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Struttura e ambizione: Federico Corbari, Head of Trade
Marketing Confectionary Grocery & HD - Mars Italia
RETAIL - AZIENDE FOOD
Arriviamo ad Assago in leggero anticipo: giusto il tempo di rileggerci le domande
ed essere sicure di riuscire a cogliere l’essenza del Trade marketing. Diamo uno
sguardo ai dintorni dell’edificio dove si trova Mars e notiamo con un pizzico di
stupore che l’ambiente non è la grigia Milano industriale che ci aspettavamo,
ma un complesso di edifici circondati da aiuole verdi e da numerosi bar che
piano piano si riempiono di impiegati e manager in pausa pranzo. Ci fermiamo
qualche istante a osservare quello che nel giro di qualche mese diventerà un
momento parte della nostra tipica giornata di lavoro. O almeno speriamo… È
arrivato il momento di raggiungere il punto d’incontro. Siamo sotto la sede di
Mars Italia e il dottor Corbari arriva insieme alla dottoressa Anna Menolascina,
il nostro contatto interno nonché Customer Marketing Activities Manager. Sono
entrambi molto gentili e disponibili, e dopo aver velocemente esposto il nostro progetto
iniziamo con le domande.
Partendo dalla sua formazione, si è laureato
in economia e ha iniziato subito a lavorare:
com’è avvenuto il contatto con l’azienda?
Aveva già iniziato a cercare o è stato
contattato?
Mi sono laureato all’Università degli studi di
Genova, triennale in Economia Aziendale e
specialistica in General Management, con una
breve parentesi all’estero per il programma
Erasmus a Copenaghen. La scelta di economia
è stata in parte guidata dal percorso familiare,
mio padre ha infatti sempre lavorato in azienda
dandomi la possibilità di interessarmi all’ambito
economico già in età adolescenziale. Il contatto
con la mia prima azienda, Saiwa, già parte del
gruppo Kraft, che al tempo aveva ancora sede a
Genova, è stato grazie alla mia relatrice della tesi
specialistica in marketing sul lancio di un nuovo
prodotto. Fu proprio lei a propormi di partecipare
a un colloquio di gruppo per un ruolo di Assistant
Brand Manager in stage sugli snack salati, in
particolare sui brand Tuc e Ritz. Il colloquio andò
molto bene e fui assunto come stagista per i sei
mesi successivi.
FedericoCo
rbari-MarsItalia
Com’è stata formativa all’atto pratico
l’esperienza universitaria e quanto mette
tuttora in pratica all’interno dell’azienda?
Sicuramente c’è un buon numero di esami che
penso di aver dimenticato dopo tre o quattro
giorni, come ad esempio gli esami di ambito
giurisprudenziale. Per quanto riguarda gli esami
di matrice economica, alla facoltà di Genova,
l’approccio era molto didattico, più legato al
libro di testo, se confrontato con altre università
che fanno del percorso universitario anche un
modo per entrare in contatto con il mondo delle
aziende, proponendo progetti concreti su cui
poter lavorare. Se dovessi tracciare un bilancio su
quanto formativa sia stata questa esperienza per
il mondo del lavoro, direi “il giusto”; L’università
mi ha sicuramente introdotto alle nozioni di
massima del mondo macro e microeconomico
ma attribuisco la mia prima vera formazione
al mondo del lavoro. All’università riconosco
sicuramente il merito di avermi insegnato ad
organizzarmi e gestire le mie priorità ma i primi
sei mesi di stage in Saiwa sono stati sicuramente
di forte impatto.
Qual è stato l’impatto con la struttura
organizzativa dell’azienda? Cosa si aspettava
e cos’ha trovato? Cosa l’ha aiutata a capire
come funziona?
L’impatto non è stato eccessivamente traumatico.
Saiwa infatti, nonostante facesse parte da poco
di un gruppo multinazionale, si presentava come
una realtà accogliente, con un ambiente familiare
e collaborativo. Un impatto sicuramente meno
“morbido” l’ho avuto nel passaggio a Reckitt
Benckiser, realtà di matrice più anglosassone
e con un ambiente sicuramente, almeno nel
percepito, più competitivo, dominato da profili
manageriali ambiziosi, determinati e con obiettivi
di carriera ben precisi. Quest’ultimo ambiente
è quello che talvolta può sentirsi definire come
“covo di squali”... personalmente lo definirei
come un ambiente altamente stimolante che ti
introduce senza compromessi al duro mondo
del lavoro. Ho sempre amato la competizione, è
ciò che mi aspettavo e desideravo trovare, e in
questa mia seconda esperienza lavorativa sono
stato accontentato.
A proposito di diversità di ambiente, c’è stato
un sensibile cambiamento tra il modo di
lavorare delle diverse aziende nelle quali ha
collaborato?
