C'è un treno che parte alle 7.40

Marco De Mitri
Marco De Mitri🛣️ Specialista in Sicurezza Stradale e Mobilità Sostenibile | 📜 Lead Auditor ISO 39001 | 📚 Formatore e Divulgatore | 🎓 Collaboratore Accademico | 🌿 Appassionato di Sostenibilità
scambi
ferroviari
l'azzurro del sevizio ferroviario
nel paesaggio bolognese
fotografie
RhodriJones
testi
Pino Cacucci, MarcoDe Mitri,
Mariangiola Gallingani, Marco Menonna,
Paolo Rumiz, Sabrina Tropea,ValerioVaresi,
GiacomoVenturi. Grazia Verasani
C'è un treno che parte alle 7 e 40
Marco De Mitri e Marco Menonna
"Misono informato c'è un treno che parte
non hai molto tempo 11
traffico è lento
N I el 1970Lucio Battisti cantava nel suo album "Emozioni" la storia di un addio e di una riconciliazione. Una storia d'amore e mobilità' le
I N rapporto di coppia, il distacco e la decisione improvvisadella partenza. Emozioni per un addio, che si intrecciano attorno ad un viaggio, tra 1alentezze
del traffico e l'urgenza del treno, il pentimentodi lui, la rincorsa in aereo per arrivare prima di lei.
Che cosa è cambiato da allora ad oggi?
Forse poco, alla fine. Le storie d•amoresono ancora imprevedibilifontidi emozioni. Il traffico, nemmeno a dirlo, continua a condizionare le nostre vite, e
certamente "è lento" non più solo "nell'ora di punta",anche se oggi, diversamente da allora, disponiamo di collegamenti in tempo reale con cui veicolare
e recapitare, anche visivamente, le "emozioni"in anticiposu qualsiasi partenza.
Oggi, con la diffusa terziarizzazionedelleattivitàeconomiche,il moltiplicarsi dei lavori (edegli orari) "atipici", gli oramcontinuatied i finesettimana
lavorativi, il traffico accompagna costantemente i nostri movimenti.I treni sono (forse) un po•più veloci e confortevoli, ma sempre carichi di persone che
si muovono, ciascuno con in testa le propriestorie, le proprieemozioni ed il motivoche le spinge a dover essere su quel treno che parte alle 7.40.
Anno 2011. Saliamo su uno di questi treni. Un martedì qualsiasi di autunno. Ore 7 e 40. Studenti assonnati con gli auricolari nelle orecchie
smanettano con il telefonino. Alcuni scambiano duechiacchiere sull'ultima notizia sportiva o di gossip, altri esprimono pubblici apprezzamenti per i
compagni o le compagne dell'altro sesso, magari seduti poco lontano.Tutti con lo stesso modo di parlare, un curtoso misto tra to slang adolescenziale
e il dialetto locale, anche se poi i loro tratti somatici e le cadenze rivelano le origini più diverse: europee, asiatiche. sudamericane, nordafricane.
Perfettamente integrati tra loro, con un'armonia che ricorda l'arcobaleno, bello e unico proprio perché composto da tanti anelli, l'uno diverso dall'altro.
Qualcuno di loro sfoglia un testo di studio, rivelando nervosismo per l'interrogazione o l'esame dell'Università che lo attenderà in giornata.
Ma non ci sono solo ragazzi sul treno.Trentenni al primo (o secondo, o terzo...), precario impiego. qualunque esso sia (commesse. consulenti.
assistenti universitari, operatrici di call center,...).Alcuni con la fedeal dito.Adulti che fanno i pendolari da una vita, immersi nella routine della
loro giornata. Turisti occasionali, che viaggiano alla scoperta delle ricchezze del territorio, con la Lonely Planet tra le mani e lo smartphone con le
mappe digitali pronto nella tasca del marsupio. Musicisti, con l'occhio sempre impegnato a verificare che la custodia del loro prezioso, e spesso assai
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ingombrante. strumento non prenda troppebotte.
