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Banca Nazionale del Lavoro
Gruppo BNP Paribas
Via Vittorio Veneto 119
00187 Roma
Autorizzazione del Tribunale
di Roma n. 159/2002
del 9/4/2002
Le opinioni espresse
non impegnano la
responsabilità
della banca.

Laureati in età 25-34 anni
(in % sulla popolazione della corrispondente fascia di età)
50%

47%

45%

43%
38%

40%

Spagna

Francia

Stati Uniti

39%

Media
Ocse

43%

35%
30%
25%
20%

28%
21%

15%
10%
5%
0%
Italia

Germania

Regno
Unito

Fonte: Ocse

08
5 marzo
2014
Direttore responsabile:
Giovanni Ajassa
tel. 0647028414
giovanni.ajassa@bnlmail.com

Il difficile inserimento dei giovani nei percorsi occupazionali viene fotografato in
modo efficace dal tasso di disoccupazione relativo alla fascia di età 15-24 anni. A
fronte di un valore pari al 24% per la media dell’eurozona, in Italia si sale al 42,4%, più
del doppio del Regno Unito e quasi 20 punti percentuali più della Francia.
Tra il III trimestre 2008 e il III trimestre 2013 in Italia il numero degli occupati nella
classe di età 15-34 anni si è ridotto di quasi 2 milioni, mentre per la classe 35-55 la
contrazione è stata di 40 mila unità e per quella oltre i 55 anni si è registrato
addirittura un incremento pari a oltre 800 mila lavoratori. Il canale contrattuale
prevalente per l’assunzione dei giovani è diventato quello dell’apprendistato. La quota
di assunti con contratto di apprendistato è passata infatti dal 18,1% del 2008 al 21,6%
del 2012, a fronte di una quota di assunzioni a tempo indeterminato che nel
medesimo arco temporale ha registrato una flessione dal 40% al 32,6%.
Nonostante la situazione italiana sia migliorata nel corso degli ultimi anni, nella fascia
d'età 25-34 anni i laureati ammontano solo al 21% della popolazione, un dato che
colloca l’Italia al penultimo posto tra i 34 Paesi dell'Ocse, alla pari con l'Austria e
davanti solo alla Turchia (17%). Valori molto contenuti considerando che la media
Ocse è del 38% e quella della Ue del 35%.
5 marzo 2014

I giovani in Italia: formazione e lavoro
S. Ambrosetti  06-47028055 – stefano.ambrosetti@bnlmail.com
In Italia, come in molti altri paesi, le difficoltà dei giovani a inserirsi nel mondo
del lavoro sono state accentuate dagli effetti della crisi economica. Tra il III
trimestre 2008 e il III trimestre 2013 in Italia il numero degli occupati nella classe
di età 15-34 anni si è ridotto di quasi 2 milioni, mentre per la classe 35-55 la
contrazione è stata di 40 mila unità e per quella oltre i 55 anni si è registrato
addirittura un incremento pari a oltre 800 mila lavoratori.
Il difficile inserimento dei giovani nei percorsi occupazionali viene fotografato in
modo efficace dal tasso di disoccupazione relativo alla fascia di età 15-24 anni. A
fronte di un valore pari al 24% per la media dell’eurozona, in Italia si sale al
42,4%, più del doppio del Regno Unito (20%) e quasi 20 punti percentuali più
della Francia. Tra i grandi paesi dell’eurozona solo la Spagna presenta un valore
più elevato (54,6%).
Nonostante la situazione italiana sia migliorata nel corso degli ultimi anni, nella
fascia d'età 25-34 anni i laureati ammontano solo al 21% della popolazione, un
dato che colloca l’Italia al penultimo posto tra i 34 Paesi dell'Ocse, alla pari con
l'Austria e davanti solo alla Turchia (17%). Valori molto contenuti considerando
che la media Ocse è del 38% e quella della Ue del 35%.
L’importanza della laurea come elemento qualificante per carriere professionali
meglio retribuite si è ridotta considerevolmente nel corso degli anni. I laureati
nella classe di età 25-34 anni guadagnano in Italia solo il 22% in più rispetto a chi
nella stessa classe di età ha conseguito un diploma di maturità, a fronte di una
media Ocse superiore al 40%.
Il canale contrattuale prevalente per l’assunzione dei giovani è diventato quello
dell’apprendistato. La quota di assunti con contratto di apprendistato è passata
infatti dal 18,1% del 2008 al 21,6% del 2012, a fronte di una quota di assunzioni a
tempo indeterminato che nel medesimo arco temporale ha registrato una
flessione dal 40% al 32,6%.
In Italia le diverse dinamiche legate al mercato del lavoro a livello territoriale
risentono anche di una distribuzione non omogenea dei giovani nel territorio. Nel
Nord-Ovest l’incidenza degli under 35 sul totale della popolazione residente
ammonta al 33,8% a fronte del 34,2% del Nord-est e del Centro e del 39,4% del
Sud, con punte del 39,8% in Sicilia e del 42% in Campania.
I giovani, la crisi e il lavoro
In Italia, come in molti altri paesi, le difficoltà dei giovani a inserirsi nel mondo del
lavoro sono state accentuate dagli effetti della crisi economica e della recessione.
Alcuni elementi di criticità appaiono tuttavia di natura più strutturale. Con riguardo ai
grandi paesi europei, i principali indicatori relativi al mercato del lavoro anche prima
della crisi denotavano per l’Italia una situazione di relativo svantaggio, che nel tempo si
è accentuata.
I dati sulla disoccupazione indicano a gennaio 2014 un tasso di disoccupazione relativo
alla popolazione in età lavorativa (15-64 anni) pari al 12,9%, un valore non troppo
dissimile dal 12% medio dell’area euro, peggiore del 10,9% francese e lontano dai
valori registrati dai paesi più virtuosi come il Regno Unito (7,2%) e la Germania, ma
lontano anche dal 25,8% della Spagna. La popolazione attiva, che costituisce il
denominatore di questo dato, contribuisce a rendere meno evidente il disagio

