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138/2012/A
                                 REPUBBLICA ITALIANA
                             IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
                                  LA CORTE DEI CONTI
                       SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE

Composta dai seguenti magistrati:
dott.ssa Piera MAGGI Presidente
dott. Mauro OREFICE Consigliere rel.
dott.ssa Rita LORETO Consigliere
dott. Piergiorgio DELLA VENTURA Consigliere
dott. Massimo DI STEFANO Consigliere

                                      ha pronunciato la seguente

                                             SENTENZA

nei giudizi d’appello iscritti ai nn. 38598 e 38689 del registro di Segreteria, promossi
rispettivamente ad istanza dei sig. Giuseppe Antonio LEPORALE, Domenica D’AMBROSIO,
Luciano Amedeo GIULIANI, Antonio PETRUZZELLIS, Giuseppe GIUSTINO, rappresentati e
difesi dall’ avv. Vito Aurelio Pappalepore, e Francesco MONTEDORO, rappresentato e difeso
dall’avv. Nuri Venturelli, avverso la sentenza della Sezione regionale Puglia della Corte dei conti n.
473/2010, depositata in Segreteria il 22 luglio 2010.
      Uditi, nel corso dell’udienza pubblica del 10 febbraio 2012, il relatore Cons. Mauro
OREFICE, gli avvocati Vito Aurelio Pappalepore e Nuri Venturelli, difensori rispettivamente dei
sigg. Giuseppe Antonio LEPORALE, Domenica D’AMBROSIO, Luciano Amedeo GIULIANI,
Antonio PETRUZZELLIS, Giuseppe GIUSTINO e del sig. Francesco MONTEDORO, ed il
rappresentante del Pubblico Ministero nella persona del V.P.G. Amedeo FEDERICI.
      Visti tutti gli atti introduttivi ed i documenti di causa.
Considerato in
                                                  FATTO

Il Procuratore regionale, con atto notificato in data 8 luglio 2009 e depositato il 17 settembre 2009,
ha citato in giudizio i sigg.ri Giuseppe Antonio LEPORALE, Antonio PETRUZZELLIS, Domenica
D’AMBROSIO, Luciano Amedeo GIULIANI, Giuseppe GIUSTINO e Francesco MONTEDORO
rispettivamente nelle loro qualità il primo - di sindaco e - gli altri - di amministratori del Comune
di Cassano delle Murge (Ba), per sentirli condannare al pagamento della somma di € 248.503,60,
oltre rivalutazione, interessi e spese di giudizio.

La vicenda ruota intorno ad una iniziativa che, a partire dalla fine del 1994, ha indotto il sig.
Giuseppe LEPORALE, nella qualità di sindaco del comune di Cassano delle Murge, ad
intraprendere una serie di attività volte alla costituzione di una società mista intercomunale, a
supporto dell’attività amministrativa di accertamento dei tributi, con il dichiarato scopo di realizzare
e gestire un servizio di “anagrafe tributaria comunale” che consentisse la gestione di tutti i tributi
municipali ed il monitoraggio dell’evasione fiscale, a mezzo di personale specializzato e tecnologie
avanzate, in modo da sgravare tutti gli enti aderenti dagli adempimenti connessi a tale attività.
Il Giudice di prima istanza, con l’impugnata sentenza, rilevava la responsabilità dei convenuti,
ritenendo che la prova della antieconomicità della operazione, oltre che della illegittimità della
stessa, è confermata da una serie di considerazioni poste in luce dal consulente tecnico d’ufficio nel
processo penale dr. Cosimo Cafagna, il quale nella sua relazione asserisce che la neosocietà
costituita da giovani diplomati era inattiva, non aveva esperienza nel settore tributario, non aveva
dipendenti, non offriva garanzie patrimoniali e non aveva una sede attrezzata.
L’illegittimità, l’antieconomicità e l’inutilità della operazione è inoltre ulteriormente attestata –
sostiene ancora il Giudice di prima istanza - dal dettato normativo all’epoca vigente ( d.p.r. 533 del
1996 e d.lgs. n. 446 del 1997 ) e dalle risultanze dell’Amministrazione finanziaria, la quale (cfr.
nota n. 7/158604-99) ribadiva che l’Ente locale era obbligato, non soltanto ad individuare il socio
privato a mezzo di gara ad evidenza pubblica, ma che questi avrebbe dovuto essere scelto tra
soggetti giuridici iscritti all’albo nazionale di cui all’art.53 del d.lgs. n.446/97 e, comunque, fra
quelli aventi il capitale sociale non inferiore ad un miliardo di lire: risultava quindi evidente che la
società mista in questione fosse stata costituita in modo del tutto illegittimo e che la conseguente
attività fosse stata svolta, fin dall’inizio, senza titolo. Continua ancora la sentenza “effettivamente,
l’esame delle norme in materia, consente di affermare che il Sindaco e la Giunta che individuarono
nella “Il Pellicano s.r.l.” il socio privato di maggioranza della società mista, agirono in modo del
tutto illegittimo ed arbitrario. L’art. 22, 3° co. della legge n.142/’90, vigente all’epoca della
emanazione della delibera C.C. n.8 del 9.03.1995, stabiliva che i comuni potessero gestire i servizi
pubblici oltre che in economia, in concessione a terzi, mediante azienda speciale e mediante
istituzione, anche a mezzo di società per azioni a prevalente capitale pubblico locale. Il vincolo
della proprietà pubblica maggioritaria venne soppresso dall’art.12, 1°co. della legge n.498/’92, la
quale disponeva fra l’altro che “…Gli enti interessati provvedono alla scelta dei soci privati e
all’eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato con procedure di evidenza pubblica” e che
“.…Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle azioni può essere destinata all’azionariato
diffuso e resta comunque sul mercato”. Nel caso in questione, trattandosi di società a prevalente
partecipazione di capitale privato (70%) non vi è alcun dubbio che dovessero trovare applicazione
gli obblighi contenuti nel predetto articolo 12”.
Concludeva il Giudice di primo grado affermando che “Tale voce di danno corrisponde all’importo
in Euro 98.437,00 - come correttamente indicato nell’atto di citazione - che va posto a carico degli
odierni convenuti, in solido tra di loro, ravvisandosi nella condotta serbata dagli stessi l’esistenza di
un “ dolo intenzionale”, da individuarsi nella sciente volontà di procurare un ingiusto patrimoniale
agli amministratori, soci e dipendenti della società “ Il Pellicano s.r.l.”, nonostante le scadenti
qualità strutturali e le carenti capacità professionali della predetta società, bene evidenziate nella
perizia del consulente tecnico del P.M. penale, da cui si evidenziano le carenze che hanno causato
forti ritardi nell’espletamento dell’incarico”.[…] Diversamente, a giudizio di non colpevolezza
giunge il Collegio, per quanto concerne la posta di danno rappresentata dalle somme spese dal
Comune in relazione ai numerosi contenziosi promossi dai contribuenti e quantificate dal P.M in
Euro 51.629,16. Ed invero, la non riconducibilità del danno in ipotesi contestato agli odierni
convenuti non sembra che possa contestarsi seriamente anche sul piano soggettivo, non essendo
prevedibile il risultato conseguibile in sede giudiziaria, che si appalesa come aleatorio, non
potendosi trarre elementi di prova di segno contrario dall’esito dei giudizi in cui l’ente comunale è
risultato soccombente.
La sentenza di primo grado riteneva infine sussistente anche il danno all’immagine, quantificato in
euro 98.437,00: “Pertanto, proprio la posizione funzionale ed organizzativa rivestita all’interno
dell’Amministrazione comunale avrebbero dovuto indurre il Sindaco e i componenti della Giunta a
tenere un comportamento pienamente osservante dei canoni di imparzialità, correttezza e buon
andamento della gestione amministrativa canonizzati dall’art.97 della Costituzione, nonché alla
rigorosa osservanza di tutti gli obblighi scaturenti dal mandato, compreso quello della osservanza
della legge e della efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa. Principi che nel
caso di specie sono stati gravemente vulnerati atteso che oltre, alle illegittimità sopra rilevate,
rappresentanti il presupposto storico e giuridico delle condotte illecite contestate al Sindaco ed ai
componenti della Giunta, i giudici penali hanno anche acclarato l’esistenza, all’epoca della
costituzione della società mista, di un fitto intreccio di rapporti di coniugio, affinità e parentela, fra
coloro che rivestivano cariche nell’ambito della società “Il Pellicano s.r.l.” ed alcuni dei pubblici
amministratori in carica.
La decisione di primo grado non condivideva invece l’assunto accusatorio per quanto riguarda la
posta di danno rappresentata dalle spese relative al contenzioso, pure contestate dalla Procura
attrice. Poiché tale statuizione non ha formato oggetto di appello da parte della Procura generale, vi
è da ritenere che sul punto si sia formato il giudicato.
