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Business School
Il ruolo del Category Manager nel mondo della GDO
Il percorso di Alessandro Parrella in Carrefour
RETAIL - GDO
“Processo di gestione a livello di singola categoria merceologica, considerata come
unità strategica di business, avente l’obiettivo di migliorare i risultati mediante la
focalizzazione sul valore trasferito al consumatore”, questa è la definizione classica
di ciò che dovrebbe essere il ruolo ricoperto da un Category manager sia nel
mondo della grande distribuzione, sia nelle aziende cosiddette industriali. In realtà
ridurre tutto ad una formulazione “accademica” sarebbe troppo semplicistico e
non permetterebbe di comprendere realmente quello che concretamente è il
lavoro di una figura aziendale. Proprio per tale ragione, e per capire fino in fondo
in che modo opera un Category manager, abbiamo deciso di andare in profondità
e di farcelo spiegare da una persona che ricopre questo ruolo.
La nostra ricerca è partita da Linkedin e gli elementi presi in considerazione sono
stati molteplici; sicuramente tra i più rilevanti vi è stata l’analisi del percorso non solo
professionale ma anche di vita della persona su cui poi abbiamo deciso di concentrare la
nostra intervista: siamo arrivati così ad Alessandro Parrella giovane Category manager di Carrefour
Italia che, partendo da una piccola città del sud come Benevento è arrivato ad imporsi in una azienda
importante in una metropoli come Milano.
Alessandro, ci racconti qual è stato il tuo
percorso di studi prima di approdare nel
mondo del lavoro?
Ho studiato Economia e Commercio all’Università
di Benevento, dopo l’Università sono stato assunto
da Carrefour ad Assago nel punto vendita più
grande che c’era in qual momento (ipermercato).
Sono stato assunto come allievo capo reparto
informatica, poi sono diventato capo reparto dopo
circa un anno e al termine di questa esperienza ho
intrapreso una nuova strada entrando nel gruppo
Dixons. In Italia il gruppo Dixons aveva, tra gli altri, i
punti vendita Unieuro, lì ho fatto il direttore per un
annetto girando tra Milano, Bari e Venezia.
Ad ottobre del 2006 sono rientrato in Carrefour
come allievo direttore di ipermercato a Carugate
(punto vendita molto grande, di circa 15000
mq) per circa un anno. Dopo di che sono stato
nominato direttore in un punto vendita di Roma,
per circa 1 anno e 8 mesi. In seguito a questa
Alessandro
Parrella-Carrefour
esperienza sono approdato in sede a Milano e lì
ho seguito la parte marketing di una serie di negozi
che noi cataloghiamo come “mini iper” che sono
in sostanza i punti vendita tra i 2500 e i 4500
mq (superstore per intenderci), in questo nuovo
ruolo mi occupavo della parte del volantino, della
parte dell’occupazione spazi e della parte relativa
all’assortimento.
Dopo un paio di anni ho preso parte ad un
nuovo progetto, “Carrefour planet”, che prevedeva
di reinventare gli ipermercati partendo dai
punti vendita ed individuando il modello di
ipermercato del futuro. Si trattava di un progetto
internazionale che partiva dalla Francia e
all’interno del quale seguivo sempre la parte di
volantino, comunicazione, occupazione spazi e
quella legata al percorso cliente, cioè tutti i servizi
che si voleva dare al consumatore e anche il
loro posizionamento all’interno del punti vendita,
quindi decidere quali servizi mettere all’interno del
negozio e dove posizionarli in base ai report delle
indagini clienti.
Nel 2012 sono entrato nel mondo dei Category
occupandomi dello yogurt, del latte e del dessert
(merceologia che vale quasi 200 milioni di
fatturato in Carrefour) per gli iper, per i market e
per la prossimità.
Carrefour, infatti, è presente sul mercato con
quasi tutte le tipologie di store (iper, super,
negozi di vicinato, dogs market/grossisti). In Italia
sviluppiamo sui 5 miliardi di fatturato, siamo uno
dei gruppi più forti.
