, in mancanza di grandi stravolgimenti
sociali ed economici, questa variabile è relativamente costante nel breve periodo
P: l'economia è così perfetta, competitiva, concorrenziale che né le imprese né i
lavoratori sono liberi di cambiare il prezzo dei beni e servizi prodotti o pretendere
aggiustamenti salariali, facendo sì che il valore del prezzo dipenda
esclusivamente dall’incontro fra domanda e offerta nel mercato.
T: l’economia automaticamente tende verso il pieno impiego e così T (il volume
esistente di merci e servizi) è grande quanto può esserlo in ogni dato momento
(benché esso cresca nel tempo).
82http://memmttoscana.wordpress.com/
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…cosa accade se la BC raddoppia l’offerta di moneta?
Considerando le assunzioni fatte per ciascuna variabile, ovvero, che P non può
cambiare da sola, T è già piú grande possibile date le tecnologie e risorse
correnti, e V è costante, affinché l’identità contabile sia rispettata, a seguito di
una doppia offerta di moneta, l’unica variabile che si modifica è P.
400 x 5 = 20 x 100
INFLAZIONE!!!
83http://memmttoscana.wordpress.com/
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Velocità e pieno impiego: una verifica nella realtà delle cose
84http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
La correlazione tra M e P: una verifica nella realtà delle cose
M2 [blu] - inflazione [rosso] – Stati Uniti
85http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
La correlazione tra M e P: una verifica nella realtà delle cose
Base monetaria [blu], M2 [verde], inflazione [rosso], Stati Uniti, 1980=100
86http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
…..ed inoltre…...
La Banca centrale, di questa massa di mezzi di pagamento dai quali
dipende l’effettiva domanda di beni, non ha alcun controllo diretto.
Il tasso di crescita della massa monetaria (M3) e l’inflazione nell’Eurozona (1999-2010).
Fonte: Fondo monetario internazionale (2010).
87http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
Non esiste una teoria
accettabile che colleghi in
modo necessario la base
monetaria creata dalle
banche centrali con
l’inflazione.
Vítor Constâncio,
vice presidente della BCE
Alan R. Holmes,
FED di New York
Nel mondo reale, le
banche estendono il
credito, creando i depositi
nel processo, e cercano le
riserve successivamente.
88http://memmttoscana.wordpress.com/
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Le variabili possono variare! P può restare invariato.
In realtà:
M non è determinata dalla BC(esogena), ma dalla domanda di credito
(endogena);
V potrebbe variare (in recessione diminuisce, si detiene più a lungo il cash);
P può restare invariato;
T di solito non è relativo a condizioni di pieno impiego fattori, per cui
potrebbe aumentare.
M V P T
200x5=10x100
400x5=10x200
400x2,5=10x100
AUMENTO PRODUZIONE!!!
RECESSIONE E DIM. VELOCITÁ
89http://memmttoscana.wordpress.com/
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…..in conclusione…...
TQM
Il livello dei prezzi è causato dalla
quantità di moneta in circolazione.
90http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
L’inflazione è un fenomeno molto complesso che presenta numerose
interconnessioni e ha molta più attinenza con i cambiamenti che avvengono
nell’economia reale rispetto ai processi monetari, siano essi variazioni di
tassi di cambio o aumento di moneta circolante.
In generale possiamo dire che si verifica inflazione quando:
• La domanda di beni e servizi supera l’offerta e nel contempo il tessuto
produttivo non è così elastico da adattarsi al nuovo regime di domanda.
• Ad un aumento dei salari nominali, collegato ad una politica salariale
espansiva o a cambiamenti strutturali nel mercato del lavoro, le imprese
tenderanno ad aumentare i prezzi per mantenere costanti i profitti.
• Un innalzamento repentino e consistente del costo delle materie prime può
anch’esso tradursi in inflazione, come è avvenuto per esempio in Italia nel 1974
(picco di inflazione del 20%), in conseguenza del primo grande shock petrolifero
del 1973, che ha causato un aumento medio del prezzo del petrolio del 258%.
91http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/
“L'inflazione è la più iniqua delle imposte perché danneggia la vedova,
l'orfano, e il proletario “
“….meno male che l'euro ci ha difeso dall'inflazione, perché l'inflazione
erode il potere di acquisto...".
92http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
L'inflazione è la più iniqua delle imposte in quanto abbatte il potere
d'acquisto del povero lavoratore: se i prezzi aumentano, i salari
perdono potere d'acquisto (certo, se non sono aumentati anche loro...)
“Quindi, se quanto detto in precedenza risulta vero, dovremmo aspettarci che nel
momento in cui i prezzi salgono molto e soprattutto quando lo fanno in modo improvviso e
repentino i salari verranno “sopravanzati” dall’inflazione: il livello dei prezzi sale a livelli tali
da superare qualsiasi aumento salariale, facendo così diminuire il potere d’acquisto dei
lavoratori.”
I salari reali italiani e la più iniqua delle imposte: l’inflazione (Parte 2)Daniele Della Bona
“Ci viene continuamente ripetuto che l’inflazione è il peggiore di tutti i mali, la più iniqua
delle tasse, il fenomeno monetario che danneggia il lavoratore più di ogni altra cosa.
L’argomentazione più utilizzata è questa: se un lavoratore guadagna per esempio il 10%
in più e l’inflazione (la misura della variazione dell’Indice dei prezzi al consumo)
aumenta di 10 allora il suo salario reale e il suo potere d’acquisto restano immutati; se
l’inflazione aumenta di 15 peggio ancora, il suo salario reale risulterà diminuito. Dunque,
questa è la logica conseguenza, bisogna a tutti i costi fermare questo male che si chiama
inflazione e concentrare tutte le energie per il contenimento e la stabilità dei prezzi, che
sono la sola cosa in grado di tutelare i lavoratori e i loro salari.”
93http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
Salari reali Quota salari
Capacità di risparmio Potere d’acquisto delle famiglie
Alcuni semplici indicatori di benessere socialeAlcuni semplici indicatori di benessere sociale
Per salario reale si intende il
potere d'acquisto del salario
nominale, cioè la quantità di
beni e servizi che il lavoratore
può ottenere con esso. Di
conseguenza, il salario reale è
pari al salario nominale diviso
per un indice dei prezzi .
La quota salari rappresenta la parte del
reddito nazionale assegnata al fattore
lavoro nell'ottica della distribuzione
funzionale del reddito fra i fattori di
produzione, quali capitale, lavoro e
terra. Rappresenta perciò una delle
componenti più importanti della
distribuzione del reddito a livello
aggregato e non individuale
Il potere d’acquisto esprime la
quantità di beni e servizi che può
essere comprata con un determinato
reddito.
La quota del reddito che non
viene spesa nel periodo in cui il
reddito è percepito, ma è
accantonata per essere spesa in
un momento futuro.
94http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
Dati OCSE
L’inflazione in Italia dal 1970
1974
prima crisi
petrolifera
1978
seconda crisi
petrolifera
95http://memmttoscana.wordpress.com/
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INF 12% ma
SR 6% ma
INF 6% ma
SR 0,5% ma
96http://memmttoscana.wordpress.com/
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Fonte:Ocse(1997),Fondomonetariointernazionale(2010),Istat(2011). Quota salari e tasso di inflazioneQuota salari e tasso di inflazione
31.07.1992
Abolizione scala
mobile
AMATO
14.02.1984
Taglio di 4 punti
della scala mobile
CRAXI
1975
Introduzione della
scala mobile
1963
Lotta operaia
1969
“autunno caldo ‘68”
97http://memmttoscana.wordpress.com/
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Dati OCSE
InflazioneInflazione ee capacità di risparmiocapacità di risparmio
98http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
RD: incremento medio 14%
PA: incremento medio 4%
Totale 200%
CRESCITA STAGNAZIONE
RD: 3,8%
PA: 0,5%
RD: -1,8%
PA: -2,35%
Infl.media 9,43% Infl. media 2,81%
2,3%
99http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
“ A parte che il potere di acquisto dei lavoratori può essere difeso con i
normalissimi meccanismi di indicizzazione dei salari all’inflazione utilizzati in quasi
tutti i paesi più civili e democratici del mondo, quello che qualcuno non capisce o
fà finta di non capire, per i soliti motivi di annebbiamento, malafede e collusione,
è che l’inflazione mantenuta artificialmente bassa in Europa serve più che altro
a proteggere nel tempo il valore dei grandi patrimoni finanziari accumulati dagli
oligarchi, dai capitalisti, dagli speculatori, e da tutti coloro che vivono di rendita
senza sapere neppure cosa sia il lavoro. Questa è una colossale ed epocale lotta
di classe che ha come principale obiettivo la distribuzione iniqua dei redditi a
favore di una ristretta minoranza di rentiers, benestanti, grandi imprenditori e a
danno della maggioranza, che comprende lavoratori, pensionati, piccoli e medi
imprenditori, società civile. “
In conclusione…………In conclusione…………
100http://memmttoscana.wordpress.com/
http://memmt.info/site/
L’inflazione è una variabile centrale nel conflitto distributivoconflitto distributivo, cioè nella
ripartizione del prodotto nazionale fra le varie classi (imprenditori, lavoratori
dipendenti, eccetera). Ma le sue implicazioni non sono quelle che i giornali ci
ripetono: spesso, le classi più svantaggiate, ci perdono da una minore
inflazione, anziché guadagnarci.
L’inflazione, soprattutto se imprevista, danneggia i creditori e
simmetricamente
avvantaggia i debitori. I primi infatti prestano moneta “buona”, e si vedono però
restituire dai secondi moneta “cattiva”, cioè moneta che compra meno beni,
perché nel frattempo i prezzi sono cresciuti.
Simmetricamente, riducendo il valore reale (cioè depurato dall’effetto dei prezzi)
del debito, l’inflazione favorisce il rimborso del debito ai debitori.
..in definitiva …....in definitiva …..
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In aggiunta a una redistribuzione del reddito, l'inflazione di norma implica anche
una redistribuzione della ricchezza; infatti, il valore di un'obbligazione che sia fissa
in termini nominali si riduce in termini reali: se ne avvantaggiano i debitori
(tipicamente le imprese e, spesso, gli enti pubblici), mentre risultano svantaggiati i
creditori.
Tale fenomeno esiste ogni volta che il debito non è perfettamente indicizzato.
Il debitore, infatti, si impegna contrattualmente a pagare un tasso d’interesse
nominale che, in presenza di inflazione e in assenza di perfetta indicizzazione,
corrisponde però ad un minore interesse reale.
Il principale debitore che si avvantaggia di tale effetto è lo Stato, sugli interessi del
debito pubblico.
..segue…....segue…..
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Impatto percentuale dell’inflazione sul potere d’acquisto della moneta
dopo n anni a un dato tasso di inflazione
INFLAZIONE
Anno 0% 2% 5% 10%
0 € 1.000.000 € 1.000.000 € 1.000.000 € 1.000.000
1 € 1.000.000 € 980.392 € 952.381 € 909.091
2 € 1.000.000 € 961.169 € 907.029 € 826.446
3 € 1.000.000 € 942.322 € 863.838 € 751.315
4 € 1.000.000 € 923.845 € 822.702 € 683.013
5 € 1.000.000 € 905.731 € 783.526 € 620.921
6 € 1.000.000 € 887.971 € 746.215 € 564.474
7 € 1.000.000 € 870.560 € 710.681 € 513.158
8 € 1.000.000 € 853.490 € 676.839 € 466.507
9 € 1.000.000 € 836.755 € 644.609 € 424.098
10 € 1.000.000 € 820.348 € 613.913 € 385.543
103http://memmttoscana.wordpress.com/
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Non è poi così tantoNon è poi così tanto
spaventoso questospaventoso questo
MOSTRO!MOSTRO!
In sintesi:
Se non siete dei capitalisti, amici cari, con un po'
più di inflazione stavate meglio.
"Ma qualcuno dice il contrario!"
Ma questo qualcuno vi sembra un proletario?
104
Quarta lezione: Eurozona e Trattati EuropeiQuarta lezione: Eurozona e Trattati Europei
Relatore Filippo AbbateRelatore Filippo Abbate
LA DOMANDA DI ATTIVITÀ IN VALUTA ESTERA
Per comprendere i movimenti dei tassi di cambio è necessario comprendere
come si determini la domanda per i vari tipi di depositi in valuta estera da parte
dei principali operatori. Come per ogni curva di domanda di strumenti
finanziari, anche i questo caso il fattore principale è il rendimento dell'attività,
in questo caso il suo valore futuro atteso, funzione del tasso di interesse e della
variazione attesa del tasso di cambio.
A parità di altre condizioni, gli individui preferiscono detenere le attività che
forniscono i più alti tassi di rendimento attesi in termini reali.
www.memmt.info 105
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LA DOMANDA DI ATTIVITÀ IN VALUTA ESTERA
Per semplicità, ipotizziamo che il rischio e la liquidità dei depositi bancari sul
mercato dei cambi siano gli stessi, indipendentemente dalla valuta di
denominazione. Così, il rischio e la liquidità sono di importanza solo secondaria
nella decisione di acquisto o vendita di valuta.
Ne consegue che gli investitori saranno principalmente interessati ai tassi di
rendimento sui depositi bancari.
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I tassi di rendimento sono determinati da:
• i tassi di interesse che le attività fruttano.
• le aspettative di apprezzamento o deprezzamento.
106
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Supponiamo che il tasso di interesse su un deposito in dollari sia il 2% e che il
tasso di interesse su un deposito in euro sia il 4%.
Un deposito in euro frutta un tasso di rendimento atteso maggiore?
Apparentemente si, ma la risposta dipende anche dalla variazione attesa del
tasso di cambio tra dollaro e euro. Se il dollaro si dovesse apprezzare oltre un
certo valore, allora il deposito in dollari risulterebbe più conveniente.
Il deposito in euro ha un tasso di rendimento atteso in $ inferiore (104€=100,88 =>
0,88%) : tutti gli investitori preferiranno i depositi in dollari e nessuno vorrà
detenere depositi in euro. Il tasso atteso di deprezzamento dell’euro è 3%.
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Supponiamo che oggi il tasso di cambio sia €1/$1 e il tasso atteso a 1 anno sia
€1/$0,97 e calcoliamo il rendimento atteso di un deposito in euro:
· €100 oggi si possono scambiare per $100.
· Questi €100 saranno €104 dopo 1 anno.
· Questi $100 saranno $102 dopo 1 anno.
Considerando il cambio atteso €1/$0,97 , avremo che:
• i 104€ varranno 104x0,97=100,88$
• i 102$ varranno 102/0,97= 105,15 €
107
Mediante il ricorso ai mercati a termine gli investitori possono fissare al tempo t il
valore del cambio al tempo t+1, eliminando in tal modo il rischio di cambio.
L'utilizzo del tasso di cambio a termine, invece di quello atteso, consente di
determinare una condizione di equilibrio, dato che gli operatori saranno
indifferenti tra due investimenti alternativi se e solo se i loro rendimenti sono
uguali.
Supponiamo che il tasso di interesse su un deposito in dollari sia il 2% e che il
tasso di interesse su un deposito in euro sia il 4%.
Supponiamo che oggi il tasso di cambio spot sia €/$=1
Un investitore americano che vuole investire i suoi 100 $ in attività € al 4%, e
nello stesso tempo vuole annullare il rischio di un deprezzamento dell’€, sarebbe
disposto a farlo (e quindi a domandare €) finché il costo dell’acquisto della
copertura (swap) del tasso di cambio a termine €/$=1 sarà inferiore al 2%, che è il
differenziale di rendimento tra le attività in € e quelle in $.
Questa condizione è definita parità coperta dei tassi d'interesse,
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Il mercati dei cambi (FOREX), similmente ai mercati di talune merci e delle attività
finanziarie, possono essere mercati a pronti (spot market) e mercati a termine
(forward market).
Sui primi vengono contrattate disponibilità di valute da scambiarsi immediatamente
al prezzo (cambio) che si forma sui mercati stessi. Questi mercati servono
normalmente per le operazioni commerciali e per movimenti di capitale non
speculativi o a fini di copertura.
Sui secondi si negozia oggi il prezzo di una valuta che sarà disponibile in futuro (fra 1
o 2 o più mesi); ad esempio, si acquistano oggi 1.000$ che saranno disponibili fra 2
mesi, ad un prezzo che sarà pagato sempre tra 2 mesi, ma che è stabilito oggi.
Le operazioni a termine servono per la copertura dai rischi di cambio, ossia per la
provvista di valuta ad un prezzo prefissato, oltre che ai fini speculativi.
Le transazioni per i tassi di cambio
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GLI STRUMENTI FINANZIARI
Le tipologie di strumenti finanziari comunemente utilizzate nel mercato dei
cambi, Forex (Foreign Exchange Market), sono molteplici:
Contratti spot: una transazione spot è uno scambio caratterizzato dalla scadenza di
due giorni. Questa transazione rappresenta uno "scambio diretto" tra due valute,
ha la durata più breve, e riguarda denaro liquido più che un contratto; e gli
interessi non sono inclusi nella transazione concordata.
Contratti forward: gli scambi non sono necessariamente regolati nell'immediato,
ma possono anche essere regolati a termine. Infatti, un modo per fare fronte al
rischio di cambio è l'utilizzo di un contratto forward. In tale transazione, il denaro
non passa di mano fino ad una data futura prestabilita. Un compratore ed un
venditore si accordano su di un tasso di cambio in una data futura, e la transazione
si verifica in quella data al tasso di cambio stabilito, indipendentemente dai tassi di
cambio di mercato effettivi. La durata di un tale contratto può essere di giorni,
mesi o anche anni.
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GLI STRUMENTI FINANZIARI
Swap: La tipologia più comune di transazione forward è lo swap su valute. In uno
swap, due parti si scambiano valute per un certo periodo di tempo e si
accordano ad invertire la transazione in una data futura. In altre parole, si tratta
di una vendita a pronti combinata con un riacquisto a termine della stessa
moneta (si parla in questo caso di Forex swap). Gli swap non sono contratti
standard e non vengono scambiati in un mercato, ma rappresentano ormai oltre
la metà degli scambi sul forex .
Contratti future: I futures sulle valute estere sono transazioni forward
caratterizzate da importi e scadenze standard. Con un contratto future le parti si
impegnano a scambiare ad una data prestabilita determinate attività oppure, nel
caso di un future su valute, a versare o a riscuotere un importo determinato in
base all'andamento di un indicatore di riferimento.
Opzioni: un'opzione su valuta estera dà al proprietario il diritto di acquistare o
vendere un determinato ammontare di valuta estera ad un certo prezzo in un
qualsiasi momento fino a una data di scadenza prefissata.
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I fase del processo di integrazione: ilI fase del processo di integrazione: il
«serpente monetario europeo»«serpente monetario europeo»
 Il primo tentativo di integrazione monetaria (1972) è noto nella storia
monetaria dell’Europa come «serpente monetario europeo».
 Il mantenimento dei margini di oscillazione (± 1,125% tra le valute europee e
± 2,25% tra le valute europee e il dollaro) richiedeva un rigoroso
coordinamento tra le politiche economiche dei paesi comunitari e aiuti
adeguati per consentire il superamento di difficoltà temporanee di BP per i
paesi più deboli
 Shock petrolifero e inflazione molto diversificata tra i paesi europei
 Difficile il mantenimento della fissità dei tassi di cambio in queste condizioni
 Le frequenti crisi valutarie che colpirono i paesi europei durante l’esperienza
del serpente monetario fecero sì che nel serpente restassero solo quei paesi
con stretti legami di integrazione economica e commerciale con la Germania
(Olanda, Benelux).
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 Dopo il fallimento del “serpente monetario” (1974), e dopo il riconoscimento ai
paesi membri del FMI della libertà di scelta del sistema di fluttuazione preferito
(1976) cominciò il processo decisivo di integrazione monetaria con la creazione
dello SME (creato il 5 dicembre del 1978 entrò in funzione nel marzo 1979).
Il sistema monetario europeo
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 Aderirono allo SME dapprima i paesi della Comunità (Italia, Olanda, Germania,
Francia, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Irlanda) ad eccezione della Gran
Bretagna, successivamente entrarono la Spagna nel 1989, la Gran Bretagna nel
1990, e il Portogallo all’inizio del 1992.
 I pilastri dello SME erano:
1. Gli Accordi Europei di Cambio (ERM – Exchange Rate Mechanism):
accordo opzionale, con griglia di parità bilaterali tra le valute.
 I cambi potevano oscillare entro una banda ristretta del ± 2,25%. All’Italia fu
concesso un margine di fluttuazione del ± 6% (dal 1979 al 1990). Poi anche
Spagna (1989), Regno Unito (1990) e Portogallo (1992)
 Sistema interamente europeo (nessun riferimento al dollaro o all’oro)
113
2. L’ECU (European Currency Unit): unità di conto europea formata da un
paniere di valute comunitarie, sulla cui base si stabilivano le parità bilaterali.
 Divenne l’unità di conto ufficiale della Comunità europea, usato per le transazioni
ufficiali e i resoconti contabili (es., il bilancio della Comunità)
 Anche i privati hanno emesso titoli di debito usando questa unità
 L’euro è stato determinato in modo da valere esattamente 1 ECU alla sua prima
quotazione (4 gennaio 1999)
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3. Gli Accordi finanziari tra banche centrali: sistema di cambio pienamente
simmetrico e cooperativo.
 La responsabilità del mantenimento del cambio era esplicitamente condivisa
da entrambi i paesi.
