2. Il contenuto della direttiva
• Obiettivi delle Istituzioni comunitarie:
1) incoraggiamento del ritorno «volontario»
2) previsione di una durata massima di detenzione
3) definizione standards minimi per le condizioni di vita nei centri di accoglienza
• Quanto sopra imponendo agli stati membri:
1) il divieto di introdurre norme meno favorevoli
2) l’obbligo di recepimento entro 24 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta.
La direttiva 2008/115 CE è stata
approvata con:
Nel frontespizio della direttiva viene inoltre ricordato che:
«Il Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 ha sollecitato l’istituzione di un’efficace
politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme
comuni affinché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti
fondamentali e della loro dignità.»
2
3. La direttiva nel dettaglio - 1
• Ambito di Applicazione:
La direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi in posizione irregolare nel territorio di uno Stato membro,
salvo quelli che lo stesso Stato membro può escludere se soggetti a
a)respingimento alla frontiera
b)fermati o scoperti dalle competenti autorità ad attraversare la frontiera esterna dello stato membro.
N.B: Non si applica ai sottoposti a procedure di estradizione e ai sottoposti al rimpatrio con sanzione
penale.
Precisando che:
«È opportuno che gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare dei cittadini di paesi
terzi secondo una procedura equa e trasparente. In conformità dei principi generali del diritto
dell'Unione europea, le decisioni ai sensi della presente direttiva dovrebbero essere adottate caso per
caso e tenendo conto di criteri obiettivi, non limitandosi quindi a prendere in considerazione il semplice
fatto del soggiorno irregolare. Quando utilizzano modelli uniformi per le decisioni connesse al rimpatrio,
vale a dire le decisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d'ingresso e le decisioni di
allontanamento, gli Stati membri dovrebbero rispettare tale principio e osservare pienamente tutte le
disposizioni applicabili della presente direttiva.»
Al momento di applicare la direttiva, debbono poi essere tenuti in considerazione:
1) l’interesse superiore del minore
2) La vita familiare e le condizioni di salute del soggetto
3) Si deve rispettare il «principio di non-refoulement»
Nota: il quale, essendo un principio di diritto internazionale consuetudinario, è efficace e vincolante «erga omnes»
3
4. La direttiva nel dettaglio - 2
• La decisione di rimpatrio:
In base al compromesso, una decisione di rimpatrio deve anzitutto fissare «un periodo congruo» per la partenza volontaria
che abbia una durata compresa tra sette giorni e trenta giorni e, se la legislazione nazionale prevede che tale periodo sia
concesso unicamente su richiesta, devono informare gli interessati di questa possibilità. E' inoltre possibile prorogare tale
periodo per tenere conto delle circostanze specifiche del singolo caso, quali «la durata del soggiorno, l'esistenza di figli che
frequentano la scuola e l'esistenza di altri legami familiari e sociali».
Per la durata del periodo in questione, possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come l'obbligo di
presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna dei documenti o
l’obbligo di dimorare in un determinato luogo. In questo caso e in caso di domanda per ottenere il soggiorno regolare
manifestamente fraudolenta, gli Stati membri «possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o
concederne uno inferiore a sette giorni».
La direttiva precisa che se gli Stati membri ricorrono - «in ultima istanza» - a misure coercitive per allontanare un cittadino di
un paese terzo che oppone resistenza, tali misure dovranno essere «proporzionate», non potranno eccedere «un uso
ragionevole della forza» e dovranno essere attuate, conformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale, «in
ottemperanza ai diritti fondamentali e nel debito rispetto della dignità e dell'integrità fisica del cittadino».
Ulteriori deroghe sono previste nel caso di minore non accompagnato.
La direttiva prevede che provvedimenti di allontanamento comportino un divieto di reingresso per una durata che non può
superare cinque anni se non è stato concesso il periodo di ritorno volontario o se l'obbligo di rimpatrio non è stato rispettato.