Finora ho avuto la fortuna di lavorare in quattro
aziende, ciascuna delle quali con particolarità
uniche e differenti sia nel modo di gestire e
considerare le persone, ma soprattutto in quello
di gestire i processi, nel peso attribuito loro e
nella qualità con la quale vengono implementati.
Benckiser ad esempio era una realtà molto solida
in quest’ambito, nel quale ciascuno ha un proprio
ruolo e precise responsabilità. I dipartimenti
lavoravano in maggiore autonomia, lasciando al
processo il compito di integrare i diversi input,
dando alle persone l’opportunità di approfondire
in dettaglio le proprie aree di competenza. Al
contrario in Mars i processi sono meno definiti
e strutturati dando la possibilità alle persone di
vedere più cose e colmare alcune lacune che
aziende più rigide tendono a non agevolare,
rinunciando talvolta però alla profondità di
dettaglio su una determinata area di competenza.
Per questi motivi è interessante e molto formativo
avere la possibilità di conoscere ambienti di
lavoro diversi.
E’ stato difficile adattarsi al cambiamento?
Ci sono dei cambiamenti che vengono più
semplici
e altri più difficili a seconda della predisposizione
di ognuno. Io generalmente, essendo già
una persona piuttosto strutturata, mi ritengo
sufficientemente adattabile. In un ambiente
poco strutturato naturalmente le difficoltà sono
maggiori ma se da un lato le mie caratteristiche mi
supportano meno dall’altro mi stimolano a portare
proattivamente il mio contributo. Trovandomi
invece in ambiti organizzativi più in linea con
le mie attitudini caratteriali e professionali, mi
adatto molto velocemente. Parlando in generale,
ovviamente ci sono persone che hanno più o
meno difficoltà di adattamento e che trovano
collocazione in azienda a seconda del bisogno
di qualcuno che porti struttura o meno.
Come descriverebbe il suo lavoro in tre
parole? Quali sono le sue mansioni? Potrebbe
descrivere una giornata tipo?
Non è semplice definire il mio lavoro in tre parole.
Stressante, stimolante e, con le dovute proporzio-
ni, complicato, soprattutto in relazione al numero
di stakeholders interni ed esterni a cui il mio
ruolo deve far riferimento. Per quanto riguarda
le mansioni, sono attualmente responsabile del
Trade Marketing per il Confectionery (chocolate,
gums e ice creams) seguendo nello specifico
il canale grocery e hard discount. Il Trade
Marketing si è evoluto molto negli ultimi anni,
diventando il punto di incontro cruciale tra quelle
che sono le strategie di prodotto o di brand e
quella che deve essere la loro implementazione
sul retail, mi piace paragonarlo alla “strozzatura”
di una clessidra. Io vengo coinvolto praticamente
in ogni meeting aziendale, da quelli orientati
alle strategie di marketing a quelli più orientati
alle strategie di vendita, cercando di dare un
contributo alla conciliazione, non sempre banale,
di questi due aspetti. Ovviamente questo vale
anche per quanto riguarda l’ambito finance,
visto il budget a disposizione, e quello logistico.
Definirei le interazioni del Trade Marketing tra
le più numerose e complesse se confrontate a
quelle di altri dipartimenti.
Quali sono le figure professionali con le quali
entra generalmente in contatto?
Direi molte, ma sicuramente quelle con cui mi
interfaccio più spesso sono la Direzione Vendite,
sia nazionali che field, ma anche la direzione
marketing e finanziaria. National Account, con
i quali interagisco quotidianamente, e Brand
Managersonoalcunideiprofiliconiqualicollaboro
più frequentemente, anche se certamente non
gli unici. Pensando all’organigramma aziendale
rispondo al Category Director Confectionery
ma ho stakeholders importanti che non posso
ignorare, con i quali ho una collaborazione
costante e diretta.
Quali caratteristiche personali ritiene debba
possedere chi fa il suo lavoro?
Struttura, nel senso di capacità di organizzare
secondoprioritàillavoro,determinazione,capacità
di gestione del carico di stress o di responsabilità,
e poi curiosità, voglia di imparare cose diverse. Io
vengodaunacarrieraprevalentementemarketing,
in cui ho trascorso otto anni. Ora ricopro un ruolo
di responsabilità in una funzione nella quale non
avevo mai lavorato in precedenza, è dunque
importante anche essere flessibili e avere una
buona agilità organizzativa per potersi calare al
meglio nelle nuove realtà in cui l’azienda può
decidere di inserirti.