 Obbligo di prestiti illimitati dalla Banca Centrale del paese con pressioni alla
rivalutazione verso la Banca Centrale del paese con pressioni alla
svalutazione.
 Dal 1987 possibilità di prestiti anche prima del raggiungimento del limite
della banda di oscillazione.
 Era possibile modificare le parità bilaterali (riallineamento), ma solo con
decisione congiunta di tutti i paesi.
114
Il funzionamento dello SMEIl funzionamento dello SME
 Lo SME disponeva di un congegno aggiuntivo rispetto al serpente: l’indicatore di
divergenza che segnalava andamenti difformi del tasso di cambio rispetto alla media
comunitaria
 Quando la moneta stava per avvicinarsi alla soglia massima consentita (pari al 75% del
± 2,25%) occorreva porre in essere misure correttive; vi era inoltre l’obbligo di
consultazione con gli altri membri dello SME
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 In caso di persistenti squilibri di bilancia dei pagamenti la parità poteva essere
modificata di concerto con gli altri paesi dello SME
 Lo SME ben presto divenne un regime asimmetrico, in cui il marco tedesco era la
moneta contro la quale tutte le altre monete erano sotto pressione di svalutazione
 Tre periodi nell’esperienza dello SME:
1. 1979-1987: più di dieci riallineamenti, soprattutto nella prima fase
 Il meccanismo dei tassi di cambio permise fluttuazioni più ampie (+/- 6%) per le
valute di Portogallo, Spagna, Gran Bretagna (fino al 1992) e Italia (fino al 1990).
 Le bande più ampie erano pensate per evitare speculazioni causate da diverse
politiche monetarie e fiscali (Questi paesi volevano una maggior flessibilità nella
politica monetaria – differenziali di inflazione)
 Per evitare speculazioni, inizialmente nello SME si applicarono anche dei controlli
valutari per limitare lo scambio di valute (limitazioni ai movimenti di capitali).
115
2. 1987-1992: periodo di stabilità, anche per la possibilità di prestiti prima del raggiungimento
del limite della banda di oscillazione (interventi intramarginali) e la concessione di bande
più ampie (6% per la lira fino al 1990, per la peseta, lo scudo portoghese e la sterlina fino
alla crisi del 1992).
 In effetti, i membri SME erano costretti a seguire le politiche monetarie controllate
della Germania, che tradizionalmente registrava bassa inflazione
 Dopo il 1986, per ridurre l’inflazione interna ogni paese cercava di ancorare la sua
valuta al DM ed i riallineamenti divennero molto rari
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 In assenza di aspettative di svalutazione (riallineamento), afflussi di capitali verso i
paesi con maggiore inflazione (tassi di interesse nominali più elevati)
 Ma perdita di competitività delle merci nazionali – deficit di conto corrente compensati
da surplus in conto capitale
 Con il meccanismo dei tassi di cambio a bande fisse dello SME, la Germania
“esportava” la propria politica monetaria
 Dal 1987 al 1990 i controlli valutari furono progressivamente rimossi per rendere l’UE
un mercato comune anche per il capitale finanziario
3. 1992-1998: crisi del ‘92-93, con abbandono dell’ERM da parte di Italia e Gran Bretagna e
numerosi riallineamenti; nel 1993 ampliamento della banda di oscillazione dal ± 2,25% al ±
15% (non più regime di cambi fissi, ma regime di fluttuazione limitata)
116
Aderendo allo SME l’Italia si impegnò a mantenere il tasso di cambio nominale
entro i parametri di oscillazione stabiliti, mentre quello reale, legato all’inflazione,
rimaneva profondamente squilibrato.
Fissando il tasso di cambio, si rinuncia a uno strumento efficace nella correzione degli
squilibri commerciali e nel controllo del livello di produzione aggregata.
In un sistema di cambi fissi, se un Paese ha, per qualsiasi motivo, una tendenza al
deficit estero, deve difendere il cambio, e può farlo in due modi: o “sparando” le sue
riserve valutarie (cioè usandole per acquistare la propria valuta, difendendone il
corso), o alzando il tasso d’interesse, perché questo invoglia gli investitori esteri a
domandare valuta nazionale per comprare i titoli nazionali che offrono un buon
rendimento.
Ancorandosi a un dato tasso di cambio fisso, si rinuncia anche al controllo del tasso di
interesse interno. Inoltre, il Paese deve seguire l’andamento del tasso di interesse
estero, correndo il rischio di effetti indesiderati sulla propria attività economica.
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L'unificazione tedesca, i tassi di interesse e lo SME
In un sistema di tassi di cambio fissi come lo SME (ignoriamo qui il grado di
flessibilità concesso dalle bande di oscillazione), nessun paese può cambiare il
suo tasso di interesse se anche gli altri paesi non fanno altrettanto.
Come cambiano allora in pratica i tassi di interesse?
Vi sono due possibili tipi di accordo implicito.
Uno prevede che i paesi membri coordinino tutte le variazioni dei tassi di
interesse.
Un altro prevede, invece, che un paese prenda l’iniziativa e gli altri lo seguano a
ruota.
Questo è proprio quello che è successo nello SME, nel quale è la Germania che ha
assunto il ruolo di guida.
Fonte: http://www.mulino.it/aulaweb/risorse/12798/stud/box_cap18.htm
www.memmt.info 118
Nel corso degli anni Ottanta, gran parte delle banche centrali europee
condivideva gli stessi obiettivi ed approvava il fatto che la Bundesbank (la banca
centrale tedesca) prendesse l’iniziativa. Ma nel 1990, l’unificazione tedesca ha
portato con sé una forte divergenza di obiettivi tra la Bundesbank e le banche
centrali degli altri paesi membri.
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Ricordiamo quali fossero gli effetti di ordine macroeconomico dell’unificazione: la
necessità di ingenti trasferimenti alla Germania orientale e la forte espansione
degli investimenti hanno portato entrambe a un significativo aumento della
domanda nel paese. Il timore della Bundesbank di un aumento eccessivo
dell’attività economica l’ha indotta ad adottare una politica monetaria restrittiva.
Il risultato è stato, come abbiamo visto, una forte crescita in Germania
accompagnata da un brusco aumento dei tassi di interesse.
Questo poteva anche essere il giusto mix di politica economica per la Germania.
Ma per gli altri paesi, gli effetti dell’unificazione tedesca non erano convenienti.
Gli altri paesi, infatti, pur non avendo registrato lo stesso aumento della
domanda, hanno comunque dovuto adeguare i loro tassi di interesse a quelli
tedeschi per rimanere nello SME.
119
L’aumento dei tassi d’interesse dovuto all’introduzione con lo SME dei tassi di
cambio fissi, si tradusse rapidamente in un nuovo grave problema per la politica
economica italiana, aumentando il fabbisogno del Tesoro e l’escalation della
crescita del debito.
Difendere il cambio favorendo, tramite alti tassi d’interesse, l’afflusso di capitali,
cioè l’indebitamento estero, rese fragile il Paese e alla fine lo mandò in pezzi.
Nel 1992, un numero crescente di paesi doveva scegliere se difendere la parità,
oppure uscire dallo SME e ridurre i tassi di interesse interni. Preoccupati del rischio
di svalutazioni, i mercati finanziari hanno iniziato a chiedere tassi di interesse
maggiori nei paesi dove la svalutazione era ritenuta più probabile. Ne sono
risultate due gravi crisi valutarie, una nell’autunno del 1992 e l’altra nell’estate del
1993. Alla fine di queste due crisi, due paesi, l’Italia e il Regno Unito, sono usciti
dallo SME.
www.memmt.info 120
/
Lo sganciamento dallo Sme frenò la dinamica dei tassi, e dal 1993 al 2002 la
spesa per interessi prima si stabilizzò e poi andò calando.
La lira esce dallo
SME settembre
1992
Fonte dati: Fondo Monetario Internazionale 121
Le politiche economiche in regime di cambio
fissi con perfetta mobilità dei capitali
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122
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La politica monetaria in regime di cambi fissi
La politica monetaria ha effetti profondamente diversi nei due regimi di
cambio. Schematizzando, si può dire che in una situazione in cui vi siano
movimenti internazionali di capitale, se i cambi sono fissi la politica
monetaria è inefficace. Il contrario accade in un sistema di cambi
flessibili.
Supponiamo che la banca centrale decida di condurre una politica
monetaria espansiva aumentando la base monetaria per un ammontare
di 50 tramite l’acquisto di titoli con un’operazione sul mercato in regime
di cambi fissi.
Il bilancio di una banca centrale può essere rappresentato dalla tabella:
www.memmt.info 123
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La base monetaria è aumentata da 400 a 450, mentre il tasso di interesse è
necessariamente diminuito a seguito dell’aumento della domanda di titoli ( un aumento
della domanda dei titoli infatti ne fa aumentare il prezzo, riducendone il rendimento,
ovvero il tasso di interesse).
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Data questa diminuzione del tasso di interesse, gli investitori cercheranno di acquistare
titoli esteri divenuti più attraenti in virtù del maggiore rendimento. Prima di acquistare
titoli esteri, però, devono comprare valuta estera sul mercato dei cambi, vendendo
valuta nazionale in cambio di valuta estera. Se la banca centrale non facesse nulla, il
prezzo della moneta nazionale diminuirebbe e il risultato sarebbe un deprezzamento.
Sotto l’accordo di tassi di cambio fissi, la banca centrale non può permettere il
deprezzamento della valuta. Deve quindi intervenire sul mercato dei cambi e vendere
valuta estera in cambio di valuta nazionale. Vendendo valuta estera e acquistando
valuta nazionale, la base monetaria decresce.
A seguito di questa operazione, il bilancio della banca centrale diventa:
124
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Tuttavia così facendo la banca centrale ritira dalla circolazione valuta domestica
in cambio di valuta estera che attinge dalle proprie riserve. La variazione delle
riserve deve essere uguale alla iniziale espansione monetaria in modo da
garantire il ritorno del tasso di interesse al valore di equilibrio precedente
l’operazione di mercato aperto. Se così non fosse il differenziale tra il tasso di
interesse domestico ed il tasso di interesse estero determinerebbe flussi di
capitali in uscita ( se negativo) o in entrata (se positivo) che provocherebbero
una variazione delle riserve e della base monetaria sino al completo ripristino
dell’equilibrio. Il regime di cambi fissi obbliga quindi la banca centrale a
compiere una manovra monetaria esattamente opposta a quella intrapresa
inizialmente. Dato questo regime e perfetta mobilità di capitali, la politica
monetaria ha come unico effetto quello di modificare il peso relativo delle
diverse voci nel bilancio della banca centrale senza alterarne i saldi.
www.memmt.info 125
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La politica monetaria in regime di cambi flessibili
Una politica monetaria espansiva, realizzata ad esempio dalla banca centrale
con una operazione di mercato aperto volta all’acquisto di titoli, si rivela più
efficace in regime di cambi flessibili .
Un’espansione monetaria determina un abbassamento del tasso di interesse
e, quindi, una tendenza al peggioramento dei movimenti dei capitale. Questo
deficit tende a fare deprezzare il cambio. Stavolta la banca centrale non ha
assunto alcun obbligo relativamente al tasso di cambio, ragion per cui non
interviene e il cambio si deprezza. Il deprezzamento del cambio ha due effetti.
Da un lato incrementa le esportazioni nette, dall’altro lato riduce le
importazioni.
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Questo processo continuerà sino a quando il tasso di cambio non sarà sceso
tanto da riportare in pareggio la bilancia dei pagamenti (il tasso di cambio
raggiunge un livello talmente basso da generare aspettative di un
apprezzamento).
Alla fine del processo il sistema economico si ritroverà quindi con un livello di
reddito superiore rispetto a prima dell’intervento e tassi di interesse inferiori.
126
La politica fiscale in regime di cambi fissi
Consideriamo una manovra di politica fiscale espansiva: ad esempio, un
aumento della spesa pubblica, non finanziato da base monetaria in un regime
di cambi fissi. Ne derivano due effetti sulla bilancia dei pagamenti: il primo, di
peggioramento del saldo dei movimenti dei beni, per l’incremento di reddito
che ne scaturisce, e l’altro in senso contrario, di miglioramento dei movimenti
di capitale, per l’incremento del tasso di interesse conseguente alla vendita di
titoli di Stato. L’effetto netto sarà diverso a seconda della reattività dei vari
mercati.
Considerata l’elevata mobilità dei capitali, vi è un effetto netto positivo sulla
bilancia dei pagamenti. Per evitare un apprezzamento della valuta domestica, la
banca centrale deve acquistare attività estere, aumentando di conseguenza
l’offerta di moneta e diminuendo i tassi di interesse.
E quindi produrrà uno stimolo positivo ulteriore al reddito, rispetto a quello
offerto dalla manovra di politica fiscale espansiva.
www.memmt.info 127
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La politica fiscale in regime di cambi flessibili
Un aumento della spesa pubblica finanziato da debito pubblico comporta un
aumento del reddito, che fa peggiorare il saldo dei movimenti dei beni, e un
innalzamento del tasso di interesse, che accresce il saldo dei movimenti di
capitale.
Nel caso di perfetta mobilità dei capitali, essendo l’aumento dovuto al
movimento dei capitali superiore al peggioramento del saldo dei movimenti dei
beni, vi sarà un apprezzamento del tasso di cambio, non più costretto entro
certi limiti come nel caso di cambi fissi. La perdita di competitività che ne
scaturisce tende a ridurre le esportazioni nette e il reddito.
In sintesi, la manovra fiscale espansiva finanziata da debito pubblico risulta del
tutto inefficace. Infatti, in caso di perfetta mobilità la spinta all’apprezzamento
è tanto forte che soltanto una riduzione delle esportazioni nette pari all’iniziale
aumento della spesa pubblica è capace di riportare l’equilibrio.
www.memmt.info 128
Il finanziamento della spesa pubblica con base monetaria è, rispetto al
finanziamento con debito, molto meno costoso o niente affatto costoso.
Non lo è affatto, se realizzato attraverso emissione di moneta, lo è in minima
misura se ottenuto nell’ambito di convenzioni fra Stato e Banca Centrale
(scoperto di c/c di Tesoreria).
Il finanziamento con base monetaria in regime di cambi flessibili
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In questo caso, mentre l’effetto di un aumento del reddito è certo, non può
dirsi a priori ciò che accade ai tassi di interesse. Di norma la variazione di base
monetaria necessaria per mantenere invariati i tassi di interesse sarà maggiore
o minore della spesa pubblica addizionale. Comunque, una politica monetaria
che assicuri tale invarianza viene denominata accomodante.
In tale caso la politica fiscale espansiva esplica appieno i suoi effetti e si
giustifica il ruolo preminente attribuitole da Keynes. Da questo punto di vista,
uno stretto coordinamento della politica fiscale e di quella monetaria si rileva
prezioso per ottenere incrementi di reddito e di occupazione.
Il finanziamento monetario può provocare aumenti di prezzi in presenza di
pieno impiego o di strozzature settoriali.
129
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Vantaggi dei tassi di cambio fissi
• Riduzione dell’incertezza. In un regime di cambi fissi, il commercio e
l’investimento internazionale diventano molto meno rischiosi, perché i profitti
non sono influenzati dall’andamento del tasso di cambio.
• Speculazione minima o nulla. A condizione che il tasso di cambio sia
assolutamente fisso è del tutto inutile speculare.
• Correzione automatica degli errori di politica monetaria. La Banca centrale è
obbligata ad intervenire per sostenere il tasso di cambio, acquistando/vendendo
valuta nazionale nel mercato dei cambi ,oppure innalzando/abbassando i tassi di
interesse.
• Impedire al governo di perseguire politiche macroeconomiche
“irresponsabili”.
www.memmt.info 130
Svantaggi dei tassi di cambio fissi
• I cambi fissi minano l’efficacia della politica monetaria. Per assicurare un
equilibrio complessivo della bilancia dei pagamenti, le autorità devono agire
sulla leva dei tassi di interesse.
• I tassi di cambio fissi sono in contrasto con il principio del libero mercato.
Perché fissare i tassi di cambio, quando un semplice apprezzamento o
deprezzamento può correggere uno squilibrio?
• I disavanzi della bilancia dei pagamenti possono condurre a una recessione.
• Le strategie di deflazione competitiva possono provocare una depressione
mondiale.
• Speculazione. Se gli speculatori ritengono che un tasso di cambio fisso non potrà
essere difeso a lungo, lanceranno massicci attacchi speculativi contro la valuta
nazionale.
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Vantaggi dei tassi di cambio flessibili
• Correzione automatica. Anziché intervenire nel mercato valutario, il
governo lascia che il tasso di cambio si aggiusti liberamente verso l’equilibrio.
• Nessun problema di liquidità internazionale e di riserve. Poiché la banca
centrale non interviene nel mercato dei cambi, non è necessario detenere
riserve.
• Isolamento dagli eventi economici esterni. Un paese non è vincolato a un
tasso di inflazione internazionale magari eccessivamente elevato e può
scegliere liberamente il proprio obiettivo di inflazione.
• Liberta di scegliere le politiche economiche interne. In un regime di cambi
fissi, un governo potrebbe essere costretto a deflazionare l’economia pur in
presenza di un’elevata disoccupazione. In un regime di cambi fluttuanti,
invece, il governo può scegliere il livello di domanda interna che ritiene più
opportuno.
www.memmt.info 132
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Svantaggi dei tassi di cambio flessibili
• Incertezza per gli operatori commerciali e gli speculatori. L’incertezza
causata dalle fluttuazioni valutarie può scoraggiare i commerci e gli
investimenti internazionali. In una certa misura, il problema può essere risolto
facendo ricorso al mercato a termine dei cambi.
• Scarsa disciplina economica a livello nazionale. I governi possono
perseguire politiche inflazionistiche irresponsabili.
• Speculazione. In un mondo caratterizzato da incertezza, in cui esistono poche
restrizioni alla speculazione valutaria, le sorti e le politiche dei governi possono
cambiare rapidamente ed enormi volumi di depositi a breve termine si
muovono liberamente da un paese all’altro, la speculazione può avere un
impatto fortemente destabilizzante nel breve periodo, provocando una marcata
iperreazione dei tassi di cambio.
www.memmt.info 133
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Conclusioni
Né i tassi di cambio fissi né quelli liberamente fluttuanti sono esenti da
problemi. Per questa ragione, i governi cercano spesso un compromesso tra i
due, nella speranza che un sistema intermedio possa arrecare i benefici di
entrambi, evitando al contempo la maggior parte degli svantaggi.
Possiamo sicuramente affermare che una moneta fluttuante fornisce più
spazio di politica interna, ovvero la capacità di usare la politica fiscale e
monetaria interna per raggiungere determinati obiettivi di medio e lungo
periodo. Al contrario, un tasso di cambio fisso riduce lo spazio politico di
manovra. Ciò non significa necessariamente che un governo con un tasso di
cambio fisso non può perseguire la sua politica interna, ma è in un certo senso
obbligato e indirizzato innanzitutto da un fattore più importante di tutti gli
altri: accumulare sufficiente valuta estera (o oro) per difendere la sua moneta
nazionale.
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Fixed and Flexible Exchange Rates
and Currency Sovereignty
C. Sardoni L. Randall Wray
Un tasso di cambio flessibile permette una grande indipendenza nelle politiche
interne, fornendo spazio per politiche fiscali e monetarie. Comunque, e ciò deve
essere sottolineato, adottare un regime di tassi di cambio flessibili non è una
panacea. Un regime di tassi di cambio flessibili non può, ovviamente, garantire
che le politiche domestiche siano effettivamente scelte e implementate con
criterio. È solo una condizione necessaria per ottenere indipendenza politica.
Ciò, di per sé, non garantisce un uso illuminato sia di questa indipendenza
politica, sia una facile strada per la crescita e lo sviluppo. Nell’attuale situazione
mondiale, i tassi di cambio flessibili sono necessari, ma non sufficiente
condizione per l’implementazione di politiche in grado di promuovere una
maggior crescita, una maggior occupazione e un maggior stato sociale.
www.memmt.info 135
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Si noti che un regime di tassi flessibili o fluttuanti, non è necessariamente un
sistema di “libera fluttuazione”. Noi lasceremmo spazio ad una forma di
intervento discrezionale. Ciò che raccomandiamo, è un sistema a “moneta
amministrata”,
Le politiche monetarie e fiscali, così come le transazioni ufficiali nei mercati dei
cambi, possono ancora essere utilizzate per “amministrare” i tassi di cambio in
alcune circostanze. In particolare, gli interventi sono previsti nel caso di rapide
rivalutazioni utilizzate per alleggerire la crescente pressione competitiva
derivante da una valuta troppo forte.
Fixed and Flexible Exchange Rates
and Currency Sovereignty
C. Sardoni L. Randall Wray
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I tassi di cambio fluttuanti danno alle nazioni un maggior grado di libertà ma,
ovviamente, esso implica alcuni costi. Tra questi, possono esserci più ampi gradi
di incertezza a causa di una possibile maggiore volatilità dei tassi di cambio e dei
termini di scambio, così come il costo di un possibile innesco di processi
inflazionistici derivanti da un ampio deprezzamento della valuta nazionale, che
conduce ad un incremento dei prezzi delle importazioni. Da questo punto di
vista, una maggior stabilità e indipendenza potrebbero, forse, essere raggiunte
attraverso qualche combinazione dei tassi di cambio flessibili, combinata con
controlli di capitale e politiche commerciali. Questi fattori renderebbero più
semplice adottare tassi di cambio amministrati.