La sentenza de qua è stata impugnata con atto depositato il 28 settembre 2010 per i sigg. Giuseppe
Antonio Leporale, Domenica D’Ambrosio, Luciano Amedeo Giuliani, Antonio Petruzzellis,
Giuseppe Giustino e 11 ottobre 2010 per il sig. Francesco Montedoro. Entrambi gli appelli
ponevano come prioritaria la richiesta di definizione agevolata dei rispettivi giudizi.
Peraltro, riscontrata l’ipotesi dolosa, l’istanza veniva respinta con i decreti di questa Sezione nn. 13
e 14 del 31 maggio 2011.
Nel merito, l’atto di appello presentato per i sigg. Giuseppe Antonio Leporale, Domenica
D’Ambrosio, Luciano Amedeo Giuliani, Antonio Petruzzellis, Giuseppe Giustino chiede di
dichiarare prescritta l’azione di responsabilità e di mandare assolti gli appellanti poiché non sussiste
danno erariale o comunque perché il fatto non è loro imputabile per mancanza del nesso di
causalità; in subordine, chiede di tenere conto nella definizione del quantum del danno dei vantaggi
comunque conseguiti dall’Amministrazione e dalla comunità amministrata e, in ultima analisi, di
fare uso del potere riduttivo dell’addebito.
Con l’atto di appello presentato nell’interesse del sig. Francesco Montedoro, la difesa del medesimo
chiede una declaratoria di assenza di responsabilità per assenza dei presupposti di fatto e di diritto e
per assenza di qualsivoglia prova a suo esclusivo carico e comunque per assenza di responsabilità
poiché le delibere del Consiglio comunale n. 8/95 e n. 20/96 sono state vistate e registrate dalla
S.P.C. della Regione Puglia. Chiede, in subordine, l’applicazione del potere riduttivo dell’addebito.
La Procura Generale ha depositato in data 1° dicembre 2011 le proprie conclusioni con le quali
chiede il rigetto degli appelli proposti.
In occasione dell’odierna udienza
Ritenuto in
                                                 DIRITTO

Relativamente al corretto e tempestivo esercizio dell’azione di responsabilità di cui all’eccezione di
prescrizione di parte appellante, questo Giudice non può che ribadire quanto già affermato dalla
sentenza di prima istanza.
Sfugge, forse, agli odierni appellanti, infatti, che costante giurisprudenza di questa Corte (inter alia,
sez. III, 12 luglio 2004, n. 318/A; SS.RR. 25 novembre 2004, n. 8/QM; sez. I, 31 maggio 2005, n.
184/A; nonché Cassazione civ. 15 novembre 1995, n. 11835) ritiene che la costituzione di parte
civile dell’Amministrazione determini effetto interruttivo sul decorso dei termini prescrizionali,
tanto che è stato affermato da altra giurisprudenza (v. Cassazione civ., 12 marzo 1998, n. 2712) che
la eventuale revoca della costituzione di parte civile può avere, al più, conseguenze sulla durata
dell’interruzione (ex art. 2945, II comma, c.c.) ma non incide affatto sull’effetto interruttivo, che
rimane fermo, giusta il disposto del successivo III comma del medesimo articolo, con inizio di un
nuovo periodo prescrizionale decorrente dalla data di costituzione di parte civile.
Nel confermare quindi quanto affermato dal Giudice di primo grado, questo Collegio ritiene
infondata la sollevata eccezione di prescrizione dell’azione.
Nel merito, emerge dalla sentenza impugnata che la responsabilità degli odierni appellanti viene
fatta risalire all’adozione ed all’implementazione di alcune delibere consiliari e di giunta del
Comune di Cassano delle Murge.
In particolare, il Consiglio comunale, con delibera n. 8 del 9 marzo 1995, ha approvato la proposta
del sindaco di costituzione della società mista a prevalente capitale privato denominata “Tributaria
Intercomunale S.p.A.” con un capitale sociale di lire 200.000.000, di cui il 70% a carico del socio
privato pari a lire 140.000.000, ed il 30% pari a lire 60.000.000 del socio pubblico (Comune di
Cassano delle Murge).
Con la medesima delibera si approvava l’atto costitutivo – che, tra le altre cose, fissava la durata
della società fino al 31.12.2050 -, lo Statuto e lo schema di convenzione, nonché si decideva di
procedere alla scelta del socio privato mediante procedura ad evidenza pubblica.
Il Consiglio comunale con deliberazione n. 20 dell’1.03.1996 apportava alcune modifiche allo
Statuto della società mista, delegando il Sindaco (Giuseppe Leporale) e la Giunta (composta da
Antonio Petruzzellis, Domenica D’Ambrosio, Giuseppe Giustino, Francesco Montedoro e Luciano
Amedeo Giuliani) all’esecuzione del deliberato.
In esecuzione della delega la Giunta, nella composizione sopra riportata, preso atto che i comuni
aderenti all’iniziativa non avevano adottato i necessari provvedimenti, venendo meno, di fatto, al
progetto comune, e con provvedimento n. 210 del 29.07.1997 deliberava di procedere comunque
alla selezione del socio privato mediante asta pubblica, seguendo il metodo di cui all’art.73 lett. c)
del R.D. n. 827/24 e secondo le modalità di cui al successivo art. 76 e fissava l’ammontare del
capitale sociale in lire 200 milioni di cui del 30% era detentore il Comune e del 70% il partner
privato.
Con delibera n. 321 del 14.11.1997 la Giunta approvava l’aggiudicazione della gara in favore della
“Il Pellicano s.r.l.”, unica concorrente, a cui si riconosceva l’aggio nella misura del 28,5%. In
sostanza, la società aggiudicataria aveva offerto un ribasso percentuale dell’1,5% sulla base d’asta
fissata nella misura del 30%, mentre con deliberazione C.C. n.6 del 5.03.1998 l’importo del capitale
sociale della costituenda società mista veniva elevato sino alla somma di lire 1.000.000.000 (un
miliardo).
Peraltro, la concessione-convenzione regolante il servizio pubblico di elaborazione e gestione
dell’anagrafe tributaria comunale, stipulata fra il Comune di Cassano delle Murge e la società
“Tributaria intercomunale S.p.A.” in data 31 ottobre 1998, veniva dichiarata nulla con sentenza n.
1659/2002 del TAR Puglia, sede di Bari. In proposito il Tribunale affermava che “è indubitabile che
la convenzione, avendo affidato la gestione del servizio a società a prevalente partecipazione privata
(peraltro nemmeno iscritta all’albo di cui all’art. 53), in chiara ed evidente violazione dell’art. 52
del d.lgs. n. 466/1997 (che consentiva l’affidamento del servizio previa adozione di apposito
regolamento comunale, nella specie carente, esclusivamente a società a partecipazione pubblica
maggioritaria), si ponga in contrasto con norma indubitabilmente imperativa, siccome diretta a
restringere l’ambito dell’autonomia negoziale dei comuni e dei privati attraverso l’imposizione di
forma societaria tipica ed ineludibile, in funzione di uno specifico interesse pubblico alla migliore,
più efficace, trasparente ed efficiente organizzazione dei servizi afferenti alla gestione dei tributi”.
La pronuncia trovava la sua definitività con la sentenza n. 3672/2005 della V Sezione del Consiglio
di Stato, che respingeva gli appelli contro la predetta decisione del TAR Puglia.
In tale occasione il Consiglio di Stato aveva modo di affermare che “l’annullamento in discorso ben
resiste alle critiche dell’appellante (la Intercomunale Tributaria S.p.A. – N.d.R.) anche a prescindere
dall’effettuazione di una verifica comparativa tra i costi del servizio gestito alla Tributaria
Intercomunale w quelli di altre società operanti sul mercato. Per scrutinare la legittimità
dell’operato del Comune di Cassano delle Murge, non vi è infatti alcuna necessità di svolgere una
indagine preliminare sugli aggi correnti nel mercato od in altre realtà territoriali, dal momento che
l’onerosità della gestione può risultare anche dal confronto tra i “costi”, non solo finanziari, della
scelta di esternalizzare il servizio e l’alternativa, giuridicamente praticabile, di una gestione diretta
dello stesso da parte dell’amministrazione. In aggiunta, vale osservare come, nel caso di specie,
l’onerosità della gestione, per l’ente civico appellato, fosse obbiettivamente sussistente, consistendo
nell’immobilizzazione di un capitale, corrispondente alla partecipazione azionaria detenuta, in una
società unicamente costituita per lo svolgimento di un servizio affidato contra legem. Non occorre,
pertanto, dilungarsi sulla patente diseconomia che sarebbe derivata dall’ipotetica protrazione di un
investimento finanziario irrecuperabilmente in perdita”.
Il Giudice amministrativo è quindi di una chiarezza lampante sotto il profilo della irragionevolezza
della iniziativa che, seppur concepita con un fine astrattamente condivisibile, si era manifestata ab
initio fallimentare, con evidente danno finanziario – e non solo – per l’Ente territoriale.
D’altra parte non va sottovalutato che la vicenda nasce con il fine dichiarato e precipuo di
coinvolgere il territorio nella comune ed efficace gestione dei tributi locali, cosa che non si verifica
fin dall’inizio, poiché come già evidenziato, i comuni aderenti all’iniziativa non avevano adottato i
necessari provvedimenti, venendo meno, di fatto, al progetto comune. Ciò nonostante gli
Amministratori di Cassano delle Murge proseguono nell’attuazione del progetto.