In sostanza questa è la mia storia professionale.
La carriera di Category come inizia in
Carrefour?
Io sono partito dal basso. Carrefour però fino a
pochi anni fa inseriva nella struttura dei Buyer/
Category solo profili eccellenti da un punto di
vista scolastico che però non avevano nessuna
esperienza sul campo. Questo è andato bene fin
quando la gestione dei contratti con i fornitori è
stata di “vecchio stampo”: il fornitore ti presentava
il listino e ti riconosceva “una percentuale di fine
anno” che permetteva di mantenere la redditività
costante e che compensava l’aumento dei prezzi
di listino, in sostanza ti facevano pagare un po’
di più il prodotto, ma a fine anno ti davano una
contribuzione un po’ più alta.
I buyer erano valutati soprattutto in base a questa
percentuale di aumento di contribuzione da un
anno all’altro. Questo però ha spostato tantissimo
l’assortimento verso i fornitori leader (le piccole e
medie aziende è difficile che riescano ad entrare in
queste logiche), rovinando molto gli assortimenti
della GDO poiché erano presenti tutti gli articoli
delle grandi aziende mentre mancavano quelli
delle piccole - medie aziende ed erano scoperte
alcune unità di bisogno.
I vecchi buyer non riuscivano ad entrare in queste
logiche e soprattutto non riuscivano a capire le
esigenze dei negozi che stavano cambiando. Era
necessario costruire dei pacchetti assortimentali
molto più vicini alle richieste dei consumatori, per
tali ragioni l’azienda ha deciso di inserire delle
persone che provenivano dalle vendite e questo è
uno dei motivi per cui sono diventato un Category.
Ciò però non toglie che il ruolo del Category/
Buyer richieda una certo grado di scolarità e non
è per tutti.
Quale è stato il primo impatto con il mondo del
lavoro e in particolare col mondo Carrefour?
Io venivo da Benevento, una piccola realtà, e
arrivare in una città grande come Milano, che
viaggia veloce, è stato di forte impatto, ma a dirvi
la verità avevo una fortissima motivazione che mi
ha fatto andare avanti anche quando lavoravo
tantissimo (15-16 ore al giorno), nonostante ciò
ho un bel ricordo di quel periodo perché avevo
un grandissimo entusiasmo che mi spingeva a fare
di tutto in punti vendita. Sicuramente nelle vendite
se hai una marcia in più puoi crescere molto
velocemente perché il livello rispetto agli acquisti
è un po’ più basso e quindi puoi farti notare più
facilmente, è necessario però essere molto flessibili.
Qual è la differenza tra Buyer e Category
manager?
In Carrefour e in buona parte della GDO il Buyer
è la persona che segue la parte contrattuale con
il fornitore, quindi si occupa di una questione
puramente amministrativa ed economica (si
stabiliscono i prezzi di listino, tutte le condizioni in
fattura e fuori fattura, le condizioni amministrative
/giorni di pagamento, le condizioni logistiche).
Il Category invece stabilisce gli assortimenti, i prezzi
di vendita, anche se non in modo completamente
autonomo, stabilisce i display e le promozioni,
questi sono gli ambiti principali in cui si muove il
Category.
Il lavoro dunque è diviso in due: una parte
contrattualistica seguita dal Buyer ed una parte un
po’ più operativa seguita dal Category.
Io ritengo che il lavoro del Category, nonostante
più operativo, sia più interessante rispetto al lavoro
del Buyer che è molto stancante dal punto di vista
psicologico. Il ruolo del Category è più stimolante
perché è in un rapporto di win-win col fornitore
col quale cerca di collaborare al fine di realizzare
vantaggi per entrambi.
Come possiamo descrivere la figura del
Category manager?
Sicuramente un elemento fondamentale che deve
possedere un Category manager è la curiosità.