Quello del Retail è un ambito tanto bello quanto
complesso, quali sono le difficoltà di questo
mestiere? Distinguendo in base ai Paesi, l’Italia
è sicuramente tra i più complessi, presentando
una polverizzazione sia in termini di numerica di
clienti che di store format, richiedendo dunque
grande precisione e grosse complessità da
gestire. Le principali sono proprio nel cercare di
declina- re strategie che generalmente cercano
di essere sempre più uniche o centralizzate in
una realtà come quella della distribuzione che è,
invece, particolarmente diversificata.
Qual è l’approccio di Mars nell’ambito del
Retail?
L’attenzione ai clienti, che noi definiamo
Customer Centricity, è una delle principali linee
guida strategiche di Mars. Non qualcosa di
assolutamente nuovo ma sicuramente qualcosa
che molte aziende stanno iniziando a vivere
con sempre maggiore attenzione. Sempre
meno infatti si può delegare il successo di una
determinata marca alla potenza del brand. Si
deve sempre di più tenere presente il necessario
contributo che il Retail e il Trade possono dare
all’implementazione delle strategie, pensando ad
un consumatore sempre meno fedele alla marca
e sempre più alle insegne. Per questo motivo
non si può più prescindere dalla collaborazione
tra le due realtà, in un approccio mutuale che ha
l’obiettivo di perseguire vantaggi condivisi.
C’è stato un momento nel suo percorso
che definirebbe un punto di svolta? O una
persona che ha particolarmente influito
nella sua carriera e che sentirebbe di dover
ringraziare?
Uno è sicuramente arrivato durante la mia
esperienza in Benckiser. Io ero entrato come
AssistantBrandManagerasupportodeidueBrand
Manager di ruolo sui detergenti, occupandomi di
Sole, Ava e Lanza. Dopo qualche tempo, al kick
off di un progetto di rilancio del brand Ava, che
coinvolgeva le classiche P del marketing mix,
la Brand Manager lasciò e mi fu affidato il progetto,
nonostante fossi una figura junior all’interno
dell’azienda. Il progetto mi diede la possibilità
di accelerare il mio processo di apprendimento
nonchè la visibilità necessaria per poter mostrare
le mie capacità ai manager aziendali più influenti.
Sicuramente un primo ringraziamento va, quindi,
alla Category Manager che, in attesa che il ruolo
venisse ricoperto, mi diede fiducia e l’opportunità,
mai scontata, di potermi far notare. Nei circa sei
mesisenzaBrandManagerinfattiebbilapossibilità
di presentare il progetto alla direzione marketing,
alle vendite fino al general manager. Un particolare
ringraziamento va poi a mio padre che mi ha
sempre “gestito” come un manager fa con una
risorsa, insegnandomi il valore dell’impegno e del
sacrificio, del non dare mai nulla per scontato e
fornendomi quindi un mindset più “consapevole”
e strutturato che probabilmente mi ha permesso,
già nei colloqui iniziali da universitario, di avere
una predisposizione che è stata percepita, e che
mi ha dato l’opportunità di entrare in azienda
prima di alcune persone che avevano già fatto
esperienza lavorativa. Questa è una fortuna, non
un merito, di conseguenza un ringraziamento va
all’ambiente di crescita.
Ha rimpianti?
Non particolari. Per adesso sono molto soddisfatto
del percorso di carriera, e dopo otto anni di
marketing sentivo la necessità di riaccelerare
nella curva di apprendimento e questo è un ruolo
che mi permette di arricchire enormemente il
mio profilo in un Paese in cui l’ambito trade è
particolarmente complesso. Mi piace il mercato
dove lavoro, il food, che nel largo consumo
è tra le mie preferenze. Il mio ruolo è un bel
ruolo, il mio team è un bel team, i manager
dell’azienda sono molto stimolanti e competenti,
anche in passato ho sempre avuto l’occasione di
lavorare con dei capi che mi hanno dato spazio
e che ritenevo degli ottimi esempi da cui trarre
insegnamenti e ispirazione, quindi, onestamente
e fortunatamente, non ho ad oggi grossi rimpianti.
Quando ha cominciato, si aspettava questo
andamento di carriera?
Non me lo aspettavo ma me lo auguravo,
ovviamente. Sono una persona molto determinata,
ho dei chiari obiettivi in testa e cerco di aiutarmi e
farmi aiutare a capire cosa mi serve per raggiungere
questi obiettivi. Nel momento in cui identifico cosa
mi serve e cosa mi manca cerco di lavorare al
massimo per riuscire a colmare il gap, guidato da
un giusto livello di ambizione. Non mi aspettavo
questo andamento di carriera perché non c’è niente
di sicuro e intervengono sempre in aiuto una serie
di combinazioni, di cui la fortuna fa parte. Prospettive
future? Sono da poco nel ruolo, circa sei mesi, quindi
sono all’inizio di un processo di apprendimento
che riparte da zero, con diverse responsabilità. Ora
le prospettive sono di acquisire tutto quello che
posso da questo ruolo, sia in termini di gestione
delle persone che in termini di gestione dei processi.