Fixed and Flexible Exchange Rates
and Currency Sovereignty
C. Sardoni L. Randall Wray
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Iii lezione i tassi di cambio svalutazione inflazione

  • 1. 1 Terza lezione: Regimi di tasso di cambio,Terza lezione: Regimi di tasso di cambio, svalutazione e inflazionesvalutazione e inflazione Relatore Filippo AbbateRelatore Filippo Abbate
  • 2. http://memmttoscana.wordpress.com/ Il tasso di cambio e quotazione La Bilancia dei Pagamenti e il tasso di cambio Tassi di cambio e economia reale www.memmt.info Il tasso di cambio reale I regimi dei tassi di cambio Svalutazione e bilancia commerciale Svalutazione e inflazione La svalutazione
  • 3. http://memmttoscana.wordpress.com/ Il tasso di cambio nominale è il prezzo di una valuta in termini di un’altra. Questo prezzo può essere definito in due modi: • il primo metodo, detto quotazione incerto per certo, definisce il tasso di cambio come quantità di valuta nazionale scambiata per una unità di valuta estera. Se ad esempio diciamo che il tasso di cambio £/$ = 1200 significa che 1200 £= 1 $ Il tasso di cambio nominale: Definizione e metodi di quotazione • il secondo, detto quotazione certo per incerto, definisce il tasso di cambio come quantità di valuta estera scambiata per una unità di valuta nazionale. Se ad esempio diciamo che il tasso di cambio €/$ è oggi a 1,35 significa 1 € = 1.35 $ Si noti che mentre noi in Europa utilizziamo il metodo certo per incerto (1=x), il tasso di cambio del dollaro verso le valute dei paesi emergenti si basa sul metodo contrario, incerto per certo, ossia quante unità di valuta locale si ottengono in cambio di un dollaro (x=1). www.memmt.info 3
  • 4. http://memmttoscana.wordpress.com/ Nel nostro sistema quindi, un aumento del tasso di cambio significa che la valuta si apprezza - con lo stesso euro compreremo una maggior quantità di dollari, mentre nella quotazione incerto per certo un un aumento del tasso di cambio significa che la valuta si deprezza. certo per incerto Quanti $ per 1 € incerto per certo Quante Lire per 1 Ecu/DM www.memmt.info 4
  • 5. http://memmttoscana.wordpress.com/ Come si determina il tasso di cambio Il tasso di cambio è determinato dall'incontro della domanda e dell'offerta di valuta nel mercato dei cambi, mercato chiamato Forex (Foreign Exchange Market). La domanda e l'offerta di una valuta avviene in seguito al cambio da una valuta all'altra necessario per effettuare gli scambi internazionali. Ad ogni esportazione di merci corrisponde un cambio di valuta straniera con valuta nazionale, al fine di pagare le merci del paese, e quindi un acquisto di valuta nazionale. Ad ogni importazione di merci, viceversa, ci sarà una vendita di valuta nazionale per pagare le importazioni in valuta straniera. Quindi se il saldo degli scambi con l'estero è attivo, la forte domanda della valuta ne spingerà in alto il prezzo. Viceversa, la valuta tenderà a perdere valore. Ad ogni importazione di capitali corrisponde un cambio di valuta straniera con valuta nazionale, al fine di pagare le attività finanziarie, e quindi un acquisto di valuta nazionale. Ad ogni esportazione di capitali, ci sarà una vendita di valuta nazionale per pagare le attività finanziarie in valuta straniera. www.memmt.info 5
  • 6. Come si determina il tasso di cambio Il tasso di cambio dipende, in definitiva dalla bilancia dei pagamenti di un paese, e in particolare: • dagli scambi commerciali: importazioni ed esportazioni di beni, compreso il turismo da un paese all'altro; • dagli investimenti finanziari (ad es.: acquisto di buoni del tesoro stranieri) - questo volume di scambio è legato in particolar modo al livello del tasso di interesse che se alto attira capitali alla ricerca di buoni rendimenti. www.memmt.info 6
  • 7. http://memmttoscana.wordpress.com/ La Bilancia dei Pagamenti registra tutti i movimenti di valuta tra un paese e il resto del mondo. www.memmt.info 7
  • 9. http://memmttoscana.wordpress.com/ Ma se i pagamenti non sono in equilibrio, i casi sono due: 1) c’è stato eccesso di domanda di valuta nazionale (da parte di esportatori di beni o importatori di capitali): e in questo caso il cambio tenderà ad apprezzarsi; 2) c’è stato eccesso di offerta di valuta nazionale (da parte di importatori di beni o esportatori di capitali): e in questo caso il cambio tenderà a deprezzarsi. Lo scopo è quello di stabilire se il saldo fra pagamenti ricevuti e pagamenti effettuati è positivo o negativo (o nullo). www.memmt.info 9
  • 10. http://memmttoscana.wordpress.com/ I SALDI INTERMEDI Il saldo della bilancia dei pagamenti dipende, così, in particolare: a) dal saldo del conto corrente e del conto capitale, che varia in particolare in funzione di: - fattori di competitività di prezzo, ossia del tasso di cambio reale; - fattori di domanda, ovvero, livello di reddito interno ed esterno; b) dal saldo dei movimenti di capitale (conto finanziario), che dipende dal differenziale di interesse e dal premio per la copertura del tasso di cambio a termine (parità coperta dei tassi d'interesse). www.memmt.info 10
  • 11. Esportazioni 17.930 Importazion i 18.188 Totale 36.118 Commercio estero mondiale 2012 (mld $) http://www.wto.org/english/res_e/statis_e/its2013_e/its13_world_trade_dev_e.pdf http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2010-12-18/monetario-mercato-4mila-miliardi-1 La maggior parte delle transazioni in valuta non è associata al commercio internazionale, ma alla compravendita di attività finanziarie. www.memmt.info 11
  • 12. http://memmttoscana.wordpress.com/ Media giornaliera scambi Forex April 2013 (mld $) http://www.bis.org/publ/qtrpdf/r_qt1312e.htm www.memmt.info 12
  • 13. http://memmttoscana.wordpress.com/ La stragrande maggioranza delle transazioni internazionali sul Forex, certamente oltre il 90% del volume totale non è direttamente legato alle partite correnti. Ne consegue che non vi è ragione per cui gli aggiustamenti dei tassi di cambio dovrebbero eliminare gli squilibri di partite correnti. Il tasso di cambio è determinato dall'incontro della domanda e dell'offerta di valuta sul Forex, pertanto il saldo del conto corrente non riveste il ruolo principale nella determinazione dello stesso. www.memmt.info 13
  • 16. http://memmttoscana.wordpress.com/ PercentualedelPIL Saldo partite correnti Australia – Gran Bretagna (1990-2013) www.memmt.info 16
  • 17. http://memmttoscana.wordpress.com/ La stragrande maggioranza delle transazioni internazionali sul Forex, certamente oltre il 90% del volume totale è direttamente riconducibile alle transazioni di natura finanziaria. Ne consegue la domanda e l'offerta di una valuta dipende prevalentemente dal differenziale di interesse e dal premio per la copertura del tasso di cambio a termine. Il tasso di cambio è determinato dall'incontro della domanda e dell'offerta di valuta sul Forex, pertanto il contributo del saldo del conto finanziario nella determinazione dello stesso è prevalente. www.memmt.info 17
  • 19. http://memmttoscana.wordpress.com/ A seconda delle circostanze, le autorità monetarie possono preferire che il tasso di cambio segua liberamente le forze della domanda e dell'offerta, oppure possono preferire che esso non si allontani da un determinato valore. Queste diverse possibilità di scelta si esprimono mediante accordi tra autorità monetarie che danno vita al sistema monetario internazionale. REGIMI DI CAMBIO www.memmt.info 19
  • 20. http://memmttoscana.wordpress.com/ Il Fondo Monetario Internazionale classifica i regimi di cambio sulla base della loro flessibilità e sulla presenza di impegni formali o informali a seguire un certo andamento. In ordine crescente di flessibilità i regimi di cambio identificati sono: Dollarizzazione: nel paese viene adottata una moneta emessa da un altro paese (in genere il dollaro). E' un caso estremo di tasso di cambio fisso in cui la politica monetaria è svolta dal paese estero. Classificazione dei regimi di cambio Currency Board: è un regime di cambio basato sull'istituzionalizzazione del vincolo della politica monetaria (attraverso una legge speciale o l'inserimento nella costituzione). Il currency board è un'autorità monetaria che si sostituisce o si affianca alla Banca centrale ed emette valuta soltanto se questa e coperta da un eguale ammontare di valuta estera alla quale la valuta domestica è legata da un cambio fisso. L'operato della banca centrale del paese che adotta il currency board è legato alla condotta della banca centrale del paese verso cui il tasso e stato fissato (con conseguente perdita di autonomia della politica monetaria, Argentina aprile 1991 - gennaio 2002). www.memmt.info 20
  • 21. Tasso di cambio fisso (Peg): il tasso di cambio della valuta domestica è fissato ad un'altra valuta (o ad un paniere di valute) e può oscillare in una banda piuttosto limitata tra -/+ 1-2%. Non c'e alcun impegno legale a mantenere la parità irrevocabilmente, ma la banca centrale si impegna a mantenere la parità centrale attraverso interventi diretti (acquisto/vendita di valuta estera) o indiretti (manovre sui tassi). La flessibilità della politica monetaria, benché limitata, è mantenuta, soprattutto perché le “barriere all'uscita” sono deboli ed un paese può decidere di abbandonare il tasso di cambio o modificare la parità (riallineamento). Si tratta in genere di accordi unilaterali (un paese fissa la propria valuta ad una estera), ma esistono anche accordi multilaterali (come lo SME). www.memmt.info Crawling peg (parità strisciante): il tasso di cambio è ancora ancorato ad una valuta (o ad un paniere di valute), ma la parità viene aggiustata periodicamente (con variazioni ridotte) sulla base di alcuni indicatori prefissati, generalmente il differenziale inflazionistico tra i due paesi. 21
  • 22. http://memmttoscana.wordpress.com/ Fluttuazione all'interno di una banda: il tasso di cambio viene lasciato fluttuare liberamente all'interno di una banda di oscillazione e la banca centrale interviene solo quando il tasso di cambio si avvicina agli estremi. La parità centrale e i margini possono essere fissi (target zone) o aggiustati periodicamente sulla base di alcuni indicatori predeterminati (crawling bands). Il grado di flessibilità del cambio dipende dall'ampiezza della banda. Fluttuazione sporca (managed floating): l'autorità monetaria cerca di influenzare il tasso di cambio attraverso interventi diretti o indiretti, ma senza avere un preciso obiettivo di cambio. Gli interventi sono sporadici e determinati da eventi particolari (ad esempio, un peggioramento non strutturale della bilancia dei pagamenti). Tassi di cambio perfettamente flessibili (independently floating): il tasso di cambio è determinato unicamente dalle forze di mercato, senza alcun intervento delle autorità monetarie mirato a stabilizzare o indirizzare il tasso di cambio. www.memmt.info 22
  • 23. Le autorità si impegnano a mantenere fisso il tasso di cambio e tutte le volte che le forze di mercato, che determinano la domanda e l’offerta di valuta, tendono a modificare il tasso di cambio, o con un apprezzamento o con un deprezzamento, le autorità monetarie intervengono, comprando oppure vendendo valuta nazionale per contrastare le fluttuazioni del mercato. - Il regime a cambi fissi, si realizza quando due o più paesi concordano di mantenere il tasso di cambio tra le loro valute ad un determinato valore ( più frequentemente, entro una certa fascia), o di aderire ad una unione monetaria. - Il regime a cambi fluttuanti, si realizza quando uno o più paesi decidono di lasciare che i tassi di cambio della propria valuta con tutte le altre siano liberamente determinati dalla domanda e dall’offerta, lasciando che il meccanismo di mercato operi liberamente. Principali regimi di cambio www.memmt.info 23
  • 24. 24http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Il regime dei cambi fissi favorisce gli scambi internazionali grazie alla stabilità del cambio, ma in caso di pressioni sul cambio dovute a uno squilibrio nella bilancia dei pagamenti, in un regime a cambi fissi non si può far scendere il valore della moneta, ma bisogna adottare politiche restrittive per diminuire la domanda e le importazioni, aumentare i tassi di interesse, e insomma il riequilibrio passa necessariamente attraverso una crisi economica interna al paese. In un regime di cambi fluttuanti, il riequilibrio della bilancia avviene automaticamente col deprezzamento della valuta nei confronti delle altre valute che renderà più competitive le esportazioni. Naturalmente se il paese dipende parecchio dalle importazioni ci sarà il rovescio della medaglia, perché le importazioni diventeranno più costose. Regime di cambi fissi e fluttuanti
  • 26. http://memmttoscana.wordpress.com/ Come abbiamo detto, il tasso di cambio è il prezzo relativo di due monete. Se astraiamo dalle transazioni di carattere finanziario e in particolare speculativo (ad esempio, le operazioni di arbitraggio), un agente economico che acquista una valuta estera lo fà per perfezionare degli scambi di beni (cioè delle transazioni reali): ad esempio, un importatore acquista dollari per pagare le materie prime o i prodotti finiti che importa, un turista acquista rupie per finanziare la propria vacanza all’estero (dove acquisterà beni e servizi), ecc. ecc. Questa misura è data dal tasso di cambio reale In tutte queste transazioni sono coinvolti, oltre ai tassi di cambio, anche i prezzi dei beni e dei servizi scambiati. I due elementi (prezzi e tasso di cambio) concorrono nel determinare la convenienza per un operatore economico ad acquistare in un paese piuttosto che in un altro. È quindi utile disporre di una misura del tasso di cambio che tenga conto dell’effetto dei prezzi, o, per dirla in un altro modo, che venga definito come prezzo relativo non fra due valute, ma fra due insiemi di beni. Tasso di cambio reale www.memmt.info 26
  • 27. http://memmttoscana.wordpress.com/ Il tasso di cambio reale é il prezzo relativo dei beni nazionali e dei beni esteri. Il tasso di cambio reale Il tasso di cambio reale compara i prezzi di un bene nazionale e di uno straniero all’interno di una economia e dipende dal tasso di cambio nominale e dai prezzi del bene nazionale e di quello straniero, misurati nelle valute locali. Il tasso di cambio reale è il rapporto fra il livello dei prezzi interni e il livello dei prezzi esterni, espresso in valuta estera (quotazione certo per incerto). www.memmt.info 27
  • 28. Per esempio: Se il tasso di cambio EUR/USD é di 1,20 e un’auto in Italia costa 30.000 euro e in USA costa 36.000 dollari, significa che l’automobile ha in realtà lo stesso valore. Questo perché 36.000 dollari hanno lo stesso valore di 30.000 euro. Abbiamo fatto un esempio il cui calcolo si può fare semplicemente a mente, per gli altri casi, ecco la formula E = e (P/P*) dove: E é il tasso di cambio reale e il tasso di cambio nominale P il prezzo dei beni nazionali P* il prezzo dei beni esteri. Quindi, nel nostro esempio: E= 1,20 (30.000/36.000) = 1 www.memmt.info 28
  • 29. Esempi: E= 1,20 (30.000/36.000) = 1 Se E assume valori > oppure < di 1 significa che il cambio reale tra le due valute si sta apprezzando o deprezzando. Caso 3: Inflazione nel Paese €; il prezzo da 30.000 passa a 33.000 a cambio invariato E= 1,20 (33.000/36.000) = 1,1 L’aumento del prezzo in € rende più conveniente il bene prodotto all’estero (33.000 € = 39.600$) => Aumento importazioni del Paese € e aumento esportazioni del Paese $ Caso 4: Inflazione nel Paese $; il prezzo da 36.000 passa a 39.000 a cambio invariato E= 1,20 (30.000/39.000) = 0,923 L’aumento del prezzo in $ rende più conveniente il bene prodotto all’interno (39.000 $ = 32.500 €) => Aumento esportazioni del Paese € e aumento importazioni del Paese $ Il cambio reale è la determinante chiave nelle quantità di importazione e esportazione di una economia (es. regime cambi fissi) www.memmt.info 29
  • 30. Il cambio reale è la determinante chiave nelle quantità di importazione e esportazione di una economia (es. regime cambi fluttuanti) Esempi: E= 1,20 (30.000/36.000) = 1 Se E assume valori > oppure < di 1 significa che il cambio reale tra le due valute si sta apprezzando o deprezzando. Caso 1: Apprezzamento dell’€; il cambio da 1,20 passa a 1,30 a prezzi invariati E= 1,30 (30.000/36.000) = 1,083 L’apprezzamento del cambio reale rende più conveniente il bene prodotto all’estero (30.000 € = 39.000 $) => Aumento importazioni del Paese € e aumento esportazioni del Paese $ Caso 2: Deprezzamento dell’€; il cambio da 1,20 passa a 1,10 a prezzi invariati E= 1,10 (30.000/36.000) = 0,916 Il deprezzamento del cambio reale rende più conveniente il bene prodotto all’interno (36.000 $ = 32.727 €) => Aumento esportazioni del Paese € e aumento importazioni del Paese $ www.memmt.info 30
  • 31. In particolare, il tasso di cambio reale aumenta, cioè si apprezza, quando: • aumentano i prezzi interni , • il cambio si rivaluta, • diminuiscono i prezzi esteri In tutti questi casi per gli agenti economici residenti nel paese di riferimento diventa più conveniente acquistare beni esteri anziché beni nazionali, o perché i beni nazionali sono più cari, o perché quelli esteri sono meno cari, o perché la valuta estera costa meno; di conseguenza il paese i subisce una perdita di competitività. Viceversa una diminuzione, cioè un deprezzamento, del tasso di cambio reale implica un aumento di competitività, che può essere determinato o da movimenti relativi dei prezzi, o da una svalutazione del cambio nominale. Nel mondo reale, le valute non sono utilizzate soltanto per le transazioni di conto corrente, ma vengono anche impiegate nelle transazioni di conto capitale. www.memmt.info 31
  • 32. http://memmttoscana.wordpress.com/ Regimi di tasso di cambi e economia reale www.memmt.info 32
  • 33. http://memmttoscana.wordpress.com/ Tassi di cambio fissi e l'inflazione variabile www.memmt.info 33
  • 34. http://memmttoscana.wordpress.com/ Tassi di cambio flessibili e l'inflazione variabile E = e (P/P*) e = (P/P*) / E e = (105/102) / 1 = 1,03 www.memmt.info 34 Quotazione incerto per certo
  • 35. http://memmttoscana.wordpress.com/ Differenziali medi di inflazione Paesi Euro e Germania Country 1980-1998 1999-2013 Austria 0,4 0,5 Belgium 0,8 0,6 Finland 2,0 0,3 France 2,0 0,1 Greece 13,1 1,3 Italy 5,2 0,7 Netherlands -0,1 0,6 Portugal 9,4 0,9 Spain 4,7 1,2 www.memmt.info 35
  • 36. http://memmttoscana.wordpress.com/ …….quali conseguenze ……...quali conseguenze …….. Indici di prezzo nell’eurozonaIndici di prezzo nell’eurozona www.memmt.info 36
  • 37. http://memmttoscana.wordpress.com/ …….quali conseguenze ……sulla competitività?.quali conseguenze ……sulla competitività? Austria Belgium Finland France Germany Greece Ireland Italy Netherlands Portugal Spain 1999 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 2000 102,3 102,5 103,0 101,7 101,4 103,2 105,6 102,5 102,3 102,9 103,4 2001 105,1 105,1 105,7 103,3 103,4 106,7 110,8 105,4 106,6 107,4 107,1 2002 107,0 106,7 107,4 105,3 104,9 110,6 115,9 108,0 110,1 111,3 110,4 2003 108,5 108,5 108,3 107,5 105,9 114,4 119,9 110,9 112,4 114,9 113,8 2004 110,7 110,7 108,6 109,8 107,7 117,7 122,6 113,4 113,8 117,6 117,2 2005 113,3 113,8 109,2 111,6 109,3 121,9 125,5 115,6 115,7 120,3 121,2 2006 114,9 115,9 111,0 113,5 111,1 125,8 130,4 118,1 117,1 124,0 125,4 2007 117,4 118,0 113,7 115,2 113,6 129,4 136,8 120,2 119,0 127,1 128,9 2008 121,1 123,3 118,4 118,5 116,6 134,8 142,4 124,1 121,9 130,5 134,2 2009 121,7 123,1 118,4 118,6 117,0 136,5 136,0 125,1 123,4 129,4 133,8 2010 123,9 125,9 119,8 120,3 118,2 142,9 134,8 127,0 125,0 131,2 136,2 2011 128,0 130,3 123,9 122,9 120,7 147,6 138,3 130,6 127,9 136,1 140,6 2012 131,2 133,9 127,3 125,3 123,1 149,8 140,6 134,5 131,1 139,9 143,9 2013 133,9 135,4 129,3 126,5 125,0 148,5 141,3 136,1 134,4 140,3 145,9 www.memmt.info 37
  • 38. http://memmttoscana.wordpress.com/ …….quali conseguenze ……sulla competitività?.quali conseguenze ……sulla competitività? Tassi di cambio reali bilaterali Germania e partner eurozona www.memmt.info 38
  • 39. Tassi di cambio reali bilaterali tra partner eurozona e Germania www.memmt.info 39
  • 41. http://memmttoscana.wordpress.com/ Facciamo il punto: • a partire dalla metà degli anni ’80 i differenziali di inflazione fra paesi partner dell’eurozona e Germania si sono ridotti; • questo processo è continuato anche dopo l’entrata nell’euro, che quindi non ha né causato né amplificato i differenziali di inflazione; • al contempo, questi differenziali sono sempre rimasti in media positivi, cioè gli altri paesi hanno continuato ad avere più inflazione della Germania, e quindi non cè stata convergenza fra tutti i partner dell'eurozona; • questo ha determinato una svalutazione reale della Germania rispetto a tutti i partner, se pure in misura variabile (e simmetricamente una rivalutazione reale dei partner rispetto alla Germania); • questa svalutazione reale ha contribuito al grande successo delle esportazioni tedesche, successo che, è molto più marcato rispetto ai partner dell’eurozona che rispetto al resto del mondo . Il che è ovvio, visto che il resto del mondo, per difendersi, ha a disposizione lo strumento della flessibilità del cambio. Il cambio è fisso mentre l'inflazione è variabile www.memmt.info 41
  • 42. Tassi di cambio flessibili e economia finanziaria www.memmt.info 42
  • 43. http://memmttoscana.wordpress.com/ Tassi di cambio fissi e economia finanziaria www.memmt.info 43
  • 44. http://memmttoscana.wordpress.com/ Il cambio è fisso mentre l'inflazione è variabile. Ne consegue che i Paesi che riescono a tenerla più bassa di altri, che sono sì geograficamente vicini ma anche competitori nella dinamica delle esportazioni e delle importazioni di merci e capitali, in pratica effettuano una sorta di svalutazione monetaria indiretta. Ed è quello che sta succedendo a Germania e Francia rispetto a Paesi come Italia, Spagna e Portogallo. www.memmt.info 44
  • 46. 46 L’inflazione misura il valore interno della moneta tramite il potere di acquisto, la svalutazione (o rivalutazione) serve invece a quantificare il valore esterno della moneta tramite il tasso di cambio.