Un Category deve essere molto curioso, perché
stabilire quale sia l’assortimento giusto è una
operazione complessa, bisogna ascoltare molto
le esigenze dei clienti. Ascoltarli da un ufficio non
è facile perché è totalmente differente dallo stare
fisicamente in negozio, luogo dove puoi vedere e
avere un contatto diretto con i clienti ogni giorno.
Ciò comporta che per poter scegliere l’assortimento
giusto, oltre ad essere interessati alla merceologia
di riferimento, si devono studiare e osservare le
strategie e le scelte dei concorrenti. Inoltre, molto
probabilmente c’è qualcuno che è stato più veloce
o anche più bravo ad introdurre nuovi format.
Oggigiorno è fondamentale per un Category
avere una marcia in più, anche consultando i blog
perché molti trend partono su internet.
Dal punto di vista promozionale, invece, è
fondamentale la capacità di lavorare in gruppo
col fornitore e intraprendere una sorta di
collaborazione.Sidevefaresquadraelavorarequasi
in partnership. Ciò però dipende dall’interlocutore
che si ha di fronte, perché se vi è un interlocutore
che vuole solo piazzare il proprio prodotto è
difficile collaborare in quanto l’industria ha degli
obiettivi e la distribuzione ne ha altri.
Per quanto riguarda il display bisogna avere anche
qui un forte orientamento al cliente ed essere
disponibili all’ascolto. Le regole per il display non
sono fisse. Ad es. può accadere che la marginalità
di prodotto suggerisca di mettere sullo scaffale
in alto i prodotti che fanno guadagnare di più e
in basso quelli che fanno guadagnare di meno;
ci sono 3-4 elementi fondamentali per fare un
display e la cosa importante è farlo fisicamente, in
modo da sperimentare sul campo la soluzione più
adatta alle proprie esigenze.
Quali sono i punti di debolezza e di forza di
Carrefour?
Uno dei punti deboli può essere dato dal fatto che
Carrefour non riesca a contraddistinguersi per un
fattore ben preciso (ad esempio il Gigante punta
sul fresco, Unes sui prezzi bassi).
Se tale fattore differenziante è per i consumatori
quello in voga in quel determinato periodo si
possono conseguire importanti guadagni in
termini economici.
In Carrefour, invece, si vuole essere i migliori
sotto qualsiasi punto di vista, anche se ciò è
molto difficile, se non impossibile da realizzare.
Inoltre le strategie cambiano con molta frequenza
(trimestralmente di solito), e ciò fa si che non vi
siano dei valori condivisi e non si crei un’identità
all’interno del personale.
Fra i punti di forza vi è sicuramente l’etica in termini
di rapporti con i fornitori e i prodotti a marchio,
anche se può sembrare strano essendo una
grande azienda.
Un’altro punto di forza è quello di essere presente
sul territorio in tutti i formati distributivi: iper, super,
express. (Attualmente in Italia il Gruppo Carrefour
opera con una rete distributiva composta da
61 ipermercati ad insegna Carrefour, 449
supermercati, superstore ed iperstore ad insegna
Carrefour market, 854 supermercati di prossimità
ad insegna Carrefour express e 15 cash&carry con
le insegne Docks Market e GrossIper.)
In Carrefour vi sono persone che ricoprono un ruolo
strategico e hanno un’importante libertà d’azione,
data dall’alta necessità di adattamento. In questo
senso il nostro personale ha una marcia in più e ciò
genera dei vantaggi anche in termini di sviluppo.
D’altra parte questo aspetto, però, può essere visto
anche come punto di debolezza perché aumenta
la complessità dell’organizzazione e si richiede un
personale più flessibile.
Per quanto riguarda la tua carriera quali sono
le prospettive future di crescita in Carrefour ?
Dove può arrivare un Category manager?