I successivi passi dall’Amministrazione comunale (individuazione del socio privato,
aggiudicazione, stipula della concessione-convenzione) appaiono tutti comunque caratterizzati da
elementi che dimostrano la fallacità dell’iniziativa.
Infatti, oltre quanto già esposto con estrema efficacia nelle pronunce del Giudice amministrativo,
anche il Giudice penale (si rammenta che gli appellanti sono stati tutti condannati dal Tribunale di
Bari in data 29 maggio 2002 per abuso di ufficio in concorso, aggravato per la rilevanza del danno;
sentenza confermata dalla Corte di appello di Bari con decisione del 6 dicembre 2004 e dalla Corte
di Cassazione con sentenza del 2 dicembre 2005) sottolinea “siamo in presenza di una società in cui
il capitale prevalente era quello privato sicché non pare in alcun modo dubbia l’operatività di tutti
gli obblighi posti dell’art. 12 della legge 498/1992 […] Riguardata per tali versi, dovrà convenirsi
che l’attività di riscossione dei tributi è sicuramente espressione di servizio pubblico, con
l’automatica conseguenza della piena applicabilità alle società miste a tal fine costituite, delle
disposizioni normative su esaminate ed alla cui stregua è agevole constatare la patente violazione
del criterio della scelta del partner mediante appalto concorso (essendosi invece proceduto per asta
pubblica); la mancata costituzione di una commissione tecnica-amministrativa per la verifica della
offerte e dei requisiti dei partecipanti; la mancata previsione di una quota di capitale sociale da
riservare all’azionariato diffuso; la mancata pubblicazione del bando di gara sulla Gazzetta Ufficiale
e sulla Gazzetta della Unione Europea e sui quotidiani a larga diffusione nazionale; il contenimento
del capitale sociale a soli 200 milioni di lire anziché’ ad un miliardo di lire. Si tratta di violazioni di
non poco momento tutt’altro che riconducibili alla nozione di mera “irregolarità” perché, come
ognuno vede, svolgono un ruolo fondamentale di visibilità, assicurano un ampio confronto di mezzi
e professionalità fra enti privati aspiranti a divenire organo dell’ente pubblico, assicurano una
partecipazione collettiva alla proprietà dell’istituendo organismo societario (Corte di appello di Bari
– sent. 6.12.2004)”.
Tutto ciò considerato e tenuto conto della definitività delle pronunce riportate, non sembrano
sussistere dubbi su una condotta, quella degli amministratori del Comune di Cassano delle Murge,
posta in essere in totale dispregio delle norme che sarebbero stati chiamati ad applicare.
Contesta inoltre la difesa degli appellanti il concetto, affermato dalla sentenza di primo grado, oltre
che di anti economicità – sul quale ci si è già soffermati – di “inutilità” della società.
Superando, in tale ottica, ed in quanto accertamenti di parte, l’istruttoria penale e la contestata
“perizia Cafagna” del 7 agosto 1998, nonché la confutazione della stessa da parte della CTP a firma
del rag. Gaetano Carnicella (il quale peraltro era il responsabile del Servizio di Ragioneria del
Comune, controfirmatario, in quella veste, di tutte le delibere oggetto di esame e quindi in posizione
di evidente conflitto di interesse), appare di particolare interesse esaminare quanto fornito dallo
stesso Comune di Cassano delle Murge.
In data 10 agosto 2006 il predetto Comune, a mezzo ordinanza sindacale n. 49, conferiva l’incarico
al dott. Michele Danza perché lo stesso “accerti, descriva e quantifichi tutti i danni cagionati al
Comune di Cassano delle Murge dalle condotte penalmente rilevanti poste in essere dagli imputati
[…omissis…], atteso che i suddetti imputati, nelle predette sentenze, sono stati altresì condannati al
risarcimento dei danni subiti dal Comune di Cassano delle Murge, costituitosi parte civile, a causa
delle suddette condotte penalmente rilevanti”.
Il dott. Danza depositava la relativa perizia, nell’interesse del Comune, in data 19 ottobre 2006,
concludendo quanto segue.
Relativamente alla Tabella D – Riscossioni: “Si può affermare senza ombra di dubbio che le
differenze riscontrate nell’arco temporale considerato (1999-2000) tra l’aggio da convenzione (7%)
e l’aggio applicabile sulle riscossioni dirette (minimo 0,31% e massimo 3,53%) hanno prodotto,
rispettivamente, un maggior danno per il Comune quantificabile in € 489.196,64 (nel caso in cui si
fosse applicata la percentuale minima) ed € 253.738,77 (nel caso in cui si fosse applicata la
percentuale massima).
Stessa cosa dicasi per le differenze riscontrate tra l‘aggio da convenzione (7%) e l’aggio applicabile
sui ruoli esattoriali (minimo 0,60% e massimo 6,72%). Infatti queste hanno prodotto
rispettivamente un maggior danno per il Comune quantificabile in € 467.990,81 (nel caso in cui si
fosse applicata la percentuale minima) ed € 20.474,60 (nel caso in cui si fosse applicata la
percentuale massima). Da ciò ne consegue, ancora, che la differenza in termini assoluti, tra la
misura determinata con aggio da convenzione e la misura determinata con gli aggi minimi
applicabili sulle riscossioni dirette ed esattoriali rispetto al totale delle riscossioni risulta pari ad €
957.187,45 […].
Relativamente alla Tabella E – Accertamenti – anni 1999-2000 “l’aggio sulle somme accertate,
disciplinato dagli artt. 13 e 14 della Convenzione tra il Comune e la Tributaria Intercomunale spa,
non avrebbe dovuto aver luogo in considerazione che gli aggi stabiliti dalla legge disciplinano il
corrispettivo per le somme riscosse e non già per quelle accertate. Ragion per cui, lo scrivente ha
provveduto a considerare, sempre nell’ottica della quantificazione del maggior danno procurato
all’Amministrazione, come non dovuta la sommatoria derivante dall’applicazione degli aggi di cui
agli articoli della convenzione citati, pari complessivamente ad € 1.619.095,71. In conclusione,
quindi, sulla base delle risultanze ottenute nel presente paragrafo, è risultato esserci un ingiusto
vantaggio patrimoniale attribuibile alla Tributaria Intercomunale spa quantificabile in €
2.576.283,17 […].
In ultimo, ma non meno importante, residua il discorso relativo all’effettivo costo sostenuto dal
Comune di Cassano delle Murge per le spese relative alla costituzione della società concessionaria
“Tributaria intercomunale S.p.A.”. Come si è detto nel corpo della presente relazione nonché nelle
sentenze dei vari tribunali aditi, la citata società si è rivelata assolutamente inadeguata allo
svolgimento del servizio sia sotto il profilo organizzativo sia sotto quello economico, atteso
l’elevatissimo aggio convenuto nonché il periodo oggetto di convenzione che, si ricorda, era stato
previsto addirittura in anni cinquanta”.
Conclude il consulente “sulla base dell’analisi effettuata attraverso la comparazione degli aggi
applicati alle varie voci di bilancio per gli anni 1999-2000 nonché dei costi quantificati per la
costituzione della società concessionaria e delle spese legali sostenute da parte del Comune nei vari
gradi di giudizio, si può affermare che il danno complessivo attribuibile ala gestione “Tributaria
Intercomunale S.p.A.” è stimato complessivamente in euro 2.758.960,14”. E ciò senza considerare
l’ulteriore danno subito per la riorganizzazione posta in essere a seguito della sospensione della
concessione a suo tempo affidata alla predetta società.
Parte appellante fa notare tuttavia che lo stesso Comune di Cassano delle Murge, con nota del 14
dicembre 2009, n. 21175, a seguito di una richiesta di accesso agli atti del sig. Leporale, ha
certificato i dati relativi alle riscossioni a titolo di recupero evasione ICI, recupero evasione TSSRU
destinata ad investimenti e recupero evasione TRSU destinate a spese correnti, sostanzialmente
confermando quanto affermato nella CTP del rag. Carnicella, e ciò a dimostrazione della utilità
dell’attività svolta dalla Tributaria Intercomunale S.p.A.
Peraltro, di tale utilità non vi è prova determinante. Specifica il Comune nella stessa nota, infatti,
che i dati riportati “si riferiscono all’attività nel complesso considerata non potendosi attribuire gli
stessi all’attività di recupero evasione tributi svolta dalla società “Il Pellicano srl” in virtù del
“contratto di affidamento appalto di servizio di rilevazione del territorio per verifica e controllo
tributi locali” stipulato il 13 novembre 1995, piuttosto che all’attività di recupero evasione tributi
svolta dalla Intercomunale Tributaria spa in virtù della concessione-convenzione regolante il
servizio pubblico di elaborazione e gestione dell’anagrafe tributaria comunale stipulato il 31 ottobre
1998 (e successivamente annullata dal Tribunale amministrativo, N.d.R.). Lo stesso dicasi per le
riscossioni registrate nei consuntivi a partire dall’anno 2000 e successivi, quando è intervenuta
anche l’attività di accertamento direttamente svolta dall’Ente”.