Un viaggioin trenopuòessere occasione per ricche riflessioni, cosi come i viagginella metropolitanapariginasono stati, per l'antropologofrancese
MarcAugé, il puntodi vista privilegiatoper studiarela cultura contemporanea."Si puòprendereil metròsolo per piacere,alla ricerca di emozioni che
capita a tuttidi avvertirefuggevolmente",scrive Augé nel suo libro"Unethnologuedans le métro":siamocerti che anchequalsiasi spostamento ln treno
possa essere un ottimostimolo per interrogarsi sulle persone che siedonovicino a noi, per porci domandesulla loro vita e sulle misteriose storie che li
accompagnano.
ln qualche caso nonè necessario fare un grande sforzo. Ci pensanoi viaggiatoristessi (nontutti,per fortuna)a mettereal corrente l'intero vagone
sulle loro attività,urlandoal cellulare ogni dettagliosul problemadel lorocane o sugli optionaldella macchinache voglionocomprare, non mancando di
suscitare, peraltro,la risatina che ognunoscambia in silenzio con la personadi fronte,succubedella medesimacomunicazioneforzata.Altre volte, invece
le persone stanno in silenzio... riposano.leggono,scrivono,riflettono.fissandola campagnache correfuoridal finestrino,oppureusano il computer, per
lavorare.guardare un film o giocare a solitario.
Ogni tantocapita di sedersi vicino a qualche personaggio importantesenza riconoscerlo (magari unoscrittore di cui si è lettopiù di un libro), e di
rendersene contosolo alla fine del viaggio. quando ci si saluta dopoaver scambiato qualche parola sulle condizionidel tempoo sul continuo fastidio
provocatodagli urlatori del cellulare. Oppure, per timidezza o per eccesso di concentrazioneneipropripensieri, nonsi parla nemmeno, e si perde magari
l'occasione di conoscere una persona gradevole e interessante. Ci pensa il controllore,se è di buonumoree di buoncarattere, a regalarci un sorriso.
Viaggiando in treno, lo si voglia o no, si è a contattocon l'alter, con il diverso.Questo"altro"è spesso qualcunoche probabilmente non avremmo
altrimenti occasione di incontrare.Sui vagoni, l'interazionecon l'altroavvienesenza che quasice se ne rendaconto:per un senso innatodi protezione,
la nostra posizione sulla poltrona è, inevitabilmente, conseguenza direttadella posizioneassunta dai nostrivicini e del nostro grado di conoscenza con
toro.Siamo curiosi e ci soffermiamoa fissare gli altri, ma abbassiamo Io sguardononappenaquestisi giranodalla nostra parte,per non farci notare. Allo
stesso modo,cerchiamo di non dare tropponell'occhio quandotentiamodi leggere le notiziedal giornale del vicino.
Così come Augé studiavala metropolitanaparigina, noi possiamo rifletteresulle personeche intreccianole lorovitesulle nostreferrovie. E
incontrare una categoria particolare di viaggiatori. pendolari, che percorronoogni giorno distanzenontrascurabili. trascorrendo "in mobilità" una parte
significativa delta loro giornata. Persone che ogni giorno, per studio o per lavoro,si recano in unacittàdiversa da quella in cui vivono. E lo fanno in ogni
stagione, e con qualunquecondizionemeteo, ci sia il sole, piovao nevichi.
Essere pendolarinonè sempre facile. Chiunqueabbia un po' di familiaritàcon il trasportoferroviariopotrebbeparlareper ore di tuttele esperienze
negativevissute. Cancellazioni di treni,ritardicronici, sovraffollamentoe cattivecondizioniigienichee climatichesonosituazioniricorrenti. D'altra
parte, il motivoprincipaleper cui. ogni giorno,saliamo in treno,è la necessità di spostarciversola nostradestinazionein tempi certi (si spera) e con un
buon livello di comfort,e non certo la necessità di correre dietro alle emozioni del viaggio o di avvicinaree scoprire qualcosa di interessante sulla vita
dell'"altro". Anche se poi questoè quantoinevitabilmenteaccade.
E allora... come mai si diventapendolari?Banalmente, risponderemmoche si diventapendolarinel momentoincui Io spostamentoquotidianoin una
città diversa da quella in cui si vivediventaun fattoabituale.Mala vera risposta è un'altra:chi viaggiaperandarea lavorareo a studiare in un'altra città
(per un periodo più o meno lungo della propria vita) lo fa per non rinunciare alle opportunitàche in quella città gli vengono offerte,e che non trova nel
posto in cui vive. Pub acquisirle pagando un costo, in termini di tempodi vita e di spesa monetaria, legato al "muoversi"ogni giorno, avanti e indietro. II più
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delle volte. come accade nei casi in cui si ha difficoltà a trovare lavoro vicino. mentre lo si trova,per esempio, a trenta chilometri da doveSI v:.ve,si trattadi
una scelta obbligata.