D'altra parte, è prevista la possibilità di prolungare oltre i cinque anni tale divieto se il cittadino in questione «rappresenta una
grave minaccia per l'ordine pubblico, per la sicurezza pubblica o per la sicurezza nazionale». Gli Stati membri possono però
astenersi dall'imporre un divieto di ingresso, revocarlo o sospenderlo in singoli casi, per motivi umanitari o per altri motivi.
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5. La direttiva nel dettaglio - 3
• La «vita» nel paese membro
la direttiva consente agli stati membri di trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di
rimpatrio soltanto per «preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento» e per un periodo a
discrezione della legislazione nazionale, ma non superiore a sei mesi; prolungabili per un massimo di altri
dodici per «mancata collaborazione del cittadino di un paese straniero o ritardi nell’ottenimento di
necessaria documentazione da terzi.
Per la stessa decisione di trattenimento la normativa nazionale deve prevedere un ricorso.
Previa autorizzazione, le pertinenti e competenti organizzazioni e organismi internazionali devono avere
la possibilità di accedere ai centri di permanenza temporanea, va assicurato il pronto soccorso e
l’assistenza essenziale alle malattie
Le famiglie trattenute devono poter usufruire di una sistemazione separata che «assicuri loro un adeguato
rispetto alla vita privata»
• La tutela
La decisione di rimpatrio e - se prese - la decisione di divieto di ingresso e la decisione di allontanamento dovranno essere
adottate in forma scritta, dovranno essere motivate e informare sulle modalità di impugnazione disponibili. Se richiesto, gli Stati
membri sono anche tenuti a tradurre (per iscritto o oralmente) i principali elementi delle decisioni «in una lingua comprensibile
per il cittadino» interessato.
Alla persona interessata, dovranno essere concessi «mezzi di ricorso effettivo» contro le decisioni connesse al rimpatrio, o per
chiederne la revisione dinanzi ad un'autorità giudiziaria o amministrativa competente e indipendente che avrebbero la facoltà di
rivedere decisioni, «compresa la possibilità di sospenderne temporaneamente l'esecuzione, a meno che la sospensione
temporanea sia già applicabile ai sensi del diritto interno». Il cittadino deve inoltre avere la facoltà di farsi consigliare e
rappresentare da un legale e può, se necessario, avvalersi di un’assistenza linguistica. Se non dispone di risorse sufficienti, gli
Stati membri, su sua richiesta, devo garantire un'assistenza legale gratuita in base alla pertinente normativa nazionale in
materia e alle condizioni fissate dalla direttiva europea sulle procedure in materia di asilo.
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6. • A quanto detto fin qui, sia aggiunge che la direttiva prevede la possibilità, in
situazioni di emergenza , di
«accordare per il riesame giudiziario periodi di tempo superiori e prendere di misure urgenti
quanto alle condizioni di trattenimento. E' peraltro precisato che ciò non autorizza gli Stati
membri a derogare al loro obbligo generale di adottare «tutte le misure di carattere generale
e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva».
nel caso in cui un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi
terzi da rimpatriare comporta un notevole aggravio imprevisto per la
capacità dei centri di permanenza temporanea di uno Stato membro o per
il suo personale amministrativo o giudiziario.
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7. Breve panoramica delle modifiche alla cd «legge Turco-
Napolitano» - 1
• La legislazione sull’immigrazione è un complesso articolato e vasto di norme, cui è stata regolazione
sistematica solamente a partire dal 1990, con la cd legge Martelli!
• L’atto normativo di riferimento e più importante fonte di disciplina della materia è indubbiamente il
d.lgs 286/1998; anche detta Legge «Turco-Napolitano».
Precedentemente alla legge Turco-Napolitano (Ottobre 1998), troviamo la l.40/1998 (Marzo
1998) recante titolo «Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero».
Per queste norme è intervenuta l’abrogazione per nuova regolamentazione della materia.
