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Collezione diretta da
Luigi Lojacono
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PIER LODOVICO BERTANI
IL PROBLEMA
DELL’ALTO ADRIATICO
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IL PROBLEMA
DELL'ALTO ADRIATICO
PIER LO D O VICO BERTANI
IL PROBLEMA
DELL'ALTO ADRIATICO
Prefazione di Gino Arias
L ' E C O N O M I A I T A L I A N A E D I T R I C E I N R O M A
I N D I C E G E N E R A L E
P R E F A Z I O N E ................................................................................................................................. pag. IX
P A R T E P R I M A — L’ALTO ADRIATICO NELLA STORIA POLITICA ED
E C O N O M IC A ...................................................................... » 3
1. Per uno studio geopolitico del problema adriatico.
2. La natura geografica: osservazioni preliminari sul retro­
terra dei vari porti. 3. L'Alto Adriatico e le tendenze ege­
moniche absburgiche : la funzione individuale e coordinati­
va dei tre porti italiani nel dopoguerra. 4. La posizione
politica ed economica di Fiume prima e dopo 1’ annes­
sione. 5. 1 Protocolli di Roma con l’Austria e l’ Unghe­
ria del 17 Marzo 1934 ; i Protocolli addizionali del 23
Marzo 1936. 6. Le marine mercantili particolarmente in­
teressate al traffico adriatico. 7. Distinzione delle cor­
renti latitudinali e longitudinali. Nota bibliografica.
PARTE SECONDA — IL TRAFFICO MARITTIMO NEI VARI PORTI . . » 3
1. Analisi del traffico attraverso il porto di Venezia,
prima e dopo la guerra mondiale. 2. Le correnti del traf­
fico triestino nell’ultimo venticinquennio. 3. Le condizioni
economiche di Fiume, con riferimento allo scalo di Susak.
4. Le fluttuazioni stagionali come indice del carattere
del porto e del suo retroterra. S. L’importanza dei porti
minori nei vari settori dell’ Adriatico; la funzione
Ravenna. 6. La possibilità che i porti della costa orien­
tale ed occidentale svolgano attività concorrente con
quella degli empori alto-adriatici. 7. La posizione dei
porti jugoslavi nel traffico adriatico : il movimento di
Susak. 8. Lo sviluppo commerciale del porto di Sebenico.
9. L’attrezzatura del porto di Spalato e il traffico ma­
rittimo. 10. Le condizioni economico-ambientali del­
l’emporio di Ragusa e lo sviluppo del suo movimento.
Nota bibliografica.
P A R T E T E R Z A — LE PROSPETTIVE DEL TRAFFICO ALTO -AD RIA­
TICO ......................................................................................... * 91
1. La politica economica internazionale e l’opera di col­
laborazione fra i porti d e ll'A lto Adriatico: i rapporti
commerciali fra Italia e Jugoslavia 2. 11 nuovo si­
stema porto-ferroviario nella politica adriatica jugoslava.
3. La politica tariffaria jugoslava. 4. La posizione dei tre
empori italiani. 5. I progetti ferroviari favorevoli al
traffico di Trieste e Venezia. 6. I porti della costa
orientale e la loro interferenza a ll’attività alto-adriatica.
7. I noli negli nltimi anni. 8. Il problema dell’ Alto A-
driatico nel più vasto campo della vita economica e po­
litica internazionale. Nota bibliografica.
P R E F A Z I O N E
La dotta, esauriente monografia di Pier Lodovico Bertani sul pro­
blema dell'Alto Adriatico, che io ebbi la viva soddisfazione di pro­
porre per il primo premio in un recente concorso bandito dal Partito Na­
zionale Fascista, conquista senz'altro un posto di prim’ordine nella ricca,
ma piuttosto frammentaria, letteratura, antica e recente, sull’argomento, di
così vitale importanza per l'imminente e necessaria espansione dell’economia
imperiale italiana, anche a traverso i suoi porti adriatici.
I fatti, che il Bertani enumera, ed illustra magistralmente, hanno dimo­
strato senza fondamento l'infausto e malevolo pregiudizio, che pur senti-
vasi mormorare prima e durante la grande guerra, secondo il quale i porti
di Venezia, Trieste e Fiume avrebbero dovuto, con reciproco danno, inva­
dere l’un l'altro la rispettiva zona d'influenza e contrastarsi le future pos­
sibilità d'irradiazione.
A questa tesi disfattista, Mario Alberti ed io ci opponemmo vigorosa­
mente fino dal 1915.
II Bertani dimostra che i porti italiani dell’ Alto Adriatico costitui­
scono ormai un solo sistema e che hanno tutti le più grandi probabilità
di ulteriori ed anche grandiosi sviluppi, con grande vantaggio dell'econo­
mia italiana. Bene osserva il Bertani che la concorrenza fra i porti di uno
stesso mare è relativa. « Nel nostro caso Venezia, Trieste e Fiume pos­
sono prosperare tranquillamente, lavorando ciascuno per quella zona di cui
sono lo sbocco più vicino ed economico. Il possesso dei tre empori da parte
di un’ unica potenza non solo non è un male per alcuno di essi, ma, se
artifici politici non intervengono a turbare i naturali rapporti internazio­
nali, è anzi un bene, perchè il potere centrale, specie se forte e non tur­
bato nelle sue decisioni da inframettenze e speculazioni parlamentari, può
disporre un coordinamento delle singole funzioni».
La volontà politica, anche in questo campo, ha un'influenza poderosa
e determinante: sempre più si dimostra che la disciplina politica degli
scambi internazionali, sopra tutto col metodo delle compensazioni, è una
esigenza fondamentale per l'economia italiana, nella sua attuale fase di
unificazione corporativa e di conquista progressiva dei mercati stranieri.
Le convenzioni doganali e portuarie fra l’Italia e l'Austria, l'Italia e l'Un­
gheria, l'Austria e l'Ungheria sono uno fra gli innumerevoli documenti di
questa grande verità, che gli economisti ligi al decrepito utilitarismo ne­
gano od ammettono di mala voglia e con limitazioni non giustificate.
I protocolli di Roma del 17 marzo 1934 e quelli addizionali del 23 marzo
1936 segnano il trionfo della concezione Mussoliniana, pienamente accolta
dall'Austria e dall'Ungheria, secondo la quale i tre paesi, senza discono­
scere la utilità dello sviluppo delle loro relazioni economiche con gli Stati
danubiani, formano un unico gruppo e un unico fronte. Oià se ne vedono
gli effetti sull’aumento di traffico nel porto di Trieste.
Il Bertani, con mirabile conoscenza dei dati di fatto, pazientemente
raccolti e accuratamente elaboratici dà una descrizione chiara ed efficace
delle varie marine mercantili interessate al traffico adriatico e quindi pro­
cede all’ analisi del traffico marittimo nei vari porti adriatici, compresi
quelli dalmatici.
Rimangono inalterate le condizioni naturali, che fanno di Venezia lo
strumento indispensabile di un vasto e ricco retroterra esclusivamente nazio­
nale; rimangono inalterate e possono in parte ritenersi anche migliorate
per le nuove opere idriche, per il più largo impiego di vie fluviali, per la
previdente assistenza del governo nazionale e per il forte incremento dato
all'attività industriale. Questo fu in passato ed è oggi il porto che nelle rela­
zionifra l’Europa Centrale e l'Estremo Oriente permette il più ampio sfrut­
tamento dei trasporti marittimi.
E ben noto che Venezia e Trieste presentano le stesse caratteristiche di
un fortissimo squilibrio fra importazioni ed esportazioni: 3 milioni e
275 mila tonti, importate contro 455 mila esportate a Venezia nel 1934;
1 milione e 816 mila tonn. importate, contro 591 mila esportate a Trieste
nello stesso anno.
Non si può ritenere che questo carattere possa essere sensibilmente atte­
nuato in brevissimo tempo, ma certo molto gioverebbe che ciò si verificasse
come tendenza, sia pure a lungo periodo, quale segno della crescente
espansione italiana e per le ben note conseguenze sul corso dei noli e per
riflesso sull'ulteriore sviluppo del traffico marittimo.
lo penso che l'economia imperiale italiana sarà sempre più indipen­
dente, ma sempre meno racchiusa in se stessa, pur entro i suoi vastissimi
confini; essa potrà e dovrà inserirsi sempre più nell'economia mondiale,
con volontà di dominio.
In questo periodo dell’economia italiana, forse imminente, comunque
non lontano, i nostri grandi porti, e sopra tutto quelli dell'Adriatico, raggiun­
geranno un volume di traffico di gran lunga superiore a quello attuale, con
un maggiore equilibrio fra gli elementi da cui è costituito; rappresenteranno
insomma le grandi porte a traverso le quali l'imperialismo economico ita­
liano si incamminerà trionfalmente per le vie del mondo.
Roma, R. Università, 27 Ottobre 1936-X IV
GINO ARIAS
............ Si è riunita a Palazzo Littorio la Commissione nominata per
l’esame dei lavori presentati ai “ Littoriali della Cultura,, indetti dai Grup­
pi Universitari Fascisti.
Erano presenti S. E. il Prof. Santi Romano, per il Ministero delle Cor­
porazioni ; S. E. il Prof. Giuseppe Bottai e il Prof. Gino Arias per il Mini­
stero dell’Educazione Nazionale ; il Dott. Salvatore Gatto per i Gruppi Uni -
versitari Fascisti, nonché i rappresentanti delle Confederazioni Nazionali :
Dott. Daniele Gorga, Avv. Marcello Andreoli, Avv. Emanuele Cabibbo,
Avv. Giuseppe Arcangeli, Avv. Roberto Roberti, Prof. Filippo Carli, Dott.
Raimondo Michetti, Prof. Alfonso Cermonti, Dott. Fernando Martelli, Avv.
Mario Mammoli, Comandante Alberto Coda, Dott. Giuseppe Sallicano,
Console Ivo Oliveti.
L’on. Starace ha affidato la presidenza a S. E. il Prof. Santi Romano.
Fra tutti i lavori premiati è stato segnalato, in modo particolare,
quello contrassegnato col motto “ Vincere per vivere, vivere per vincere,,,
che ha svolto il tema della Confederazione fascista della gente del mare
e dell’ aria: “ 11 traffico marittimo dell’Adriatico con speciale riguardo a
quello compiuto da navi battenti bandiera italiana, jugoslava e greca,,.
L’autore del lavoro, che ha dimostrato soprattutto di essersi dedicato con
passione e serietà di studi allo svolgimento del tema prescelto, è il fasci­
sta universitario Pier Lodovico Bertani, studente in giurisprudenza presso
la R. Università di Bologna, al quale è stato così assegnato un premio di
L. 2000, mentre la Commissione ha indicato il lavoro alla Confederazione
Fascista della gente del mare e dell’aria come meritevole di pubblicazione.
D alla relazion e u fficia le della C om m issione esa m in a trici dei la -
oori p resen tati a i L ittoriali della Cultura - R om a, 2 4 A p rile /9 3 3 -X Ì.
I l p ro b lem a J e ll A l t o A d ria tic o
P A R T E P R I M A
L A lto A d riatico nella storia politica ed economica
tt
lì
1. Per uno studio geopolitico del problema adriatico pag.
2. La natura geografica : osservazioni preliminari sul
retroterra dei vari p o r t i.........................................
3. L’ Alto Adriatico e le tendenze egemoniche absburgi-
che: la funzione individuale e coordinativa dei
tre porti nel dopoguerra.........................................
4. La posizione politica ed economica di Fiume prima
e dopo 1’ annessione....................................................„ 14
5. 1 Protocolli di Roma con l’Austria e l’ Ungheria del
17 Marzo 1934; i Protocolli addizionali del 23
Marzo 1936 .............................................................. ...... 18
6. Le marine mercantili particolarmente interessate al
traffico adriatico......................................................... ....... 20
7. Distinzione delle correnti del traffico adriatico : cor­
renti latitudinali e longitudinali..................................... 28
AJota bibliografica.................................................................... 29
i. Il problema ddl'Adriatico, certo assai
più complesso di quello riguardante gli altri
mari che circondano la nostra penisola, è sta­
to oggetto di numerosi trattati, taluni per
vero pregevoli, da parte di scrittori d’ogni
Nazione e tempo.
Ma il più delle volte si è preso in consi'
derazione uno solo degli aspetti della que-
stione, o ci si è lasciati fuorviare il pensie­
ro da sentimenti e passioni personali, o si
sono seguite tendenze politiche ed econo­
miche comunque particolaristiche, giungen­
do a conclusioni erronee, perfino antistori­
che. Vorremmo, insomma, uno studio pos­
sibilmente completo, che trattasse l’argo­
mento da un punto di vista universale, cioè
nella sua portata storica, che tenesse conto
delle evoluzioni economiche e degli scon­
volgimenti politici, senza per questo abban­
donarsi a visioni deontologiche nazionali e
ultrapatriottiche, altrettanto ideali quanto
pericolose.
Il problema dell’Adriatico va posto nel
tempo, non solo per studiarne gli sviluppi
avuti in passato, ma anche per conoscerne
e valutarne esattamente lo stato di poten­
zialità nel quale si presenta al futuro; in
altri termini, si devono prender le mosse da
quei sani criteri di Geopolitica, senza i qua­
li è nostro convincimento che non si pos­
sano analizzare questioni di indole politico­
economica. Diciamo subito che i nostri cri­
teri divergono assai da quelli della scuola
francese e germanica, che pur hanno il me­
rito di aver avvalorato tale disciplina; se è
vero, come è di fatto, che la Geopolitica è
la scienza del legame territoriale dei pro­
cessi politici (i), non scorgiamo come si pos-
(i) Vedasi: WILHELM ZlEGl.ER: «Einführung in die
Politik », pag. 27. Lo ZlEGLER, insieme all'HAUSHOFER
(Karl H .: « Die Grenzen in ihrer geographischen und
politischen Bedeutung ») e al DlX (ARTHUR D. : « Geo­
politik », in « Staat und Wirtschaft », n. 16) è un si-
stematore della Geopolitica come scienza a sè stante.
Per una critica profonda e coscienziosa, sia pure
sintetica, delle tendenze delle scuole geopolitiche fran­
cesi e tedesche, rammentiamo: U g o M orICHINI: In­
troduzione a: « Il Bacino adriatico e la Dalmazia »,
Libreria del Littorio, 1932, che avremo occasione di
citare spesso ad altro proposito.
8
sano poi sostituire i logici fondamenti: la
Geografia fisica, l'Antropogeografia e la
Storia, con presupposti politico-filosofici, a
secondi fini.
Data dunque questa nostra concezione,
sarà opportuno, tralasciando per ovvie ra­
gioni una esposizione del problema dal pun­
to di vista geografico-fisico, premettere al­
cune considerazioni di natura antropogeo­
grafica, cioè relative alla funzione svolta
dal mare nei riguardi degli abitanti le zone
marittime.
2. La assoluta superiorità della costa orien­
tale sulla occidentale, che si rileva qualora
si considerino solamente le regioni litoranee,
specialmente ai fini della navigazione, scom­
pare se si porta l’esame a maggiore pro­
fondità: anzitutto la costa occidentale ha
un retroterra più vasto, e, per quanto scar­
se siano le precipitazioni, non risente così
fortemente della bora e dello scirocco. Ma
la differenza geografica più essenziale, e di
maggior effetto per una valutazione socia­
le, si deve cercare nel raccordo dei versan­
ti alla propria catena e nella posizione com­
plessiva di questa rispetto alle altre regio­
ni circostanti. Infatti la costa italiana, mer­
cè i comodi valichi appenninici, fu facilmen­
te influenzata e rafforzata dai popoli dello
altro versante: Toscani, Latini e Campani,
che con la loro maggiore civiltà e ricchez­
za diedero vita alla regione e neutralizza­
rono le forze barbariche orientali, già im­
pedite nel loro passaggio dall’Adriatico.
La costa orientale invece risentì della sua
particolare infelicità, perchè, oltre ad avere
nelle montagne uno spartiacque bizzarro e
indeciso, manca di un vero versante dall’al­
tra parte, ed anche quell’altopiano che lo
sostituisce è rivolto a settentrione. Dal Car­
so si passa ai Balcani con una serie di pic­
cole catene, che si intrecciano in modo tale
da impedire qualunque confine naturale.
Da questo fatto traggono origine gli in­
numerevoli conflitti e la discordia innata,
che costituisce la piaga fondamentale dei
popoli balcanici. Di tali vicende dolorose
subì le conseguenze la regione litoranea,
della quale le orde barbariche si servirono
come di un ponte di passaggio per le loro
migrazioni dall’Oriente all’Occidente d’Eu­
ropa.
Devesi anche aggiungere che la costa o-
rientale, se ebbe dei benefizi dall’Adriatico,
li ebbe per imposizione; quindi, nel subire
la supremazia delle regioni italiche, si tro­
vò da questo lato in una dipendenza che
moralmente pregiudicò il valore di quei be­
nefizi.
Si comprende quindi, come la fortunata
condizione geografica — ricchezza d’isole e
di insenature, presenza di coste adatte alla
navigazione — disgiunta da criteri di sana
coscienza politica nelle popolazioni, sia stata
nociva al progresso economico, alla pace e
particolarmente allo sviluppo del senso di
nazionalità degli abitanti la costa orientale.
Di contro, la costa italiana si sviluppò sotto
l’influsso della civiltà italica, basata sulla
unità geografica e nazionale, per sua natura
indistruttibile. Questo ci basti a dimostra­
re le ragioni intime della superiorità so­
ciale dell’elemento italiano nel bacino del­
l’Adriatico.
Un altro fenomeno, derivante da fattori
puramente fisici, che rende ancor più com­
plesso il problema, è costituito dalla par­
ticolare conformazione del retroterra dei va­
ri porti adriatici. Mentre in tutta la parte
occidentale le condizioni dell’entroterra so-
no in genere molto più favorevoli all’inse-
diamento umano, che non la zona costiera,
nell’altra costa esse sono assai poco propi­
zie, sino a diventare addirittura impossibili,
allontanandoci anche solo per pochi chilo­
metri dalla costa, su per l’impervia scar­
pata delle Alpi Bebie e delle Dinariche.
Questa diversità di fattori ambientali
trova riscontro nella storia politica ed eco­
nomica, che ha per teatro il bacino dello
Adriatico, come si può vedere esaminando
le condizioni naturali, il processo del popo­
lamento e le vicissitudini politiche di que­
sta zona così ricca di eventi storici (i).
L ’esatta conoscenza della situazione geo­
grafica ed antropogeografica dovrebbe in­
dicare la via più favorevole segnata dalla
natura allo sviluppo ed alla prosperità degli
Stati; ma questa considerazione non deve
indurci ad un determinismo geografico tale
da non ammettere spostamenti ad opera
della volontà, come se si trattasse di un
campo al di fuori della realtà umana; anzi,
è esatto sostenere che la quantità e la qua­
lità del litorale possono essere sostituiti da
un solo buon porto, magari artificiale, sem­
pre che il popolo, cui appartiene l’approdo,
sia industrialmente potente, commercial­
mente attivo, marinarescamente capace, a-
bile nelle direttive dei suoi dirigenti poli­
tici e finanziari.
Non per questo sono invertiti i principi
geopolitici: nessuna forza umana può im­
porre all’Adriatico una funzione diversa da
quella stabilita da natura, confermata da
due millenni di attività storica. Anzi, la
speciale conformazione del retroterra dei
(i) V e d i am plrus: U . MORICHINI, o p . cit.
singoli porti rende più sentiti gli sposta­
menti di confine e di zone di influenza.
Tipico è il caso di Trieste, dopo l’annes­
sione all’Italia.
3. Con lo spostamento del confine politi-
co-doganale, Trieste, che spingeva la sua in­
fluenza nell’Europa centrale fino a conten­
dere ad Amburgo i traffici di Praga e di
Norimberga, venne improvvisamente a tro­
varsi priva del suo poderoso retroterra na­
zionale. I fatti hanno poi dimostrato come
fosse errato il credere che il porto di Trie­
ste fosse votato alla inazione e alla morte;
infatti, il retroterra politico può essere so­
stituito da un retroterra economico, che è
in gran parte naturale, anche se in questo
caso lo sfruttamento, pur facilitato da co­
mode vie di comunicazione, costa ai porti
ingenti sacrifici, come la istituzione e la ma­
nutenzione di speciali organismi capaci di
attirare e dirigere il traffico.
Particolare interesse presenta il porre a
confronto — senza entrare ad esaminare
le attuali condizioni che considereremo in
seguito — i caratteri antropici ed economi­
ci che presentava Trieste prima della guer­
ra, con la sistemazione ottenuta in seguito
al conflitto mondiale, in relazione alla coe­
sistenza di Venezia e di Fiume.
La scoperta dell’America e quella della
via delle Indie per il Capo di Buona Spe­
ranza, ebbero per effetto il lento spostamen­
to dei traffici europei dal Mediterraneo al-
l’Atlantico. A partire dal ’500, le guerre coi
Turchi logorarono e sottrassero alla Poten­
za veneta le basi navali e le colonie, tanto
necessarie alla sua vita commerciale.
La decadenza di Venezia si manifesta ap­
pieno agli albori del secolo XVIII; nel 1702
le proteste della Repubblica non valgono più
1.0
ZONE DI COMPETENZA ECONOMICA
DEI VARI PORTI NELL’ ANTEGUERRA
'SCALA 1: 91000000
VENEZIA ] GENOVA
TRIESTE AMBURGO
FIUME ZONE CONTESE
11
ad impedire l’esistenza di navi armate trie­
stine e fiumane. Carlo V I approfitta della
alleanza veneziana per proclamare, il 2 Giu­
gno 17 17 , la libertà dei mari. Sotto questo
colpo e dopo l’infausta pace di Passarowitz
(1718), la vecchia Regina dell’Adriatico,
onusta di gloria, piega vieppiù il capo al suo
destino, finche un grande Tiranno le strap­
pa anche la corona, per aggiungerla, ambi­
to trofeo, ai suoi cimeli di vittorie.