  • 47. http://memmttoscana.wordpress.com/ La svalutazione è la perdita di valore di una moneta nei confronti di una o più monete, regolate da un regime di cambi fissi, in seguito alla variazione della parità o al definitivo sganciamento della valuta da un’altra moneta forte. E’ un aggiustamento del tasso di cambio coerente ai parametri reali dell’economia di un Paese. Quando invece ci si trova in un regime di cambi variabili si parla di deprezzamento della moneta. Esso avviene in un mercato di cambi flessibili in cui la domanda e l'offerta di un tipo di moneta regolano il prezzo della stessa. www.memmt.info 47 La svalutazione
  • 48. 48http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Differenziale di inflazione cumulato e svalutazione 2001 1994 1997 1982 1997 1992 182 19 21 206 La variazione percentuale del tasso di cambio tra due valute, in caso di sganciamento di una valuta da un’altra moneta forte, tende a coincidere con la differenza tra le variazioni percentuali dei livelli di prezzo nazionali.
  • 49. 49http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Differenziali di inflazione Italia - Germania Time 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Tot Germany 0,6 1,4 2 1,4 1 1,7 1,5 1,6 2,3 2,6 0,3 1,1 2,1 2 1,5 23,1 Italy 1,7 2,5 2,8 2,5 2,7 2,2 2 2,1 1,8 3,3 0,8 1,5 2,8 3 1,2 32,9 Differenziale 9,8
  • 50. 50http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Cambio 1 $ = 1 £ AnsaldoBreda esporta 10 ETR 1000 in USA per un controvalore di 100 mln di £, (ogni treno 10 mln £), incassando al cambio attuale 100 mln di $. Ipotizzando una svalutazione della £ del 10% rispetto al $ ed una stabilità del prezzo del treno, con 100 mln di $ quanti treni saranno esportati in USA ? Cambio* 1 $ = 1,1 £ Cambio* 100 mln $ = 110 mln £ A parità di prezzo saranno esportati 11 treni.A parità di prezzo saranno esportati 11 treni. Le esportazioni aumenterannoLe esportazioni aumenteranno.. N. Treni = 110 mln £ / 10 mln £ = 11 Svalutazione e bilancia commerciale
  • 51. 51http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ 18 settembre del 1992 uscita dell’Italia dallo SME svalutazione nominale effettiva del 20% reintroduzione della lira nello SME (1996) Svalutazione e bilancia commerciale
  • 52. 52http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Supponiamo che la bilancia commerciale parta da una posizione di equilibrio. Potremmo esprimere questo equilibrio così: PX = EPfM dove P sono i prezzi nazionali, X le esportazioni, E il tasso di cambio incerto per certo (quantità di valuta nazionale per una unità di valuta estera), Pf i prezzi esteri in valuta estera, M le importazioni Svalutazione e bilancia commerciale
  • 53. 53http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Ragioniamo ………… Sappiamo benissimo, perché lo osserviamo da sempre sui mercati, che importazioni ed esportazioni reagiscono al tasso di cambio, sono cioè “elastiche” al cambio. Quello che succede alla fine della storia dipende appunto da quanto sono elastiche esportazioni e importazioni. Il fatto è che quando il cambio si svaluta i prodotti nazionali diventano più convenienti (le esportazioni aumentano) e quelli esteri meno convenienti (le importazioni diminuiscono). Questi effetti evidentemente contrastano l’effetto negativo determinato dalla svalutazione del cambio sul costo delle importazioni. L’aumento del costo delle importazioni fa peggiorare la situazione, ma sia l’aumento del volume delle esportazioni che la riduzione di quello delle importazioni tendono a far migliorare la situazione.
  • 54. 54http://memmt.info/site/ Allora il problema è: QUANTO devono essere elastiche esportazioni e importazioni affinché il movimento dei loro volumi compensi l’effetto negativo dato dall’aumento del valore delle importazioni? La regola è molto semplice e si chiama condizione di Marshall-Lerner: bisogna che la somma dei valori delle due elasticità, presi tutti col segno positivo (cioè in valore assoluto) sia maggiore di uno. Qualche esempio:
  • 55. 55http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Dalla teoria alla pratica Ma queste elasticità, in pratica, quanto valgono? Quanto è plausibile che siano così grandi da tirarci fuori dai guai? Fonte: Commissione Europea Le elasticità delle esportazioni al cambio secondo gli esperti della commissione.
  • 56. 56http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ ……ma ci mancano le elasticità al prezzo delle importazioni… Ma con una elasticità simile, maggiore di uno, se anche le importazioni in volume non si muovessero, l’aumento di costo determinato dalla necessità di pagare di più la valuta estera verrebbe più che compensato dall’aumento di ricavi prodotto dall’incremento del volume delle esportazioni. Quindi in tutti questi paesi (che guarda caso sono tutti del Sud, Francia inclusa) una uscita con svalutazione avrebbe necessariamente effetti positivi sul saldo commerciale.
  • 57. 57http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Brigitte Granville Prof. di Economia Internazionale e Politica Economica. Queen Mary University, London http://www.asimmetrie.org/wp-content/uploads/2013/10/THE-PRETENCE-OF-BARGAINING-POWER-IN-THE-EMU.p Impact on Exports post EMU Dissolution Based on FX Pass-through
  • 58. 58http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Il coefficiente di trasferimento (pass-through) è l'intensità con cui una variazione del tasso di cambio (di solito una svalutazione) si trasferisce sul prezzo dei beni nazionali: per esempio se in seguito ad una svalutazione del 10% l'inflazione aumenta del 5%, allora il pass-through è dello 0,5 (ovvero 50%). Il coefficiente pass-through italiano è stato stimato intorno al 15% nel primo anno e del 36% nel secondo (Goldfajn e Werlang), per cui ipotizzando una svalutazione del 20%, solo il 15% di tale svalutazione si tradurrebbe in inflazione l'anno successivo; ipotizzando un'inflazione del 2%-2,5% il prossimo anno, il 15% del 20% è uguale al 3%, per cui vuol dire che l'inflazione l'anno successivo all'uscita potrebbe essere del 5,5% (2,5+3). Si tratta di valori tutto sommato esigui e facilmente controllabili (anche ipotizzandola fino al 9-10% totale) e che sono comunque immaginati nel caso di totale assenza di politiche anti-inflazionistiche (impensabile che il Governo o la Banca Centrale rimangano immobili). Fonte: http://varieanalisi.blogspot.it Svalutazione e inflazione
  • 59. 59http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Goldfajn – Werlang: The Pass-through from Depreciation to Inflation: A Panel Study1 Il coefficiente pass-through italiano
  • 60. 60http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Brigitte Granville Prof. di Economia Internazionale e Politica Economica. Queen Mary University, London http://www.asimmetrie.org/wp-content/uploads/2013/10/THE-PRETENCE-OF-BARGAINING-POWER-IN-THE-EMU.p Incremental Annualized Inflation Impact post EMU Dissolution Based on FX Passthrough Estimates
  • 61. 61http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Una verifica storica………… Svalutazione e inflazione
  • 62. 62http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Una verifica storica………… forte rivalutazione della lira del 22% avvenuta nel 1979 inflazione crescente svalutazione della lira del 20% settembre 1992 inflazione decrescente
  • 63. 63http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Dal luglio del 2001 al febbraio del 2004 la moneta polacca si svaluta 47%, cosa sarà successo all’inflazione in Polonia? Dall’agosto del 2008 al febbraio del 2009 la moneta polacca si svaluta 51%, cosa sarà successo all’inflazione in Polonia? Le forti svalutazioni avvenute in Polonia Una verifica moderna …………
  • 64. 64http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Dall’agosto del 2008 al febbraio del 2009 l’inflazione in Polonia diminuisce dal 4% al 3,2%! Ma, secondo il ragionamento dell’automa, non sarebbe dovuta schizzare in altissimo? Dal luglio del 2001 al febbraio del 2004 l’inflazione in Polonia diminuisce dal 4,2% al 3%! Ma, secondo il ragionamento dell’automa, non sarebbe dovuta schizzare in altissimo? …………..e l’inflazione? Fonte: http://www.indexmundi.com/
  • 65. 65http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Lo sapevate che ……… Attenzione: noi l’euro non lo avevamo ancora in tasca, ma già lo usavamo negli scambi internazionali, cioè per comprare i dollari necessari ad acquistare le materie prime. LA SVALUTAZIONE DELL’EURO Quale fù l’ammontare della svalutazione che subì l’euro nei primi 22 mesi di vita (dal gennaio 1999 al novembre 2000)?
  • 66. 66http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ 5 gennaio 1999 €/$ 1,17 27 novembre 2000 €/$ 0,84 L’€ SVALUTA DEL 28,2% Qualche stato della zona euro non ha più comprato MP? Vediamo un po’ ………
  • 67. 67http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ … e l’inflazione schizzò? 5 gennaio 1999 1% Giugno 2001 2,7% Fonte: Eurostat
  • 68. 68http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ La struttura dei costi dell’azienda italiana X Fonte: http://tempesta-perfetta.blogspot.it
  • 69. 69http://memmt.info/site/ Esempio: Produzione Totale 100 prodotti Costi di produzione 100 COSTI VARIABILI Consumo materie prime 20 Lavorazioni esterne 10 Acquisto servizi produttivi 10 Costi commerciali 10 COSTI FISSI Costi del personale 20 Ammortamenti 10 Accantonamenti e svalutazioni 10 Oneri diversi 10 Costo Totale Produzione 100 Costo Unitario Produzione 1 Margine 10% Valore fatturato 110 Prezzo di vendita 1,1 Sval. 20% 24 12 12 10 20 10 10 10 108 1,08 118,8 1,188 Incremento di prezzo 8% 40% estero …………………................... …………………................... …………………...................
  • 70. 70http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ Ciò significa che anche in presenza di ipotesi forti (40% costi dipendono dall’estero) l’effetto della svalutazione monetaria della lira del 20% non si è tradotto in un aumento del 20% dei prezzi, provocando appunto un’inflazione del 20%, ma già in condizioni tanto estreme ed assurde la correlazione si è praticamente più che dimezzata (pass-through). In conclusione………… E’ chiaro che se invece ragioniamo su ipotesi più realistiche, l’aumento previsto dei prezzi interni dei beni e servizi prodotti in Italia, causato da una svalutazione del 20%, sarà molto inferiore all'8%. Inoltre l’imprenditore potrebbe rispondere all’aumento dei costi delle materie prime, lavorazioni esterne e servizi produttivi acquistati all’estero, rimodulando la stessa struttura dei costi dell’azienda (per esempio potrebbe decidere di acquistare parte delle materie prime e dei servizi da aziende italiane, subendo un aumento dei costi molto inferiore rispetto al 20%, come dimostrato prima) oppure diminuendo il rendimento atteso del suo investimento dal 10% all’8% o al 7%. Fonte: http://tempesta-perfetta.blogspot.it
  • 71. 71http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ In aggiunta a queste modifiche interne all’azienda, l’uscita dall’Italia dalla zona euro potrebbe comportare dei cambiamenti istituzionali importanti, come il recupero della sovranità monetaria e la possibilità per lo Stato Italiano di diminuire discrezionalmente il livello insostenibile di tassazione che grava sulle piccole e medie imprese italiane (che oggi arriva a sfiorare cifre impressionanti del 65% della tassazione complessiva in rapporto al reddito imponibile), consentendo all’imprenditore di mantenere invariato il ritorno economico del suo investimento. La componente fiscale pesa sul 41% del costo del gasolio al netto dell’IVA contro una media europea del 34%. Analoga situazione si verifica per il costo del kWh elettrico e per il gas naturale, con un forte aggravio sui costi operativi del sistema Italia. Inoltre………… Fonte: http://tempesta-perfetta.blogspot.it Così come sarebbe possibile rivedere in modo strutturale le accise che pesano sul costo dell’energia in Italia.
  • 72. 72
  • 73. 73http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Importata Creditizia Finanziaria Da profitti Da costi Da offerta Da domanda Aumento del livello generale dei prezzi Cos’ è ….. le tipologieCos’ è ….. le tipologie
  • 74. 74http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Da domanda L'inflazione da domanda è quella che deriva dalla pressione della domanda, che tende a espandersi al di là dell' offerta disponibile in prossimità della piena occupazione delle risorse fisiche e umane . Da offerta Creditizia Finanziaria Inflazione finanziaria e inflazione creditizia sono forme di inflazione da domanda, innescate, rispettivamente, da crescita della spesa pubblica finanziata in deficit in condizioni di prossimità al pieno impiego o da eccessiva creazione di credito da parte del sistema bancario. L'inflazione da offerta si verifica per effetto di shocks che portano a ridurre l'offerta (calamità naturali, guerre, necessità di sensibili ristrutturazioni produttive che nell'immediato riducono la capacità produttiva).
  • 75. 75http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Da costi L'inflazione da costi (cost-push inflation) consiste nel trasferimento sui prezzi dell' aumento dei costi dell'impresa (in particolare, dei costi variabili: salari, materie prime, energia, imposte specifiche). Da profitti L'inflazione da profitti è connessa con l'aumento del margine di profitto reso possibile dall'esistenza di forme di mercato diverse dalla concorrenza perfetta (oligopoli e monopoli). Importata L'inflazione importata è un aumento dei prezzi causato dall'incremento dei prezzi dei fattori produttivi importati. L'inflazione importata è stata osservata nel corso degli shock petroliferi del 1973 e del 1979.
  • 76. 76http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Gli indiciGli indici L’inflazione viene misurata mediante la costruzione di un indice dei prezzi al consumo, il cui calcolo è affidato all’Istituto Nazionale di Statistica. L’indice dei prezzi al consumo (l’IPC) è uno strumento statistico che misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di beni e servizi, chiamato paniere, che rappresenta gli effettivi consumi delle famiglie nell’arco di tempo di un anno. Del calcolo degli indici si occupano l’ISTAT e l’EURISPES (Istituto di studi Politici Economici e Sociali).
  • 77. 77http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ In particolare l’ISTAT produce tre diversi indici dei prezzi al consumo che possiedono finalità differenti: 1.Per l’intera comunità nazionale calcola il NIC che misura l’inflazione a livello dell’intero sistema economico, vale a dire considera l’Italia come se fosse un’unica grande famiglia all’interno della quale le abitudini di spesa sono differenziate. Il NIC per gli organi di governo rappresenta il parametro di riferimento per la realizzazione delle politiche economiche. 2. Per le famiglie di operai e impiegati calcola il FOI il quale si riferisce ai consumi delle famiglie che fanno a capo a un lavoratore dipendente. Il suo uso serve per adeguare periodicamente i valori monetari come ad esempio gli affitti, o gli assegni dovuti al coniuge separato. 3. L’indice armonizzato europeo IPCA il cui studio è stato sviluppato per assicurare una misura dell’inflazione comparabile a livello europeo, infatti viene assunto come indicatore per verificare la convergenza dei paesi membri dell’Unione Europea, ai fini dell’accesso e della permanenza nell’unione monetaria.
  • 79. 79http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ In ambito mainstream è convinzione comune che le masse monetarie siano controllate dalla banca centrale. Secondo la Teoria Quantitativa della Moneta (TQM) la sequenza è la seguente: le banche centrali possono stampare denaro e con esso comprare titoli, privati o pubblici, dando così alle banche commerciali, o allo Stato, nuova moneta. Inoltre, agendo sulle riserve obbligatorie delle banche, possono variare la capacità degli istituti di credito di concedere prestiti, controllando così l'emissione della “moneta bancaria”, attraverso quello che viene chiamato “moltiplicatore monetario”. Meno riserve sono richieste, più le banche possono prestare. Se la riserva obbligatoria è il 2% di tutti i depositi posseduti da una banca, allora il moltiplicatore monetario è 50 (1 /0,02). Secondo la TQM quindi, se la banca centrale stampa troppa moneta (che viene moltiplicata dalle banche commerciali secondo parametri sotto il controllo della banca centrale) questa offerta può superare quanto necessario a rappresentare i beni reali. In tal caso i prezzi saliranno, cioè avremo inflazioneIn tal caso i prezzi saliranno, cioè avremo inflazione.
  • 80. 80http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Teoria Quantitativa della Moneta La base teorica della precedente affermazione è una particolare interpretazione della seguente identità, detta equazione degli scambi di Fisher: Dove: M è uguale all’offerta di moneta; V è la velocità della moneta (o il numero medio di volte che ogni euro viene speso); P è il prezzo medio delle merci e dei servizi; T è la quantità totale di merci e servizi venduti durante il periodo di tempo in questione. In questo modo, se vi erano 100 merci e servizi che erano venduti per €10 ognuno (in media), si avevano transazioni effettuate per un valore totale di € 1.000. Laddove vi fossero 200 monete da un euro in quella economia, ciò avrebbe significato che ognuna di quelle monete era stata utilizzata 5 volte (da qui il fattore della “velocità” della moneta, o quanto velocemente questa venisse spesa ulteriormente).
  • 81. 81http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ I falsi presupposti M: l’offerta di moneta è una grandezza facilmente definita e identificabile dato che solo la Banca Centrale può influenzare una variazione dell’offerta, secondo dei precisi criteri di politica monetaria e lavorando in totale indipendenza e autonomia. V: la velocità di denaro è strettamente collegata con le abitudini della gente e con la struttura del sistema finanziario. E, quindi, in mancanza di grandi stravolgimenti sociali ed economici, questa variabile è relativamente costante nel breve periodo P: l'economia è così perfetta, competitiva, concorrenziale che né le imprese né i lavoratori sono liberi di cambiare il prezzo dei beni e servizi prodotti o pretendere aggiustamenti salariali, facendo sì che il valore del prezzo dipenda esclusivamente dall’incontro fra domanda e offerta nel mercato. T: l’economia automaticamente tende verso il pieno impiego e così T (il volume esistente di merci e servizi) è grande quanto può esserlo in ogni dato momento (benché esso cresca nel tempo).
  • 82. 82http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ …cosa accade se la BC raddoppia l’offerta di moneta? Considerando le assunzioni fatte per ciascuna variabile, ovvero, che P non può cambiare da sola, T è già piú grande possibile date le tecnologie e risorse correnti, e V è costante, affinché l’identità contabile sia rispettata, a seguito di una doppia offerta di moneta, l’unica variabile che si modifica è P. 400 x 5 = 20 x 100 INFLAZIONE!!!
  • 84. 84http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ La correlazione tra M e P: una verifica nella realtà delle cose M2 [blu] - inflazione [rosso] – Stati Uniti
  • 85. 85http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ La correlazione tra M e P: una verifica nella realtà delle cose Base monetaria [blu], M2 [verde], inflazione [rosso], Stati Uniti, 1980=100
  • 86. 86http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ …..ed inoltre…... La Banca centrale, di questa massa di mezzi di pagamento dai quali dipende l’effettiva domanda di beni, non ha alcun controllo diretto. Il tasso di crescita della massa monetaria (M3) e l’inflazione nell’Eurozona (1999-2010). Fonte: Fondo monetario internazionale (2010).
  • 87. 87http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Non esiste una teoria accettabile che colleghi in modo necessario la base monetaria creata dalle banche centrali con l’inflazione. Vítor Constâncio, vice presidente della BCE Alan R. Holmes, FED di New York Nel mondo reale, le banche estendono il credito, creando i depositi nel processo, e cercano le riserve successivamente.
  • 88. 88http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Le variabili possono variare! P può restare invariato. In realtà: M non è determinata dalla BC(esogena), ma dalla domanda di credito (endogena); V potrebbe variare (in recessione diminuisce, si detiene più a lungo il cash); P può restare invariato; T di solito non è relativo a condizioni di pieno impiego fattori, per cui potrebbe aumentare. M V P T 200x5=10x100 400x5=10x200 400x2,5=10x100 AUMENTO PRODUZIONE!!! RECESSIONE E DIM. VELOCITÁ
  • 89. 89http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ …..in conclusione…... TQM Il livello dei prezzi è causato dalla quantità di moneta in circolazione.