Il disposto del d.lgs 286/1998 è stato oggetto di una serie impressionante di modifiche da parte del
legislatore; varato nel 1998, sono state introdotte nell’ordinamento delle disposizioni correttive
con il d.lgs 113/1999; la Corte Cost è intervenuta, nel 2000, dichiarando l’illegittimità dell’art. 19,
comma2, lett d) del dl.gs 286/1998
Anno capitale per l’analisi è il 2002, quando viene pubblicata e introdotta la nota legge «Bossi-Fini»,
l. 189/2002, che tra le altre cose interrompe la reiterazione automatica del decreto flussi (che il
Governo deve emanare su base annuale) e stabilisce il principio che lo straniero, per entrare in
Italia, necessita di essere titolare di un contratto di lavoro stipulato ai sensi dell’art. 5-bis d.lgs
286/1998 e succ modificazioni. Complessivamente, la l.189/2002 modifica la legge Turco
Napolitano in circa 40 punti; determinando quindi quasi una riscrittura dell’atto.
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8. Breve panoramica delle modifiche alla cd «legge Turco-
Napolitano» - 2
• L’art. 1 d.l 195/2002 introduce poi una prima «sanatoria», consentendo che
«Chiunque, nell'esercizio di un'attivita' di impresa sia in forma individuale che societaria, ha occupato, nei tre mesi antecedenti la data
di entrata in vigore del presente decreto, alle proprie dipendenze lavoratori extracomunitari in posizione irregolare, puo' denunciare,
entro trenta giorni dalla medesima data, la sussistenza del rapporto di lavoro alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo
competente per territorio»
e disponendo che
«Nei dieci giorni successivi alla comunicazione della mancanza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 4,
la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo invita le parti a presentarsi per stipulare il contratto di soggiorno per lavoro subordinato e
per il contestuale rilascio del permesso di soggiorno, permanendo le condizioni soggettive di cui al comma 4.»
• Dopo l’attuazione, con d.lgs 87/2003, della direttiva 2001/51/CE; nel 2004 vi sono state due pronunce della Consulta che hanno
dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 13, comma 5-bis e 14, comma 5-quinquies.
• L’articolo 13 del TU sull’immigrazione (d.lgs 286/1998, che disciplina l’espulsione amministrativa, è poi stato modificato dall’art.1 d.l
241/2004 (convertito con modificazioni nella l.271/2004); e successivamente dichiarato incostituzionale nel suo comma 13-bis dalla
Corte Costituzionale con S.466/2005
• Nel 2007 (d.lgs. 5/2007), per l’attuazione della direttiva 2003/86/CE, il TU sull’immigrazione è stato sottoposto nuovamente ad
importanti modifiche: tutto questo come si vede facilmente dalle date, con grande ritardo rispetto al dettato della direttiva CE. La
situazione risulta ancora più ingarbugliata se si pensa che lo stesso decreto legislativo (che modifica il TU sull’immigrazione) è stato
oggetto di modifica da parte del d.lgs 160/2008.
• Nel 2008 vi è il recepimento della direttiva 2005/71/CR relativamente a «una procedura specificamente concepita per l'ammissione di
cittadini di Paesi terzi a fini di ricerca scientifica» e due pronunce di illegittimità costituzionale degli artt. 13, comma 8 e 9, comma 1.
• Nel 2009 vi è poi la curiosa pronuncia della Corte Costituzionale relativamente all’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1 d.lgs
286/1998, già dichiarato incostituzionale nel 2008!
Sempre nel 2009 entra in vigore la l. 94/2009, che reca titolo generico «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica.» e che introduce
misure restrittive per l’ingresso per lavoro.
• Con il d.l. 89/2011, infine, vengono attuate le cd direttive 2004/38/CE e 2008/115/CE, quest’ultima da qui in avanti direttiva rimpatri.
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9. L’attuazione tardiva ed erronea della direttiva
2008/115/CE - 1
• Gli artt. 3- 6 d.l. 89/2011 sono volti
all’attuazione della direttiva 2008/115/CE (il
testo è in allegato).