Trieste, senza industrie, nè commerci, po­
co popolata, sfornita di capitali e "di attrez­
zatura, sia portuaria che stradale, seppe ap­
profittare delPindebolimento politico ed e-
conomico della Serenissima e, costruendo
strade, migliorando il codice mercantile, au­
mentando la flotta, soppiantare la decaden­
te Repubblica nella sua funzione di inter­
mediaria fra l’Oriente e l’Occidente, assu­
mendone il traffico col Levante, fonte di
vitale grandezza.
Le condizioni di Venezia rispetto a Trie­
ste peggiorarono naturalmente quando il
Veneto, dal Trattato di Campoformio
(1797) al 1866, appartenne, con alterne vi­
cende, all’Austria, la quale, prevedendo che
prima o poi Venezia sarebbe tornata in do­
minio della Nazione cui doveva appartene­
re, dedicò a quel porto poche cure e solo for­
mali.
Mentre Trieste e Fiume furono eretti a
porti franchi il 18 Marzo 1719 , per Vene­
zia Francesco I firmò il Decreto con cui si
attuava la franchigia (durata poi, salvo la
interruzione 1849^51, fino al 1873), con
vigore dal i° Febbraio 1830; nel 1831 si
fondarono a Trieste le Assicurazioni Gene­
rali, vera base della fortuna economica del­
l’emporio; finalmente, due anni prima che
sorgesse la Riunione Adriatica di Sicurtà,
ecco presentarsi in campo la meravigliosa
arma di espansione austriaca : il Lloyd
(1836). Contemporaneamente aH'affermarsi
di potenti nuclei di marineria, sorsero le pri­
me ferrovie che unirono Trieste a Lubiana
e a Vienna.
Nel 1869, l’apertura del Canale di Suez
restituì all’Adriatico la sua naturale fun­
zione di bacino di smistamento dei traffici
fra l’Oriente e l’Europa centrale, impedendo
così che altre linee internazionali, attraver­
so i porti del Nord e lungo il Danubio pas­
sassero in prima linea, davanti al nostro ba­
cino. Immediatamente il traffico dell’Adria­
tico tornò a pulsare con ritmo accelerato.
Ma i porti adriatici, e Venezia in special
modo, non essendo preparati al riattivarsi
in grande scala del traffico marittimo, si
ridussero ad avere un’influenza poco più che
locale — ad ogni modo alquanto limita­
ta — , con parziale vantaggio dei porti ger­
manici e inglesi.
La causa della impreparazione degli em­
pori adriatici va ricercata principalmente
nelle variazioni del momento storico e del
fattore antropogeografico. Le correnti po­
litiche del moderno nazionalismo europeo
intensificarono i traffici e gli scambi interna­
zionali, dando vita a sistemi economici sem­
pre più complessi; mentre si cercava di ri­
durre i costi, si aumentò la potenza, la qua­
lità e la sicurezza delle comunicazioni; si
elevarono barriere doganali, mentre d’altro
lato si cercava di eliminarne gli effetti con
sistemi fiscali ed economici speciali, come
la tendenza al monopolio, la clausola della
nazione più favorita, gli scambi bilanciati,
ecc.
Nel frattempo anche il fattore antropo­
geografico mutò il campo nel quale si svol­
12
gevano i commerci. Il vecchio attrezza­
mento marittimo-commerciale non era più
sufficiente all’economia delle nuove corren­
ti di traffico; per applicare le recenti inven­
zioni alla struttura economica nazionale,
occorrevano non solo ricchezze ingenti, ma
anche una visione ampia e organica del mo­
mento, con un programma chiaro ed armo­
nico, le cui basi risiedessero su di una salda
unità nazionale e una potente riserva finan­
ziaria da parte dello Stato. Pertanto le Na­
zioni europee fecero a gara a diminuire le
esigenze tariffarie, fiscali e tributarie in ge­
nere, a costruire ed arredare porti, col per­
fezionare i sistemi lavorativi, col rendere i
fondali proporzionati ai nuovi scali, aumen­
tando l’area delle banchine e corredandole
di mezzi rapidi di carico e scarico delle
merci.
L’alterazione più profonda prodotta dai
moderni sistemi di comunicazione fu quella
relativa all’area di gravitazione economica
dei vari centri marittimi. I porti del Nord,
collegati al retroterra da pianeggianti fer­
rovie e da poco costose linee fluviali, hanno
la preferenza in confronto ai porti adriatici,
più vicini e in passato anche più convenien­
ti, i cui servizi non sono adatti alle nuove
esigenze commerciali. In secondo luogo, si
rende sempre più indispensabile allo svilup­
po dei commerci una salda base industriale
e, negli ultimi tempi, l’assistenza di un or­
ganismo finanziario poderoso, che comune­
mente è lo Stato.
Questa intromissione dello Stato nel fe­
nomeno economico, tipica dell’attuale mo­
mento storico, non significa affatto che l’or­
ganismo politico possa invertire i principii
economici e contrastare alla forza logica del­
le cose: la migliore riprova si ha nel fal­
limento della artificiosa politica di privile­
gi e di monopoli, che per parecchi decenni
ha dato potenza rigogliosa a empori locali
durante la decadenza di Venezia. Vero è
che le coste soggette all’Austria erano sotto
taluni aspetti in migliori condizioni di quel­
le italiane; ma la abbondanza di approdi e
la presenza di elementi ricchi ed attivi non
sarebbero state sufficienti, senza la volontà
tenace di un organismo formidabile, bra­
moso di avere il predominio dell’Adriatico.
Allora si iniziò quel tentativo antistorico
di slavizzazione del nostro mare, che fu
causa non ultima deH’intervento italiano nel
Maggio del ’ 15.
Agli effetti del problema dell’Adriatico,
la grande guerra non è altro che il crollo
violento degli artifici coi quali gli Imperi
centrali volevano imporre un instabile e-
quilibrio economico; con un processo im­
provviso, logico, anche se si è manifestato
attraverso la distruzione di innumeri vite,
l’Italia ha riavuta la sua naturale suprema­
zia.
Durante il conflitto, i traffici marittimi
furono completamente sospesi ed ogni atti­
vità commerciale paralizzata. Di tale stato
di cose i porti adriatici risentirono le conse­
guenze in modo assai più grave di tutti gli
altri. Spentasi la conflagrazione, il traffico
marittimo dell’Adriatico si trovò ostacolato,
oltre che dalla crisi politica interna, dalle
particolari condizioni dei Paesi dai quali
doveva trarre vita; i Balcani, la Turchia, la
Russia, i Paesi dell’estremo Oriente erano
tormentati da guerre, perturbazioni sociali
e rivoluzioni economiche. Contemporanea­
mente, le condizioni economico-finanziarie
dell'antico retroterra, particolarmente per
13
T R A F FIC O M A R IT T IM O T O T A L E
Trieste, non permettevano il riallacciarsi di
relazioni commerciali, per le quali gli scam­
bi erano impediti dalla instabilità e dal rin-
vilimento progressivo della moneta. Solo
cosi ci possiamo spiegare il lento riprendere
del movimento commerciale adriatico nel
dopoguerra.
Facendosi appunto forti di questa indo­
lenza dei nostri empori a riassumere la lo­
ro funzione di primo piano, alcuni scrittori
ed uomini politici stranieri hanno preteso
sostenere che la moderna economia dei tra­
sporti non sopporta la coesistenza in uno
stesso mare di più porti della stessa Nazio­
ne; quasi che non si possa attribuire a cia­
scuno di essi una speciale funzione, deter­
minata dalla natura del retroterra e dalle
vie di comunicazione che ad esso fanno ca­
po. Quindi la concorrenza fra i porti di uno
stesso mare è relativa; infatti, nel nostro
caso, Venezia, Trieste e Fiume possono pro­
sperare tranquillamente, lavorando ciascuna
per quella zona di cui è lo sbocco più
vicino ed economico. Il possesso dei tre em­
pori da parte di una unica Potenza non so­
lo non è un male per alcuno di essi, ma, se
artifici politici non intervengono a turbare
i naturali rapporti internazionali, è anzi un
bene; perchè il potere centrale, specie se for­
te e non turbato nelle sue decisioni da in-
trammittenze di speculazioni parlamentari,
può disporre un coordinamento delle singo­
le funzioni ; il che non si poteva certo fare
quando soltanto Venezia apparteneva alla
Italia, debole rispetto a un’Austria-Unghe-
ria, che con ostinati sacrifici voleva il pre­
dominio incontrastato dei suoi porti.
Trieste e Fiume, sbocchi di retroterra ap­
partenenti a diverse Nazioni, hanno neces­
sariamente risentito le conseguenze econo­
miche della guerra e della crisi postbellica
più di qualunque altro porto italiano. Il
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frazionamento dell’impero absburgico nei
vari Stati ha prodotto un eccezionale scon­
volgimento di confini, accompagnato da un
improvviso nuovo orientamento delle cor­
renti della politica economica. Tale feno­
meno, la crisi monetaria conseguente e le
condizioni particolari dei mercati orientali
hanno contribuito fortemente a rendere più
difficile il risorgere dei traffici triestini e
fiumani.
Si noti la tendenza al riassestamento del­
l’equilibrio economico, col riattivamento
della produzione e degli scambi; nel caso
di Trieste, il grave squilibrio fra esporta­
zione ed importazione marittima verifi­
catosi nel 1919 non è più avvenuto;
questo dimostra che Trieste ha riassunta
la sua funzione di collegamento fra l’O-
riente e l’Europa centrale, come nell’an-
teguerra. Non che si sia raggiunta la in­
tensità di traffico di allora, ma il movi­
mento marittimo totale medio del decennio
I925' 34 costituisce l’82,o8 % di quello del
quinquennio i909-’i3 : percentuale per ve­
ro rilevante, se si tien conto delle diverse
condizioni economiche del territorio retro­
stante e della depressione generale iniziata­
si nel 1929.
La situazione economica dei tre porti ita­
liani deU’Alto Adriatico sarà da noi analiz­
zata in seguito, ma possiamo subito trarre
una conclusione da quanto abbiamo fin qui
esposto.
La ripresa del movimento commerciale
con tutti i Paesi del retroterra conferma che
il porto di Trieste va riacquistando la sua
intensità ed importanza d’anteguerra e che
la nuova barriera politico-doganale che lo
separa dal suo retroterra economico non ne
diminuisce, nè cambia affatto la funzione;
anzi, possiamo già preventivamente affer­
mare che una vigile e lungimirante politica
economica italiana potrà, nella ripartizione
del traffico europeo, determinare a Trieste,
in collaborazione con Venezia e Fiume, u-
na influenza superiore a quella che poteva
darle, con i suoi artifici contrastanti coi sani
principi geopolitici, il sistema economico
dell’Austria-Ungheria. Quindi, la « nociva
concorrenza » fra i porti dell’Adriatico si
cambierà in nobile emulazione, a tutto be­
neficio della Nazione.
4. Esaminiamo ora un’altra questione,
forse più complessa e intricata di quella
triestina: il problema di Fiume, con parti­
colare riguardo alla coesistenza di Trieste e
alla concorrenza di Susak.
In conseguenza dell’artificiosa e forzata
politica adriatica dell’Austria, alla quale si
è già avuto occasione di accennare, il porto
di Fiume completò l’opera di concorrenza
ai porti italiani, in attesa di essere restituita
all’Italia. Il Patto di Londra contiene le ba­
si della ricompensa per l’intervento italiano
in guerra; quello che accadde fino all’annes­
sione di Fiume all’Italia con l’Accordo di
Roma del 27 Gennaio 1924 è noto ai più.
Gli Articoli 4, 5 e 6 del Patto di Londra
dimostrano, con chiarezza maggiore degli
altri, che le rivendicazioni italiane si ispira­
vano a criteri di grandezza romana e ve­
neta:
Ari. 4. — « Nel Trattato di pace, l’Ita-
« lia avrà il Trentino, il Tirolo cisalpino
« con la sua frontiera geografica e naturale
« (la frontiera del Brennero); Trieste, le
« Contee di Gradisca e Gorizia, tutta l’Istria
« fino al Quarnaro compresavi Volosca e le
« isole istriane di Cherso, Lussino, come an-
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« che le piccole isole di Plavnik, Unia, Ca­
li nidole, Palazzuoli, S. Pietro di Nembi,
« Asinelio, Gruica e i vicini isolotti.
« Nota. — La frontiera sarà tracciata...
« fino a Idria. Da questo punto seguirà in
« direzione di sud-est verso lo Schneeberg
« (Nevoso) lasciando fuori del territorio ita­
ci liano tutto il bacino della Sava e dei suoi
<»affluenti; dallo Schneeberg la frontiera
« scenderà verso la costa in modo da inclu-
« dere Castua, Mattuglie, Volosca nel terri-
« torio italiano.
Art. 5. — « L ’Italia avrà anche la pro-
« vincia di Dalmazia nei suoi confini am-
« ministrativi attuali.
« Nota. — Sarà dato alla Croazia nell’Al-
« to Adriatico tutta la costa, dalla baia di
« Volosca, sul confine istriano, fino alla
« frontiera settentrionale della Dalmazia
« comprendente il litorale attualmente un­
ii gherese e tutta la costa della Croazia, il
« porto di Fiume...
Art. 6. — « L ’Italia avrà la completa so-
< vranità tra Vallona, l’isola di Saseno e
« su un territorio circostante... ».
Naturalmente si supponeva che, a guer­
ra vinta, si potessero ottenere tali compensi;
ma, purtroppo, quando il conflitto mondia­
le stava per cedere il posto alla pace, un
nuovo fattore di discordie si aggiunse; l’abi­
tudine alle Conferenze, suscitate e mante­
nute da parassiti voraci, desiderosi di difen­
dere gli altrui eroismi per sfruttare a pro­
prio indegno vantaggio la situazione dolo­
rosa. Astro del momento fu il teorico poli­
tico Wilson.
Già dal 18 Ottobre 1919, il deputato fiu­
mano Ossoinak richiedeva apertamente per
la sua città, italiana nel passato, italiana nel
presente, il diritto di autodecisione. Finita
la guerra, i Trattati del Trianon e di San
Germano, dimentichi dei Patti prebellici,
restituirono all’Adriatico press’a poco la con­
figurazione che aveva prima della guerra.
Fiume fu abbandonata alla mercè di due vi­
cini in contrasto; poco dopo, gli Alleati,
spinti dal contegno della cittadinanza fiu­
mana, che ardeva di passione nazionale, co­
minciarono a formulare i vari progetti:
Wilson, Tardieu, Gay (ispirato dall’Ossoi-
nak), Richard (di ispirazione fiumana) e in­
fine quello George; tutti falliti.
All’opera internazionale si intrecciarono
gli eventi, che, per quanto cari al nostro
cuore di italiani, non possiamo qui consi­
derare minutamente; certo, l’eroismo dei
Fiumani e l’intervento pronto dei Legio­
nari d’Annunziani influirono enormemente
sulle decisioni prese in seguito. La soluzione
della questione fu affidata alle due parti
contendenti, fuori dell'ambito di discussio­
ne in sede di Conferenza internazionale.
Durante i ministeri Giolitti e Sforza si ten­
nero le Conferenze di San Remo e di Pai-
lanza, che terminarono nell’Accordo sui
generis di Rapallo, il 12 Novembre 1920;
Fiume divenne Stato indipendente, l’Italia
ebbe la Venezia Giulia fino al Monte Ne­
voso con le isole del Quamero, Cherso e
Lussin, ma rinunziò alla Dalmazia e alle
sue isole, meno Zara e Lagosta. Il malcon­
tento dei Fiumani per questa soluzione si
risolse con l’annessione di Fiume all’Italia,
il 27 Gennaio 1924.
Fu poi indetta una Conferenza italo-
jugoslava, che, dopo varie vicende, terminò
con l’Accordo di Nettuno, firmato il 20 Lu­
glio 1925 ad Anzio; per tale Accordo si è
resa possibile l’assistenza alle minoranze i-
taliane sulla costa dalmata. Inoltre al Regno
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S. C. S. è garantito libero sfogo nel porto
bene attrezzato di Fiume, non soltanto per
i suoi prodotti, ma per tutto il suo traffico
di transito e coi vantaggi del regime per i
punti franchi. Sono state eliminate ragioni
di dannose reciproche concorrenze fra i por­
ti di Fiume e di Susak, senza pregiudicare
per questo l'opera dei due Governi, intesa
a sviluppare i traffici del proprio Paese. Si
è decisa l’istituzione dei Magazzini Generali
nel Bacino Thaon di Revel, con l’obbligo
di emissione di warrants.
Naturalmente al susseguirsi degli eventi
politici corrispose una diversità di indirizzi
economici destinati al porto di Fiume. Co­
sì, col Patto di Londra, Fiume con tutto lo
immediato retroterra veniva assegnata alla
Croazia; quindi il porto doveva assoluta-
mente competere ai Croati, con ampia liber­
tà di traffico anche e soprattutto a danno di
Trieste. In tal modo restava la concorrenza
fra i porti nord-adriatici, minaccia continua
alla nostra sovranità economica, anche se,
col possesso della Dalmazia e dell’Albania,
lo sbocco fiumano godeva di una autonomia
molto relativa.
Nei vari progetti presentati alla Confe­
renza della Pace si ebbero in poco conto gli
obbiettivi economici. Il progetto Gay-Ossoi-
nak, unico, mirò chiaramente ad evitare la
temuta scissione dell’organismo portuario,
per la questione del Delta e del Piazzale del­
la Braidizza; eliminato questo, cadde subito
dopo anche il progetto Richard, che risol­
veva la questione economica con l’erezione
di tutto l’impianto a porto franco.
Il Trattato di Rapallo, che non eccelle per
la sua limpidità, permise lo spezzamento del­
l’unità portuaria, essendo stati assegnati al
Regno S.C.S. il Delta e Porto Barros. Non
ostante vari tentativi, fra i quali notevole
quello del Senatore Quartieri per rivedere i
confini orientali, si giunse al Trattato di Ro­
ma, che riconobbe la sovranità jugoslava
sul Delta e Porto Barros, e concesse al Re­
gno S. C. S. in affittanza il bacino Thaon
di Revel nel Porto di Fiume. Si stabiliro­
no inoltre accordi per il funzionamento del
porto e della ferrovia, istituendo, per le que­
stioni di dettaglio, apposite commissioni, che
portarono all’Accordo di Nettuno, di cui
abbiamo fatto menzione poc’anzi.
Sarebbe superfluo dire che tutti i sunno­
minati progetti riguardanti l’organizzazio­
ne economica interna di Fiume avevano co­
me presupposto e scopo unico la possibilità
di traffici col retroterra. Certo, finche si par­
lò di Stato libero, l’unico sistema per dar
vita all’organismo macrocefalo era il regime
di porto franco (progetto Richard), perfezio­
nato con l’istituzione del consorzio portua­
rio. In seguito si sarebbe voluto dar vita ad
un sistema di «resistenza», facendo di Fiu­
me un porto industriale col dare impulso
alle industrie esistenti e creandone delle
nuove. Ma Fiume aveva, come ancora ha,
carattere anche e soprattutto commerciale.
Vero è che circa un terzo della popolazione
totale anteguerra era addetto alle industrie;
ma il particolare momento economico di ri­
lassamento generale non permetteva Uno
sviluppo industriale così enorme da sostitui­
re la attività commerciale. Quindi anche
tale nuovo indirizzo fu presto lasciato e si
tornò a considerare Fiume come porto di
grande transito. Sorse allora lo spinoso pro­
blema della concorrenza: Fiume è una mi­
naccia per Trieste, così come questa lo è
per Venezia.
Si è già notato come, prima della guerra,
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esistesse effettivamente una concorrenza fra
i porti italiani e austro-ungarici, e come la
politica austriaca abbia cercato di accentua­
re il dualismo Trieste-Fiume. Ma oggi che
questi porti sono riuniti sotto la stessa ban­
diera per proseguire, in modo organico e
coordinato, la loro azione contro l’invaden­
za dei porti del Nord, dobbiamo conside­
rare assolutamente cessata ogni ragione di
concorrenza più o meno forzata fra di essi.
Fiume permane lo sbocco naturale dei traf­
fici provenienti o destinati all Ungheria, an­
che se la politica jugoslava tenta di sosti­
tuire al nostro emporio i suoi porti centro­
settentrionali: Spalato, Sebenico e, in par-
ticolar modo, Susak.
Pur riserbandoci di studiare nella par­
te seguente i problemi speciali relativi
a tale questione, possiamo brevemente
accennare ai caratteri generali che in-
TRA FFICO M A RITTIM O DI IMPORT A ZIO N E
dividuano la funzione dei due porti di Fiu­
me e Susak. A favore del porto italiano sta
la maggiore disponibilità di linee regolari
di navigazione e il possesso di impianti por­
tuali capaci e modernamente attrezzati, che
assicurano una rapida manipolazione e buo­
na custodia delle merci. Susak, invece, ha
maggiore disponibilità di spazi per il depo­
sito dei legnami, tariffa preferenziale fer­
roviaria e minor costo della mano d’opera.
L ’esistenza di tali fattori sembra segna­
re la via ad una specializzazione dei due
porti: a Fiume le merci ricche e bisognevo­
li di cure e deposito in spazi coperti; a Su­
sak le merci di massa che non hanno tali
esigenze. Dato però che le prime, per la
struttura economica del retroterra fiumano,
non bastano da sole ad alimentare un por­
to della capacità di quello di Fiume, questo
non può disinteressarsi delle altre merci. I­
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noltre bisogna tener presente che le defi­
cienze di Susak possono, in tempo brave,
essere eliminate. Epperò ai dirigenti respon­
sabili delPavvenire economico di Fiume in­
combe l’obbligo di vigilare e di provvedere
tempestivamente, affinchè sia difesa, man­
tenuta e anche aumentata l'efficienza del
porto. Soprattutto, data la nuova attrez­
zatura dei porti dalmati, dobbiamo impedi­
re che i traffici destinati naturalmente ai
nostri porti, attratti da benefici di monopoli
e da tariffe preferenziali, prendano altra via,
con grave danno del nostro commercio ma­
rittimo.
