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22
2 luglio
2014
Direttore responsabile:
Giovanni Ajassa
tel. 0647028414
giovanni.ajassa@bnlmail.com
Banca Nazionale del Lavoro
Gruppo BNP Paribas
Via Vittorio Veneto 119
00187 Roma
Autorizzazione del Tribunale
di Roma n. 159/2002
del 9/4/2002
Le opinioni espresse
non impegnano la
responsabilità
della banca.
In Italia, il saldo primario dei conti pubblici è passato da un deficit dello 0,8% del Pil
nel 2009 ad un surplus del 2,2% nel 2013. Una correzione di 3 punti percentuali,
meno profonda di quella realizzata dall’Irlanda, dalla Spagna e dal Portogallo, ma
uguale a quella della Francia.
In Italia, il 60% dei 3 punti di correzione è stato ottenuto da una riduzione
dell’incidenza delle spese al netto degli interessi, passate dal 47,9% del Pil nel 2009
al 46% nel 2013. Solo 0,3 degli 1,9 punti percentuali del taglio complessivo sono,
però, il risultato di una riduzione delle uscite correnti al netto degli interessi. La
restante parte è il frutto del risparmio ottenuto grazie ad una consistente riduzione
delle uscite in conto capitale.
Il calo degli investimenti pubblici ha interessato tutte le tipologie di beni, andando
ad impattare anche su quelle voci di spesa che incidono sulle potenzialità di sviluppo
dell’economia. Dal 2011 al 2013, gli investimenti in opere stradali si sono ridotti di un
quarto in termini reali, mentre la spesa per le altre opere del genio civile, che
comprendono i porti e le linee ferroviare, è crollata di quasi il 30% nel confronto con
l’inizio dello scorso decennio.
Gli investimenti pubblici e i contributi a quelli
privati in Italia
(miliardi di euro; valori concatenati)
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1992
1993
1994
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1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
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Sempre meno investimenti nella spesa pubblica italiana
P. Ciocca  06-47028431 – paolo.ciocca@bnlmail.com
In Italia, il saldo primario delle Amministrazioni pubbliche, che non considera gli
interessi sul debito e quindi fornisce una rappresentazione accurata
dell’equilibrio dei conti, è passato da un deficit dello 0,8% del Pil nel 2009 ad un
surplus del 2,2% nel 2013. Una correzione di 3 punti percentuali, che risulta
meno profonda di quella realizzata nello stesso periodo dall’Irlanda, dalla
Spagna e dal Portogallo, uguale a quella della Francia, più ampia di quella della
Germania.
La manovra italiana appare nel complesso ben equilibrata. Il 60% dei 3 punti di
correzione è stato, infatti, ottenuto da una riduzione dell’incidenza delle spese al
netto degli interessi sul Pil. Meglio ha fatto solo l’Irlanda, con oltre l’80%, ma
soprattutto la Germania.
La Germania è l’unico, tra i principali paesi europei, ad aver ridotto il rapporto tra
le entrate totali e il Pil. In Italia, siamo passati dal 46,5% nel 2009 al 47,7% nel
2013, un aumento di 1,2 punti percentuali pari a circa un terzo dell’incremento
francese. Negli ultimi quattro anni, i tedeschi hanno potuto beneficiare di una
riduzione della pressione fiscale. L’aumento subito dagli italiani (dal 43% del Pil
al 43,8%) risulta, comunque, molto meno ampio di quello che ha colpito i
francesi (dal 44,2% al 48%).
Escludendo gli interessi sul debito, negli ultimi quattro anni, la spesa pubblica in
Italia è scesa dal 47,9% del Pil nel 2009 al 46% nel 2013. Solo 0,3 degli 1,9 punti
percentuali del taglio complessivo sono, però, il risultato di una riduzione delle
uscite correnti al netto degli interessi. La restante parte è il frutto del risparmio
ottenuto grazie ad una consistente riduzione delle uscite in conto capitale.
Il calo degli investimenti delle Amministrazioni pubbliche italiane ha interessato
tutte le tipologie di beni, andando ad impattare anche su quelle voci di spesa che
incidono sulle potenzialità di sviluppo dell’economia. Dal 2011 al 2013, gli
investimenti in opere stradali si sono ridotti di oltre un quarto in termini reali,
scendendo 10 punti percentuali sotto il livello del 2000. La spesa per le altre
opere del genio civile, che comprendono i porti e le linee ferroviare, è crollata di
quasi il 30% nel confronto con l’inizio dello scorso decennio.
Una correzione dei conti ben equilibrata
Si discute molto in questo periodo sull’opportunità di dare alle regole europee che
disciplinano le finanze pubbliche degli stati membri un’applicazione più orientata alla
crescita, senza perdere di vista la stabilità. Nel nostro Paese l’attenzione rimane,
inoltre, correttamente concentrata sull’esigenza di riorganizzare il bilancio delle
Amministrazioni pubbliche, con particolare interesse alle uscite. Sono molti gli aspetti
riguardanti la gestione e la composizione dei conti pubblici che possono influenzare lo
sviluppo di un’economia. Alcune indicazioni utili emergono ripercorrendo quanto
accaduto negli ultimi anni.
Nel 2009, il bilancio pubblico italiano aveva registrato un disavanzo superiore agli 80
miliardi di euro, quasi il doppio dell’anno precedente. In termini di Pil, si era passati dal
2,7% al 5,5%, il valore più alto dal 1996. Il saldo primario, che non considera gli
interessi sul debito e quindi fornisce una più accurata rappresentazione del reale
equilibrio dei conti, era tornato ad essere negativo per la prima volta dal 1990. Essendo
prevalentemente il frutto della recessione, il peggioramento aveva interessato le
3
2 luglio 2014
finanze pubbliche di tutte le principali economie europee, risultando in alcuni casi molto
più intenso di quanto registrato in Italia.
La correzione dei conti pubblici nelle
principali economie europee
(punti percentuali; var. 2013/2009)
Alcuni indicatori di finanza pubblica in
Italia
(% del Pil; regolamento CE)
1,8
2,5 2,6 3,0 3,0
5,6
6,7
9,1
-10
-5
0
5
10
15
Grecia Belgio Germania Francia Italia Spagna Portogallo Irlanda
Entrate totali/Pil Uscite totali ex. interessi/Pil Saldo primario/Pil
46,5
47,3
43,0
46,1
44,9
42,5
47,7
45,5
43,8
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
Entrate totali Uscite ex interessi Pressione fiscale
2009 2011 2013
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati
Banca d’Italia
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati
Banca d’Italia
Nonostante il perdurare della crisi, gli anni successivi sono stati caratterizzati da una
profonda attenzione al riequilibrio dei conti, anche a causa delle forti tensioni
manifestatesi sul mercato dei titoli del debito pubblico. In Italia, il saldo primario è
passato da un deficit pari allo 0,8% del Pil nel 2009 ad un surplus del 2,2% nel 2013.
