5. S T U
o
o
1
P O L 1 T 1 C A
E C O N O M 1 A
SOCI O L OG 1A
Collezione diretta da
Luigi Lojacono
i. 0 / .iO»"jGrTVert«
A l V » ^ V é ^ U jì* Ita lia
•A 1 ' .A lti
fi/mcun; ' XH
sfMmnn}
Ktnfetìntm
.v/ji7v>.-iAoJyty
C*lit/on$.a/dobbidki ■r*fJO
Tintimi
VulMtn
XhhVMtfìy^i> <istd/1iirirri
'hioiùi/u
Proni/vilaNk
C.Pkmivociu>l
VJ/yiìW
|F.toCanaiiti.
kycnmt
fimuuln*
Venia.
Hirnim
:
PIER LODOVICO BERTANI
IL PROBLEMA
DELL’ALTO ADRIATICO
11. PIER LO D O VICO BERTANI
IL PROBLEMA
DELL'ALTO ADRIATICO
Prefazione di Gino Arias
L ' E C O N O M I A I T A L I A N A E D I T R I C E I N R O M A
12.
13. I N D I C E G E N E R A L E
P R E F A Z I O N E ................................................................................................................................. pag. IX
P A R T E P R I M A — L’ALTO ADRIATICO NELLA STORIA POLITICA ED
E C O N O M IC A ...................................................................... » 3
1. Per uno studio geopolitico del problema adriatico.
2. La natura geografica: osservazioni preliminari sul retro
terra dei vari porti. 3. L'Alto Adriatico e le tendenze ege
moniche absburgiche : la funzione individuale e coordinati
va dei tre porti italiani nel dopoguerra. 4. La posizione
politica ed economica di Fiume prima e dopo 1’ annes
sione. 5. 1 Protocolli di Roma con l’Austria e l’ Unghe
ria del 17 Marzo 1934 ; i Protocolli addizionali del 23
Marzo 1936. 6. Le marine mercantili particolarmente in
teressate al traffico adriatico. 7. Distinzione delle cor
renti latitudinali e longitudinali. Nota bibliografica.
PARTE SECONDA — IL TRAFFICO MARITTIMO NEI VARI PORTI . . » 3
1. Analisi del traffico attraverso il porto di Venezia,
prima e dopo la guerra mondiale. 2. Le correnti del traf
fico triestino nell’ultimo venticinquennio. 3. Le condizioni
economiche di Fiume, con riferimento allo scalo di Susak.
4. Le fluttuazioni stagionali come indice del carattere
del porto e del suo retroterra. S. L’importanza dei porti
minori nei vari settori dell’ Adriatico; la funzione
Ravenna. 6. La possibilità che i porti della costa orien
tale ed occidentale svolgano attività concorrente con
quella degli empori alto-adriatici. 7. La posizione dei
14. porti jugoslavi nel traffico adriatico : il movimento di
Susak. 8. Lo sviluppo commerciale del porto di Sebenico.
9. L’attrezzatura del porto di Spalato e il traffico ma
rittimo. 10. Le condizioni economico-ambientali del
l’emporio di Ragusa e lo sviluppo del suo movimento.
Nota bibliografica.
P A R T E T E R Z A — LE PROSPETTIVE DEL TRAFFICO ALTO -AD RIA
TICO ......................................................................................... * 91
1. La politica economica internazionale e l’opera di col
laborazione fra i porti d e ll'A lto Adriatico: i rapporti
commerciali fra Italia e Jugoslavia 2. 11 nuovo si
stema porto-ferroviario nella politica adriatica jugoslava.
3. La politica tariffaria jugoslava. 4. La posizione dei tre
empori italiani. 5. I progetti ferroviari favorevoli al
traffico di Trieste e Venezia. 6. I porti della costa
orientale e la loro interferenza a ll’attività alto-adriatica.
7. I noli negli nltimi anni. 8. Il problema dell’ Alto A-
driatico nel più vasto campo della vita economica e po
litica internazionale. Nota bibliografica.
15. P R E F A Z I O N E
La dotta, esauriente monografia di Pier Lodovico Bertani sul pro
blema dell'Alto Adriatico, che io ebbi la viva soddisfazione di pro
porre per il primo premio in un recente concorso bandito dal Partito Na
zionale Fascista, conquista senz'altro un posto di prim’ordine nella ricca,
ma piuttosto frammentaria, letteratura, antica e recente, sull’argomento, di
così vitale importanza per l'imminente e necessaria espansione dell’economia
imperiale italiana, anche a traverso i suoi porti adriatici.
I fatti, che il Bertani enumera, ed illustra magistralmente, hanno dimo
strato senza fondamento l'infausto e malevolo pregiudizio, che pur senti-
vasi mormorare prima e durante la grande guerra, secondo il quale i porti
di Venezia, Trieste e Fiume avrebbero dovuto, con reciproco danno, inva
dere l’un l'altro la rispettiva zona d'influenza e contrastarsi le future pos
sibilità d'irradiazione.
A questa tesi disfattista, Mario Alberti ed io ci opponemmo vigorosa
mente fino dal 1915.
II Bertani dimostra che i porti italiani dell’ Alto Adriatico costitui
scono ormai un solo sistema e che hanno tutti le più grandi probabilità
di ulteriori ed anche grandiosi sviluppi, con grande vantaggio dell'econo
mia italiana. Bene osserva il Bertani che la concorrenza fra i porti di uno
stesso mare è relativa. « Nel nostro caso Venezia, Trieste e Fiume pos
sono prosperare tranquillamente, lavorando ciascuno per quella zona di cui
sono lo sbocco più vicino ed economico. Il possesso dei tre empori da parte
di un’ unica potenza non solo non è un male per alcuno di essi, ma, se
artifici politici non intervengono a turbare i naturali rapporti internazio
nali, è anzi un bene, perchè il potere centrale, specie se forte e non tur
bato nelle sue decisioni da inframettenze e speculazioni parlamentari, può
disporre un coordinamento delle singole funzioni».
La volontà politica, anche in questo campo, ha un'influenza poderosa
e determinante: sempre più si dimostra che la disciplina politica degli
scambi internazionali, sopra tutto col metodo delle compensazioni, è una
esigenza fondamentale per l'economia italiana, nella sua attuale fase di
16. unificazione corporativa e di conquista progressiva dei mercati stranieri.
Le convenzioni doganali e portuarie fra l’Italia e l'Austria, l'Italia e l'Un
gheria, l'Austria e l'Ungheria sono uno fra gli innumerevoli documenti di
questa grande verità, che gli economisti ligi al decrepito utilitarismo ne
gano od ammettono di mala voglia e con limitazioni non giustificate.
I protocolli di Roma del 17 marzo 1934 e quelli addizionali del 23 marzo
1936 segnano il trionfo della concezione Mussoliniana, pienamente accolta
dall'Austria e dall'Ungheria, secondo la quale i tre paesi, senza discono
scere la utilità dello sviluppo delle loro relazioni economiche con gli Stati
danubiani, formano un unico gruppo e un unico fronte. Oià se ne vedono
gli effetti sull’aumento di traffico nel porto di Trieste.
Il Bertani, con mirabile conoscenza dei dati di fatto, pazientemente
raccolti e accuratamente elaboratici dà una descrizione chiara ed efficace
delle varie marine mercantili interessate al traffico adriatico e quindi pro
cede all’ analisi del traffico marittimo nei vari porti adriatici, compresi
quelli dalmatici.
Rimangono inalterate le condizioni naturali, che fanno di Venezia lo
strumento indispensabile di un vasto e ricco retroterra esclusivamente nazio
nale; rimangono inalterate e possono in parte ritenersi anche migliorate
per le nuove opere idriche, per il più largo impiego di vie fluviali, per la
previdente assistenza del governo nazionale e per il forte incremento dato
all'attività industriale. Questo fu in passato ed è oggi il porto che nelle rela
zionifra l’Europa Centrale e l'Estremo Oriente permette il più ampio sfrut
tamento dei trasporti marittimi.
E ben noto che Venezia e Trieste presentano le stesse caratteristiche di
un fortissimo squilibrio fra importazioni ed esportazioni: 3 milioni e
275 mila tonti, importate contro 455 mila esportate a Venezia nel 1934;
1 milione e 816 mila tonn. importate, contro 591 mila esportate a Trieste
nello stesso anno.
Non si può ritenere che questo carattere possa essere sensibilmente atte
nuato in brevissimo tempo, ma certo molto gioverebbe che ciò si verificasse
come tendenza, sia pure a lungo periodo, quale segno della crescente
espansione italiana e per le ben note conseguenze sul corso dei noli e per
riflesso sull'ulteriore sviluppo del traffico marittimo.
lo penso che l'economia imperiale italiana sarà sempre più indipen
dente, ma sempre meno racchiusa in se stessa, pur entro i suoi vastissimi
confini; essa potrà e dovrà inserirsi sempre più nell'economia mondiale,
con volontà di dominio.
In questo periodo dell’economia italiana, forse imminente, comunque
non lontano, i nostri grandi porti, e sopra tutto quelli dell'Adriatico, raggiun
geranno un volume di traffico di gran lunga superiore a quello attuale, con
un maggiore equilibrio fra gli elementi da cui è costituito; rappresenteranno
insomma le grandi porte a traverso le quali l'imperialismo economico ita
liano si incamminerà trionfalmente per le vie del mondo.
Roma, R. Università, 27 Ottobre 1936-X IV
GINO ARIAS
17. ............ Si è riunita a Palazzo Littorio la Commissione nominata per
l’esame dei lavori presentati ai “ Littoriali della Cultura,, indetti dai Grup
pi Universitari Fascisti.
Erano presenti S. E. il Prof. Santi Romano, per il Ministero delle Cor
porazioni ; S. E. il Prof. Giuseppe Bottai e il Prof. Gino Arias per il Mini
stero dell’Educazione Nazionale ; il Dott. Salvatore Gatto per i Gruppi Uni -
versitari Fascisti, nonché i rappresentanti delle Confederazioni Nazionali :
Dott. Daniele Gorga, Avv. Marcello Andreoli, Avv. Emanuele Cabibbo,
Avv. Giuseppe Arcangeli, Avv. Roberto Roberti, Prof. Filippo Carli, Dott.
Raimondo Michetti, Prof. Alfonso Cermonti, Dott. Fernando Martelli, Avv.
Mario Mammoli, Comandante Alberto Coda, Dott. Giuseppe Sallicano,
Console Ivo Oliveti.
L’on. Starace ha affidato la presidenza a S. E. il Prof. Santi Romano.
Fra tutti i lavori premiati è stato segnalato, in modo particolare,
quello contrassegnato col motto “ Vincere per vivere, vivere per vincere,,,
che ha svolto il tema della Confederazione fascista della gente del mare
e dell’ aria: “ 11 traffico marittimo dell’Adriatico con speciale riguardo a
quello compiuto da navi battenti bandiera italiana, jugoslava e greca,,.
L’autore del lavoro, che ha dimostrato soprattutto di essersi dedicato con
passione e serietà di studi allo svolgimento del tema prescelto, è il fasci
sta universitario Pier Lodovico Bertani, studente in giurisprudenza presso
la R. Università di Bologna, al quale è stato così assegnato un premio di
L. 2000, mentre la Commissione ha indicato il lavoro alla Confederazione
Fascista della gente del mare e dell’aria come meritevole di pubblicazione.
D alla relazion e u fficia le della C om m issione esa m in a trici dei la -
oori p resen tati a i L ittoriali della Cultura - R om a, 2 4 A p rile /9 3 3 -X Ì.
23. L A lto A d riatico nella storia politica ed economica
tt
lì
1. Per uno studio geopolitico del problema adriatico pag.
2. La natura geografica : osservazioni preliminari sul
retroterra dei vari p o r t i.........................................
3. L’ Alto Adriatico e le tendenze egemoniche absburgi-
che: la funzione individuale e coordinativa dei
tre porti nel dopoguerra.........................................
4. La posizione politica ed economica di Fiume prima
e dopo 1’ annessione....................................................„ 14
5. 1 Protocolli di Roma con l’Austria e l’ Ungheria del
17 Marzo 1934; i Protocolli addizionali del 23
Marzo 1936 .............................................................. ...... 18
6. Le marine mercantili particolarmente interessate al
traffico adriatico......................................................... ....... 20
7. Distinzione delle correnti del traffico adriatico : cor
renti latitudinali e longitudinali..................................... 28
AJota bibliografica.................................................................... 29
24.
25. i. Il problema ddl'Adriatico, certo assai
più complesso di quello riguardante gli altri
mari che circondano la nostra penisola, è sta
to oggetto di numerosi trattati, taluni per
vero pregevoli, da parte di scrittori d’ogni
Nazione e tempo.
Ma il più delle volte si è preso in consi'
derazione uno solo degli aspetti della que-
stione, o ci si è lasciati fuorviare il pensie
ro da sentimenti e passioni personali, o si
sono seguite tendenze politiche ed econo
miche comunque particolaristiche, giungen
do a conclusioni erronee, perfino antistori
che. Vorremmo, insomma, uno studio pos
sibilmente completo, che trattasse l’argo
mento da un punto di vista universale, cioè
nella sua portata storica, che tenesse conto
delle evoluzioni economiche e degli scon
volgimenti politici, senza per questo abban
donarsi a visioni deontologiche nazionali e
ultrapatriottiche, altrettanto ideali quanto
pericolose.