5. Torna quindi a proposito ricordare l’o­
pera recentemente svolta dal Governo fasci­
sta a favore dei porti di Trieste e di Fiume.
11 Capo del Governo italiano aveva negli
ultimi anni fissate le direttive per la rico­
struzione danubiana, precisandole successi­
vamente a Stresa, e determinandole nel Set­
tembre 1933 nel suo memorandum. Ap­
punto da tali direttive e da tale piano da­
nubiano sono scaturiti i Protocolli di Ro­
ma del 17 Marzo 1934, che hanno segnato
un passo deciso verso il riassestamento eco­
nomico internazionale.
11 primo Protocollo firmato a Roma dalle
tre Potenze è essenzialmente politico; i tre
firmatari si impegnano a consultarsi su tutti
i problemi che li riguardano, allo scopo di
svolgere una politica concorde, secondo i
piani prestabiliti. Gli altri due Protocolli
hanno contenuto strettamente economico:
mentre il secondo riguarda tutti e tre i Pae­
si, il terzo è limitato all’Italia ed all’Au­
stria e si riconnette ai precedenti per le
questioni particolari.
Tali Protocolli stabiliscono: a) l’allarga­
mento delle convenzioni commerciali esi­
stenti tra l’Italia e l’Austria, l’Italia e l’Un­
gheria, allo scopo di facilitare le esporta­
zioni reciproche, sviluppando il carattere
complementare delle rispettive economie na­
zionali; b) la concessione di dazi preferen­
ziali a prodotti industriali austriaci e la con­
clusione di intese fra le industrie austriache
e quelle italiane; c) l’adozione dei provve­
dimenti necessari per superare le difficoltà
derivanti all’Ungheria dal ribasso dei prez­
zi del grano; d) lo sviluppo del traffico di
transito attraverso i porti adriatici (Proto­
collo II, Art. 3: « I tre Governi si obbli­
gano a facilitare ed a sviluppare quanto più
possibile il movimento di transito nei porti
dell’Adriatico. A questo scopo saranno con­
clusi quanto prima possibile accordi bilate­
rali »).
Grazie alla attivissima azione svolta dal­
le amministrazioni competenti, vennero fir­
mati il 14 Maggio Accordi separati, che
danno rapida applicazione ai Protocolli del
17 Marzo.
L ’Accordo italo-austriaco contiene: a)
la concessione a favore dell’Austria di dirit­
ti preferenziali per un numero considere­
vole di prodotti industriali; b) la concessio­
ne a favore dell’Italia, sotto il regime della
clausola della Nazione più favorita, di al­
cune facilitazioni di carattere doganale per
un certo numero di prodotti, la maggior
parte dei quali è di tipica produzione italia­
na. L ’Accordo italo-ungherese contiene: a)
l’impegno da parte dell’Italia di acquistare
per mezzo della Società «Safni» da una or­
ganizzazione ungherese un milione ed even­
tualmente due milioni di q.li di grano, ad
un prezzo che permetta all’Ungheria una
conveniente valorizzazione del suo prodot­
19
to; b) l'impegno dell’Ungheria di prendere
in particolare considerazione le domande
dell’Italia per facilitazioni doganali sogget­
te al regime della clausola della Nazione
più favorita, come pure per l’attuazione del
regime delle restrizioni alle importazioni.
Tra l’Italia e l’Austria, l’Italia e l’Unghe­
ria e l’Austria e l’Ungheria sono interve­
nute intese per apportare miglioramenti a-
gli Accordi bilaterali esistenti sulle impor­
tazioni, conosciuti comunemente col nome
di « Accordi del Semmering ». E’ stata i-
noltre firmata una Convenzione italo-au-
striaca per lo sviluppo del traffico italo-au-
striaco attraverso il porto di Trieste, ed è
stata parafata una Convenzione italo-un-
gherese per lo sviluppo del traffico unghe­
rese in transito per il porto di Fiume.
La visita a Trieste del Signor Stock-
inger, Ministro federale austriaco del com­
mercio, segnò la fase conclusiva delle trat­
tative italo-austriache, con l’attuazione
dell’Accordo portuale. Il 20 Giugno giunge­
va a Trieste la Delegazione austriaca pel­
le prime prese di contatto ufficiali con gli
esponenti dell’economia triestina. Lo sco­
po di tale visita era di sanzionare ufficial­
mente la convenzione di Roma e di elabo­
rare le clausole in sede tecnica. In questo
senso il lavoro portato a termine è stato co­
spicuo: nei due giorni di permanenza a
Trieste la Delegazione ebbe modo di esa­
minare gli elementi fondamentali delPeco-
nomia triestina e di accertarne l’efficacia
non solo nel quadro dell’economia naziona­
le, ma in quello delle possibilità per una ri­
presa dei traffici austriaci anche verso i mer­
cati dell’estero più lontani.
Due anni dopo la firma di tali Protocolli,
il Capo del Governo italiano, il Cancelliere
federale d’Austria e il Presidente del Con­
siglio d’Ungheria si sono riuniti in Roma il
23 Marzo 1936, per firmare tre Protocolli
addizionali ai Protocolli di Roma del 17
Marzo 1934- Nei Protocolli I e III si riaf­
ferma la concezione politica italiana, per
evitare ogni e qualsiasi complicazione im­
prevedibile nel bacino danubiano: i tre
Paesi decidono di costituirsi in gruppo e di
creare a questo scopo un organo competente
di consultazione reciproca, composto dai Mi­
nistri per gli Affari Esteri dei tre Stati fir­
matari. Importanza specifica, dal punto di
vista economico, ha il Protocollo II, in
cui è detto che, sebbene i tre Governi siano
completamente d’accordo sull’utilità dello
sviluppo delle loro relazioni economiche con
altri Stati danubiani, essi riconoscono che
per ora una tale intensificazione non po­
trebbe effettuarsi che con accordi bilaterali.
Ma, per la loro natura, i tre Protocolli de­
vono considerarsi un tutto unico: il testo
politico è la premessa necessaria degli ac­
cordi economici e questi danno sostanza a
quelli.
Ad ogni modo è lecito attendersi che,
man mano che il volume dei traffici aumen­
terà in grazia delle ricordate concessioni e in
vista della ripresa generale e di quella speci­
fica dell’economia austriaca, il vantaggio
dell’economia triestina vada accrescendosi
in proporzione. Questa aspettativa è con­
fortata dal fatto che le cifre relative al traf­
fico totale attraverso il porto di Trieste
hanno segnato nel 1934 un aumento di
605.087 tonnellate rispetto al 1933. T a­
le aumento ci autorizza quindi a spe­
rare anche che, quanto prima, gli uo­
mini d’affari triestini possano trasfor­
20
T R A F FIC O M A R ITTIM O DI E SP O R T A Z IO N E
mare la loro attività, che ora si limita alle
operazioni portuali e di spedizione, in par-
tecipazione proficua all’economia nazionale,
prendendo parte viva nel movimento com­
merciale, come acquirenti e rivenditori del­
le merci. Chè se questo si verificherà, allo­
ra sarà veramente opportuno prendere se­
riamente in esame il progetto per l’istituzio­
ne a Trieste di una «Fiera Danubiana»,
a simiglianza della Fiera del Levante di
Bari.
6. Al suaccennato pericolo di deviamento
dei traffici destinati naturalmente ai nostri
porti ci fa pensare la politica portuaria e
ferroviaria jugoslava, sulla quale dovremo
intrattenerci diffusamente a suo luogo. Per
ora ci limitiamo a far presente che il Re­
gno S. C. S., maneggiando con destrezza
le tariffe ferroviarie, è riuscito, in parte, a
deviare artificialmente il traffico dalle sue
vie naturali.
La concorrenza straniera si esplica anche
nella tendenza a monopolizzare i traffici a
favore di determinate bandiere: vediamo
infatti che la nostra marina mercantile è,
oggi più che mai, premuta da tale concor­
renza delle bandiere estere, specialmente
nordiche. La nostra marina mercantile, sot­
to la spinta delle larghe previdenze del Go­
verno, sta investendo ingenti capitali nelle
costruzioni per rendere il suo naviglio a-
datto alle odierne necessità del traffico ma­
rittimo. Perciò ogni atto che venga ad ac­
crescere l’intensità delle forze perturbatri­
ci già in azione deve essere considerato con
vigile ed ansiosa attenzione.
La marina mercantile jugoslava non è an­
cora per la nostra marina un concorrente
di eccezionale importanza, ma tutti gli sfor­
21
zi del Governo jugoslavo tendono a ren­
derla almeno un concorrente di notevole
portata. Epperò bisogna tener conto di que­
sta forza, che si aggiunge al gioco delle
competizioni commerciali, non tanto per il
valore attuale, quanto per la efficienza che
ora possiede potenzialmente e che in un gi­
ro di tempo più o meno breve può mettere
in opera. Tuttavia non dobbiamo dimenti­
care che, oltre alla marina jugoslava, altri
competitori, benché di minore importanza,
contendono all’Italia il predominio assolu­
to nel campo commerciale adriatico: in par­
ticolare la marina greca.
La Grecia, dato il suo sviluppo costiero,
possiede numerosi porti: il Pireo, emporio
di transito e di approvvigionamento di A-
tene, Salonicco, sbocco della Macedonia e
della Serbia meridionale. Patrasso, Cavalla,
Volo, porto della Tessaglia, Corfù e Can-
dia. Ultimamente il Governo greco ha ri­
volto grande cura per aumentare l’efficien­
za del Pireo, come porto di transito, ed è
riuscito a renderlo adatto alle nuove esi­
genze ed ai nuovi desideri. Ora, dato lo
sviluppo naturalmente felice di numerosi
porti in Grecia, se si tiene conto dell'ecce­
zionale carattere dei marinai greci che of­
frono il loro lavoro anche dietro minimo
compenso, per la particolare capacità di a-
dattamento e di sacrifìcio, facilmente si
comprende come la marina mercantile el­
lenica si trovi disseminata un po’ in tutti
i porti mediterranei, e come, data la estre­
ma vicinanza, tale marina svolga una at­
tività di penetrazione non trascurabile in
tutti i porti dell’Adriatico.
Riteniamo opportuno fornire i dati rela­
tivi alle marine mercantili italiana, jugosla­
va e greca, particolarmente interessate nel
problema adriatico. Ecco la situazione della
marina mercantile italiana:
Tonnellaggio di stazza netta delle navi
della Marina Mercantile Italiana
Anno
(al 31 Dicembre)
a vela
a propulsione
meccanica
Media 1881-1890 750.000 150.000
„ 1891-1900 570.000 280.000
1901 575.207 424.711
’ 02 570.403 448.404
’ 03 584.223 460.535
’ 04 570.355 462.259
’ 05 541.171 484.432
’ 06 503.260 497.537
’ 07 468.674 526.586
’ 08 453.324 566.738
’ 09 439.941 631.252
’ 10 432.690 674.497
1911 410.991 696.994
’ 12 374.835 762.274
’ 13 355.963 876.885
’ 14 348.959 933.156
’ 15 332.262 934.396
’ 16 261.769 1.035.702
’ 17 281.498 895.668
’ 18 — 698.933
’ 19 — 631.822
’ 20 — 835.030
1921 — 1.075.200
’ 22 — 1.508.708
’ 23 — 1.635.950
’ 24 191.182 1.588.589
’ 25 168.255 1.763.944
’ 26 154.809 1.877.366
, 27 151.793 1.946.209
’ 28 143.952 2.009.690
’ 29 135.383 1.918.073
’ 30 127.583 1.990.366
1931 120.741 2.043.273
’ 32 119.837 2.050.743
’ 33 115.820 1.867.442
’ 34 112.249 1.775.776
Per la valutazione dei dati surriportati
dobbiamo ricordare che: a) noi ci basiamo
sui dati forniti dalla Direzione Gen. della
Marina Mercantile all'istituto Centrale di
Statistica del Regno d’Italia; b) dall’anno
1924 in poi le notizie si riferiscono al Re­
gno entro gli attuali confini; c) dal 19 15
al 1918 non furono computati i piroscafi di
22
stazza netta inferiore a 250 tonnellate; dal
1918 al 1923 non furono computati i piro­
scafi di stazza netta inferiore a 50 tonnel­
late; d) il tonnellaggio di stazza netta era
determinato fino al 1905 col sistema Moor-
som; con Legge 21 Dicembre 1905, n. 59° ’
fu adottato il metodo inglese stabilito dal
« Merchant Shipping Act ».
La prima cosa che si rileva è il netto pro­
filarsi di due movimenti: l’uno fortemen­
te ascensionale per il tonnellaggio delle na­
vi a vapore, l’altro discendente per le navi
a vela. Ora sarà bene vedere in che pro­
porzione, rispetto al totale nazionale, il na­
viglio mercantile si trovi inscritto nei 13
compartimenti adriatici. Riportiamo i dati
pubblicati per l’ultimo decennio:
Tonnellaggio di stazza netta delle navi italiane
Inscritte nel compartimenti adriatici
Anno
(al 31
Dicembre)
a vela a propulsione meccanica
semplici
con motore
ausiliario
piroscafi motonavi
1924 31.638 549.414
’ 25 30.470 568.303
’ 26 28.942 609.048
’ 27 28.183 627.224
’ 28 25.461 649.194
’ 29 18.170 7.639 487.480 140.719
’ 30 16.968 9.359 471.307 159.213
1931 15.245 10.612 461.438 179.735
’ 32 14.070 10.421 443.244 151.405
’ 33 12.575 11.787 407.421 158.314
Come si vede confrontando questa ta­
bella con la precedente, il naviglio dei com­
partimenti adriatici è in media la terza par­
te del totale nazionale; solo nel 32-*33 si
nota una contrazione sensibile nel tonnel­
laggio delle motonavi e dei piroscafi, veri­
ficatasi per Trieste e per Venezia, con una
diminuzione media di 15-16.000 tonnel­
late all’anno. Troppo lungo sarebbe qui se­
guire la politica marittimo-armamentaria
italiana, analizzando gli effetti che i prov­
vedimenti a fine nazionale hanno determi'
nato sul nostro naviglio adriatico. Ricorde­
remo quindi solo alcune basi del program­
ma di perfezionamento italiano (1).
Anzitutto il Governo nazionale ha im­
posto una logica disciplina ai servizi marit­
timi, contribuendo a stabilire regolarmen­
te quelle comunicazioni riconosciute indi­
spensabili, come naturale prolungamento
delle linee ferroviarie, e provvedendo af­
finchè l’espletamento di tali servizi sia ef­
fettuato da navi di speciali caratteristiche,
ma con tariffe ragionevoli. A tali fini non
può naturalmente servire la marina libera,
che si basa su principi di tornaconto im­
mediato; quindi lo Stato interviene diret­
tamente con aiuti finanziari, riservandosi un
controllo sull’esercizio.
La rete di tali linee indispensabili è sta­
ta stabilita definitivamente nel 1926; in ba­
se ad attento studio dei mercati più propizi
alla nostra penetrazione commerciale, si è
creato un sistema organico di linee utili,
che, in uscita da Trieste, toccando gli altri
scali nazionali, s’irradia nel mondo: con
maggiore frequenza si verifica l’uscita dal
Canale di Otranto verso il Levante e il Mar
Nero, e, con frequenza progressivamente
minore, verso il Mediterraneo occidentale,
verso l’estremo Oriente e verso le Americhe.
Non è possibile vedere ora quale quota
di partecipazione sulla cifra destinata alle
sovvenzioni venga distribuita per i servizi
adriatici. Notiamo solo che, mentre prima
della sistemazione del ’26 i servizi sovven­
zionati, sottoposti nel periodo postbellico al
(i) V edi amplias : l'editoriale di COSTANZO C ia n o sul
Popolo d ’ Italia» del 28 O ttobre X e quello di LU IG I
L o JACONO sul Popolo d ’ Italia» del 28 Ottobre X II.
23
cosiddetto esercizio in compartecipazione
che le Società effettuavano per conto dello
Stato, importavano all’Erario una spesa di
3 1 7 milioni di Lire circa, e, ad esempio, nel
1922 la percorrenza totale era di miglia 4
milioni 398.623, effettuata da 162 navi,
per tonnellate lorde 390.901, e con età me­
dia di 22 anni e 3 mesi, attualmente la
flotta sovvenzionata, composta in tutto di
224 navi, di età media di 14 anni e 1 me­
se, con stazza lorda di 774.915 tonn., per­
corre un migliatico annuo di 7.142.144 mi­
glia e costa allo Stato solo 263 milioni di
Lire.
L ’efficienza dei servizi aumenterà certa­
mente in seguito alla attuazione di quel
processo dt razionalizzazione che ha rag­
gruppato quasi tutta la flotta adriatica sov­
venzionata nei due potenti organismi: il
Lloyd Triestino e la Adriatica. Tale pro­
cesso è suscettibile di ulteriore sviluppo nei
riguardi delle linee minori.
Poiché il movimento passeggeri, specie
quello transoceanico, è svolto nella quasi
totalità dai porti del Tirreno, evidentemen­
te le cure più attente nei riguardi della ma­
rina adriatica si sono dirette a dare impul­
so al traffico mercantile.
Pertanto il Governo nazionale, median­
te la vigilanza affidata ad un apposito or­
gano parastatale, « Il Registro Italiano », e
mediante le disposizioni del Regolamento
di sicurezza, aderente alle norme delle Con­
venzioni di Londra del ’29 e ’30, ha mirato
particolarmente a migliorare l’efficienza dal
punto di vista tecnico. Tale programma è
stato fortemente facilitato dall’assistenza
dell’istituto di Credito Navale e, ancor più,
dal Decreto del ’26, che ha per fine di sti­
molare il progresso tecnico del naviglio, ac­
cordando protezione maggiore alle costru­
zioni più perfette. Inoltre è stato istituito un
compenso di armamento per navi di velocità
superiore ai 14 nodi orari e sono stati at­
tuati due provvedimenti rispondenti a esi­
genze contingenti, che destinano premi di
demolizione e premi di navigazione, in mo­
do che gli armatori italiani, oberati da mag­
giori oneri in confronto ai concorrenti este­
ri, siano in grado di far fronte alle riper­
cussioni della attuale depressione economi­
ca mondiale.
Possiamo dunque concludere che la mari­
na mercantile italiana nell’Adriatico, come
tutto il naviglio nazionale, resa tecnicamen­
te perfetta dalle benefiche cure del Regi­
me, è degna di provvedere alle comunica­
zioni marittime con efficienza maggiore che
per il passato e con prospettive sempre più
floride, relativamente, s’intende, alle con­
dizioni economico-commerciali del campo
internazionale.
La marina mercantile jugoslava sorse na­
turalmente quando la politica commerciale
jugoslava si orientò alle rotte adriatiche, co­
me avremo occasione di vedere meglio in
seguito.
Il primo nucleo della marina mercantile
jugoslava risale al Trattato di Versailles
(1919) ed al successivo Accordo Bettolini-
Trumbic (7 Settembre 1920), che provvide
alla ripartizione fra le bandiere italiana e
jugoslava di tutta la flotta mercantile ex
austro-ungarica (vedi il « Bollettino Uffi­
ciale del Provveditorato al Porto di Vene­
zia », Marzo 1932). Furono allora assegnate
al Regno S.C.S. 114.388 tonnellate, che au­
mentarono lentamente fino al ’25 (176.382
tonnellate); dopo quell’anno il progresso di­
24
venta molto più rapido (224.719 tonn. nel
’26; 254.247 nel ’27; 315.500 nel ’29).
Dal « Lloyd’s Register of Shipping »
(ed. ’34-’35) si rileva che al i ” Luglio 1934
la marina jugoslava era costituita da 357
migliaia di tonnellate lorde (0,54 °/0 del na­
viglio mondiale), così ripartite: 355.000
tonn. di piroscafi (0,66 %); 2.000 tonn. di
motonavi (0,02 %) e poco più di 200 tonn.
di velieri. Tale rapido aumento è in gran
parte da attribuire alla assistenza che il Go­
verno ha dato alla marina e che, caratte­
rizzata in un primo tempo dalle sovven­
zioni, è notevolmente aumentata a datare
dall’anno finanziario 1924^25, come dimo­
stra chiaramente il seguente prospetto:
Anno
finanziario
N.
delle
linee
Sovvenzioni cor­
rispostedall’Era-
rio in Dinari
M iglittico
Dinari
per
miglia
1922-’23 48 13.700.000 756.954 11,77
1923-’24 51 11.250.000 674.892 16,63
l?24-’25 57 39.999.568 979.310 40,80
1925-’26 62 39.936.173 958.506 41,66
1926-’27 63 30.271.935 1.007.801 30.03
1927-’28 58 36.360.000 1.060.350 34,28
Con la Legge di Finanza del ’28-’29 il
regime fu modificato, cosicché fu prevista
— per un decennio — la sovvenzione an­
nua di 49 milioni e mezzo di Dinari, ripar­
tita nella seguente misura alle diverse So­
cietà: alla « Jadranska Plovidba » (58 piro­
scafi; 23.436 tonn. lorde; 6 linee regolari)
30 milioni e mezzo di Dinari; alla « Ragu-
sea » o « Dubrovacka Parabrodska Plovid­
ba » (22 piroscafi; 44.476 tonn. lorde; 10
linee regolari) 11.250.000 Dinari; alla « Bo-
ka » (8 piroscafi; 1.031 tonn. lorde; 9 linee)
7 milioni di Dinari; alla « Hum », 750.000
Dinari.
Le compagnie si sono impegnate a man­
tenere durante il periodo predetto un certo
numero di linee regolari ed a far costruire
24 navi per complessive 8.800 tonn.