Una correzione di 3 punti percentuali in quattro anni risulta meno profonda di quella
realizzata nello stesso periodo dall’Irlanda, dalla Spagna e dal Portogallo,
sostanzialmente uguale a quella della Francia, leggermente più ampia di quella della
Germania.
Nel valutare gli effetti che una correzione dei conti pubblici produce sull’economia di un
paese l’ampiezza della manovra non è, però, l’unico elemento da considerare. Quello
che rileva è soprattutto la composizione delle misure, con la suddivisione tra entrate e
uscite. Generalmente, una riduzione delle spese, con una particolare attenzione al
contenimento degli sprechi, produce effetti migliori per l’economia di quelli ottenuti da
un semplice aumento delle entrate.
Nel complesso dei quattro anni considerati, la manovra italiana appare ben equilibrata,
anche nel confronto con gli altri paesi. Il 60% dei 3 punti di correzione è stato, infatti,
ottenuto da una riduzione dell’incidenza delle spese al netto degli interessi sul Pil.
Meglio ha fatto solo l’Irlanda, con oltre l’80%, ma soprattutto la Germania. I conti
pubblici tedeschi hanno visto una correzione del rapporto tra saldo primario e Pil di 2,6
punti percentuali, risultato di un calo di oltre 3 punti del rapporto tra uscite al netto degli
interessi e Pil e una contemporanea riduzione dell’incidenza delle entrate. Situazione
opposta in Francia: la correzione di 3 punti è il frutto di un aumento delle entrate sul Pil
di 3,6 punti parzialmente assorbito da una crescita di mezzo punto del peso delle
uscite. Come risultato di questi quattro anni, i tedeschi hanno potuto beneficiare di una
riduzione della pressione fiscale (dal 40,6% del Pil al 40,2%), mentre gli italiani hanno
subito un aumento (dal 43% al 43,8%), che è, comunque, risultato molto meno ampio
di quello che ha colpito i francesi (dal 44,2% al 48%).
Focalizzando l’attenzione sul nostro Paese emerge, però, una prima particolarità. Gli
ultimi quattro anni possono essere suddivisi in due periodi. Dal 2009 al 2011, il
rapporto tra il saldo primario e il Pil è migliorato di 2 punti percentuali, come risultato di
4
2 luglio 2014
una riduzione del peso delle uscite al netto degli interessi sul Pil di 2,4 punti a fronte di
un calo di quello delle entrate di poco inferiore al mezzo punto, con la pressione fiscale
scesa dal 43% al 42,5%. Negli ultimi due anni, la correzione di un punto di Pil è,
invece, esclusivamente il risultato di un’azione sulle entrate, che ha più che
compensato un aumento dell’incidenza delle uscite. Ovviamente, nel confronto tra
questi due periodi occorre ricordare come il primo (2010-2011) sia stato interessato da
una crescita, sebbene moderata, dell’economia, mentre il secondo (2012-2013) abbia
visto una nuova ampia recessione.
Le manovre approvate per riequilibrare i conti pubblici hanno avuto ovviamente effetti
negativi sull’economia italiana, rendendo la seconda recessione ancora più profonda di
quanto altrimenti sarebbe stata. Nel Bollettino economico di gennaio 2013, la Banca
d’Italia stimava per il 2012 e il 2013 in circa 1 punto percentuale la minore crescita
derivante dalle manovre approvate dal Governo. È, però, opportuno andare a vedere
come la manovra sulle entrate, ma soprattutto quella sulle uscite, sia stata distribuita
tra le diverse voci del bilancio. È, infatti, importante verificare se gli effetti negativi sulla
crescita possano essere limitati ad un impatto di breve periodo o se, al contrario,
debbano essere temuti effetti strutturali sulle potenzialità di sviluppo del Paese.
Più imposte e meno contributi nelle entrate delle Amministrazioni pubbliche
Quasi tutti i principali paesi dell’area euro hanno utilizzato la manovra sulle entrate
come misura per riequilibrare i conti pubblici, sebbene con intensità differente. La
Germania è l’unico ad aver ridotto negli ultimi quattro anni il rapporto tra le entrate totali
e il Pil, dal 45,2% nel 2009 al 44,7% nel 2013. In Italia, si è passati dal 46,5% al 47,7%,
un aumento che nel confronto con le altre economie europee risulta poco significativo.
1,2 punti percentuali rappresentano, infatti, un incremento molto meno ampio di quello
realizzato dai paesi che si sono trovati in situazioni di particolare difficoltà, come ad
esempio la Grecia (+7,5 punti percentuali) e il Portogallo (+4,1), ma è anche pari a
circa un terzo di quello francese (+3,6) e meno della metà di quello spagnolo (+2,7).
Le entrate delle Amministrazioni
pubbliche nei principali paesi dell’area
euro
(% del Pil; anno: 2013; regolamento CE)
Le entrate delle Amministrazioni
pubbliche in Italia per tipologia
(% del Pil; regolamento CE)
10,3 12,2 15,3 12,4
11,0
11,1
14,5
15,8
12,8
16,8
13,8 19,4
3,7
4,6
4,1
5,2
0
10
20
30
40
50
60
Spagna Germania Italia Francia
Imposte dirette Imposte indirette Contributi sociali Altro
37,8
52,8
47,7
44,7
14,6
13,6
14,0
15,3
14,5
13,8
12,5
13,0
13,5
14,0
14,5
15,0
15,5
Imposte dirette Imposte indirette Contributi sociali
2009 2013
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati
Banca d’Italia
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati
Banca d’Italia
Una visione d’insieme a livello europeo di come l’azione sulle entrate sia stata
distribuita tra le principali voci di bilancio mostra come nelle maggiori economie
dell’area euro abbia prevalso un orientamento verso l’aumento del peso delle imposte
5
2 luglio 2014
dirette a fronte di una leggera riduzione di quello delle imposte indirette e di un
sensibile calo dell’incidenza dei contributi sociali. Ovviamente, tra i singoli paesi vi sono
differenze e particolarità, che meritano di essere sottolineate.
La Francia ha aumentato significativamente il peso delle entrate sul Pil, agendo
prevalentemente sulle imposte dirette, sebbene il paese continui a caratterizzarsi nel
confronto con le altre economie europee per una forte incidenza dei contributi sociali,
che sono arrivati a valere quasi un quinto del Pil. La Spagna ha, invece, ridotto il peso
dei contributi sociali, finanziando l’intervento con una forte azione sulle imposte
indirette, passate dall’8,8% all’11% del Pil. La Germania, che come detto è l’unico
paese ad aver ridotto il peso delle entrate, ha spostato parte del prelievo dai contributi
sociali alle imposte dirette. Questa breve descrizione mostra come i paesi europei che
stanno ottenendo i migliori risultati in termini di andamento delle esportazioni siano
anche quelli che hanno posto in essere negli ultimi anni un riordino della composizione
del prelievo finalizzato alla riduzione del costo del lavoro, con effetti positivi sulla
competitività delle imprese nazionali.