L’ambizione rimane, nel senso che in un percorso
di carriera verticale non mi accontento certamente.
Il mio obiettivo è di diventare Marketing & Trade
Marketing Director, General Manager, e poi si vedrà,
procedendo per step.
Vuole aggiungere qualcosa che avrebbe
voluto far emergere dall’intervista?
Un consiglio. Mi sembra di avere colto il vostro
interesse a lavorare in questo ambito e posso
dire che è un’ottima scelta. Io sono partito come
appassionato del marketing e se qualcuno mi
avesse detto che avrei fatto trade probabilmente
non ci avrei creduto. Alla luce dell’esperienza
maturata posso senz’altro affermare che
un’esperienza marketing iniziale fornisca
quella giusta dose di “visione a lungo periodo”
necessaria affinchè le scelte di business non si
risolvano in dei meri tatticismi, sempre meno
efficaci dato il grado crescente di complessità
e competitività dei mercati, ma si spingano in
direzioni più strategiche
essendo queste maggiormente collegate ad
un concetto di crescita sostenibile e difendibile
nel tempo. La visione prospettica è un binario,
l’altro è quello del pragmatismo di capire come
siano le realtà, evitando dunque di rimanere dei
manager eccessivamente “teorici” e in questo
l’ambito sales/trade marketing è particolarmente
efficace. Il mio suggerimento è dunque quello
di diversificare, se possibile, le vostre esperienze
scegliendo il marketing come punto di partenza.
Una giusta capacità strategica vi aiuterà molto
a costruire un profilo trade marketing/vendite
più evoluto e, di conseguenza, sempre più
interessante e ricercato nelle aziende.
Pensa che nella sua crescita abbia avuto un
ruolo fondamentale cambiare azienda?
Il cambio di azienda non è sempre un male, anzi
a volte favorisce crescite più veloci. Effettivamente
avere esperienza in ambienti diversi ti forma tanto
in termini di flessibilità, di capacità di adattarsi
all’ambiente, un po’ con metodo darwiniano,
quindi è un’esperienza che personalmente mi
ha arricchito molto e mi ha permesso non solo
di saper reagire positivamente ai cambiamenti
ma talvolta anche ricercarli proattivamente. Il
cambiamento può avvenire da un momento
all’altro: cambiano i GM, cambiano le politiche,
cambiano i processi... insomma fa presto
un’azienda a trasformarsi radicalmente, meglio
sapersi adattare. Personalmente mi sento
molto flessibile al cambiamento e ho già avuto
esperienza di cambi radicali, sia in termini di
azienda, sia in termini geografici – ho lavorato
anche a Zurigo quindi ambiente diverso, matrice
diversa, lingua diversa – e questo credo mi
abbia reso più forte. La mi opinione è che avere
il “giusto numero” di esperienze differenti è un
buon modo per prepararsi ad un futuro che può
rivelarsi particolarmente instabile.
Com’è il candidato ideale?
Partecipo a molti colloqui in azienda, sia per il
mio team ma anche per altre posizioni e, mi
dispiace dirlo, vedo sempre più raramente
persone con il giusto livello di determinazione e
voglia di sacrificarsi. Le risposte più comuni sono
che l’azienda sia interessante rappresentando un
ambiente di lavoro solido, che sia stimolante ma
senza la capacità di giustificare l’affermazione, che
sia un percorso certo di crescita retributiva. Poche
volte si assiste a risposte del tipo: “Sono disposto
a tutto pur di imparare” o “Ho voglia di mettermi
in discussione”. Manca umiltà, consapevolezza e
capacità autocritica... insomma manca la “fame”.
Quindi un suggerimento che vi do è, cercate di
trasferire il più possibile nei colloqui la voglia che
avete di fare, di impegnarvi e di dare il vostro
contributo. L’ambiente della multinazionale è
spesso complesso e stressante: gli orari sono
duri, i manager esigenti, si devono prendere
decisioni e ci si aspetta il contributo attivo di tutti,
in particolar modo dai nuovi arrivati. Gli ambienti
mutano velocemente, siate pronte ad impegnarvi
e a mettervi realmente in gioco. L’azienda chiede
molto e non sempre in tempi brevi restituisce.
Bisogna avere pazienza e perseveranza,
condizioni necessarie, anche se non sempre
sufficienti, affinchè il duro lavoro paghi. Preparate
con attenzione i colloqui, studiate punti vendita e
prodotti, maturate ed esponete senza timore le
vostre idee. Abbiate il coraggio di proporvi come
siete e non come pensate sia meglio essere.