Ma a datare dal 1930 furono pure stipu­
late altre due convenzioni decennali: la
prima — sovvenzione annua di 6 milioni
di Dinari — con la Società « Oceania » per
l’esercizio di una linea quindicinale celere
Susak-Spalato-porti spagnoli (Barcelona-
Valencia-Alicante) e ritorno, inaugurata un
paio di anni fa, in seguito al noto Accordo
commerciale Spagna-Regno S.C.S.; la secon­
da — 8 mil. e mezzo — con il «Jugoslaven-
sky Lloyd», per la prima linea regolare col
Sud America. L ’ « Oceania » si impegnava
a costruire due piroscafi da 3-4.000 tonn.
e 14 miglia orarie; il « Jugoslavenski
Lloyd », 4 piroscafi da 8-x0.000 tonn. e
12 miglia di velocità.
Ma l’assistenza non si è limitata alle sov­
venzioni, poiché la Legge 31 Maggio ’29
(Gazzetta Ufficiale n. 142, del 20 Giugno
1929) ha concesso alle aziende armatoriali
ed ai cantieri in esercizio — a decorrere dai
i° Aprile 1928 e per 12 anni — l’esonero
dal pagamento delle imposte dirette sugli
utili di esercizio e sugli edifici che servono
alla gestione; esonero dalle imposte sul gi­
ro di affari; di tutte le addizionali, statali
o del Banato o municipali; dei dazi di im­
portazione delle navi; dei diritti sui con­
tratti di noleggio, su quelli dei mutui ipo­
tecari, ecc. Di tali larghissimi esoneri trar­
ranno vantaggio anche le aziende armato­
riali ed i cantieri costituiti dopo il ’28, sem­
pre per 12 anni dal giorno successivo alla
registrazione.
Per completare il quadro dell’assisten­
za statale, occorre far menzione del proget­
to relativo agli aiuti alla costruzione nava­
25
le, che estende, in primo luogo, l’esonero
fiscale predetto — quanto ai cantieri — si'
no al 31 Marzo ’950; tale esonero concede
ad essi cantieri, senza onere di canone, le
zone demaniali marittime necessarie, l’im­
portazione in franchigia dei materiali oc­
correnti, nonché un compenso di costru­
zione per tonnellata lorda, variabile secon­
do il tipo di nave e secondo la maggiore o
minore percentuale dei materiali nazionali
adoperati. Un elemento di successo dell’ar-
mamento jugoslavo è certamente costituito
dal basso costo di esercizio derivato dal cam­
bio della valuta nazionale, dalle tabelle di
armamento, dalla mancanza di oneri sociali
e fiscali.
Inoltre si deve notare che la marina in
parola non è sfuggita al movimento di con­
centrazione caratteristico del dopoguerra;
già pochi anni dopo l’armistizio, piccole
compagnie di cabotaggio si erano fuse con
la « Jadranska Plovidba »; nel ’28 poi si
erano fuse la « Atlantska Plovidba » e la
« Jugoslavenska Amerikanska Plovidba »,
costituendo il « Jugoslavenski Lloyd », con
una flotta che attualmente conta 26 pirosca­
fi, per tonn. lorde 131.000 circa.
Gli ultimi tre anni sono stati poco
soddisfacenti per l’armamento jugoslavo,
sul quale si è anche ripercosso il crollo della
sterlina.
Anche le società sovvenzionate hanno
sofferto non poco; infatti, le eccessive spe­
se, fatte specialmente a fini politico-milita-
ri, non hanno permesso al bilancio di pa­
gare le sovvenzioni. Secondo il « Novo
Doba » di Spalato, del 27 Gennaio ’32, la
« Jadranska Plovidba », essendo in credito
per 30 milioni di Dinari, minacciava di so­
spendere i servizi se non pagata.
Comunque, parecchio materiale di se­
conda mano e nuovo è stato recentemente
acquistato all’estero.
Furono poi costituite tre Compagnie, la
cui flotta è formata da un solo piroscafo.
Infine fu costituita a Susak la « fadran Bro-
darsko », con tre piroscafi di circa 4.000
tonn. lorde l'una, ad opera di armatori in­
glesi di Newcastle, dove è rimasta la sede
sociale, mentre naturalmente a Susak si è
dovuta tenere una direzione sotto un sud­
dito jugoslavo amministratore, per poter
ottenere il minor costo di esercizio e gli
esoneri fiscali, concessi, appunto, con de­
creto della Direzione di Finanze di Zaga­
bria per il periodo 26 Ottobre 1931 -2 5
Ottobre 1943.
#Ciò apre l’adito ad accennare all'interes­
se britannico negli affari marittimi jugosla­
vi, che mira a trarre vantaggio dalla poli­
tica di protezione svolta dagli organi am­
ministrativi nei riguardi del traffico marit­
timo adriatico. Tale interessamento degli
istituti finanziari britannici si è verificato
anche nella vendita a prezzo di favore da
parte della « Royal Mail » al « Jugoslaven­
ski Lloyd » di un transatlantico di 17.000
tonn., destinato a compiere crociere, in un
primo tempo lungo la costa dalmata e la
Grecia, toccando in seguito anche Venezia
ed Istambul.
Ma l’interessamento britannico si è ri­
levato anche sotto altra forma: così i can­
tieri Carrow hanno acquistato nel '30, per
riattrezzarlo modernamente, il cantiere di
Kraljevica, che dal ’ 18 praticamente non
lavorava più.
Anche la Francia si interessa degli affari
adriatici della Jugoslavia; infatti la So-
ciété Anonyme des Ateliers et Chantiers
26
de la Loire » ha acquistato nel Marzo del
’31 gli impianti ed il bacino galleggiante del
cantiere Marjan di Spalato, che è stato riat-
trezzato ed ampliato con l’acquisto di un
altro cantiere di riparazioni di Spalato: il
<, Jug ».
Accanto alla navigazione marittima è da
ricordare la navigazione fluviale, che si svol­
ge quasi totalmente sul Danubio e quindi
non presenta un interesse particolare pel
nostro studio.
Ci resta ora da dire qualcosa della ma­
rina mercantile ellenica, di cui però non ci
dilunghiamo a considerare minutamente lo
sviluppo, tanto più che essa partecipa al
traffico totale adriatico di bandiera estera
per il 25-27 °/0. Attingendo le notizie dal
Bollettino del Porto di Venezia, riportia­
mo nella seguente tabella i dati riferentisi
ad alcuni anni tipici, limitandoci ad osser­
vare che la marina ellenica ha subito, in se­
guito ai danni prodotti dal conflitto mon­
diale, una decurtazione di navi a propul­
sione meccanica del 64 % , cifra notevolis­
Tonnellaggio di stazza lorda del N aviglio Mercantile Ellenico
Anno a vela a propulsione meccanica
1813 153.580 _
1876 347.847 —
1912 101.459 600.000
1915 107.466 893.650
1919 80.000 175.650
1 >31 55.993 1.403.782
1933 49.000 1.411.000
1934 48.000 1.507.000
sima, specie se si pensa che la cifra relativa
alla Germania raggiunge il 36,8 °/0.
Vediamo dunque che la percentuale del
naviglio greco a vapore raggiunge il 2,79%
sul tonnellaggio mondiale, contro 0,66 della
marina jugoslava, 4,19 della marina italiana.
Altissima è la percentuale delle navi da
carico, che, secondo le statistiche del 31 Di­
cembre 1930, costituiscono il 92,55 % del­
la flotta. Fra le varie categorie di tali
navi, si trova poi che la più elevata pro­
porzione è raggiunta dal gruppo 3.001-
4.000 tonn.: 33.9 0 % ; segue il gruppo
4.001-5.000, col 31,22 °/0; il 5.001-6.000,
col 12,6 4 % ; 3 soltanto sono i «cargo»
superiori a questo tonnellaggio.
Non vogliamo dilungarci a parlare delle
singole società: ci limitiamo a far presente
che predomina il piccolo armamento; infat­
ti il 74 % delle aziende armatoriali elleni­
che è costituito da armatori di una sola na­
ve, contro il 69,9 % in Danimarca, il 67
per cento in Italia, il 65 % in Olanda e
Germania (dalla « Nautical Gazette », 14
Novembre 1931).
Fra le caratteristiche meno confortevoli
per la marina greca, sono da ricordare l’al­
ta quota del materiale invecchiato e la man­
canza di un società nazionale per le assi­
curazioni, che vengono totalmente coperte
dal Lloyd britannico.
Fra i vari progetti per una sistemazione
organica della marina mercantile ellenica il
più notevole è senza dubbio quello espresso
dalla Commissione extraparlamentare pre­
sieduta dal Michelacopulos. Di tale dise­
gno, veramente razionale e degno di ogni
considerazione, fanno parte la creazione di
una società assicuratrice nella proporzione
del 30 % e la fondazione di un « Istituto di
Credito Marittimo », per la concessione di
mutui. Norme speciali vengono istituite per
la marina transatlantica e per quella da pas-
seggeri; ma la proposta che più direttamen­
27
te interessa il traffico adriatico è quella di
assistere indirettamente, a mezzo di eso­
neri fiscali, la marina da carico.
Concludendo, la flotta contribuisce alla
bilancia commerciale greca con un utile net­
to di oltre i milione di Sterline circa, cui so­
no da togliere circa 100.000 Sterline per gli
interessi sui prestiti con garanzia ipotecaria,
ed aggiungere 5 o 600 mila Sterline di salari
degli equipaggi, che vengono annualmente
rimesse in Patria; si ha quindi un utile net­
to superiore in media a 1.400.000 Sterline
all’anno.
Anche la classe armatoriale greca ha ri­
sentito sinistramente degli effetti della de­
pressione economica; infatti, negli ultimi
anni, la media dei disarmi ha oscillato fra il
15 e il 18 % .
Da quanto si è detto risulta all’evidenza
che la marina italiana si trova in posizione
di indiscusso e indiscutibile predominio nel
bacino dell’Adriatico.
A rendere più sensibile la concorrenza
svolta dalle macine straniere a quella ita­
liana, contribuisce l’incremento potente da­
to dal Governo albanese ai suoi porti. Tut-
tavia, per il carattere montagnoso del ter­
reno, che ostacola assai le comunicazioni
interne, ed il numero degli abitanti (un
milione circa), l’entità del traffico maritti­
mo albanese è poco rilevante. Dei princi­
pali porti albanesi: Scutari, Durazzo, Va-
lona e Santi Quaranta, Durazzo è destina­
to ad assorbire quasi tutto il commercio di
importazione albanese proveniente dalla
costa della Puglia.
Interessante è considerare l’importanza
eccezionale che il principale porto puglie­
se, Bari, ha nel commercio con l’Albania.
Questo Paese, infatti, mancando di un
grande centro che rifornisca il mercato in­
terno, si rivolge all’emporio italiano per la
maggior parte delle sue forniture. I bisogni,
relativamente limitati per la popolazione
a non alto tenore di vita, rendono conve­
nienti gli acquisti in piccola quantità di­
rettamente a Bari e alimentano un com­
mercio che raggiunge parecchie decine di
milioni di Lire ogni anno. Si tratta di cen­
tinaia di voci, alcune delle quali per quan­
tità limitatissime, che, col loro numero,
danno una idea della frequenza degli scam­
bi commerciali fra le due sponde. Ad ogni
modo, oltre il 50% del traffico italo-albá­
ñese si concentra a Bari.
Naturalmente il commercio con l’Alba­
nia non è che una parte del traffico marit­
timo che Bari ha con i Paesi del Levante,
i cui rapporti con l’Italia vanno vieppiù in­
tensificandosi. L ’accrescimento rapido e co­
stante del porto in parola è favorito dal
fatto che Bari, per la sua felice posizione,
è divenuto anche un importante centro di
collocamento della produzione italiana. I
rapporti con la Jugoslavia e la Grecia so­
no pure notevoli e si basano principalmen­
te sullo scambio di materie prime e pro­
dotti agricoli con manufatti. Tale movi­
mento, già così intenso, non ostante la crisi
che attanaglia i Paesi d’Oriente, è destina­
to ad aumentare vieppiù, man mano che
la situazione economica mondiale tenderà
a normalizzarsi.
La quasi totalità di tali scambi, come in
genere i commerci con il Levante mediter­
raneo, si compie con navi battenti bandiera
italiana, greca o jugoslava.
Appunto per tale ragione ci siamo diffusi
ad analizzare la consistenza di queste tre
marine mercantili.
28
7- Tra le caratteristiche del traffico adria-
tico possiamo notare la corrente di trai-
fici, che chiameremo longitudinali, tra il
gruppo dell’Alto Adriatico e le coste orien-
tali, e due correnti, che diremo latitudinali,
l'una fra la Dalmazia e le Marche, l’altra fra
la Puglia e l’Albania,
Agli effetti del nostro studio, solo la pri­
ma di tali correnti riveste importanza, men-
tre le due correnti latitudinali, essendo di
minore entità data la economia delle re­
gioni, interessano soltanto in quanto eserci­
tano influenza concorrente con quella dei
porti dell’Alto Adriatico. Ma a questi traf­
fici interni del nostro bacino sovrasta per
entità la corrente di transito che, supera­
to il Canale d’Otranto, si dirige all’Orien-
te e ai Paesi transoceanici.
In questa corrente di transito interna­
zionale sta la vera chiave di volta del pro­
blema dell’Alto Adriatico: si è già detto
che Venezia, Trieste e Fiume possono svol­
gere la loro azione di attrazione dei traffici
centroeuropei all'Adriatico oggi meglio di
ieri; al fine di dimostrare il nostro asserto,
crediamo opportuno di passare in rassegna
minuta i porti adriatici, per prospettarne
anche i caratteri salienti, la consistenza in
atto o potenziale e la funzione in rapporto
al dominio immediato o fluitante-
La naturale divisione delle correnti di
traffico ci porta a classificare i porti in: a)
porti dell’Alto Adriatico; b) porti dell’A ­
driatico Occidentale; c) porti dell’Adriatico
Orientale. Degli empori di queste due ul­
time classi proporremo un esame di scor­
cio, per rilevare solo la possibilità o meno
di concorrenza con i centri dell’Alto A-
driatico.
Nella seconda parte del presente saggio
prenderemo analiticamente in esame i
porti dell’Alto Adriatico, per studiarne le
condizioni geografico-ambientali, l’attrez­
zatura tecnico-meccanica e lo sviluppo del
traffico mercantile marittimo nell’ultimo
trentennio, con particolare riguardo agli ef­
fetti della concorrenza jugoslava. Anche gli
empori occidentali ed orientali saranno da
noi brevemente considerati, per presentare
una visione il più possibile organica della
attuale situazione economica adriatica.
N O T A B IB L IO G R A F IC A
Abbondantissima è la letteratura: ricordiamo
solo quelle opere che abbiamo avuto particolar­
mente presenti, o ci sembrano interessanti per
sviluppi analog ci o consderazioni cr.tiche più o
meno antitetiche. Così per la parte generale si
ricorda: U . Morichini: « Il bacino adriatico e
la Dalmazia », Roma, Libreria del Littorio, 19 32;
del medesimo; « Civiltà mediterranea», Monda-
dori, 19 28 ; M . Alberti: «Adriatico e Mediter­
raneo», Milano, 1 9 1 5 ; (del medesimo ricordiamo
anche : « La Dalmazia, il suo valore economico
e politico e l’Italia», Roma, 19 15 ; « La fortuna
economica di Trieste e i suoi fattori », Trieste,
1 9 13 ; « L a conquista di Trieste», Roma, 19 14 ;
« Trieste e la sua fisiologia economica », in Ri­
vista delle Soc. Commerciali, Luglio-Dicembre
19 15 ); nei « Quaderni federali delle Tre Vene­
zie », 1926 , è molto pregevole il « Saggio sul­
l'ordinamento adriatico », di M. Griffini; del
medesimo ricordo il « Saggio sull’assetto econo­
mico di Fium e», Roma, 19 2 1; G. Cassi: «Il
mare Adriatico», Milano, 1 9 15 ; C. Vellay: « La
question de l’Adriatique », Parigi, 19 15 : C. Di
Cesari) : « T h e Adriatic question », Londra,
19 17 ; Italiens Senator: « L a question de l’A -
driatique »; L. Lu iggi: « I bisogni dei porti adria-
tici », Venezia, 19 19 : L. Luzzatti: «P er l’A ­
driatico », al Convegno adriatico nazionale, V e ­
nezia, 19 19 ; ricordiamo anche gli « Atti del Con­
gresso della Marina mercantile e della Lega N a­
vale », Venezia, 19 19 ; Adriacus: « L a Ques­
tion Adriatique », Recueil de documents officiels
par Adriaticus, Parigi, 1920; Id .: « D a Trieste
a Valona - Il problema adriatico e i diritti ita­
liani », Milano, 19 18 ; di B. Frescura ricordia­
mo : « Il problema dell’Adriatico », Genova; E.
Lémonon: « L ’ Italie d ’après-guerre (i9 i4 -’2 i) » ,
Parigi, 19 22; Id .: « L a nouvelle Europe cen­
trale et son bilan économique (i9 i9 -’3o) »,
Parigi 19 31 ; vedi anche gli Atti della Commis­
sione per il dopoguerra - Sottocommissione eco­
nomica : « I problemi economici urgenti », Roma,
19 19 ; * * * (O. Randi): « L ’Adriatico», Milano,
del medesimo si ricordi: « L a Jugoslavia»,
Napoli, 19 22; « I popoli balcanici », Roma,
1928 ; T . Sillani : « Mare Nostrum », Milano
(Alfieri); del medesimo; «Capisaldi» (Il proble­
ma adriatico e la Dalmazia, Milano, 19 18 ; L ’I­
talia e l’Asia Minore, 1920); A . Solm i: « L ’A ­
driatico e il problema nazionale », Roma, 1920;
Tomaso Sillani ha anche curato il volume su
« L ’Italia e il Levante », in cui ricordiamo parti­
colarmente « I porti dell’Alto Adriatico nella po­
litica dell’espansione italiana nel Levante », di
G. Stefani, Bari, 19 34 ; A. Tam aro: « L ’Adria­
tico golfo d’Italia - L ’italianità di Trieste», M i­
30
lano, 19 15 ; (de] medesimo ricordo: «Italiani e
Slavi nell’Adriatico », Roma, 1915; « La Vénétie
Julienne sur les frontières orientales », Roma,
19 19 : « Raccolta di documenti sulla questione
adriatica », Roma (nella Rivista Polit:ca)i, 1920;
« La lotta di Fiume contro la Croazia », Roma;
« La lotta delle razze nell’Europa danubiana »,
Bologna, 1923); G. Dainelli: «Fium e e la Dal­
mazia» (particolarmente il Capo II), U .T .E .T .,
19 25; del medesimo: « L a Dalm azia», Novara,
19 18 ; « La regione balcanica », Firenze, 19 22;
M. Angelini; « Il nuovo Stato cecoslovacco e i
porti italiani», Roma, 19 19 ; G. Stuparich: « L a
Nazione Ceca », Napoli, 19 22; G. Arias: « Porti
italiani e porti del Nord », in « Rivista delle So­
cietà commerciali », Roma, e « Principi di eco­
nomia commerciale», Milano, 19 17 ; Auerbach:
« Races et Nationalités d’Autriche-Hongrie », Pa­
rigi, 19 17 ; notevole interesse presentano anche
due opere di noti stranieri : C. Benoist : « Les
lois de la politique française », Parigi, 1928;
E. Benes: « L a Boemia contro l’Austria-Unghe-
ria », Roma, 19 17 ; F. Caburi: «Italiani e Jugo­
slavi nell’Adriatico», Milano, 19 19 ; J. Cvijic:
«Studio sull'italianità della Da!m azia»; B. Cu­
rie: « Privrada i radnici u Dalmacija »; A . D ’A -
lia: «La Dalmazia nella storia, nella politica, nella
guerra, nella pace», Roma, 1928 ; F. Coppola:
« L a politica della Pace», Bologna; Id .: « L a
pace coatta », M lano, 1929; D. De Am -
brosis : « L ’Italia Padano-Adriatica » (Monogra­
fie di Geografia militare nazionale), Genova,
19 25 ; S. Fournol: «G li eredi della successione
d'Austria», Milano, 19 18 ; M. U dina: « L ’estin­
zione dell’impero austro-ungarico nel diritto in­
temazionale », Trieste, 19 33 ; B. Frescura: « Il
Trattato di Rapallo ed i rapporti economici fra
l'Italia e la Jugoslavia» (dalla Vita Marittima e
Commerciale, 1922); id.: «Sulla questione della
Siidbahn », 1920; di G. Fusinato: « Il regime
tecnico ed economico del Danubio nei riguardi
del traffico marittimo dell’Adriatico », Trieste,
19 22; il Griffini ha uno studio su « L ’Ungheria
odierna », Roma, 19 2 2 ; A . Hodnig uno su
« L ’U n ghera e i Magiari »; V . Tissot pubblicò a
Parigi, nel 1883, « La Hongrie de l’Adriatique
au Danube »; R. Pernice scrisse nel 19 15, a M i­
lano, de « L ’origine ed evoluzione storica delle
Nazioni Balcaniche»; sull’argomento ricordo:
M. Newbigin : « Geographical Aspects of Bal-
kan », Londra, 19 15 ; due anni dopo, a Parigi,
L. Leger pubblicò « Le Panslavisme et l’intérêt
français » ; A . Mousset, nel ’22, a Parigi, Office
National du Commerce Extérieur : « Le Royau­
me des S. H . S. »; F. Musoni a Firenze, nel
19 23; « La Jugoslavia », Profilo etnico, enigmi­
stico, economico; P. Rencer: « L a Jugoslavia
economica e gli interessi italiani nei rapporti
con la Jugoslavia»; G . Paresce: « Italia e Jugo­
slavia dal 19 15 al 1929 »; Firenze, 19 35; W .