Pur tralasciando il rilevante inadempimento
dello Stato Italiano nei confronti dell’obbligo
di ricevimento dettato dalla direttiva (36 mesi
contro 24!), sembra che le norme in oggetto
non la abbiano attuata secondo lo spirito e gli
obiettivi indicati sopra e ribaditi dalla direttiva.
In particolare:
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10. L’attuazione tardiva ed erronea della direttiva
2008/115/CE – 2: L’ESPULSIONE DELLO STRANIERO
IERREGOLARE
1. Per quanto riguarda l’espulsione del soggetto:
L’approccio, molto chiaro nella direttiva
europea, case by case (e introdotto nel d.lgs
286/1998 e succ modific. con l’art. 3, comma 1,
lett c) è stato vanificato dall’implementazione di
nuove ipotesi «tipiche» di espulsione
amministrativa e, soprattutto, dalla nuova
formulazione del comma 4 e dall’introduzione
del comma 4-bis (art. 3, comma 3 e 4 d.l.
89/2011) all’art. 13 del TU sull’immigrazione,
che recita ora:
10
11. Art. 13, comma 2 Art. 13, comma 4 Art. 13 ,comma 4-bis
2. L'espulsione e' disposta dal prefetto,
caso per caso, quando lo straniero:
a) e' entrato nel territorio dello Stato
sottraendosi ai controlli di frontiera e non
e' stato respinto ai sensi dell'articolo 10; b)
si e' trattenuto nel territorio dello Stato in
assenza della comunicazione di cui
all'articolo 27, comma 1-bis, o senza avere
richiesto il permesso di soggiorno nel
termine prescritto, salvo che il ritardo sia
dipeso da forza maggiore, ovvero quando
il permesso di soggiorno e' stato revocato
o annullato o rifiutato ovvero e' scaduto
da piu' di sessanta giorni e non ne e' stato
chiesto il rinnovo ovvero se lo straniero si
e' trattenuto sul territorio dello Stato in
violazione dell'articolo 1, comma 3, della
legge 28 maggio 2007, n. 68; c) appartiene
a taluna delle categorie indicate
nell'articolo 1 della legge 27 dicembre
1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo
2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o
nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965,
n. 575, come sostituito dall'articolo 13
della legge 13 settembre 1982, n. 646.
4. L'espulsione e' eseguita dal questore
con accompagnamento alla frontiera a
mezzo della forza pubblica: a) nelle
ipotesi di cui ai commi 1 e 2, lettera c), del
presente articolo ovvero all'articolo 3,
comma 1, del decreto-legge 27 luglio
2005, n. 144, convertito, con
modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005,
n. 155; b) quando sussiste il rischio di fuga,
di cui al comma 4-bis; c) quando la
domanda di permesso di soggiorno e'
stata respinta in quanto manifestamente
infondata o fraudolenta; d) qualora, senza
un giustificato motivo, lo straniero non
abbia osservato il termine concesso per la
partenza volontaria, di cui al comma 5; e)
quando lo straniero abbia violato anche
una delle misure di cui al comma 5.2 e di
cui all'articolo 14, comma 1-bis; f) nelle
ipotesi di cui agli articoli 15 e 16 e nelle
altre ipotesi in cui sia stata disposta
l'espulsione dello straniero come sanzione
penale o come conseguenza di una
sanzione penale; g) nell'ipotesi di cui al
comma 5.1.
4-bis. Si configura il rischio di fuga di cui al
comma 4, lettera b), qualora ricorra
almeno una delle seguenti circostanze da
cui il prefetto accerti, caso per caso, il
pericolo che lo straniero possa sottrarsi
alla volontaria esecuzione del
provvedimento di espulsione: a) mancato
possesso del passaporto o di altro
documento equipollente, in corso di
validita'; b) mancanza di idonea
documentazione atta a dimostrare la
disponibilita' di un alloggio ove possa
essere agevolmente rintracciato; c) avere
in precedenza dichiarato o attestato
falsamente le proprie generalita'; d) non
avere ottemperato ad uno dei
provvedimenti emessi dalla competente
autorita', in applicazione dei commi 5 e
13, nonche' dell'articolo 14; e) avere
violato anche una delle misure di cui al
comma 5.2.