Con le idee molto più chiare sul ruolo del
Trade Marketing Manager e grate per il tempo
dedicatoci e i preziosi consigli ricevuti, lasciamo
il dottor Corbari e la dottoressa Menolascina
liberi di partecipare alla riunione che li aspetta
e ritorniamo ai nostri studi un po’ più consce
dell’impegno e della passione necessari a
raggiungere gli obiettivi di carriera.
Retail Your Talent. Programma di formazione post laurea - 2015
II Project Work
Intervista a cura di Flavia Nicolosi, Elisa Cellizza e Laura Liguori
-> www.istud.it
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Intervista a Federico Corbari, Mars Italia

  • 1. Business School Struttura e ambizione: Federico Corbari, Head of Trade Marketing Confectionary Grocery & HD - Mars Italia RETAIL - AZIENDE FOOD Arriviamo ad Assago in leggero anticipo: giusto il tempo di rileggerci le domande ed essere sicure di riuscire a cogliere l’essenza del Trade marketing. Diamo uno sguardo ai dintorni dell’edificio dove si trova Mars e notiamo con un pizzico di stupore che l’ambiente non è la grigia Milano industriale che ci aspettavamo, ma un complesso di edifici circondati da aiuole verdi e da numerosi bar che piano piano si riempiono di impiegati e manager in pausa pranzo. Ci fermiamo qualche istante a osservare quello che nel giro di qualche mese diventerà un momento parte della nostra tipica giornata di lavoro. O almeno speriamo… È arrivato il momento di raggiungere il punto d’incontro. Siamo sotto la sede di Mars Italia e il dottor Corbari arriva insieme alla dottoressa Anna Menolascina, il nostro contatto interno nonché Customer Marketing Activities Manager. Sono entrambi molto gentili e disponibili, e dopo aver velocemente esposto il nostro progetto iniziamo con le domande. Partendo dalla sua formazione, si è laureato in economia e ha iniziato subito a lavorare: com’è avvenuto il contatto con l’azienda? Aveva già iniziato a cercare o è stato contattato? Mi sono laureato all’Università degli studi di Genova, triennale in Economia Aziendale e specialistica in General Management, con una breve parentesi all’estero per il programma Erasmus a Copenaghen. La scelta di economia è stata in parte guidata dal percorso familiare, mio padre ha infatti sempre lavorato in azienda dandomi la possibilità di interessarmi all’ambito economico già in età adolescenziale. Il contatto con la mia prima azienda, Saiwa, già parte del gruppo Kraft, che al tempo aveva ancora sede a Genova, è stato grazie alla mia relatrice della tesi specialistica in marketing sul lancio di un nuovo prodotto. Fu proprio lei a propormi di partecipare a un colloquio di gruppo per un ruolo di Assistant Brand Manager in stage sugli snack salati, in particolare sui brand Tuc e Ritz. Il colloquio andò molto bene e fui assunto come stagista per i sei mesi successivi. FedericoCo rbari-MarsItalia
  • 2. Com’è stata formativa all’atto pratico l’esperienza universitaria e quanto mette tuttora in pratica all’interno dell’azienda? Sicuramente c’è un buon numero di esami che penso di aver dimenticato dopo tre o quattro giorni, come ad esempio gli esami di ambito giurisprudenziale. Per quanto riguarda gli esami di matrice economica, alla facoltà di Genova, l’approccio era molto didattico, più legato al libro di testo, se confrontato con altre università che fanno del percorso universitario anche un modo per entrare in contatto con il mondo delle aziende, proponendo progetti concreti su cui poter lavorare. Se dovessi tracciare un bilancio su quanto formativa sia stata questa esperienza per il mondo del lavoro, direi “il giusto”; L’università mi ha sicuramente introdotto alle nozioni di massima del mondo macro e microeconomico ma attribuisco la mia prima vera formazione al mondo del lavoro. All’università riconosco sicuramente il merito di avermi insegnato ad organizzarmi e gestire le mie priorità ma i primi sei mesi di stage in Saiwa sono stati sicuramente di forte impatto. Qual è stato l’impatto con la struttura organizzativa dell’azienda? Cosa si aspettava e cos’ha trovato? Cosa l’ha aiutata a capire come funziona? L’impatto non è stato eccessivamente traumatico. Saiwa infatti, nonostante facesse parte da poco di un gruppo multinazionale, si presentava come una realtà accogliente, con un ambiente familiare e collaborativo. Un impatto sicuramente meno “morbido” l’ho avuto nel passaggio a Reckitt Benckiser, realtà di matrice più anglosassone e con un ambiente sicuramente, almeno nel percepito, più competitivo, dominato da profili manageriali ambiziosi, determinati e con obiettivi di carriera ben precisi. Quest’ultimo ambiente è quello che talvolta può sentirsi definire come “covo di squali”... personalmente lo definirei come un ambiente altamente stimolante che ti introduce senza compromessi al