Warren : « Gli Slavi nell’Adriatico », Parigi,
19 18 : Z . C. : «G li sbocchi naturali della Jugo­
slavia all'Adriatico», 19 19 ; A . Gauvain : « L a
question yougoslave», Parigi, 19 18 ; I. Juras:
« Pregled gospodarstva i trgovine Dalmacije »,
Spalato, 19 23; M. M arcic: <• Gospodarski
polozaj Dalmacije u Jugoslaviji », Spalato, 1920;
S. Osterman : « Italija i Jugoslavia na Jadranu »,
Zagabria, 1920; dello stesso ricordo anche:
« Rijeka i Jugoslavia », Zagabria, 1920; F.
Salata : « Le mouvement yougoslave en Au-
triche-Hongrie pendant la guerre », Parigi,
19 19 ; del medesimo: « Il diritto d'Italia su
Trieste e l'Istria », Roma, 19 15 ; P. Senjanovic :
« Dalmatinska zeljeznica u Jugoslaviji »; P. So-
kolovich : « Le problème italo-slave », Parigi,
19 15 ; Seton-Watson : « German, Slave and
M agyar», Londra, 19 16 ; Id. : « T h e Balkans,
Italy, and thè Adriatic », Londra, 19 15 ; F. Bay-
lon : « Lo sviluppo economico della Dalmazia in
relazione a quello dell’Italia », Venezia, 19 24 ;
G. Prezzolini: « L a Dalm azia», Firenze, 19 15 ;
L. Lakalos : « Industria Dalmacije », Zagabria,
1922.
Per quanto concerne i trasporti in relazione
alle esigenze tecnico'portuarie, ci limitiamo a
ricordare : G. Roletto : « Porti, Cantieri e Navi
d’Italia», Brescia, 19 34 ; E. Cucchini: « I porti
marittimi in relazione alle esigenze dei traffici
m oderni», Milano, 1 9 1 1 ; F. Tajani: « I tra­
sporti sotto l’aspetto economico », Milano, 19 32 ;
G. Fries: «M arina da carico adriatica», Vene­
zia, 19 19 ; G . Supino: «Rapporti fra lo Stato e
la Marina mercantile », Roma, 19 19 . Per l’at­
31
tuale economia dei trasporti dei singoli empori,
vedi le note bibliografiche delle parti seguenti.
M. Dewavrin (del quale ci piace ricordare l'o­
pera : « Les Ports et leurs fonctions économi-
ques », Louvain, 1910) dimostra col suo lavoro
su « Les ports de Trieste, Fiume et Venise »,
pubblicato a Louvain nel 19 19 , l’interessamento
degli studiosi stranieri al problema de i nostri
porti nell’immediato dopoguerra. N el voi. IV ,
neli’Archivio di Stato, il Marin tratta la « Storia
civile e politica del commercio dei Veneziani ».
E. M usatti: « Per la storia di Venezia », Padova,
1909, e « Cenni storici sul commercio di Vene­
zia » ; Ministero della M arina: «Monografia
storica dei porti dell’antichità nella penisola ita­
liana », Roma, 1905; P. Foscari; «P er il più
largo dominio di V enezia», Milano, 19 17 ; C.
Battistella : « Relazione sull’avvenire del porto
di Venezia », Camera di Commercio di Venezia,
19 19 ; G . Luzzatto: «li porto di Venezia e il
suo retroterra », Venezia, 19 2 3 ; G. Giuriati (ju­
nior): « Il porto di V enezia», Venezia, 19 24;
A . R. Toniolo: « Il nuovo retroterra commer­
ciale di Venezia in confronto a quello di Geno­
va e di Trieste », al Congresso Geografico Ita­
liano, Firenze, 19 2 1.
Per lo studio de il porto di Trieste, si veda: P.
Gribaudi: « Il porto di Trieste e la sua funzione
geografica », in Riv. Soc. Geogr. It., 19 17 ; G.
Costantin Jangakis: « L e port de Trieste avant
et après la revolution de la Monarchie austro-
hongroise », Bologna, 19 23; ma particolare atten­
zione merita lo studio di A . Chiaruttini: « L a
funzione economica del porto di Trieste», V e ­
nezia, 19 2 3 ; l’istituto di Geografia della R. U ni­
versità di Trieste ha pubblicato nel ’3 1 la « Gui­
da per il commercio con il Levante », a cura di
G . Roletto e M. Vergottini; sull’argomento ri­
cordo anche : « Le développement économique
de Trieste », Parigi, 19 3 1, di G. Roletto; C. Mo-
schitti: « Mercati d’Oriente », Napoli, 19 23 (fuo­
ri commercio); R. Babich: « L a concorrenza fra
Trieste e Fiume nell’anteguerra », Venezia,
19 2 3 ; L . C. Moier : « Der Karst und seine
Hohlen », Trieste, 1896.
Notevoli, a scopo storico, i « Cenni sulle con­
dizioni commerciali di Fium e», Fiume, 1880;
F. Rachi : « Fiume gegenüber von Croatien »,
Zagabria, 1869; R. H orvat; «Storia politica
della Città di Fiume », Fiume, 19 18 ; S. Gigante:
« Storia del Comune di Fiume », Firenze, 1928;
A . H odnig: «Fium e e i baluardi delle Giulie»,
Roma, 19 17 ; dello stesso: «Fium e italiana e la
sua funzione antigermanica », Roma, 19 17 ; I.
Baccich : « Fiume, il Quarnero e gli interessi
italiani nell’Adriatico », Torino, 19 15 ; C . Batti­
sti : « Il sacro diritto di Fiume ad essere unita
all’Italia», Bologna, 19 14 ; del Burich: «Fium e
e l’Italia», Torino, 1 9 1 5 ; V . Scialoia: « L a po­
sizione giuridica di Fiume » (Rass. »tal., a. II,
vol. II, fase. IX), Roma, 19 19 ; notevole il « Li­
bro Verde », sui negoziati diretti fra il Governo
italiano e il Governo jugoslavo per la pace adria-
tica, Roma, 19 21 (ricordiamo anche quello sui
« Documenti diplomatici presentati dal Ministro
Sonnino al Parlamento italiano », Milano, 19 15 ;
E . Susmel: «Fium e attraverso la storia», M i­
lano, 19 2 1; del medesimo ricordo anche; « Il
porto di Fiume » e « La Città di passione », M i­
lano, 19 2 1; A . Ossoinak: «Perchè Fiume deve
essere italiana». Fiume, 19 19 ; dello stesso:
« Perchè Fiume deve essere porto franco », Fiu­
me, 19 2 1; di G. D ’Annunzio: «Disegno di un
nuovo ordinamento dello Stato libero di Fiu­
me », Fiume, 1920 ; C. Zoli : « Le giornate di
Fium e», Firenze, 19 2 1; interessanti anche il
Bollettino della Deputazione fiumana Storia pa­
tria e il Bollettino Ufficiale del Comando d’A n ­
nunziano di Fiume; di A . Depoli: « Il diritto
storico ed etnico di Fiume di fronte alla Croa­
zia », Fiume, 19 19 ; del medesimo: « Il confine
orientale di Fiume e la questione del Delta e
della Fium ara», Fiume, 19 2 1; «Porto Barros »,
Fiume, 19 2 1; G. Benedetti: « Fiume, Porto Bar­
ros e il retroterra », Roma, 19 22; ricordo pure
del Benedetti : « Italia e Jugoslavia dopo il patto
di amicizia », Roma, 1924, e « La pace di Fiu­
me. Dalla conferenza di Parigi al Trattato di
Rom a», Bologna, 19 24 ; E. Cim bali: «Gabriele
d’Annunzio prima e dopo il Trattato di Rapai-
Io», Catania, 19 31? per quanto riguarda i Trat-
tati cui s’è fatto cenno, si veda: A . Giannini:
« Il Trattato di Rapallo al Parlamento italiano »,
Roma, 19 2 1; « Il Trattato di Rapallo nei com­
32
menti della stam pa», Roma, 19 2 1; «Fium e nei
Trattato di Trianon », Roma, 19 2 1; «Raccolta
di Trattati ed Accordi per la pace adriatica »,
Roma, 1924; « La questione di Porto Barros e
gli Accordi di Santa Margherita al Parlamento
italiano », Roma, 19 23; « Gli Accordi di Santa
Margherita», Roma, 19 23; «T rattati ed A c­
cordi per l’Europa danubiana », Roma, 19 23;
« Documenti per la storia dei rapporti fra l'Ita­
lia e la Jugoslavia », Roma, 19 34 ; L. Federzoni:
« Il Trattato di Rapallo », Bologna, 19 2 1; « Porto
Barrcs », Fiume, 19 2 1; su « L a restaurazione del
Patto di Londra e la difesa di Fiume » ha scritto
Forges Davanzati (Roma, 1920); dell’Associazione
Nazionalista Italiana: « I d ritti dell’Italia alla
Conferenza della Pace », Roma, 19 19 ; P. Orano:
« L ’Italia e gli altri Stati alla Conferenza
della Pace», Bologna, 19 3 r; S. Shishich:
« Jadransko pitanje na Konferencij mira u Pa-
rizu, Zbirka akata i dokumenatata », Zagabria,
1920; U. Silvagni: « Les révendications natio-
nales italiennes au Congrès de la Paix », Roma,
19 19 ; « Italy’s great war and national aspira-
tion », a cura di Hodnig, Sillani, Alberti, Corsi,
Tamaro, Tolomei, Milano 19 18 ; A . Tardieu:
« La Paix », Parigi, 1 9 2 1; T . Tittoni-V. Scialoia:
« L ’Italia alla Conferenza della Pace », Roma,
19 2 1; per le vicende parlamentari del periodo
storico considerato, ricordiamo: Hautecoeur:
« L ’Italie sous le Ministère Orlando », Parigi,
19 19 ; G . Giolitti: «M em orie della mia vita»,
voi. II, Milano, 19 22 ; A . Salandra: «Discorsi
sulla guerra », Milano, 19 22: notevole interesse
presenta la lettura di « U n anno di politica este­
ra », di C. Sforza, Roma, 19 2 1; gli Atti parla­
mentari contengono importanti Relazioni sugli
argomenti da noi trattati, come il famoso D i­
scorso del Senatore A . Grossich (1923).
P A R T E S E C O N D A
traffico m a rittim o n ei v ari porti
1. Analisi del traffico attraverso il porto di Venezia,
prima e dopo la guerra m on diale...........................pag.
2. Le correnti del traffico triestino nell’ultimo venticin­
quennio ..........................................................................„
3. Le condizioni economiche di Fiume, con riferimento
allo scalo di S u s a k ........................................................
4. Le fluttuazioni stagionali come indice del carattere
del porto e del suo re tr o te r ra ................................„
5. L’importanza dei porti minori nei vari settori del­
l’Adriatico; la funzione di R a v e n n a .............................
6. La possibilità che i porti della costa orientale ed oc­
cidentale svolgano attività concorrente con quella
degli empori alto-adriatici.......................................... .......
7. La posizione dei porti jugoslavi nel traffico adriatico:
il movimento di S u sak ................................................„
8. Lo sviluppo commerciale del porto di Sebenico . . ,,
9. L’attrezzatura del porto di Spalato e il traffico ma­
rittimo .......................................................................................
10. Le condizioni economico-ambientali deH’emporio di
Ragusa e lo sviluppo del suo movimento . . . „
Nota bibliografica......................................................................
37
47
55
62
64
67
69
75
79
86
89
i. Venezia si presentò nella lotta eco­
nomica mondiale, a causa della rivoluzione
operata nei mezzi di trasporto, in condi­
zioni di assoluta inferiorità, sia nei con­
fronti della sua funzione nazionale, sia nei
riguardi della sua funzione di intermedia­
ria fra l’Oriente e l’Europa centrale.
Benché interessantissimo, dobbiamo tra­
lasciare per ovvie ragioni l’esame del traf­
fico affluito al porto di Venezia nel quaran­
tennio che possiamo chiamare iniziale del
suo esercizio, in quanto condizioni geogra­
fiche, politiche ed economiche non consen­
tivano che lo scalo lagunare potesse am­
pliare il suo respiro per tutta la capacità dei
suoi polmoni.
Riguardo all’attrezzatura del porto in pa­
rola, è fuor di dubbio che si provvide con
ragionevole cura solo negli anni immediata­
mente precedenti la guerra e dopo il 1922.
Dalla seguente tabella appare il raffron­
to tra gli impianti esistenti nel 1919, quasi
identici a quelli prebellici, e quelli realiz­
zati alla fine del ’23.
Meccanismi esistenti
nel porto di Venezia
Gru
idrauliche
Gru
elettriche
da tonn.
} 1,5
< 10 -20
1
1,5
1,5- 3
3- - 6
10 -20
15 -30
Scaricatori
a ponte
Elevatori
per cereali
Montacarichi
a ) I d r .
Argan. ( g ,
Trasportatori
a teleferica
Totale meccanismi
3
1
0,4
1,5
Numero
1919 ’23 '34
52 73
7
9
42
3
1
1
4
8
23
1
102
Potenzialità di
sollevamento
installata
1919 ’23
15
20
3
48
12
8
0,4
15
121,4
10,5
81
6
20
30
8
12
8
33
208,5
’34
7
13.5
128
15
20
30
12
12
8
34.5
3,7
283,7
Inoltre le banchine da 4.150 mq. sono
salite a 4.226; le calate sono restate in
41.436 mq.; gli impianti ferroviari sono
saliti da 82.000 a 94 000 m. Pur restando
imprecisabile l’area del porto, a causa della
38
speciale configurazione di Venezia, che
non permette di precisare tali dati, le aree
occupate da magazzini per depositi di mer-
ci hanno subite le seguenti variazioni:
Aree del magazzini esistenti in mq.
Anno
In muratura in legno
Totale
Ordinari Punto franco
Da ricostruire
in muratura
1919 16.426 5.300 10.180 31.906
1 23 29.296 13.710 2.101 45.107
* 34 54.430 13.710 — 68.140
Appare dai dati esposti che l’organiz-
zazione portuale è negli anni presi in esame
sensibilmente migliorata, essendo più che
raddoppiata la potenzialità di sollevamento
installata, aumentati i magazzini, perfezio­
nati i servizi; tanto che si calcola che la ra­
pidità media giornaliera di scarico delle
merci alla rinfusa potesse arrivare nel ’24
alle 800 tonn., contro una cifra inferiore
alle 500 tonn. neH’anteguerra. In questi
ultimi anni, con l’eliminazione di talune
gravi deficienze, specialmente per quanto
riguarda l’esportazione, con l’ampliamento
di magazzini, con l’aumento di mezzi di
carico e di trasporto dalle aree coperte a
banchina, col perfezionamento dei sistemi
di trasbordo; tali servizi sono perfettamente
adeguati alla organizzazione ed alla neces­
sità di un grande porto moderno. Si calcola
che oggi la predetta media giornaliera di
800 tonnellate possa superare le 1.000.
Riteniamo ora opportuno, prima di ana­
lizzare le attuali correnti di traffico, fer­
marci a considerare le condizioni nell’im-
mediato dopoguerra, ponendole a raffronto
con quelle del periodo prebellico, per osser­
vare, sia pur brevemente, quali conseguen­
ze la guerra mondiale abbia avuto per il
commercio veneziano e come la nuova con­
formazione politica ed economica influisca
su di esso. Riportiamo, nel prospetto se­
guente, le cifre relative al movimento com­
merciale di Venezia.
Naturalmente non possiamo dilungarci
ad esaminare le correnti di traffico partita-
mente per ciascun anno; pertanto ci servi­
remo, per i confronti, delle medie quin­
quennali, al fine di eliminare le irregolari
ed accidentali fluttuazioni annuali, pur ri-
serbandoci di mettere in evidenza singolar­
mente le peculiarità di un certo interesse.
Anno
Merce arrivata e partita (In tonnellate)
Via mare Via terra
1909 2.702.833 1.472.877
’ 10 2.669.542 1.578.148
’ 11 2.743.403 1.525.365
’ 12 2.881.839 1.660.338
’ 13 2.662.835 1.449.785
Media
1Q09-’ 13 2.732.090,4 1.537.302,6
1919 1.265.603 998.315
’20 1.270.526 1.119.045
’21 1.656.676 1.344.966
’22 1.735.499 1.358.657
’23 2.013.854 1.639.126
Media
1919-’23 1.588.431,6 1.292.021,8
Nel quinquennio i909-’ i3, si nota una
stasi, che deriva dalla saturazione della po­
tenzialità del porto, il quale non è più in
grado di offrire all’afflusso delle merci con­
dizioni vantaggiose, che consentano al traf­
fico quella libertà di movimento, rapidità
39
di operazioni ed economia, che sono ad esso
necessari.
La ripresa del movimento commerciale
nel dopoguerra, come si è notato, fu assai
lenta e faticosa: in particolar modo poi
quella del traffico adriatico, più duramente
colpito dalla guerra prima e poi dallo scon­
volgimento economico dei Paesi che prin­
cipalmente lo alimentavano.
Numerose, e in parte già ricordate, furo­
no le cause di debolezza dei porti adriatici,
e di Venezia soprattutto, che tuttavia do­
po il 1920, attenuandosi le cause in parola,
sia pure con lento progresso, andò riacqui­
stando la sua funzione regionale e nazio­
nale. Il carattere della ripresa del traffico
veneziano nel dopoguerra può essere rile­
Anno
Merce arrivata e partita (percentuali)
Via mare Via terra
Media
1909-’13 100 ICO
1919 46,32 64,94
’20 46,50 72,79
’21 60,64 87,49
’22 63,52 88,38
’23 73,71 106,62
Media
19l9-’23 58,14 84,04
vato dai raffronti in percentuale sulla me­
dia del quinquennio 1909-’ ! 3.
Si nota subito che, mentre il movimento
ferroviario ha ripreso l’intensità d’ante­
guerra, il commercio marittimo ha raggiun­
to appena il 73.71 per cento, rispetto alla
media del quinquennio 1909-’ !3.
Se poi esaminiamo il rapporto fra im­
portazione ed esportazione, abbiamo il pro­
spetto raffrontativo riportato qui di fianco.
Movimento delle merci in tonnellate
Anno
Importazione Esportazione
Rapporto p er­
centuale tra
Imp. ed Esp.
19C9 2.348.417 354.416 15,09
’ 10 2.335.443 334.099 14,31
’ 11 2.404.625 338.778 14,09
’ 12 2.498.564 383.275 15,34
’ 13 2.286.375 376.460 16,46
Media
1909-’ 13 2.374.684,8 357.405,6 15,05
1919 1.095.150 170.453 15,56
’20 1.138.801 131.725 11,57
’21 1.547.590 109.086 7,05
’22 1.577.887 157.612 9,99
’23 1.850.731 163.123 8,81
Media
1919-’23 1.442.031,8 146.399,8 10,15
Rapporto
% fra le
Medie 60,72 40,96
Appare subito che Venezia è sempre
stata uno scalo di importazione e che nep­
pure la guerra ha potuto modificare tale
suo carattere. Questo dipende naturalmen­
te dalla funzione regionale ed industriale
dello scalo veneziano; infatti notiamo una
diminuzione da 15,05 a 10 ,15 nel rappor­
to percentuale fra esportazione ed impor­
tazione nei due quinquenni presi in esame,
perchè la zona di influenza per mezzo di
ferrovia è aumentata, a causa dello sposta­
mento del confine al di là della Venezia
Giulia, e perciò è minore la quantità di
merci che ripartono per via mare. Le im­
portazioni sono infatti costituite per la mag­
gior parte da materie prime e semi-lavorate
per industria e da generi alimentari di pri­
ma necessità; quindi merci povere, pesanti
ed ingombranti, tra le quali nel periodo
Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)
Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)
Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)
Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)
Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)
Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)
Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)
Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)
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Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

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  • 3. I. S. A. V E N E Z I A BIBLIOTECA ■ ^ • 1 3
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  • 5. S T U o o 1 P O L 1 T 1 C A E C O N O M 1 A SOCI O L OG 1A Collezione diretta da Luigi Lojacono i. 0 / .iO»"jGrTVert« A l V » ^ V é ^ U jì* Ita lia •A 1 ' .A lti fi/mcun; ' XH sfMmnn} Ktnfetìntm .v/ji7v>.-iAoJyty C*lit/on$.a/dobbidki ■r*fJO Tintimi VulMtn XhhVMtfìy^i> <istd/1iirirri 'hioiùi/u Proni/vilaNk C.Pkmivociu>l VJ/yiìW |F.toCanaiiti. kycnmt fimuuln* Venia. Hirnim : PIER LODOVICO BERTANI IL PROBLEMA DELL’ALTO ADRIATICO
  • 6.
  • 7. f i
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  • 11. PIER LO D O VICO BERTANI IL PROBLEMA DELL'ALTO ADRIATICO Prefazione di Gino Arias L ' E C O N O M I A I T A L I A N A E D I T R I C E I N R O M A
  • 12.