In Italia, nel 2013 le entrate totali sono risultate leggermente superiori ai 750 miliardi di
euro. Nel 2009 erano 715. Negli ultimi quattro anni la composizione delle entrate è
leggermente cambiata.
Il gettito proveniente dalla imposte dirette si è avvicinato nel 2013 ai 240 miliardi di
euro, arrivando a rappresentare il 32% del totale delle entrate. L’IRPEF assorbe la
quasi totalità del gettito con oltre 170 miliardi. Negli ultimi quattro anni il prelievo sul
reddito delle persone fisiche si è leggermente spostato dalla componente erariale a
quella regionale e comunale. L’imposta sui redditi societari vale 35 miliardi di euro e
rappresenta quasi il 5% del totale delle entrate, un peso sostanzialmente invariato
rispetto al 2009.
Il prelievo fiscale e contributivo in Italia
per tipologia di imposta
(anno: 2013; miliardi di euro e % del totale)
La pressione fiscale e contributiva in
Italia
(% del Pil)
IRPEF; 175,8;
26%
IRES; 35,5; 5%
Altre imposte
dirette; 27,2; 4%
Tabacchi; 10,8; 2%
Bollo; 6,6; 1%
IRAP; 32; 5%IMU; 19,2; 3%
IVA; 91,8; 13%
Oli minerali; 27,2;
4%
Altre imposte
indirette; 38,2; 6%
Contributi sociali;
210,7; 31%
37
38
39
40
41
42
43
44
45
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Anche il gettito delle imposte indirette è aumentato nel corso degli ultimi anni,
superando i 220 miliardi di euro e arrivando ad assorbire il 30% del totale delle entrate.
Il peso dell’IVA si è mantenuto oltre il 12%, nonostante la flessione che ha interessato
gli ultimi due anni come conseguenza del brusco calo dei consumi: il gettito, pari a 85
miliardi di euro nel 2009, aveva raggiunto i 97 miliardi nel 2011 per poi scendere a 92
lo scorso anno. Un forte aumento ha interessato l’imposta sugli immobili: nel 2009 il
gettito dell’ICI era pari a meno di 9 miliardi di euro, nel 2013 l’IMU ha incassato quasi
20 miliardi. Stabile il gettito dell’IRAP, con oltre 30 miliardi.
6
2 luglio 2014
L’aumento sia delle imposte dirette sia di quelle indirette ha finanziato la riduzione dei
contributi sociali. Con un introito complessivo pari a oltre 210 miliardi di euro hanno
rappresentato nel 2013 il 28% del totale delle entrate, con un calo di oltre 1 punto
rispetto al 2009.
Prosegue il calo degli investimenti delle Amministrazioni pubbliche
Nel 2013, le spese complessive delle Amministrazioni pubbliche italiane sono state pari
a quasi 800 miliardi di euro, un importo leggermente più basso di quello dell’anno
precedente. Di questi, oltre 80 sono stati destinati al pagamento degli interessi sul
debito. Escludendo questa voce, la cui ampiezza è solo in piccola parte influenzabile
dalle decisioni di politica fiscale, negli ultimi quattro anni, la spesa pubblica è scesa dal
47,9% del Pil nel 2009 al 46% nel 2013. Guardando come questa riduzione è stata
distribuita tra le singole voci emergono, però, alcune criticità. Solo 0,3 degli 1,9 punti
percentuali del taglio complessivo sono il risultato di una riduzione delle uscite correnti
al netto degli interessi. La restante parte è il frutto del risparmio ottenuto grazie ad una
consistente riduzione delle uscite in conto capitale.
Gli investimenti pubblici e i contributi a
quelli privati in Italia
(miliardi di euro; valori concatenati)
Le uscite delle Amministrazioni
pubbliche in Italia
(anno 2013; miliardi di euro e % del totale)
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45
50
55
60
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Redditi da lavoro
dipendente; 164,1;
21%
Prestazioni sociali
in natura; 43,2; 5%
Consumi
intermedi; 86,9;
11%
Interessi passivi;
82,0; 10%
Prestazioni sociali
in denaro; 319,5;
40%
Altre uscite
correnti; 60,7; 8%
Investimenti fissi
lordi ; 27,1; 3%
Contributi agli
investimenti; 14,3;
2%
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Tra le uscite correnti, un sensibile calo ha interessato il costo del lavoro. Nel 2009, la
spesa per i dipendenti delle Amministrazioni pubbliche aveva superato i 170 miliardi di
euro, pari all’11,3% del Pil. Nel 2013, grazie al blocco del turnover e alla sospensione
dei rinnovi contrattuali, si è scesi a 164 miliardi, il 10,5% del Pil. Una leggera riduzione
ha interessato anche il costo sostenuto per le prestazioni sociali in natura, che per oltre
il 90% sono riferite al comparto sanitario, e per i consumi intermedi, voci che valgono
rispettivamente poco meno del 3% e circa il 5,5% del Pil. Questi risparmi sono stati,
però, quasi interamente assorbiti dall’aumento del costo delle prestazioni sociali in
denaro, che per la gran parte comprendono le uscite relative al pagamento delle
pensioni. Nel 2013, ci si è avvicinati ai 320 miliardi di euro, oltre il 20% del Pil, anche a
causa dell’aumento che ha interessato la componente non pensionistica legata alle
erogazioni degli ammortizzatori sociali.
Un percorso di maggiore contenimento ha, invece, riguardato le uscite in conto
capitale. Gli investimenti delle Amministrazioni pubbliche sono passati dal valere il
2,5% del Pil nel 2009 all’1,7% nel 2013. Nel primo anno di crisi, gli investimenti pubblici
si erano avvicinati ai 40 miliardi di euro; nel 2013 siamo scesi a 27, un calo prossimo al
7
2 luglio 2014
30%. Una riduzione della spesa ha interessato anche i contributi agli investimenti;
siamo passati dall’1,6% del Pil nel 2009 allo 0,9%. Guardando al complesso di quanta
parte del bilancio viene destinata agli investimenti sia nella forma di investimenti
pubblici sia come contributo a quelli privati, emerge come negli ultimi quattro anni sia
stato realizzato un taglio di oltre 20 miliardi di euro. Quanto accaduto in questo periodo
non è, però, solo il frutto dell’esigenza di riequilibrare i conti in un periodo di difficoltà
economica quanto anche il proseguimento di una tendenza che aveva interessato gli
anni precedenti. Il rapporto tra il totale degli investimenti pubblici e dei contributi a quelli
privati e il Pil è passato dal 4,1% nel 2009 al 2,7% nel 2013, lontano dai valori prossimi
al 5% registrati all’inizio degli anni Novanta.