In genere il percorso del Category manager è stato
sempre chiuso, quasi una “casta”, nel senso che si
cresceva sempre nella specifica business unit degli
acquisti, quindi secondo una scala gerarchica
che dal basso partiva dalla figura di Category
manager per poi passare al Capo Plateau, che
gestisce più Category o Buyer, e poi a Direttore
di un determinato settore merceologico e infine
Direttore merci, responsabile di tutti gli acquisti
di Carrefour. Di solito è stato sempre così però
ultimamente il trend sta cambiando: ad esmpio
l’attuale amministratore delegato dei negozi di
prossimità, i Carrefour express, era un Category.
Le mie prospettive future sono quelle di crescere nel
mondo del franchising, che ha molte potenzialità
in termini economici, e uno dei ruoli che mi
piacerebbe ricoprire sarebbe quello del direttore
commerciale di una piccola - media impresa.
Il Category manager si occupa anche delle
strategie di sell-in e sell-out?
In realtà il Category si occupa tanto di sell-out e il
buyer di sell-in, per il buyer è importante per lo più
acquistare e quindi lavora tanto sulle strategie di
sell-in. Per il Category, al contrario, non è importante
acquistare, ma vendere, quindi, in alcuni casi, ci
possono essere delle lievi discordanze col Buyer
perché entrambi hanno obiettivi che a volte
possono contrastare.
Nella mia visione la figura del Category manager
è quella più sana nel lungo periodo perché
cerca di costruire un assortimento adeguato al
consumatore e al punto vendita. Il Buyer pensa
invece al breve periodo, nel senso che se ha
l’obiettivo di recuperare contributi.
Il Category invece, si preoccupa di avere in scaffale
merce che giri e non della merce che generi solo
contribuzione di fine anno: devono essere merce
che il consumatore vuole acquistare.
Fino a qualche anno fa la figura del Buyer era
preponderante in Carrefour, quindi se il Buyer
diceva che bisognava inserire il prodotto a tutti
i costi e il Category si opponeva, la volontà del
Buyer emergeva.
Oggigiorno non è più cosi perché si è capito che
un’azienda troppo orientata al rafforzamento della
figura del Buyer non presenta un assortimento
adeguato alle esigenze del consumatore.
Il Category manager indica il percorso da seguire
e il Buyer adatta le proprie strategie in riferimento
alle indicazioni ricevute.
In definitiva bisogna quindi che le due figure
aziendali, collaborino per portare vantaggio
competitivo all’azienda.
Che consiglio ti senti di dare ai giovani che si
affacciano per la prima volta al mondo Retail?
Il retail è un bellissimo settore e dovete vedere se
vi piace. Sicuramente ha un grosso pregio, cioè
che cambia continuamente e quindi le motivazioni
non mancano mai, c’è sempre spazio per tutti,
soprattutto per chi ha l’idea vincente. Fra 50
anni ci sarà sempre il retail, soprattutto in ambito
alimentare.
E’ vero che l’e-commerce sta crescendo, ma
in ambito alimentare sarà molto difficile che la
gente non andrà al supermercato a fare la spesa.
Sicuramente ci sarà chi acquisterà online, ma per la
maggior parte delle persone è talmente piacevole
andare ad acquistare i prodotti di persona che il
mercato non sarà mai dominato dall’ e-commerce.
Amazon è un esempio, farà grandi numeri in Italia,
ma non andrà mai a prendersi tutto il mercato
come in altri settori: elettronica, libri, cd, etc,
anche perché il mercato alimentare è vastissimo
ed è importante la fisicità del prodotto (toccarlo,
sceglierlo).
E’ un settore molto interessante, ma si lavora tanto
soprattutto nelle vendite. Secondo me quando si è
giovani non bisogna valutare questo aspetto, nel
sensochesidevedimostrare:conl’avereconseguito
una laurea o un master in fin dei conti non si è
dimostrato ancora nulla. Si stanno acquisendo
competenze, ma si deve ancora produrre e non
si deve avere paura di lavorare molte ore, si deve
essere flessibili e disponibili. Le persone che non
si dedicano anima e corpo al lavoro, soprattutto
all’inizio della carriera, non hanno ambizione. Io
personalmente tornassi indietro mi ributterei nel
retail.