duro mondo del lavoro. Ho sempre amato la competizione, è ciò che mi aspettavo e desideravo trovare, e in questa mia seconda esperienza lavorativa sono stato accontentato. A proposito di diversità di ambiente, c’è stato un sensibile cambiamento tra il modo di lavorare delle diverse aziende nelle quali ha collaborato? Finora ho avuto la fortuna di lavorare in quattro aziende, ciascuna delle quali con particolarità uniche e differenti sia nel modo di gestire e considerare le persone, ma soprattutto in quello di gestire i processi, nel peso attribuito loro e nella qualità con la quale vengono implementati. Benckiser ad esempio era una realtà molto solida in quest’ambito, nel quale ciascuno ha un proprio ruolo e precise responsabilità. I dipartimenti lavoravano in maggiore autonomia, lasciando al processo il compito di integrare i diversi input, dando alle persone l’opportunità di approfondire in dettaglio le proprie aree di competenza. Al contrario in Mars i processi sono meno definiti e strutturati dando la possibilità alle persone di vedere più cose e colmare alcune lacune che aziende più rigide tendono a non agevolare, rinunciando talvolta però alla profondità di dettaglio su una determinata area di competenza. Per questi motivi è interessante e molto formativo avere la possibilità di conoscere ambienti di lavoro diversi. E’ stato difficile adattarsi al cambiamento? Ci sono dei cambiamenti che vengono più semplici e altri più difficili a seconda della predisposizione di ognuno. Io generalmente, essendo già una persona piuttosto strutturata, mi ritengo sufficientemente adattabile. In un ambiente poco strutturato naturalmente le difficoltà sono maggiori ma se da un lato le mie caratteristiche mi supportano meno dall’altro mi stimolano a portare proattivamente il mio contributo. Trovandomi invece in ambiti organizzativi più in linea con le mie attitudini caratteriali e professionali, mi adatto molto velocemente. Parlando in generale, ovviamente ci sono persone che hanno più o meno difficoltà di adattamento e che trovano collocazione in azienda a seconda del bisogno di qualcuno che porti struttura o meno. Come descriverebbe il suo lavoro in tre parole? Quali sono le sue mansioni? Potrebbe descrivere una giornata tipo? Non è semplice definire il mio lavoro in tre parole. Stressante, stimolante e, con le dovute proporzio- ni, complicato, soprattutto in relazione al numero di stakeholders interni ed esterni a cui il mio
  • 3. ruolo deve far riferimento. Per quanto riguarda le mansioni, sono attualmente responsabile del Trade Marketing per il Confectionery (chocolate, gums e ice creams) seguendo nello specifico il canale grocery e hard discount. Il Trade Marketing si è evoluto molto negli ultimi anni, diventando il punto di incontro cruciale tra quelle che sono le strategie di prodotto o di brand e quella che deve essere la loro implementazione sul retail, mi piace paragonarlo alla “strozzatura” di una clessidra. Io vengo coinvolto praticamente in ogni meeting aziendale, da quelli orientati alle strategie di marketing a quelli più orientati alle strategie di vendita, cercando di dare un contributo alla conciliazione, non sempre banale, di questi due aspetti. Ovviamente questo vale anche per quanto riguarda l’ambito finance, visto il budget a disposizione, e quello logistico. Definirei le interazioni del Trade Marketing tra le più numerose e complesse se confrontate a quelle di altri dipartimenti. Quali sono le figure professionali con le quali entra generalmente in contatto? Direi molte, ma sicuramente quelle con cui mi interfaccio più spesso sono la Direzione Vendite, sia nazionali che field, ma anche la direzione marketing e finanziaria. National Account, con i quali interagisco quotidianamente, e Brand Managersonoalcunideiprofiliconiqualicollaboro più frequentemente, anche se certamente non gli unici. Pensando all’organigramma aziendale rispondo al Category Director Confectionery ma ho stakeholders importanti che non posso ignorare, con i quali ho una collaborazione costante e diretta. Quali caratteristiche personali ritiene debba possedere chi fa il suo lavoro? Struttura, nel senso di capacità di organizzare secondoprioritàillavoro,determinazione,capacità di gestione del carico di stress o di responsabilità, e poi curiosità, voglia di imparare cose diverse. Io vengodaunacarrieraprevalentementemarketing, in cui ho trascorso otto anni. Ora ricopro un ruolo di responsabilità in una funzione nella quale non avevo mai lavorato in precedenza, è dunque importante anche essere flessibili e avere una buona agilità organizzativa per potersi calare al meglio nelle nuove realtà in cui l’azienda può decidere di inserirti. Quello del Retail è un ambito tanto bello quanto complesso, quali sono le difficoltà