  • 90. 90http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ L’inflazione è un fenomeno molto complesso che presenta numerose interconnessioni e ha molta più attinenza con i cambiamenti che avvengono nell’economia reale rispetto ai processi monetari, siano essi variazioni di tassi di cambio o aumento di moneta circolante. In generale possiamo dire che si verifica inflazione quando: • La domanda di beni e servizi supera l’offerta e nel contempo il tessuto produttivo non è così elastico da adattarsi al nuovo regime di domanda. • Ad un aumento dei salari nominali, collegato ad una politica salariale espansiva o a cambiamenti strutturali nel mercato del lavoro, le imprese tenderanno ad aumentare i prezzi per mantenere costanti i profitti. • Un innalzamento repentino e consistente del costo delle materie prime può anch’esso tradursi in inflazione, come è avvenuto per esempio in Italia nel 1974 (picco di inflazione del 20%), in conseguenza del primo grande shock petrolifero del 1973, che ha causato un aumento medio del prezzo del petrolio del 258%.
  • 91. 91http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/ “L'inflazione è la più iniqua delle imposte perché danneggia la vedova, l'orfano, e il proletario “ “….meno male che l'euro ci ha difeso dall'inflazione, perché l'inflazione erode il potere di acquisto...".
  • 92. 92http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ L'inflazione è la più iniqua delle imposte in quanto abbatte il potere d'acquisto del povero lavoratore: se i prezzi aumentano, i salari perdono potere d'acquisto (certo, se non sono aumentati anche loro...) “Quindi, se quanto detto in precedenza risulta vero, dovremmo aspettarci che nel momento in cui i prezzi salgono molto e soprattutto quando lo fanno in modo improvviso e repentino i salari verranno “sopravanzati” dall’inflazione: il livello dei prezzi sale a livelli tali da superare qualsiasi aumento salariale, facendo così diminuire il potere d’acquisto dei lavoratori.” I salari reali italiani e la più iniqua delle imposte: l’inflazione (Parte 2)Daniele Della Bona “Ci viene continuamente ripetuto che l’inflazione è il peggiore di tutti i mali, la più iniqua delle tasse, il fenomeno monetario che danneggia il lavoratore più di ogni altra cosa. L’argomentazione più utilizzata è questa: se un lavoratore guadagna per esempio il 10% in più e l’inflazione (la misura della variazione dell’Indice dei prezzi al consumo) aumenta di 10 allora il suo salario reale e il suo potere d’acquisto restano immutati; se l’inflazione aumenta di 15 peggio ancora, il suo salario reale risulterà diminuito. Dunque, questa è la logica conseguenza, bisogna a tutti i costi fermare questo male che si chiama inflazione e concentrare tutte le energie per il contenimento e la stabilità dei prezzi, che sono la sola cosa in grado di tutelare i lavoratori e i loro salari.”
  • 93. 93http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Salari reali Quota salari Capacità di risparmio Potere d’acquisto delle famiglie Alcuni semplici indicatori di benessere socialeAlcuni semplici indicatori di benessere sociale Per salario reale si intende il potere d'acquisto del salario nominale, cioè la quantità di beni e servizi che il lavoratore può ottenere con esso. Di conseguenza, il salario reale è pari al salario nominale diviso per un indice dei prezzi . La quota salari rappresenta la parte del reddito nazionale assegnata al fattore lavoro nell'ottica della distribuzione funzionale del reddito fra i fattori di produzione, quali capitale, lavoro e terra. Rappresenta perciò una delle componenti più importanti della distribuzione del reddito a livello aggregato e non individuale Il potere d’acquisto esprime la quantità di beni e servizi che può essere comprata con un determinato reddito. La quota del reddito che non viene spesa nel periodo in cui il reddito è percepito, ma è accantonata per essere spesa in un momento futuro.
  • 94. 94http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Dati OCSE L’inflazione in Italia dal 1970 1974 prima crisi petrolifera 1978 seconda crisi petrolifera
  • 96. 96http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Fonte:Ocse(1997),Fondomonetariointernazionale(2010),Istat(2011). Quota salari e tasso di inflazioneQuota salari e tasso di inflazione 31.07.1992 Abolizione scala mobile AMATO 14.02.1984 Taglio di 4 punti della scala mobile CRAXI 1975 Introduzione della scala mobile 1963 Lotta operaia 1969 “autunno caldo ‘68”
  • 98. 98http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ RD: incremento medio 14% PA: incremento medio 4% Totale 200% CRESCITA STAGNAZIONE RD: 3,8% PA: 0,5% RD: -1,8% PA: -2,35% Infl.media 9,43% Infl. media 2,81% 2,3%
  • 99. 99http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ “ A parte che il potere di acquisto dei lavoratori può essere difeso con i normalissimi meccanismi di indicizzazione dei salari all’inflazione utilizzati in quasi tutti i paesi più civili e democratici del mondo, quello che qualcuno non capisce o fà finta di non capire, per i soliti motivi di annebbiamento, malafede e collusione, è che l’inflazione mantenuta artificialmente bassa in Europa serve più che altro a proteggere nel tempo il valore dei grandi patrimoni finanziari accumulati dagli oligarchi, dai capitalisti, dagli speculatori, e da tutti coloro che vivono di rendita senza sapere neppure cosa sia il lavoro. Questa è una colossale ed epocale lotta di classe che ha come principale obiettivo la distribuzione iniqua dei redditi a favore di una ristretta minoranza di rentiers, benestanti, grandi imprenditori e a danno della maggioranza, che comprende lavoratori, pensionati, piccoli e medi imprenditori, società civile. “ In conclusione…………In conclusione…………
  • 100. 100http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ L’inflazione è una variabile centrale nel conflitto distributivoconflitto distributivo, cioè nella ripartizione del prodotto nazionale fra le varie classi (imprenditori, lavoratori dipendenti, eccetera). Ma le sue implicazioni non sono quelle che i giornali ci ripetono: spesso, le classi più svantaggiate, ci perdono da una minore inflazione, anziché guadagnarci. L’inflazione, soprattutto se imprevista, danneggia i creditori e simmetricamente avvantaggia i debitori. I primi infatti prestano moneta “buona”, e si vedono però restituire dai secondi moneta “cattiva”, cioè moneta che compra meno beni, perché nel frattempo i prezzi sono cresciuti. Simmetricamente, riducendo il valore reale (cioè depurato dall’effetto dei prezzi) del debito, l’inflazione favorisce il rimborso del debito ai debitori. ..in definitiva …....in definitiva …..
  • 101. 101http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ In aggiunta a una redistribuzione del reddito, l'inflazione di norma implica anche una redistribuzione della ricchezza; infatti, il valore di un'obbligazione che sia fissa in termini nominali si riduce in termini reali: se ne avvantaggiano i debitori (tipicamente le imprese e, spesso, gli enti pubblici), mentre risultano svantaggiati i creditori. Tale fenomeno esiste ogni volta che il debito non è perfettamente indicizzato. Il debitore, infatti, si impegna contrattualmente a pagare un tasso d’interesse nominale che, in presenza di inflazione e in assenza di perfetta indicizzazione, corrisponde però ad un minore interesse reale. Il principale debitore che si avvantaggia di tale effetto è lo Stato, sugli interessi del debito pubblico. ..segue…....segue…..
  • 102. 102http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Impatto percentuale dell’inflazione sul potere d’acquisto della moneta dopo n anni a un dato tasso di inflazione INFLAZIONE Anno 0% 2% 5% 10% 0 € 1.000.000 € 1.000.000 € 1.000.000 € 1.000.000 1 € 1.000.000 € 980.392 € 952.381 € 909.091 2 € 1.000.000 € 961.169 € 907.029 € 826.446 3 € 1.000.000 € 942.322 € 863.838 € 751.315 4 € 1.000.000 € 923.845 € 822.702 € 683.013 5 € 1.000.000 € 905.731 € 783.526 € 620.921 6 € 1.000.000 € 887.971 € 746.215 € 564.474 7 € 1.000.000 € 870.560 € 710.681 € 513.158 8 € 1.000.000 € 853.490 € 676.839 € 466.507 9 € 1.000.000 € 836.755 € 644.609 € 424.098 10 € 1.000.000 € 820.348 € 613.913 € 385.543
  • 103. 103http://memmttoscana.wordpress.com/ http://memmt.info/site/ Non è poi così tantoNon è poi così tanto spaventoso questospaventoso questo MOSTRO!MOSTRO! In sintesi: Se non siete dei capitalisti, amici cari, con un po' più di inflazione stavate meglio. "Ma qualcuno dice il contrario!" Ma questo qualcuno vi sembra un proletario?
  • 104. 104 Quarta lezione: Eurozona e Trattati EuropeiQuarta lezione: Eurozona e Trattati Europei Relatore Filippo AbbateRelatore Filippo Abbate
  • 105. LA DOMANDA DI ATTIVITÀ IN VALUTA ESTERA Per comprendere i movimenti dei tassi di cambio è necessario comprendere come si determini la domanda per i vari tipi di depositi in valuta estera da parte dei principali operatori. Come per ogni curva di domanda di strumenti finanziari, anche i questo caso il fattore principale è il rendimento dell'attività, in questo caso il suo valore futuro atteso, funzione del tasso di interesse e della variazione attesa del tasso di cambio. A parità di altre condizioni, gli individui preferiscono detenere le attività che forniscono i più alti tassi di rendimento attesi in termini reali. www.memmt.info 105
  • 106. http://memmttoscana.wordpress.com/ LA DOMANDA DI ATTIVITÀ IN VALUTA ESTERA Per semplicità, ipotizziamo che il rischio e la liquidità dei depositi bancari sul mercato dei cambi siano gli stessi, indipendentemente dalla valuta di denominazione. Così, il rischio e la liquidità sono di importanza solo secondaria nella decisione di acquisto o vendita di valuta. Ne consegue che gli investitori saranno principalmente interessati ai tassi di rendimento sui depositi bancari. www.memmt.info I tassi di rendimento sono determinati da: • i tassi di interesse che le attività fruttano. • le aspettative di apprezzamento o deprezzamento. 106
  • 107. http://memmttoscana.wordpress.com/ Supponiamo che il tasso di interesse su un deposito in dollari sia il 2% e che il tasso di interesse su un deposito in euro sia il 4%. Un deposito in euro frutta un tasso di rendimento atteso maggiore? Apparentemente si, ma la risposta dipende anche dalla variazione attesa del tasso di cambio tra dollaro e euro. Se il dollaro si dovesse apprezzare oltre un certo valore, allora il deposito in dollari risulterebbe più conveniente. Il deposito in euro ha un tasso di rendimento atteso in $ inferiore (104€=100,88 => 0,88%) : tutti gli investitori preferiranno i depositi in dollari e nessuno vorrà detenere depositi in euro. Il tasso atteso di deprezzamento dell’euro è 3%. www.memmt.info Supponiamo che oggi il tasso di cambio sia €1/$1 e il tasso atteso a 1 anno sia €1/$0,97 e calcoliamo il rendimento atteso di un deposito in euro: · €100 oggi si possono scambiare per $100. · Questi €100 saranno €104 dopo 1 anno. · Questi $100 saranno $102 dopo 1 anno. Considerando il cambio atteso €1/$0,97 , avremo che: • i 104€ varranno 104x0,97=100,88$ • i 102$ varranno 102/0,97= 105,15 € 107
  • 108. Mediante il ricorso ai mercati a termine gli investitori possono fissare al tempo t il valore del cambio al tempo t+1, eliminando in tal modo il rischio di cambio. L'utilizzo del tasso di cambio a termine, invece di quello atteso, consente di determinare una condizione di equilibrio, dato che gli operatori saranno indifferenti tra due investimenti alternativi se e solo se i loro rendimenti sono uguali. Supponiamo che il tasso di interesse su un deposito in dollari sia il 2% e che il tasso di interesse su un deposito in euro sia il 4%. Supponiamo che oggi il tasso di cambio spot sia €/$=1 Un investitore americano che vuole investire i suoi 100 $ in attività € al 4%, e nello stesso tempo vuole annullare il rischio di un deprezzamento dell’€, sarebbe disposto a farlo (e quindi a domandare €) finché il costo dell’acquisto della copertura (swap) del tasso di cambio a termine €/$=1 sarà inferiore al 2%, che è il differenziale di rendimento tra le attività in € e quelle in $. Questa condizione è definita parità coperta dei tassi d'interesse, www.memmt.info 108
  • 109. http://memmttoscana.wordpress.com/ Il mercati dei cambi (FOREX), similmente ai mercati di talune merci e delle attività finanziarie, possono essere mercati a pronti (spot market) e mercati a termine (forward market). Sui primi vengono contrattate disponibilità di valute da scambiarsi immediatamente al prezzo (cambio) che si forma sui mercati stessi. Questi mercati servono normalmente per le operazioni commerciali e per movimenti di capitale non speculativi o a fini di copertura. Sui secondi si negozia oggi il prezzo di una valuta che sarà disponibile in futuro (fra 1 o 2 o più mesi); ad esempio, si acquistano oggi 1.000$ che saranno disponibili fra 2 mesi, ad un prezzo che sarà pagato sempre tra 2 mesi, ma che è stabilito oggi. Le operazioni a termine servono per la copertura dai rischi di cambio, ossia per la provvista di valuta ad un prezzo prefissato, oltre che ai fini speculativi. Le transazioni per i tassi di cambio www.memmt.info 109
  • 110. http://memmttoscana.wordpress.com/ GLI STRUMENTI FINANZIARI Le tipologie di strumenti finanziari comunemente utilizzate nel mercato dei cambi, Forex (Foreign Exchange Market), sono molteplici: Contratti spot: una transazione spot è uno scambio caratterizzato dalla scadenza di due giorni. Questa transazione rappresenta uno "scambio diretto" tra due valute, ha la durata più breve, e riguarda denaro liquido più che un contratto; e gli interessi non sono inclusi nella transazione concordata. Contratti forward: gli scambi non sono necessariamente regolati nell'immediato, ma possono anche essere regolati a termine. Infatti, un modo per fare fronte al rischio di cambio è l'utilizzo di un contratto forward. In tale transazione, il denaro non passa di mano fino ad una data futura prestabilita. Un compratore ed un venditore si accordano su di un tasso di cambio in una data futura, e la transazione si verifica in quella data al tasso di cambio stabilito, indipendentemente dai tassi di cambio di mercato effettivi. La durata di un tale contratto può essere di giorni, mesi o anche anni. www.memmt.info 110
  • 111. http://memmttoscana.wordpress.com/ GLI STRUMENTI FINANZIARI Swap: La tipologia più comune di transazione forward è lo swap su valute. In uno swap, due parti si scambiano valute per un certo periodo di tempo e si accordano ad invertire la transazione in una data futura. In altre parole, si tratta di una vendita a pronti combinata con un riacquisto a termine della stessa moneta (si parla in questo caso di Forex swap). Gli swap non sono contratti standard e non vengono scambiati in un mercato, ma rappresentano ormai oltre la metà degli scambi sul forex . Contratti future: I futures sulle valute estere sono transazioni forward caratterizzate da importi e scadenze standard. Con un contratto future le parti si impegnano a scambiare ad una data prestabilita determinate attività oppure, nel caso di un future su valute, a versare o a riscuotere un importo determinato in base all'andamento di un indicatore di riferimento. Opzioni: un'opzione su valuta estera dà al proprietario il diritto di acquistare o vendere un determinato ammontare di valuta estera ad un certo prezzo in un qualsiasi momento fino a una data di scadenza prefissata. www.memmt.info 111
  • 112. I fase del processo di integrazione: ilI fase del processo di integrazione: il «serpente monetario europeo»«serpente monetario europeo»  Il primo tentativo di integrazione monetaria (1972) è noto nella storia monetaria dell’Europa come «serpente monetario europeo».  Il mantenimento dei margini di oscillazione (± 1,125% tra le valute europee e ± 2,25% tra le valute europee e il dollaro) richiedeva un rigoroso coordinamento tra le politiche economiche dei paesi comunitari e aiuti adeguati per consentire il superamento di difficoltà temporanee di BP per i paesi più deboli  Shock petrolifero e inflazione molto diversificata tra i paesi europei  Difficile il mantenimento della fissità dei tassi di cambio in queste condizioni  Le frequenti crisi valutarie che colpirono i paesi europei durante l’esperienza del serpente monetario fecero sì che nel serpente restassero solo quei paesi con stretti legami di integrazione economica e commerciale con la Germania (Olanda, Benelux). www.memmt.info 112
  • 113.  Dopo il fallimento del “serpente monetario” (1974), e dopo il riconoscimento ai paesi membri del FMI della libertà di scelta del sistema di fluttuazione preferito (1976) cominciò il processo decisivo di integrazione monetaria con la creazione dello SME (creato il 5 dicembre del 1978 entrò in funzione nel marzo 1979). Il sistema monetario europeo www.memmt.info  Aderirono allo SME dapprima i paesi della Comunità (Italia, Olanda, Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Irlanda) ad eccezione della Gran Bretagna, successivamente entrarono la Spagna nel 1989, la Gran Bretagna nel 1990, e il Portogallo all’inizio del 1992.  I pilastri dello SME erano: 1. Gli Accordi Europei di Cambio (ERM – Exchange Rate Mechanism): accordo opzionale, con griglia di parità bilaterali tra le valute.  I cambi potevano oscillare entro una banda ristretta del ± 2,25%. All’Italia fu concesso un margine di fluttuazione del ± 6% (dal 1979 al 1990). Poi anche Spagna (1989), Regno Unito (1990) e Portogallo (1992)  Sistema interamente europeo (nessun riferimento al dollaro o all’oro) 113
  • 114. 2. L’ECU (European Currency Unit): unità di conto europea formata da un paniere di valute comunitarie, sulla cui base si stabilivano le parità bilaterali.  Divenne l’unità di conto ufficiale della Comunità europea, usato per le transazioni ufficiali e i resoconti contabili (es., il bilancio della Comunità)  Anche i privati hanno emesso titoli di debito usando questa unità  L’euro è stato determinato in modo da valere esattamente 1 ECU alla sua prima quotazione (4 gennaio 1999) www.memmt.info 3. Gli Accordi finanziari tra banche centrali: sistema di cambio pienamente simmetrico e cooperativo.  La responsabilità del mantenimento del cambio era esplicitamente condivisa da entrambi i paesi.  Obbligo di prestiti illimitati dalla Banca Centrale del paese con pressioni alla rivalutazione verso la Banca Centrale del paese con pressioni alla svalutazione.  Dal 1987 possibilità di prestiti anche prima del raggiungimento del limite della banda di oscillazione.  Era possibile modificare le parità bilaterali (riallineamento), ma solo con decisione congiunta di tutti i paesi. 114
  • 115. Il funzionamento dello SMEIl funzionamento dello SME  Lo SME disponeva di un congegno aggiuntivo rispetto al serpente: l’indicatore di divergenza che segnalava andamenti difformi del tasso di cambio rispetto alla media comunitaria  Quando la moneta stava per avvicinarsi alla soglia massima consentita (pari al 75% del ± 2,25%) occorreva porre in essere misure correttive; vi era inoltre l’obbligo di consultazione con gli altri membri dello SME www.memmt.info  In caso di persistenti squilibri di bilancia dei pagamenti la parità poteva essere modificata di concerto con gli altri paesi dello SME  Lo SME ben presto divenne un regime asimmetrico, in cui il marco tedesco era la moneta contro la quale tutte le altre monete erano sotto pressione di svalutazione  Tre periodi nell’esperienza dello SME: 1. 1979-1987: più di dieci riallineamenti, soprattutto nella prima fase  Il meccanismo dei tassi di cambio permise fluttuazioni più ampie (+/- 6%) per le valute di Portogallo, Spagna, Gran Bretagna (fino al 1992) e Italia (fino al 1990).  Le bande più ampie erano pensate per evitare speculazioni causate da diverse politiche monetarie e fiscali (Questi paesi volevano una maggior flessibilità nella politica monetaria – differenziali di inflazione)  Per evitare speculazioni, inizialmente nello SME si applicarono anche dei controlli valutari per limitare lo scambio di valute (limitazioni ai movimenti di capitali). 115
  • 116. 2. 1987-1992: periodo di stabilità, anche per la possibilità di prestiti prima del raggiungimento del limite della banda di oscillazione (interventi intramarginali) e la concessione di bande più ampie (6% per la lira fino al 1990, per la peseta, lo scudo portoghese e la sterlina fino alla crisi del 1992).  In effetti, i membri SME erano costretti a seguire le politiche monetarie controllate della Germania, che tradizionalmente registrava bassa inflazione  Dopo il 1986, per ridurre l’inflazione interna ogni paese cercava di ancorare la sua valuta al DM ed i riallineamenti divennero molto rari www.memmt.info  In assenza di aspettative di svalutazione (riallineamento), afflussi di capitali verso i paesi con maggiore inflazione (tassi di interesse nominali più elevati)  Ma perdita di competitività delle merci nazionali – deficit di conto corrente compensati da surplus in conto capitale  Con il meccanismo dei tassi di cambio a bande fisse dello SME, la Germania “esportava” la propria politica monetaria  Dal 1987 al 1990 i controlli valutari furono progressivamente rimossi per rendere l’UE un mercato comune anche per il capitale finanziario 3. 1992-1998: crisi del ‘92-93, con abbandono dell’ERM da parte di Italia e Gran Bretagna e numerosi riallineamenti; nel 1993 ampliamento della banda di oscillazione dal ± 2,25% al ± 15% (non più regime di cambi fissi, ma regime di fluttuazione limitata) 116