Retail Your Talent. Programma di formazione post laurea - 2015
II Project Work
Intervista a cura di Andrea Carluccio e Antonio Gabriele Nicolosi
-> www.istud.it Business School

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Intervista a Alessandro Parrella - Category Manager Carrefour

  • 1. Business School Il ruolo del Category Manager nel mondo della GDO Il percorso di Alessandro Parrella in Carrefour RETAIL - GDO “Processo di gestione a livello di singola categoria merceologica, considerata come unità strategica di business, avente l’obiettivo di migliorare i risultati mediante la focalizzazione sul valore trasferito al consumatore”, questa è la definizione classica di ciò che dovrebbe essere il ruolo ricoperto da un Category manager sia nel mondo della grande distribuzione, sia nelle aziende cosiddette industriali. In realtà ridurre tutto ad una formulazione “accademica” sarebbe troppo semplicistico e non permetterebbe di comprendere realmente quello che concretamente è il lavoro di una figura aziendale. Proprio per tale ragione, e per capire fino in fondo in che modo opera un Category manager, abbiamo deciso di andare in profondità e di farcelo spiegare da una persona che ricopre questo ruolo. La nostra ricerca è partita da Linkedin e gli elementi presi in considerazione sono stati molteplici; sicuramente tra i più rilevanti vi è stata l’analisi del percorso non solo professionale ma anche di vita della persona su cui poi abbiamo deciso di concentrare la nostra intervista: siamo arrivati così ad Alessandro Parrella giovane Category manager di Carrefour Italia che, partendo da una piccola città del sud come Benevento è arrivato ad imporsi in una azienda importante in una metropoli come Milano. Alessandro, ci racconti qual è stato il tuo percorso di studi prima di approdare nel mondo del lavoro? Ho studiato Economia e Commercio all’Università di Benevento, dopo l’Università sono stato assunto da Carrefour ad Assago nel punto vendita più grande che c’era in qual momento (ipermercato). Sono stato assunto come allievo capo reparto informatica, poi sono diventato capo reparto dopo circa un anno e al termine di questa esperienza ho intrapreso una nuova strada entrando nel gruppo Dixons. In Italia il gruppo Dixons aveva, tra gli altri, i punti vendita Unieuro, lì ho fatto il direttore per un annetto girando tra Milano, Bari e Venezia. Ad ottobre del 2006 sono rientrato in Carrefour come allievo direttore di ipermercato a Carugate (punto vendita molto grande, di circa 15000 mq) per circa un anno. Dopo di che sono stato nominato direttore in un punto vendita di Roma, per circa 1 anno e 8 mesi. In seguito a questa Alessandro Parrella-Carrefour
  • 2. esperienza sono approdato in sede a Milano e lì ho seguito la parte marketing di una serie di negozi che noi cataloghiamo come “mini iper” che sono in sostanza i punti vendita tra i 2500 e i 4500 mq (superstore per intenderci), in questo nuovo ruolo mi occupavo della parte del volantino, della parte dell’occupazione spazi e della parte relativa all’assortimento. Dopo un paio di anni ho preso parte ad un nuovo progetto, “Carrefour planet”, che prevedeva di reinventare gli ipermercati partendo dai punti vendita ed individuando il modello di ipermercato del futuro. Si trattava di un progetto internazionale che partiva dalla Francia e all’interno del quale seguivo sempre la parte di volantino, comunicazione, occupazione spazi e quella legata al percorso cliente, cioè tutti i servizi che si voleva dare al consumatore e anche il loro posizionamento all’interno del punti vendita, quindi decidere quali servizi mettere all’interno del negozio e dove posizionarli in base ai report delle indagini clienti. Nel 2012 sono entrato nel mondo dei Category occupandomi dello yogurt, del latte e del dessert (merceologia che vale quasi 200 milioni di fatturato in Carrefour) per gli iper, per i market e per la