Appare pertanto evidente che è del tutto impossibile quantificare l’attività svolta dalla società mista
in un contesto, tuttavia, caratterizzato da illiceità manifeste e danni erariali di ingentissima rilevanza
sicuramente riconducibili alla costituzione della Intercomunale Tributaria S.p.A., riconosciuta
manifestamente da tutti i soggetti intervenuti nell’analisi della vicenda illegittimamente costituita e
totalmente inadeguata per la funzione di destinazione.
Un ultimo approfondimento meritano le posizioni dei singoli appellanti.
Nella considerazione che la vicenda dannosa trae origine dalla delibera n. 8 del 9 marzo 1995 con la
quale il Comune di Cassano delle Murge approvava la proposta di costituzione della Tributaria
Intercomunale spa, a prevalente capitale privato, e dimostrata l’ampia fattispecie dannosa
riconducibile a tale costituzione, è chiara l’imputabilità del danno a coloro i quali quella delibera
hanno voluto e cioè tutti gli attuali appellanti, ad eccezione del Montedoro, non presente in quella
seduta, tanto è vero che la difesa di quest’ultimo ne reclama l’estraneità ai fatti.
Ora, se è vero che la delibera n. 8/1995 non è stata votata dal Montedoro, è altrettanto vero che vi è
prova che il medesimo abbia partecipato, con tutti gli altri, a tutta la fase implementativa della
struttura societaria. Il Montedoro vota favorevolmente la delibera n. 20/1996 con la quale il
Consiglio comunale approva modifiche allo Statuto societario; vota favorevolmente la delibera di
Giunta n. 210/1997 con la quale la Giunta stessa “approva e fa propria” la relazione e le conclusioni
del Sindaco sulla costituzione della Società e delibera di indire l’asta pubblica per selezionare il
partner privato; vota favorevolmente la delibera di Giunta n. 321/1997 relativa all’aggiudicazione
della predetta gara; vota favorevolmente la delibera consiliare n. 3025/1998 di aumento del capitale
della Società. E, tutto ciò senza che sia riportata in atti alcuna osservazione, dissenso, opposizione
che il Montedoro avrebbe potuto avanzare in una delle numerose occasioni in cui appunto si è
trovato a discutere ed approvare documenti relativi alla vicenda in questione.
Pertanto il Collegio è dell’avviso di non poter considerare la posizione del Montedoro in maniera
diversa da quella dei restanti appellanti.
Conclusivamente, quindi, il Collegio ritiene di poter confermare, relativamente al danno
patrimoniale, la condanna di primo grado secondo la quantificazione e le modalità in essa espresse.
Infine, il danno all’immagine.
Gli appellanti hanno ripetutamente affermato che lo stesso non può essere considerato perché ne
mancano i presupposti ontologici ed anche perché la sua quantificazione appare arbitraria.
In proposito, correttamente, il Giudice di prima istanza ha ricordato che non tutti i comportamenti
illeciti determinano danno all’immagine. Secondo la giurisprudenza, infatti “la potenzialità dannosa
nei termini delineati del comportamento illecito dei pubblici poteri va saggiata in concreto nei
singoli casi. Infatti, ove si tratti di episodi sporadici e di cui non si è avuta diffusione può mancare
un evento di danno (e comunque questo va dimostrato attraverso specifici indici). Laddove invece
la pluralità degli episodi criminosi o la gravità in sé dei fatti ed il conseguente impatto sull’opinione
pubblica o sulle categorie interessate sia sicuro indice della diffusione della conoscenza da parte dei
cittadini dell’esistenza di una distorta organizzazione dei pubblici poteri è conseguenza ineludibile
il danno per la P.A. sia in termini di danno emergente sia in termini di lucro cessante. Detti episodi
vengono infatti ad incidere sia sull’organizzazione dell’attività amministrativa, con conseguenti
maggiori costi, sia sulla necessità di ripristinare l’immagine, sia sulla posizione della P.A. la quale,
ove eserciti correttamente ed imparzialmente il proprio potere, può ottenere l’adesione convinta dei
cittadini, il loro apprezzamento o quantomeno non subire azioni di contrasto. In questi termini,
esiste per la P.A. un danno certo, che può essere quantificato equitativamente” ( Sez. I Centrale,
20.9.2004, n.334/A).
Peraltro, nel caso di specie, si sono realizzati alcuni dei presupposti tipici del danno all’immagine,
oltretutto suffragato dall’accertamento di un concorrente reato contro la Pubblica Amministrazione.
Vi è stata la diffusione della notizia a mezzo stampa che certamente non ha aiutato il livello di
credibilità dell’Amministrazione nei confronti della cittadinanza, ma soprattutto, in relazione alla
tipologia di danno in esame, vi è stato il comportamento particolarmente offensivo degli appellanti.
Infatti, ciò che è stato offeso è il rapporto tra Amministrazione e cittadinanza, intesa non nella sua
accezione comune, ma nel significato specifico di “contribuenti”. Non vi è notoriamente materia più
sensibile presso la Comunità amministrata di quella tributaria. Un’ Amministrazione che si macchia
di illecito, provato in tutte le sedi, dalla penale alla amministrativa, in relazione alla gestione del
denaro versato dai contribuenti, crea un disfavore nei confronti di se stessa che va ben al di là dei
fatti concreti, creando nella platea dei contribuenti medesimi la aspettativa negativa di vedere
gestito il proprio denaro in maniera del tutto arbitraria ed al di fuori delle norme, tanto da creare, al
limite, i presupposti anche per fenomeni di evasione.
Non vi è chi non veda, a questo punto, come non si possa non parlare, nella fattispecie all’esame, di
danno all’immagine dell’Amministrazione, ancora più evidente ove si pensi che è stata la stessa
Amministrazione, in una fase successiva, a dover evidenziare, per porvi rimedio, il danno subito ad
opera dei propri vertici.
Certo è che resta relativamente definita la questione relativa alla quantificazione del medesimo.
La quantificazione del danno all’immagine, infatti, una volta accertato il danno lesivo, può avvenire
equitativamente e mai con automatico ragguaglio all’importo dell’illecito, che tuttavia può
costituire sufficiente base presuntiva; secondo altro orientamento occorrerebbe provare l’effettiva
erogazione della spesa di ripristino, da intendersi come costo effettivamente sofferto.
Tale rigore probatorio, tuttavia, non tiene affatto in considerazione il fatto che, trattandosi di danno-
conseguenza, dovrebbe tenersi conto della c.d. “causalità materiale” interna al fatto dannoso che
serve a determinare l’intero danno cagionato e risarcibile in base ad un criterio di probabilità.
Il Collegio ritiene pertanto sufficiente che siano forniti idonei indizi dell’ an, indicando adeguati
elementi circa l’offensività dei fatti, senza che debba essere necessariamente provata la spesa di
ripristino, che potrebbe essere anche futura o comunque riferibile ai maggiori costi che in
prospettiva l’Amministrazione è chiamata a sopportare secondo il criterio dell’ id quod plerumque
accidit, tanto da poter essere qualificato come danno presunto, potendosi configurare come danno in
sé indipendente dagli effettivi costi di ripristino.
Pertanto, il Collegio ritiene conclusivamente e tenuto conto anche della particolare azione svolta
dall’Amministrazione stessa, in epoca successiva ai fatti di causa, per porre rimedio alla censurata
iniziativa, di confermare le previsioni del primo Giudice in ordine alla sussistenza del danno
all’immagine, identificando tuttavia, in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., il quantum nella
minore somma di € 70.000,00=.
Le spese seguono la soccombenza
                                                   P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Prima Giurisdizionale Centrale,
definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente gli appelli promossi rispettivamente ad
istanza dei sig. Giuseppe Antonio LEPORALE, Domenica D’AMBROSIO, Luciano Amedeo
GIULIANI, Antonio PETRUZZELLIS, Giuseppe GIUSTINO, rappresentati e difesi dall’ avv. Vito
Aurelio Pappalepore, e Francesco MONTEDORO, rappresentato e difeso dall’avv. Nuri Venturelli,
avverso la sentenza della Sezione regionale Puglia della Corte dei conti n. 473/2010, depositata in
Segreteria il 22 luglio 2010.
Condanna pertanto in via solidale i sigg. Giuseppe Antonio LEPORALE, Domenica
D’AMBROSIO, Luciano Amedeo GIULIANI, Antonio PETRUZZELLIS, Giuseppe GIUSTINO e
Francesco MONTEDORO al pagamento in favore del Comune di Cassano delle Murge della
somma di € 168.437,00 (€ 98.437,00 + € 70.000,00) oltre rivalutazione monetaria, da computarsi
secondo gli indici ISTAT di andamento del costo della vita dalla commissione del fatto al deposito
della presente sentenza ed interessi legali al saggio corrente da tale ultimo momento e fino al
pagamento effettivo.