Il calo degli investimenti delle Amministrazioni pubbliche ha interessato tutte le
principali tipologie di beni. Dal 2009 al 2013, gli investimenti in fabbricati, che
rappresentano quasi il 40% del dato complessivo, si sono ridotti di circa un terzo. La
spesa per le opere stradali è passata dai 9 miliardi di euro nel 2009 a meno di 7
miliardi, con una flessione di circa un quarto simile a quella che ha interessato tutte le
altre spese del genio civile, che comprendono tra le altre cose gli investimenti nei porti
e nelle linee ferroviarie, scese da 6,5 a meno di 5 miliardi.
Gli investimenti delle Amministrazioni
pubbliche in Italia per tipologia di bene
(valori concatenati; var. % 2013/2009)
Gli investimenti delle Amministrazioni
pubbliche in Italia
(valori concatenati; 2000=100)
-45,8
-44,2
-39,1
-35,7
-32,5
-31,2
-28,7
-27,2
-9,1
-50 -45 -40 -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0
Macchine per l'ufficio
Mezzi di trasporto
Mobili
Fabbricati
Totale
Macchine e Attrezzature
Opere stradali
Altre opere del genio civile
Software
60
70
80
90
100
110
120
130
140
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
Opere stradali Altre opere del genio civile Totale
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
La riduzione degli investimenti appare ancora più evidente se dai valori correnti
passiamo alle quantità. Al netto della variazione dei prezzi, l’insieme degli investimenti
pubblici e del sostegno fornito a quelli privati si è ridotto negli ultimi quattro anni di
quasi il 40%, crollando sul livello minimo dal 1990. Il taglio ha colpito anche quella
parte degli investimenti pubblici che riveste una maggiore importanza incidendo sulle
potenzialità di sviluppo dell’economia. Dal 2011 al 2013, gli investimenti in opere
stradali si sono ridotti di oltre un quarto, scendendo 10 punti percentuali sotto il livello
del 2000. Stesso discorso per le altre opere del genio civile, crollate su livelli inferiori di
circa il 30% rispetto a quelli dell’inizio dello scorso decennio.
I cambiamenti degli ultimi anni hanno modificato la composizione delle uscite delle
Amministrazioni pubbliche, accentuando processi in corso anche negli anni precedenti
la crisi. Considerando il totale delle spese al netto degli interessi, le uscite correnti
rappresentavano l’88% del totale all’inizio degli anni Novanta; nel 2009 eravamo al
91%, nel 2013 siamo saliti oltre il 94%. Gli investimenti delle Amministrazioni pubbliche
sono passati in poco più di venti anni dal valere oltre il 7% del totale a meno del 4%,
8
2 luglio 2014
con i contributi agli investimenti privati che oggi assorbono solo il 2% di quanto viene
speso complessivamente.
Alcune osservazioni conclusive
La correzione dei conti pubblici realizzata in Italia nel corso degli ultimi anni, sebbene
di rilievo, non appare di ampiezza straordinaria se confrontata con quella delle altre
principali economie europee. Una visione d’insieme mostra un certo equilibrio nella
distribuzione degli interventi tra le entrate e le uscite. Andando a guardare i dettagli
emergono, però, alcuni aspetti che meritano attenzione.
Seguendo l’evoluzione delle decisioni nel corso dei quattro anni considerati si nota
prima di tutto una tendenza a spostare l’attenzione maggiormente su un aumento delle
entrate a scapito del contenimento delle uscite.
Sul fronte delle entrate, l’aumento della pressione fiscale appare poca cosa nel
confronto internazionale, soprattutto avendo bene in mente il valore finale, che risulta
ben lontano da quello degli altri paesi. Negli ultimi quattro anni, la riduzione
dell’imposizione fiscale sul lavoro sembra, inoltre, meno coraggiosa di quella seguita in
altri paesi.
Dal lato delle uscite, positiva appare la riduzione di alcune voci correnti. Sull’aumento
delle prestazioni sociali in denaro poco può esser fatto, tenuto conto delle manovre
sulle pensioni già approvate. L’aumento del costo sostenuto per gli ammortizzatori
sociali rende, però, sempre più opportuna un’adeguata riorganizzazione dell’intero
sistema.
L’aspetto più preoccupante è, senza dubbio, il brusco calo degli investimenti. Un Paese
che già soffre un livello di infrastrutture non adeguato rischia di essere ulteriormente
penalizzato da decisioni di riduzioni della spesa che vanno ad incidere su voci, quali ad
esempio le opere stradali, che attraggono meno l’attenzione dell’opinione pubblica di
quanto accada per alcune spese correnti. Gli effetti sulla crescita delle politiche di
riequilibrio dei conti potrebbero, dunque, andare ben oltre il breve termine qualora
questa tendenza di costante riduzione degli investimenti proseguisse anche nei
prossimi anni.
9
2 luglio 2014
Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori
Indice Itraxx Eu Financial Indice Vix
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mar-13
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nov-13
gen-14
mar-14
mag-14
Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters
I premi al rischio passano da 60 a 64. L’indice Vix nell’ultima settimana sale da 12
a 11.
Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent
(Usd per barile)
Prezzo dell’oro
(Usd l’oncia)
1,15
1,2
1,25
1,3
1,35
1,4
1,45
1,5
90
95
100
105
110
115
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130
gen-11 lug-11 gen-12 lug-12 gen-13 lug-13 gen-14
Brent scala sin.(in Usd) Cambio euro/dollaro sc.ds. 1.200
1.300
1.400
1.500
1.600
1.700
1.800
1.900
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gen-14
mar-14
mag-14
Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters
Il tasso di cambio €/$ a 1,37. Il petrolio di qualità
Brent quota $112 al barile.
Il prezzo dell’oro sale a 1.329 dollari l’oncia.
10
2 luglio 2014
Borsa italiana: indice Ftse Mib Tassi dei benchmark decennali:
differenziale con la Germania
(punti base)
12.000
14.000
16.000
18.000
20.000
22.000
24.000
gen-11 lug-11 gen-12 lug-12 gen-13 lug-13 gen-14
0
200
400
600
800
1.000
1.200
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gen-11
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apr-14
Italia Spagna Irlanda Portogallo
Fonte: Thomson Reuters Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati
Thomson Reuters
Il Ftse Mib nell’ultima settimana passa da
21.640 a 21.563.
I differenziali con il Bund sono pari a 235 pb
per il Portogallo, 111 pb per l’Irlanda, 151 pb
per la Spagna e 159 pb per l’Italia.
Indice Baltic Dry Euribor 3 mesi
(val. %)
0
2.000
4.000
6.000
8.000
10.000
12.000
gen-08
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0
1
2
3
4
5
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mar-14
Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters
L’indice Baltic Dry nell’ultima settimana resta
sotto quota 900.
L’euribor 3m scende sotto 0,21%.
Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNL-
Gruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP
Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in
questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato
divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere
considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come
un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.