  • 117. Aderendo allo SME l’Italia si impegnò a mantenere il tasso di cambio nominale entro i parametri di oscillazione stabiliti, mentre quello reale, legato all’inflazione, rimaneva profondamente squilibrato. Fissando il tasso di cambio, si rinuncia a uno strumento efficace nella correzione degli squilibri commerciali e nel controllo del livello di produzione aggregata. In un sistema di cambi fissi, se un Paese ha, per qualsiasi motivo, una tendenza al deficit estero, deve difendere il cambio, e può farlo in due modi: o “sparando” le sue riserve valutarie (cioè usandole per acquistare la propria valuta, difendendone il corso), o alzando il tasso d’interesse, perché questo invoglia gli investitori esteri a domandare valuta nazionale per comprare i titoli nazionali che offrono un buon rendimento. Ancorandosi a un dato tasso di cambio fisso, si rinuncia anche al controllo del tasso di interesse interno. Inoltre, il Paese deve seguire l’andamento del tasso di interesse estero, correndo il rischio di effetti indesiderati sulla propria attività economica. www.memmt.info 117
  • 118. L'unificazione tedesca, i tassi di interesse e lo SME In un sistema di tassi di cambio fissi come lo SME (ignoriamo qui il grado di flessibilità concesso dalle bande di oscillazione), nessun paese può cambiare il suo tasso di interesse se anche gli altri paesi non fanno altrettanto. Come cambiano allora in pratica i tassi di interesse? Vi sono due possibili tipi di accordo implicito. Uno prevede che i paesi membri coordinino tutte le variazioni dei tassi di interesse. Un altro prevede, invece, che un paese prenda l’iniziativa e gli altri lo seguano a ruota. Questo è proprio quello che è successo nello SME, nel quale è la Germania che ha assunto il ruolo di guida. Fonte: http://www.mulino.it/aulaweb/risorse/12798/stud/box_cap18.htm www.memmt.info 118
  • 119. Nel corso degli anni Ottanta, gran parte delle banche centrali europee condivideva gli stessi obiettivi ed approvava il fatto che la Bundesbank (la banca centrale tedesca) prendesse l’iniziativa. Ma nel 1990, l’unificazione tedesca ha portato con sé una forte divergenza di obiettivi tra la Bundesbank e le banche centrali degli altri paesi membri. www.memmt.info Ricordiamo quali fossero gli effetti di ordine macroeconomico dell’unificazione: la necessità di ingenti trasferimenti alla Germania orientale e la forte espansione degli investimenti hanno portato entrambe a un significativo aumento della domanda nel paese. Il timore della Bundesbank di un aumento eccessivo dell’attività economica l’ha indotta ad adottare una politica monetaria restrittiva. Il risultato è stato, come abbiamo visto, una forte crescita in Germania accompagnata da un brusco aumento dei tassi di interesse. Questo poteva anche essere il giusto mix di politica economica per la Germania. Ma per gli altri paesi, gli effetti dell’unificazione tedesca non erano convenienti. Gli altri paesi, infatti, pur non avendo registrato lo stesso aumento della domanda, hanno comunque dovuto adeguare i loro tassi di interesse a quelli tedeschi per rimanere nello SME. 119
  • 120. L’aumento dei tassi d’interesse dovuto all’introduzione con lo SME dei tassi di cambio fissi, si tradusse rapidamente in un nuovo grave problema per la politica economica italiana, aumentando il fabbisogno del Tesoro e l’escalation della crescita del debito. Difendere il cambio favorendo, tramite alti tassi d’interesse, l’afflusso di capitali, cioè l’indebitamento estero, rese fragile il Paese e alla fine lo mandò in pezzi. Nel 1992, un numero crescente di paesi doveva scegliere se difendere la parità, oppure uscire dallo SME e ridurre i tassi di interesse interni. Preoccupati del rischio di svalutazioni, i mercati finanziari hanno iniziato a chiedere tassi di interesse maggiori nei paesi dove la svalutazione era ritenuta più probabile. Ne sono risultate due gravi crisi valutarie, una nell’autunno del 1992 e l’altra nell’estate del 1993. Alla fine di queste due crisi, due paesi, l’Italia e il Regno Unito, sono usciti dallo SME. www.memmt.info 120
  • 121. / Lo sganciamento dallo Sme frenò la dinamica dei tassi, e dal 1993 al 2002 la spesa per interessi prima si stabilizzò e poi andò calando. La lira esce dallo SME settembre 1992 Fonte dati: Fondo Monetario Internazionale 121
  • 122. Le politiche economiche in regime di cambio fissi con perfetta mobilità dei capitali www.memmt.info 122
  • 123. http://memmttoscana.wordpress.com/ La politica monetaria in regime di cambi fissi La politica monetaria ha effetti profondamente diversi nei due regimi di cambio. Schematizzando, si può dire che in una situazione in cui vi siano movimenti internazionali di capitale, se i cambi sono fissi la politica monetaria è inefficace. Il contrario accade in un sistema di cambi flessibili. Supponiamo che la banca centrale decida di condurre una politica monetaria espansiva aumentando la base monetaria per un ammontare di 50 tramite l’acquisto di titoli con un’operazione sul mercato in regime di cambi fissi. Il bilancio di una banca centrale può essere rappresentato dalla tabella: www.memmt.info 123
  • 124. http://memmttoscana.wordpress.com/ La base monetaria è aumentata da 400 a 450, mentre il tasso di interesse è necessariamente diminuito a seguito dell’aumento della domanda di titoli ( un aumento della domanda dei titoli infatti ne fa aumentare il prezzo, riducendone il rendimento, ovvero il tasso di interesse). www.memmt.info Data questa diminuzione del tasso di interesse, gli investitori cercheranno di acquistare titoli esteri divenuti più attraenti in virtù del maggiore rendimento. Prima di acquistare titoli esteri, però, devono comprare valuta estera sul mercato dei cambi, vendendo valuta nazionale in cambio di valuta estera. Se la banca centrale non facesse nulla, il prezzo della moneta nazionale diminuirebbe e il risultato sarebbe un deprezzamento. Sotto l’accordo di tassi di cambio fissi, la banca centrale non può permettere il deprezzamento della valuta. Deve quindi intervenire sul mercato dei cambi e vendere valuta estera in cambio di valuta nazionale. Vendendo valuta estera e acquistando valuta nazionale, la base monetaria decresce. A seguito di questa operazione, il bilancio della banca centrale diventa: 124
  • 125. http://memmttoscana.wordpress.com/ Tuttavia così facendo la banca centrale ritira dalla circolazione valuta domestica in cambio di valuta estera che attinge dalle proprie riserve. La variazione delle riserve deve essere uguale alla iniziale espansione monetaria in modo da garantire il ritorno del tasso di interesse al valore di equilibrio precedente l’operazione di mercato aperto. Se così non fosse il differenziale tra il tasso di interesse domestico ed il tasso di interesse estero determinerebbe flussi di capitali in uscita ( se negativo) o in entrata (se positivo) che provocherebbero una variazione delle riserve e della base monetaria sino al completo ripristino dell’equilibrio. Il regime di cambi fissi obbliga quindi la banca centrale a compiere una manovra monetaria esattamente opposta a quella intrapresa inizialmente. Dato questo regime e perfetta mobilità di capitali, la politica monetaria ha come unico effetto quello di modificare il peso relativo delle diverse voci nel bilancio della banca centrale senza alterarne i saldi. www.memmt.info 125
  • 126. http://memmttoscana.wordpress.com/ La politica monetaria in regime di cambi flessibili Una politica monetaria espansiva, realizzata ad esempio dalla banca centrale con una operazione di mercato aperto volta all’acquisto di titoli, si rivela più efficace in regime di cambi flessibili . Un’espansione monetaria determina un abbassamento del tasso di interesse e, quindi, una tendenza al peggioramento dei movimenti dei capitale. Questo deficit tende a fare deprezzare il cambio. Stavolta la banca centrale non ha assunto alcun obbligo relativamente al tasso di cambio, ragion per cui non interviene e il cambio si deprezza. Il deprezzamento del cambio ha due effetti. Da un lato incrementa le esportazioni nette, dall’altro lato riduce le importazioni. www.memmt.info Questo processo continuerà sino a quando il tasso di cambio non sarà sceso tanto da riportare in pareggio la bilancia dei pagamenti (il tasso di cambio raggiunge un livello talmente basso da generare aspettative di un apprezzamento). Alla fine del processo il sistema economico si ritroverà quindi con un livello di reddito superiore rispetto a prima dell’intervento e tassi di interesse inferiori. 126
  • 127. La politica fiscale in regime di cambi fissi Consideriamo una manovra di politica fiscale espansiva: ad esempio, un aumento della spesa pubblica, non finanziato da base monetaria in un regime di cambi fissi. Ne derivano due effetti sulla bilancia dei pagamenti: il primo, di peggioramento del saldo dei movimenti dei beni, per l’incremento di reddito che ne scaturisce, e l’altro in senso contrario, di miglioramento dei movimenti di capitale, per l’incremento del tasso di interesse conseguente alla vendita di titoli di Stato. L’effetto netto sarà diverso a seconda della reattività dei vari mercati. Considerata l’elevata mobilità dei capitali, vi è un effetto netto positivo sulla bilancia dei pagamenti. Per evitare un apprezzamento della valuta domestica, la banca centrale deve acquistare attività estere, aumentando di conseguenza l’offerta di moneta e diminuendo i tassi di interesse. E quindi produrrà uno stimolo positivo ulteriore al reddito, rispetto a quello offerto dalla manovra di politica fiscale espansiva. www.memmt.info 127
  • 128. http://memmttoscana.wordpress.com/ La politica fiscale in regime di cambi flessibili Un aumento della spesa pubblica finanziato da debito pubblico comporta un aumento del reddito, che fa peggiorare il saldo dei movimenti dei beni, e un innalzamento del tasso di interesse, che accresce il saldo dei movimenti di capitale. Nel caso di perfetta mobilità dei capitali, essendo l’aumento dovuto al movimento dei capitali superiore al peggioramento del saldo dei movimenti dei beni, vi sarà un apprezzamento del tasso di cambio, non più costretto entro certi limiti come nel caso di cambi fissi. La perdita di competitività che ne scaturisce tende a ridurre le esportazioni nette e il reddito. In sintesi, la manovra fiscale espansiva finanziata da debito pubblico risulta del tutto inefficace. Infatti, in caso di perfetta mobilità la spinta all’apprezzamento è tanto forte che soltanto una riduzione delle esportazioni nette pari all’iniziale aumento della spesa pubblica è capace di riportare l’equilibrio. www.memmt.info 128
  • 129. Il finanziamento della spesa pubblica con base monetaria è, rispetto al finanziamento con debito, molto meno costoso o niente affatto costoso. Non lo è affatto, se realizzato attraverso emissione di moneta, lo è in minima misura se ottenuto nell’ambito di convenzioni fra Stato e Banca Centrale (scoperto di c/c di Tesoreria). Il finanziamento con base monetaria in regime di cambi flessibili www.memmt.info In questo caso, mentre l’effetto di un aumento del reddito è certo, non può dirsi a priori ciò che accade ai tassi di interesse. Di norma la variazione di base monetaria necessaria per mantenere invariati i tassi di interesse sarà maggiore o minore della spesa pubblica addizionale. Comunque, una politica monetaria che assicuri tale invarianza viene denominata accomodante. In tale caso la politica fiscale espansiva esplica appieno i suoi effetti e si giustifica il ruolo preminente attribuitole da Keynes. Da questo punto di vista, uno stretto coordinamento della politica fiscale e di quella monetaria si rileva prezioso per ottenere incrementi di reddito e di occupazione. Il finanziamento monetario può provocare aumenti di prezzi in presenza di pieno impiego o di strozzature settoriali. 129
  • 130. http://memmttoscana.wordpress.com/ Vantaggi dei tassi di cambio fissi • Riduzione dell’incertezza. In un regime di cambi fissi, il commercio e l’investimento internazionale diventano molto meno rischiosi, perché i profitti non sono influenzati dall’andamento del tasso di cambio. • Speculazione minima o nulla. A condizione che il tasso di cambio sia assolutamente fisso è del tutto inutile speculare. • Correzione automatica degli errori di politica monetaria. La Banca centrale è obbligata ad intervenire per sostenere il tasso di cambio, acquistando/vendendo valuta nazionale nel mercato dei cambi ,oppure innalzando/abbassando i tassi di interesse. • Impedire al governo di perseguire politiche macroeconomiche “irresponsabili”. www.memmt.info 130
  • 131. Svantaggi dei tassi di cambio fissi • I cambi fissi minano l’efficacia della politica monetaria. Per assicurare un equilibrio complessivo della bilancia dei pagamenti, le autorità devono agire sulla leva dei tassi di interesse. • I tassi di cambio fissi sono in contrasto con il principio del libero mercato. Perché fissare i tassi di cambio, quando un semplice apprezzamento o deprezzamento può correggere uno squilibrio? • I disavanzi della bilancia dei pagamenti possono condurre a una recessione. • Le strategie di deflazione competitiva possono provocare una depressione mondiale. • Speculazione. Se gli speculatori ritengono che un tasso di cambio fisso non potrà essere difeso a lungo, lanceranno massicci attacchi speculativi contro la valuta nazionale. www.memmt.info 131
  • 132. http://memmttoscana.wordpress.com/ Vantaggi dei tassi di cambio flessibili • Correzione automatica. Anziché intervenire nel mercato valutario, il governo lascia che il tasso di cambio si aggiusti liberamente verso l’equilibrio. • Nessun problema di liquidità internazionale e di riserve. Poiché la banca centrale non interviene nel mercato dei cambi, non è necessario detenere riserve. • Isolamento dagli eventi economici esterni. Un paese non è vincolato a un tasso di inflazione internazionale magari eccessivamente elevato e può scegliere liberamente il proprio obiettivo di inflazione. • Liberta di scegliere le politiche economiche interne. In un regime di cambi fissi, un governo potrebbe essere costretto a deflazionare l’economia pur in presenza di un’elevata disoccupazione. In un regime di cambi fluttuanti, invece, il governo può scegliere il livello di domanda interna che ritiene più opportuno. www.memmt.info 132
  • 133. http://memmttoscana.wordpress.com/ Svantaggi dei tassi di cambio flessibili • Incertezza per gli operatori commerciali e gli speculatori. L’incertezza causata dalle fluttuazioni valutarie può scoraggiare i commerci e gli investimenti internazionali. In una certa misura, il problema può essere risolto facendo ricorso al mercato a termine dei cambi. • Scarsa disciplina economica a livello nazionale. I governi possono perseguire politiche inflazionistiche irresponsabili. • Speculazione. In un mondo caratterizzato da incertezza, in cui esistono poche restrizioni alla speculazione valutaria, le sorti e le politiche dei governi possono cambiare rapidamente ed enormi volumi di depositi a breve termine si muovono liberamente da un paese all’altro, la speculazione può avere un impatto fortemente destabilizzante nel breve periodo, provocando una marcata iperreazione dei tassi di cambio. www.memmt.info 133
  • 134. http://memmttoscana.wordpress.com/ Conclusioni Né i tassi di cambio fissi né quelli liberamente fluttuanti sono esenti da problemi. Per questa ragione, i governi cercano spesso un compromesso tra i due, nella speranza che un sistema intermedio possa arrecare i benefici di entrambi, evitando al contempo la maggior parte degli svantaggi. Possiamo sicuramente affermare che una moneta fluttuante fornisce più spazio di politica interna, ovvero la capacità di usare la politica fiscale e monetaria interna per raggiungere determinati obiettivi di medio e lungo periodo. Al contrario, un tasso di cambio fisso riduce lo spazio politico di manovra. Ciò non significa necessariamente che un governo con un tasso di cambio fisso non può perseguire la sua politica interna, ma è in un certo senso obbligato e indirizzato innanzitutto da un fattore più importante di tutti gli altri: accumulare sufficiente valuta estera (o oro) per difendere la sua moneta nazionale. www.memmt.info 134
  • 135. http://memmttoscana.wordpress.com/ Fixed and Flexible Exchange Rates and Currency Sovereignty C. Sardoni L. Randall Wray Un tasso di cambio flessibile permette una grande indipendenza nelle politiche interne, fornendo spazio per politiche fiscali e monetarie. Comunque, e ciò deve essere sottolineato, adottare un regime di tassi di cambio flessibili non è una panacea. Un regime di tassi di cambio flessibili non può, ovviamente, garantire che le politiche domestiche siano effettivamente scelte e implementate con criterio. È solo una condizione necessaria per ottenere indipendenza politica. Ciò, di per sé, non garantisce un uso illuminato sia di questa indipendenza politica, sia una facile strada per la crescita e lo sviluppo. Nell’attuale situazione mondiale, i tassi di cambio flessibili sono necessari, ma non sufficiente condizione per l’implementazione di politiche in grado di promuovere una maggior crescita, una maggior occupazione e un maggior stato sociale. www.memmt.info 135
  • 136. http://memmttoscana.wordpress.com/ Si noti che un regime di tassi flessibili o fluttuanti, non è necessariamente un sistema di “libera fluttuazione”. Noi lasceremmo spazio ad una forma di intervento discrezionale. Ciò che raccomandiamo, è un sistema a “moneta amministrata”, Le politiche monetarie e fiscali, così come le transazioni ufficiali nei mercati dei cambi, possono ancora essere utilizzate per “amministrare” i tassi di cambio in alcune circostanze. In particolare, gli interventi sono previsti nel caso di rapide rivalutazioni utilizzate per alleggerire la crescente pressione competitiva derivante da una valuta troppo forte. Fixed and Flexible Exchange Rates and Currency Sovereignty C. Sardoni L. Randall Wray www.memmt.info 136
  • 137. I tassi di cambio fluttuanti danno alle nazioni un maggior grado di libertà ma, ovviamente, esso implica alcuni costi. Tra questi, possono esserci più ampi gradi di incertezza a causa di una possibile maggiore volatilità dei tassi di cambio e dei termini di scambio, così come il costo di un possibile innesco di processi inflazionistici derivanti da un ampio deprezzamento della valuta nazionale, che conduce ad un incremento dei prezzi delle importazioni. Da questo punto di vista, una maggior stabilità e indipendenza potrebbero, forse, essere raggiunte attraverso qualche combinazione dei tassi di cambio flessibili, combinata con controlli di capitale e politiche commerciali. Questi fattori renderebbero più semplice adottare tassi di cambio amministrati. Fixed and Flexible Exchange Rates and Currency Sovereignty C. Sardoni L. Randall Wray www.memmt.info 137
  • 138. 138

Editor's Notes

  1. La Bilancia dei Pagamenti è composta di tre conti: Conto Corrente: registra le esportazioni e le importazioni di merci e servizi (che sono beni non tangibili, si tratta dei servizi bancari, assicurativi o di trasporto, ma ci rientra anche il turismo. Ad esempio il servizio alberghiero pagato da un tedesco è un&amp;apos;esportazione di servizi dell&amp;apos;Italia verso la Germania). Nonché i redditi (redditi da capitale, come dividendi e ad esempio gli interessi sui titoli del debito pubblico, e redditi da lavoro, come i redditi pagati ai lavoratori stranieri, nella misura in cui non vengono consumati in loco ma spediti alle famiglie a casa), e i trasferimenti, ossia quella valuta che entra o esce senza contropartita di beni o servizi - come ad es. aiuti e doni all&amp;apos;estero fatti dai privati; o fatti dallo Stato, come gli stanziamenti alle organizzazioni internazionali, ad es. le quote di finanziamento del bilancio dell’Unione Europea . Conto Capitale: include i trasferimenti unilaterali in linea capitale (ad esempio, remissione di debiti) e acquisti e vendite di attività intangibili (licenze, brevetti, diritti d’autore). Conto Finanziario: L&amp;apos;altra parte della Bilancia corrisponde al Conto finanziario. La distinzione più importante di questa sezione è questa:gli Investimenti diretti. Ossia gli acquisti o vendite di attività produttive reali, come ad esempio l&amp;apos;impianto di una fabbrica all&amp;apos;estero o l&amp;apos;acquisto della maggioranza azionaria di un&amp;apos;impresa all&amp;apos;estero.Gli Investimenti di portafoglio, ossia acquisti o vendite di attività a lungo termine come azioni (incluse quote di fondi comuni), obbligazioni o altri strumenti finanziari.Un&amp;apos;altra voce particolare del Conto finanziario è costituita dalle Riserve Ufficiali detenute dalla Banca centrale; si tratta di oro, valute estere, diritti speciali di prelievo (che sono riserve presso il Fondo Monetario Internazionale) o crediti internazionali in valuta detenuti dalla Banca Centrale.Le riserve ufficiali sono lo strumento tramite il quale la Banca centrale compensa gli squilibri della bilancia dei pagamenti: se la bilancia dei pagamenti presenta un saldo attivo, e quindi é a credito col resto del mondo, la Banca centrale acquisirà riserve ufficiali dagli altri paesi in pagamento; al contrario, la Banca cederà riserve in caso di saldo negativo. Dato che risulta spesso difficile quantificare con esattezza gli scambi, la misurazione della BdP include una voce, spesso anche molto rilevante, detta &amp;apos;errori e omissioni&amp;apos;.