Il problema dell’Adriatico va posto nel
tempo, non solo per studiarne gli sviluppi
avuti in passato, ma anche per conoscerne
e valutarne esattamente lo stato di poten
zialità nel quale si presenta al futuro; in
altri termini, si devono prender le mosse da
quei sani criteri di Geopolitica, senza i qua
li è nostro convincimento che non si pos
sano analizzare questioni di indole politico
economica. Diciamo subito che i nostri cri
teri divergono assai da quelli della scuola
francese e germanica, che pur hanno il me
rito di aver avvalorato tale disciplina; se è
vero, come è di fatto, che la Geopolitica è
la scienza del legame territoriale dei pro
cessi politici (i), non scorgiamo come si pos-
(i) Vedasi: WILHELM ZlEGl.ER: «Einführung in die
Politik », pag. 27. Lo ZlEGLER, insieme all'HAUSHOFER
(Karl H .: « Die Grenzen in ihrer geographischen und
politischen Bedeutung ») e al DlX (ARTHUR D. : « Geo
politik », in « Staat und Wirtschaft », n. 16) è un si-
stematore della Geopolitica come scienza a sè stante.
Per una critica profonda e coscienziosa, sia pure
sintetica, delle tendenze delle scuole geopolitiche fran
cesi e tedesche, rammentiamo: U g o M orICHINI: In
troduzione a: « Il Bacino adriatico e la Dalmazia »,
Libreria del Littorio, 1932, che avremo occasione di
citare spesso ad altro proposito.
26. 8
sano poi sostituire i logici fondamenti: la
Geografia fisica, l'Antropogeografia e la
Storia, con presupposti politico-filosofici, a
secondi fini.
Data dunque questa nostra concezione,
sarà opportuno, tralasciando per ovvie ra
gioni una esposizione del problema dal pun
to di vista geografico-fisico, premettere al
cune considerazioni di natura antropogeo
grafica, cioè relative alla funzione svolta
dal mare nei riguardi degli abitanti le zone
marittime.
2. La assoluta superiorità della costa orien
tale sulla occidentale, che si rileva qualora
si considerino solamente le regioni litoranee,
specialmente ai fini della navigazione, scom
pare se si porta l’esame a maggiore pro
fondità: anzitutto la costa occidentale ha
un retroterra più vasto, e, per quanto scar
se siano le precipitazioni, non risente così
fortemente della bora e dello scirocco. Ma
la differenza geografica più essenziale, e di
maggior effetto per una valutazione socia
le, si deve cercare nel raccordo dei versan
ti alla propria catena e nella posizione com
plessiva di questa rispetto alle altre regio
ni circostanti. Infatti la costa italiana, mer
cè i comodi valichi appenninici, fu facilmen
te influenzata e rafforzata dai popoli dello
altro versante: Toscani, Latini e Campani,
che con la loro maggiore civiltà e ricchez
za diedero vita alla regione e neutralizza
rono le forze barbariche orientali, già im
pedite nel loro passaggio dall’Adriatico.
La costa orientale invece risentì della sua
particolare infelicità, perchè, oltre ad avere
nelle montagne uno spartiacque bizzarro e
indeciso, manca di un vero versante dall’al
tra parte, ed anche quell’altopiano che lo
sostituisce è rivolto a settentrione. Dal Car
so si passa ai Balcani con una serie di pic
cole catene, che si intrecciano in modo tale
da impedire qualunque confine naturale.
Da questo fatto traggono origine gli in
numerevoli conflitti e la discordia innata,
che costituisce la piaga fondamentale dei
popoli balcanici. Di tali vicende dolorose
subì le conseguenze la regione litoranea,
della quale le orde barbariche si servirono
come di un ponte di passaggio per le loro
migrazioni dall’Oriente all’Occidente d’Eu
ropa.
Devesi anche aggiungere che la costa o-
rientale, se ebbe dei benefizi dall’Adriatico,
li ebbe per imposizione; quindi, nel subire
la supremazia delle regioni italiche, si tro
vò da questo lato in una dipendenza che
moralmente pregiudicò il valore di quei be
nefizi.
Si comprende quindi, come la fortunata
condizione geografica — ricchezza d’isole e
di insenature, presenza di coste adatte alla
navigazione — disgiunta da criteri di sana
coscienza politica nelle popolazioni, sia stata
nociva al progresso economico, alla pace e
particolarmente allo sviluppo del senso di
nazionalità degli abitanti la costa orientale.
Di contro, la costa italiana si sviluppò sotto
l’influsso della civiltà italica, basata sulla
unità geografica e nazionale, per sua natura
indistruttibile. Questo ci basti a dimostra
re le ragioni intime della superiorità so
ciale dell’elemento italiano nel bacino del
l’Adriatico.
Un altro fenomeno, derivante da fattori
puramente fisici, che rende ancor più com
plesso il problema, è costituito dalla par
ticolare conformazione del retroterra dei va
ri porti adriatici. Mentre in tutta la parte
27. occidentale le condizioni dell’entroterra so-
no in genere molto più favorevoli all’inse-
diamento umano, che non la zona costiera,
nell’altra costa esse sono assai poco propi
zie, sino a diventare addirittura impossibili,
allontanandoci anche solo per pochi chilo
metri dalla costa, su per l’impervia scar
pata delle Alpi Bebie e delle Dinariche.
Questa diversità di fattori ambientali
trova riscontro nella storia politica ed eco
nomica, che ha per teatro il bacino dello
Adriatico, come si può vedere esaminando
le condizioni naturali, il processo del popo
lamento e le vicissitudini politiche di que
sta zona così ricca di eventi storici (i).
L ’esatta conoscenza della situazione geo
grafica ed antropogeografica dovrebbe in
dicare la via più favorevole segnata dalla
natura allo sviluppo ed alla prosperità degli
Stati; ma questa considerazione non deve
indurci ad un determinismo geografico tale
da non ammettere spostamenti ad opera
della volontà, come se si trattasse di un
campo al di fuori della realtà umana; anzi,
è esatto sostenere che la quantità e la qua
lità del litorale possono essere sostituiti da
un solo buon porto, magari artificiale, sem
pre che il popolo, cui appartiene l’approdo,
sia industrialmente potente, commercial
mente attivo, marinarescamente capace, a-
bile nelle direttive dei suoi dirigenti poli
tici e finanziari.
Non per questo sono invertiti i principi
geopolitici: nessuna forza umana può im
porre all’Adriatico una funzione diversa da
quella stabilita da natura, confermata da
due millenni di attività storica. Anzi, la
speciale conformazione del retroterra dei
(i) V e d i am plrus: U . MORICHINI, o p . cit.
singoli porti rende più sentiti gli sposta
menti di confine e di zone di influenza.
Tipico è il caso di Trieste, dopo l’annes
sione all’Italia.
3. Con lo spostamento del confine politi-
co-doganale, Trieste, che spingeva la sua in
fluenza nell’Europa centrale fino a conten
dere ad Amburgo i traffici di Praga e di
Norimberga, venne improvvisamente a tro
varsi priva del suo poderoso retroterra na
zionale. I fatti hanno poi dimostrato come
fosse errato il credere che il porto di Trie
ste fosse votato alla inazione e alla morte;
infatti, il retroterra politico può essere so
stituito da un retroterra economico, che è
in gran parte naturale, anche se in questo
caso lo sfruttamento, pur facilitato da co
mode vie di comunicazione, costa ai porti
ingenti sacrifici, come la istituzione e la ma
nutenzione di speciali organismi capaci di
attirare e dirigere il traffico.
Particolare interesse presenta il porre a
confronto — senza entrare ad esaminare
le attuali condizioni che considereremo in
seguito — i caratteri antropici ed economi
ci che presentava Trieste prima della guer
ra, con la sistemazione ottenuta in seguito
al conflitto mondiale, in relazione alla coe
sistenza di Venezia e di Fiume.
La scoperta dell’America e quella della
via delle Indie per il Capo di Buona Spe
ranza, ebbero per effetto il lento spostamen
to dei traffici europei dal Mediterraneo al-
l’Atlantico. A partire dal ’500, le guerre coi
Turchi logorarono e sottrassero alla Poten
za veneta le basi navali e le colonie, tanto
necessarie alla sua vita commerciale.
La decadenza di Venezia si manifesta ap
pieno agli albori del secolo XVIII; nel 1702
le proteste della Repubblica non valgono più
28. 1.0
ZONE DI COMPETENZA ECONOMICA
DEI VARI PORTI NELL’ ANTEGUERRA
'SCALA 1: 91000000
VENEZIA ] GENOVA
TRIESTE AMBURGO
FIUME ZONE CONTESE
29. 11
ad impedire l’esistenza di navi armate trie
stine e fiumane. Carlo V I approfitta della
alleanza veneziana per proclamare, il 2 Giu
gno 17 17 , la libertà dei mari. Sotto questo
colpo e dopo l’infausta pace di Passarowitz
(1718), la vecchia Regina dell’Adriatico,
onusta di gloria, piega vieppiù il capo al suo
destino, finche un grande Tiranno le strap
pa anche la corona, per aggiungerla, ambi
to trofeo, ai suoi cimeli di vittorie.
Trieste, senza industrie, nè commerci, po
co popolata, sfornita di capitali e "di attrez
zatura, sia portuaria che stradale, seppe ap
profittare delPindebolimento politico ed e-
conomico della Serenissima e, costruendo
strade, migliorando il codice mercantile, au
mentando la flotta, soppiantare la decaden
te Repubblica nella sua funzione di inter
mediaria fra l’Oriente e l’Occidente, assu
mendone il traffico col Levante, fonte di
vitale grandezza.
Le condizioni di Venezia rispetto a Trie
ste peggiorarono naturalmente quando il
Veneto, dal Trattato di Campoformio
(1797) al 1866, appartenne, con alterne vi
cende, all’Austria, la quale, prevedendo che
prima o poi Venezia sarebbe tornata in do
minio della Nazione cui doveva appartene
re, dedicò a quel porto poche cure e solo for
mali.
Mentre Trieste e Fiume furono eretti a
porti franchi il 18 Marzo 1719 , per Vene
zia Francesco I firmò il Decreto con cui si
attuava la franchigia (durata poi, salvo la
interruzione 1849^51, fino al 1873), con
vigore dal i° Febbraio 1830; nel 1831 si
fondarono a Trieste le Assicurazioni Gene
rali, vera base della fortuna economica del
l’emporio; finalmente, due anni prima che
sorgesse la Riunione Adriatica di Sicurtà,
ecco presentarsi in campo la meravigliosa
arma di espansione austriaca : il Lloyd
(1836). Contemporaneamente aH'affermarsi
di potenti nuclei di marineria, sorsero le pri
me ferrovie che unirono Trieste a Lubiana
e a Vienna.
Nel 1869, l’apertura del Canale di Suez
restituì all’Adriatico la sua naturale fun
zione di bacino di smistamento dei traffici
fra l’Oriente e l’Europa centrale, impedendo
così che altre linee internazionali, attraver
so i porti del Nord e lungo il Danubio pas
sassero in prima linea, davanti al nostro ba
cino. Immediatamente il traffico dell’Adria
tico tornò a pulsare con ritmo accelerato.
Ma i porti adriatici, e Venezia in special
modo, non essendo preparati al riattivarsi
in grande scala del traffico marittimo, si
ridussero ad avere un’influenza poco più che
locale — ad ogni modo alquanto limita
ta — , con parziale vantaggio dei porti ger
manici e inglesi.
La causa della impreparazione degli em
pori adriatici va ricercata principalmente
nelle variazioni del momento storico e del
fattore antropogeografico. Le correnti po
litiche del moderno nazionalismo europeo
intensificarono i traffici e gli scambi interna
zionali, dando vita a sistemi economici sem
pre più complessi; mentre si cercava di ri
durre i costi, si aumentò la potenza, la qua
lità e la sicurezza delle comunicazioni; si
elevarono barriere doganali, mentre d’altro
lato si cercava di eliminarne gli effetti con
sistemi fiscali ed economici speciali, come
la tendenza al monopolio, la clausola della
nazione più favorita, gli scambi bilanciati,
ecc.
Nel frattempo anche il fattore antropo
geografico mutò il campo nel quale si svol
30. 12
gevano i commerci. Il vecchio attrezza
mento marittimo-commerciale non era più
sufficiente all’economia delle nuove corren
ti di traffico; per applicare le recenti inven
zioni alla struttura economica nazionale,
occorrevano non solo ricchezze ingenti, ma
anche una visione ampia e organica del mo
mento, con un programma chiaro ed armo
nico, le cui basi risiedessero su di una salda
unità nazionale e una potente riserva finan
ziaria da parte dello Stato. Pertanto le Na
zioni europee fecero a gara a diminuire le
esigenze tariffarie, fiscali e tributarie in ge
nere, a costruire ed arredare porti, col per
fezionare i sistemi lavorativi, col rendere i
fondali proporzionati ai nuovi scali, aumen
tando l’area delle banchine e corredandole
di mezzi rapidi di carico e scarico delle
merci.
L’alterazione più profonda prodotta dai
moderni sistemi di comunicazione fu quella
relativa all’area di gravitazione economica
dei vari centri marittimi. I porti del Nord,
collegati al retroterra da pianeggianti fer
rovie e da poco costose linee fluviali, hanno
la preferenza in confronto ai porti adriatici,
più vicini e in passato anche più convenien
ti, i cui servizi non sono adatti alle nuove
esigenze commerciali. In secondo luogo, si
rende sempre più indispensabile allo svilup
po dei commerci una salda base industriale
e, negli ultimi tempi, l’assistenza di un or
ganismo finanziario poderoso, che comune
mente è lo Stato.