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  • 1. 22 2 luglio 2014 Direttore responsabile: Giovanni Ajassa tel. 0647028414 giovanni.ajassa@bnlmail.com Banca Nazionale del Lavoro Gruppo BNP Paribas Via Vittorio Veneto 119 00187 Roma Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 159/2002 del 9/4/2002 Le opinioni espresse non impegnano la responsabilità della banca. In Italia, il saldo primario dei conti pubblici è passato da un deficit dello 0,8% del Pil nel 2009 ad un surplus del 2,2% nel 2013. Una correzione di 3 punti percentuali, meno profonda di quella realizzata dall’Irlanda, dalla Spagna e dal Portogallo, ma uguale a quella della Francia. In Italia, il 60% dei 3 punti di correzione è stato ottenuto da una riduzione dell’incidenza delle spese al netto degli interessi, passate dal 47,9% del Pil nel 2009 al 46% nel 2013. Solo 0,3 degli 1,9 punti percentuali del taglio complessivo sono, però, il risultato di una riduzione delle uscite correnti al netto degli interessi. La restante parte è il frutto del risparmio ottenuto grazie ad una consistente riduzione delle uscite in conto capitale. Il calo degli investimenti pubblici ha interessato tutte le tipologie di beni, andando ad impattare anche su quelle voci di spesa che incidono sulle potenzialità di sviluppo dell’economia. Dal 2011 al 2013, gli investimenti in opere stradali si sono ridotti di un quarto in termini reali, mentre la spesa per le altre opere del genio civile, che comprendono i porti e le linee ferroviare, è crollata di quasi il 30% nel confronto con l’inizio dello scorso decennio. Gli investimenti pubblici e i contributi a quelli privati in Italia (miliardi di euro; valori concatenati) 35 40 45 50 55 60 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
  • 2. 2 2 luglio 2014 Sempre meno investimenti nella spesa pubblica italiana P. Ciocca  06-47028431 – paolo.ciocca@bnlmail.com In Italia, il saldo primario delle Amministrazioni pubbliche, che non considera gli interessi sul debito e quindi fornisce una rappresentazione accurata dell’equilibrio dei conti, è passato da un deficit dello 0,8% del Pil nel 2009 ad un surplus del 2,2% nel 2013. Una correzione di 3 punti percentuali, che risulta meno profonda di quella realizzata nello stesso periodo dall’Irlanda, dalla Spagna e dal Portogallo, uguale a quella della Francia, più ampia di quella della Germania. La manovra italiana appare nel complesso ben equilibrata. Il 60% dei 3 punti di correzione è stato, infatti, ottenuto da una riduzione dell’incidenza delle spese al netto degli interessi sul Pil. Meglio ha fatto solo l’Irlanda, con oltre l’80%, ma soprattutto la Germania. La Germania è l’unico, tra i principali paesi europei, ad aver ridotto il rapporto tra le entrate totali e il Pil. In Italia, siamo passati dal 46,5% nel 2009 al 47,7% nel 2013, un aumento di 1,2 punti percentuali pari a circa un terzo dell’incremento francese. Negli ultimi quattro anni, i tedeschi hanno potuto beneficiare di una riduzione della pressione fiscale. L’aumento subito dagli italiani (dal 43% del Pil al 43,8%) risulta, comunque, molto meno ampio di quello che ha colpito i francesi (dal 44,2% al 48%). Escludendo gli interessi sul debito, negli ultimi quattro anni, la spesa pubblica in Italia è scesa dal 47,9% del Pil nel 2009 al 46% nel 2013. Solo 0,3 degli 1,9 punti percentuali del taglio complessivo sono, però, il risultato di una riduzione delle uscite correnti al netto degli interessi. La restante parte è il frutto del risparmio ottenuto grazie ad una consistente riduzione delle uscite in conto capitale. Il calo degli investimenti delle Amministrazioni pubbliche italiane ha interessato tutte le tipologie di beni, andando ad impattare anche su quelle voci di spesa che incidono sulle potenzialità di sviluppo dell’economia. Dal 2011 al 2013, gli investimenti in opere stradali si sono ridotti di oltre un quarto in termini reali, scendendo 10 punti percentuali sotto il livello del 2000. La spesa per le altre opere del genio civile, che comprendono i porti e le linee ferroviare, è crollata di quasi il 30% nel confronto con l’inizio dello scorso decennio. Una correzione dei conti ben equilibrata Si discute molto in questo periodo sull’opportunità di dare alle regole europee che disciplinano le finanze pubbliche degli stati membri un’applicazione più orientata alla crescita, senza perdere di vista la stabilità. Nel nostro Paese l’attenzione rimane, inoltre, correttamente concentrata sull’esigenza di riorganizzare il bilancio delle Amministrazioni pubbliche, con particolare interesse alle uscite. Sono molti gli aspetti riguardanti la gestione e la composizione dei conti pubblici che possono influenzare lo sviluppo di un’economia. Alcune indicazioni utili emergono ripercorrendo quanto accaduto negli ultimi anni. Nel 2009, il bilancio pubblico italiano aveva registrato un disavanzo superiore agli 80 miliardi di euro, quasi il doppio dell’anno precedente. In termini di Pil, si era passati dal 2,7% al 5,5%, il valore più alto dal 1996. Il saldo primario, che non considera gli interessi sul debito e quindi fornisce una più accurata rappresentazione del reale equilibrio dei conti, era tornato ad essere negativo per la prima volta dal 1990. Essendo prevalentemente il frutto della recessione, il peggioramento aveva interessato le
  • 3. 3 2 luglio 2014 finanze pubbliche di tutte le principali economie europee, risultando in alcuni casi molto più intenso di quanto registrato in Italia. La correzione dei conti pubblici nelle principali economie europee (punti percentuali; var. 2013/2009) Alcuni indicatori di finanza pubblica in Italia (% del Pil; regolamento CE) 1,8 2,5 2,6 3,0 3,0 5,6 6,7 9,1 -10 -5 0 5 10 15 Grecia Belgio Germania Francia Italia Spagna Portogallo Irlanda Entrate totali/Pil Uscite totali ex. interessi/Pil Saldo primario/Pil 46,5 47,3 43,0 46,1 44,9 42,5 47,7 45,5 43,8 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 Entrate totali Uscite ex interessi Pressione fiscale 2009 2011 2013 Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Banca d’Italia Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Banca d’Italia Nonostante il perdurare della crisi, gli anni successivi sono stati caratterizzati da una profonda attenzione al riequilibrio dei conti, anche a causa delle forti tensioni manifestatesi sul mercato dei titoli del debito pubblico. In Italia, il saldo primario è passato da un deficit pari allo 0,8% del Pil nel 2009 ad un surplus del 2,2% nel 2013. Una correzione di 3 punti percentuali in quattro anni risulta meno profonda di quella realizzata nello stesso periodo dall’Irlanda, dalla Spagna e dal Portogallo, sostanzialmente uguale a quella della Francia, leggermente più ampia di quella della Germania. Nel valutare gli effetti che una correzione dei conti pubblici produce sull’economia di un paese l’ampiezza della manovra non è, però, l’unico elemento da considerare. Quello che rileva è soprattutto la composizione delle misure, con la suddivisione tra entrate e uscite. Generalmente, una riduzione delle spese, con una particolare attenzione al contenimento degli sprechi, produce effetti migliori per l’economia di quelli ottenuti da un semplice aumento delle entrate. Nel complesso dei quattro anni considerati, la manovra italiana appare ben equilibrata, anche nel confronto con gli altri paesi. Il 60% dei 3 punti di correzione è stato, infatti, ottenuto da una riduzione dell’incidenza delle spese al netto degli interessi sul Pil. Meglio ha fatto solo l’Irlanda, con oltre l’80%, ma soprattutto la Germania. I conti pubblici tedeschi hanno visto una correzione del rapporto tra saldo primario e Pil di 2,6 punti percentuali, risultato di un calo di oltre 3 punti del rapporto tra uscite al netto degli interessi e Pil e una contemporanea riduzione dell’incidenza delle entrate. Situazione opposta in Francia: la correzione di 3 punti è il frutto di un aumento delle entrate sul Pil di 3,6 punti parzialmente assorbito da una crescita di mezzo punto del peso delle uscite. Come risultato di questi quattro anni, i tedeschi hanno potuto beneficiare di una riduzione della pressione fiscale (dal 40,6% del Pil al 40,2%), mentre gli italiani hanno subito un aumento (dal 43% al 43,8%), che è, comunque, risultato molto meno ampio di quello che ha colpito i francesi (dal 44,2% al 48%). Focalizzando l’attenzione sul nostro Paese emerge, però, una prima particolarità. Gli ultimi quattro anni possono essere suddivisi in due periodi. Dal 2009 al 2011, il rapporto tra il saldo primario e il Pil è migliorato di 2 punti percentuali, come risultato di