La questione.tuttavia,è piùcomplessa: a volteesiste una possibilitàdi scelta. si potrebbeanche lavorare o studiare nel postotr cut v:ve.ma le
opportunità raggiungibili a costo del viaggio sono per qualche ragione migliori. Spesso, la città verso la quale Cl si muove offre un ambiente dl lavoro Più
dinamico e stimolante (oppure,per gli studenti,ospitaunafacoltà piùprestigtosal.ln ogni caso. si tratta di poterrincorrere prospettweprofessionali
migliori, e trovareuna maggiore gratificazioneper il propriolavoro.
Talvolta, addirittura, vivere lontano dal posto nel quale risiedonc i propri interessi professionali diventa una vera e propria scelta. dettatada
motivazioni come i legami familiari o la buona qualità di vita che pub offrire un contesto dall'urbanizzazione rarefatta e ritenuto Più '"amgsurad'uomo-.
oppure, ancora, la scelta è resa obbligatadall'impossibilitàd!sostenereeconomicamentei costi della residenza nella città {r,cui si lavora. Non
dimentichiamo, infatti,che gli immobilideicentristorici hannovisto,dagli anni '70ad oggi, un considerevoleaumentodi prezzo.che ha spinto,quicome
altrove, molti cittadinia trasferirsi sempre dl piùverso le zoneperiferichedel territoriometropolitano.Se a tuttoquestoaggiungiamo l'affermarsi dl
un modello economicoche privilegiala "flessibilità"del lavoro.che cioè,di fatto.ci rende sempre più spesso lavoratori costretti ad essere "nomadi".il
quadro è completo,
Il viaggio quotidianodi andatae ritornodalla propriacasa al postodi lavororimane quindiun elementofondamentalenell'organizzazione della propria
vita. come e piùdi quantononlo fosse nella cosiddetta"cittàfordista",caratterizzata dalla stabilità e dalla regolarità degli spostamenti.perchéoggi é lo
stesso "posto di lavoro" a divenire mobile e volubile nel tempo,e a richiedere capacita "flessibili" di adattamento anche sul plano degli spostamenti. E di
fronte at manifestarsi di esistenze individualisemprepiùfrequentementecaratterizzate dal mutamento,ci si attrezza per rispondereadeguatamentealle
esigenze di una vita mobile.Le variabilidegli spostamenti(tempo,costo,comfort,ecc.) diventanodecisive nelle scelte di mobilità,e possonocomportare
decisioni importanti.comequella di rinunciarea unlavoro cui si tienedi piùse è troppolontanodalla propria residenza, oppuredi rinunciare a viverenel
proprio paese per trasferirsi dovesi lavora.Spesso, è la facilitàconla quale si pubraggiungere una stazione ferroviaria bencollegata e organizzata. anche
in un piccolo paese di provincia.a fare la differenza.
Al di là di tuttele giuste lamenteledeipasseggeri deitreniregionalie locali, la comoditàdi unospostamentoin trenosupera spesso quella
dell'analogo viaggio in auto. Nonsolo per unaquestionedi spesa (il costochilometricodel viaggio in trenoè sensibilmente minoredei costi che si
sostengono per l'acquisto, l'assicurazione, la manutenzione.
ecc. di un'auto),ma anche in termini di qualità della vita, considerandotuttolo stress
risparmiato. Mentre in auto si è costretti a stare concentrati ed occupati totalmentesulla guida, con il solo eventuale diversivo dell'autoradio, in treno
ci si puboccupare di mottoaltro: si publeggere - persvagoo per lavoro- si puòascoltare musica, si pubusare un pc. E quandoè necessario, Più
semplicemente, ci si pubriposare. Riuscire a svolgereun'attività- o unanon-attività- "in mobilità"consenteun rapportocompletamentediversocon la
variabile tempo.