Questa intromissione dello Stato nel fe
nomeno economico, tipica dell’attuale mo
mento storico, non significa affatto che l’or
ganismo politico possa invertire i principii
economici e contrastare alla forza logica del
le cose: la migliore riprova si ha nel fal
limento della artificiosa politica di privile
gi e di monopoli, che per parecchi decenni
ha dato potenza rigogliosa a empori locali
durante la decadenza di Venezia. Vero è
che le coste soggette all’Austria erano sotto
taluni aspetti in migliori condizioni di quel
le italiane; ma la abbondanza di approdi e
la presenza di elementi ricchi ed attivi non
sarebbero state sufficienti, senza la volontà
tenace di un organismo formidabile, bra
moso di avere il predominio dell’Adriatico.
Allora si iniziò quel tentativo antistorico
di slavizzazione del nostro mare, che fu
causa non ultima deH’intervento italiano nel
Maggio del ’ 15.
Agli effetti del problema dell’Adriatico,
la grande guerra non è altro che il crollo
violento degli artifici coi quali gli Imperi
centrali volevano imporre un instabile e-
quilibrio economico; con un processo im
provviso, logico, anche se si è manifestato
attraverso la distruzione di innumeri vite,
l’Italia ha riavuta la sua naturale suprema
zia.
Durante il conflitto, i traffici marittimi
furono completamente sospesi ed ogni atti
vità commerciale paralizzata. Di tale stato
di cose i porti adriatici risentirono le conse
guenze in modo assai più grave di tutti gli
altri. Spentasi la conflagrazione, il traffico
marittimo dell’Adriatico si trovò ostacolato,
oltre che dalla crisi politica interna, dalle
particolari condizioni dei Paesi dai quali
doveva trarre vita; i Balcani, la Turchia, la
Russia, i Paesi dell’estremo Oriente erano
tormentati da guerre, perturbazioni sociali
e rivoluzioni economiche. Contemporanea
mente, le condizioni economico-finanziarie
dell'antico retroterra, particolarmente per
31. 13
T R A F FIC O M A R IT T IM O T O T A L E
Trieste, non permettevano il riallacciarsi di
relazioni commerciali, per le quali gli scam
bi erano impediti dalla instabilità e dal rin-
vilimento progressivo della moneta. Solo
cosi ci possiamo spiegare il lento riprendere
del movimento commerciale adriatico nel
dopoguerra.
Facendosi appunto forti di questa indo
lenza dei nostri empori a riassumere la lo
ro funzione di primo piano, alcuni scrittori
ed uomini politici stranieri hanno preteso
sostenere che la moderna economia dei tra
sporti non sopporta la coesistenza in uno
stesso mare di più porti della stessa Nazio
ne; quasi che non si possa attribuire a cia
scuno di essi una speciale funzione, deter
minata dalla natura del retroterra e dalle
vie di comunicazione che ad esso fanno ca
po. Quindi la concorrenza fra i porti di uno
stesso mare è relativa; infatti, nel nostro
caso, Venezia, Trieste e Fiume possono pro
sperare tranquillamente, lavorando ciascuna
per quella zona di cui è lo sbocco più
vicino ed economico. Il possesso dei tre em
pori da parte di una unica Potenza non so
lo non è un male per alcuno di essi, ma, se
artifici politici non intervengono a turbare
i naturali rapporti internazionali, è anzi un
bene; perchè il potere centrale, specie se for
te e non turbato nelle sue decisioni da in-
trammittenze di speculazioni parlamentari,
può disporre un coordinamento delle singo
le funzioni ; il che non si poteva certo fare
quando soltanto Venezia apparteneva alla
Italia, debole rispetto a un’Austria-Unghe-
ria, che con ostinati sacrifici voleva il pre
dominio incontrastato dei suoi porti.
Trieste e Fiume, sbocchi di retroterra ap
partenenti a diverse Nazioni, hanno neces
sariamente risentito le conseguenze econo
miche della guerra e della crisi postbellica
più di qualunque altro porto italiano. Il
32. 14
frazionamento dell’impero absburgico nei
vari Stati ha prodotto un eccezionale scon
volgimento di confini, accompagnato da un
improvviso nuovo orientamento delle cor
renti della politica economica. Tale feno
meno, la crisi monetaria conseguente e le
condizioni particolari dei mercati orientali
hanno contribuito fortemente a rendere più
difficile il risorgere dei traffici triestini e
fiumani.
Si noti la tendenza al riassestamento del
l’equilibrio economico, col riattivamento
della produzione e degli scambi; nel caso
di Trieste, il grave squilibrio fra esporta
zione ed importazione marittima verifi
catosi nel 1919 non è più avvenuto;
questo dimostra che Trieste ha riassunta
la sua funzione di collegamento fra l’O-
riente e l’Europa centrale, come nell’an-
teguerra. Non che si sia raggiunta la in
tensità di traffico di allora, ma il movi
mento marittimo totale medio del decennio
I925' 34 costituisce l’82,o8 % di quello del
quinquennio i909-’i3 : percentuale per ve
ro rilevante, se si tien conto delle diverse
condizioni economiche del territorio retro
stante e della depressione generale iniziata
si nel 1929.
La situazione economica dei tre porti ita
liani deU’Alto Adriatico sarà da noi analiz
zata in seguito, ma possiamo subito trarre
una conclusione da quanto abbiamo fin qui
esposto.
La ripresa del movimento commerciale
con tutti i Paesi del retroterra conferma che
il porto di Trieste va riacquistando la sua
intensità ed importanza d’anteguerra e che
la nuova barriera politico-doganale che lo
separa dal suo retroterra economico non ne
diminuisce, nè cambia affatto la funzione;
anzi, possiamo già preventivamente affer
mare che una vigile e lungimirante politica
economica italiana potrà, nella ripartizione
del traffico europeo, determinare a Trieste,
in collaborazione con Venezia e Fiume, u-
na influenza superiore a quella che poteva
darle, con i suoi artifici contrastanti coi sani
principi geopolitici, il sistema economico
dell’Austria-Ungheria. Quindi, la « nociva
concorrenza » fra i porti dell’Adriatico si
cambierà in nobile emulazione, a tutto be
neficio della Nazione.
4. Esaminiamo ora un’altra questione,
forse più complessa e intricata di quella
triestina: il problema di Fiume, con parti
colare riguardo alla coesistenza di Trieste e
alla concorrenza di Susak.
In conseguenza dell’artificiosa e forzata
politica adriatica dell’Austria, alla quale si
è già avuto occasione di accennare, il porto
di Fiume completò l’opera di concorrenza
ai porti italiani, in attesa di essere restituita
all’Italia. Il Patto di Londra contiene le ba
si della ricompensa per l’intervento italiano
in guerra; quello che accadde fino all’annes
sione di Fiume all’Italia con l’Accordo di
Roma del 27 Gennaio 1924 è noto ai più.
Gli Articoli 4, 5 e 6 del Patto di Londra
dimostrano, con chiarezza maggiore degli
altri, che le rivendicazioni italiane si ispira
vano a criteri di grandezza romana e ve
neta:
Ari. 4. — « Nel Trattato di pace, l’Ita-
« lia avrà il Trentino, il Tirolo cisalpino
« con la sua frontiera geografica e naturale
« (la frontiera del Brennero); Trieste, le
« Contee di Gradisca e Gorizia, tutta l’Istria
« fino al Quarnaro compresavi Volosca e le
« isole istriane di Cherso, Lussino, come an-
33. 15
« che le piccole isole di Plavnik, Unia, Ca
li nidole, Palazzuoli, S. Pietro di Nembi,
« Asinelio, Gruica e i vicini isolotti.
« Nota. — La frontiera sarà tracciata...
« fino a Idria. Da questo punto seguirà in
« direzione di sud-est verso lo Schneeberg
« (Nevoso) lasciando fuori del territorio ita
ci liano tutto il bacino della Sava e dei suoi
<»affluenti; dallo Schneeberg la frontiera
« scenderà verso la costa in modo da inclu-
« dere Castua, Mattuglie, Volosca nel terri-
« torio italiano.
Art. 5. — « L ’Italia avrà anche la pro-
« vincia di Dalmazia nei suoi confini am-
« ministrativi attuali.
« Nota. — Sarà dato alla Croazia nell’Al-
« to Adriatico tutta la costa, dalla baia di
« Volosca, sul confine istriano, fino alla
« frontiera settentrionale della Dalmazia
« comprendente il litorale attualmente un
ii gherese e tutta la costa della Croazia, il
« porto di Fiume...
Art. 6. — « L ’Italia avrà la completa so-
< vranità tra Vallona, l’isola di Saseno e
« su un territorio circostante... ».
Naturalmente si supponeva che, a guer
ra vinta, si potessero ottenere tali compensi;
ma, purtroppo, quando il conflitto mondia
le stava per cedere il posto alla pace, un
nuovo fattore di discordie si aggiunse; l’abi
tudine alle Conferenze, suscitate e mante
nute da parassiti voraci, desiderosi di difen
dere gli altrui eroismi per sfruttare a pro
prio indegno vantaggio la situazione dolo
rosa. Astro del momento fu il teorico poli
tico Wilson.
Già dal 18 Ottobre 1919, il deputato fiu
mano Ossoinak richiedeva apertamente per
la sua città, italiana nel passato, italiana nel
presente, il diritto di autodecisione. Finita
la guerra, i Trattati del Trianon e di San
Germano, dimentichi dei Patti prebellici,
restituirono all’Adriatico press’a poco la con
figurazione che aveva prima della guerra.
Fiume fu abbandonata alla mercè di due vi
cini in contrasto; poco dopo, gli Alleati,
spinti dal contegno della cittadinanza fiu
mana, che ardeva di passione nazionale, co
minciarono a formulare i vari progetti:
Wilson, Tardieu, Gay (ispirato dall’Ossoi-
nak), Richard (di ispirazione fiumana) e in
fine quello George; tutti falliti.
All’opera internazionale si intrecciarono
gli eventi, che, per quanto cari al nostro
cuore di italiani, non possiamo qui consi
derare minutamente; certo, l’eroismo dei
Fiumani e l’intervento pronto dei Legio
nari d’Annunziani influirono enormemente
sulle decisioni prese in seguito. La soluzione
della questione fu affidata alle due parti
contendenti, fuori dell'ambito di discussio
ne in sede di Conferenza internazionale.
Durante i ministeri Giolitti e Sforza si ten
nero le Conferenze di San Remo e di Pai-
lanza, che terminarono nell’Accordo sui
generis di Rapallo, il 12 Novembre 1920;
Fiume divenne Stato indipendente, l’Italia
ebbe la Venezia Giulia fino al Monte Ne
voso con le isole del Quamero, Cherso e
Lussin, ma rinunziò alla Dalmazia e alle
sue isole, meno Zara e Lagosta. Il malcon
tento dei Fiumani per questa soluzione si
risolse con l’annessione di Fiume all’Italia,
il 27 Gennaio 1924.
Fu poi indetta una Conferenza italo-
jugoslava, che, dopo varie vicende, terminò
con l’Accordo di Nettuno, firmato il 20 Lu
glio 1925 ad Anzio; per tale Accordo si è
resa possibile l’assistenza alle minoranze i-
taliane sulla costa dalmata. Inoltre al Regno
34. 16
S. C. S. è garantito libero sfogo nel porto
bene attrezzato di Fiume, non soltanto per
i suoi prodotti, ma per tutto il suo traffico
di transito e coi vantaggi del regime per i
punti franchi. Sono state eliminate ragioni
di dannose reciproche concorrenze fra i por
ti di Fiume e di Susak, senza pregiudicare
per questo l'opera dei due Governi, intesa
a sviluppare i traffici del proprio Paese. Si
è decisa l’istituzione dei Magazzini Generali
nel Bacino Thaon di Revel, con l’obbligo
di emissione di warrants.
Naturalmente al susseguirsi degli eventi
politici corrispose una diversità di indirizzi
economici destinati al porto di Fiume. Co
sì, col Patto di Londra, Fiume con tutto lo
immediato retroterra veniva assegnata alla
Croazia; quindi il porto doveva assoluta-
mente competere ai Croati, con ampia liber
tà di traffico anche e soprattutto a danno di
Trieste. In tal modo restava la concorrenza
fra i porti nord-adriatici, minaccia continua
alla nostra sovranità economica, anche se,
col possesso della Dalmazia e dell’Albania,
lo sbocco fiumano godeva di una autonomia
molto relativa.
Nei vari progetti presentati alla Confe
renza della Pace si ebbero in poco conto gli
obbiettivi economici. Il progetto Gay-Ossoi-
nak, unico, mirò chiaramente ad evitare la
temuta scissione dell’organismo portuario,
per la questione del Delta e del Piazzale del
la Braidizza; eliminato questo, cadde subito
dopo anche il progetto Richard, che risol
veva la questione economica con l’erezione
di tutto l’impianto a porto franco.