  • 4. 4 2 luglio 2014 una riduzione del peso delle uscite al netto degli interessi sul Pil di 2,4 punti a fronte di un calo di quello delle entrate di poco inferiore al mezzo punto, con la pressione fiscale scesa dal 43% al 42,5%. Negli ultimi due anni, la correzione di un punto di Pil è, invece, esclusivamente il risultato di un’azione sulle entrate, che ha più che compensato un aumento dell’incidenza delle uscite. Ovviamente, nel confronto tra questi due periodi occorre ricordare come il primo (2010-2011) sia stato interessato da una crescita, sebbene moderata, dell’economia, mentre il secondo (2012-2013) abbia visto una nuova ampia recessione. Le manovre approvate per riequilibrare i conti pubblici hanno avuto ovviamente effetti negativi sull’economia italiana, rendendo la seconda recessione ancora più profonda di quanto altrimenti sarebbe stata. Nel Bollettino economico di gennaio 2013, la Banca d’Italia stimava per il 2012 e il 2013 in circa 1 punto percentuale la minore crescita derivante dalle manovre approvate dal Governo. È, però, opportuno andare a vedere come la manovra sulle entrate, ma soprattutto quella sulle uscite, sia stata distribuita tra le diverse voci del bilancio. È, infatti, importante verificare se gli effetti negativi sulla crescita possano essere limitati ad un impatto di breve periodo o se, al contrario, debbano essere temuti effetti strutturali sulle potenzialità di sviluppo del Paese. Più imposte e meno contributi nelle entrate delle Amministrazioni pubbliche Quasi tutti i principali paesi dell’area euro hanno utilizzato la manovra sulle entrate come misura per riequilibrare i conti pubblici, sebbene con intensità differente. La Germania è l’unico ad aver ridotto negli ultimi quattro anni il rapporto tra le entrate totali e il Pil, dal 45,2% nel 2009 al 44,7% nel 2013. In Italia, si è passati dal 46,5% al 47,7%, un aumento che nel confronto con le altre economie europee risulta poco significativo. 1,2 punti percentuali rappresentano, infatti, un incremento molto meno ampio di quello realizzato dai paesi che si sono trovati in situazioni di particolare difficoltà, come ad esempio la Grecia (+7,5 punti percentuali) e il Portogallo (+4,1), ma è anche pari a circa un terzo di quello francese (+3,6) e meno della metà di quello spagnolo (+2,7). Le entrate delle Amministrazioni pubbliche nei principali paesi dell’area euro (% del Pil; anno: 2013; regolamento CE) Le entrate delle Amministrazioni pubbliche in Italia per tipologia (% del Pil; regolamento CE) 10,3 12,2 15,3 12,4 11,0 11,1 14,5 15,8 12,8 16,8 13,8 19,4 3,7 4,6 4,1 5,2 0 10 20 30 40 50 60 Spagna Germania Italia Francia Imposte dirette Imposte indirette Contributi sociali Altro 37,8 52,8 47,7 44,7 14,6 13,6 14,0 15,3 14,5 13,8 12,5 13,0 13,5 14,0 14,5 15,0 15,5 Imposte dirette Imposte indirette Contributi sociali 2009 2013 Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Banca d’Italia Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Banca d’Italia Una visione d’insieme a livello europeo di come l’azione sulle entrate sia stata distribuita tra le principali voci di bilancio mostra come nelle maggiori economie dell’area euro abbia prevalso un orientamento verso l’aumento del peso delle imposte
  • 5. 5 2 luglio 2014 dirette a fronte di una leggera riduzione di quello delle imposte indirette e di un sensibile calo dell’incidenza dei contributi sociali. Ovviamente, tra i singoli paesi vi sono differenze e particolarità, che meritano di essere sottolineate. La Francia ha aumentato significativamente il peso delle entrate sul Pil, agendo prevalentemente sulle imposte dirette, sebbene il paese continui a caratterizzarsi nel confronto con le altre economie europee per una forte incidenza dei contributi sociali, che sono arrivati a valere quasi un quinto del Pil. La Spagna ha, invece, ridotto il peso dei contributi sociali, finanziando l’intervento con una forte azione sulle imposte indirette, passate dall’8,8% all’11% del Pil. La Germania, che come detto è l’unico paese ad aver ridotto il peso delle entrate, ha spostato parte del prelievo dai contributi sociali alle imposte dirette. Questa breve descrizione mostra come i paesi europei che stanno ottenendo i migliori risultati in termini di andamento delle esportazioni siano anche quelli che hanno posto in essere negli ultimi anni un riordino della composizione del prelievo finalizzato alla riduzione del costo del lavoro, con effetti positivi sulla competitività delle imprese nazionali. In Italia, nel 2013 le entrate totali sono risultate leggermente superiori ai 750 miliardi di euro. Nel 2009 erano 715. Negli ultimi quattro anni la composizione delle entrate è leggermente cambiata. Il gettito proveniente dalla imposte dirette si è avvicinato nel 2013 ai 240 miliardi di euro, arrivando a rappresentare il 32% del totale delle entrate. L’IRPEF assorbe la quasi totalità del gettito con oltre 170 miliardi. Negli ultimi quattro anni il prelievo sul reddito delle persone fisiche si è leggermente spostato dalla componente erariale a quella regionale e comunale. L’imposta sui redditi societari vale 35 miliardi di euro e rappresenta quasi il 5% del totale delle entrate, un peso sostanzialmente invariato rispetto al 2009. Il prelievo fiscale e contributivo in Italia per tipologia di imposta (anno: 2013; miliardi di euro e % del totale) La pressione fiscale e contributiva in Italia (% del Pil) IRPEF; 175,8; 26% IRES; 35,5; 5% Altre imposte dirette; 27,2; 4% Tabacchi; 10,8; 2% Bollo; 6,6; 1% IRAP; 32; 5%IMU; 19,2; 3% IVA; 91,8; 13% Oli minerali; 27,2; 4% Altre imposte indirette; 38,2; 6% Contributi sociali; 210,7; 31% 37 38 39 40 41 42 43 44 45 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Anche il gettito delle imposte indirette è aumentato nel corso degli ultimi anni, superando i 220 miliardi di euro e arrivando ad assorbire il 30% del totale delle entrate. Il peso dell’IVA si è mantenuto oltre il 12%, nonostante la flessione che ha interessato gli ultimi due anni come conseguenza del brusco calo dei consumi: il gettito, pari a 85 miliardi di euro nel 2009, aveva raggiunto i 97 miliardi nel 2011 per poi scendere a 92 lo scorso anno. Un forte aumento ha interessato l’imposta sugli immobili: nel 2009 il gettito dell’ICI era pari a meno di 9 miliardi di euro, nel 2013 l’IMU ha incassato quasi 20 miliardi. Stabile il gettito dell’IRAP, con oltre 30 miliardi.