2
5 marzo 2014

occupazionale che caratterizza il mercato del lavoro italiano. Non entrano infatti nel
calcolo del tasso di disoccupazione i cosiddeti “inattivi”, coloro cioè che non lavorano e
non cercano lavoro, e che in Italia ammontano a 14,7 milioni, il 37% della popolazione
nella fascia di età 15-64 anni. Il dato italiano è più elevato di quasi dieci punti
percentuali rispetto a quello francese (28,7%) e a quello medio dell’area euro (28%),
ancora più distante dal 26% della Spagna e dal 22-23% di Regno Unito e Germania.
Il problema dell’inattività appare ancora più accentuato a livello giovanile. Se
consideriamo la fascia di età 15-34 anni a livello nazionale sale al 49%, in pratica un
giovane su due è inattivo. Il dato si presenta fortemente disomogeneo a livello
territoriale, con valori del tasso di inattività giovanile che oscillano tra il 41% del Nord,
per arrivare al 47% nel Centro e al 58% nel Sud.
Il difficile inserimento dei giovani nei percorsi occupazionali viene fotografato in modo
efficace dal tasso di disoccupazione relativo alla fascia di età 15-24 anni. A fronte di un
valore pari al 24% per la media dell’eurozona, in Italia si sale al 42,4%, più del doppio
del Regno Unito (20%) e quasi 20 punti percentuali più della Francia. Tra i grandi paesi
dell’eurozona solo la Spagna presenta un valore più elevato (54,6%).
Italia: variazione degli occupati per classe di età
(dati in migliaia)
16.000

-40

14.000

13.482 13.442

12.000
-1.861

10.000
8.000
6.000

7.132

III T 2008

+812

III T2013

5.271

4.000

2.904

3.716

2.000
0
15-34

35-55

oltre 55

Fonte: Elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Istat

Le dinamiche degli occupati per classi di età, durante gli anni della crisi economica,
denotano uno svantaggio relativo per le classi più giovani. Tra il III trimestre 2008 e il III
trimestre 2013 in Italia il numero degli occupati nella classe di età 15-34 anni si è
ridotto di quasi 2 milioni, mentre per la classe 35-55 la contrazione è stata di 40mila
unità e per quella oltre i 55 anni si è registrato addirittura un incremento pari a oltre 800
mila lavoratori.
Nel 2013, il tasso di occupazione giovanile, relativo alla fascia di età compresa fra i 15
e i 34 anni, è risultato pari al 40%, un valore inferiore di oltre 15 punti percentuali
rispetto a quello relativo all’intera popolazione attiva (55,6%) con rilevanti differenze
territoriali. A fronte di un 50% di occupazione giovanile nel Nord e del 42,6% del
Centro, la media nel Sud scende al 27,4%. Solo in sei regioni, tutte del Nord, il tasso di
occupazione giovanile supera il 50%, e solo in due (Valle d’Aosta e Lombardia) il
differenziale con il tasso di occupazione generale risulta inferiore a 11 punti
percentuali.

3
5 marzo 2014

La distribuzione dei giovani sul territorio italiano
In Italia le diverse dinamiche legate al mercato del lavoro a livello territoriale risentono,
oltre che delle differenti opportunità professionali tra il Nord e il Sud del paese, anche
di una distribuzione non omogenea dei giovani sul territorio.
In prima approssimazione si registra una marcata differenza tra l’Italia centrosettentrionale e quella meridionale. Nel Nord-Ovest l’incidenza degli under 35 sul totale
della popolazione residente ammonta al 33,8% a fronte del 34,2% del Nord-est e del
Centro e del 39,4% del Sud, con punte del 39,8% in Sicilia e del 42% in Campania.
Nelle grandi aree urbane del Mezzogiorno si concentrano elevate quote di giovani:
nella provincia di Napoli i giovani con meno di 35 anni arrivano al 43,4% della
popolazione; valori superiori al 40%, si riscontrano anche a Catania e Palermo. Nelle
grandi città del Centro-Nord invece si rileva una maggiore concentrazione di giovani
nei centri piccoli e medi che orbitano intorno alle grandi aree urbane: nella provincia di
Roma, nell’insieme, i giovani rappresentano il 35% della popolazione, ma in alcuni
comuni circostanti la concentrazione supera il 40%. Anche nella provincia di Milano la
percentuale dei giovani (33,6%) risulta inferiore a quella dei maggiori centri
dell’hinterland milanese (ad esempio, Lodi e Monza in cui i valori salgono al 36%).
La formazione dei giovani: ancora pochi laureati
Una delle criticità per l’inserimento nel modo del lavoro attiene alle difficoltà incontrate
dal sistema formativo ed educativo nel rispondere alle esigenze espresse dalla
domanda di lavoro delle imprese. Questo disallineamento incide in maniera
significativa anche sul grado di permanenza dei giovani all’interno del sistema
formativo. Elevati tassi di abbandono prematuro del sistema formativo incidono sul
livello complessivo di istruzione dei giovani che approcciano al mercato del lavoro.
Tasso di abbandono prematuro degli studi
(quote %; 2013 )
Italia

17%

Regno Unito

13%

Francia

12%

Germania

10%

Media UE

12%
0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

Fonte: Istat

I dati dell’Eurostat, aggiornati al 2013, evidenziano come i giovani italiani che
abbandonano gli studi prematuramente ammontino al 17,1% del totale, un valore
superiore di 5 punti percentuali rispetto alla media Ue e che di fatto rende impossibile il
raggiungimento del target del 10% originariamente previsto per il 2013 dagli obiettivi di

4
5 marzo 2014

Europa 2020. Tra i grandi paesi europei il Regno Unito registra un tasso di abbandono
del 13,3%, la Francia dell’11,6%, mentre la Germania ha centrato l’obiettivo europeo
scendendo nel 2013 al 9,9% del totale.
L’abbandono prematuro degli studi si traduce anche in una percentuale di laureati
piuttosto contenuta. In Italia, i più giovani tendono ad avere un livello d’istruzione più
elevato rispetto ai concittadini più anziani. Nonostante la situazione italiana sia
migliorata nel corso degli ultimi anni, nella fascia d'età 25-34 anni i laureati ammontano
solo al 21% della popolazione a fronte di una media Ocse del 38%. Il dato, pari a meno
della metà rispetto a quelli francese, statunitense e britannico, colloca l’Italia al
penultimo posto tra i 34 Paesi dell'Ocse davanti solo alla Turchia (17%).
Laureati in età 25-34 anni
(in % sulla popolazione della corrispondente fascia di età)
50%