Il Trattato di Rapallo, che non eccelle per
la sua limpidità, permise lo spezzamento del
l’unità portuaria, essendo stati assegnati al
Regno S.C.S. il Delta e Porto Barros. Non
ostante vari tentativi, fra i quali notevole
quello del Senatore Quartieri per rivedere i
confini orientali, si giunse al Trattato di Ro
ma, che riconobbe la sovranità jugoslava
sul Delta e Porto Barros, e concesse al Re
gno S. C. S. in affittanza il bacino Thaon
di Revel nel Porto di Fiume. Si stabiliro
no inoltre accordi per il funzionamento del
porto e della ferrovia, istituendo, per le que
stioni di dettaglio, apposite commissioni, che
portarono all’Accordo di Nettuno, di cui
abbiamo fatto menzione poc’anzi.
Sarebbe superfluo dire che tutti i sunno
minati progetti riguardanti l’organizzazio
ne economica interna di Fiume avevano co
me presupposto e scopo unico la possibilità
di traffici col retroterra. Certo, finche si par
lò di Stato libero, l’unico sistema per dar
vita all’organismo macrocefalo era il regime
di porto franco (progetto Richard), perfezio
nato con l’istituzione del consorzio portua
rio. In seguito si sarebbe voluto dar vita ad
un sistema di «resistenza», facendo di Fiu
me un porto industriale col dare impulso
alle industrie esistenti e creandone delle
nuove. Ma Fiume aveva, come ancora ha,
carattere anche e soprattutto commerciale.
Vero è che circa un terzo della popolazione
totale anteguerra era addetto alle industrie;
ma il particolare momento economico di ri
lassamento generale non permetteva Uno
sviluppo industriale così enorme da sostitui
re la attività commerciale. Quindi anche
tale nuovo indirizzo fu presto lasciato e si
tornò a considerare Fiume come porto di
grande transito. Sorse allora lo spinoso pro
blema della concorrenza: Fiume è una mi
naccia per Trieste, così come questa lo è
per Venezia.
Si è già notato come, prima della guerra,
35. 17
esistesse effettivamente una concorrenza fra
i porti italiani e austro-ungarici, e come la
politica austriaca abbia cercato di accentua
re il dualismo Trieste-Fiume. Ma oggi che
questi porti sono riuniti sotto la stessa ban
diera per proseguire, in modo organico e
coordinato, la loro azione contro l’invaden
za dei porti del Nord, dobbiamo conside
rare assolutamente cessata ogni ragione di
concorrenza più o meno forzata fra di essi.
Fiume permane lo sbocco naturale dei traf
fici provenienti o destinati all Ungheria, an
che se la politica jugoslava tenta di sosti
tuire al nostro emporio i suoi porti centro
settentrionali: Spalato, Sebenico e, in par-
ticolar modo, Susak.
Pur riserbandoci di studiare nella par
te seguente i problemi speciali relativi
a tale questione, possiamo brevemente
accennare ai caratteri generali che in-
TRA FFICO M A RITTIM O DI IMPORT A ZIO N E
dividuano la funzione dei due porti di Fiu
me e Susak. A favore del porto italiano sta
la maggiore disponibilità di linee regolari
di navigazione e il possesso di impianti por
tuali capaci e modernamente attrezzati, che
assicurano una rapida manipolazione e buo
na custodia delle merci. Susak, invece, ha
maggiore disponibilità di spazi per il depo
sito dei legnami, tariffa preferenziale fer
roviaria e minor costo della mano d’opera.
L ’esistenza di tali fattori sembra segna
re la via ad una specializzazione dei due
porti: a Fiume le merci ricche e bisognevo
li di cure e deposito in spazi coperti; a Su
sak le merci di massa che non hanno tali
esigenze. Dato però che le prime, per la
struttura economica del retroterra fiumano,
non bastano da sole ad alimentare un por
to della capacità di quello di Fiume, questo
non può disinteressarsi delle altre merci. I
36. 18
noltre bisogna tener presente che le defi
cienze di Susak possono, in tempo brave,
essere eliminate. Epperò ai dirigenti respon
sabili delPavvenire economico di Fiume in
combe l’obbligo di vigilare e di provvedere
tempestivamente, affinchè sia difesa, man
tenuta e anche aumentata l'efficienza del
porto. Soprattutto, data la nuova attrez
zatura dei porti dalmati, dobbiamo impedi
re che i traffici destinati naturalmente ai
nostri porti, attratti da benefici di monopoli
e da tariffe preferenziali, prendano altra via,
con grave danno del nostro commercio ma
rittimo.
5. Torna quindi a proposito ricordare l’o
pera recentemente svolta dal Governo fasci
sta a favore dei porti di Trieste e di Fiume.
11 Capo del Governo italiano aveva negli
ultimi anni fissate le direttive per la rico
struzione danubiana, precisandole successi
vamente a Stresa, e determinandole nel Set
tembre 1933 nel suo memorandum. Ap
punto da tali direttive e da tale piano da
nubiano sono scaturiti i Protocolli di Ro
ma del 17 Marzo 1934, che hanno segnato
un passo deciso verso il riassestamento eco
nomico internazionale.
11 primo Protocollo firmato a Roma dalle
tre Potenze è essenzialmente politico; i tre
firmatari si impegnano a consultarsi su tutti
i problemi che li riguardano, allo scopo di
svolgere una politica concorde, secondo i
piani prestabiliti. Gli altri due Protocolli
hanno contenuto strettamente economico:
mentre il secondo riguarda tutti e tre i Pae
si, il terzo è limitato all’Italia ed all’Au
stria e si riconnette ai precedenti per le
questioni particolari.
Tali Protocolli stabiliscono: a) l’allarga
mento delle convenzioni commerciali esi
stenti tra l’Italia e l’Austria, l’Italia e l’Un
gheria, allo scopo di facilitare le esporta
zioni reciproche, sviluppando il carattere
complementare delle rispettive economie na
zionali; b) la concessione di dazi preferen
ziali a prodotti industriali austriaci e la con
clusione di intese fra le industrie austriache
e quelle italiane; c) l’adozione dei provve
dimenti necessari per superare le difficoltà
derivanti all’Ungheria dal ribasso dei prez
zi del grano; d) lo sviluppo del traffico di
transito attraverso i porti adriatici (Proto
collo II, Art. 3: « I tre Governi si obbli
gano a facilitare ed a sviluppare quanto più
possibile il movimento di transito nei porti
dell’Adriatico. A questo scopo saranno con
clusi quanto prima possibile accordi bilate
rali »).
Grazie alla attivissima azione svolta dal
le amministrazioni competenti, vennero fir
mati il 14 Maggio Accordi separati, che
danno rapida applicazione ai Protocolli del
17 Marzo.
L ’Accordo italo-austriaco contiene: a)
la concessione a favore dell’Austria di dirit
ti preferenziali per un numero considere
vole di prodotti industriali; b) la concessio
ne a favore dell’Italia, sotto il regime della
clausola della Nazione più favorita, di al
cune facilitazioni di carattere doganale per
un certo numero di prodotti, la maggior
parte dei quali è di tipica produzione italia
na. L ’Accordo italo-ungherese contiene: a)
l’impegno da parte dell’Italia di acquistare
per mezzo della Società «Safni» da una or
ganizzazione ungherese un milione ed even
tualmente due milioni di q.li di grano, ad
un prezzo che permetta all’Ungheria una
conveniente valorizzazione del suo prodot
37. 19
to; b) l'impegno dell’Ungheria di prendere
in particolare considerazione le domande
dell’Italia per facilitazioni doganali sogget
te al regime della clausola della Nazione
più favorita, come pure per l’attuazione del
regime delle restrizioni alle importazioni.
Tra l’Italia e l’Austria, l’Italia e l’Unghe
ria e l’Austria e l’Ungheria sono interve
nute intese per apportare miglioramenti a-
gli Accordi bilaterali esistenti sulle impor
tazioni, conosciuti comunemente col nome
di « Accordi del Semmering ». E’ stata i-
noltre firmata una Convenzione italo-au-
striaca per lo sviluppo del traffico italo-au-
striaco attraverso il porto di Trieste, ed è
stata parafata una Convenzione italo-un-
gherese per lo sviluppo del traffico unghe
rese in transito per il porto di Fiume.
La visita a Trieste del Signor Stock-
inger, Ministro federale austriaco del com
mercio, segnò la fase conclusiva delle trat
tative italo-austriache, con l’attuazione
dell’Accordo portuale. Il 20 Giugno giunge
va a Trieste la Delegazione austriaca pel
le prime prese di contatto ufficiali con gli
esponenti dell’economia triestina. Lo sco
po di tale visita era di sanzionare ufficial
mente la convenzione di Roma e di elabo
rare le clausole in sede tecnica. In questo
senso il lavoro portato a termine è stato co
spicuo: nei due giorni di permanenza a
Trieste la Delegazione ebbe modo di esa
minare gli elementi fondamentali delPeco-
nomia triestina e di accertarne l’efficacia
non solo nel quadro dell’economia naziona
le, ma in quello delle possibilità per una ri
presa dei traffici austriaci anche verso i mer
cati dell’estero più lontani.
Due anni dopo la firma di tali Protocolli,
il Capo del Governo italiano, il Cancelliere
federale d’Austria e il Presidente del Con
siglio d’Ungheria si sono riuniti in Roma il
23 Marzo 1936, per firmare tre Protocolli
addizionali ai Protocolli di Roma del 17
Marzo 1934- Nei Protocolli I e III si riaf
ferma la concezione politica italiana, per
evitare ogni e qualsiasi complicazione im
prevedibile nel bacino danubiano: i tre
Paesi decidono di costituirsi in gruppo e di
creare a questo scopo un organo competente
di consultazione reciproca, composto dai Mi
nistri per gli Affari Esteri dei tre Stati fir
matari. Importanza specifica, dal punto di
vista economico, ha il Protocollo II, in
cui è detto che, sebbene i tre Governi siano
completamente d’accordo sull’utilità dello
sviluppo delle loro relazioni economiche con
altri Stati danubiani, essi riconoscono che
per ora una tale intensificazione non po
trebbe effettuarsi che con accordi bilaterali.
Ma, per la loro natura, i tre Protocolli de
vono considerarsi un tutto unico: il testo
politico è la premessa necessaria degli ac
cordi economici e questi danno sostanza a
quelli.
Ad ogni modo è lecito attendersi che,
man mano che il volume dei traffici aumen
terà in grazia delle ricordate concessioni e in
vista della ripresa generale e di quella speci
fica dell’economia austriaca, il vantaggio
dell’economia triestina vada accrescendosi
in proporzione. Questa aspettativa è con
fortata dal fatto che le cifre relative al traf
fico totale attraverso il porto di Trieste
hanno segnato nel 1934 un aumento di
605.087 tonnellate rispetto al 1933. T a
le aumento ci autorizza quindi a spe
rare anche che, quanto prima, gli uo
mini d’affari triestini possano trasfor
38. 20
T R A F FIC O M A R ITTIM O DI E SP O R T A Z IO N E
mare la loro attività, che ora si limita alle
operazioni portuali e di spedizione, in par-
tecipazione proficua all’economia nazionale,
prendendo parte viva nel movimento com
merciale, come acquirenti e rivenditori del
le merci. Chè se questo si verificherà, allo
ra sarà veramente opportuno prendere se
riamente in esame il progetto per l’istituzio
ne a Trieste di una «Fiera Danubiana»,
a simiglianza della Fiera del Levante di
Bari.
6. Al suaccennato pericolo di deviamento
dei traffici destinati naturalmente ai nostri
porti ci fa pensare la politica portuaria e
ferroviaria jugoslava, sulla quale dovremo
intrattenerci diffusamente a suo luogo. Per
ora ci limitiamo a far presente che il Re
gno S. C. S., maneggiando con destrezza
le tariffe ferroviarie, è riuscito, in parte, a
deviare artificialmente il traffico dalle sue
vie naturali.
La concorrenza straniera si esplica anche
nella tendenza a monopolizzare i traffici a
favore di determinate bandiere: vediamo
infatti che la nostra marina mercantile è,
oggi più che mai, premuta da tale concor
renza delle bandiere estere, specialmente
nordiche. La nostra marina mercantile, sot
to la spinta delle larghe previdenze del Go
verno, sta investendo ingenti capitali nelle
costruzioni per rendere il suo naviglio a-
datto alle odierne necessità del traffico ma
rittimo. Perciò ogni atto che venga ad ac
crescere l’intensità delle forze perturbatri
ci già in azione deve essere considerato con
vigile ed ansiosa attenzione.
La marina mercantile jugoslava non è an
cora per la nostra marina un concorrente
di eccezionale importanza, ma tutti gli sfor
39. 21
zi del Governo jugoslavo tendono a ren
derla almeno un concorrente di notevole
portata. Epperò bisogna tener conto di que
sta forza, che si aggiunge al gioco delle
competizioni commerciali, non tanto per il
valore attuale, quanto per la efficienza che
ora possiede potenzialmente e che in un gi
ro di tempo più o meno breve può mettere
in opera. Tuttavia non dobbiamo dimenti
care che, oltre alla marina jugoslava, altri
competitori, benché di minore importanza,
contendono all’Italia il predominio assolu
to nel campo commerciale adriatico: in par
ticolare la marina greca.