  • 6. 6 2 luglio 2014 L’aumento sia delle imposte dirette sia di quelle indirette ha finanziato la riduzione dei contributi sociali. Con un introito complessivo pari a oltre 210 miliardi di euro hanno rappresentato nel 2013 il 28% del totale delle entrate, con un calo di oltre 1 punto rispetto al 2009. Prosegue il calo degli investimenti delle Amministrazioni pubbliche Nel 2013, le spese complessive delle Amministrazioni pubbliche italiane sono state pari a quasi 800 miliardi di euro, un importo leggermente più basso di quello dell’anno precedente. Di questi, oltre 80 sono stati destinati al pagamento degli interessi sul debito. Escludendo questa voce, la cui ampiezza è solo in piccola parte influenzabile dalle decisioni di politica fiscale, negli ultimi quattro anni, la spesa pubblica è scesa dal 47,9% del Pil nel 2009 al 46% nel 2013. Guardando come questa riduzione è stata distribuita tra le singole voci emergono, però, alcune criticità. Solo 0,3 degli 1,9 punti percentuali del taglio complessivo sono il risultato di una riduzione delle uscite correnti al netto degli interessi. La restante parte è il frutto del risparmio ottenuto grazie ad una consistente riduzione delle uscite in conto capitale. Gli investimenti pubblici e i contributi a quelli privati in Italia (miliardi di euro; valori concatenati) Le uscite delle Amministrazioni pubbliche in Italia (anno 2013; miliardi di euro e % del totale) 35 40 45 50 55 60 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Redditi da lavoro dipendente; 164,1; 21% Prestazioni sociali in natura; 43,2; 5% Consumi intermedi; 86,9; 11% Interessi passivi; 82,0; 10% Prestazioni sociali in denaro; 319,5; 40% Altre uscite correnti; 60,7; 8% Investimenti fissi lordi ; 27,1; 3% Contributi agli investimenti; 14,3; 2% Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Tra le uscite correnti, un sensibile calo ha interessato il costo del lavoro. Nel 2009, la spesa per i dipendenti delle Amministrazioni pubbliche aveva superato i 170 miliardi di euro, pari all’11,3% del Pil. Nel 2013, grazie al blocco del turnover e alla sospensione dei rinnovi contrattuali, si è scesi a 164 miliardi, il 10,5% del Pil. Una leggera riduzione ha interessato anche il costo sostenuto per le prestazioni sociali in natura, che per oltre il 90% sono riferite al comparto sanitario, e per i consumi intermedi, voci che valgono rispettivamente poco meno del 3% e circa il 5,5% del Pil. Questi risparmi sono stati, però, quasi interamente assorbiti dall’aumento del costo delle prestazioni sociali in denaro, che per la gran parte comprendono le uscite relative al pagamento delle pensioni. Nel 2013, ci si è avvicinati ai 320 miliardi di euro, oltre il 20% del Pil, anche a causa dell’aumento che ha interessato la componente non pensionistica legata alle erogazioni degli ammortizzatori sociali. Un percorso di maggiore contenimento ha, invece, riguardato le uscite in conto capitale. Gli investimenti delle Amministrazioni pubbliche sono passati dal valere il 2,5% del Pil nel 2009 all’1,7% nel 2013. Nel primo anno di crisi, gli investimenti pubblici si erano avvicinati ai 40 miliardi di euro; nel 2013 siamo scesi a 27, un calo prossimo al
  • 7. 7 2 luglio 2014 30%. Una riduzione della spesa ha interessato anche i contributi agli investimenti; siamo passati dall’1,6% del Pil nel 2009 allo 0,9%. Guardando al complesso di quanta parte del bilancio viene destinata agli investimenti sia nella forma di investimenti pubblici sia come contributo a quelli privati, emerge come negli ultimi quattro anni sia stato realizzato un taglio di oltre 20 miliardi di euro. Quanto accaduto in questo periodo non è, però, solo il frutto dell’esigenza di riequilibrare i conti in un periodo di difficoltà economica quanto anche il proseguimento di una tendenza che aveva interessato gli anni precedenti. Il rapporto tra il totale degli investimenti pubblici e dei contributi a quelli privati e il Pil è passato dal 4,1% nel 2009 al 2,7% nel 2013, lontano dai valori prossimi al 5% registrati all’inizio degli anni Novanta. Il calo degli investimenti delle Amministrazioni pubbliche ha interessato tutte le principali tipologie di beni. Dal 2009 al 2013, gli investimenti in fabbricati, che rappresentano quasi il 40% del dato complessivo, si sono ridotti di circa un terzo. La spesa per le opere stradali è passata dai 9 miliardi di euro nel 2009 a meno di 7 miliardi, con una flessione di circa un quarto simile a quella che ha interessato tutte le altre spese del genio civile, che comprendono tra le altre cose gli investimenti nei porti e nelle linee ferroviarie, scese da 6,5 a meno di 5 miliardi. Gli investimenti delle Amministrazioni pubbliche in Italia per tipologia di bene (valori concatenati; var. % 2013/2009) Gli investimenti delle Amministrazioni pubbliche in Italia (valori concatenati; 2000=100) -45,8 -44,2 -39,1 -35,7 -32,5 -31,2 -28,7 -27,2 -9,1 -50 -45 -40 -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 Macchine per l'ufficio Mezzi di trasporto Mobili Fabbricati Totale Macchine e Attrezzature Opere stradali Altre opere del genio civile Software 60 70 80 90 100 110 120 130 140 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Opere stradali Altre opere del genio civile Totale Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat La riduzione degli investimenti appare ancora più evidente se dai valori correnti passiamo alle quantità. Al netto della variazione dei prezzi, l’insieme degli investimenti pubblici e del sostegno fornito a quelli privati si è ridotto negli ultimi quattro anni di quasi il 40%, crollando sul livello minimo dal 1990. Il