Non si valuta più una modalitàdi trasportosolo in base alla duratadello spostamento,ma anche in base a moltealtre cose. tra cui la possibilità
che abbiamo di riempire il tempodi sostanzae significati.Ecco perchéMarcAugé ha volutodare un valore alle "emozioniche capita a tuttidi sentire
fuggevolmente". E perché, ogni giornoed in ognistagione,continuiamoinstancabiliad intrecciare le nostrevitesu quel trenoche parte alle 7.40.
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  • 2. C'è un treno che parte alle 7 e 40 Marco De Mitri e Marco Menonna "Misono informato c'è un treno che parte non hai molto tempo 11 traffico è lento N I el 1970Lucio Battisti cantava nel suo album "Emozioni" la storia di un addio e di una riconciliazione. Una storia d'amore e mobilità' le I N rapporto di coppia, il distacco e la decisione improvvisadella partenza. Emozioni per un addio, che si intrecciano attorno ad un viaggio, tra 1alentezze del traffico e l'urgenza del treno, il pentimentodi lui, la rincorsa in aereo per arrivare prima di lei. Che cosa è cambiato da allora ad oggi? Forse poco, alla fine. Le storie d•amoresono ancora imprevedibilifontidi emozioni. Il traffico, nemmeno a dirlo, continua a condizionare le nostre vite, e certamente "è lento" non più solo "nell'ora di punta",anche se oggi, diversamente da allora, disponiamo di collegamenti in tempo reale con cui veicolare e recapitare, anche visivamente, le "emozioni"in anticiposu qualsiasi partenza. Oggi, con la diffusa terziarizzazionedelleattivitàeconomiche,il moltiplicarsi dei lavori (edegli orari) "atipici", gli oramcontinuatied i finesettimana lavorativi, il traffico accompagna costantemente i nostri movimenti.I treni sono (forse) un po•più veloci e confortevoli, ma sempre carichi di persone che si muovono, ciascuno con in testa le propriestorie, le proprieemozioni ed il motivoche le spinge a dover essere su quel treno che parte alle 7.40. Anno 2011. Saliamo su uno di questi treni. Un martedì qualsiasi di autunno. Ore 7 e 40. Studenti assonnati con gli auricolari nelle orecchie smanettano con il telefonino. Alcuni scambiano duechiacchiere sull'ultima notizia sportiva o di gossip, altri esprimono pubblici apprezzamenti per i compagni o le compagne dell'altro sesso, magari seduti poco lontano.Tutti con lo stesso modo di parlare, un curtoso misto tra to slang adolescenziale e il dialetto locale, anche se poi i loro tratti somatici e le cadenze rivelano le origini più diverse: europee, asiatiche. sudamericane, nordafricane. Perfettamente integrati tra loro, con un'armonia che ricorda l'arcobaleno, bello e unico proprio perché composto da tanti anelli, l'uno diverso dall'altro. Qualcuno di loro sfoglia un testo di studio, rivelando nervosismo per l'interrogazione o l'esame dell'Università che lo attenderà in giornata. Ma non ci sono solo ragazzi sul treno.Trentenni al primo (o secondo, o terzo...), precario impiego. qualunque esso sia (commesse. consulenti. assistenti universitari, operatrici di call center,...).Alcuni con la fedeal dito.Adulti che fanno i pendolari da una vita, immersi nella routine della loro giornata. Turisti occasionali, che viaggiano alla scoperta delle ricchezze del territorio, con la Lonely Planet tra le mani e lo smartphone con le mappe digitali pronto nella tasca del marsupio. Musicisti, con l'occhio sempre impegnato a verificare che la custodia del loro prezioso, e spesso assai 33