La Grecia, dato il suo sviluppo costiero,
possiede numerosi porti: il Pireo, emporio
di transito e di approvvigionamento di A-
tene, Salonicco, sbocco della Macedonia e
della Serbia meridionale. Patrasso, Cavalla,
Volo, porto della Tessaglia, Corfù e Can-
dia. Ultimamente il Governo greco ha ri
volto grande cura per aumentare l’efficien
za del Pireo, come porto di transito, ed è
riuscito a renderlo adatto alle nuove esi
genze ed ai nuovi desideri. Ora, dato lo
sviluppo naturalmente felice di numerosi
porti in Grecia, se si tiene conto dell'ecce
zionale carattere dei marinai greci che of
frono il loro lavoro anche dietro minimo
compenso, per la particolare capacità di a-
dattamento e di sacrifìcio, facilmente si
comprende come la marina mercantile el
lenica si trovi disseminata un po’ in tutti
i porti mediterranei, e come, data la estre
ma vicinanza, tale marina svolga una at
tività di penetrazione non trascurabile in
tutti i porti dell’Adriatico.
Riteniamo opportuno fornire i dati rela
tivi alle marine mercantili italiana, jugosla
va e greca, particolarmente interessate nel
problema adriatico. Ecco la situazione della
marina mercantile italiana:
Tonnellaggio di stazza netta delle navi
della Marina Mercantile Italiana
Anno
(al 31 Dicembre)
a vela
a propulsione
meccanica
Media 1881-1890 750.000 150.000
„ 1891-1900 570.000 280.000
1901 575.207 424.711
’ 02 570.403 448.404
’ 03 584.223 460.535
’ 04 570.355 462.259
’ 05 541.171 484.432
’ 06 503.260 497.537
’ 07 468.674 526.586
’ 08 453.324 566.738
’ 09 439.941 631.252
’ 10 432.690 674.497
1911 410.991 696.994
’ 12 374.835 762.274
’ 13 355.963 876.885
’ 14 348.959 933.156
’ 15 332.262 934.396
’ 16 261.769 1.035.702
’ 17 281.498 895.668
’ 18 — 698.933
’ 19 — 631.822
’ 20 — 835.030
1921 — 1.075.200
’ 22 — 1.508.708
’ 23 — 1.635.950
’ 24 191.182 1.588.589
’ 25 168.255 1.763.944
’ 26 154.809 1.877.366
, 27 151.793 1.946.209
’ 28 143.952 2.009.690
’ 29 135.383 1.918.073
’ 30 127.583 1.990.366
1931 120.741 2.043.273
’ 32 119.837 2.050.743
’ 33 115.820 1.867.442
’ 34 112.249 1.775.776
Per la valutazione dei dati surriportati
dobbiamo ricordare che: a) noi ci basiamo
sui dati forniti dalla Direzione Gen. della
Marina Mercantile all'istituto Centrale di
Statistica del Regno d’Italia; b) dall’anno
1924 in poi le notizie si riferiscono al Re
gno entro gli attuali confini; c) dal 19 15
al 1918 non furono computati i piroscafi di
40. 22
stazza netta inferiore a 250 tonnellate; dal
1918 al 1923 non furono computati i piro
scafi di stazza netta inferiore a 50 tonnel
late; d) il tonnellaggio di stazza netta era
determinato fino al 1905 col sistema Moor-
som; con Legge 21 Dicembre 1905, n. 59° ’
fu adottato il metodo inglese stabilito dal
« Merchant Shipping Act ».
La prima cosa che si rileva è il netto pro
filarsi di due movimenti: l’uno fortemen
te ascensionale per il tonnellaggio delle na
vi a vapore, l’altro discendente per le navi
a vela. Ora sarà bene vedere in che pro
porzione, rispetto al totale nazionale, il na
viglio mercantile si trovi inscritto nei 13
compartimenti adriatici. Riportiamo i dati
pubblicati per l’ultimo decennio:
Tonnellaggio di stazza netta delle navi italiane
Inscritte nel compartimenti adriatici
Anno
(al 31
Dicembre)
a vela a propulsione meccanica
semplici
con motore
ausiliario
piroscafi motonavi
1924 31.638 549.414
’ 25 30.470 568.303
’ 26 28.942 609.048
’ 27 28.183 627.224
’ 28 25.461 649.194
’ 29 18.170 7.639 487.480 140.719
’ 30 16.968 9.359 471.307 159.213
1931 15.245 10.612 461.438 179.735
’ 32 14.070 10.421 443.244 151.405
’ 33 12.575 11.787 407.421 158.314
Come si vede confrontando questa ta
bella con la precedente, il naviglio dei com
partimenti adriatici è in media la terza par
te del totale nazionale; solo nel 32-*33 si
nota una contrazione sensibile nel tonnel
laggio delle motonavi e dei piroscafi, veri
ficatasi per Trieste e per Venezia, con una
diminuzione media di 15-16.000 tonnel
late all’anno. Troppo lungo sarebbe qui se
guire la politica marittimo-armamentaria
italiana, analizzando gli effetti che i prov
vedimenti a fine nazionale hanno determi'
nato sul nostro naviglio adriatico. Ricorde
remo quindi solo alcune basi del program
ma di perfezionamento italiano (1).
Anzitutto il Governo nazionale ha im
posto una logica disciplina ai servizi marit
timi, contribuendo a stabilire regolarmen
te quelle comunicazioni riconosciute indi
spensabili, come naturale prolungamento
delle linee ferroviarie, e provvedendo af
finchè l’espletamento di tali servizi sia ef
fettuato da navi di speciali caratteristiche,
ma con tariffe ragionevoli. A tali fini non
può naturalmente servire la marina libera,
che si basa su principi di tornaconto im
mediato; quindi lo Stato interviene diret
tamente con aiuti finanziari, riservandosi un
controllo sull’esercizio.
La rete di tali linee indispensabili è sta
ta stabilita definitivamente nel 1926; in ba
se ad attento studio dei mercati più propizi
alla nostra penetrazione commerciale, si è
creato un sistema organico di linee utili,
che, in uscita da Trieste, toccando gli altri
scali nazionali, s’irradia nel mondo: con
maggiore frequenza si verifica l’uscita dal
Canale di Otranto verso il Levante e il Mar
Nero, e, con frequenza progressivamente
minore, verso il Mediterraneo occidentale,
verso l’estremo Oriente e verso le Americhe.
Non è possibile vedere ora quale quota
di partecipazione sulla cifra destinata alle
sovvenzioni venga distribuita per i servizi
adriatici. Notiamo solo che, mentre prima
della sistemazione del ’26 i servizi sovven
zionati, sottoposti nel periodo postbellico al
(i) V edi amplias : l'editoriale di COSTANZO C ia n o sul
Popolo d ’ Italia» del 28 O ttobre X e quello di LU IG I
L o JACONO sul Popolo d ’ Italia» del 28 Ottobre X II.
41. 23
cosiddetto esercizio in compartecipazione
che le Società effettuavano per conto dello
Stato, importavano all’Erario una spesa di
3 1 7 milioni di Lire circa, e, ad esempio, nel
1922 la percorrenza totale era di miglia 4
milioni 398.623, effettuata da 162 navi,
per tonnellate lorde 390.901, e con età me
dia di 22 anni e 3 mesi, attualmente la
flotta sovvenzionata, composta in tutto di
224 navi, di età media di 14 anni e 1 me
se, con stazza lorda di 774.915 tonn., per
corre un migliatico annuo di 7.142.144 mi
glia e costa allo Stato solo 263 milioni di
Lire.
L ’efficienza dei servizi aumenterà certa
mente in seguito alla attuazione di quel
processo dt razionalizzazione che ha rag
gruppato quasi tutta la flotta adriatica sov
venzionata nei due potenti organismi: il
Lloyd Triestino e la Adriatica. Tale pro
cesso è suscettibile di ulteriore sviluppo nei
riguardi delle linee minori.
Poiché il movimento passeggeri, specie
quello transoceanico, è svolto nella quasi
totalità dai porti del Tirreno, evidentemen
te le cure più attente nei riguardi della ma
rina adriatica si sono dirette a dare impul
so al traffico mercantile.
Pertanto il Governo nazionale, median
te la vigilanza affidata ad un apposito or
gano parastatale, « Il Registro Italiano », e
mediante le disposizioni del Regolamento
di sicurezza, aderente alle norme delle Con
venzioni di Londra del ’29 e ’30, ha mirato
particolarmente a migliorare l’efficienza dal
punto di vista tecnico. Tale programma è
stato fortemente facilitato dall’assistenza
dell’istituto di Credito Navale e, ancor più,
dal Decreto del ’26, che ha per fine di sti
molare il progresso tecnico del naviglio, ac
cordando protezione maggiore alle costru
zioni più perfette. Inoltre è stato istituito un
compenso di armamento per navi di velocità
superiore ai 14 nodi orari e sono stati at
tuati due provvedimenti rispondenti a esi
genze contingenti, che destinano premi di
demolizione e premi di navigazione, in mo
do che gli armatori italiani, oberati da mag
giori oneri in confronto ai concorrenti este
ri, siano in grado di far fronte alle riper
cussioni della attuale depressione economi
ca mondiale.
Possiamo dunque concludere che la mari
na mercantile italiana nell’Adriatico, come
tutto il naviglio nazionale, resa tecnicamen
te perfetta dalle benefiche cure del Regi
me, è degna di provvedere alle comunica
zioni marittime con efficienza maggiore che
per il passato e con prospettive sempre più
floride, relativamente, s’intende, alle con
dizioni economico-commerciali del campo
internazionale.
La marina mercantile jugoslava sorse na
turalmente quando la politica commerciale
jugoslava si orientò alle rotte adriatiche, co
me avremo occasione di vedere meglio in
seguito.
Il primo nucleo della marina mercantile
jugoslava risale al Trattato di Versailles
(1919) ed al successivo Accordo Bettolini-
Trumbic (7 Settembre 1920), che provvide
alla ripartizione fra le bandiere italiana e
jugoslava di tutta la flotta mercantile ex
austro-ungarica (vedi il « Bollettino Uffi
ciale del Provveditorato al Porto di Vene
zia », Marzo 1932). Furono allora assegnate
al Regno S.C.S. 114.388 tonnellate, che au
mentarono lentamente fino al ’25 (176.382
tonnellate); dopo quell’anno il progresso di
42. 24
venta molto più rapido (224.719 tonn. nel
’26; 254.247 nel ’27; 315.500 nel ’29).
Dal « Lloyd’s Register of Shipping »
(ed. ’34-’35) si rileva che al i ” Luglio 1934
la marina jugoslava era costituita da 357
migliaia di tonnellate lorde (0,54 °/0 del na
viglio mondiale), così ripartite: 355.000
tonn. di piroscafi (0,66 %); 2.000 tonn. di
motonavi (0,02 %) e poco più di 200 tonn.
di velieri. Tale rapido aumento è in gran
parte da attribuire alla assistenza che il Go
verno ha dato alla marina e che, caratte
rizzata in un primo tempo dalle sovven
zioni, è notevolmente aumentata a datare
dall’anno finanziario 1924^25, come dimo
stra chiaramente il seguente prospetto:
Anno
finanziario
N.
delle
linee
Sovvenzioni cor
rispostedall’Era-
rio in Dinari
M iglittico
Dinari
per
miglia
1922-’23 48 13.700.000 756.954 11,77
1923-’24 51 11.250.000 674.892 16,63
l?24-’25 57 39.999.568 979.310 40,80
1925-’26 62 39.936.173 958.506 41,66
1926-’27 63 30.271.935 1.007.801 30.03
1927-’28 58 36.360.000 1.060.350 34,28
Con la Legge di Finanza del ’28-’29 il
regime fu modificato, cosicché fu prevista
— per un decennio — la sovvenzione an
nua di 49 milioni e mezzo di Dinari, ripar
tita nella seguente misura alle diverse So
cietà: alla « Jadranska Plovidba » (58 piro
scafi; 23.436 tonn. lorde; 6 linee regolari)
30 milioni e mezzo di Dinari; alla « Ragu-
sea » o « Dubrovacka Parabrodska Plovid
ba » (22 piroscafi; 44.476 tonn. lorde; 10
linee regolari) 11.250.000 Dinari; alla « Bo-
ka » (8 piroscafi; 1.031 tonn. lorde; 9 linee)
7 milioni di Dinari; alla « Hum », 750.000
Dinari.
Le compagnie si sono impegnate a man
tenere durante il periodo predetto un certo
numero di linee regolari ed a far costruire
24 navi per complessive 8.800 tonn.
Ma a datare dal 1930 furono pure stipu
late altre due convenzioni decennali: la
prima — sovvenzione annua di 6 milioni
di Dinari — con la Società « Oceania » per
l’esercizio di una linea quindicinale celere
Susak-Spalato-porti spagnoli (Barcelona-
Valencia-Alicante) e ritorno, inaugurata un
paio di anni fa, in seguito al noto Accordo
commerciale Spagna-Regno S.C.S.; la secon
da — 8 mil. e mezzo — con il «Jugoslaven-
sky Lloyd», per la prima linea regolare col
Sud America. L ’ « Oceania » si impegnava
a costruire due piroscafi da 3-4.000 tonn.
e 14 miglia orarie; il « Jugoslavenski
Lloyd », 4 piroscafi da 8-x0.000 tonn. e
12 miglia di velocità.