Conferma la condanna alle spese di I grado.
Le spese di giustizia del presente grado che si liquidano in euro……………………..seguono la
soccombenza.
Nulla per le spese legali.
Manda alla segreteria per gli adempimenti di rito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 febbraio 2012.

    L’ESTENSORE                                  IL PRESIDENTE
F.to Cons. Mauro OREFICE                    F.to Pres. Piera MAGGI
Depositato il 16/3/2012
Il Dirigente
F.to Massimo BIAGI

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Cassano corte 2

  • 1. 138/2012/A REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE Composta dai seguenti magistrati: dott.ssa Piera MAGGI Presidente dott. Mauro OREFICE Consigliere rel. dott.ssa Rita LORETO Consigliere dott. Piergiorgio DELLA VENTURA Consigliere dott. Massimo DI STEFANO Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi d’appello iscritti ai nn. 38598 e 38689 del registro di Segreteria, promossi rispettivamente ad istanza dei sig. Giuseppe Antonio LEPORALE, Domenica D’AMBROSIO, Luciano Amedeo GIULIANI, Antonio PETRUZZELLIS, Giuseppe GIUSTINO, rappresentati e difesi dall’ avv. Vito Aurelio Pappalepore, e Francesco MONTEDORO, rappresentato e difeso dall’avv. Nuri Venturelli, avverso la sentenza della Sezione regionale Puglia della Corte dei conti n. 473/2010, depositata in Segreteria il 22 luglio 2010. Uditi, nel corso dell’udienza pubblica del 10 febbraio 2012, il relatore Cons. Mauro OREFICE, gli avvocati Vito Aurelio Pappalepore e Nuri Venturelli, difensori rispettivamente dei sigg. Giuseppe Antonio LEPORALE, Domenica D’AMBROSIO, Luciano Amedeo GIULIANI, Antonio PETRUZZELLIS, Giuseppe GIUSTINO e del sig. Francesco MONTEDORO, ed il rappresentante del Pubblico Ministero nella persona del V.P.G. Amedeo FEDERICI. Visti tutti gli atti introduttivi ed i documenti di causa. Considerato in FATTO Il Procuratore regionale, con atto notificato in data 8 luglio 2009 e depositato il 17 settembre 2009, ha citato in giudizio i sigg.ri Giuseppe Antonio LEPORALE, Antonio PETRUZZELLIS, Domenica D’AMBROSIO, Luciano Amedeo GIULIANI, Giuseppe GIUSTINO e Francesco MONTEDORO rispettivamente nelle loro qualità il primo - di sindaco e - gli altri - di amministratori del Comune di Cassano delle Murge (Ba), per sentirli condannare al pagamento della somma di € 248.503,60, oltre rivalutazione, interessi e spese di giudizio. La vicenda ruota intorno ad una iniziativa che, a partire dalla fine del 1994, ha indotto il sig. Giuseppe LEPORALE, nella qualità di sindaco del comune di Cassano delle Murge, ad intraprendere una serie di attività volte alla costituzione di una società mista intercomunale, a supporto dell’attività amministrativa di accertamento dei tributi, con il dichiarato scopo di realizzare e gestire un servizio di “anagrafe tributaria comunale” che consentisse la gestione di tutti i tributi municipali ed il monitoraggio dell’evasione fiscale, a mezzo di personale specializzato e tecnologie avanzate, in modo da sgravare tutti gli enti aderenti dagli adempimenti connessi a tale attività. Il Giudice di prima istanza, con l’impugnata sentenza, rilevava la responsabilità dei convenuti, ritenendo che la prova della antieconomicità della operazione, oltre che della illegittimità della stessa, è confermata da una serie di considerazioni poste in luce dal consulente tecnico d’ufficio nel processo penale dr. Cosimo Cafagna, il quale nella sua relazione asserisce che la neosocietà
  • 2. costituita da giovani diplomati era inattiva, non aveva esperienza nel settore tributario, non aveva dipendenti, non offriva garanzie patrimoniali e non aveva una sede attrezzata. L’illegittimità, l’antieconomicità e l’inutilità della operazione è inoltre ulteriormente attestata – sostiene ancora il Giudice di prima istanza - dal dettato normativo all’epoca vigente ( d.p.r. 533 del 1996 e d.lgs. n. 446 del 1997 ) e dalle risultanze dell’Amministrazione finanziaria, la quale (cfr. nota n. 7/158604-99) ribadiva che l’Ente locale era obbligato, non soltanto ad individuare il socio privato a mezzo di gara ad evidenza pubblica, ma che questi avrebbe dovuto essere scelto tra soggetti giuridici iscritti all’albo nazionale di cui all’art.53 del d.lgs. n.446/97 e, comunque, fra quelli aventi il capitale sociale non inferiore ad un miliardo di lire: risultava quindi evidente che la società mista in questione fosse stata costituita in modo del tutto illegittimo e che la conseguente attività fosse stata svolta, fin dall’inizio, senza titolo. Continua ancora la sentenza “effettivamente, l’esame delle norme in materia, consente di affermare che il Sindaco e la Giunta che individuarono nella “Il Pellicano s.r.l.” il socio privato di maggioranza della società mista, agirono in modo del tutto illegittimo ed arbitrario. L’art. 22, 3° co. della legge n.142/’90, vigente all’epoca della emanazione della delibera C.C. n.8 del 9.03.1995, stabiliva che i comuni potessero gestire i servizi pubblici oltre che in economia, in concessione a terzi, mediante azienda speciale e mediante istituzione, anche a mezzo di società per azioni a prevalente capitale pubblico locale. Il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria venne soppresso dall’art.12, 1°co. della legge n.498/’92, la quale disponeva fra l’altro che “…Gli enti interessati provvedono alla scelta dei soci privati e all’eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato con procedure di evidenza pubblica” e che “.…Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle azioni può essere destinata all’azionariato diffuso e resta comunque sul mercato”. Nel caso in questione, trattandosi di società a prevalente partecipazione di capitale privato (70%) non vi è alcun dubbio che dovessero trovare applicazione gli obblighi contenuti nel predetto articolo 12”. Concludeva il Giudice di primo grado affermando che “Tale voce di danno corrisponde all’importo in Euro 98.437,00 - come correttamente indicato nell’atto di citazione - che va posto a carico degli odierni convenuti, in solido tra di loro, ravvisandosi nella condotta serbata dagli stessi l’esistenza di un “ dolo intenzionale”, da individuarsi nella sciente volontà di procurare un ingiusto patrimoniale agli amministratori, soci e dipendenti della società “ Il Pellicano s.r.l.”, nonostante le scadenti qualità strutturali e le carenti capacità professionali della predetta società, bene evidenziate nella perizia del consulente tecnico del P.M. penale, da cui si evidenziano le carenze che hanno causato forti ritardi nell’espletamento dell’incarico”.[…] Diversamente, a giudizio di non colpevolezza giunge il Collegio, per quanto concerne la posta di danno rappresentata dalle somme spese dal Comune in relazione ai numerosi contenziosi promossi dai contribuenti e quantificate dal P.M in Euro 51.629,16. Ed invero, la non riconducibilità del danno in ipotesi contestato agli odierni convenuti non sembra che possa contestarsi seriamente anche sul piano soggettivo, non essendo prevedibile il risultato conseguibile in sede giudiziaria, che si appalesa come aleatorio, non potendosi trarre elementi di prova di segno contrario dall’esito dei giudizi in cui l’ente comunale è risultato soccombente. La sentenza di primo grado riteneva infine sussistente anche il danno all’immagine, quantificato in euro 98.437,00: “Pertanto, proprio la posizione funzionale ed organizzativa rivestita all’interno dell’Amministrazione comunale avrebbero dovuto indurre il Sindaco e i componenti della Giunta a tenere un comportamento pienamente osservante dei canoni di imparzialità, correttezza e buon andamento della gestione amministrativa canonizzati dall’art.97 della Costituzione, nonché alla rigorosa osservanza di tutti gli obblighi scaturenti dal mandato, compreso quello della osservanza della legge e della efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa. Principi che nel caso di specie sono stati gravemente vulnerati atteso che oltre, alle illegittimità sopra rilevate, rappresentanti il presupposto storico e giuridico delle condotte illecite contestate al Sindaco ed ai componenti della Giunta, i giudici penali hanno anche acclarato l’esistenza, all’epoca della costituzione della società mista, di un fitto intreccio di rapporti di coniugio, affinità e parentela, fra