  2. Lo scopo è quello di stabilire se il saldo fra pagamenti ricevuti e pagamenti effettuati è positivo o negativo (o nullo). Quindi in Italia entra valuta estera se gli italiani vendono merci a non residenti (esportazioni di merci) o vendono titoli a non residenti (importazioni di capitali), mentre esce valuta estera se si acquistano merci da non residenti (importazioni di merci) o si acquistano titoli da non residenti (esportazioni di capitali). Capiamoci: dire “entra valuta estera” significa dire “viene domandata valuta nazionale”. Perché? Perché i casi sono due: l’esportatore italiano o viene pagato in lire (e allora è l’importatore estero che ha domandato lire sul mercato valutario, offrendo la valuta del suo paese), o viene pagato in valuta estera (e allora è l’esportatore italiano che si rivolge alla propria Banca centrale – ovviamente non di persona, ma tramite il sistema bancario – offrendo la valuta estera e domandando valuta nazionale). Quindi ogni operazione che determina un saldo positivo dei pagamenti tende a far salire il cambio della valuta nazionale, perché il saldo positivo è appunto una domanda netta di valuta nazionale. Di converso tutto quello che fa defluire valuta estera dal paese (cioè determina un’offerta di valuta nazionale) tende a far deprezzare il cambio. Esempio: l’importatore italiano che chiede alla propria Banca centrale dollari (quindi domanda valuta estera e offre valuta nazionale) per pagare l’esportatore estero. Insomma, il residente che vuole un bene o un titolo estero, per acquistarlo domanda valuta estera, offrendo valuta nazionale, che quindi si deprezza. Alla fine della giornata, se i pagamenti sono in equilibrio, non ci sarà né offerta né domanda netta di valuta nazionale: tante ne è stata domandata, tanta né è stata offerta: il suo prezzo, cioè il tasso di cambio, rimarrà stabile.
  3. La parità coperta dei tassi d&amp;apos;interesse è una condizione che prevede che il tasso di rendimento sui depositi in dollari deve essere uguale al tasso di rendimento dei depositi in euro più il premio a termine dell&amp;apos;euro nei confronti del dollaro (covered interest parity – CIP). La CIP mette in evidenza la stretta connessione tra il tasso di cambio a termine, il tasso di cambio a pronti e i rendimenti praticati sui depositi nelle due valute. Dato il tasso di interesse estero, attraverso semplici operazioni di politica monetaria sarà possibile in questo caso riportare in equilibrio i movimenti di capitale: in caso di deficit, basterà ridurre la base monetaria e, quindi l’offerta di moneta per ottenere un innalzamento del tasso di interesse interno fino a livello di quello estero; e viceversa in caso di avanzo.
  4. Other financial institutions, altri istituti finanziari. Questa categoria comprende le banche più piccole che non agiscono come rivenditori nel mercato FX, investitori istituzionali, piccole banche, fondi d&amp;apos;investimento, fondi monetari, compagnie assicurative, hedge fund e fondi pensione. Reporting dealers. grandi banche tradizionali attive sul Forex o per conto proprio o per incontrare la domanda di terzi. Non-financial customers: I clienti non finanziari - un gruppo che comprende società, governi e high net worth individuals.
  5. Other financial institutions, altri istituti finanziari. Questa categoria comprende le banche più piccole che non agiscono come rivenditori nel mercato FX, investitori istituzionali, piccole banche, fondi d&amp;apos;investimento, fondi monetari, compagnie assicurative, hedge fund e fondi pensione. Reporting dealers sono grandi banche tradizionali attive sul Forex o per conto proprio o per incontrare la domanda di terzi. Non-financial customers: I clienti non finanziari - un gruppo che comprende società, governi e high net worth individuals.
  6. Abbiamo detto che il regime dei cambi fissi favorisce gli scambi internazionali grazie alla stabilità del cambio, ma in caso uno squilibrio nella bilancia dei pagamenti causato da tassi di inflazione diversi nei rispettivi paesi, in un regime a cambi fissi non si può far scendere il valore della moneta, bisogna adottare politiche restrittive per diminuire la domanda e le importazioni, aumentare i tassi di interesse, e insomma il riequilibrio passa necessariamente attraverso una crisi economica interna al paese, o come è già successo in più occasioni, attraverso lo sganciamento del cambio dalla valuta forte.
  7. Il tasso di cambio non è altro che il prezzo di una valuta espresso in un’altra valuta.Come influisce l’andamento dell’economia reale sui prezzi delle merci? Possibile che un semplice cambio di moneta abbia danneggiato così tanto l’Italia? Facciamo un esempio: Immaginiamo che oggi un frigorifero prodotto in Italia ed uno prodotto in Germania costino esattamente 100 euro. I due frigoriferi sono perfettamente identici in termini di qualità, consumi, estetica, eccetera. Quindi il frigorifero tedesco e quello italiano sono identici ed hanno esattamente gli stessi prezzi. Questo fa sì che per un cittadino qualsiasi sia indifferente acquistare uno dei due frigoriferi e quindi verosimilmente gli italiani compreranno beni italiani e i tedeschi beni tedeschi. Immaginiamo adesso che tutti prezzi in Germania aumentino del 2% in un anno, mentre quelli italiani aumentano del 5%. Ovvero, l’anno prossimo il frigorifero tedesco costerà 102€, mentre quello italiano costerà 105€. Questo fa sì che adesso il frigorifero tedesco costi MENO di quello italiano, e progressivamente i frigoriferi tedeschi verranno acquistati sempre di più di quelli italiani, sia all’estero che in Italia. Se per 5 anni l’inflazione tedesca sarà più bassa del 3% rispetto a quella italiana, i frigoriferi italiani costeranno il 15,59% in più rispetto a quelli tedesche. E in questa situazione, difficilmente i cittadini italiani acquisteranno il frigorifero italiano che costa così tanto di più rispetto a quello tedesco. E se il cittadino non compra, il venditore non vende. E se non si vende, non si produce. E quando non si produce le fabbriche chiudono. E quando le fabbriche chiudono, la gente non ha più lavoro.
  8. Se avessimo avuto monete nazionali con cambi flessibili, la differenza nell’aumento dei prezzi avrebbe fatto sì che la lira si sarebbe deprezzata del 3% (per un marco adesso occorrono 1,03 lire) rispetto al marco con questi effetti. (Ipotizziamo un cambio inziale 1 marco = 1 lira): Prezzo frigorifero tedesco oggi: 100 marchi = 100 lire = prezzo frigorifero italiano. Prezzo frigorifero tedesco tra un anno 102 marchi = 105 lire (102*1,03) = prezzo frigorifero italiano. Come notiamo, i cambi flessibili consentivano di scaricare i differenziali di inflazione (che è la differenza nel livello generale dei prezzi), consentendo al frigorifero italiano di non perdere competitività rispetto al frigorifero tedesco sul mercato italiano, dato che per il consumatore italiano entrambi continuano a costare 105 lire. Quindi, con un sistema a cambi fissi (l’euro), i paesi a più alta inflazione vedranno peggiorare progressivamente la competitività dei propri beni, rispetto a quelli prodotti in paesi a bassa inflazione.
  9. In tutti i paesi dell’eurozona l’inflazione è stata in media più alta che in Germania, prima dell’euro, e dopo l’euro. Unica eccezione, evidente nel grafico, l’Olanda nel periodo pre-euro: del resto, si vede bene che i paesi della cosiddetta area del marco (Austria, Olanda, Belgio) hanno differenziali irrisori rispetto alla Germania (ed è appunto per questo che questi paesi costituivano – e costituiscono – l’area del marco). Dal 1999 gli scarti si sono ridotti, lo si vede bene. Quello della Grecia è passato da 13.1 punti a 1.3 punti, quello del Portogallo da quasi 9.4 a 0.9, ecc.
  10. Naturalmente, visto che l’inflazione è stata sistematicamente più alta nella “periferia”, i prezzi sono cresciuti di meno in Germania che in tutti gli altri paesi, come si vede dal grafico, che riporta gli indici di prezzo dell’eurozona con base 1999=100.i relativi dati sono in questa tabella:
  11. Diciamo che dal 1999 al 2013 i prezzi sono cresciuti, complessivamente, del 25% in Germania, del 48,5% in Grecia, e via dicendo. Quello che conta ai fini della competitività di prezzo di esportazioni e importazioni non è il livello dei prezzi in un determinato paese, ma l’evoluzione del rapporto fra i prezzi di un paese e quelli del suo partner. Questo rapporto, come abbiamo visto in precedenza, si chiama tasso di cambio reale. Vedete bene che se partendo dai dati della Tabella costruiamo i tassi di cambio reali bilaterali fra Germania e “partner” dell’eurozona, cioè se facciamo i rapporti (prezzi tedeschi)/(prezzi partner), il risultato è quello riportato nel seguente grafico:
  12. Cosa dice questo grafico? Dice che nonostante i differenziali di inflazione fossero tutto sommato esigui (nell’età dell’euro il più alto era quello della Grecia a 1.3, come abbiamo visto sopra), la loro persistenza (cioè la mancata convergenza) ha consentito alla Germania una svalutazione reale rispetto a tutti i partner dell’eurozona (solo la Finlandia ha tentato di resistere), svalutazione in alcuni casi notevole, oltre al 15% a fine periodo (per Grecia e Spagna). Cosa significa “svalutazione reale”? Significa che in rapporto ai beni dei partner, quelli tedeschi hanno progressivamente ridotto il loro prezzo.
  13. Ovviamente se ci poniamo dal punto di vista dei partner, e quindi calcoliamo i loro cambi bilaterali rispetto alla Germania, cioè i rapporti (prezzo partner)/(prezzo Germania), assisteremo a una rivalutazione (è strano come una svalutazione reale vista dall’estero somigli a una rivalutazione reale): Cosa significa “rivalutazione reale”? Significa che i beni dei partner sono diventati sempre più cari rispetto a quelli dei beni tedeschi. E le conseguenze sul commercio le abbiamo viste: un saldo delle transazioni correnti negativo e sempre più ampio.
  14. grafico sui saldi esteri (transazioni correnti) tedesco e dei partner. Questi saldi, vi ricordo, esprimono l’accreditamento (se positivi) o indebitamento netto dell’intero paese (settore pubblico e privato) nei riguardi dell’estero.
  15. Come influisce l’andamento del tasso di cambio sull’indebitamento di uno stato con l’estero? Possibile che un semplice cambio di moneta abbia danneggiato così tanto l’Italia? Facciamo un esempio: In Italia l’inflazione prevista per l’anno in corso è del 5%, ciò significa che “più o meno” ciò che oggi costa 100 euro, l’anno prossimo costerà 105 euro. Quindi, se io Banca italiana voglio prestare soldi a qualcuno, vorrò ALMENO il 5% di interesse in modo da recuperare la perdita di potere d’acquisto. In Germania invece l’inflazione prevista è il 2%, quindi una banca tedesca che presta 100€ vorrà indietro almeno 102€ (tasso del 2%). Se avessimo avuto monete nazionali e cambi flessibili e ipotizzando una situazione di partenza in cui il tasso di cambio era 1:1 (1 marco = 1 lira), , la differenza nell’inflazione avrebbe fatto sì che la lira si sarebbe deprezzata del 3% (per un marco adesso occorrono 1,03 lire). Quindi, al momento del prestito abbiamo un tasso di cambio 1:1, quindi 100 marchi = 100 lire. Alla scadenza del prestito, dato la differenza nelle inflazioni nazionali, il tasso di cambio sarà 1:1,03 , quindi 100 marchi = 103 lire. In questo modo sarebbe stato indifferente per la banca tedesca prestare 100 marchi a un italiano o a un tedesco, perché: Interessi su 100 marchi di prestito a un tedesco (tasso di cambio 1:1): 100*2% = 102 marchi. Interessi su 100 marchi di prestito a un italiano (tasso di cambio 1:1,03): 100*5%/1,03 = 102 marchi. Per la precisione il tasso di cambio sarebbe stato pari a 1,05/1,02= 1,0294.
  16. Ma cosa succede però con tassi di cambio fissi? Poniamo che una banca tedesca (perché sono le banche che prestano, non i cittadini) debba scegliere tra dover fare un prestito a due persone identiche, due persone perfettamente identiche, con stesso lavoro, stesso patrimonio, stessa vita, ma con l’unica differenza di vivere uno in italia e uno in germania.   Prestando soldi in Germania si ottengono 102€, mentre prestando in Italia se ne ricavano 105€, con una differenza netta di 3€, senza sostenere alcun rischio aggiuntivo!!! Mentre l’italiano dovrà chiedere almeno il 5% per recuperare l’inflazione, il tedesco potrà accontentarsi di un interesse appena maggiore del 2%. Questo porta ad un afflusso di capitali esteri (credito facile) in Italia, e prestiti dall’estero sono DEBITI contratti con l’estero. Oggi il denaro entra, ma tra un anno se ne ri-andrà tutto, e maggiorato degli interessi. E indebitarsi troppo con l’estero non è mai un bene per uno stato, esattamente come per un privato non è bene indebitarsi troppo con una banca. Nessuno ti dà niente per niente, detto in termini economici: non ci sono pasti gratis.
  17. La condizione qua sopra ci dice che il valore delle esportazioni (prezzo dei beni per quantità) uguaglia quello delle importazioni (che siccome sono prezzate in valuta estera, devono essere convertite in valuta nazionale col cambio). Ora, nel caso considerato, una svalutazione corrisponde a un aumento di E. Chi ha un neurone solo ovviamente vede solo quello, e quindi giustamente nota che se E aumenta, a parità di altri condizioni il valore delle importazioni (quello che dobbiamo pagare per averle) aumenta, e quindi andiamo in rosso. L’ho tenuto semplice: i prezzi e il cambio nella baseline (lo scenario di partenza) sono tutti normalizzati a uno, e i volumi scambiati sono identici e uguali a 50. In questo caso il valore delle esportazioni e delle importazioni coincidono e sono uguali anche loro a 50, e il saldo commerciale è nullo. Ci siete? Il materieprimista vede solo l’aumento del cambio determinato dalla svalutazione. Nel caso in specie, ho immaginato una svalutazione del 20% (cioè: il cambio passa a 1.2, occorre il 20% in più di valuta nazionale per acquistare la valuta estera), quindi il valore delle esportazioni resta invariato a PxX=1x50=50, quello delle importazioni passa da 1x1x50=50 a 1.2x1x50=60 e quindi il saldo passa a 50-60=-10.
  18. Lo scenario del materieprimista, lo avrete capito, corrisponde al caso assolutamente improbabile in cui né esportazioni né importazioni variano, per cui la loro elasticità al cambio è nulla: zero per le esportazioni, zero per le importazioni, e quindi, siccome zero più zero uguale zero, la condizione di Marshall-Lerner non è rispettata: la somma delle elasticità (zero) è minore di uno. Guardate ad esempio il caso (A). Faccio con voi i conti passo passo. Intanto, ho immaginato che le elasticità siano 0.4 per l’export e -0.4 per l’import. La somma dei valori assoluti è 0.8&amp;lt;1, quindi la condizione non è rispettata e già possiamo immaginare che le cose finiranno male. Infatti nel caso (A) le esportazioni in volume aumentano, ma, dato che il cambio è aumentato del 20%, il loro incremento è solo di 0.2x0.4=0.08=8%, cioè le esportazioni passano da 50 a 54 (essendo 4 appunto l’8% di 50 per quella storia che cerco di far capire a Uga secondo la quale 5x8=40...). Dato che i prezzi rimangono fissi, anche il valore delle esportazioni passa da 50 a 54. Quanto al volume delle importazioni, lui, certo, diminuisce, ma solo dello 0.2x(-0.4)=-8%. Il volume delle importazioni quindi scende a 46. Solo che siccome il cambio è aumentato del 20%, il valore delle importazioni è pari a 46x1.2=55.2, quindi aumenta rispetto alla baseline. Certo, sono aumentate anche le esportazioni, ma solo fino a 54: il risultato quindi è che i conti passano in rosso per -1.2.
  19. Le elasticità al cambio sono nella colonna REER. Attenzione: REER significa real effective exchange rate, ed è appunto la misura del tasso di cambio sensata per una stima simile. Vi ricordo che il tasso di cambio reale è il rapporto fra il livello dei prezzi interni ed esteri espressi nella stessa valuta, e quindi nel nostro caso sarebbe: Er= P/EPf Notate che il cambio reale è sempre quotato certo per incerto, cioè in ogni caso una sua diminuzione corrisponde a una svalutazione reale, cioè a un aumento della convenienza dei beni interni, per qualsiasi motivo (perché diminuiscono i prezzi interni, perché si svaluta il cambio, perché aumentano i prezzi esteri). Nota: che se invece la quotazione fosse, come va di moda ora nell&amp;apos;Eurozona, certo per incerto, i segni sarebbero cambiati. In quel caso, infatti, una svalutazione si tradurrebbe in una diminuzione del cambio, e quindi l&amp;apos;elasticità delle esportazioni sarebbe negativa (se il cambio scende, le esportazioni salgono), e quella delle importazioni positiva. Sotto vediamo un esempio).
  20. come si può vedere già ad occhio nudo non c’è alcuna correlazione diretta fra i movimenti abbastanza ripidi di cambio e l’inflazione, che nonostante i cambiamenti repentini di rivalutazioni e successive svalutazioni della lira continuava a viaggiare per conto suo seguendo un preciso percorso di deflazione
  21. come si può vedere già ad occhio nudo non c’è alcuna correlazione diretta fra i movimenti abbastanza ripidi di cambio e l’inflazione, che nonostante i cambiamenti repentini di rivalutazioni e successive svalutazioni della lira continuava a viaggiare per conto suo seguendo un preciso percorso di deflazione
  22. Immaginiamo di trovarci all’interno dell’azienda italiana X che produce un certo prodotto Y. Senza addentrarci troppo nelle caratteristiche produttive dell’azienda, ipotizziamo che la struttura dei costi all’interno dell’azienda sia quella descritta dalla tabella sotto, dove viene fatta una prima importante distinzione fra i costi variabili, che cambiano in base alla quantità di beni prodotti, e costi fissi di struttura, che non cambiano al variare della quantità di produzione ma soltanto quando l’azienda effettua degli investimenti per aumentare o diminuire l’insieme dei suoi fattori produttivi (capitale e lavoro) Immaginiamo adesso che l’Italia decida di uscire dalla zona euro e di ritornare alla lira, che come abbiamo già dimostrato con l’applicazione della teoria della parità relativa del potere d’acquisto dovrebbe subire una svalutazione complessiva del 20% circa rispetto all’euro. Cosa cambierà effettivamente all’interno dell’azienda, nella struttura dei costi e dei profitti? Vediamolo utilizzando dei numeri volutamente semplificati.
  23. É importante sottolineare che l’equazione di cui sopra non é affatto soggetta a controversie. Nessun economista è in disaccordo con l’equazione base MV = PT. Difatti essa afferma semplicemente che la spesa totale in termini monetari (M×V) è uguale al valore monetario dei beni scambiati (P×T). Nulla ci dice circa la relazione causale (“cosa causa un&amp;apos;altra cosa”) tra M e P. La polemica sorge quando vengono fatte assunzioni aggiuntive relativamente alla natura delle singole variabili.
  24. Qui, vi è chiaramente un problema che può essere risolto in uno di tre modi diversi (assumendo che non possiamo riportare M a 200): T potrebbe salire a 200, ma naturalmente questo non può accadere perché è già al suo massimo; V potrebbe scendere a 2,5, ma essa è costante (qualcosa che Friedman si prende molta cura di enfatizzare nell’articolo originale); P potrebbe crescere a 20. Naturalmente l’ipotesi che si concretizza agli occhi coloro che propugnano il concetto di “crescita della moneta è inflazione” è la terza.
  25. Entriamo un po’ di più nel dettaglio delle variabili considerate, e analizziamo il loro comportamento REALE. Il grafico mostra l&amp;apos;andamento della velocità dell&amp;apos;aggregato monetario M2 degli Stati Uniti (in verde), calcolata dividendo il PIL nominale per lo stock di M2. La velocità di M2 non è stabile ed è correlata con il tasso di occupazione (in blu), un indicatore della vitalità economica. Sia la velocità di M2, sia il tasso di occupazione diminuiscono in periodi di recessione (rappresentati con le barre grigie). Tale andamento contraddice la teoria quantitativa della moneta, secondo la quale la velocità della moneta è stabile e solo minimamente correlata alle condizioni economiche.[1] M0 (o base monetaria), che comprende la moneta legale, ossia le banconotee le monete metalliche che per legge devono essere accettate in pagamento, e le attività finanziarie convertibili in moneta legale rapidamente e senza costi, costituite da passività della banca centrale verso le banche (e, in certi paesi, anche verso altri soggetti);[1] M1 (o liquidità primaria), che comprende le banconote e monete in circolazione (il circolante), nonché le altre attività finanziarie che possono fungere da mezzo di pagamento, quali i depositi in conto corrente, se trasferibili a vista mediante assegno, e i traveler&amp;apos;s cheque; non vengono fatte rientrare in questo aggregato le banconote e monete depositate, quindi non in circolazione, per evitare il doppio conteggio, una volta come banconote e monete, l&amp;apos;altra come depositi in conto corrente;[2] M2 (o liquidità secondaria), che comprende M1 più tutte le altre attività finanziarie che, come la moneta, hanno elevata liquidità e valore certo in qualsiasi momento futuro (essenzialmente i depositi bancari e d&amp;apos;altro tipo, ad esempio quelli postali, non trasferibili a vista mediante assegno); M3, che comprende M2 più tutte le altre attività finanziarie che come la moneta possono fungere da riserva di valore; si tratta essenzialmente delle obbligazioni e dei titoli di stato con scadenza a breve termine (come i BOTitaliani).