di questo mestiere? Distinguendo in base ai Paesi, l’Italia è sicuramente tra i più complessi, presentando una polverizzazione sia in termini di numerica di clienti che di store format, richiedendo dunque grande precisione e grosse complessità da gestire. Le principali sono proprio nel cercare di declina- re strategie che generalmente cercano di essere sempre più uniche o centralizzate in una realtà come quella della distribuzione che è, invece, particolarmente diversificata. Qual è l’approccio di Mars nell’ambito del Retail? L’attenzione ai clienti, che noi definiamo Customer Centricity, è una delle principali linee guida strategiche di Mars. Non qualcosa di assolutamente nuovo ma sicuramente qualcosa che molte aziende stanno iniziando a vivere con sempre maggiore attenzione. Sempre meno infatti si può delegare il successo di una determinata marca alla potenza del brand. Si deve sempre di più tenere presente il necessario contributo che il Retail e il Trade possono dare all’implementazione delle strategie, pensando ad un consumatore sempre meno fedele alla marca e sempre più alle insegne. Per questo motivo non si può più prescindere dalla collaborazione tra le due realtà, in un approccio mutuale che ha l’obiettivo di perseguire vantaggi condivisi. C’è stato un momento nel suo percorso che definirebbe un punto di svolta? O una persona che ha particolarmente influito nella sua carriera e che sentirebbe di dover ringraziare? Uno è sicuramente arrivato durante la mia esperienza in Benckiser. Io ero entrato come AssistantBrandManagerasupportodeidueBrand Manager di ruolo sui detergenti, occupandomi di Sole, Ava e Lanza. Dopo qualche tempo, al kick off di un progetto di rilancio del brand Ava, che coinvolgeva le classiche P del marketing mix, la Brand Manager lasciò e mi fu affidato il progetto, nonostante fossi una figura junior all’interno dell’azienda. Il progetto mi diede la possibilità di accelerare il mio processo di apprendimento nonchè la visibilità necessaria per poter mostrare le mie capacità ai manager aziendali più influenti. Sicuramente un primo ringraziamento va, quindi, alla Category Manager che, in attesa che il ruolo venisse ricoperto, mi diede fiducia e l’opportunità, mai scontata, di potermi far notare. Nei circa sei mesisenzaBrandManagerinfattiebbilapossibilità
  • 4. di presentare il progetto alla direzione marketing, alle vendite fino al general manager. Un particolare ringraziamento va poi a mio padre che mi ha sempre “gestito” come un manager fa con una risorsa, insegnandomi il valore dell’impegno e del sacrificio, del non dare mai nulla per scontato e fornendomi quindi un mindset più “consapevole” e strutturato che probabilmente mi ha permesso, già nei colloqui iniziali da universitario, di avere una predisposizione che è stata percepita, e che mi ha dato l’opportunità di entrare in azienda prima di alcune persone che avevano già fatto esperienza lavorativa. Questa è una fortuna, non un merito, di conseguenza un ringraziamento va all’ambiente di crescita. Ha rimpianti? Non particolari. Per adesso sono molto soddisfatto del percorso di carriera, e dopo otto anni di marketing sentivo la necessità di riaccelerare nella curva di apprendimento e questo è un ruolo che mi permette di arricchire enormemente il mio profilo in un Paese in cui l’ambito trade è particolarmente complesso. Mi piace il mercato dove lavoro, il food, che nel largo consumo è tra le mie preferenze. Il mio ruolo è un bel ruolo, il mio team è un bel team, i manager dell’azienda sono molto stimolanti e competenti, anche in passato ho sempre avuto l’occasione di lavorare con dei capi che mi hanno dato spazio e che ritenevo degli ottimi esempi da cui trarre insegnamenti e ispirazione, quindi, onestamente e fortunatamente, non ho ad oggi grossi rimpianti. Quando ha cominciato, si aspettava questo andamento di carriera? Non me lo aspettavo ma me lo auguravo, ovviamente. Sono una persona molto determinata, ho dei chiari obiettivi in testa e cerco di aiutarmi e farmi aiutare a capire cosa mi serve per raggiungere questi obiettivi. Nel momento in cui identifico cosa mi serve e cosa mi manca cerco di lavorare al massimo per riuscire a colmare il gap, guidato da un giusto livello di ambizione. Non mi aspettavo questo andamento di carriera perché non c’è niente di sicuro e intervengono sempre in aiuto una serie di combinazioni, di cui la fortuna fa parte. Prospettive future? Sono da poco nel ruolo, circa sei mesi, quindi sono all’inizio di un processo di apprendimento che riparte da zero, con diverse responsabilità. Ora le prospettive sono di acquisire tutto quello che posso da questo ruolo, sia in termini di gestione delle persone che in termini di gestione dei processi. L’ambizione rimane, nel senso che in un percorso