  • 3. coloro che rivestivano cariche nell’ambito della società “Il Pellicano s.r.l.” ed alcuni dei pubblici amministratori in carica. La decisione di primo grado non condivideva invece l’assunto accusatorio per quanto riguarda la posta di danno rappresentata dalle spese relative al contenzioso, pure contestate dalla Procura attrice. Poiché tale statuizione non ha formato oggetto di appello da parte della Procura generale, vi è da ritenere che sul punto si sia formato il giudicato. La sentenza de qua è stata impugnata con atto depositato il 28 settembre 2010 per i sigg. Giuseppe Antonio Leporale, Domenica D’Ambrosio, Luciano Amedeo Giuliani, Antonio Petruzzellis, Giuseppe Giustino e 11 ottobre 2010 per il sig. Francesco Montedoro. Entrambi gli appelli ponevano come prioritaria la richiesta di definizione agevolata dei rispettivi giudizi. Peraltro, riscontrata l’ipotesi dolosa, l’istanza veniva respinta con i decreti di questa Sezione nn. 13 e 14 del 31 maggio 2011. Nel merito, l’atto di appello presentato per i sigg. Giuseppe Antonio Leporale, Domenica D’Ambrosio, Luciano Amedeo Giuliani, Antonio Petruzzellis, Giuseppe Giustino chiede di dichiarare prescritta l’azione di responsabilità e di mandare assolti gli appellanti poiché non sussiste danno erariale o comunque perché il fatto non è loro imputabile per mancanza del nesso di causalità; in subordine, chiede di tenere conto nella definizione del quantum del danno dei vantaggi comunque conseguiti dall’Amministrazione e dalla comunità amministrata e, in ultima analisi, di fare uso del potere riduttivo dell’addebito. Con l’atto di appello presentato nell’interesse del sig. Francesco Montedoro, la difesa del medesimo chiede una declaratoria di assenza di responsabilità per assenza dei presupposti di fatto e di diritto e per assenza di qualsivoglia prova a suo esclusivo carico e comunque per assenza di responsabilità poiché le delibere del Consiglio comunale n. 8/95 e n. 20/96 sono state vistate e registrate dalla S.P.C. della Regione Puglia. Chiede, in subordine, l’applicazione del potere riduttivo dell’addebito. La Procura Generale ha depositato in data 1° dicembre 2011 le proprie conclusioni con le quali chiede il rigetto degli appelli proposti. In occasione dell’odierna udienza Ritenuto in DIRITTO Relativamente al corretto e tempestivo esercizio dell’azione di responsabilità di cui all’eccezione di prescrizione di parte appellante, questo Giudice non può che ribadire quanto già affermato dalla sentenza di prima istanza. Sfugge, forse, agli odierni appellanti, infatti, che costante giurisprudenza di questa Corte (inter alia, sez. III, 12 luglio 2004, n. 318/A; SS.RR. 25 novembre 2004, n. 8/QM; sez. I, 31 maggio 2005, n. 184/A; nonché Cassazione civ. 15 novembre 1995, n. 11835) ritiene che la costituzione di parte civile dell’Amministrazione determini effetto interruttivo sul decorso dei termini prescrizionali, tanto che è stato affermato da altra giurisprudenza (v. Cassazione civ., 12 marzo 1998, n. 2712) che la eventuale revoca della costituzione di parte civile può avere, al più, conseguenze sulla durata dell’interruzione (ex art. 2945, II comma, c.c.) ma non incide affatto sull’effetto interruttivo, che rimane fermo, giusta il disposto del successivo III comma del medesimo articolo, con inizio di un nuovo periodo prescrizionale decorrente dalla data di costituzione di parte civile. Nel confermare quindi quanto affermato dal Giudice di primo grado, questo Collegio ritiene infondata la sollevata eccezione di prescrizione dell’azione. Nel merito, emerge dalla sentenza impugnata che la responsabilità degli odierni appellanti viene fatta risalire all’adozione ed all’implementazione di alcune delibere consiliari e di giunta del Comune di Cassano delle Murge. In particolare, il Consiglio comunale, con delibera n. 8 del 9 marzo 1995, ha approvato la proposta del sindaco di costituzione della società mista a prevalente capitale privato denominata “Tributaria Intercomunale S.p.A.” con un capitale sociale di lire 200.000.000, di cui il 70% a carico del socio
  • 4. privato pari a lire 140.000.000, ed il 30% pari a lire 60.000.000 del socio pubblico (Comune di Cassano delle Murge). Con la medesima delibera si approvava l’atto costitutivo – che, tra le altre cose, fissava la durata della società fino al 31.12.2050 -, lo Statuto e lo schema di convenzione, nonché si decideva di procedere alla scelta del socio privato mediante procedura ad evidenza pubblica. Il Consiglio comunale con deliberazione n. 20 dell’1.03.1996 apportava alcune modifiche allo Statuto della società mista, delegando il Sindaco (Giuseppe Leporale) e la Giunta (composta da Antonio Petruzzellis, Domenica D’Ambrosio, Giuseppe Giustino, Francesco Montedoro e Luciano Amedeo Giuliani) all’esecuzione del deliberato. In esecuzione della delega la Giunta, nella composizione sopra riportata, preso atto che i comuni aderenti all’iniziativa non avevano adottato i necessari provvedimenti, venendo meno, di fatto, al progetto comune, e con provvedimento n. 210 del 29.07.1997 deliberava di procedere comunque alla selezione del socio privato mediante asta pubblica, seguendo il metodo di cui all’art.73 lett. c) del R.D. n. 827/24 e secondo le modalità di cui al successivo art. 76 e fissava l’ammontare del capitale sociale in lire 200 milioni di cui del 30% era detentore il Comune e del 70% il partner privato. Con delibera n. 321 del 14.11.1997 la Giunta approvava l’aggiudicazione della gara in favore della “Il Pellicano s.r.l.”, unica concorrente, a cui si riconosceva l’aggio nella misura del 28,5%. In sostanza, la società aggiudicataria aveva offerto un ribasso percentuale dell’1,5% sulla base d’asta fissata nella misura del 30%, mentre con deliberazione C.C. n.6 del 5.03.1998 l’importo del capitale sociale della costituenda società mista veniva elevato sino alla somma di lire 1.000.000.000 (un miliardo). Peraltro, la concessione-convenzione regolante il servizio pubblico di elaborazione e gestione dell’anagrafe tributaria comunale, stipulata fra il Comune di Cassano delle Murge e la società “Tributaria intercomunale S.p.A.” in data 31 ottobre 1998, veniva dichiarata nulla con sentenza n. 1659/2002 del TAR Puglia, sede di Bari. In proposito il Tribunale affermava che “è indubitabile che la convenzione, avendo affidato la gestione del servizio a società a prevalente partecipazione privata (peraltro nemmeno iscritta all’albo di cui all’art. 53), in chiara ed evidente violazione dell’art. 52 del d.lgs. n. 466/1997 (che consentiva l’affidamento del servizio previa adozione di apposito regolamento comunale, nella specie carente, esclusivamente a società a partecipazione pubblica maggioritaria), si ponga in contrasto con norma indubitabilmente imperativa, siccome diretta a restringere l’ambito dell’autonomia negoziale dei comuni e dei privati attraverso l’imposizione di forma societaria tipica ed ineludibile, in funzione di uno specifico interesse pubblico alla migliore, più efficace, trasparente ed efficiente organizzazione dei servizi afferenti alla gestione dei tributi”. La pronuncia trovava la sua definitività con la sentenza n. 3672/2005 della V Sezione del Consiglio di Stato, che respingeva gli appelli contro la predetta decisione del TAR Puglia. In tale occasione il Consiglio di Stato aveva modo di affermare che “l’annullamento in discorso ben resiste alle critiche dell’appellante (la Intercomunale Tributaria S.p.A. – N.d.R.) anche a prescindere dall’effettuazione di una verifica comparativa tra i costi del servizio gestito alla Tributaria Intercomunale w quelli di altre società operanti sul mercato. Per scrutinare la legittimità dell’operato del Comune di Cassano delle Murge, non vi è infatti alcuna necessità di svolgere una indagine preliminare sugli aggi correnti nel mercato od in altre realtà territoriali, dal momento che l’onerosità della gestione può risultare anche dal confronto tra i “costi”, non solo finanziari, della scelta di esternalizzare il servizio e l’alternativa, giuridicamente praticabile, di una gestione diretta dello stesso da parte dell’amministrazione. In aggiunta, vale osservare come, nel caso di specie, l’onerosità della gestione, per l’ente civico appellato, fosse obbiettivamente sussistente, consistendo nell’immobilizzazione di un capitale, corrispondente alla partecipazione azionaria detenuta, in una società unicamente costituita per lo svolgimento di un servizio affidato contra legem. Non occorre, pertanto, dilungarsi sulla patente diseconomia che sarebbe derivata dall’ipotetica protrazione di un investimento finanziario irrecuperabilmente in perdita”.