47%

45%

43%
38%

40%

Spagna

Francia

Stati Uniti

39%

Media
Ocse

43%

35%
30%
25%
20%

28%
21%

15%
10%
5%
0%
Italia

Germania

Regno
Unito

Fonte: Ocse

Prendendo in considerazione la popolazione tra i 15 e i 64 anni in Italia i laureati sono il
14%, un valore analogo a quello della Romania e superiore ancora una volta solo a
quello della Turchia (13%). I grandi paesi europei presentano valori molto più elevati:
25% per la Germania, 29% per la Francia, 30% per la Spagna e 35% per il Regno
Unito. La media Ue è pari al 25,1%.
I dati di primo accesso all’università segnalano una percentuale di giovani suscettibili
d’iscriversi a un programma di studi di livello universitario durante l’arco della loro vita
in aumento dal 39% nel 2000 al 50% nel 2002 e al 56% nel 2006, prima di diminuire al
48% nel 2011 a fronte di una media Ocse del 60%.
L’importanza della laurea come elemento qualificante per carriere professionali meglio
retribuite si è ridotta considerevolmente nel corso degli anni. A livello aggregato il
guadagno percentuale di un laureato rispetto a chi detiene un titolo di studio
secondario è pari al 48%, circa 10 punti percentuali in meno rispetto alla media Ocse. I
dati sui livelli di remunerazione indicano tuttavia che i giovani laureati trovano
difficilmente un lavoro in linea con il loro profilo professionale. I laureati nella classe di
età 25-34 anni guadagnano in Italia solo il 22% in più rispetto a chi nella stessa classe
di età ha conseguito un diploma di maturità, a fronte di un media Ocse superiore al
40%. Osservando la stessa dinamica tra i lavoratori nella classe di età 55-64 anni il
gap retributivo appare molto più accentuato: i laureati 55-64enni guadagnano il 68% in
più rispetto ai lavoratori della stessa classe di età che hanno conseguito un diploma di
scuola secondaria superiore, un valore solo di poco inferiore al 73% medio dei Paesi

5
5 marzo 2014

Ocse. In sostanza mentre le generazioni precedenti, a fronte di un investimento in
formazione universitaria, potevano beneficiare di livelli retributivi considerevolmente più
elevati rispetto a chi possedeva un titolo di studio secondario, la generazione attuale
dei giovani si confronta con un progressivo assottigliamento del differenziale
retributivo.
Anche il differenziale tra il potenziale di impiego di un laureato rispetto a quello di un
diplomato nell’ultimo decennio si è ridotto. I dati sull’occupazione segnalano come in
Italia tra il 2003 e il 2012 il tasso di occupazione dei laureati sia sceso dall'81% al 77%,
mentre quello dei diplomati è rimasto stabile al 64%. Tale dinamica appare in
controtendenza rispetto alla media dei paesi europei, nei quali oltre a livelli
occupazionali assoluti più elevati (82% per i laureati e 68% per i diplomati) rispetto al
2003 non si sono registrate flessioni.
I dati sull’occupazione segnalano un problema di tipo quantitativo, le difficoltà di
accesso al mondo del lavoro, cui occorre affiancare anche un problema di tipo
qualitativo, ossia le mansioni che i giovani laureati sono chiamati a svolgere. Il
fenomeno della sottoccupazione o dell’overqualification dei lavoratori interessa in modo
più evidente i giovani in età compresa fra i 25 ed i 34 anni. La percentuale degli italiani
in questa fascia di età che svolge mansioni di contenuto inferiore al proprio livello di
preparazione e istruzione supera il 42%, un valore molto elevato se confrontato con
quelli relativi al Regno Unito o alla Germania che non arrivano al 20%.
Percorsi formativi e inserimento nel mondo del lavoro: diplomati vs. laureati
Nel 2012 hanno fatto ingresso nel mercato del lavoro, offrendo disponibilità totale o
parziale a un impiego, circa 281mila diplomati con un’ampia prevalenza di diplomati
negli istituti tecnici (40,6% del totale), ai quali possono affiancarsi anche, come tipo di
formazione, coloro che hanno conseguito un titolo di istruzione secondaria in un istituto
professionale (18,5%). Si registra inoltre una percentuale elevata (29,2%) di diplomati
che entrano nel mondo del lavoro dopo il conseguimento della maturità classica,
scientifica o linguistica. Questo dato potrebbe sorprendere dal momento che
tradizionalmente i licei rappresentano un percorso formativo mirato all’inserimento
nell’università più che all’accesso nel mondo del lavoro. Osservando le dinamiche in
atto tra il 2007, anno di inizio della crisi economica, e il 2012 si osserva una notevole
flessione negli ingressi nel mondo del lavoro dei diplomati da istituti tecnicoprofessionali: quasi 1.900 in meno all’anno con diploma professionale e quasi 2.400 in
meno con diploma tecnico. In controtendenza invece la quota di ingressi dei giovani
diplomati liceali in crescita a una media dell’1,9% l’anno.
Questo andamento sembra nascere più che dalla fiducia nella possibilità di trovare
un’occupazione anche con un titolo professionalmente non abilitante, come il diploma
liceale, da una più generale sfiducia dei giovani nell’efficacia dei percorsi formativi
come fattori qualificanti per un migliore inserimento professionale.
I dati sulle immatricolazioni alle facoltà universitarie evidenziano in modo piuttosto
efficace questo fenomeno. Nel 2002 per ogni 100 maturi dell’anno precedente se ne
iscrivevano all’Università 73, nel 2012 tale numero è sceso a 58. In pratica, solo poco
più della metà di chi si è diplomato, si immatricola all’università nell’anno accademico
successivo.
Anche tra coloro che scelgono di continuare gli studi si registra un cambio
nell’orientamento di fondo. I giovani che si immatricolano all’università sembrano
prediligere sempre più indirizzi di studio scientifici o tecnici, segno anche di una
naturale predisposizione ai settori delle tecnologie e dell’innovazione. Tra il 2007 e il
2012, a fronte di un generale calo degli immatricolati del 9,5%, risultano in aumento