Ma l’assistenza non si è limitata alle sov
venzioni, poiché la Legge 31 Maggio ’29
(Gazzetta Ufficiale n. 142, del 20 Giugno
1929) ha concesso alle aziende armatoriali
ed ai cantieri in esercizio — a decorrere dai
i° Aprile 1928 e per 12 anni — l’esonero
dal pagamento delle imposte dirette sugli
utili di esercizio e sugli edifici che servono
alla gestione; esonero dalle imposte sul gi
ro di affari; di tutte le addizionali, statali
o del Banato o municipali; dei dazi di im
portazione delle navi; dei diritti sui con
tratti di noleggio, su quelli dei mutui ipo
tecari, ecc. Di tali larghissimi esoneri trar
ranno vantaggio anche le aziende armato
riali ed i cantieri costituiti dopo il ’28, sem
pre per 12 anni dal giorno successivo alla
registrazione.
Per completare il quadro dell’assisten
za statale, occorre far menzione del proget
to relativo agli aiuti alla costruzione nava
43. 25
le, che estende, in primo luogo, l’esonero
fiscale predetto — quanto ai cantieri — si'
no al 31 Marzo ’950; tale esonero concede
ad essi cantieri, senza onere di canone, le
zone demaniali marittime necessarie, l’im
portazione in franchigia dei materiali oc
correnti, nonché un compenso di costru
zione per tonnellata lorda, variabile secon
do il tipo di nave e secondo la maggiore o
minore percentuale dei materiali nazionali
adoperati. Un elemento di successo dell’ar-
mamento jugoslavo è certamente costituito
dal basso costo di esercizio derivato dal cam
bio della valuta nazionale, dalle tabelle di
armamento, dalla mancanza di oneri sociali
e fiscali.
Inoltre si deve notare che la marina in
parola non è sfuggita al movimento di con
centrazione caratteristico del dopoguerra;
già pochi anni dopo l’armistizio, piccole
compagnie di cabotaggio si erano fuse con
la « Jadranska Plovidba »; nel ’28 poi si
erano fuse la « Atlantska Plovidba » e la
« Jugoslavenska Amerikanska Plovidba »,
costituendo il « Jugoslavenski Lloyd », con
una flotta che attualmente conta 26 pirosca
fi, per tonn. lorde 131.000 circa.
Gli ultimi tre anni sono stati poco
soddisfacenti per l’armamento jugoslavo,
sul quale si è anche ripercosso il crollo della
sterlina.
Anche le società sovvenzionate hanno
sofferto non poco; infatti, le eccessive spe
se, fatte specialmente a fini politico-milita-
ri, non hanno permesso al bilancio di pa
gare le sovvenzioni. Secondo il « Novo
Doba » di Spalato, del 27 Gennaio ’32, la
« Jadranska Plovidba », essendo in credito
per 30 milioni di Dinari, minacciava di so
spendere i servizi se non pagata.
Comunque, parecchio materiale di se
conda mano e nuovo è stato recentemente
acquistato all’estero.
Furono poi costituite tre Compagnie, la
cui flotta è formata da un solo piroscafo.
Infine fu costituita a Susak la « fadran Bro-
darsko », con tre piroscafi di circa 4.000
tonn. lorde l'una, ad opera di armatori in
glesi di Newcastle, dove è rimasta la sede
sociale, mentre naturalmente a Susak si è
dovuta tenere una direzione sotto un sud
dito jugoslavo amministratore, per poter
ottenere il minor costo di esercizio e gli
esoneri fiscali, concessi, appunto, con de
creto della Direzione di Finanze di Zaga
bria per il periodo 26 Ottobre 1931 -2 5
Ottobre 1943.
#Ciò apre l’adito ad accennare all'interes
se britannico negli affari marittimi jugosla
vi, che mira a trarre vantaggio dalla poli
tica di protezione svolta dagli organi am
ministrativi nei riguardi del traffico marit
timo adriatico. Tale interessamento degli
istituti finanziari britannici si è verificato
anche nella vendita a prezzo di favore da
parte della « Royal Mail » al « Jugoslaven
ski Lloyd » di un transatlantico di 17.000
tonn., destinato a compiere crociere, in un
primo tempo lungo la costa dalmata e la
Grecia, toccando in seguito anche Venezia
ed Istambul.
Ma l’interessamento britannico si è ri
levato anche sotto altra forma: così i can
tieri Carrow hanno acquistato nel '30, per
riattrezzarlo modernamente, il cantiere di
Kraljevica, che dal ’ 18 praticamente non
lavorava più.
Anche la Francia si interessa degli affari
adriatici della Jugoslavia; infatti la So-
ciété Anonyme des Ateliers et Chantiers
44. 26
de la Loire » ha acquistato nel Marzo del
’31 gli impianti ed il bacino galleggiante del
cantiere Marjan di Spalato, che è stato riat-
trezzato ed ampliato con l’acquisto di un
altro cantiere di riparazioni di Spalato: il
<, Jug ».
Accanto alla navigazione marittima è da
ricordare la navigazione fluviale, che si svol
ge quasi totalmente sul Danubio e quindi
non presenta un interesse particolare pel
nostro studio.
Ci resta ora da dire qualcosa della ma
rina mercantile ellenica, di cui però non ci
dilunghiamo a considerare minutamente lo
sviluppo, tanto più che essa partecipa al
traffico totale adriatico di bandiera estera
per il 25-27 °/0. Attingendo le notizie dal
Bollettino del Porto di Venezia, riportia
mo nella seguente tabella i dati riferentisi
ad alcuni anni tipici, limitandoci ad osser
vare che la marina ellenica ha subito, in se
guito ai danni prodotti dal conflitto mon
diale, una decurtazione di navi a propul
sione meccanica del 64 % , cifra notevolis
Tonnellaggio di stazza lorda del N aviglio Mercantile Ellenico
Anno a vela a propulsione meccanica
1813 153.580 _
1876 347.847 —
1912 101.459 600.000
1915 107.466 893.650
1919 80.000 175.650
1 >31 55.993 1.403.782
1933 49.000 1.411.000
1934 48.000 1.507.000
sima, specie se si pensa che la cifra relativa
alla Germania raggiunge il 36,8 °/0.
Vediamo dunque che la percentuale del
naviglio greco a vapore raggiunge il 2,79%
sul tonnellaggio mondiale, contro 0,66 della
marina jugoslava, 4,19 della marina italiana.
Altissima è la percentuale delle navi da
carico, che, secondo le statistiche del 31 Di
cembre 1930, costituiscono il 92,55 % del
la flotta. Fra le varie categorie di tali
navi, si trova poi che la più elevata pro
porzione è raggiunta dal gruppo 3.001-
4.000 tonn.: 33.9 0 % ; segue il gruppo
4.001-5.000, col 31,22 °/0; il 5.001-6.000,
col 12,6 4 % ; 3 soltanto sono i «cargo»
superiori a questo tonnellaggio.
Non vogliamo dilungarci a parlare delle
singole società: ci limitiamo a far presente
che predomina il piccolo armamento; infat
ti il 74 % delle aziende armatoriali elleni
che è costituito da armatori di una sola na
ve, contro il 69,9 % in Danimarca, il 67
per cento in Italia, il 65 % in Olanda e
Germania (dalla « Nautical Gazette », 14
Novembre 1931).
Fra le caratteristiche meno confortevoli
per la marina greca, sono da ricordare l’al
ta quota del materiale invecchiato e la man
canza di un società nazionale per le assi
curazioni, che vengono totalmente coperte
dal Lloyd britannico.
Fra i vari progetti per una sistemazione
organica della marina mercantile ellenica il
più notevole è senza dubbio quello espresso
dalla Commissione extraparlamentare pre
sieduta dal Michelacopulos. Di tale dise
gno, veramente razionale e degno di ogni
considerazione, fanno parte la creazione di
una società assicuratrice nella proporzione
del 30 % e la fondazione di un « Istituto di
Credito Marittimo », per la concessione di
mutui. Norme speciali vengono istituite per
la marina transatlantica e per quella da pas-
seggeri; ma la proposta che più direttamen
45. 27
te interessa il traffico adriatico è quella di
assistere indirettamente, a mezzo di eso
neri fiscali, la marina da carico.
Concludendo, la flotta contribuisce alla
bilancia commerciale greca con un utile net
to di oltre i milione di Sterline circa, cui so
no da togliere circa 100.000 Sterline per gli
interessi sui prestiti con garanzia ipotecaria,
ed aggiungere 5 o 600 mila Sterline di salari
degli equipaggi, che vengono annualmente
rimesse in Patria; si ha quindi un utile net
to superiore in media a 1.400.000 Sterline
all’anno.
Anche la classe armatoriale greca ha ri
sentito sinistramente degli effetti della de
pressione economica; infatti, negli ultimi
anni, la media dei disarmi ha oscillato fra il
15 e il 18 % .
Da quanto si è detto risulta all’evidenza
che la marina italiana si trova in posizione
di indiscusso e indiscutibile predominio nel
bacino dell’Adriatico.
A rendere più sensibile la concorrenza
svolta dalle macine straniere a quella ita
liana, contribuisce l’incremento potente da
to dal Governo albanese ai suoi porti. Tut-
tavia, per il carattere montagnoso del ter
reno, che ostacola assai le comunicazioni
interne, ed il numero degli abitanti (un
milione circa), l’entità del traffico maritti
mo albanese è poco rilevante. Dei princi
pali porti albanesi: Scutari, Durazzo, Va-
lona e Santi Quaranta, Durazzo è destina
to ad assorbire quasi tutto il commercio di
importazione albanese proveniente dalla
costa della Puglia.
Interessante è considerare l’importanza
eccezionale che il principale porto puglie
se, Bari, ha nel commercio con l’Albania.
Questo Paese, infatti, mancando di un
grande centro che rifornisca il mercato in
terno, si rivolge all’emporio italiano per la
maggior parte delle sue forniture. I bisogni,
relativamente limitati per la popolazione
a non alto tenore di vita, rendono conve
nienti gli acquisti in piccola quantità di
rettamente a Bari e alimentano un com
mercio che raggiunge parecchie decine di
milioni di Lire ogni anno. Si tratta di cen
tinaia di voci, alcune delle quali per quan
tità limitatissime, che, col loro numero,
danno una idea della frequenza degli scam
bi commerciali fra le due sponde. Ad ogni
modo, oltre il 50% del traffico italo-albá
ñese si concentra a Bari.
Naturalmente il commercio con l’Alba
nia non è che una parte del traffico marit
timo che Bari ha con i Paesi del Levante,
i cui rapporti con l’Italia vanno vieppiù in
tensificandosi. L ’accrescimento rapido e co
stante del porto in parola è favorito dal
fatto che Bari, per la sua felice posizione,
è divenuto anche un importante centro di
collocamento della produzione italiana. I
rapporti con la Jugoslavia e la Grecia so
no pure notevoli e si basano principalmen
te sullo scambio di materie prime e pro
dotti agricoli con manufatti. Tale movi
mento, già così intenso, non ostante la crisi
che attanaglia i Paesi d’Oriente, è destina
to ad aumentare vieppiù, man mano che
la situazione economica mondiale tenderà
a normalizzarsi.
La quasi totalità di tali scambi, come in
genere i commerci con il Levante mediter
raneo, si compie con navi battenti bandiera
italiana, greca o jugoslava.
Appunto per tale ragione ci siamo diffusi
ad analizzare la consistenza di queste tre
marine mercantili.
46. 28
7- Tra le caratteristiche del traffico adria-
tico possiamo notare la corrente di trai-
fici, che chiameremo longitudinali, tra il
gruppo dell’Alto Adriatico e le coste orien-
tali, e due correnti, che diremo latitudinali,
l'una fra la Dalmazia e le Marche, l’altra fra
la Puglia e l’Albania,
Agli effetti del nostro studio, solo la pri
ma di tali correnti riveste importanza, men-
tre le due correnti latitudinali, essendo di
minore entità data la economia delle re
gioni, interessano soltanto in quanto eserci
tano influenza concorrente con quella dei
porti dell’Alto Adriatico. Ma a questi traf
fici interni del nostro bacino sovrasta per
entità la corrente di transito che, supera
to il Canale d’Otranto, si dirige all’Orien-
te e ai Paesi transoceanici.
In questa corrente di transito interna
zionale sta la vera chiave di volta del pro
blema dell’Alto Adriatico: si è già detto
che Venezia, Trieste e Fiume possono svol
gere la loro azione di attrazione dei traffici
centroeuropei all'Adriatico oggi meglio di
ieri; al fine di dimostrare il nostro asserto,
crediamo opportuno di passare in rassegna
minuta i porti adriatici, per prospettarne
anche i caratteri salienti, la consistenza in
atto o potenziale e la funzione in rapporto
al dominio immediato o fluitante-
La naturale divisione delle correnti di
traffico ci porta a classificare i porti in: a)
porti dell’Alto Adriatico; b) porti dell’A
driatico Occidentale; c) porti dell’Adriatico
Orientale. Degli empori di queste due ul
time classi proporremo un esame di scor
cio, per rilevare solo la possibilità o meno
di concorrenza con i centri dell’Alto A-
driatico.
Nella seconda parte del presente saggio
prenderemo analiticamente in esame i
porti dell’Alto Adriatico, per studiarne le
condizioni geografico-ambientali, l’attrez
zatura tecnico-meccanica e lo sviluppo del
traffico mercantile marittimo nell’ultimo
trentennio, con particolare riguardo agli ef
fetti della concorrenza jugoslava. Anche gli
empori occidentali ed orientali saranno da
noi brevemente considerati, per presentare
una visione il più possibile organica della
attuale situazione economica adriatica.