prossimità. Carrefour, infatti, è presente sul mercato con quasi tutte le tipologie di store (iper, super, negozi di vicinato, dogs market/grossisti). In Italia sviluppiamo sui 5 miliardi di fatturato, siamo uno dei gruppi più forti. In sostanza questa è la mia storia professionale. La carriera di Category come inizia in Carrefour? Io sono partito dal basso. Carrefour però fino a pochi anni fa inseriva nella struttura dei Buyer/ Category solo profili eccellenti da un punto di vista scolastico che però non avevano nessuna esperienza sul campo. Questo è andato bene fin quando la gestione dei contratti con i fornitori è stata di “vecchio stampo”: il fornitore ti presentava il listino e ti riconosceva “una percentuale di fine anno” che permetteva di mantenere la redditività costante e che compensava l’aumento dei prezzi di listino, in sostanza ti facevano pagare un po’ di più il prodotto, ma a fine anno ti davano una contribuzione un po’ più alta. I buyer erano valutati soprattutto in base a questa percentuale di aumento di contribuzione da un anno all’altro. Questo però ha spostato tantissimo l’assortimento verso i fornitori leader (le piccole e medie aziende è difficile che riescano ad entrare in queste logiche), rovinando molto gli assortimenti della GDO poiché erano presenti tutti gli articoli delle grandi aziende mentre mancavano quelli delle piccole - medie aziende ed erano scoperte alcune unità di bisogno. I vecchi buyer non riuscivano ad entrare in queste logiche e soprattutto non riuscivano a capire le esigenze dei negozi che stavano cambiando. Era necessario costruire dei pacchetti assortimentali molto più vicini alle richieste dei consumatori, per tali ragioni l’azienda ha deciso di inserire delle persone che provenivano dalle vendite e questo è uno dei motivi per cui sono diventato un Category. Ciò però non toglie che il ruolo del Category/ Buyer richieda una certo grado di scolarità e non è per tutti. Quale è stato il primo impatto con il mondo del lavoro e in particolare col mondo Carrefour? Io venivo da Benevento, una piccola realtà, e arrivare in una città grande come Milano, che viaggia veloce, è stato di forte impatto, ma a dirvi la verità avevo una fortissima motivazione che mi ha fatto andare avanti anche quando lavoravo tantissimo (15-16 ore al giorno), nonostante ciò ho un bel ricordo di quel periodo perché avevo un grandissimo entusiasmo che mi spingeva a fare di tutto in punti vendita. Sicuramente nelle vendite se hai una marcia in più puoi crescere molto velocemente perché il livello rispetto agli acquisti è un po’ più basso e quindi puoi farti notare più facilmente, è necessario però essere molto flessibili. Qual è la differenza tra Buyer e Category manager? In Carrefour e in buona parte della GDO il Buyer è la persona che segue la parte contrattuale con il fornitore, quindi si occupa di una questione puramente amministrativa ed economica (si stabiliscono i prezzi di listino, tutte le condizioni in fattura e fuori fattura, le condizioni amministrative /giorni di pagamento, le condizioni logistiche). Il Category invece stabilisce gli assortimenti, i prezzi di vendita, anche se non in modo completamente autonomo, stabilisce i display e le promozioni, questi sono gli ambiti principali in cui si muove il Category. Il lavoro dunque è diviso in due: una parte contrattualistica seguita dal Buyer ed una parte un po’ più operativa seguita dal Category. Io ritengo che il lavoro del Category, nonostante più operativo, sia più interessante rispetto al lavoro