6
5 marzo 2014

dell’8% coloro che hanno scelto la facoltà di ingegneria, del 24% gli iscritti a discipline
agrarie e si riducono molto meno della media (-3%) gli immatricolati a facoltà del
gruppo scientifico. Nel medesimo arco temporale rilevanti flessioni caratterizzano
invece i gruppi politico-sociale (-26,5%), letterario (-21,3%) e medico (-12%).
Queste tendenze mostrano un adeguamento dei giovani all’evoluzione della domanda
di lavoro dal momento che i laureati in ingegneria e in materie matematiche e
scientifiche costituiscono (circa 16mila assunzioni non stagionali) il secondo gruppo di
assunzioni con titolo universitario programmate per il 2012 dalle imprese dell’industria
e dei servizi, appena al di sotto del gruppo di economia (circa17mila).
I dati evidenziano comunque un progressivo innalzamento del livello formativo dei
giovani occupati: tra il 2007 e il 2012, la quota degli occupati in età 15-34 anni è
aumentata di 3,6 punti percentuali per i laureati, e di 1,5 punti percentuali per i
diplomati a fronte di una contrazione pari a quasi cinque punti percentuali per i giovani
con la sola licenza media.
L’occupazione giovanile tra flessibilità e precarietà
Entrare nel mondo del lavoro è solo un primo passo per la stabilizzazione
professionale, dal momento che un numero sempre più elevato di giovani si trova a
fronteggiare l’instabilità del mercato del lavoro. Secondo i programmi occupazionali
delle imprese per il 2012, il 67,4% delle assunzioni non stagionali di giovani con meno
di 30 anni è a tempo determinato, a fronte del 46,6% per chi ha 30 anni o più.
Assunzioni stagionali di giovani under 30
programmate dalle imprese
(composizione percentuale)
50
45
40
35

40,6

39,9

37,2

37,5

41,9
40

44,3

43,9

40,5
38,7

38,9

37,4
32,6

30
25

45,8

22,2

22,6

20

21,6

20,8
18,1

16,8

18,7

15
2006

2007

Tempo indeterminato

2008

2009

2010

tempo determinato e altro

2011

2012

Apprendistato

Fonte: Unioncamere, Ministero del Lavoro

Uno degli effetti della crisi economica è stata la maggior difficoltà da parte delle
imprese ad effettuare una programmazione produttiva di medio e lungo periodo. Come
principale conseguenza i contratti “atipici” sono divenuti il principale canale di accesso
al lavoro, e la quota di lavoratori con contratto a tempo indeterminato tende a ridursi in
valore assoluto e a cambiare composizione, concentrandosi progressivamente sui
lavoratori in età più avanzata. Il canale contrattuale prevalente per l’assunzione dei
giovani è diventato quello dell’apprendistato (32,1%), che risponde alle esigenze da
parte delle imprese legate da un lato alla formazione dei giovani con contenuti

7
5 marzo 2014

professionali, dall’altro a cogliere i benefici legati all’utilizzo di tale forma contrattuale
come canale di inserimento nel lavoro.
Durante gli anni della crisi le imprese hanno fatto ampio ricorso a questa forma
contrattuale per l’inserimento dei lavoratori con meno di 30 anni. La quota di assunti
con contratto di apprendistato è passata infatti dal 18,1% del 2008 al 21,6% del 2012,
a fronte di una quota di assunzioni a tempo indeterminato che nel medesimo arco
temporale ha registrato una flessione dal 40% al 32,6%.
I giovani in cerca di occupazione rappresentano un gruppo con un livello di istruzione
spesso medio-alto a conferma di un capitale umano giovanile che rischia di restare
inespresso, soprattutto nella sua parte più istruita, con ricadute sulla crescita e sulla
competitività del Paese. ll progressivo spostamento della disoccupazione giovanile su
profili culturali più elevati, se da un lato segnala un aumento della qualità del capitale
umano non sfruttato, dall’altro rischia di accentuare il disagio sociale con possibili
ricadute sulla solidarietà intergenerazionale. L’attuazione di politiche e iniziative volte a
sostenere l’occupazione, quella giovanile in primo luogo, rappresenta un obiettivo
primario in termini non solo di politica economica ma anche e soprattutto di equità
sociale.

8
5 marzo 2014

Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori

Indice Itraxx Eu Financial

Indice Vix

400
60

350
300

50

250
40

200

30

150
100

20

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10

mar-11

0

Fonte: Thomson Reuters

Fonte: Thomson Reuters

I premi al rischio passano da 85 a 88 pb.

L’indice Vix nell’ultima settimana resta
stabile a quota 14.

Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent

Prezzo dell’oro

(Usd per barile)

(Usd l’oncia)
2.000

130

1,5

1.900

125

1,45

1.800

1,4

1.700

mar-14

nov-13

gen-14

set-13

lug-13

mar-13

mag-13

dic-13

nov-12

lug-13

gen-13

feb-13

set-12

set-12

lug-12

apr-12

1.200

mar-12

nov-11

1,15

1.300

mag-12

giu-11

1,2

Cambio euro/dollaro sc.ds.

nov-11

90
gen-11

Brent scala sin.(in Usd)

gen-12

95

1.400

set-11

1,25

100

1.500

lug-11

1,3

105

1.600

mar-11

1,35

110

mag-11

115

gen-11

120

Fonte: Thomson Reuters

Fonte: Thomson Reuters

Il tasso di cambio €/$ a 1,38. Il petrolio di qualità
Brent quota $109 al barile.

Il prezzo dell’oro raggiunge i 1.300 dollari
l’oncia.

9
5 marzo 2014

Borsa italiana: indice Ftse Mib

Tassi dei benchmark decennali:
differenziale con la Germania
(punti base)

24.000

1.400

22.000

1.200
1.000

20.000

800

18.000

600
400

16.000

giu-11

nov-11

apr-12

set-12

feb-13

lug-13

Italia

dic-13

Spagna

Irlanda

gen-14

ott-13

lug-13

apr-13

gen-13

ott-12

lug-12

apr-12

gen-12

ott-11

lug-11

12.000
gen-11

0

apr-11

14.000

gen-11

200

Portogallo

Fonte: Thomson Reuters

Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati
Thomson Reuters

Il Ftse Mib resta stabile a 20.400 pb.

I differenziali con il Bund sono pari a 324 pb
per il Portogallo, 144 pb per l’Irlanda, 184 pb
per la Spagna e 182 pb per l’Italia.

Indice Baltic Dry

Euribor 3 mesi
(val. %)

12.000

6

10.000

5

8.000

4

2

2.000

1

0

0

set-06
gen-07
mag-07
set-07
gen-08
mag-08
set-08
gen-09
mag-09
set-09
gen-10
mag-10
set-10
gen-11
mag-11
set-11
gen-12
mag-12
set-12
gen-13
mag-13
set-13
gen-14

3

4.000

gen-08
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6.000

Fonte: Thomson Reuters

Fonte: Thomson Reuters

L’indice Baltic Dry nell’ultima settimana
continua a scendere sotto quota 2.000.

L’euribor 3m resta stabile a 0,30%.

Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNLGruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP
Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in
questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato
divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere
considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come
un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.

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  • 1. Banca Nazionale del Lavoro Gruppo BNP Paribas Via Vittorio Veneto 119 00187 Roma Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 159/2002 del 9/4/2002 Le opinioni espresse non impegnano la responsabilità della banca. Laureati in età 25-34 anni (in % sulla popolazione della corrispondente fascia di età) 50% 47% 45% 43% 38% 40% Spagna Francia Stati Uniti 39% Media Ocse 43% 35% 30% 25% 20% 28% 21% 15% 10% 5% 0% Italia Germania Regno Unito Fonte: Ocse 08 5 marzo 2014 Direttore responsabile: Giovanni Ajassa tel. 0647028414 giovanni.ajassa@bnlmail.com Il difficile inserimento dei giovani nei percorsi occupazionali viene fotografato in modo efficace dal tasso di disoccupazione relativo alla fascia di età 15-24 anni. A fronte di un valore pari al 24% per la media dell’eurozona, in Italia si sale al 42,4%, più del doppio del Regno Unito e quasi 20 punti percentuali più della Francia. Tra il III trimestre 2008 e il III trimestre 2013 in Italia il numero degli occupati nella classe di età 15-34 anni si è ridotto di quasi 2 milioni, mentre per la classe 35-55 la contrazione è stata di 40 mila unità e per quella oltre i 55 anni si è registrato addirittura un incremento pari a oltre 800 mila lavoratori. Il canale contrattuale prevalente per l’assunzione dei giovani è diventato quello dell’apprendistato. La quota di assunti con contratto di apprendistato è passata infatti dal 18,1% del 2008 al 21,6% del 2012, a fronte di una quota di assunzioni a tempo indeterminato che nel medesimo arco temporale ha registrato una flessione dal 40% al 32,6%. Nonostante la situazione italiana sia migliorata nel corso degli ultimi anni, nella fascia d'età 25-34 anni i laureati ammontano solo al 21% della popolazione, un dato che colloca l’Italia al penultimo posto tra i 34 Paesi dell'Ocse, alla pari con l'Austria e davanti solo alla Turchia (17%). Valori molto contenuti considerando che la media Ocse è del 38% e quella della Ue del 35%.
  • 2. 5 marzo 2014 I giovani in Italia: formazione e lavoro S. Ambrosetti  06-47028055 – stefano.ambrosetti@bnlmail.com In Italia, come in molti altri paesi, le difficoltà dei giovani a inserirsi nel mondo del lavoro sono state accentuate dagli effetti della crisi economica. Tra il III trimestre 2008 e il III trimestre 2013 in Italia il numero degli occupati nella classe di età 15-34 anni si è ridotto di quasi 2 milioni, mentre per la classe 35-55 la contrazione è stata di 40 mila unità e per quella oltre i 55 anni si è registrato addirittura un incremento pari a oltre 800 mila lavoratori. Il difficile inserimento dei giovani nei percorsi occupazionali viene fotografato in modo efficace dal tasso di disoccupazione relativo alla fascia di età 15-24 anni. A fronte di un valore pari al 24% per la media dell’eurozona, in Italia si sale al 42,4%, più del doppio del Regno Unito (20%) e quasi 20 punti percentuali più della Francia. Tra i grandi paesi dell’eurozona solo la Spagna presenta un valore più elevato (54,6%). Nonostante la situazione italiana sia migliorata nel corso degli ultimi anni, nella fascia d'età 25-34 anni i laureati ammontano solo al 21% della popolazione, un dato che colloca l’Italia al penultimo posto tra i 34 Paesi dell'Ocse, alla pari con l'Austria e davanti solo alla Turchia (17%). Valori molto contenuti considerando che la media Ocse è del 38% e quella della Ue del 35%. L’importanza della laurea come elemento qualificante per carriere professionali meglio retribuite si è ridotta considerevolmente nel corso degli anni. I laureati nella classe di età 25-34 anni guadagnano in Italia solo il 22% in più rispetto a chi nella stessa classe di età ha conseguito un diploma di maturità, a fronte di una media Ocse superiore al 40%. Il canale contrattuale prevalente per l’assunzione dei giovani è diventato quello dell’apprendistato. La quota di assunti con contratto di apprendistato è passata infatti dal 18,1% del 2008 al 21,6% del 2012, a fronte di una quota di assunzioni a tempo indeterminato che nel medesimo arco temporale ha registrato una flessione dal 40% al 32,6%. In Italia le diverse dinamiche legate al mercato del lavoro a livello territoriale risentono anche di una distribuzione non omogenea dei giovani nel territorio. Nel Nord-Ovest l’incidenza degli under 35 sul totale della popolazione residente ammonta al 33,8% a fronte del 34,2% del Nord-est e del Centro e del 39,4% del Sud, con punte del 39,8% in Sicilia e del 42% in Campania. I giovani, la crisi e il lavoro In Italia, come in molti altri paesi, le difficoltà dei giovani a inserirsi nel mondo del lavoro sono state accentuate dagli effetti della crisi economica e della recessione. Alcuni elementi di criticità appaiono tuttavia di natura più strutturale. Con riguardo ai grandi paesi europei, i principali indicatori relativi al mercato del lavoro anche prima della crisi denotavano per l’Italia una situazione di relativo svantaggio, che nel tempo si è accentuata. I dati sulla disoccupazione indicano a gennaio 2014 un tasso di disoccupazione relativo alla popolazione in età lavorativa (15-64 anni) pari al 12,9%, un valore non troppo dissimile dal 12% medio dell’area euro, peggiore del 10,9% francese e lontano dai valori registrati dai paesi più virtuosi come il Regno Unito (7,2%) e la Germania, ma lontano anche dal 25,8% della Spagna. La popolazione attiva, che costituisce il denominatore di questo dato, contribuisce a rendere meno evidente il disagio 2