  • 13. I N D I C E G E N E R A L E P R E F A Z I O N E ................................................................................................................................. pag. IX P A R T E P R I M A — L’ALTO ADRIATICO NELLA STORIA POLITICA ED E C O N O M IC A ...................................................................... » 3 1. Per uno studio geopolitico del problema adriatico. 2. La natura geografica: osservazioni preliminari sul retro­ terra dei vari porti. 3. L'Alto Adriatico e le tendenze ege­ moniche absburgiche : la funzione individuale e coordinati­ va dei tre porti italiani nel dopoguerra. 4. La posizione politica ed economica di Fiume prima e dopo 1’ annes­ sione. 5. 1 Protocolli di Roma con l’Austria e l’ Unghe­ ria del 17 Marzo 1934 ; i Protocolli addizionali del 23 Marzo 1936. 6. Le marine mercantili particolarmente in­ teressate al traffico adriatico. 7. Distinzione delle cor­ renti latitudinali e longitudinali. Nota bibliografica. PARTE SECONDA — IL TRAFFICO MARITTIMO NEI VARI PORTI . . » 3 1. Analisi del traffico attraverso il porto di Venezia, prima e dopo la guerra mondiale. 2. Le correnti del traf­ fico triestino nell’ultimo venticinquennio. 3. Le condizioni economiche di Fiume, con riferimento allo scalo di Susak. 4. Le fluttuazioni stagionali come indice del carattere del porto e del suo retroterra. S. L’importanza dei porti minori nei vari settori dell’ Adriatico; la funzione Ravenna. 6. La possibilità che i porti della costa orien­ tale ed occidentale svolgano attività concorrente con quella degli empori alto-adriatici. 7. La posizione dei
  • 14. porti jugoslavi nel traffico adriatico : il movimento di Susak. 8. Lo sviluppo commerciale del porto di Sebenico. 9. L’attrezzatura del porto di Spalato e il traffico ma­ rittimo. 10. Le condizioni economico-ambientali del­ l’emporio di Ragusa e lo sviluppo del suo movimento. Nota bibliografica. P A R T E T E R Z A — LE PROSPETTIVE DEL TRAFFICO ALTO -AD RIA­ TICO ......................................................................................... * 91 1. La politica economica internazionale e l’opera di col­ laborazione fra i porti d e ll'A lto Adriatico: i rapporti commerciali fra Italia e Jugoslavia 2. 11 nuovo si­ stema porto-ferroviario nella politica adriatica jugoslava. 3. La politica tariffaria jugoslava. 4. La posizione dei tre empori italiani. 5. I progetti ferroviari favorevoli al traffico di Trieste e Venezia. 6. I porti della costa orientale e la loro interferenza a ll’attività alto-adriatica. 7. I noli negli nltimi anni. 8. Il problema dell’ Alto A- driatico nel più vasto campo della vita economica e po­ litica internazionale. Nota bibliografica.
  • 15. P R E F A Z I O N E La dotta, esauriente monografia di Pier Lodovico Bertani sul pro­ blema dell'Alto Adriatico, che io ebbi la viva soddisfazione di pro­ porre per il primo premio in un recente concorso bandito dal Partito Na­ zionale Fascista, conquista senz'altro un posto di prim’ordine nella ricca, ma piuttosto frammentaria, letteratura, antica e recente, sull’argomento, di così vitale importanza per l'imminente e necessaria espansione dell’economia imperiale italiana, anche a traverso i suoi porti adriatici. I fatti, che il Bertani enumera, ed illustra magistralmente, hanno dimo­ strato senza fondamento l'infausto e malevolo pregiudizio, che pur senti- vasi mormorare prima e durante la grande guerra, secondo il quale i porti di Venezia, Trieste e Fiume avrebbero dovuto, con reciproco danno, inva­ dere l’un l'altro la rispettiva zona d'influenza e contrastarsi le future pos­ sibilità d'irradiazione. A questa tesi disfattista, Mario Alberti ed io ci opponemmo vigorosa­ mente fino dal 1915. II Bertani dimostra che i porti italiani dell’ Alto Adriatico costitui­ scono ormai un solo sistema e che hanno tutti le più grandi probabilità di ulteriori ed anche grandiosi sviluppi, con grande vantaggio dell'econo­ mia italiana. Bene osserva il Bertani che la concorrenza fra i porti di uno stesso mare è relativa. « Nel nostro caso Venezia, Trieste e Fiume pos­ sono prosperare tranquillamente, lavorando ciascuno per quella zona di cui sono lo sbocco più vicino ed economico. Il possesso dei tre empori da parte di un’ unica potenza non solo non è un male per alcuno di essi, ma, se artifici politici non intervengono a turbare i naturali rapporti internazio­ nali, è anzi un bene, perchè il potere centrale, specie se forte e non tur­ bato nelle sue decisioni da inframettenze e speculazioni parlamentari, può disporre un coordinamento delle singole funzioni». La volontà politica, anche in questo campo, ha un'influenza poderosa e determinante: sempre più si dimostra che la disciplina politica degli scambi internazionali, sopra tutto col metodo delle compensazioni, è una esigenza fondamentale per l'economia italiana, nella sua attuale fase di
  • 16. unificazione corporativa e di conquista progressiva dei mercati stranieri. Le convenzioni doganali e portuarie fra l’Italia e l'Austria, l'Italia e l'Un­ gheria, l'Austria e l'Ungheria sono uno fra gli innumerevoli documenti di questa grande verità, che gli economisti ligi al decrepito utilitarismo ne­ gano od ammettono di mala voglia e con limitazioni non giustificate. I protocolli di Roma del 17 marzo 1934 e quelli addizionali del 23 marzo 1936 segnano il trionfo della concezione Mussoliniana, pienamente accolta dall'Austria e dall'Ungheria, secondo la quale i tre paesi, senza discono­ scere la utilità dello sviluppo delle loro relazioni economiche con gli Stati danubiani, formano un unico gruppo e un unico fronte. Oià se ne vedono gli effetti sull’aumento di traffico nel porto di Trieste. Il Bertani, con mirabile conoscenza dei dati di fatto, pazientemente raccolti e accuratamente elaboratici dà una descrizione chiara ed efficace delle varie marine mercantili interessate al traffico adriatico e quindi pro­ cede all’ analisi del traffico marittimo nei vari porti adriatici, compresi quelli dalmatici. Rimangono inalterate le condizioni naturali, che fanno di Venezia lo strumento indispensabile di un vasto e ricco retroterra esclusivamente nazio­ nale; rimangono inalterate e possono in parte ritenersi anche migliorate per le nuove opere idriche, per il più largo impiego di vie fluviali, per la previdente assistenza del governo nazionale e per il forte incremento dato all'attività industriale. Questo fu in passato ed è oggi il porto che nelle rela­ zionifra l’Europa Centrale e l'Estremo Oriente permette il più ampio sfrut­ tamento dei trasporti marittimi. E ben noto che Venezia e Trieste presentano le stesse caratteristiche di un fortissimo squilibrio fra importazioni ed esportazioni: 3 milioni e 275 mila tonti, importate contro 455 mila esportate a Venezia nel 1934; 1 milione e 816 mila tonn. importate, contro 591 mila esportate a Trieste nello stesso anno. Non si può ritenere che questo carattere possa essere sensibilmente atte­ nuato in brevissimo tempo, ma certo molto gioverebbe che ciò si verificasse come tendenza, sia pure a lungo periodo, quale segno della crescente espansione italiana e per le ben note conseguenze sul corso dei noli e per riflesso sull'ulteriore sviluppo del traffico marittimo. lo penso che l'economia imperiale italiana sarà sempre più indipen­ dente, ma sempre meno racchiusa in se stessa, pur entro i suoi vastissimi confini; essa potrà e dovrà inserirsi sempre più nell'economia mondiale, con volontà di dominio. In questo periodo dell’economia italiana, forse imminente, comunque non lontano, i nostri grandi porti, e sopra tutto quelli dell'Adriatico, raggiun­ geranno un volume di traffico di gran lunga superiore a quello attuale, con un maggiore equilibrio fra gli elementi da cui è costituito; rappresenteranno insomma le grandi porte a traverso le quali l'imperialismo economico ita­ liano si incamminerà trionfalmente per le vie del mondo. Roma, R. Università, 27 Ottobre 1936-X IV GINO ARIAS
  • 17. ............ Si è riunita a Palazzo Littorio la Commissione nominata per l’esame dei lavori presentati ai “ Littoriali della Cultura,, indetti dai Grup­ pi Universitari Fascisti. Erano presenti S. E. il Prof. Santi Romano, per il Ministero delle Cor­ porazioni ; S. E. il Prof. Giuseppe Bottai e il Prof. Gino Arias per il Mini­ stero dell’Educazione Nazionale ; il Dott. Salvatore Gatto per i Gruppi Uni - versitari Fascisti, nonché i rappresentanti delle Confederazioni Nazionali : Dott. Daniele Gorga, Avv. Marcello Andreoli, Avv. Emanuele Cabibbo, Avv. Giuseppe Arcangeli, Avv. Roberto Roberti, Prof. Filippo Carli, Dott. Raimondo Michetti, Prof. Alfonso Cermonti, Dott. Fernando Martelli, Avv. Mario Mammoli, Comandante Alberto Coda, Dott. Giuseppe Sallicano, Console Ivo Oliveti. L’on. Starace ha affidato la presidenza a S. E. il Prof. Santi Romano. Fra tutti i lavori premiati è stato segnalato, in modo particolare, quello contrassegnato col motto “ Vincere per vivere, vivere per vincere,,, che ha svolto il tema della Confederazione fascista della gente del mare e dell’ aria: “ 11 traffico marittimo dell’Adriatico con speciale riguardo a quello compiuto da navi battenti bandiera italiana, jugoslava e greca,,. L’autore del lavoro, che ha dimostrato soprattutto di essersi dedicato con passione e serietà di studi allo svolgimento del tema prescelto, è il fasci­ sta universitario Pier Lodovico Bertani, studente in giurisprudenza presso la R. Università di Bologna, al quale è stato così assegnato un premio di L. 2000, mentre la Commissione ha indicato il lavoro alla Confederazione Fascista della gente del mare e dell’aria come meritevole di pubblicazione. D alla relazion e u fficia le della C om m issione esa m in a trici dei la - oori p resen tati a i L ittoriali della Cultura - R om a, 2 4 A p rile /9 3 3 -X Ì.
  • 18.
  • 19. I l p ro b lem a J e ll A l t o A d ria tic o
  • 20.
  • 21. P A R T E P R I M A
  • 22.
  • 23. L A lto A d riatico nella storia politica ed economica tt lì 1. Per uno studio geopolitico del problema adriatico pag. 2. La natura geografica : osservazioni preliminari sul retroterra dei vari p o r t i......................................... 3. L’ Alto Adriatico e le tendenze egemoniche absburgi- che: la funzione individuale e coordinativa dei tre porti nel dopoguerra......................................... 4. La posizione politica ed economica di Fiume prima e dopo 1’ annessione....................................................„ 14 5. 1 Protocolli di Roma con l’Austria e l’ Ungheria del 17 Marzo 1934; i Protocolli addizionali del 23 Marzo 1936 .............................................................. ...... 18 6. Le marine mercantili particolarmente interessate al traffico adriatico......................................................... ....... 20 7. Distinzione delle correnti del traffico adriatico : cor­ renti latitudinali e longitudinali..................................... 28 AJota bibliografica.................................................................... 29
  • 24.
  • 25. i. Il problema ddl'Adriatico, certo assai più complesso di quello riguardante gli altri mari che circondano la nostra penisola, è sta­ to oggetto di numerosi trattati, taluni per vero pregevoli, da parte di scrittori d’ogni Nazione e tempo. Ma il più delle volte si è preso in consi' derazione uno solo degli aspetti della que- stione, o ci si è lasciati fuorviare il pensie­ ro da sentimenti e passioni personali, o si sono seguite tendenze politiche ed econo­ miche comunque particolaristiche, giungen­ do a conclusioni erronee, perfino antistori­ che. Vorremmo, insomma, uno studio pos­ sibilmente completo, che trattasse l’argo­ mento da un punto di vista universale, cioè nella sua portata storica, che tenesse conto delle evoluzioni economiche e degli scon­ volgimenti politici, senza per questo abban­ donarsi a visioni deontologiche nazionali e ultrapatriottiche, altrettanto ideali quanto pericolose. Il problema dell’Adriatico va posto nel tempo, non solo per studiarne gli sviluppi avuti in passato, ma anche per conoscerne e valutarne esattamente lo stato di poten­ zialità nel quale si presenta al futuro; in altri termini, si devono prender le mosse da quei sani criteri di Geopolitica, senza i qua­ li è nostro convincimento che non si pos­ sano analizzare questioni di indole politico­ economica. Diciamo subito che i nostri cri­ teri divergono assai da quelli della scuola francese e germanica, che pur hanno il me­ rito di aver avvalorato tale disciplina; se è vero, come è di fatto, che la Geopolitica è la scienza del legame territoriale dei pro­ cessi politici (i), non scorgiamo come si pos- (i) Vedasi: WILHELM ZlEGl.ER: «Einführung in die Politik », pag. 27. Lo ZlEGLER, insieme all'HAUSHOFER (Karl H .: « Die Grenzen in ihrer geographischen und politischen Bedeutung ») e al DlX (ARTHUR D. : « Geo­ politik », in « Staat und Wirtschaft », n. 16) è un si- stematore della Geopolitica come scienza a sè stante. Per una critica profonda e coscienziosa, sia pure sintetica, delle tendenze delle scuole geopolitiche fran­ cesi e tedesche, rammentiamo: U g o M orICHINI: In­ troduzione a: « Il Bacino adriatico e la Dalmazia », Libreria del Littorio, 1932, che avremo occasione di citare spesso ad altro proposito.
  • 26. 8 sano poi sostituire i logici fondamenti: la Geografia fisica, l'Antropogeografia e la Storia, con presupposti politico-filosofici, a secondi fini. Data dunque questa nostra concezione, sarà opportuno, tralasciando per ovvie ra­ gioni una esposizione del problema dal pun­ to di vista geografico-fisico, premettere al­ cune considerazioni di natura antropogeo­ grafica, cioè relative alla funzione svolta dal mare nei riguardi degli abitanti le zone marittime. 2. La assoluta superiorità della costa orien­ tale sulla occidentale, che si rileva qualora si considerino solamente le regioni litoranee, specialmente ai fini della navigazione, scom­ pare se si porta l’esame a maggiore pro­ fondità: anzitutto la costa occidentale ha un retroterra più vasto, e, per quanto scar­ se siano le precipitazioni, non risente così fortemente della bora e dello scirocco. Ma la differenza geografica più essenziale, e di maggior effetto per una valutazione socia­ le, si deve cercare nel raccordo dei versan­ ti alla propria catena e nella posizione com­ plessiva di questa rispetto alle altre regio­ ni circostanti. Infatti la costa italiana, mer­ cè i comodi valichi appenninici, fu facilmen­ te influenzata e rafforzata dai popoli dello altro versante: Toscani, Latini e Campani, che con la loro maggiore civiltà e ricchez­ za diedero vita alla regione e neutralizza­ rono le forze barbariche orientali, già im­ pedite nel loro passaggio dall’Adriatico. La costa orientale invece risentì della sua particolare infelicità, perchè, oltre ad avere nelle montagne uno spartiacque bizzarro e indeciso, manca di un vero versante dall’al­ tra parte, ed anche quell’altopiano che lo sostituisce è rivolto a settentrione. Dal Car­ so si passa ai Balcani con una serie di pic­ cole catene, che si intrecciano in modo tale da impedire qualunque confine naturale. Da questo fatto traggono origine gli in­ numerevoli conflitti e la discordia innata, che costituisce la piaga fondamentale dei popoli balcanici. Di tali vicende dolorose subì le conseguenze la regione litoranea, della quale le orde barbariche si servirono come di un ponte di passaggio per le loro migrazioni dall’Oriente all’Occidente d’Eu­ ropa. Devesi anche aggiungere che la costa o- rientale, se ebbe dei benefizi dall’Adriatico, li ebbe per imposizione; quindi, nel subire la supremazia delle regioni italiche, si tro­ vò da questo lato in una dipendenza che moralmente pregiudicò il valore di quei be­ nefizi. Si comprende quindi, come la fortunata condizione geografica — ricchezza d’isole e di insenature, presenza di coste adatte alla navigazione — disgiunta da criteri di sana coscienza politica nelle popolazioni, sia stata nociva al progresso economico, alla pace e particolarmente allo sviluppo del senso di nazionalità degli abitanti la costa orientale. Di contro, la costa italiana si sviluppò sotto l’influsso della civiltà italica, basata sulla unità geografica e nazionale, per sua natura indistruttibile. Questo ci basti a dimostra­ re le ragioni intime della superiorità so­ ciale dell’elemento italiano nel bacino del­ l’Adriatico. Un altro fenomeno, derivante da fattori puramente fisici, che rende ancor più com­ plesso il problema, è costituito dalla par­ ticolare conformazione del retroterra dei va­ ri porti adriatici. Mentre in tutta la parte
  • 27. occidentale le condizioni dell’entroterra so- no in genere molto più favorevoli all’inse- diamento umano, che non la zona costiera, nell’altra costa esse sono assai poco propi­ zie, sino a diventare addirittura impossibili, allontanandoci anche solo per pochi chilo­ metri dalla costa, su per l’impervia scar­ pata delle Alpi Bebie e delle Dinariche. Questa diversità di fattori ambientali trova riscontro nella storia politica ed eco­ nomica, che ha per teatro il bacino dello Adriatico, come si può vedere esaminando le condizioni naturali, il processo del popo­ lamento e le vicissitudini politiche di que­ sta zona così ricca di eventi storici (i). L ’esatta conoscenza della situazione geo­ grafica ed antropogeografica dovrebbe in­ dicare la via più favorevole segnata dalla natura allo sviluppo ed alla prosperità degli Stati; ma questa considerazione non deve indurci ad un determinismo geografico tale da non ammettere spostamenti ad opera della volontà, come se si trattasse di un campo al di fuori della realtà umana; anzi, è esatto sostenere che la quantità e la qua­ lità del litorale possono essere sostituiti da un solo buon porto, magari artificiale, sem­ pre che il popolo, cui appartiene l’approdo, sia industrialmente potente, commercial­ mente attivo, marinarescamente capace, a- bile nelle direttive dei suoi dirigenti poli­ tici e finanziari. Non per questo sono invertiti i principi geopolitici: nessuna forza umana può im­ porre all’Adriatico una funzione diversa da quella stabilita da natura, confermata da due millenni di attività storica. Anzi, la speciale conformazione del retroterra dei (i) V e d i am plrus: U . MORICHINI, o p . cit. singoli porti rende più sentiti gli sposta­ menti di confine e di zone di influenza. Tipico è il caso di Trieste, dopo l’annes­ sione all’Italia. 3. Con lo spostamento del confine politi- co-doganale, Trieste, che spingeva la sua in­ fluenza nell’Europa centrale fino a conten­ dere ad Amburgo i traffici di Praga e di Norimberga, venne improvvisamente a tro­ varsi priva del suo poderoso retroterra na­ zionale. I fatti hanno poi dimostrato come fosse errato il credere che il porto di Trie­ ste fosse votato alla inazione e alla morte; infatti, il retroterra politico può essere so­ stituito da un retroterra economico, che è in gran parte naturale, anche se in questo caso lo sfruttamento, pur facilitato da co­ mode vie di comunicazione, costa ai porti ingenti sacrifici, come la istituzione e la ma­ nutenzione di speciali organismi capaci di attirare e dirigere il traffico. Particolare interesse presenta il porre a confronto — senza entrare ad esaminare le attuali condizioni che considereremo in seguito — i caratteri antropici ed economi­ ci che presentava Trieste prima della guer­ ra, con la sistemazione ottenuta in seguito al conflitto mondiale, in relazione alla coe­ sistenza di Venezia e di Fiume. La scoperta dell’America e quella della via delle Indie per il Capo di Buona Spe­ ranza, ebbero per effetto il lento spostamen­ to dei traffici europei dal Mediterraneo al- l’Atlantico. A partire dal ’500, le guerre coi Turchi logorarono e sottrassero alla Poten­ za veneta le basi navali e le colonie, tanto necessarie alla sua vita commerciale. La decadenza di Venezia si manifesta ap­ pieno agli albori del secolo XVIII; nel 1702 le proteste della Repubblica non valgono più
  • 28. 1.0 ZONE DI COMPETENZA ECONOMICA DEI VARI PORTI NELL’ ANTEGUERRA 'SCALA 1: 91000000 VENEZIA ] GENOVA TRIESTE AMBURGO FIUME ZONE CONTESE