11
12. 1. La definizione di rischio di fuga
Relativamente alla definizione del rischio di fuga, ad esempio, la
direttiva lo definisce come
«la sussistenza in un caso individuale di motivi basati su criteri obiettivi
definiti dalla legge per ritenere che un cittadino di un paese terzo oggetto di
una procedura di rimpatrio possa tentare la fuga»
mentre, alla luce dell’attuazione data dal Governo in carica, la
normativa interna sancisce il rischio di fuga in caso, ad esempio:
a)di mancato possesso del passaporto o di altro documento equipollente, in
corso di validita'
b) mancanza di idonea documentazione atta a dimostrare la disponibilita' di
un alloggio ove possa essere agevolmente rintracciato
Empiricamente, avere la disponibilità di un alloggio e un passaparto in corso di
validità rende altamente improbabile che si rientri nel cd soggiorno irregolare,
ovvero nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/115/CE (in vero, un po’
vago).
Tale definizione sembra essere troppo ampia e, dunque, inutile, la fattispecie
astratta adottata dal legislatore italiano. 12
13. Nel caso (che la direttiva europea vorrebbe favorire) di
concessione di termine per la partenza volontaria, la
violazione di uno di queste misure che il questore ha
facoltà di adottare
«a) consegna del passaporto o altro documento equipollente in corso di validita', da restituire al momento
della partenza;
b) obbligo di dimora in un luogo preventivamente individuato, dove possa essere agevolmente rintracciato;
c) obbligo di presentazione, in giorni ed orari stabiliti, presso un ufficio della forza pubblica territorialmente
competente. Le misure di cui al secondo periodo sono adottate con provvedimento motivato, che ha effetto
dalla notifica all'interessato»
permette alla questura di ricorrere alla forza pubblica per
l’espulsione in virtù della sussistenza dell’ipotesi di
pericolo di fuga.
In ultima analisi dunque, l’azione autoritativa dello
Stato sembra prevalere sull’opposto meccanismo della
fiducia nella partenza volontaria del soggetto
soggiornante irregolarmente nel territorio dello Stato.
13
14. • La partenza volontaria, ai sensi dell’art. 13, comma 5 deve essere
richiesta dallo straniero destinatario del provvedimento di
espulsione (che è, però, IMMEDIATAMENTE EFFICACE)
al prefetto!
La questura, comunque, «provvede a dare adeguata informazione
allo straniero della facolta' di richiedere un termine per la partenza
volontaria, mediante schede informative plurilingue.
In caso di mancata richiesta del termine, l'espulsione e' eseguita ai
sensi del comma 4.»
L’art. 13 dunque, prevede la facoltà per il soggetto di richiedere la
partenza volontaria, che dunque sembra essere l’eccezione in luogo
all’intervento della forza pubblica, che è la regola.
Come se non bastasse, il termine di decadenza per l’esercizio della
suddetta facoltà, NON è SPECIFICATO.
L’attuazione tardiva ed erronea della direttiva
2008/115/CE – 4: LA PARTENZA VOLONTARIA
14
15. • Il CAPO II della direttiva
2008/115/CE è dedicato alle
GARANZIE PROCEDURALI,
all’art. 12 si precisa inoltre che
«sono adottate in forma scritta, sono motivate in
fatto e in diritto e contengono informazioni sui
mezzi di ricorso disponibili.»
Inoltre
«Gli Stati membri provvedono, su richiesta, alla
traduzione scritta od orale dei principali
elementi delle decisioni connesse al rimpatrio di
cui al paragrafo 1, incluse le modalità di
impugnazione disponibili, in una lingua
comprensibile per il cittadino di un paese terzo o
che si può ragionevolmente supporre tale.»