taglio ha colpito anche quella parte degli investimenti pubblici che riveste una maggiore importanza incidendo sulle potenzialità di sviluppo dell’economia. Dal 2011 al 2013, gli investimenti in opere stradali si sono ridotti di oltre un quarto, scendendo 10 punti percentuali sotto il livello del 2000. Stesso discorso per le altre opere del genio civile, crollate su livelli inferiori di circa il 30% rispetto a quelli dell’inizio dello scorso decennio. I cambiamenti degli ultimi anni hanno modificato la composizione delle uscite delle Amministrazioni pubbliche, accentuando processi in corso anche negli anni precedenti la crisi. Considerando il totale delle spese al netto degli interessi, le uscite correnti rappresentavano l’88% del totale all’inizio degli anni Novanta; nel 2009 eravamo al 91%, nel 2013 siamo saliti oltre il 94%. Gli investimenti delle Amministrazioni pubbliche sono passati in poco più di venti anni dal valere oltre il 7% del totale a meno del 4%,
  • 8. 8 2 luglio 2014 con i contributi agli investimenti privati che oggi assorbono solo il 2% di quanto viene speso complessivamente. Alcune osservazioni conclusive La correzione dei conti pubblici realizzata in Italia nel corso degli ultimi anni, sebbene di rilievo, non appare di ampiezza straordinaria se confrontata con quella delle altre principali economie europee. Una visione d’insieme mostra un certo equilibrio nella distribuzione degli interventi tra le entrate e le uscite. Andando a guardare i dettagli emergono, però, alcuni aspetti che meritano attenzione. Seguendo l’evoluzione delle decisioni nel corso dei quattro anni considerati si nota prima di tutto una tendenza a spostare l’attenzione maggiormente su un aumento delle entrate a scapito del contenimento delle uscite. Sul fronte delle entrate, l’aumento della pressione fiscale appare poca cosa nel confronto internazionale, soprattutto avendo bene in mente il valore finale, che risulta ben lontano da quello degli altri paesi. Negli ultimi quattro anni, la riduzione dell’imposizione fiscale sul lavoro sembra, inoltre, meno coraggiosa di quella seguita in altri paesi. Dal lato delle uscite, positiva appare la riduzione di alcune voci correnti. Sull’aumento delle prestazioni sociali in denaro poco può esser fatto, tenuto conto delle manovre sulle pensioni già approvate. L’aumento del costo sostenuto per gli ammortizzatori sociali rende, però, sempre più opportuna un’adeguata riorganizzazione dell’intero sistema. L’aspetto più preoccupante è, senza dubbio, il brusco calo degli investimenti. Un Paese che già soffre un livello di infrastrutture non adeguato rischia di essere ulteriormente penalizzato da decisioni di riduzioni della spesa che vanno ad incidere su voci, quali ad esempio le opere stradali, che attraggono meno l’attenzione dell’opinione pubblica di quanto accada per alcune spese correnti. Gli effetti sulla crescita delle politiche di riequilibrio dei conti potrebbero, dunque, andare ben oltre il breve termine qualora questa tendenza di costante riduzione degli investimenti proseguisse anche nei prossimi anni.
  • 9. 9 2 luglio 2014 Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori Indice Itraxx Eu Financial Indice Vix 0 50 100 150 200 250 300 350 400 gen-11 mar-11 mag-11 lug-11 set-11 nov-11 gen-12 mar-12 mag-12 lug-12 set-12 nov-12 gen-13 mar-13 mag-13 lug-13 set-13 nov-13 gen-14 mar-14 mag-14 0 10 20 30 40 50 60 gen-11 mar-11 mag-11 lug-11 set-11 nov-11 gen-12 mar-12 mag-12 lug-12 set-12 nov-12 gen-13 mar-13 mag-13 lug-13 set-13 nov-13 gen-14 mar-14 mag-14 Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters I premi al rischio passano da 60 a 64. L’indice Vix nell’ultima settimana sale da 12 a 11. Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent (Usd per barile) Prezzo dell’oro (Usd l’oncia) 1,15 1,2 1,25 1,3 1,35 1,4 1,45 1,5 90 95 100 105 110 115 120 125 130 gen-11 lug-11 gen-12 lug-12 gen-13 lug-13 gen-14 Brent scala sin.(in Usd) Cambio euro/dollaro sc.ds. 1.200 1.300 1.400 1.500 1.600 1.700 1.800 1.900 2.000 gen-11 mar-11 mag-11 lug-11 set-11 nov-11 gen-12 mar-12 mag-12 lug-12 set-12 nov-12 gen-13 mar-13 mag-13 lug-13 set-13 nov-13 gen-14 mar-14 mag-14 Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters Il tasso di cambio €/$ a 1,37. Il petrolio di qualità Brent quota $112 al barile. Il prezzo dell’oro sale a 1.329 dollari l’oncia.
  • 10. 10 2 luglio 2014 Borsa italiana: indice Ftse Mib Tassi dei benchmark decennali: differenziale con la Germania (punti base) 12.000 14.000 16.000 18.000 20.000 22.000 24.000 gen-11 lug-11 gen-12 lug-12 gen-13 lug-13 gen-14 0 200 400 600 800 1.000 1.200 1.400 gen-11 apr-11 lug-11 ott-11 gen-12 apr-12 lug-12 ott-12 gen-13 apr-13 lug-13 ott-13 gen-14 apr-14 Italia Spagna Irlanda Portogallo Fonte: Thomson Reuters Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Thomson Reuters Il Ftse Mib nell’ultima settimana passa da 21.640 a 21.563. I differenziali con il Bund sono pari a 235 pb per il Portogallo, 111 pb per l’Irlanda, 151 pb per la Spagna e 159 pb per l’Italia. Indice Baltic Dry Euribor 3 mesi (val. %) 0 2.000 4.000 6.000 8.000 10.000 12.000 gen-08 lug-08 gen-09 lug-09 gen-10 lug-10 gen-11 lug-11 gen-12 lug-12 gen-13 lug-13 gen-14 lug-14 0 1 2 3 4 5 6 set-06 mar-07 set-07 mar-08 set-08 mar-09 set-09 mar-10 set-10 mar-11 set-11 mar-12 set-12 mar-13 set-13 mar-14 Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters L’indice Baltic Dry nell’ultima settimana resta sotto quota 900. L’euribor 3m scende sotto 0,21%. Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNL- Gruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.