di carriera verticale non mi accontento certamente. Il mio obiettivo è di diventare Marketing & Trade Marketing Director, General Manager, e poi si vedrà, procedendo per step. Vuole aggiungere qualcosa che avrebbe voluto far emergere dall’intervista? Un consiglio. Mi sembra di avere colto il vostro interesse a lavorare in questo ambito e posso dire che è un’ottima scelta. Io sono partito come appassionato del marketing e se qualcuno mi avesse detto che avrei fatto trade probabilmente non ci avrei creduto. Alla luce dell’esperienza maturata posso senz’altro affermare che un’esperienza marketing iniziale fornisca quella giusta dose di “visione a lungo periodo” necessaria affinchè le scelte di business non si risolvano in dei meri tatticismi, sempre meno efficaci dato il grado crescente di complessità e competitività dei mercati, ma si spingano in direzioni più strategiche essendo queste maggiormente collegate ad un concetto di crescita sostenibile e difendibile nel tempo. La visione prospettica è un binario, l’altro è quello del pragmatismo di capire come siano le realtà, evitando dunque di rimanere dei manager eccessivamente “teorici” e in questo l’ambito sales/trade marketing è particolarmente efficace. Il mio suggerimento è dunque quello di diversificare, se possibile, le vostre esperienze scegliendo il marketing come punto di partenza. Una giusta capacità strategica vi aiuterà molto a costruire un profilo trade marketing/vendite più evoluto e, di conseguenza, sempre più interessante e ricercato nelle aziende. Pensa che nella sua crescita abbia avuto un ruolo fondamentale cambiare azienda? Il cambio di azienda non è sempre un male, anzi a volte favorisce crescite più veloci. Effettivamente avere esperienza in ambienti diversi ti forma tanto in termini di flessibilità, di capacità di adattarsi all’ambiente, un po’ con metodo darwiniano, quindi è un’esperienza che personalmente mi ha arricchito molto e mi ha permesso non solo di saper reagire positivamente ai cambiamenti ma talvolta anche ricercarli proattivamente. Il cambiamento può avvenire da un momento all’altro: cambiano i GM, cambiano le politiche, cambiano i processi... insomma fa presto un’azienda a trasformarsi radicalmente, meglio sapersi adattare. Personalmente mi sento
  • 5. molto flessibile al cambiamento e ho già avuto esperienza di cambi radicali, sia in termini di azienda, sia in termini geografici – ho lavorato anche a Zurigo quindi ambiente diverso, matrice diversa, lingua diversa – e questo credo mi abbia reso più forte. La mi opinione è che avere il “giusto numero” di esperienze differenti è un buon modo per prepararsi ad un futuro che può rivelarsi particolarmente instabile. Com’è il candidato ideale? Partecipo a molti colloqui in azienda, sia per il mio team ma anche per altre posizioni e, mi dispiace dirlo, vedo sempre più raramente persone con il giusto livello di determinazione e voglia di sacrificarsi. Le risposte più comuni sono che l’azienda sia interessante rappresentando un ambiente di lavoro solido, che sia stimolante ma senza la capacità di giustificare l’affermazione, che sia un percorso certo di crescita retributiva. Poche volte si assiste a risposte del tipo: “Sono disposto a tutto pur di imparare” o “Ho voglia di mettermi in discussione”. Manca umiltà, consapevolezza e capacità autocritica... insomma manca la “fame”. Quindi un suggerimento che vi do è, cercate di trasferire il più possibile nei colloqui la voglia che avete di fare, di impegnarvi e di dare il vostro contributo. L’ambiente della multinazionale è spesso complesso e stressante: gli orari sono duri, i manager esigenti, si devono prendere decisioni e ci si aspetta il contributo attivo di tutti, in particolar modo dai nuovi arrivati. Gli ambienti mutano velocemente, siate pronte ad impegnarvi e a mettervi realmente in gioco. L’azienda chiede molto e non sempre in tempi brevi restituisce. Bisogna avere pazienza e perseveranza, condizioni necessarie, anche se non sempre sufficienti, affinchè il duro lavoro paghi. Preparate con attenzione i colloqui, studiate punti vendita e prodotti, maturate ed esponete senza timore le vostre idee. Abbiate il coraggio di proporvi come siete e non come pensate sia meglio essere. Con le idee molto più chiare sul ruolo del Trade Marketing Manager e grate per il tempo dedicatoci e i preziosi consigli ricevuti, lasciamo il dottor Corbari e la dottoressa Menolascina liberi di partecipare alla riunione che li aspetta e ritorniamo ai nostri studi un po’ più consce dell’impegno e della passione necessari a raggiungere gli obiettivi di carriera. Retail Your Talent. Programma di formazione post laurea - 2015 II Project Work Intervista a cura di Flavia Nicolosi, Elisa Cellizza e Laura Liguori -> www.istud.it Business School