L’attuazione tardiva ed erronea della direttiva
2008/115/CE – 3: LA TUTELA DEL MIGRANTE
• L’art 13 direttiva 2008/115/CE
disciplina, infine, i mezzi di
ricorso, per cui:
1. Al cittadino di un paese terzo interessato sono concessi
mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al
rimpatrio di cui all'articolo 12, paragrafo 1, o per
chiederne la revisione dinanzi ad un'autorità giudiziaria o
amministrativa competente o a un organo competente
composto da membri imparziali che offrono garanzie di
indipendenza.
2. L'autorità o l'organo menzionati al paragrafo 1 hanno la
facoltà di rivedere le decisioni connesse al rimpatrio di cui
all'articolo 12, paragrafo 1, compresa la possibilità di
sospenderne temporaneamente l'esecuzione, a meno che
la sospensione temporanea sia già applicabile ai sensi del
diritto interno.
3. Il cittadino di un paese terzo interessato ha la facoltà di
farsi consigliare e rappresentare da un legale e, ove
necessario, di avvalersi di un’assistenza linguistica.
4. Gli Stati membri provvedono a che sia garantita, su
richiesta, la necessaria assistenza e/o rappresentanza
legale gratuita ai sensi della pertinente legislazione o
regolamentazione nazionale
in materia e possono disporre che tale assistenza e/o
rappresentanza legale gratuita sia soggetta alle condizioni
di cui all'articolo
15, paragrafi da 3 a 6, della direttiva 2005/85/CE. 15
16. • L’art. 13, comma 7 dispone che
«Il decreto di espulsione e il provvedimento di cui al comma 1 dell'articolo 14,
nonche' ogni altro atto concernente l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione,
sono comunicati all'interessato unitamente all'indicazione delle modalita' di
impugnazione e ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove
non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola.»
dunque, con una formulazione più restrittiva e
arbitraria dell’art. 12 direttiva 2008/115/CE.
Per quanto riguarda poi il ricorso, esso può essere
presentato all’autorità giudiziaria ai sensi
dell’art.18, d.lgs 150/2011.
Questo dispone:
L’attuazione tardiva ed erronea della direttiva
2008/115/CE – 3 (LA TUTELA DEL MIGRANTE) – 2: I
MEZZI DI RICORSO INTERNI
16
17. 1. Le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione del decreto di espulsione pronunciato dal prefetto
ai sensi del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove
non diversamente disposto dal presente articolo.
2. E' competente il giudice di pace del luogo in cui ha sede l'autorita' che ha disposto l'espulsione. 3. Il
ricorso e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento,
ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, e puo' essere depositato anche a mezzo
del servizio postale ovvero per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana. In tal
caso l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorita' giudiziaria italiana sono effettuati dai
funzionari della rappresentanza e le comunicazioni relative al procedimento sono effettuate presso la
medesima rappresentanza. La procura speciale al difensore e' rilasciata altresi' dinanzi all'autorita'
consolare.
4. Il ricorrente e' ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un
difensore, e' assistito da un difensore designato dal giudice nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella
di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura
penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonche', ove necessario, da un interprete.
5. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato a cura della
cancelleria all'autorita' che ha emesso il provvedimento almeno cinque giorni prima della medesima
udienza.
6. L'autorita' che ha emesso il provvedimento impugnato puo' costituirsi fino alla prima udienza e puo'
stare in giudizio personalmente o avvalersi di funzionari appositamente delegati.
7. Il giudizio e' definito, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso.
8. Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.
9. L'ordinanza che definisce il giudizio non e' appellabile.
L’attuazione tardiva ed erronea della direttiva
2008/115/CE – 3 (LA TUTELA DEL MIGRANTE) – 3: I
MEZZI DI RICORSO INTERNI
17
18. L’elusione della direttiva: il reato ex
art.10-bis d.lgs 286/1998
(testo ANTECEDENTE all’entrata in vigore del d.lgs 89/2011)
Art. 10-bis
(Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato).
Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, lo straniero che fa ingresso
ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni
del presente testo unico nonche' di quelle di cui all'articolo 1 della legge 28
maggio 2007, n. 68, e' punito con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro. Al
reato di cui al presente comma non si applica l'articolo 162 del codice
penale.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano allo straniero
destinatario del provvedimento di respingimento ai sensi dell'articolo 10,
comma 1.
3. Al procedimento penale per il reato di cui al comma 1 si applicano le
disposizioni di cui agli articoli 20-bis, 20-ter e 32-bis del decreto legislativo
28 agosto 2000, n. 274.
4. Ai fini dell'esecuzione dell'espulsione dello straniero denunciato ai sensi
del comma 1 non e' richiesto il rilascio del nulla osta di cui all'articolo 13,
comma 3, da parte dell'autorita' giudiziaria competente all'accertamento
del medesimo reato. Il questore comunica l'avvenuta esecuzione
dell'espulsione ovvero del respingimento di cui all'articolo 10, comma 2,
all'autorita' giudiziaria competente all'accertamento del reato.
5. Il giudice, acquisita la notizia dell'esecuzione dell'espulsione o del
respingimento ai sensi dell'articolo 10, comma 2, pronuncia sentenza di
non luogo a procedere. Se lo straniero rientra illegalmente nel territorio
dello Stato prima del termine previsto dall'articolo 13, comma 14, si
applica l'articolo 345 del codice di procedura penale.
6. Nel caso di presentazione di una domanda di protezione internazionale
di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, il procedimento e'
sospeso. Acquisita la comunicazione del riconoscimento della protezione
internazionale di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251,
ovvero del rilascio del permesso di soggiorno nelle ipotesi di cui all'articolo
5, comma 6, del presente testo unico, il giudice pronuncia sentenza di non
luogo a procedere.
18
L’art. 10-bis del novellato TU sull’immigrazione
introduce il noto reato di immigrazione.
Introdotto l’8 Agosto 2009 e seguito da grandi
polemiche, soprattutto a livello mediatico, e
modificato dal d.l 89/2011; se calato nel contesto
(a direttiva ancora vigente, in ossequio alla
primazia del diritto comunitario) e letto in
combinato disposto con l’art. 2, comma 2, lett. A,
direttiva 2008/115 CE, è possibile notare come
l’effetto complessivamente sia quello di
evitare l’applicazione della direttiva europea.
Attualmente, si precisa inoltre che la norma di cui all’art. 10-bis
è inapplicabile qualora lo straniero non sia identificato
ai controlli di frontiera, né in entrata
(art. 10, comma 1; così richiamato dall’articolo 10-bis)
né in uscita (art. 10-bis così novellato dal d.l 89/2011).
Ciò nonostante, il comma 1 dell’art. 10-bis prevede anche il caso
(e la fattispecie di reato) in cui lo straniero faccia ingresso
nel territorio dello Stato.
2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare la
presente direttiva ai cittadini di paesi terzi:
[…]
b) sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza
di una sanzione penale, in conformità della legislazione
nazionale, o sottoposti a procedure di estradizione.
Art. 2, comma 2, lett. B direttiva 2008/115/CE
19. Bibliografia
• http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=IM-PRESS&reference=20080613BRI31573&secondRef=ITEM-004-
IT&format=XML&language=IT
• L 348/98 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 24.12.2008:
DIRETTIVA 2008/115/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli
Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare
• L.40/1998, http://www.camera.it/parlam/leggi/98040l.htm
Verso una rivoluzione copernicana in materia di espulsioni?
• La direttiva 2008/115/CE (direttiva rimpatri) e le sue ricadute sull’attuale normativa italiana in materia di espulsioni e trattenimento nei C.I.E.,
Seminario di studi ASGI – MD Verona, 15 gennaio 2011, Guido Savio
• http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2008/marzo/sinottico-normativa-16.html
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