  • 3. ingombrante. strumento non prenda troppebotte. Un viaggioin trenopuòessere occasione per ricche riflessioni, cosi come i viagginella metropolitanapariginasono stati, per l'antropologofrancese MarcAugé, il puntodi vista privilegiatoper studiarela cultura contemporanea."Si puòprendereil metròsolo per piacere,alla ricerca di emozioni che capita a tuttidi avvertirefuggevolmente",scrive Augé nel suo libro"Unethnologuedans le métro":siamocerti che anchequalsiasi spostamento ln treno possa essere un ottimostimolo per interrogarsi sulle persone che siedonovicino a noi, per porci domandesulla loro vita e sulle misteriose storie che li accompagnano. ln qualche caso nonè necessario fare un grande sforzo. Ci pensanoi viaggiatoristessi (nontutti,per fortuna)a mettereal corrente l'intero vagone sulle loro attività,urlandoal cellulare ogni dettagliosul problemadel lorocane o sugli optionaldella macchinache voglionocomprare, non mancando di suscitare, peraltro,la risatina che ognunoscambia in silenzio con la personadi fronte,succubedella medesimacomunicazioneforzata.Altre volte, invece le persone stanno in silenzio... riposano.leggono,scrivono,riflettono.fissandola campagnache correfuoridal finestrino,oppureusano il computer, per lavorare.guardare un film o giocare a solitario. Ogni tantocapita di sedersi vicino a qualche personaggio importantesenza riconoscerlo (magari unoscrittore di cui si è lettopiù di un libro), e di rendersene contosolo alla fine del viaggio. quando ci si saluta dopoaver scambiato qualche parola sulle condizionidel tempoo sul continuo fastidio provocatodagli urlatori del cellulare. Oppure, per timidezza o per eccesso di concentrazioneneipropripensieri, nonsi parla nemmeno, e si perde magari l'occasione di conoscere una persona gradevole e interessante. Ci pensa il controllore,se è di buonumoree di buoncarattere, a regalarci un sorriso. Viaggiando in treno, lo si voglia o no, si è a contattocon l'alter, con il diverso.Questo"altro"è spesso qualcunoche probabilmente non avremmo altrimenti occasione di incontrare.Sui vagoni, l'interazionecon l'altroavvienesenza che quasice se ne rendaconto:per un senso innatodi protezione, la nostra posizione sulla poltrona è, inevitabilmente, conseguenza direttadella posizioneassunta dai nostrivicini e del nostro grado di conoscenza con toro.Siamo curiosi e ci soffermiamoa fissare gli altri, ma abbassiamo Io sguardononappenaquestisi giranodalla nostra parte,per non farci notare. Allo stesso modo,cerchiamo di non dare tropponell'occhio quandotentiamodi leggere le notiziedal giornale del vicino. Così come Augé studiavala metropolitanaparigina, noi possiamo rifletteresulle personeche intreccianole lorovitesulle nostreferrovie. E incontrare una categoria particolare di viaggiatori. pendolari, che percorronoogni giorno distanzenontrascurabili. trascorrendo "in mobilità" una parte significativa delta loro giornata. Persone che ogni giorno, per studio o per lavoro,si recano in unacittàdiversa da quella in cui vivono. E lo fanno in ogni stagione, e con qualunquecondizionemeteo, ci sia il sole, piovao nevichi. Essere pendolarinonè sempre facile. Chiunqueabbia un po' di familiaritàcon il trasportoferroviariopotrebbeparlareper ore di tuttele esperienze negativevissute. Cancellazioni di treni,ritardicronici, sovraffollamentoe cattivecondizioniigienichee climatichesonosituazioniricorrenti. D'altra parte, il motivoprincipaleper cui. ogni giorno,saliamo in treno,è la necessità di spostarciversola nostradestinazionein tempi certi (si spera) e con un buon livello di comfort,e non certo la necessità di correre dietro alle emozioni del viaggio o di avvicinaree scoprire qualcosa di interessante sulla vita dell'"altro". Anche se poi questoè quantoinevitabilmenteaccade. E allora... come mai si diventapendolari?Banalmente, risponderemmoche si diventapendolarinel momentoincui Io spostamentoquotidianoin una città diversa da quella in cui si vivediventaun fattoabituale.Mala vera risposta è un'altra:chi viaggiaperandarea lavorareo a studiare in un'altra città (per un periodo più o meno lungo della propria vita) lo fa per non rinunciare alle opportunitàche in quella città gli vengono offerte,e che non trova nel posto in cui vive. Pub acquisirle pagando un costo, in termini di tempodi vita e di spesa monetaria, legato al "muoversi"ogni giorno, avanti e indietro. II più 34