  • 29. 11 ad impedire l’esistenza di navi armate trie­ stine e fiumane. Carlo V I approfitta della alleanza veneziana per proclamare, il 2 Giu­ gno 17 17 , la libertà dei mari. Sotto questo colpo e dopo l’infausta pace di Passarowitz (1718), la vecchia Regina dell’Adriatico, onusta di gloria, piega vieppiù il capo al suo destino, finche un grande Tiranno le strap­ pa anche la corona, per aggiungerla, ambi­ to trofeo, ai suoi cimeli di vittorie. Trieste, senza industrie, nè commerci, po­ co popolata, sfornita di capitali e "di attrez­ zatura, sia portuaria che stradale, seppe ap­ profittare delPindebolimento politico ed e- conomico della Serenissima e, costruendo strade, migliorando il codice mercantile, au­ mentando la flotta, soppiantare la decaden­ te Repubblica nella sua funzione di inter­ mediaria fra l’Oriente e l’Occidente, assu­ mendone il traffico col Levante, fonte di vitale grandezza. Le condizioni di Venezia rispetto a Trie­ ste peggiorarono naturalmente quando il Veneto, dal Trattato di Campoformio (1797) al 1866, appartenne, con alterne vi­ cende, all’Austria, la quale, prevedendo che prima o poi Venezia sarebbe tornata in do­ minio della Nazione cui doveva appartene­ re, dedicò a quel porto poche cure e solo for­ mali. Mentre Trieste e Fiume furono eretti a porti franchi il 18 Marzo 1719 , per Vene­ zia Francesco I firmò il Decreto con cui si attuava la franchigia (durata poi, salvo la interruzione 1849^51, fino al 1873), con vigore dal i° Febbraio 1830; nel 1831 si fondarono a Trieste le Assicurazioni Gene­ rali, vera base della fortuna economica del­ l’emporio; finalmente, due anni prima che sorgesse la Riunione Adriatica di Sicurtà, ecco presentarsi in campo la meravigliosa arma di espansione austriaca : il Lloyd (1836). Contemporaneamente aH'affermarsi di potenti nuclei di marineria, sorsero le pri­ me ferrovie che unirono Trieste a Lubiana e a Vienna. Nel 1869, l’apertura del Canale di Suez restituì all’Adriatico la sua naturale fun­ zione di bacino di smistamento dei traffici fra l’Oriente e l’Europa centrale, impedendo così che altre linee internazionali, attraver­ so i porti del Nord e lungo il Danubio pas­ sassero in prima linea, davanti al nostro ba­ cino. Immediatamente il traffico dell’Adria­ tico tornò a pulsare con ritmo accelerato. Ma i porti adriatici, e Venezia in special modo, non essendo preparati al riattivarsi in grande scala del traffico marittimo, si ridussero ad avere un’influenza poco più che locale — ad ogni modo alquanto limita­ ta — , con parziale vantaggio dei porti ger­ manici e inglesi. La causa della impreparazione degli em­ pori adriatici va ricercata principalmente nelle variazioni del momento storico e del fattore antropogeografico. Le correnti po­ litiche del moderno nazionalismo europeo intensificarono i traffici e gli scambi interna­ zionali, dando vita a sistemi economici sem­ pre più complessi; mentre si cercava di ri­ durre i costi, si aumentò la potenza, la qua­ lità e la sicurezza delle comunicazioni; si elevarono barriere doganali, mentre d’altro lato si cercava di eliminarne gli effetti con sistemi fiscali ed economici speciali, come la tendenza al monopolio, la clausola della nazione più favorita, gli scambi bilanciati, ecc. Nel frattempo anche il fattore antropo­ geografico mutò il campo nel quale si svol­
  • 30. 12 gevano i commerci. Il vecchio attrezza­ mento marittimo-commerciale non era più sufficiente all’economia delle nuove corren­ ti di traffico; per applicare le recenti inven­ zioni alla struttura economica nazionale, occorrevano non solo ricchezze ingenti, ma anche una visione ampia e organica del mo­ mento, con un programma chiaro ed armo­ nico, le cui basi risiedessero su di una salda unità nazionale e una potente riserva finan­ ziaria da parte dello Stato. Pertanto le Na­ zioni europee fecero a gara a diminuire le esigenze tariffarie, fiscali e tributarie in ge­ nere, a costruire ed arredare porti, col per­ fezionare i sistemi lavorativi, col rendere i fondali proporzionati ai nuovi scali, aumen­ tando l’area delle banchine e corredandole di mezzi rapidi di carico e scarico delle merci. L’alterazione più profonda prodotta dai moderni sistemi di comunicazione fu quella relativa all’area di gravitazione economica dei vari centri marittimi. I porti del Nord, collegati al retroterra da pianeggianti fer­ rovie e da poco costose linee fluviali, hanno la preferenza in confronto ai porti adriatici, più vicini e in passato anche più convenien­ ti, i cui servizi non sono adatti alle nuove esigenze commerciali. In secondo luogo, si rende sempre più indispensabile allo svilup­ po dei commerci una salda base industriale e, negli ultimi tempi, l’assistenza di un or­ ganismo finanziario poderoso, che comune­ mente è lo Stato. Questa intromissione dello Stato nel fe­ nomeno economico, tipica dell’attuale mo­ mento storico, non significa affatto che l’or­ ganismo politico possa invertire i principii economici e contrastare alla forza logica del­ le cose: la migliore riprova si ha nel fal­ limento della artificiosa politica di privile­ gi e di monopoli, che per parecchi decenni ha dato potenza rigogliosa a empori locali durante la decadenza di Venezia. Vero è che le coste soggette all’Austria erano sotto taluni aspetti in migliori condizioni di quel­ le italiane; ma la abbondanza di approdi e la presenza di elementi ricchi ed attivi non sarebbero state sufficienti, senza la volontà tenace di un organismo formidabile, bra­ moso di avere il predominio dell’Adriatico. Allora si iniziò quel tentativo antistorico di slavizzazione del nostro mare, che fu causa non ultima deH’intervento italiano nel Maggio del ’ 15. Agli effetti del problema dell’Adriatico, la grande guerra non è altro che il crollo violento degli artifici coi quali gli Imperi centrali volevano imporre un instabile e- quilibrio economico; con un processo im­ provviso, logico, anche se si è manifestato attraverso la distruzione di innumeri vite, l’Italia ha riavuta la sua naturale suprema­ zia. Durante il conflitto, i traffici marittimi furono completamente sospesi ed ogni atti­ vità commerciale paralizzata. Di tale stato di cose i porti adriatici risentirono le conse­ guenze in modo assai più grave di tutti gli altri. Spentasi la conflagrazione, il traffico marittimo dell’Adriatico si trovò ostacolato, oltre che dalla crisi politica interna, dalle particolari condizioni dei Paesi dai quali doveva trarre vita; i Balcani, la Turchia, la Russia, i Paesi dell’estremo Oriente erano tormentati da guerre, perturbazioni sociali e rivoluzioni economiche. Contemporanea­ mente, le condizioni economico-finanziarie dell'antico retroterra, particolarmente per
  • 31. 13 T R A F FIC O M A R IT T IM O T O T A L E Trieste, non permettevano il riallacciarsi di relazioni commerciali, per le quali gli scam­ bi erano impediti dalla instabilità e dal rin- vilimento progressivo della moneta. Solo cosi ci possiamo spiegare il lento riprendere del movimento commerciale adriatico nel dopoguerra. Facendosi appunto forti di questa indo­ lenza dei nostri empori a riassumere la lo­ ro funzione di primo piano, alcuni scrittori ed uomini politici stranieri hanno preteso sostenere che la moderna economia dei tra­ sporti non sopporta la coesistenza in uno stesso mare di più porti della stessa Nazio­ ne; quasi che non si possa attribuire a cia­ scuno di essi una speciale funzione, deter­ minata dalla natura del retroterra e dalle vie di comunicazione che ad esso fanno ca­ po. Quindi la concorrenza fra i porti di uno stesso mare è relativa; infatti, nel nostro caso, Venezia, Trieste e Fiume possono pro­ sperare tranquillamente, lavorando ciascuna per quella zona di cui è lo sbocco più vicino ed economico. Il possesso dei tre em­ pori da parte di una unica Potenza non so­ lo non è un male per alcuno di essi, ma, se artifici politici non intervengono a turbare i naturali rapporti internazionali, è anzi un bene; perchè il potere centrale, specie se for­ te e non turbato nelle sue decisioni da in- trammittenze di speculazioni parlamentari, può disporre un coordinamento delle singo­ le funzioni ; il che non si poteva certo fare quando soltanto Venezia apparteneva alla Italia, debole rispetto a un’Austria-Unghe- ria, che con ostinati sacrifici voleva il pre­ dominio incontrastato dei suoi porti. Trieste e Fiume, sbocchi di retroterra ap­ partenenti a diverse Nazioni, hanno neces­ sariamente risentito le conseguenze econo­ miche della guerra e della crisi postbellica più di qualunque altro porto italiano. Il
  • 32. 14 frazionamento dell’impero absburgico nei vari Stati ha prodotto un eccezionale scon­ volgimento di confini, accompagnato da un improvviso nuovo orientamento delle cor­ renti della politica economica. Tale feno­ meno, la crisi monetaria conseguente e le condizioni particolari dei mercati orientali hanno contribuito fortemente a rendere più difficile il risorgere dei traffici triestini e fiumani. Si noti la tendenza al riassestamento del­ l’equilibrio economico, col riattivamento della produzione e degli scambi; nel caso di Trieste, il grave squilibrio fra esporta­ zione ed importazione marittima verifi­ catosi nel 1919 non è più avvenuto; questo dimostra che Trieste ha riassunta la sua funzione di collegamento fra l’O- riente e l’Europa centrale, come nell’an- teguerra. Non che si sia raggiunta la in­ tensità di traffico di allora, ma il movi­ mento marittimo totale medio del decennio I925' 34 costituisce l’82,o8 % di quello del quinquennio i909-’i3 : percentuale per ve­ ro rilevante, se si tien conto delle diverse condizioni economiche del territorio retro­ stante e della depressione generale iniziata­ si nel 1929. La situazione economica dei tre porti ita­ liani deU’Alto Adriatico sarà da noi analiz­ zata in seguito, ma possiamo subito trarre una conclusione da quanto abbiamo fin qui esposto. La ripresa del movimento commerciale con tutti i Paesi del retroterra conferma che il porto di Trieste va riacquistando la sua intensità ed importanza d’anteguerra e che la nuova barriera politico-doganale che lo separa dal suo retroterra economico non ne diminuisce, nè cambia affatto la funzione; anzi, possiamo già preventivamente affer­ mare che una vigile e lungimirante politica economica italiana potrà, nella ripartizione del traffico europeo, determinare a Trieste, in collaborazione con Venezia e Fiume, u- na influenza superiore a quella che poteva darle, con i suoi artifici contrastanti coi sani principi geopolitici, il sistema economico dell’Austria-Ungheria. Quindi, la « nociva concorrenza » fra i porti dell’Adriatico si cambierà in nobile emulazione, a tutto be­ neficio della Nazione. 4. Esaminiamo ora un’altra questione, forse più complessa e intricata di quella triestina: il problema di Fiume, con parti­ colare riguardo alla coesistenza di Trieste e alla concorrenza di Susak. In conseguenza dell’artificiosa e forzata politica adriatica dell’Austria, alla quale si è già avuto occasione di accennare, il porto di Fiume completò l’opera di concorrenza ai porti italiani, in attesa di essere restituita all’Italia. Il Patto di Londra contiene le ba­ si della ricompensa per l’intervento italiano in guerra; quello che accadde fino all’annes­ sione di Fiume all’Italia con l’Accordo di Roma del 27 Gennaio 1924 è noto ai più. Gli Articoli 4, 5 e 6 del Patto di Londra dimostrano, con chiarezza maggiore degli altri, che le rivendicazioni italiane si ispira­ vano a criteri di grandezza romana e ve­ neta: Ari. 4. — « Nel Trattato di pace, l’Ita- « lia avrà il Trentino, il Tirolo cisalpino « con la sua frontiera geografica e naturale « (la frontiera del Brennero); Trieste, le « Contee di Gradisca e Gorizia, tutta l’Istria « fino al Quarnaro compresavi Volosca e le « isole istriane di Cherso, Lussino, come an-
  • 33. 15 « che le piccole isole di Plavnik, Unia, Ca­ li nidole, Palazzuoli, S. Pietro di Nembi, « Asinelio, Gruica e i vicini isolotti. « Nota. — La frontiera sarà tracciata... « fino a Idria. Da questo punto seguirà in « direzione di sud-est verso lo Schneeberg « (Nevoso) lasciando fuori del territorio ita­ ci liano tutto il bacino della Sava e dei suoi <»affluenti; dallo Schneeberg la frontiera « scenderà verso la costa in modo da inclu- « dere Castua, Mattuglie, Volosca nel terri- « torio italiano. Art. 5. — « L ’Italia avrà anche la pro- « vincia di Dalmazia nei suoi confini am- « ministrativi attuali. « Nota. — Sarà dato alla Croazia nell’Al- « to Adriatico tutta la costa, dalla baia di « Volosca, sul confine istriano, fino alla « frontiera settentrionale della Dalmazia « comprendente il litorale attualmente un­ ii gherese e tutta la costa della Croazia, il « porto di Fiume... Art. 6. — « L ’Italia avrà la completa so- < vranità tra Vallona, l’isola di Saseno e « su un territorio circostante... ». Naturalmente si supponeva che, a guer­ ra vinta, si potessero ottenere tali compensi; ma, purtroppo, quando il conflitto mondia­ le stava per cedere il posto alla pace, un nuovo fattore di discordie si aggiunse; l’abi­ tudine alle Conferenze, suscitate e mante­ nute da parassiti voraci, desiderosi di difen­ dere gli altrui eroismi per sfruttare a pro­ prio indegno vantaggio la situazione dolo­ rosa. Astro del momento fu il teorico poli­ tico Wilson. Già dal 18 Ottobre 1919, il deputato fiu­ mano Ossoinak richiedeva apertamente per la sua città, italiana nel passato, italiana nel presente, il diritto di autodecisione. Finita la guerra, i Trattati del Trianon e di San Germano, dimentichi dei Patti prebellici, restituirono all’Adriatico press’a poco la con­ figurazione che aveva prima della guerra. Fiume fu abbandonata alla mercè di due vi­ cini in contrasto; poco dopo, gli Alleati, spinti dal contegno della cittadinanza fiu­ mana, che ardeva di passione nazionale, co­ minciarono a formulare i vari progetti: Wilson, Tardieu, Gay (ispirato dall’Ossoi- nak), Richard (di ispirazione fiumana) e in­ fine quello George; tutti falliti. All’opera internazionale si intrecciarono gli eventi, che, per quanto cari al nostro cuore di italiani, non possiamo qui consi­ derare minutamente; certo, l’eroismo dei Fiumani e l’intervento pronto dei Legio­ nari d’Annunziani influirono enormemente sulle decisioni prese in seguito. La soluzione della questione fu affidata alle due parti contendenti, fuori dell'ambito di discussio­ ne in sede di Conferenza internazionale. Durante i ministeri Giolitti e Sforza si ten­ nero le Conferenze di San Remo e di Pai- lanza, che terminarono nell’Accordo sui generis di Rapallo, il 12 Novembre 1920; Fiume divenne Stato indipendente, l’Italia ebbe la Venezia Giulia fino al Monte Ne­ voso con le isole del Quamero, Cherso e Lussin, ma rinunziò alla Dalmazia e alle sue isole, meno Zara e Lagosta. Il malcon­ tento dei Fiumani per questa soluzione si risolse con l’annessione di Fiume all’Italia, il 27 Gennaio 1924. Fu poi indetta una Conferenza italo- jugoslava, che, dopo varie vicende, terminò con l’Accordo di Nettuno, firmato il 20 Lu­ glio 1925 ad Anzio; per tale Accordo si è resa possibile l’assistenza alle minoranze i- taliane sulla costa dalmata. Inoltre al Regno
  • 34. 16 S. C. S. è garantito libero sfogo nel porto bene attrezzato di Fiume, non soltanto per i suoi prodotti, ma per tutto il suo traffico di transito e coi vantaggi del regime per i punti franchi. Sono state eliminate ragioni di dannose reciproche concorrenze fra i por­ ti di Fiume e di Susak, senza pregiudicare per questo l'opera dei due Governi, intesa a sviluppare i traffici del proprio Paese. Si è decisa l’istituzione dei Magazzini Generali nel Bacino Thaon di Revel, con l’obbligo di emissione di warrants. Naturalmente al susseguirsi degli eventi politici corrispose una diversità di indirizzi economici destinati al porto di Fiume. Co­ sì, col Patto di Londra, Fiume con tutto lo immediato retroterra veniva assegnata alla Croazia; quindi il porto doveva assoluta- mente competere ai Croati, con ampia liber­ tà di traffico anche e soprattutto a danno di Trieste. In tal modo restava la concorrenza fra i porti nord-adriatici, minaccia continua alla nostra sovranità economica, anche se, col possesso della Dalmazia e dell’Albania, lo sbocco fiumano godeva di una autonomia molto relativa. Nei vari progetti presentati alla Confe­ renza della Pace si ebbero in poco conto gli obbiettivi economici. Il progetto Gay-Ossoi- nak, unico, mirò chiaramente ad evitare la temuta scissione dell’organismo portuario, per la questione del Delta e del Piazzale del­ la Braidizza; eliminato questo, cadde subito dopo anche il progetto Richard, che risol­ veva la questione economica con l’erezione di tutto l’impianto a porto franco. Il Trattato di Rapallo, che non eccelle per la sua limpidità, permise lo spezzamento del­ l’unità portuaria, essendo stati assegnati al Regno S.C.S. il Delta e Porto Barros. Non ostante vari tentativi, fra i quali notevole quello del Senatore Quartieri per rivedere i confini orientali, si giunse al Trattato di Ro­ ma, che riconobbe la sovranità jugoslava sul Delta e Porto Barros, e concesse al Re­ gno S. C. S. in affittanza il bacino Thaon di Revel nel Porto di Fiume. Si stabiliro­ no inoltre accordi per il funzionamento del porto e della ferrovia, istituendo, per le que­ stioni di dettaglio, apposite commissioni, che portarono all’Accordo di Nettuno, di cui abbiamo fatto menzione poc’anzi. Sarebbe superfluo dire che tutti i sunno­ minati progetti riguardanti l’organizzazio­ ne economica interna di Fiume avevano co­ me presupposto e scopo unico la possibilità di traffici col retroterra. Certo, finche si par­ lò di Stato libero, l’unico sistema per dar vita all’organismo macrocefalo era il regime di porto franco (progetto Richard), perfezio­ nato con l’istituzione del consorzio portua­ rio. In seguito si sarebbe voluto dar vita ad un sistema di «resistenza», facendo di Fiu­ me un porto industriale col dare impulso alle industrie esistenti e creandone delle nuove. Ma Fiume aveva, come ancora ha, carattere anche e soprattutto commerciale. Vero è che circa un terzo della popolazione totale anteguerra era addetto alle industrie; ma il particolare momento economico di ri­ lassamento generale non permetteva Uno sviluppo industriale così enorme da sostitui­ re la attività commerciale. Quindi anche tale nuovo indirizzo fu presto lasciato e si tornò a considerare Fiume come porto di grande transito. Sorse allora lo spinoso pro­ blema della concorrenza: Fiume è una mi­ naccia per Trieste, così come questa lo è per Venezia. Si è già notato come, prima della guerra,
  • 35. 17 esistesse effettivamente una concorrenza fra i porti italiani e austro-ungarici, e come la politica austriaca abbia cercato di accentua­ re il dualismo Trieste-Fiume. Ma oggi che questi porti sono riuniti sotto la stessa ban­ diera per proseguire, in modo organico e coordinato, la loro azione contro l’invaden­ za dei porti del Nord, dobbiamo conside­ rare assolutamente cessata ogni ragione di concorrenza più o meno forzata fra di essi. Fiume permane lo sbocco naturale dei traf­ fici provenienti o destinati all Ungheria, an­ che se la politica jugoslava tenta di sosti­ tuire al nostro emporio i suoi porti centro­ settentrionali: Spalato, Sebenico e, in par- ticolar modo, Susak. Pur riserbandoci di studiare nella par­ te seguente i problemi speciali relativi a tale questione, possiamo brevemente accennare ai caratteri generali che in- TRA FFICO M A RITTIM O DI IMPORT A ZIO N E dividuano la funzione dei due porti di Fiu­ me e Susak. A favore del porto italiano sta la maggiore disponibilità di linee regolari di navigazione e il possesso di impianti por­ tuali capaci e modernamente attrezzati, che assicurano una rapida manipolazione e buo­ na custodia delle merci. Susak, invece, ha maggiore disponibilità di spazi per il depo­ sito dei legnami, tariffa preferenziale fer­ roviaria e minor costo della mano d’opera. L ’esistenza di tali fattori sembra segna­ re la via ad una specializzazione dei due porti: a Fiume le merci ricche e bisognevo­ li di cure e deposito in spazi coperti; a Su­ sak le merci di massa che non hanno tali esigenze. Dato però che le prime, per la struttura economica del retroterra fiumano, non bastano da sole ad alimentare un por­ to della capacità di quello di Fiume, questo non può disinteressarsi delle altre merci. I­