  • 3. 5 marzo 2014 occupazionale che caratterizza il mercato del lavoro italiano. Non entrano infatti nel calcolo del tasso di disoccupazione i cosiddeti “inattivi”, coloro cioè che non lavorano e non cercano lavoro, e che in Italia ammontano a 14,7 milioni, il 37% della popolazione nella fascia di età 15-64 anni. Il dato italiano è più elevato di quasi dieci punti percentuali rispetto a quello francese (28,7%) e a quello medio dell’area euro (28%), ancora più distante dal 26% della Spagna e dal 22-23% di Regno Unito e Germania. Il problema dell’inattività appare ancora più accentuato a livello giovanile. Se consideriamo la fascia di età 15-34 anni a livello nazionale sale al 49%, in pratica un giovane su due è inattivo. Il dato si presenta fortemente disomogeneo a livello territoriale, con valori del tasso di inattività giovanile che oscillano tra il 41% del Nord, per arrivare al 47% nel Centro e al 58% nel Sud. Il difficile inserimento dei giovani nei percorsi occupazionali viene fotografato in modo efficace dal tasso di disoccupazione relativo alla fascia di età 15-24 anni. A fronte di un valore pari al 24% per la media dell’eurozona, in Italia si sale al 42,4%, più del doppio del Regno Unito (20%) e quasi 20 punti percentuali più della Francia. Tra i grandi paesi dell’eurozona solo la Spagna presenta un valore più elevato (54,6%). Italia: variazione degli occupati per classe di età (dati in migliaia) 16.000 -40 14.000 13.482 13.442 12.000 -1.861 10.000 8.000 6.000 7.132 III T 2008 +812 III T2013 5.271 4.000 2.904 3.716 2.000 0 15-34 35-55 oltre 55 Fonte: Elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Istat Le dinamiche degli occupati per classi di età, durante gli anni della crisi economica, denotano uno svantaggio relativo per le classi più giovani. Tra il III trimestre 2008 e il III trimestre 2013 in Italia il numero degli occupati nella classe di età 15-34 anni si è ridotto di quasi 2 milioni, mentre per la classe 35-55 la contrazione è stata di 40mila unità e per quella oltre i 55 anni si è registrato addirittura un incremento pari a oltre 800 mila lavoratori. Nel 2013, il tasso di occupazione giovanile, relativo alla fascia di età compresa fra i 15 e i 34 anni, è risultato pari al 40%, un valore inferiore di oltre 15 punti percentuali rispetto a quello relativo all’intera popolazione attiva (55,6%) con rilevanti differenze territoriali. A fronte di un 50% di occupazione giovanile nel Nord e del 42,6% del Centro, la media nel Sud scende al 27,4%. Solo in sei regioni, tutte del Nord, il tasso di occupazione giovanile supera il 50%, e solo in due (Valle d’Aosta e Lombardia) il differenziale con il tasso di occupazione generale risulta inferiore a 11 punti percentuali. 3
  • 4. 5 marzo 2014 La distribuzione dei giovani sul territorio italiano In Italia le diverse dinamiche legate al mercato del lavoro a livello territoriale risentono, oltre che delle differenti opportunità professionali tra il Nord e il Sud del paese, anche di una distribuzione non omogenea dei giovani sul territorio. In prima approssimazione si registra una marcata differenza tra l’Italia centrosettentrionale e quella meridionale. Nel Nord-Ovest l’incidenza degli under 35 sul totale della popolazione residente ammonta al 33,8% a fronte del 34,2% del Nord-est e del Centro e del 39,4% del Sud, con punte del 39,8% in Sicilia e del 42% in Campania. Nelle grandi aree urbane del Mezzogiorno si concentrano elevate quote di giovani: nella provincia di Napoli i giovani con meno di 35 anni arrivano al 43,4% della popolazione; valori superiori al 40%, si riscontrano anche a Catania e Palermo. Nelle grandi città del Centro-Nord invece si rileva una maggiore concentrazione di giovani nei centri piccoli e medi che orbitano intorno alle grandi aree urbane: nella provincia di Roma, nell’insieme, i giovani rappresentano il 35% della popolazione, ma in alcuni comuni circostanti la concentrazione supera il 40%. Anche nella provincia di Milano la percentuale dei giovani (33,6%) risulta inferiore a quella dei maggiori centri dell’hinterland milanese (ad esempio, Lodi e Monza in cui i valori salgono al 36%). La formazione dei giovani: ancora pochi laureati Una delle criticità per l’inserimento nel modo del lavoro attiene alle difficoltà incontrate dal sistema formativo ed educativo nel rispondere alle esigenze espresse dalla domanda di lavoro delle imprese. Questo disallineamento incide in maniera significativa anche sul grado di permanenza dei giovani all’interno del sistema formativo. Elevati tassi di abbandono prematuro del sistema formativo incidono sul livello complessivo di istruzione dei giovani che approcciano al mercato del lavoro. Tasso di abbandono prematuro degli studi (quote %; 2013 ) Italia 17% Regno Unito 13% Francia 12% Germania 10% Media UE 12% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% Fonte: Istat I dati dell’Eurostat, aggiornati al 2013, evidenziano come i giovani italiani che abbandonano gli studi prematuramente ammontino al 17,1% del totale, un valore superiore di 5 punti percentuali rispetto alla media Ue e che di fatto rende impossibile il raggiungimento del target del 10% originariamente previsto per il 2013 dagli obiettivi di 4
  • 5. 5 marzo 2014 Europa 2020. Tra i grandi paesi europei il Regno Unito registra un tasso di abbandono del 13,3%, la Francia dell’11,6%, mentre la Germania ha centrato l’obiettivo europeo scendendo nel 2013 al 9,9% del totale. L’abbandono prematuro degli studi si traduce anche in una percentuale di laureati piuttosto contenuta. In Italia, i più giovani tendono ad avere un livello d’istruzione più elevato rispetto ai concittadini più anziani. Nonostante la situazione italiana sia migliorata nel corso degli ultimi anni, nella fascia d'età 25-34 anni i laureati ammontano solo al 21% della popolazione a fronte di una media Ocse del 38%. Il dato, pari a meno della metà rispetto a quelli francese, statunitense e britannico, colloca l’Italia al penultimo posto tra i 34 Paesi dell'Ocse davanti solo alla Turchia (17%). Laureati in età 25-34 anni (in % sulla popolazione della corrispondente fascia di età) 50% 47% 45% 43% 38% 40% Spagna Francia Stati Uniti 39% Media Ocse 43% 35% 30% 25% 20% 28% 21% 15% 10% 5% 0% Italia Germania Regno Unito Fonte: Ocse Prendendo in considerazione la popolazione tra i 15 e i 64 anni in Italia