  26. Correlazione tra M e aumento dei prezzi (inflazione) Per verificare le conclusioni della TQM dovremmo quindi prendere in considerazione la correlazione tra M e P, cioè vedere se l&amp;apos;aumento o la diminuzione di una variabile si accompagna allo stesso movimento dell&amp;apos;altra variabile. Conoscere P è semplice poiché gli istituti di statistica monitorano i prezzi mese per mese. Riguardo M, le banche centrali usano gli aggregati monetari “larghi” che comprendono, oltre alle banconote e monete metalliche vere e proprie, una serie di altre attività finanziarie considerate abbastanza “liquide”, cioè immediatamente scambiabili o facilmente convertibili in attività a loro volta immediatamente scambiabili come il denaro, senza costi significativi. Quindi, come dicevamo, all&amp;apos;aumentare di M dovremmo trovare un aumento di P e in particolare dovremmo vedere che la variazione di M è simile a quella di P, cioè all&amp;apos;inflazione. Ma questa correlazione è tutt&amp;apos;altro che evidente guardando alle variazioni annuali di M e P. La supposta correlazione tra M e P non trova conferma nella realtà
  27. Il grafico seguente mostra la crescita della base monetaria (la moneta “stampata” dalla banca centrale) in confronto con l&amp;apos;aggregato monetario M2 e l&amp;apos;indice dei prezzi, negli USA .
  28. Nella storia dell&amp;apos;euro, la BCE non é MAI riuscita ad avere alcun controllo sulla massa monetaria M3 circolante. La moneta é un fattore endogeno del sistema economico (ovvero non controllabile direttamente dalla banca centrale), cioè determinata, in ultima analisi, dalle condizioni “interne” al mercato del credito. Guardate ad esempio cosa sta succedendo oggi. La Bce ha “iniettato” nel sistema svariate centinaia di miliardi di euro attraverso le operazioni di rifinanziamento a lungo termine (Ltro), ma le banche non hanno soldi da prestare. Perché? Per diversi motivi, incluso quello, banale, che preferiscono non erogare credito, in un periodo nel quale i loro bilanci sono fragili, e soprattutto lo sono le condizioni economiche generali, per cui chi presta non sa se rivedrà indietro i soldi. Cosa significa che la moneta è “endogena”? Significa che l’ammontare totale dei mezzi di pagamento a disposizione per finanziare le spese (incluso il credito bancario) dipende in modo complesso dalle condizioni del sistema, inclusa la fiducia dei vari operatori del credito. La figura 35 trasmette bene entrambi i messaggi: si vede come da un lato la Bce abbia regolarmente disatteso, anche nel “medio periodo”, gli obiettivi che si era data (il tasso di crescita della massa monetaria è sempre stato superiore al 4.5 per cento, quindi non c’è media che tenga…), e come dall’altro la crescita della massa monetaria sia stata sostanzialmente sconnessa dall’inflazione, che si è mossa molto di meno, rimanendo sostanzialmente aderente all’obiettivo del 2 per cento nella media dell’Eurozona. I due snodi del ragionamento secondo cui la Banca centrale deve essere indipendente, perché controllando la moneta controlla l’inflazione, sono entrambi fasulli: la Banca centrale non riesce a controllare l’offerta complessiva di moneta, che però non sembra influenzare troppo il livello dei prezzi. Nel 2001, quando la crescita di M3 superò il 10 per cento, l’inflazione non raggiunse nemmeno il 3 per cento. La banca centrale garantisce solo il livello necessario di moneta per non bloccare il credito nel sistema, agendo sulle riserve bancarie.
  29. Del resto anche i BANCHIERI CENTRALI lo affermano!
  30. Quindi, se quanto detto in precedenza risulta vero, dovremmo aspettarci che nel momento in cui i prezzi salgono molto e soprattutto quando lo fanno in modo improvviso e repentino i salari verranno “sopravanzati” dall’inflazione: il livello dei prezzi sale a livelli tali da superare qualsiasi aumento salariale, facendo così diminuire il potere d’acquisto dei lavoratori.
  31. Bene, cerchiamo di capire come stanno realmente le cose. Al fine di individuare una risposta alla domanda “l’inflazione per chi è un problema”, che sia il più coerente possibile con la realtà dei fatti, prendiamo in analisi alcuni indicatori che ho definito come di benessere sociale, confrontandoli con “il mostro” dell’inflazione. Salari reali Quota salari Capacità di risparmio Potere di acquisto delle famiglie
  32. Vediamo quindi come si è evoluta l’inflazione in Italia Come potete ben vedere ci sono stati due grandi picchi d’inflazione nella storia della nostra Repubblica. Il primo nel 1974, l’anno del primo shock petrolifero iniziato nell’ottobre 1973, nel corso del quale il prezzo del petrolio aumentò di circa 4 volte e l’inflazione toccò il 19,4%. Il secondo picco fu invece quello del 1980, quando una nuova ascesa del prezzo del petrolio colpì le economie occidentali: stavolta l’inflazione segnò un picco del 21,28%. Il 1974, inoltre, segna l’avvio degli anni dell’inflazione a due cifre (che tanto spaventava e ancora spaventa tutti quanti), che andarono dal 1973 (10,74%) al 1985 (10,85%). Non va dimenticato però che si trattò di una serie di eventi di natura esterna tanto imponenti quanto inaspettati.
  33. Cosa dice il grafico? Semplice: che tutte le volte che l&amp;apos;inflazione comincia a calare (come dal 1965 al 1969, e dal 1980 ad oggi), i salari reali smettono di crescere. E quindi che da quando siamo nella zona del marco allargata (cioè dal 1980) i salari reali sono stati praticamente fermi, nonostante si sia vinta la guerra contro il nemico pubblico numero uno: l&amp;apos;inflazione (nemica della vedova, dell&amp;apos;orfano, ecc.).&amp;quot;Ehi, amico? Ma mi stai dicendo che i dati dicono il contrario di quello che dice Letta? Lui dice che quando l&amp;apos;inflazione aumenta io perdo potere d&amp;apos;acquisto, cioè il salario reale cala o cresce poco. E siccome lui è di sinistra, e io sono di sinistra, evidentemente è così, perché, sai, è un po&amp;apos; come nel Candide: se lo ha detto Leibniz, io che sono un filosofo...“ Negli anni &amp;apos;70 l&amp;apos;inflazione ha viaggiato a una media del 12% all&amp;apos;anno, e i salari reali (cioè il potere di acquisto dei lavoratori) sono aumentati in dieci anni del 65% (un po&amp;apos; più del 6% all&amp;apos;anno). Dal 1980 a oggi, cioè nel favoloso periodo della zona del marco allargata, cioè da quando l&amp;apos;Italia ha tentato di agganciarsi a una valuta più forte della sua, l&amp;apos;inflazione ha viaggiato in media al 6% all&amp;apos;anno, e i salari reali sono aumentati, in 30 anni, del 17% (un po&amp;apos; più dello 0.5% all&amp;apos;anno). “Aspetta un attimo amico. Un momento. Nemica sì, ma solo se i salari non crescono o meglio se crescono in misura minore, se crescono di più rispetto a quanto cresce il livello dei prezzi allora il potere d’acquisto aumenta e non il contrario.“
  34. Il medesimo fenomeno si può osservare utilizzando quest’altro grafico. Esso rappresenta l’andamento della quota salari e del tasso d’inflazione dal 1960 al 2010. Se la favoletta luogocomunista avesse fondamento, a maggiore inflazione corrisponderebbe una perdita di potere d’acquisto dei lavoratori, e quindi una compressione della quota salari, per cui le due variabili si muoverebbero in senso opposto. Invece si muovono di pari passo. La quota salari si impenna prima nel 1963, a seguito di un primo ciclo di lotte operaie che si associano anche a una fiammata del tasso di inflazione, che raggiunge il 5 per cento. L’inflazione e la quota salari accelerano nuovamente nel 1969, a seguito del noto “autunno caldo”, che porta anch’esso a un aumento Segue, nel 1974, l’esplosione dell’inflazione dovuta al primo shock petrolifero. Nel 1975 fu introdotta la scala mobile, indicizzazione dei salari. Poi, dall’anno successivo, le lotte che portarono il Partito Comunista Italiano al proprio massimo storico in termini elettorali (34 per cento nel 1976) spingono la quota salari fino a un picco del 51 per cento. Dal divorzio in poi è una continua flessione, che porta la quota salari a toccare, all’entrata dell’euro, i valori dell’inizio degli anni Sessanta. Il 14 febbraio 1984 un decreto del Governo Craxi taglia 4 punti percentuale della Scala Mobile, convertendo un accordo delle associazioni imprenditoriali con Cisl e Uil. Al decreto farà seguito la conversione nella legge 219 del 12 giugno 1984. Il 9 e 10 giugno 1985 si svolge il referendum abrogativo sulla scala mobile, promosso dal solo PCI di Enrico Berlinguer, della norma che comporta un taglio di quattro punti della scala mobile. Con un&amp;apos;affluenza alle urne del 77,9%, 45,7% SI all&amp;apos;abrogazione della norma e 54,3% NO all&amp;apos;abrogazione della norma, il taglio rimase. Cosa ci dice questa figura? Una cosa molto semplice: che non è vero che quando c’è più inflazione la distribuzione del reddito diventi svantaggiosa per i salariati, o almeno che in Italia non è stato così.
  35. teoria Monetarista: Riguardo gli effetti che l&amp;apos;inflazione provoca sul sistema economico, essa, innanzitutto, genera incertezza e sfiducia nelle aspettative future. La prospettiva di un livello dei prezzi crescente riduce la propensione al risparmio in quanto i consumatori, per il timore di futuri aumenti dei prezzi, tendono ad acquistare anche quei beni dei quali avranno bisogno solo in futuro, evitando in ogni caso la detenzione prolungata di liquidità che è soggetta, in ultima analisi, a perdita di valore.  Aspettative inflazionistiche: aumento inflazione spendo prima per comprare qualcosa che domani costa di più Dovrebbe essere scoraggiato anche il risparmio perché in futuro si potrà acquistare una quantità minore di beni rispetto al presente.
  36.  Centro Europa Ricerche La curva blu riporta l’andamento, dal 1964 a oggi, del reddito disponibile, ossia della somma che rimane nelle tasche delle famiglie dopo il pagamento delle imposte. La curva rossa illustra invece il potere d’acquisto reale, ottenuto sottraendo il tasso d’inflazione dal reddito disponibile (una misura della quantità di nuovi beni che le famiglie possono acquistare con i loro guadagni, stante l’aumento dei prezzi). Il grafico è suddiviso in tre sezioni, che rappresentano altrettanti periodi storici, nel corso dei quali i redditi sono passati da una fase di crescita accentuata a una di stagnazione e poi di riduzione. Il primo periodo – il più lungo è più lontano nel tempo – va dal 1964 al 1992 ed è caratterizzato da un trend crescente uniforme. In quei 28 anni, il reddito disponibile delle famiglie italiane aumentò a un tasso medio del 14 per cento; al netto dell’inflazione, il potere d’acquisto crebbe complessivamente di quasi il 200 per cento, quasi il 4 per cento all’anno. La crisi finanziaria del 1992, accompagnata dall’avvio del primo, vero programma di ridimensionamento del disavanzo pubblico e dagli accordi sul costo del lavoro, segna l’entrata nella seconda fase, quella della stagnazione. Senza soluzione di continuità, la variazione annua del reddito disponibile scese al 3,8. In termini di potere d’acquisto, l’aumento medio in quel periodo fu appena dello 0,5 per cento. Se si osserva ancora il grafico (linea rossa), si nota un ulteriore fatto: subito dopo il 1992 la capacità di spesa delle famiglie diminuì, perché si decise di comune accordo (l’emergenza lo richiedeva) di eliminare la scala mobile e di rinunciare così al recupero dell’inflazione pregressa (era allora del 5 per cento). Ci vollero otto anni per recuperare quella perdita e solo nel 2000 la capacità di spesa delle famiglie italiane ritornò ad aumentare, ma solo temporaneamente. Nel 2008 prende infatti avvio la terza e ultima fase, quella tuttora in corso. La caratteristica saliente di questo periodo è l’arresto della crescita del reddito disponibile. La curva blu interrompe infatti per la prima volta il suo trend crescente e si appiattisce per il venir meno dei fattori di dinamica intrinseca che, nel tempo e in condizioni normali, dovrebbero sostenere la capacità di spesa delle famiglie (l’aumento delle retribuzioni e dell’occupazione, la stabilizzazione della pressione fiscale e dei flussi di trasferimento pubblico ecc.).
  37. Le attività sono costituite da riserve ufficiali e da titoli, le passività dal circolante e dai depositi delle banche commerciali presso la banca centrale7 Dato questo schema, la banca centrale, per l’ipotetico aumento di base monetaria, acquista sul mercato titoli per un ammontare di 50 e li paga emettendo un assegno su sé stessa, ovvero incrementando il circolante.
  38. Quanto tempo impiegano queste operazioni? In presenza di perfetta di mobilità dei capitali, tutto questo può accadere nei minuti successivi all’operazione di mercato aperto iniziale. I titoli sono aumentati di ΔB, le riserve di valuta estera sono diminuite di ΔB e la base monetaria è rimasta invariata, poiché è aumentata di ΔB per l’operazione di mercato aperto espansiva ed è diminuita di ΔB per la vendita di valuta estera sul mercato dei cambi.Riassumendo, in presenza di tassi di cambio fissi e perfetta mobilità di capitali, l’unico effetto di un’operazione di mercato aperta è la variazione della composizione del bilancio della banca centrale, ma non la base monetaria, né del tasso di interesse.
  39. Riduzione dell’incertezza. In un regime di cambi fissi, il commercio e l’investimento internazionale diventano molto meno rischiosi, perché i profitti non sono influenzati dall’andamento del tasso di cambio. Speculazione minima o nulla. A condizione che il tasso di cambio sia assolutamente fisso – e che gli individui ritengano che resterà tale – è del tutto inutile speculare. Per esempio, tra il 1999 e il 2001, quando le vecchie valute dei paesi dell’area dell’euro erano ancora in circolazione ma irrevocabilmente ancorate all’euro, nessuno speculava sul fatto che il marco tedesco, poniamo, si sarebbe apprezzato rispetto al franco francese o alla lira italiana. Correzione automatica degli errori di politica monetaria. Se la banca centrale non si oppone a un’espansione troppo rapida dell’offerta di moneta, l’aumento della domanda aggregata e il calo dei tassi di interesse tenderanno a provocare un disavanzo della bilancia dei pagamenti. Questo costringerà la banca centrale a intervenire per sostenere il tasso di cambio, acquistando valuta nazionale nel mercato dei cambi e causando in tal modo una contrazione dell’offerta di moneta (sempre che l’acquisto di valuta non venga sterilizzato), oppure innalzando i tassi di interesse. In entrambi i casi, l’intervento delle autorità monetarie avrà l’effetto di correggere l’errore. Impedire al governo di perseguire politiche macroeconomiche “irresponsabili”. Se un governo, in maniera deliberata, espande eccessivamente la domanda aggregata – magari nel tentativo di riguadagnare popolarità presso l’elettorato – il conseguente squilibrio della bilancia dei pagamenti lo costringerà presto o tardi ad attuare politiche restrittive (a meno che non ricorra a controlli delle importazioni).
  40. I cambi fissi minano l’efficacia della politica monetaria. Per assicurare un equilibrio complessivo della bilancia dei pagamenti, le autorità devono agire sulla leva dei tassi di interesse. Di conseguenza, l’offerta di moneta deve poter variare in linea con la domanda di moneta per mantenere i tassi di interesse al livello necessario. Pertanto la politica monetaria non può essere utilizzata a scopi interni. L’inflazione dipende dai tassi mondiali, che potrebbero essere elevati e inaccettabili a livello nazionale. Se la banca centrale mira a ridurre l’inflazione attuando una contrazione dell’offerta di moneta e innalzando i tassi di interesse, il conto corrente e il conto finanziario registreranno un avanzo. Ne consegue che l’offerta di moneta tornerà ad aumentare finché l’inflazione interna non raggiungerà nuovamente i livelli mondiali. I tassi di cambio fissi sono in contrasto con il principio del libero mercato. Perché fissare i tassi di cambio, quando un semplice apprezzamento o deprezzamento può correggere uno squilibrio? Secondo la visione del mondo neoclassica, nella quale i mercati pervengono sempre all’equilibrio e la domanda e l’offerta sono relativamente elastiche, perché non trattare i mercati valutari come qualsiasi altro mercato e non lasciare che i tassi di cambio siano determinati dalle forze della domanda e dell’offerta? I disavanzi della bilancia dei pagamenti possono condurre a una recessione. La bilancia dei pagamenti può andare in disavanzo anche in assenza di un eccesso di domanda, per esempio, a causa un tasso di inflazione diverso da quelli dei partner commerciali, una domanda di importazioni più elastica al reddito della domanda di esportazioni e così via. Per evitare di ricorrere a misure protezionistiche il governo sarà costretto a ridurre il tasso di crescita della domanda aggregata. Questo, sua volta, provoca un aumento della disoccupazione e potenzialmente una recessione. Le strategie di deflazione competitiva possono provocare una depressione mondiale. Se i paesi in disavanzo attuano politiche deflazionistiche e quelli in avanzo politiche reflazionistiche, non si genera un problema di deflazione o di reflazione a livello mondiale. Ma molti paesi potrebbero mirare a mantenere la bilancia dei pagamenti in avanzo, al fine di accumulare riserve; di conseguenza, potrebbero attuare strategie di deflazione competitiva, al fine di conseguire un avanzo della bilancia dei pagamenti. Ma queste politiche finiscono inevitabilmente per danneggiare altre nazioni. Speculazione. Se gli speculatori ritengono che un tasso di cambio fisso non potrà essere difeso a lungo, lanceranno massicci attacchi speculativi contro la valuta nazionale. In presenza di un cospicuo disavanzo, non vi è alcuna probabilità di una rivalutazione: pertanto, il tasso dovrà essere svalutato oppure restare invariato. Gli speculatori, quindi, venderanno la valuta nazionale. Dopo tutto, si tratta di una facile scommessa: testa vincono (svalutazione), croce non perdono (nessuna svalutazione). Le vendite speculative avranno l’effetto di aggravare il disavanzo, e potrebbero persino costringere il governo a svalutare. Operazioni speculative come queste hanno avuto effetti disastrosi su alcune valute del Sud-Est asiatico nel 1997
  41. Correzione automatica. Anziché intervenire nel mercato valutario, il governo lascia che il tasso di cambio si aggiusti liberamente verso l’equilibrio. In questo modo, gli squilibri della bilancia dei pagamenti vengono corretti in maniera automatica e istantanea senza la necessità di specifiche politiche pubbliche, che in un regime dei cambi differente potrebbero essere gestite incorrettamente. Nessun problema di liquidità internazionale e di riserve. Poiché la banca centrale non interviene nel mercato dei cambi, non è necessario detenere riserve. Una valuta è automaticamente convertibile in un’altra al tasso di cambio di mercato vigente, in modo da finanziare il commercio internazionale. Isolamento dagli eventi economici esterni. Un paese non è vincolato a un tasso di inflazione internazionale magari eccessivamente elevato e può scegliere liberamente il proprio obiettivo di inflazione. Inoltre, il paese è protetto in qualche misura dalle fluttuazioni e dagli shock economici mondiali, a cui abbiamo accennato all’inizio del paragrafo. Liberta di scegliere le politiche economiche interne. In un regime di cambi fissi, un governo potrebbe essere costretto a deflazionare l’economia pur in presenza di un’elevata disoccupazione. In un regime di cambi fluttuanti, invece, il governo può scegliere il livello di domanda interna che ritiene più opportuno e lasciare che eventuali squilibri della bilancia dei pagamenti siano corretti dalle fluttuazioni del tasso di cambio. Questo è un vantaggio non da poco, soprattutto se l’efficacia della deflazione è smorzata dalla vischiosità al ribasso di prezzi e salari e se i paesi adottano strategie di deflazione competitiva che possono sfociare in una recessione mondiale.
  42. Incertezza per gli operatori commerciali e gli speculatori. L’incertezza causata dalle fluttuazioni valutarie può scoraggiare i commerci e gli investimenti internazionali. In una certa misura, il problema può essere risolto facendo ricorso al mercato a termine dei cambi. In questo caso gli operatori commerciali pattuiscono oggi con una banca un tasso di cambio da applicarsi a una data futura (poniamo, tra sei mesi). In tal modo, le imprese possono pianificare l’acquisto futuro di beni di importazione o la vendita futura di prodotti da esportazione a un tasso di cambio noto. Le banche, ovviamente, richiedono una commissione per questo servizio, perché assumono su di sé il rischio di una variazione sfavorevole del tasso di cambio. Speculazione. Scarsa disciplina economica a livello nazionale. I governi possono perseguire politiche inflazionistiche irresponsabili. Analogamente, imprese e sindacati possono spingere al rialzo prezzi e salari, senza lo stesso timore di perdere quote di mercato all’estero o che il governo introduca politiche deflazionistiche. Il deprezzamento risultante da questa inflazione alimenta a sua volta la spirale inflazionistica, innalzando il prezzo delle importazioni.