47. N O T A B IB L IO G R A F IC A
Abbondantissima è la letteratura: ricordiamo
solo quelle opere che abbiamo avuto particolar
mente presenti, o ci sembrano interessanti per
sviluppi analog ci o consderazioni cr.tiche più o
meno antitetiche. Così per la parte generale si
ricorda: U . Morichini: « Il bacino adriatico e
la Dalmazia », Roma, Libreria del Littorio, 19 32;
del medesimo; « Civiltà mediterranea», Monda-
dori, 19 28 ; M . Alberti: «Adriatico e Mediter
raneo», Milano, 1 9 1 5 ; (del medesimo ricordiamo
anche : « La Dalmazia, il suo valore economico
e politico e l’Italia», Roma, 19 15 ; « La fortuna
economica di Trieste e i suoi fattori », Trieste,
1 9 13 ; « L a conquista di Trieste», Roma, 19 14 ;
« Trieste e la sua fisiologia economica », in Ri
vista delle Soc. Commerciali, Luglio-Dicembre
19 15 ); nei « Quaderni federali delle Tre Vene
zie », 1926 , è molto pregevole il « Saggio sul
l'ordinamento adriatico », di M. Griffini; del
medesimo ricordo il « Saggio sull’assetto econo
mico di Fium e», Roma, 19 2 1; G. Cassi: «Il
mare Adriatico», Milano, 1 9 15 ; C. Vellay: « La
question de l’Adriatique », Parigi, 19 15 : C. Di
Cesari) : « T h e Adriatic question », Londra,
19 17 ; Italiens Senator: « L a question de l’A -
driatique »; L. Lu iggi: « I bisogni dei porti adria-
tici », Venezia, 19 19 : L. Luzzatti: «P er l’A
driatico », al Convegno adriatico nazionale, V e
nezia, 19 19 ; ricordiamo anche gli « Atti del Con
gresso della Marina mercantile e della Lega N a
vale », Venezia, 19 19 ; Adriacus: « L a Ques
tion Adriatique », Recueil de documents officiels
par Adriaticus, Parigi, 1920; Id .: « D a Trieste
a Valona - Il problema adriatico e i diritti ita
liani », Milano, 19 18 ; di B. Frescura ricordia
mo : « Il problema dell’Adriatico », Genova; E.
Lémonon: « L ’ Italie d ’après-guerre (i9 i4 -’2 i) » ,
Parigi, 19 22; Id .: « L a nouvelle Europe cen
trale et son bilan économique (i9 i9 -’3o) »,
Parigi 19 31 ; vedi anche gli Atti della Commis
sione per il dopoguerra - Sottocommissione eco
nomica : « I problemi economici urgenti », Roma,
19 19 ; * * * (O. Randi): « L ’Adriatico», Milano,
del medesimo si ricordi: « L a Jugoslavia»,
Napoli, 19 22; « I popoli balcanici », Roma,
1928 ; T . Sillani : « Mare Nostrum », Milano
(Alfieri); del medesimo; «Capisaldi» (Il proble
ma adriatico e la Dalmazia, Milano, 19 18 ; L ’I
talia e l’Asia Minore, 1920); A . Solm i: « L ’A
driatico e il problema nazionale », Roma, 1920;
Tomaso Sillani ha anche curato il volume su
« L ’Italia e il Levante », in cui ricordiamo parti
colarmente « I porti dell’Alto Adriatico nella po
litica dell’espansione italiana nel Levante », di
G. Stefani, Bari, 19 34 ; A. Tam aro: « L ’Adria
tico golfo d’Italia - L ’italianità di Trieste», M i
48. 30
lano, 19 15 ; (de] medesimo ricordo: «Italiani e
Slavi nell’Adriatico », Roma, 1915; « La Vénétie
Julienne sur les frontières orientales », Roma,
19 19 : « Raccolta di documenti sulla questione
adriatica », Roma (nella Rivista Polit:ca)i, 1920;
« La lotta di Fiume contro la Croazia », Roma;
« La lotta delle razze nell’Europa danubiana »,
Bologna, 1923); G. Dainelli: «Fium e e la Dal
mazia» (particolarmente il Capo II), U .T .E .T .,
19 25; del medesimo: « L a Dalm azia», Novara,
19 18 ; « La regione balcanica », Firenze, 19 22;
M. Angelini; « Il nuovo Stato cecoslovacco e i
porti italiani», Roma, 19 19 ; G. Stuparich: « L a
Nazione Ceca », Napoli, 19 22; G. Arias: « Porti
italiani e porti del Nord », in « Rivista delle So
cietà commerciali », Roma, e « Principi di eco
nomia commerciale», Milano, 19 17 ; Auerbach:
« Races et Nationalités d’Autriche-Hongrie », Pa
rigi, 19 17 ; notevole interesse presentano anche
due opere di noti stranieri : C. Benoist : « Les
lois de la politique française », Parigi, 1928;
E. Benes: « L a Boemia contro l’Austria-Unghe-
ria », Roma, 19 17 ; F. Caburi: «Italiani e Jugo
slavi nell’Adriatico», Milano, 19 19 ; J. Cvijic:
«Studio sull'italianità della Da!m azia»; B. Cu
rie: « Privrada i radnici u Dalmacija »; A . D ’A -
lia: «La Dalmazia nella storia, nella politica, nella
guerra, nella pace», Roma, 1928 ; F. Coppola:
« L a politica della Pace», Bologna; Id .: « L a
pace coatta », M lano, 1929; D. De Am -
brosis : « L ’Italia Padano-Adriatica » (Monogra
fie di Geografia militare nazionale), Genova,
19 25 ; S. Fournol: «G li eredi della successione
d'Austria», Milano, 19 18 ; M. U dina: « L ’estin
zione dell’impero austro-ungarico nel diritto in
temazionale », Trieste, 19 33 ; B. Frescura: « Il
Trattato di Rapallo ed i rapporti economici fra
l'Italia e la Jugoslavia» (dalla Vita Marittima e
Commerciale, 1922); id.: «Sulla questione della
Siidbahn », 1920; di G. Fusinato: « Il regime
tecnico ed economico del Danubio nei riguardi
del traffico marittimo dell’Adriatico », Trieste,
19 22; il Griffini ha uno studio su « L ’Ungheria
odierna », Roma, 19 2 2 ; A . Hodnig uno su
« L ’U n ghera e i Magiari »; V . Tissot pubblicò a
Parigi, nel 1883, « La Hongrie de l’Adriatique
au Danube »; R. Pernice scrisse nel 19 15, a M i
lano, de « L ’origine ed evoluzione storica delle
Nazioni Balcaniche»; sull’argomento ricordo:
M. Newbigin : « Geographical Aspects of Bal-
kan », Londra, 19 15 ; due anni dopo, a Parigi,
L. Leger pubblicò « Le Panslavisme et l’intérêt
français » ; A . Mousset, nel ’22, a Parigi, Office
National du Commerce Extérieur : « Le Royau
me des S. H . S. »; F. Musoni a Firenze, nel
19 23; « La Jugoslavia », Profilo etnico, enigmi
stico, economico; P. Rencer: « L a Jugoslavia
economica e gli interessi italiani nei rapporti
con la Jugoslavia»; G . Paresce: « Italia e Jugo
slavia dal 19 15 al 1929 »; Firenze, 19 35; W .
Warren : « Gli Slavi nell’Adriatico », Parigi,
19 18 : Z . C. : «G li sbocchi naturali della Jugo
slavia all'Adriatico», 19 19 ; A . Gauvain : « L a
question yougoslave», Parigi, 19 18 ; I. Juras:
« Pregled gospodarstva i trgovine Dalmacije »,
Spalato, 19 23; M. M arcic: <• Gospodarski
polozaj Dalmacije u Jugoslaviji », Spalato, 1920;
S. Osterman : « Italija i Jugoslavia na Jadranu »,
Zagabria, 1920; dello stesso ricordo anche:
« Rijeka i Jugoslavia », Zagabria, 1920; F.
Salata : « Le mouvement yougoslave en Au-
triche-Hongrie pendant la guerre », Parigi,
19 19 ; del medesimo: « Il diritto d'Italia su
Trieste e l'Istria », Roma, 19 15 ; P. Senjanovic :
« Dalmatinska zeljeznica u Jugoslaviji »; P. So-
kolovich : « Le problème italo-slave », Parigi,
19 15 ; Seton-Watson : « German, Slave and
M agyar», Londra, 19 16 ; Id. : « T h e Balkans,
Italy, and thè Adriatic », Londra, 19 15 ; F. Bay-
lon : « Lo sviluppo economico della Dalmazia in
relazione a quello dell’Italia », Venezia, 19 24 ;
G. Prezzolini: « L a Dalm azia», Firenze, 19 15 ;
L. Lakalos : « Industria Dalmacije », Zagabria,
1922.
Per quanto concerne i trasporti in relazione
alle esigenze tecnico'portuarie, ci limitiamo a
ricordare : G. Roletto : « Porti, Cantieri e Navi
d’Italia», Brescia, 19 34 ; E. Cucchini: « I porti
marittimi in relazione alle esigenze dei traffici
m oderni», Milano, 1 9 1 1 ; F. Tajani: « I tra
sporti sotto l’aspetto economico », Milano, 19 32 ;
G. Fries: «M arina da carico adriatica», Vene
zia, 19 19 ; G . Supino: «Rapporti fra lo Stato e
la Marina mercantile », Roma, 19 19 . Per l’at
49. 31
tuale economia dei trasporti dei singoli empori,
vedi le note bibliografiche delle parti seguenti.
M. Dewavrin (del quale ci piace ricordare l'o
pera : « Les Ports et leurs fonctions économi-
ques », Louvain, 1910) dimostra col suo lavoro
su « Les ports de Trieste, Fiume et Venise »,
pubblicato a Louvain nel 19 19 , l’interessamento
degli studiosi stranieri al problema de i nostri
porti nell’immediato dopoguerra. N el voi. IV ,
neli’Archivio di Stato, il Marin tratta la « Storia
civile e politica del commercio dei Veneziani ».
E. M usatti: « Per la storia di Venezia », Padova,
1909, e « Cenni storici sul commercio di Vene
zia » ; Ministero della M arina: «Monografia
storica dei porti dell’antichità nella penisola ita
liana », Roma, 1905; P. Foscari; «P er il più
largo dominio di V enezia», Milano, 19 17 ; C.
Battistella : « Relazione sull’avvenire del porto
di Venezia », Camera di Commercio di Venezia,
19 19 ; G . Luzzatto: «li porto di Venezia e il
suo retroterra », Venezia, 19 2 3 ; G. Giuriati (ju
nior): « Il porto di V enezia», Venezia, 19 24;
A . R. Toniolo: « Il nuovo retroterra commer
ciale di Venezia in confronto a quello di Geno
va e di Trieste », al Congresso Geografico Ita
liano, Firenze, 19 2 1.
Per lo studio de il porto di Trieste, si veda: P.
Gribaudi: « Il porto di Trieste e la sua funzione
geografica », in Riv. Soc. Geogr. It., 19 17 ; G.
Costantin Jangakis: « L e port de Trieste avant
et après la revolution de la Monarchie austro-
hongroise », Bologna, 19 23; ma particolare atten
zione merita lo studio di A . Chiaruttini: « L a
funzione economica del porto di Trieste», V e
nezia, 19 2 3 ; l’istituto di Geografia della R. U ni
versità di Trieste ha pubblicato nel ’3 1 la « Gui
da per il commercio con il Levante », a cura di
G . Roletto e M. Vergottini; sull’argomento ri
cordo anche : « Le développement économique
de Trieste », Parigi, 19 3 1, di G. Roletto; C. Mo-
schitti: « Mercati d’Oriente », Napoli, 19 23 (fuo
ri commercio); R. Babich: « L a concorrenza fra
Trieste e Fiume nell’anteguerra », Venezia,
19 2 3 ; L . C. Moier : « Der Karst und seine
Hohlen », Trieste, 1896.
Notevoli, a scopo storico, i « Cenni sulle con
dizioni commerciali di Fium e», Fiume, 1880;
F. Rachi : « Fiume gegenüber von Croatien »,
Zagabria, 1869; R. H orvat; «Storia politica
della Città di Fiume », Fiume, 19 18 ; S. Gigante:
« Storia del Comune di Fiume », Firenze, 1928;
A . H odnig: «Fium e e i baluardi delle Giulie»,
Roma, 19 17 ; dello stesso: «Fium e italiana e la
sua funzione antigermanica », Roma, 19 17 ; I.