  • 5. Il Giudice amministrativo è quindi di una chiarezza lampante sotto il profilo della irragionevolezza della iniziativa che, seppur concepita con un fine astrattamente condivisibile, si era manifestata ab initio fallimentare, con evidente danno finanziario – e non solo – per l’Ente territoriale. D’altra parte non va sottovalutato che la vicenda nasce con il fine dichiarato e precipuo di coinvolgere il territorio nella comune ed efficace gestione dei tributi locali, cosa che non si verifica fin dall’inizio, poiché come già evidenziato, i comuni aderenti all’iniziativa non avevano adottato i necessari provvedimenti, venendo meno, di fatto, al progetto comune. Ciò nonostante gli Amministratori di Cassano delle Murge proseguono nell’attuazione del progetto. I successivi passi dall’Amministrazione comunale (individuazione del socio privato, aggiudicazione, stipula della concessione-convenzione) appaiono tutti comunque caratterizzati da elementi che dimostrano la fallacità dell’iniziativa. Infatti, oltre quanto già esposto con estrema efficacia nelle pronunce del Giudice amministrativo, anche il Giudice penale (si rammenta che gli appellanti sono stati tutti condannati dal Tribunale di Bari in data 29 maggio 2002 per abuso di ufficio in concorso, aggravato per la rilevanza del danno; sentenza confermata dalla Corte di appello di Bari con decisione del 6 dicembre 2004 e dalla Corte di Cassazione con sentenza del 2 dicembre 2005) sottolinea “siamo in presenza di una società in cui il capitale prevalente era quello privato sicché non pare in alcun modo dubbia l’operatività di tutti gli obblighi posti dell’art. 12 della legge 498/1992 […] Riguardata per tali versi, dovrà convenirsi che l’attività di riscossione dei tributi è sicuramente espressione di servizio pubblico, con l’automatica conseguenza della piena applicabilità alle società miste a tal fine costituite, delle disposizioni normative su esaminate ed alla cui stregua è agevole constatare la patente violazione del criterio della scelta del partner mediante appalto concorso (essendosi invece proceduto per asta pubblica); la mancata costituzione di una commissione tecnica-amministrativa per la verifica della offerte e dei requisiti dei partecipanti; la mancata previsione di una quota di capitale sociale da riservare all’azionariato diffuso; la mancata pubblicazione del bando di gara sulla Gazzetta Ufficiale e sulla Gazzetta della Unione Europea e sui quotidiani a larga diffusione nazionale; il contenimento del capitale sociale a soli 200 milioni di lire anziché’ ad un miliardo di lire. Si tratta di violazioni di non poco momento tutt’altro che riconducibili alla nozione di mera “irregolarità” perché, come ognuno vede, svolgono un ruolo fondamentale di visibilità, assicurano un ampio confronto di mezzi e professionalità fra enti privati aspiranti a divenire organo dell’ente pubblico, assicurano una partecipazione collettiva alla proprietà dell’istituendo organismo societario (Corte di appello di Bari – sent. 6.12.2004)”. Tutto ciò considerato e tenuto conto della definitività delle pronunce riportate, non sembrano sussistere dubbi su una condotta, quella degli amministratori del Comune di Cassano delle Murge, posta in essere in totale dispregio delle norme che sarebbero stati chiamati ad applicare. Contesta inoltre la difesa degli appellanti il concetto, affermato dalla sentenza di primo grado, oltre che di anti economicità – sul quale ci si è già soffermati – di “inutilità” della società. Superando, in tale ottica, ed in quanto accertamenti di parte, l’istruttoria penale e la contestata “perizia Cafagna” del 7 agosto 1998, nonché la confutazione della stessa da parte della CTP a firma del rag. Gaetano Carnicella (il quale peraltro era il responsabile del Servizio di Ragioneria del Comune, controfirmatario, in quella veste, di tutte le delibere oggetto di esame e quindi in posizione di evidente conflitto di interesse), appare di particolare interesse esaminare quanto fornito dallo stesso Comune di Cassano delle Murge. In data 10 agosto 2006 il predetto Comune, a mezzo ordinanza sindacale n. 49, conferiva l’incarico al dott. Michele Danza perché lo stesso “accerti, descriva e quantifichi tutti i danni cagionati al Comune di Cassano delle Murge dalle condotte penalmente rilevanti poste in essere dagli imputati […omissis…], atteso che i suddetti imputati, nelle predette sentenze, sono stati altresì condannati al risarcimento dei danni subiti dal Comune di Cassano delle Murge, costituitosi parte civile, a causa delle suddette condotte penalmente rilevanti”. Il dott. Danza depositava la relativa perizia, nell’interesse del Comune, in data 19 ottobre 2006, concludendo quanto segue.
  • 6. Relativamente alla Tabella D – Riscossioni: “Si può affermare senza ombra di dubbio che le differenze riscontrate nell’arco temporale considerato (1999-2000) tra l’aggio da convenzione (7%) e l’aggio applicabile sulle riscossioni dirette (minimo 0,31% e massimo 3,53%) hanno prodotto, rispettivamente, un maggior danno per il Comune quantificabile in € 489.196,64 (nel caso in cui si fosse applicata la percentuale minima) ed € 253.738,77 (nel caso in cui si fosse applicata la percentuale massima). Stessa cosa dicasi per le differenze riscontrate tra l‘aggio da convenzione (7%) e l’aggio applicabile sui ruoli esattoriali (minimo 0,60% e massimo 6,72%). Infatti queste hanno prodotto rispettivamente un maggior danno per il Comune quantificabile in € 467.990,81 (nel caso in cui si fosse applicata la percentuale minima) ed € 20.474,60 (nel caso in cui si fosse applicata la percentuale massima). Da ciò ne consegue, ancora, che la differenza in termini assoluti, tra la misura determinata con aggio da convenzione e la misura determinata con gli aggi minimi applicabili sulle riscossioni dirette ed esattoriali rispetto al totale delle riscossioni risulta pari ad € 957.187,45 […]. Relativamente alla Tabella E – Accertamenti – anni 1999-2000 “l’aggio sulle somme accertate, disciplinato dagli artt. 13 e 14 della Convenzione tra il Comune e la Tributaria Intercomunale spa, non avrebbe dovuto aver luogo in considerazione che gli aggi stabiliti dalla legge disciplinano il corrispettivo per le somme riscosse e non già per quelle accertate. Ragion per cui, lo scrivente ha provveduto a considerare, sempre nell’ottica della quantificazione del maggior danno procurato all’Amministrazione, come non dovuta la sommatoria derivante dall’applicazione degli aggi di cui agli articoli della convenzione citati, pari complessivamente ad € 1.619.095,71. In conclusione, quindi, sulla base delle risultanze ottenute nel presente paragrafo, è risultato esserci un ingiusto vantaggio patrimoniale attribuibile alla Tributaria Intercomunale spa quantificabile in € 2.576.283,17 […]. In ultimo, ma non meno importante, residua il discorso relativo all’effettivo costo sostenuto dal Comune di Cassano delle Murge per le spese relative alla costituzione della società concessionaria “Tributaria intercomunale S.p.A.”. Come si è detto nel corpo della presente relazione nonché nelle sentenze dei vari tribunali aditi, la citata società si è rivelata assolutamente inadeguata allo svolgimento del servizio sia sotto il profilo organizzativo sia sotto quello economico, atteso l’elevatissimo aggio convenuto nonché il periodo oggetto di convenzione che, si ricorda, era stato previsto addirittura in anni cinquanta”. Conclude il consulente “sulla base dell’analisi effettuata attraverso la comparazione degli aggi applicati alle varie voci di bilancio per gli anni 1999-2000 nonché dei costi quantificati per la costituzione della società concessionaria e delle spese legali sostenute da parte del Comune nei vari gradi di giudizio, si può affermare che il danno complessivo attribuibile ala gestione “Tributaria Intercomunale S.p.A.” è stimato complessivamente in euro 2.758.960,14”. E ciò senza considerare l’ulteriore danno subito per la riorganizzazione posta in essere a seguito della sospensione della concessione a suo tempo affidata alla predetta società. Parte appellante fa notare tuttavia che lo stesso Comune di Cassano delle Murge, con nota del 14 dicembre 2009, n. 21175, a seguito di una richiesta di accesso agli atti del sig. Leporale, ha certificato i dati relativi alle riscossioni a titolo di recupero evasione ICI, recupero evasione TSSRU destinata ad investimenti e recupero evasione TRSU destinate a spese correnti, sostanzialmente confermando quanto affermato nella CTP del rag. Carnicella, e ciò a dimostrazione della utilità dell’attività svolta dalla Tributaria Intercomunale S.p.A. Peraltro, di tale utilità non vi è prova determinante. Specifica il Comune nella stessa nota, infatti, che i dati riportati “si riferiscono all’attività nel complesso considerata non potendosi attribuire gli stessi all’attività di recupero evasione tributi svolta dalla società “Il Pellicano srl” in virtù del “contratto di affidamento appalto di servizio di rilevazione del territorio per verifica e controllo tributi locali” stipulato il 13 novembre 1995, piuttosto che all’attività di recupero evasione tributi svolta dalla Intercomunale Tributaria spa in virtù della concessione-convenzione regolante il servizio pubblico di elaborazione e gestione dell’anagrafe tributaria comunale stipulato il 31 ottobre