i laureati sono il 14%, un valore analogo a quello della Romania e superiore ancora una volta solo a quello della Turchia (13%). I grandi paesi europei presentano valori molto più elevati: 25% per la Germania, 29% per la Francia, 30% per la Spagna e 35% per il Regno Unito. La media Ue è pari al 25,1%. I dati di primo accesso all’università segnalano una percentuale di giovani suscettibili d’iscriversi a un programma di studi di livello universitario durante l’arco della loro vita in aumento dal 39% nel 2000 al 50% nel 2002 e al 56% nel 2006, prima di diminuire al 48% nel 2011 a fronte di una media Ocse del 60%. L’importanza della laurea come elemento qualificante per carriere professionali meglio retribuite si è ridotta considerevolmente nel corso degli anni. A livello aggregato il guadagno percentuale di un laureato rispetto a chi detiene un titolo di studio secondario è pari al 48%, circa 10 punti percentuali in meno rispetto alla media Ocse. I dati sui livelli di remunerazione indicano tuttavia che i giovani laureati trovano difficilmente un lavoro in linea con il loro profilo professionale. I laureati nella classe di età 25-34 anni guadagnano in Italia solo il 22% in più rispetto a chi nella stessa classe di età ha conseguito un diploma di maturità, a fronte di un media Ocse superiore al 40%. Osservando la stessa dinamica tra i lavoratori nella classe di età 55-64 anni il gap retributivo appare molto più accentuato: i laureati 55-64enni guadagnano il 68% in più rispetto ai lavoratori della stessa classe di età che hanno conseguito un diploma di scuola secondaria superiore, un valore solo di poco inferiore al 73% medio dei Paesi 5
  • 6. 5 marzo 2014 Ocse. In sostanza mentre le generazioni precedenti, a fronte di un investimento in formazione universitaria, potevano beneficiare di livelli retributivi considerevolmente più elevati rispetto a chi possedeva un titolo di studio secondario, la generazione attuale dei giovani si confronta con un progressivo assottigliamento del differenziale retributivo. Anche il differenziale tra il potenziale di impiego di un laureato rispetto a quello di un diplomato nell’ultimo decennio si è ridotto. I dati sull’occupazione segnalano come in Italia tra il 2003 e il 2012 il tasso di occupazione dei laureati sia sceso dall'81% al 77%, mentre quello dei diplomati è rimasto stabile al 64%. Tale dinamica appare in controtendenza rispetto alla media dei paesi europei, nei quali oltre a livelli occupazionali assoluti più elevati (82% per i laureati e 68% per i diplomati) rispetto al 2003 non si sono registrate flessioni. I dati sull’occupazione segnalano un problema di tipo quantitativo, le difficoltà di accesso al mondo del lavoro, cui occorre affiancare anche un problema di tipo qualitativo, ossia le mansioni che i giovani laureati sono chiamati a svolgere. Il fenomeno della sottoccupazione o dell’overqualification dei lavoratori interessa in modo più evidente i giovani in età compresa fra i 25 ed i 34 anni. La percentuale degli italiani in questa fascia di età che svolge mansioni di contenuto inferiore al proprio livello di preparazione e istruzione supera il 42%, un valore molto elevato se confrontato con quelli relativi al Regno Unito o alla Germania che non arrivano al 20%. Percorsi formativi e inserimento nel mondo del lavoro: diplomati vs. laureati Nel 2012 hanno fatto ingresso nel mercato del lavoro, offrendo disponibilità totale o parziale a un impiego, circa 281mila diplomati con un’ampia prevalenza di diplomati negli istituti tecnici (40,6% del totale), ai quali possono affiancarsi anche, come tipo di formazione, coloro che hanno conseguito un titolo di istruzione secondaria in un istituto professionale (18,5%). Si registra inoltre una percentuale elevata (29,2%) di diplomati che entrano nel mondo del lavoro dopo il conseguimento della maturità classica, scientifica o linguistica. Questo dato potrebbe sorprendere dal momento che tradizionalmente i licei rappresentano un percorso formativo mirato all’inserimento nell’università più che all’accesso nel mondo del lavoro. Osservando le dinamiche in atto tra il 2007, anno di inizio della crisi economica, e il 2012 si osserva una notevole flessione negli ingressi nel mondo del lavoro dei diplomati da istituti tecnicoprofessionali: quasi 1.900 in meno all’anno con diploma professionale e quasi 2.400 in meno con diploma tecnico. In controtendenza invece la quota di ingressi dei giovani diplomati liceali in crescita a una media dell’1,9% l’anno. Questo andamento sembra nascere più che dalla fiducia nella possibilità di trovare un’occupazione anche con un titolo professionalmente non abilitante, come il diploma liceale, da una più generale sfiducia dei giovani nell’efficacia dei percorsi formativi come fattori qualificanti per un migliore inserimento professionale. I dati sulle immatricolazioni alle facoltà universitarie evidenziano in modo piuttosto efficace questo fenomeno. Nel 2002 per ogni 100 maturi dell’anno precedente se ne iscrivevano all’Università 73, nel 2012 tale numero è sceso a 58. In pratica, solo poco più della metà di chi si è diplomato, si immatricola all’università nell’anno accademico successivo. Anche tra coloro che scelgono di continuare gli studi si registra un cambio nell’orientamento di fondo. I giovani che si immatricolano all’università sembrano prediligere sempre più indirizzi di studio scientifici o tecnici, segno anche di una naturale predisposizione ai settori delle tecnologie e dell’innovazione. Tra il 2007 e il 2012, a fronte di un generale calo degli immatricolati del 9,5%, risultano in aumento 6