Baccich : « Fiume, il Quarnero e gli interessi
italiani nell’Adriatico », Torino, 19 15 ; C . Batti
sti : « Il sacro diritto di Fiume ad essere unita
all’Italia», Bologna, 19 14 ; del Burich: «Fium e
e l’Italia», Torino, 1 9 1 5 ; V . Scialoia: « L a po
sizione giuridica di Fiume » (Rass. »tal., a. II,
vol. II, fase. IX), Roma, 19 19 ; notevole il « Li
bro Verde », sui negoziati diretti fra il Governo
italiano e il Governo jugoslavo per la pace adria-
tica, Roma, 19 21 (ricordiamo anche quello sui
« Documenti diplomatici presentati dal Ministro
Sonnino al Parlamento italiano », Milano, 19 15 ;
E . Susmel: «Fium e attraverso la storia», M i
lano, 19 2 1; del medesimo ricordo anche; « Il
porto di Fiume » e « La Città di passione », M i
lano, 19 2 1; A . Ossoinak: «Perchè Fiume deve
essere italiana». Fiume, 19 19 ; dello stesso:
« Perchè Fiume deve essere porto franco », Fiu
me, 19 2 1; di G. D ’Annunzio: «Disegno di un
nuovo ordinamento dello Stato libero di Fiu
me », Fiume, 1920 ; C. Zoli : « Le giornate di
Fium e», Firenze, 19 2 1; interessanti anche il
Bollettino della Deputazione fiumana Storia pa
tria e il Bollettino Ufficiale del Comando d’A n
nunziano di Fiume; di A . Depoli: « Il diritto
storico ed etnico di Fiume di fronte alla Croa
zia », Fiume, 19 19 ; del medesimo: « Il confine
orientale di Fiume e la questione del Delta e
della Fium ara», Fiume, 19 2 1; «Porto Barros »,
Fiume, 19 2 1; G. Benedetti: « Fiume, Porto Bar
ros e il retroterra », Roma, 19 22; ricordo pure
del Benedetti : « Italia e Jugoslavia dopo il patto
di amicizia », Roma, 1924, e « La pace di Fiu
me. Dalla conferenza di Parigi al Trattato di
Rom a», Bologna, 19 24 ; E. Cim bali: «Gabriele
d’Annunzio prima e dopo il Trattato di Rapai-
Io», Catania, 19 31? per quanto riguarda i Trat-
tati cui s’è fatto cenno, si veda: A . Giannini:
« Il Trattato di Rapallo al Parlamento italiano »,
Roma, 19 2 1; « Il Trattato di Rapallo nei com
50. 32
menti della stam pa», Roma, 19 2 1; «Fium e nei
Trattato di Trianon », Roma, 19 2 1; «Raccolta
di Trattati ed Accordi per la pace adriatica »,
Roma, 1924; « La questione di Porto Barros e
gli Accordi di Santa Margherita al Parlamento
italiano », Roma, 19 23; « Gli Accordi di Santa
Margherita», Roma, 19 23; «T rattati ed A c
cordi per l’Europa danubiana », Roma, 19 23;
« Documenti per la storia dei rapporti fra l'Ita
lia e la Jugoslavia », Roma, 19 34 ; L. Federzoni:
« Il Trattato di Rapallo », Bologna, 19 2 1; « Porto
Barrcs », Fiume, 19 2 1; su « L a restaurazione del
Patto di Londra e la difesa di Fiume » ha scritto
Forges Davanzati (Roma, 1920); dell’Associazione
Nazionalista Italiana: « I d ritti dell’Italia alla
Conferenza della Pace », Roma, 19 19 ; P. Orano:
« L ’Italia e gli altri Stati alla Conferenza
della Pace», Bologna, 19 3 r; S. Shishich:
« Jadransko pitanje na Konferencij mira u Pa-
rizu, Zbirka akata i dokumenatata », Zagabria,
1920; U. Silvagni: « Les révendications natio-
nales italiennes au Congrès de la Paix », Roma,
19 19 ; « Italy’s great war and national aspira-
tion », a cura di Hodnig, Sillani, Alberti, Corsi,
Tamaro, Tolomei, Milano 19 18 ; A . Tardieu:
« La Paix », Parigi, 1 9 2 1; T . Tittoni-V. Scialoia:
« L ’Italia alla Conferenza della Pace », Roma,
19 2 1; per le vicende parlamentari del periodo
storico considerato, ricordiamo: Hautecoeur:
« L ’Italie sous le Ministère Orlando », Parigi,
19 19 ; G . Giolitti: «M em orie della mia vita»,
voi. II, Milano, 19 22 ; A . Salandra: «Discorsi
sulla guerra », Milano, 19 22: notevole interesse
presenta la lettura di « U n anno di politica este
ra », di C. Sforza, Roma, 19 2 1; gli Atti parla
mentari contengono importanti Relazioni sugli
argomenti da noi trattati, come il famoso D i
scorso del Senatore A . Grossich (1923).
53. traffico m a rittim o n ei v ari porti
1. Analisi del traffico attraverso il porto di Venezia,
prima e dopo la guerra m on diale...........................pag.
2. Le correnti del traffico triestino nell’ultimo venticin
quennio ..........................................................................„
3. Le condizioni economiche di Fiume, con riferimento
allo scalo di S u s a k ........................................................
4. Le fluttuazioni stagionali come indice del carattere
del porto e del suo re tr o te r ra ................................„
5. L’importanza dei porti minori nei vari settori del
l’Adriatico; la funzione di R a v e n n a .............................
6. La possibilità che i porti della costa orientale ed oc
cidentale svolgano attività concorrente con quella
degli empori alto-adriatici.......................................... .......
7. La posizione dei porti jugoslavi nel traffico adriatico:
il movimento di S u sak ................................................„
8. Lo sviluppo commerciale del porto di Sebenico . . ,,
9. L’attrezzatura del porto di Spalato e il traffico ma
rittimo .......................................................................................
10. Le condizioni economico-ambientali deH’emporio di
Ragusa e lo sviluppo del suo movimento . . . „
Nota bibliografica......................................................................
37
47
55
62
64
67
69
75
79
86
89
54.
55. i. Venezia si presentò nella lotta eco
nomica mondiale, a causa della rivoluzione
operata nei mezzi di trasporto, in condi
zioni di assoluta inferiorità, sia nei con
fronti della sua funzione nazionale, sia nei
riguardi della sua funzione di intermedia
ria fra l’Oriente e l’Europa centrale.
Benché interessantissimo, dobbiamo tra
lasciare per ovvie ragioni l’esame del traf
fico affluito al porto di Venezia nel quaran
tennio che possiamo chiamare iniziale del
suo esercizio, in quanto condizioni geogra
fiche, politiche ed economiche non consen
tivano che lo scalo lagunare potesse am
pliare il suo respiro per tutta la capacità dei
suoi polmoni.
Riguardo all’attrezzatura del porto in pa
rola, è fuor di dubbio che si provvide con
ragionevole cura solo negli anni immediata
mente precedenti la guerra e dopo il 1922.
Dalla seguente tabella appare il raffron
to tra gli impianti esistenti nel 1919, quasi
identici a quelli prebellici, e quelli realiz
zati alla fine del ’23.
Meccanismi esistenti
nel porto di Venezia
Gru
idrauliche
Gru
elettriche
da tonn.
} 1,5
< 10 -20
1
1,5
1,5- 3
3- - 6
10 -20
15 -30
Scaricatori
a ponte
Elevatori
per cereali
Montacarichi
a ) I d r .
Argan. ( g ,
Trasportatori
a teleferica
Totale meccanismi
3
1
0,4
1,5
Numero
1919 ’23 '34
52 73
7
9
42
3
1
1
4
8
23
1
102
Potenzialità di
sollevamento
installata
1919 ’23
15
20
3
48
12
8
0,4
15
121,4
10,5
81
6
20
30
8
12
8
33
208,5
’34
7
13.5
128
15
20
30
12
12
8
34.5
3,7
283,7
Inoltre le banchine da 4.150 mq. sono
salite a 4.226; le calate sono restate in
41.436 mq.; gli impianti ferroviari sono
saliti da 82.000 a 94 000 m. Pur restando
imprecisabile l’area del porto, a causa della
56. 38
speciale configurazione di Venezia, che
non permette di precisare tali dati, le aree
occupate da magazzini per depositi di mer-
ci hanno subite le seguenti variazioni:
Aree del magazzini esistenti in mq.
Anno
In muratura in legno
Totale
Ordinari Punto franco
Da ricostruire
in muratura
1919 16.426 5.300 10.180 31.906
1 23 29.296 13.710 2.101 45.107
* 34 54.430 13.710 — 68.140
Appare dai dati esposti che l’organiz-
zazione portuale è negli anni presi in esame
sensibilmente migliorata, essendo più che
raddoppiata la potenzialità di sollevamento
installata, aumentati i magazzini, perfezio
nati i servizi; tanto che si calcola che la ra
pidità media giornaliera di scarico delle
merci alla rinfusa potesse arrivare nel ’24
alle 800 tonn., contro una cifra inferiore
alle 500 tonn. neH’anteguerra. In questi
ultimi anni, con l’eliminazione di talune
gravi deficienze, specialmente per quanto
riguarda l’esportazione, con l’ampliamento
di magazzini, con l’aumento di mezzi di
carico e di trasporto dalle aree coperte a
banchina, col perfezionamento dei sistemi
di trasbordo; tali servizi sono perfettamente
adeguati alla organizzazione ed alla neces
sità di un grande porto moderno. Si calcola
che oggi la predetta media giornaliera di
800 tonnellate possa superare le 1.000.
Riteniamo ora opportuno, prima di ana
lizzare le attuali correnti di traffico, fer
marci a considerare le condizioni nell’im-
mediato dopoguerra, ponendole a raffronto
con quelle del periodo prebellico, per osser
vare, sia pur brevemente, quali conseguen
ze la guerra mondiale abbia avuto per il
commercio veneziano e come la nuova con
formazione politica ed economica influisca
su di esso. Riportiamo, nel prospetto se
guente, le cifre relative al movimento com
merciale di Venezia.
Naturalmente non possiamo dilungarci
ad esaminare le correnti di traffico partita-
mente per ciascun anno; pertanto ci servi
remo, per i confronti, delle medie quin
quennali, al fine di eliminare le irregolari
ed accidentali fluttuazioni annuali, pur ri-
serbandoci di mettere in evidenza singolar
mente le peculiarità di un certo interesse.
Anno
Merce arrivata e partita (In tonnellate)
Via mare Via terra
1909 2.702.833 1.472.877
’ 10 2.669.542 1.578.148
’ 11 2.743.403 1.525.365
’ 12 2.881.839 1.660.338
’ 13 2.662.835 1.449.785
Media
1Q09-’ 13 2.732.090,4 1.537.302,6
1919 1.265.603 998.315
’20 1.270.526 1.119.045
’21 1.656.676 1.344.966
’22 1.735.499 1.358.657
’23 2.013.854 1.639.126
Media
1919-’23 1.588.431,6 1.292.021,8
Nel quinquennio i909-’ i3, si nota una
stasi, che deriva dalla saturazione della po
tenzialità del porto, il quale non è più in
grado di offrire all’afflusso delle merci con
dizioni vantaggiose, che consentano al traf
fico quella libertà di movimento, rapidità
57. 39
di operazioni ed economia, che sono ad esso
necessari.
La ripresa del movimento commerciale
nel dopoguerra, come si è notato, fu assai
lenta e faticosa: in particolar modo poi
quella del traffico adriatico, più duramente
colpito dalla guerra prima e poi dallo scon
volgimento economico dei Paesi che prin
cipalmente lo alimentavano.
Numerose, e in parte già ricordate, furo
no le cause di debolezza dei porti adriatici,
e di Venezia soprattutto, che tuttavia do
po il 1920, attenuandosi le cause in parola,
sia pure con lento progresso, andò riacqui
stando la sua funzione regionale e nazio
nale. Il carattere della ripresa del traffico
veneziano nel dopoguerra può essere rile
Anno
Merce arrivata e partita (percentuali)
Via mare Via terra
Media
1909-’13 100 ICO
1919 46,32 64,94
’20 46,50 72,79
’21 60,64 87,49
’22 63,52 88,38
’23 73,71 106,62
Media
19l9-’23 58,14 84,04
vato dai raffronti in percentuale sulla me
dia del quinquennio 1909-’ ! 3.
Si nota subito che, mentre il movimento
ferroviario ha ripreso l’intensità d’ante
guerra, il commercio marittimo ha raggiun
to appena il 73.71 per cento, rispetto alla
media del quinquennio 1909-’ !3.
Se poi esaminiamo il rapporto fra im
portazione ed esportazione, abbiamo il pro
spetto raffrontativo riportato qui di fianco.
Movimento delle merci in tonnellate
Anno
Importazione Esportazione
Rapporto p er
centuale tra
Imp. ed Esp.
19C9 2.348.417 354.416 15,09
’ 10 2.335.443 334.099 14,31
’ 11 2.404.625 338.778 14,09
’ 12 2.498.564 383.275 15,34
’ 13 2.286.375 376.460 16,46
Media
1909-’ 13 2.374.684,8 357.405,6 15,05
1919 1.095.150 170.453 15,56
’20 1.138.801 131.725 11,57
’21 1.547.590 109.086 7,05
’22 1.577.887 157.612 9,99
’23 1.850.731 163.123 8,81
Media
1919-’23 1.442.031,8 146.399,8 10,15
Rapporto
% fra le
Medie 60,72 40,96
Appare subito che Venezia è sempre
stata uno scalo di importazione e che nep
pure la guerra ha potuto modificare tale
suo carattere. Questo dipende naturalmen
te dalla funzione regionale ed industriale
dello scalo veneziano; infatti notiamo una
diminuzione da 15,05 a 10 ,15 nel rappor
to percentuale fra esportazione ed impor
tazione nei due quinquenni presi in esame,
perchè la zona di influenza per mezzo di
ferrovia è aumentata, a causa dello sposta
mento del confine al di là della Venezia
Giulia, e perciò è minore la quantità di
merci che ripartono per via mare. Le im
portazioni sono infatti costituite per la mag
gior parte da materie prime e semi-lavorate
per industria e da generi alimentari di pri
ma necessità; quindi merci povere, pesanti
ed ingombranti, tra le quali nel periodo