  • 7. 1998 (e successivamente annullata dal Tribunale amministrativo, N.d.R.). Lo stesso dicasi per le riscossioni registrate nei consuntivi a partire dall’anno 2000 e successivi, quando è intervenuta anche l’attività di accertamento direttamente svolta dall’Ente”. Appare pertanto evidente che è del tutto impossibile quantificare l’attività svolta dalla società mista in un contesto, tuttavia, caratterizzato da illiceità manifeste e danni erariali di ingentissima rilevanza sicuramente riconducibili alla costituzione della Intercomunale Tributaria S.p.A., riconosciuta manifestamente da tutti i soggetti intervenuti nell’analisi della vicenda illegittimamente costituita e totalmente inadeguata per la funzione di destinazione. Un ultimo approfondimento meritano le posizioni dei singoli appellanti. Nella considerazione che la vicenda dannosa trae origine dalla delibera n. 8 del 9 marzo 1995 con la quale il Comune di Cassano delle Murge approvava la proposta di costituzione della Tributaria Intercomunale spa, a prevalente capitale privato, e dimostrata l’ampia fattispecie dannosa riconducibile a tale costituzione, è chiara l’imputabilità del danno a coloro i quali quella delibera hanno voluto e cioè tutti gli attuali appellanti, ad eccezione del Montedoro, non presente in quella seduta, tanto è vero che la difesa di quest’ultimo ne reclama l’estraneità ai fatti. Ora, se è vero che la delibera n. 8/1995 non è stata votata dal Montedoro, è altrettanto vero che vi è prova che il medesimo abbia partecipato, con tutti gli altri, a tutta la fase implementativa della struttura societaria. Il Montedoro vota favorevolmente la delibera n. 20/1996 con la quale il Consiglio comunale approva modifiche allo Statuto societario; vota favorevolmente la delibera di Giunta n. 210/1997 con la quale la Giunta stessa “approva e fa propria” la relazione e le conclusioni del Sindaco sulla costituzione della Società e delibera di indire l’asta pubblica per selezionare il partner privato; vota favorevolmente la delibera di Giunta n. 321/1997 relativa all’aggiudicazione della predetta gara; vota favorevolmente la delibera consiliare n. 3025/1998 di aumento del capitale della Società. E, tutto ciò senza che sia riportata in atti alcuna osservazione, dissenso, opposizione che il Montedoro avrebbe potuto avanzare in una delle numerose occasioni in cui appunto si è trovato a discutere ed approvare documenti relativi alla vicenda in questione. Pertanto il Collegio è dell’avviso di non poter considerare la posizione del Montedoro in maniera diversa da quella dei restanti appellanti. Conclusivamente, quindi, il Collegio ritiene di poter confermare, relativamente al danno patrimoniale, la condanna di primo grado secondo la quantificazione e le modalità in essa espresse. Infine, il danno all’immagine. Gli appellanti hanno ripetutamente affermato che lo stesso non può essere considerato perché ne mancano i presupposti ontologici ed anche perché la sua quantificazione appare arbitraria. In proposito, correttamente, il Giudice di prima istanza ha ricordato che non tutti i comportamenti illeciti determinano danno all’immagine. Secondo la giurisprudenza, infatti “la potenzialità dannosa nei termini delineati del comportamento illecito dei pubblici poteri va saggiata in concreto nei singoli casi. Infatti, ove si tratti di episodi sporadici e di cui non si è avuta diffusione può mancare un evento di danno (e comunque questo va dimostrato attraverso specifici indici). Laddove invece la pluralità degli episodi criminosi o la gravità in sé dei fatti ed il conseguente impatto sull’opinione pubblica o sulle categorie interessate sia sicuro indice della diffusione della conoscenza da parte dei cittadini dell’esistenza di una distorta organizzazione dei pubblici poteri è conseguenza ineludibile il danno per la P.A. sia in termini di danno emergente sia in termini di lucro cessante. Detti episodi vengono infatti ad incidere sia sull’organizzazione dell’attività amministrativa, con conseguenti maggiori costi, sia sulla necessità di ripristinare l’immagine, sia sulla posizione della P.A. la quale, ove eserciti correttamente ed imparzialmente il proprio potere, può ottenere l’adesione convinta dei cittadini, il loro apprezzamento o quantomeno non subire azioni di contrasto. In questi termini, esiste per la P.A. un danno certo, che può essere quantificato equitativamente” ( Sez. I Centrale, 20.9.2004, n.334/A). Peraltro, nel caso di specie, si sono realizzati alcuni dei presupposti tipici del danno all’immagine, oltretutto suffragato dall’accertamento di un concorrente reato contro la Pubblica Amministrazione.
  • 8. Vi è stata la diffusione della notizia a mezzo stampa che certamente non ha aiutato il livello di credibilità dell’Amministrazione nei confronti della cittadinanza, ma soprattutto, in relazione alla tipologia di danno in esame, vi è stato il comportamento particolarmente offensivo degli appellanti. Infatti, ciò che è stato offeso è il rapporto tra Amministrazione e cittadinanza, intesa non nella sua accezione comune, ma nel significato specifico di “contribuenti”. Non vi è notoriamente materia più sensibile presso la Comunità amministrata di quella tributaria. Un’ Amministrazione che si macchia di illecito, provato in tutte le sedi, dalla penale alla amministrativa, in relazione alla gestione del denaro versato dai contribuenti, crea un disfavore nei confronti di se stessa che va ben al di là dei fatti concreti, creando nella platea dei contribuenti medesimi la aspettativa negativa di vedere gestito il proprio denaro in maniera del tutto arbitraria ed al di fuori delle norme, tanto da creare, al limite, i presupposti anche per fenomeni di evasione. Non vi è chi non veda, a questo punto, come non si possa non parlare, nella fattispecie all’esame, di danno all’immagine dell’Amministrazione, ancora più evidente ove si pensi che è stata la stessa Amministrazione, in una fase successiva, a dover evidenziare, per porvi rimedio, il danno subito ad opera dei propri vertici. Certo è che resta relativamente definita la questione relativa alla quantificazione del medesimo. La quantificazione del danno all’immagine, infatti, una volta accertato il danno lesivo, può avvenire equitativamente e mai con automatico ragguaglio all’importo dell’illecito, che tuttavia può costituire sufficiente base presuntiva; secondo altro orientamento occorrerebbe provare l’effettiva erogazione della spesa di ripristino, da intendersi come costo effettivamente sofferto. Tale rigore probatorio, tuttavia, non tiene affatto in considerazione il fatto che, trattandosi di danno- conseguenza, dovrebbe tenersi conto della c.d. “causalità materiale” interna al fatto dannoso che serve a determinare l’intero danno cagionato e risarcibile in base ad un criterio di probabilità. Il Collegio ritiene pertanto sufficiente che siano forniti idonei indizi dell’ an, indicando adeguati elementi circa l’offensività dei fatti, senza che debba essere necessariamente provata la spesa di ripristino, che potrebbe essere anche futura o comunque riferibile ai maggiori costi che in prospettiva l’Amministrazione è chiamata a sopportare secondo il criterio dell’ id quod plerumque accidit, tanto da poter essere qualificato come danno presunto, potendosi configurare come danno in sé indipendente dagli effettivi costi di ripristino. Pertanto, il Collegio ritiene conclusivamente e tenuto conto anche della particolare azione svolta dall’Amministrazione stessa, in epoca successiva ai fatti di causa, per porre rimedio alla censurata iniziativa, di confermare le previsioni del primo Giudice in ordine alla sussistenza del danno all’immagine, identificando tuttavia, in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., il quantum nella minore somma di € 70.000,00=. Le spese seguono la soccombenza P.Q.M. La Corte dei conti, Sezione Prima Giurisdizionale Centrale, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente gli appelli promossi rispettivamente ad istanza dei sig. Giuseppe Antonio LEPORALE, Domenica D’AMBROSIO, Luciano Amedeo GIULIANI, Antonio PETRUZZELLIS, Giuseppe GIUSTINO, rappresentati e difesi dall’ avv. Vito Aurelio Pappalepore, e Francesco MONTEDORO, rappresentato e difeso dall’avv. Nuri Venturelli, avverso la sentenza della Sezione regionale Puglia della Corte dei conti n. 473/2010, depositata in Segreteria il 22 luglio 2010. Condanna pertanto in via solidale i sigg. Giuseppe Antonio LEPORALE, Domenica D’AMBROSIO, Luciano Amedeo GIULIANI, Antonio PETRUZZELLIS, Giuseppe GIUSTINO e Francesco MONTEDORO al pagamento in favore del Comune di Cassano delle Murge della somma di € 168.437,00 (€ 98.437,00 + € 70.000,00) oltre rivalutazione monetaria, da computarsi secondo gli indici ISTAT di andamento del costo della vita dalla commissione del fatto al deposito della presente sentenza ed interessi legali al saggio corrente da tale ultimo momento e fino al pagamento effettivo. Conferma la condanna alle spese di I grado.
  • 9. Le spese di giustizia del presente grado che si liquidano in euro……………………..seguono la soccombenza. Nulla per le spese legali. Manda alla segreteria per gli adempimenti di rito. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 febbraio 2012. L’ESTENSORE IL PRESIDENTE F.to Cons. Mauro OREFICE F.to Pres. Piera MAGGI Depositato il 16/3/2012 Il Dirigente F.to Massimo BIAGI