  • 3. del Buyer che è molto stancante dal punto di vista psicologico. Il ruolo del Category è più stimolante perché è in un rapporto di win-win col fornitore col quale cerca di collaborare al fine di realizzare vantaggi per entrambi. Come possiamo descrivere la figura del Category manager? Sicuramente un elemento fondamentale che deve possedere un Category manager è la curiosità. Un Category deve essere molto curioso, perché stabilire quale sia l’assortimento giusto è una operazione complessa, bisogna ascoltare molto le esigenze dei clienti. Ascoltarli da un ufficio non è facile perché è totalmente differente dallo stare fisicamente in negozio, luogo dove puoi vedere e avere un contatto diretto con i clienti ogni giorno. Ciò comporta che per poter scegliere l’assortimento giusto, oltre ad essere interessati alla merceologia di riferimento, si devono studiare e osservare le strategie e le scelte dei concorrenti. Inoltre, molto probabilmente c’è qualcuno che è stato più veloce o anche più bravo ad introdurre nuovi format. Oggigiorno è fondamentale per un Category avere una marcia in più, anche consultando i blog perché molti trend partono su internet. Dal punto di vista promozionale, invece, è fondamentale la capacità di lavorare in gruppo col fornitore e intraprendere una sorta di collaborazione.Sidevefaresquadraelavorarequasi in partnership. Ciò però dipende dall’interlocutore che si ha di fronte, perché se vi è un interlocutore che vuole solo piazzare il proprio prodotto è difficile collaborare in quanto l’industria ha degli obiettivi e la distribuzione ne ha altri. Per quanto riguarda il display bisogna avere anche qui un forte orientamento al cliente ed essere disponibili all’ascolto. Le regole per il display non sono fisse. Ad es. può accadere che la marginalità di prodotto suggerisca di mettere sullo scaffale in alto i prodotti che fanno guadagnare di più e in basso quelli che fanno guadagnare di meno; ci sono 3-4 elementi fondamentali per fare un display e la cosa importante è farlo fisicamente, in modo da sperimentare sul campo la soluzione più adatta alle proprie esigenze. Quali sono i punti di debolezza e di forza di Carrefour? Uno dei punti deboli può essere dato dal fatto che Carrefour non riesca a contraddistinguersi per un fattore ben preciso (ad esempio il Gigante punta sul fresco, Unes sui prezzi bassi). Se tale fattore differenziante è per i consumatori quello in voga in quel determinato periodo si possono conseguire importanti guadagni in termini economici. In Carrefour, invece, si vuole essere i migliori sotto qualsiasi punto di vista, anche se ciò è molto difficile, se non impossibile da realizzare. Inoltre le strategie cambiano con molta frequenza (trimestralmente di solito), e ciò fa si che non vi siano dei valori condivisi e non si crei un’identità all’interno del personale. Fra i punti di forza vi è sicuramente l’etica in termini di rapporti con i fornitori e i prodotti a marchio, anche se può sembrare strano essendo una grande azienda. Un’altro punto di forza è quello di essere presente sul territorio in tutti i formati distributivi: iper, super, express. (Attualmente in Italia il Gruppo Carrefour opera con una rete distributiva composta da 61 ipermercati ad insegna Carrefour, 449 supermercati, superstore ed iperstore ad insegna Carrefour market, 854 supermercati di prossimità ad insegna Carrefour express e 15 cash&carry con le insegne Docks Market e GrossIper.) In Carrefour vi sono persone che ricoprono un ruolo strategico e hanno un’importante libertà d’azione, data dall’alta necessità di adattamento. In questo senso il nostro personale ha una marcia in più e ciò genera dei vantaggi anche in termini di sviluppo. D’altra parte questo aspetto, però, può essere visto anche come punto di debolezza perché aumenta la complessità dell’organizzazione e si richiede un personale più flessibile. Per quanto riguarda la tua carriera quali sono le prospettive future di crescita in Carrefour ? Dove può arrivare un Category manager? In genere il percorso del Category manager è stato sempre chiuso, quasi una “casta”, nel senso che si cresceva sempre nella specifica business unit degli acquisti, quindi secondo una scala gerarchica che dal basso partiva dalla figura di Category manager per poi passare al Capo Plateau, che gestisce più Category o Buyer, e poi a Direttore di un determinato settore merceologico e infine Direttore merci, responsabile di tutti gli acquisti di Carrefour. Di solito è stato sempre così però ultimamente il trend sta cambiando: ad esmpio l’attuale amministratore delegato dei negozi di prossimità, i Carrefour express, era un Category. Le mie prospettive future sono quelle di crescere nel mondo del franchising, che ha molte potenzialità in termini economici, e uno dei ruoli che mi
