Secondo l’Oxford Dictionary la parola dell’anno per il 2016 è “post-verità”. Il termine “post-verità” si riferisce “a circostanze in cui i fatti oggettivi sono meno influenti degli appelli a emozioni e credenze personali nel formare l'opinione pubblica”. Questo fenomeno ha avuto particolare risonanza in occasione di vicende importanti a livello internazionale come il referendum sulla Brexit e l’elezione di Donald Trump, ma ha anche molto a che fare con la nostra esperienza quotidiana su Internet e sui social network. L'esplosione della post-verità e il fatto che l'opinione pubblica appaia particolarmente sensibile ad essa e poco incline alle verifiche fanno sì che quello delle “bufale” sia diventato un gigantesco business con cui alcuni siti realizzano grandi guadagni. Dall’altro lato, i singoli individui (anche coloro che sono dotati di strumenti intellettuali e critici) navigano sempre più a vista nel costruirsi quella che viene definita un’opinione informata, che è poi considerata la condizione primaria di una democrazia in buona salute.
In questa presentazione si proverà a comprendere com’è cambiato il processo di costruzione della conoscenza e il rapporto tra fatti e opinioni dopo l’avvento di Internet, facendo riferimento in particolare al volume di David Weinberger, Too big to know, pubblicato nel 2011 e tradotto in italiano con il titolo La stanza intelligente. L’obiettivo è quello di analizzare il fenomeno in maniera non ideologica per abbracciarne la complessità ed evitare risposte semplicistiche e scontate, nonché di interrogarsi su quale ruolo possano avere in questo mutato contesto le professioni tradizionalmente votate alla formazione e alla mediazione informativa, come insegnanti, giornalisti, bibliotecari.