  • 7. 5 marzo 2014 dell’8% coloro che hanno scelto la facoltà di ingegneria, del 24% gli iscritti a discipline agrarie e si riducono molto meno della media (-3%) gli immatricolati a facoltà del gruppo scientifico. Nel medesimo arco temporale rilevanti flessioni caratterizzano invece i gruppi politico-sociale (-26,5%), letterario (-21,3%) e medico (-12%). Queste tendenze mostrano un adeguamento dei giovani all’evoluzione della domanda di lavoro dal momento che i laureati in ingegneria e in materie matematiche e scientifiche costituiscono (circa 16mila assunzioni non stagionali) il secondo gruppo di assunzioni con titolo universitario programmate per il 2012 dalle imprese dell’industria e dei servizi, appena al di sotto del gruppo di economia (circa17mila). I dati evidenziano comunque un progressivo innalzamento del livello formativo dei giovani occupati: tra il 2007 e il 2012, la quota degli occupati in età 15-34 anni è aumentata di 3,6 punti percentuali per i laureati, e di 1,5 punti percentuali per i diplomati a fronte di una contrazione pari a quasi cinque punti percentuali per i giovani con la sola licenza media. L’occupazione giovanile tra flessibilità e precarietà Entrare nel mondo del lavoro è solo un primo passo per la stabilizzazione professionale, dal momento che un numero sempre più elevato di giovani si trova a fronteggiare l’instabilità del mercato del lavoro. Secondo i programmi occupazionali delle imprese per il 2012, il 67,4% delle assunzioni non stagionali di giovani con meno di 30 anni è a tempo determinato, a fronte del 46,6% per chi ha 30 anni o più. Assunzioni stagionali di giovani under 30 programmate dalle imprese (composizione percentuale) 50 45 40 35 40,6 39,9 37,2 37,5 41,9 40 44,3 43,9 40,5 38,7 38,9 37,4 32,6 30 25 45,8 22,2 22,6 20 21,6 20,8 18,1 16,8 18,7 15 2006 2007 Tempo indeterminato 2008 2009 2010 tempo determinato e altro 2011 2012 Apprendistato Fonte: Unioncamere, Ministero del Lavoro Uno degli effetti della crisi economica è stata la maggior difficoltà da parte delle imprese ad effettuare una programmazione produttiva di medio e lungo periodo. Come principale conseguenza i contratti “atipici” sono divenuti il principale canale di accesso al lavoro, e la quota di lavoratori con contratto a tempo indeterminato tende a ridursi in valore assoluto e a cambiare composizione, concentrandosi progressivamente sui lavoratori in età più avanzata. Il canale contrattuale prevalente per l’assunzione dei giovani è diventato quello dell’apprendistato (32,1%), che risponde alle esigenze da parte delle imprese legate da un lato alla formazione dei giovani con contenuti 7
  • 8. 5 marzo 2014 professionali, dall’altro a cogliere i benefici legati all’utilizzo di tale forma contrattuale come canale di inserimento nel lavoro. Durante gli anni della crisi le imprese hanno fatto ampio ricorso a questa forma contrattuale per l’inserimento dei lavoratori con meno di 30 anni. La quota di assunti con contratto di apprendistato è passata infatti dal 18,1% del 2008 al 21,6% del 2012, a fronte di una quota di assunzioni a tempo indeterminato che nel medesimo arco temporale ha registrato una flessione dal 40% al 32,6%. I giovani in cerca di occupazione rappresentano un gruppo con un livello di istruzione spesso medio-alto a conferma di un capitale umano giovanile che rischia di restare inespresso, soprattutto nella sua parte più istruita, con ricadute sulla crescita e sulla competitività del Paese. ll progressivo spostamento della disoccupazione giovanile su profili culturali più elevati, se da un lato segnala un aumento della qualità del capitale umano non sfruttato, dall’altro rischia di accentuare il disagio sociale con possibili ricadute sulla solidarietà intergenerazionale. L’attuazione di politiche e iniziative volte a sostenere l’occupazione, quella giovanile in primo luogo, rappresenta un obiettivo primario in termini non solo di politica economica ma anche e soprattutto di equità sociale. 8
  • 9. 5 marzo 2014 Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori Indice Itraxx Eu Financial Indice Vix 400 60 350 300 50 250 40 200 30 150 100 20 50 gen-14 mar-14 set-13 nov-13 lug-13 mag-13 gen-13 mar-13 set-12 nov-12 lug-12 mag-12 gen-12 mar-12 set-11 nov-11 lug-11 mag-11 gen-11 0 mar-11 gen-14 mar-14 set-13 nov-13 lug-13 mag-13 gen-13 mar-13 set-12 nov-12 lug-12 mag-12 gen-12 mar-12 set-11 nov-11 lug-11 mag-11 gen-11 10 mar-11 0 Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters I premi al rischio passano da 85 a 88 pb. L’indice Vix nell’ultima settimana resta stabile a quota 14. Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent Prezzo dell’oro (Usd per barile) (Usd l’oncia) 2.000 130 1,5 1.900 125 1,45 1.800 1,4 1.700 mar-14 nov-13 gen-14 set-13 lug-13 mar-13 mag-13 dic-13 nov-12 lug-13 gen-13 feb-13 set-12 set-12 lug-12 apr-12 1.200 mar-12 nov-11 1,15 1.300 mag-12 giu-11 1,2 Cambio euro/dollaro sc.ds. nov-11 90 gen-11 Brent scala sin.(in Usd) gen-12 95 1.400 set-11 1,25 100 1.500 lug-11 1,3 105 1.600 mar-11 1,35 110 mag-11 115 gen-11 120 Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters Il tasso di cambio €/$ a 1,38. Il petrolio di qualità Brent quota $109 al barile. Il prezzo dell’oro raggiunge i 1.300 dollari l’oncia. 9
  • 10. 5 marzo 2014 Borsa italiana: indice Ftse Mib Tassi dei benchmark decennali: differenziale con la Germania (punti base) 24.000 1.400 22.000 1.200 1.000 20.000 800 18.000 600 400 16.000 giu-11 nov-11 apr-12 set-12 feb-13 lug-13 Italia dic-13 Spagna Irlanda gen-14 ott-13 lug-13 apr-13 gen-13 ott-12 lug-12 apr-12 gen-12 ott-11 lug-11 12.000 gen-11 0 apr-11 14.000 gen-11 200 Portogallo Fonte: Thomson Reuters Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Thomson Reuters Il Ftse Mib resta stabile a 20.400 pb. I differenziali con il Bund sono pari a 324 pb per il Portogallo, 144 pb per l’Irlanda, 184 pb per la Spagna e 182 pb per l’Italia. Indice Baltic Dry Euribor 3 mesi (val. %) 12.000 6 10.000 5 8.000 4 2 2.000 1 0 0 set-06 gen-07 mag-07 set-07 gen-08 mag-08 set-08 gen-09 mag-09 set-09 gen-10 mag-10 set-10 gen-11 mag-11 set-11 gen-12 mag-12 set-12 gen-13 mag-13 set-13 gen-14 3 4.000 gen-08 apr-08 lug-08 ott-08 gen-09 apr-09 lug-09 ott-09 gen-10 apr-10 lug-10 ott-10 gen-11 apr-11 lug-11 ott-11 gen-12 apr-12 lug-12 ott-12 gen-13 apr-13 lug-13 ott-13 gen-14 6.000 Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters L’indice Baltic Dry nell’ultima settimana continua a scendere sotto quota 2.000. L’euribor 3m resta stabile a 0,30%. Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNLGruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari. 10