  • 4. delle volte. come accade nei casi in cui si ha difficoltà a trovare lavoro vicino. mentre lo si trova,per esempio, a trenta chilometri da doveSI v:.ve,si trattadi una scelta obbligata. La questione.tuttavia,è piùcomplessa: a volteesiste una possibilitàdi scelta. si potrebbeanche lavorare o studiare nel postotr cut v:ve.ma le opportunità raggiungibili a costo del viaggio sono per qualche ragione migliori. Spesso, la città verso la quale Cl si muove offre un ambiente dl lavoro Più dinamico e stimolante (oppure,per gli studenti,ospitaunafacoltà piùprestigtosal.ln ogni caso. si tratta di poterrincorrere prospettweprofessionali migliori, e trovareuna maggiore gratificazioneper il propriolavoro. Talvolta, addirittura, vivere lontano dal posto nel quale risiedonc i propri interessi professionali diventa una vera e propria scelta. dettatada motivazioni come i legami familiari o la buona qualità di vita che pub offrire un contesto dall'urbanizzazione rarefatta e ritenuto Più '"amgsurad'uomo-. oppure, ancora, la scelta è resa obbligatadall'impossibilitàd!sostenereeconomicamentei costi della residenza nella città {r,cui si lavora. Non dimentichiamo, infatti,che gli immobilideicentristorici hannovisto,dagli anni '70ad oggi, un considerevoleaumentodi prezzo.che ha spinto,quicome altrove, molti cittadinia trasferirsi sempre dl piùverso le zoneperiferichedel territoriometropolitano.Se a tuttoquestoaggiungiamo l'affermarsi dl un modello economicoche privilegiala "flessibilità"del lavoro.che cioè,di fatto.ci rende sempre più spesso lavoratori costretti ad essere "nomadi".il quadro è completo, Il viaggio quotidianodi andatae ritornodalla propriacasa al postodi lavororimane quindiun elementofondamentalenell'organizzazione della propria vita. come e piùdi quantononlo fosse nella cosiddetta"cittàfordista",caratterizzata dalla stabilità e dalla regolarità degli spostamenti.perchéoggi é lo stesso "posto di lavoro" a divenire mobile e volubile nel tempo,e a richiedere capacita "flessibili" di adattamento anche sul plano degli spostamenti. E di fronte at manifestarsi di esistenze individualisemprepiùfrequentementecaratterizzate dal mutamento,ci si attrezza per rispondereadeguatamentealle esigenze di una vita mobile.Le variabilidegli spostamenti(tempo,costo,comfort,ecc.) diventanodecisive nelle scelte di mobilità,e possonocomportare decisioni importanti.comequella di rinunciarea unlavoro cui si tienedi piùse è troppolontanodalla propria residenza, oppuredi rinunciare a viverenel proprio paese per trasferirsi dovesi lavora.Spesso, è la facilitàconla quale si pubraggiungere una stazione ferroviaria bencollegata e organizzata. anche in un piccolo paese di provincia.a fare la differenza. Al di là di tuttele giuste lamenteledeipasseggeri deitreniregionalie locali, la comoditàdi unospostamentoin trenosupera spesso quella dell'analogo viaggio in auto. Nonsolo per unaquestionedi spesa (il costochilometricodel viaggio in trenoè sensibilmente minoredei costi che si sostengono per l'acquisto, l'assicurazione, la manutenzione. ecc. di un'auto),ma anche in termini di qualità della vita, considerandotuttolo stress risparmiato. Mentre in auto si è costretti a stare concentrati ed occupati totalmentesulla guida, con il solo eventuale diversivo dell'autoradio, in treno ci si puboccupare di mottoaltro: si publeggere - persvagoo per lavoro- si puòascoltare musica, si pubusare un pc. E quandoè necessario, Più semplicemente, ci si pubriposare. Riuscire a svolgereun'attività- o unanon-attività- "in mobilità"consenteun rapportocompletamentediversocon la variabile tempo. Non si valuta più una modalitàdi trasportosolo in base alla duratadello spostamento,ma anche in base a moltealtre cose. tra cui la possibilità che abbiamo di riempire il tempodi sostanzae significati.Ecco perchéMarcAugé ha volutodare un valore alle "emozioniche capita a tuttidi sentire fuggevolmente". E perché, ogni giornoed in ognistagione,continuiamoinstancabiliad intrecciare le nostrevitesu quel trenoche parte alle 7.40. 35