  • 4. piacerebbe ricoprire sarebbe quello del direttore commerciale di una piccola - media impresa. Il Category manager si occupa anche delle strategie di sell-in e sell-out? In realtà il Category si occupa tanto di sell-out e il buyer di sell-in, per il buyer è importante per lo più acquistare e quindi lavora tanto sulle strategie di sell-in. Per il Category, al contrario, non è importante acquistare, ma vendere, quindi, in alcuni casi, ci possono essere delle lievi discordanze col Buyer perché entrambi hanno obiettivi che a volte possono contrastare. Nella mia visione la figura del Category manager è quella più sana nel lungo periodo perché cerca di costruire un assortimento adeguato al consumatore e al punto vendita. Il Buyer pensa invece al breve periodo, nel senso che se ha l’obiettivo di recuperare contributi. Il Category invece, si preoccupa di avere in scaffale merce che giri e non della merce che generi solo contribuzione di fine anno: devono essere merce che il consumatore vuole acquistare. Fino a qualche anno fa la figura del Buyer era preponderante in Carrefour, quindi se il Buyer diceva che bisognava inserire il prodotto a tutti i costi e il Category si opponeva, la volontà del Buyer emergeva. Oggigiorno non è più cosi perché si è capito che un’azienda troppo orientata al rafforzamento della figura del Buyer non presenta un assortimento adeguato alle esigenze del consumatore. Il Category manager indica il percorso da seguire e il Buyer adatta le proprie strategie in riferimento alle indicazioni ricevute. In definitiva bisogna quindi che le due figure aziendali, collaborino per portare vantaggio competitivo all’azienda. Che consiglio ti senti di dare ai giovani che si affacciano per la prima volta al mondo Retail? Il retail è un bellissimo settore e dovete vedere se vi piace. Sicuramente ha un grosso pregio, cioè che cambia continuamente e quindi le motivazioni non mancano mai, c’è sempre spazio per tutti, soprattutto per chi ha l’idea vincente. Fra 50 anni ci sarà sempre il retail, soprattutto in ambito alimentare. E’ vero che l’e-commerce sta crescendo, ma in ambito alimentare sarà molto difficile che la gente non andrà al supermercato a fare la spesa. Sicuramente ci sarà chi acquisterà online, ma per la maggior parte delle persone è talmente piacevole andare ad acquistare i prodotti di persona che il mercato non sarà mai dominato dall’ e-commerce. Amazon è un esempio, farà grandi numeri in Italia, ma non andrà mai a prendersi tutto il mercato come in altri settori: elettronica, libri, cd, etc, anche perché il mercato alimentare è vastissimo ed è importante la fisicità del prodotto (toccarlo, sceglierlo). E’ un settore molto interessante, ma si lavora tanto soprattutto nelle vendite. Secondo me quando si è giovani non bisogna valutare questo aspetto, nel sensochesidevedimostrare:conl’avereconseguito una laurea o un master in fin dei conti non si è dimostrato ancora nulla. Si stanno acquisendo competenze, ma si deve ancora produrre e non si deve avere paura di lavorare molte ore, si deve essere flessibili e disponibili. Le persone che non si dedicano anima e corpo al lavoro, soprattutto all’inizio della carriera, non hanno ambizione. Io personalmente tornassi indietro mi ributterei nel retail. Retail Your Talent. Programma di formazione post laurea - 2015 II Project Work Intervista a cura di Andrea Carluccio e Antonio Gabriele Nicolosi -> www.istud.it Business School