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Made (not) in italy (1)

Internship at Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca
Oct. 2, 2012
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Made (not) in italy (1)

  1. MADE (NOT) IN ITALY GRUPPO INTERCONNECTED
  2. IL “MADE IN” SECONDO LA LEGGE PER I SETTORI TESSILE, CALZATURIERO, DELLA PELLETTERIA, CONCIARIO E PER LA PRODUZIONE DI DIVANI LA LEGGE 55/2010 PREVEDE LA DICITURA “MADE IN ITALY” PER QUEI PRODOTTI FINITI DEI QUALI ALMENO DUE DELLE FASI DI LAVORAZIONE ABBIANO AVUTO LUOGO PREVALENTEMENTE NEL TERRITORIO NAZIONALE E PER I QUALI SIA VERIFICABILE LA TRACCIABILITA’ DELLE RIMANENTI FASI.
  3. … SONO SUFFICIENTI QUESTI PARAMETRI? In Italia c’è il buon gusto, il senso del bello e ci sono abilità nel design, nella progettazione. Non dobbiamo lasciare che tutto ciò venga disperso in un mondo globalizzato solo perché c’è un’etichetta che dice che un atto meccanico viene fatto da qualche altra parte. Io dico: ripensiamo il made in Italy, qualcosa che porti oltre un concetto che appartiene al passato. L’etichetta potrebbe essere “concepito in Italia”, “disegnato in Italia” Alessandro Benetton
  4. INTERNAZIONALIZZAZIONE vs “MADE IN ITALY”? Come brand la missione principale del “made in Italy” deve essere il commitment verso gli aspetti qualitativi (la distintività, un valore riconosciuto) anche a fronte dell’ evoluzione organizzativa e produttiva che sta ridisegnando il modello industriale nazionale.
  5. UNA VIA DI CONCILIAZIONE: Gestire direttamente la maggior parte dei processi che rendono il prodotto di qualità e distinguibile dagli altri attraverso un’organizzazione altamente verticalizzata. “Curiamo l’ideazione, la produzione e la distribuzione di tutti i nostri prodotti. La vendita avviene esclusivamente in negozi monomarca, sia gestiti direttamente da società del gruppo, sia in franchising. .. è un sistema estremamente semplice e centralizzato, questo ci consente una gestione precisa e rapida.” Sandro Veronesi
  6. Nell’agroalimentare.. Le caratteristiche del prodotto influenzano enormemente le possibilità di internazionalizzazione. Un esempio è dato dall’agroalimentare: i casi di prodotti certificati (DOP, DOC, IGP..) devono rispondere a una disciplina di produzione che prevede parametri e vincoli che li rendono inseparabili da una certa area e per cui è impensabile qualsiasi forma di internazionalizzazione diversa dall’esportazione.
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