  • 36. 18 noltre bisogna tener presente che le defi­ cienze di Susak possono, in tempo brave, essere eliminate. Epperò ai dirigenti respon­ sabili delPavvenire economico di Fiume in­ combe l’obbligo di vigilare e di provvedere tempestivamente, affinchè sia difesa, man­ tenuta e anche aumentata l'efficienza del porto. Soprattutto, data la nuova attrez­ zatura dei porti dalmati, dobbiamo impedi­ re che i traffici destinati naturalmente ai nostri porti, attratti da benefici di monopoli e da tariffe preferenziali, prendano altra via, con grave danno del nostro commercio ma­ rittimo. 5. Torna quindi a proposito ricordare l’o­ pera recentemente svolta dal Governo fasci­ sta a favore dei porti di Trieste e di Fiume. 11 Capo del Governo italiano aveva negli ultimi anni fissate le direttive per la rico­ struzione danubiana, precisandole successi­ vamente a Stresa, e determinandole nel Set­ tembre 1933 nel suo memorandum. Ap­ punto da tali direttive e da tale piano da­ nubiano sono scaturiti i Protocolli di Ro­ ma del 17 Marzo 1934, che hanno segnato un passo deciso verso il riassestamento eco­ nomico internazionale. 11 primo Protocollo firmato a Roma dalle tre Potenze è essenzialmente politico; i tre firmatari si impegnano a consultarsi su tutti i problemi che li riguardano, allo scopo di svolgere una politica concorde, secondo i piani prestabiliti. Gli altri due Protocolli hanno contenuto strettamente economico: mentre il secondo riguarda tutti e tre i Pae­ si, il terzo è limitato all’Italia ed all’Au­ stria e si riconnette ai precedenti per le questioni particolari. Tali Protocolli stabiliscono: a) l’allarga­ mento delle convenzioni commerciali esi­ stenti tra l’Italia e l’Austria, l’Italia e l’Un­ gheria, allo scopo di facilitare le esporta­ zioni reciproche, sviluppando il carattere complementare delle rispettive economie na­ zionali; b) la concessione di dazi preferen­ ziali a prodotti industriali austriaci e la con­ clusione di intese fra le industrie austriache e quelle italiane; c) l’adozione dei provve­ dimenti necessari per superare le difficoltà derivanti all’Ungheria dal ribasso dei prez­ zi del grano; d) lo sviluppo del traffico di transito attraverso i porti adriatici (Proto­ collo II, Art. 3: « I tre Governi si obbli­ gano a facilitare ed a sviluppare quanto più possibile il movimento di transito nei porti dell’Adriatico. A questo scopo saranno con­ clusi quanto prima possibile accordi bilate­ rali »). Grazie alla attivissima azione svolta dal­ le amministrazioni competenti, vennero fir­ mati il 14 Maggio Accordi separati, che danno rapida applicazione ai Protocolli del 17 Marzo. L ’Accordo italo-austriaco contiene: a) la concessione a favore dell’Austria di dirit­ ti preferenziali per un numero considere­ vole di prodotti industriali; b) la concessio­ ne a favore dell’Italia, sotto il regime della clausola della Nazione più favorita, di al­ cune facilitazioni di carattere doganale per un certo numero di prodotti, la maggior parte dei quali è di tipica produzione italia­ na. L ’Accordo italo-ungherese contiene: a) l’impegno da parte dell’Italia di acquistare per mezzo della Società «Safni» da una or­ ganizzazione ungherese un milione ed even­ tualmente due milioni di q.li di grano, ad un prezzo che permetta all’Ungheria una conveniente valorizzazione del suo prodot­
  • 37. 19 to; b) l'impegno dell’Ungheria di prendere in particolare considerazione le domande dell’Italia per facilitazioni doganali sogget­ te al regime della clausola della Nazione più favorita, come pure per l’attuazione del regime delle restrizioni alle importazioni. Tra l’Italia e l’Austria, l’Italia e l’Unghe­ ria e l’Austria e l’Ungheria sono interve­ nute intese per apportare miglioramenti a- gli Accordi bilaterali esistenti sulle impor­ tazioni, conosciuti comunemente col nome di « Accordi del Semmering ». E’ stata i- noltre firmata una Convenzione italo-au- striaca per lo sviluppo del traffico italo-au- striaco attraverso il porto di Trieste, ed è stata parafata una Convenzione italo-un- gherese per lo sviluppo del traffico unghe­ rese in transito per il porto di Fiume. La visita a Trieste del Signor Stock- inger, Ministro federale austriaco del com­ mercio, segnò la fase conclusiva delle trat­ tative italo-austriache, con l’attuazione dell’Accordo portuale. Il 20 Giugno giunge­ va a Trieste la Delegazione austriaca pel­ le prime prese di contatto ufficiali con gli esponenti dell’economia triestina. Lo sco­ po di tale visita era di sanzionare ufficial­ mente la convenzione di Roma e di elabo­ rare le clausole in sede tecnica. In questo senso il lavoro portato a termine è stato co­ spicuo: nei due giorni di permanenza a Trieste la Delegazione ebbe modo di esa­ minare gli elementi fondamentali delPeco- nomia triestina e di accertarne l’efficacia non solo nel quadro dell’economia naziona­ le, ma in quello delle possibilità per una ri­ presa dei traffici austriaci anche verso i mer­ cati dell’estero più lontani. Due anni dopo la firma di tali Protocolli, il Capo del Governo italiano, il Cancelliere federale d’Austria e il Presidente del Con­ siglio d’Ungheria si sono riuniti in Roma il 23 Marzo 1936, per firmare tre Protocolli addizionali ai Protocolli di Roma del 17 Marzo 1934- Nei Protocolli I e III si riaf­ ferma la concezione politica italiana, per evitare ogni e qualsiasi complicazione im­ prevedibile nel bacino danubiano: i tre Paesi decidono di costituirsi in gruppo e di creare a questo scopo un organo competente di consultazione reciproca, composto dai Mi­ nistri per gli Affari Esteri dei tre Stati fir­ matari. Importanza specifica, dal punto di vista economico, ha il Protocollo II, in cui è detto che, sebbene i tre Governi siano completamente d’accordo sull’utilità dello sviluppo delle loro relazioni economiche con altri Stati danubiani, essi riconoscono che per ora una tale intensificazione non po­ trebbe effettuarsi che con accordi bilaterali. Ma, per la loro natura, i tre Protocolli de­ vono considerarsi un tutto unico: il testo politico è la premessa necessaria degli ac­ cordi economici e questi danno sostanza a quelli. Ad ogni modo è lecito attendersi che, man mano che il volume dei traffici aumen­ terà in grazia delle ricordate concessioni e in vista della ripresa generale e di quella speci­ fica dell’economia austriaca, il vantaggio dell’economia triestina vada accrescendosi in proporzione. Questa aspettativa è con­ fortata dal fatto che le cifre relative al traf­ fico totale attraverso il porto di Trieste hanno segnato nel 1934 un aumento di 605.087 tonnellate rispetto al 1933. T a­ le aumento ci autorizza quindi a spe­ rare anche che, quanto prima, gli uo­ mini d’affari triestini possano trasfor­
  • 38. 20 T R A F FIC O M A R ITTIM O DI E SP O R T A Z IO N E mare la loro attività, che ora si limita alle operazioni portuali e di spedizione, in par- tecipazione proficua all’economia nazionale, prendendo parte viva nel movimento com­ merciale, come acquirenti e rivenditori del­ le merci. Chè se questo si verificherà, allo­ ra sarà veramente opportuno prendere se­ riamente in esame il progetto per l’istituzio­ ne a Trieste di una «Fiera Danubiana», a simiglianza della Fiera del Levante di Bari. 6. Al suaccennato pericolo di deviamento dei traffici destinati naturalmente ai nostri porti ci fa pensare la politica portuaria e ferroviaria jugoslava, sulla quale dovremo intrattenerci diffusamente a suo luogo. Per ora ci limitiamo a far presente che il Re­ gno S. C. S., maneggiando con destrezza le tariffe ferroviarie, è riuscito, in parte, a deviare artificialmente il traffico dalle sue vie naturali. La concorrenza straniera si esplica anche nella tendenza a monopolizzare i traffici a favore di determinate bandiere: vediamo infatti che la nostra marina mercantile è, oggi più che mai, premuta da tale concor­ renza delle bandiere estere, specialmente nordiche. La nostra marina mercantile, sot­ to la spinta delle larghe previdenze del Go­ verno, sta investendo ingenti capitali nelle costruzioni per rendere il suo naviglio a- datto alle odierne necessità del traffico ma­ rittimo. Perciò ogni atto che venga ad ac­ crescere l’intensità delle forze perturbatri­ ci già in azione deve essere considerato con vigile ed ansiosa attenzione. La marina mercantile jugoslava non è an­ cora per la nostra marina un concorrente di eccezionale importanza, ma tutti gli sfor­
  • 39. 21 zi del Governo jugoslavo tendono a ren­ derla almeno un concorrente di notevole portata. Epperò bisogna tener conto di que­ sta forza, che si aggiunge al gioco delle competizioni commerciali, non tanto per il valore attuale, quanto per la efficienza che ora possiede potenzialmente e che in un gi­ ro di tempo più o meno breve può mettere in opera. Tuttavia non dobbiamo dimenti­ care che, oltre alla marina jugoslava, altri competitori, benché di minore importanza, contendono all’Italia il predominio assolu­ to nel campo commerciale adriatico: in par­ ticolare la marina greca. La Grecia, dato il suo sviluppo costiero, possiede numerosi porti: il Pireo, emporio di transito e di approvvigionamento di A- tene, Salonicco, sbocco della Macedonia e della Serbia meridionale. Patrasso, Cavalla, Volo, porto della Tessaglia, Corfù e Can- dia. Ultimamente il Governo greco ha ri­ volto grande cura per aumentare l’efficien­ za del Pireo, come porto di transito, ed è riuscito a renderlo adatto alle nuove esi­ genze ed ai nuovi desideri. Ora, dato lo sviluppo naturalmente felice di numerosi porti in Grecia, se si tiene conto dell'ecce­ zionale carattere dei marinai greci che of­ frono il loro lavoro anche dietro minimo compenso, per la particolare capacità di a- dattamento e di sacrifìcio, facilmente si comprende come la marina mercantile el­ lenica si trovi disseminata un po’ in tutti i porti mediterranei, e come, data la estre­ ma vicinanza, tale marina svolga una at­ tività di penetrazione non trascurabile in tutti i porti dell’Adriatico. Riteniamo opportuno fornire i dati rela­ tivi alle marine mercantili italiana, jugosla­ va e greca, particolarmente interessate nel problema adriatico. Ecco la situazione della marina mercantile italiana: Tonnellaggio di stazza netta delle navi della Marina Mercantile Italiana Anno (al 31 Dicembre) a vela a propulsione meccanica Media 1881-1890 750.000 150.000 „ 1891-1900 570.000 280.000 1901 575.207 424.711 ’ 02 570.403 448.404 ’ 03 584.223 460.535 ’ 04 570.355 462.259 ’ 05 541.171 484.432 ’ 06 503.260 497.537 ’ 07 468.674 526.586 ’ 08 453.324 566.738 ’ 09 439.941 631.252 ’ 10 432.690 674.497 1911 410.991 696.994 ’ 12 374.835 762.274 ’ 13 355.963 876.885 ’ 14 348.959 933.156 ’ 15 332.262 934.396 ’ 16 261.769 1.035.702 ’ 17 281.498 895.668 ’ 18 — 698.933 ’ 19 — 631.822 ’ 20 — 835.030 1921 — 1.075.200 ’ 22 — 1.508.708 ’ 23 — 1.635.950 ’ 24 191.182 1.588.589 ’ 25 168.255 1.763.944 ’ 26 154.809 1.877.366 , 27 151.793 1.946.209 ’ 28 143.952 2.009.690 ’ 29 135.383 1.918.073 ’ 30 127.583 1.990.366 1931 120.741 2.043.273 ’ 32 119.837 2.050.743 ’ 33 115.820 1.867.442 ’ 34 112.249 1.775.776 Per la valutazione dei dati surriportati dobbiamo ricordare che: a) noi ci basiamo sui dati forniti dalla Direzione Gen. della Marina Mercantile all'istituto Centrale di Statistica del Regno d’Italia; b) dall’anno 1924 in poi le notizie si riferiscono al Re­ gno entro gli attuali confini; c) dal 19 15 al 1918 non furono computati i piroscafi di
  • 40. 22 stazza netta inferiore a 250 tonnellate; dal 1918 al 1923 non furono computati i piro­ scafi di stazza netta inferiore a 50 tonnel­ late; d) il tonnellaggio di stazza netta era determinato fino al 1905 col sistema Moor- som; con Legge 21 Dicembre 1905, n. 59° ’ fu adottato il metodo inglese stabilito dal « Merchant Shipping Act ». La prima cosa che si rileva è il netto pro­ filarsi di due movimenti: l’uno fortemen­ te ascensionale per il tonnellaggio delle na­ vi a vapore, l’altro discendente per le navi a vela. Ora sarà bene vedere in che pro­ porzione, rispetto al totale nazionale, il na­ viglio mercantile si trovi inscritto nei 13 compartimenti adriatici. Riportiamo i dati pubblicati per l’ultimo decennio: Tonnellaggio di stazza netta delle navi italiane Inscritte nel compartimenti adriatici Anno (al 31 Dicembre) a vela a propulsione meccanica semplici con motore ausiliario piroscafi motonavi 1924 31.638 549.414 ’ 25 30.470 568.303 ’ 26 28.942 609.048 ’ 27 28.183 627.224 ’ 28 25.461 649.194 ’ 29 18.170 7.639 487.480 140.719 ’ 30 16.968 9.359 471.307 159.213 1931 15.245 10.612 461.438 179.735 ’ 32 14.070 10.421 443.244 151.405 ’ 33 12.575 11.787 407.421 158.314 Come si vede confrontando questa ta­ bella con la precedente, il naviglio dei com­ partimenti adriatici è in media la terza par­ te del totale nazionale; solo nel 32-*33 si nota una contrazione sensibile nel tonnel­ laggio delle motonavi e dei piroscafi, veri­ ficatasi per Trieste e per Venezia, con una diminuzione media di 15-16.000 tonnel­ late all’anno. Troppo lungo sarebbe qui se­ guire la politica marittimo-armamentaria italiana, analizzando gli effetti che i prov­ vedimenti a fine nazionale hanno determi' nato sul nostro naviglio adriatico. Ricorde­ remo quindi solo alcune basi del program­ ma di perfezionamento italiano (1). Anzitutto il Governo nazionale ha im­ posto una logica disciplina ai servizi marit­ timi, contribuendo a stabilire regolarmen­ te quelle comunicazioni riconosciute indi­ spensabili, come naturale prolungamento delle linee ferroviarie, e provvedendo af­ finchè l’espletamento di tali servizi sia ef­ fettuato da navi di speciali caratteristiche, ma con tariffe ragionevoli. A tali fini non può naturalmente servire la marina libera, che si basa su principi di tornaconto im­ mediato; quindi lo Stato interviene diret­ tamente con aiuti finanziari, riservandosi un controllo sull’esercizio. La rete di tali linee indispensabili è sta­ ta stabilita definitivamente nel 1926; in ba­ se ad attento studio dei mercati più propizi alla nostra penetrazione commerciale, si è creato un sistema organico di linee utili, che, in uscita da Trieste, toccando gli altri scali nazionali, s’irradia nel mondo: con maggiore frequenza si verifica l’uscita dal Canale di Otranto verso il Levante e il Mar Nero, e, con frequenza progressivamente minore, verso il Mediterraneo occidentale, verso l’estremo Oriente e verso le Americhe. Non è possibile vedere ora quale quota di partecipazione sulla cifra destinata alle sovvenzioni venga distribuita per i servizi adriatici. Notiamo solo che, mentre prima della sistemazione del ’26 i servizi sovven­ zionati, sottoposti nel periodo postbellico al (i) V edi amplias : l'editoriale di COSTANZO C ia n o sul Popolo d ’ Italia» del 28 O ttobre X e quello di LU IG I L o JACONO sul Popolo d ’ Italia» del 28 Ottobre X II.
  • 41. 23 cosiddetto esercizio in compartecipazione che le Società effettuavano per conto dello Stato, importavano all’Erario una spesa di 3 1 7 milioni di Lire circa, e, ad esempio, nel 1922 la percorrenza totale era di miglia 4 milioni 398.623, effettuata da 162 navi, per tonnellate lorde 390.901, e con età me­ dia di 22 anni e 3 mesi, attualmente la flotta sovvenzionata, composta in tutto di 224 navi, di età media di 14 anni e 1 me­ se, con stazza lorda di 774.915 tonn., per­ corre un migliatico annuo di 7.142.144 mi­ glia e costa allo Stato solo 263 milioni di Lire. L ’efficienza dei servizi aumenterà certa­ mente in seguito alla attuazione di quel processo dt razionalizzazione che ha rag­ gruppato quasi tutta la flotta adriatica sov­ venzionata nei due potenti organismi: il Lloyd Triestino e la Adriatica. Tale pro­ cesso è suscettibile di ulteriore sviluppo nei riguardi delle linee minori. Poiché il movimento passeggeri, specie quello transoceanico, è svolto nella quasi totalità dai porti del Tirreno, evidentemen­ te le cure più attente nei riguardi della ma­ rina adriatica si sono dirette a dare impul­ so al traffico mercantile. Pertanto il Governo nazionale, median­ te la vigilanza affidata ad un apposito or­ gano parastatale, « Il Registro Italiano », e mediante le disposizioni del Regolamento di sicurezza, aderente alle norme delle Con­ venzioni di Londra del ’29 e ’30, ha mirato particolarmente a migliorare l’efficienza dal punto di vista tecnico. Tale programma è stato fortemente facilitato dall’assistenza dell’istituto di Credito Navale e, ancor più, dal Decreto del ’26, che ha per fine di sti­ molare il progresso tecnico del naviglio, ac­ cordando protezione maggiore alle costru­ zioni più perfette. Inoltre è stato istituito un compenso di armamento per navi di velocità superiore ai 14 nodi orari e sono stati at­ tuati due provvedimenti rispondenti a esi­ genze contingenti, che destinano premi di demolizione e premi di navigazione, in mo­ do che gli armatori italiani, oberati da mag­ giori oneri in confronto ai concorrenti este­ ri, siano in grado di far fronte alle riper­ cussioni della attuale depressione economi­ ca mondiale. Possiamo dunque concludere che la mari­ na mercantile italiana nell’Adriatico, come tutto il naviglio nazionale, resa tecnicamen­ te perfetta dalle benefiche cure del Regi­ me, è degna di provvedere alle comunica­ zioni marittime con efficienza maggiore che per il passato e con prospettive sempre più floride, relativamente, s’intende, alle con­ dizioni economico-commerciali del campo internazionale. La marina mercantile jugoslava sorse na­ turalmente quando la politica commerciale jugoslava si orientò alle rotte adriatiche, co­ me avremo occasione di vedere meglio in seguito. Il primo nucleo della marina mercantile jugoslava risale al Trattato di Versailles (1919) ed al successivo Accordo Bettolini- Trumbic (7 Settembre 1920), che provvide alla ripartizione fra le bandiere italiana e jugoslava di tutta la flotta mercantile ex austro-ungarica (vedi il « Bollettino Uffi­ ciale del Provveditorato al Porto di Vene­ zia », Marzo 1932). Furono allora assegnate al Regno S.C.S. 114.388 tonnellate, che au­ mentarono lentamente fino al ’25 (176.382 tonnellate); dopo quell’anno il progresso di­
  • 42. 24 venta molto più rapido (224.719 tonn. nel ’26; 254.247 nel ’27; 315.500 nel ’29). Dal « Lloyd’s Register of Shipping » (ed. ’34-’35) si rileva che al i ” Luglio 1934 la marina jugoslava era costituita da 357 migliaia di tonnellate lorde (0,54 °/0 del na­ viglio mondiale), così ripartite: 355.000 tonn. di piroscafi (0,66 %); 2.000 tonn. di motonavi (0,02 %) e poco più di 200 tonn. di velieri. Tale rapido aumento è in gran parte da attribuire alla assistenza che il Go­ verno ha dato alla marina e che, caratte­ rizzata in un primo tempo dalle sovven­ zioni, è notevolmente aumentata a datare dall’anno finanziario 1924^25, come dimo­ stra chiaramente il seguente prospetto: Anno finanziario N. delle linee Sovvenzioni cor­ rispostedall’Era- rio in Dinari M iglittico Dinari per miglia 1922-’23 48 13.700.000 756.954 11,77 1923-’24 51 11.250.000 674.892 16,63 l?24-’25 57 39.999.568 979.310 40,80 1925-’26 62 39.936.173 958.506 41,66 1926-’27 63 30.271.935 1.007.801 30.03 1927-’28 58 36.360.000 1.060.350 34,28 Con la Legge di Finanza del ’28-’29 il regime fu modificato, cosicché fu prevista — per un decennio — la sovvenzione an­ nua di 49 milioni e mezzo di Dinari, ripar­ tita nella seguente misura alle diverse So­ cietà: alla « Jadranska Plovidba » (58 piro­ scafi; 23.436 tonn. lorde; 6 linee regolari) 30 milioni e mezzo di Dinari; alla « Ragu- sea » o « Dubrovacka Parabrodska Plovid­ ba » (22 piroscafi; 44.476 tonn. lorde; 10 linee regolari) 11.250.000 Dinari; alla « Bo- ka » (8 piroscafi; 1.031 tonn. lorde; 9 linee) 7 milioni di Dinari; alla « Hum », 750.000 Dinari. Le compagnie si sono impegnate a man­ tenere durante il periodo predetto un certo numero di linee regolari ed a far costruire 24 navi per complessive 8.800 tonn. Ma a datare dal 1930 furono pure stipu­ late altre due convenzioni decennali: la prima — sovvenzione annua di 6 milioni di Dinari — con la Società « Oceania » per l’esercizio di una linea quindicinale celere Susak-Spalato-porti spagnoli (Barcelona- Valencia-Alicante) e ritorno, inaugurata un paio di anni fa, in seguito al noto Accordo commerciale Spagna-Regno S.C.S.; la secon­ da — 8 mil. e mezzo — con il «Jugoslaven- sky Lloyd», per la prima linea regolare col Sud America. L ’ « Oceania » si impegnava a costruire due piroscafi da 3-4.000 tonn. e 14 miglia orarie; il « Jugoslavenski Lloyd », 4 piroscafi da 8-x0.000 tonn. e 12 miglia di velocità. Ma l’assistenza non si è limitata alle sov­ venzioni, poiché la Legge 31 Maggio ’29 (Gazzetta Ufficiale n. 142, del 20 Giugno 1929) ha concesso alle aziende armatoriali ed ai cantieri in esercizio — a decorrere dai i° Aprile 1928 e per 12 anni — l’esonero dal pagamento delle imposte dirette sugli utili di esercizio e sugli edifici che servono alla gestione; esonero dalle imposte sul gi­ ro di affari; di tutte le addizionali, statali o del Banato o municipali; dei dazi di im­ portazione delle navi; dei diritti sui con­ tratti di noleggio, su quelli dei mutui ipo­ tecari, ecc. Di tali larghissimi esoneri trar­ ranno vantaggio anche le aziende armato­ riali ed i cantieri costituiti dopo il ’28, sem­ pre per 12 anni dal giorno successivo alla registrazione. Per completare il quadro dell’assisten­ za statale, occorre far menzione del proget­ to relativo agli aiuti alla costruzione nava­
  • 43. 25 le, che estende, in primo luogo, l’esonero fiscale predetto — quanto ai cantieri — si' no al 31 Marzo ’950; tale esonero concede ad essi cantieri, senza onere di canone, le zone demaniali marittime necessarie, l’im­ portazione in franchigia dei materiali oc­ correnti, nonché un compenso di costru­ zione per tonnellata lorda, variabile secon­ do il tipo di nave e secondo la maggiore o minore percentuale dei materiali nazionali adoperati. Un elemento di successo dell’ar- mamento jugoslavo è certamente costituito dal basso costo di esercizio derivato dal cam­ bio della valuta nazionale, dalle tabelle di armamento, dalla mancanza di oneri sociali e fiscali. Inoltre si deve notare che la marina in parola non è sfuggita al movimento di con­ centrazione caratteristico del dopoguerra; già pochi anni dopo l’armistizio, piccole compagnie di cabotaggio si erano fuse con la « Jadranska Plovidba »; nel ’28 poi si erano fuse la « Atlantska Plovidba » e la « Jugoslavenska Amerikanska Plovidba », costituendo il « Jugoslavenski Lloyd », con una flotta che attualmente conta 26 pirosca­ fi, per tonn. lorde 131.000 circa. Gli ultimi tre anni sono stati poco soddisfacenti per l’armamento jugoslavo, sul quale si è anche ripercosso il crollo della sterlina. Anche le società sovvenzionate hanno sofferto non poco; infatti, le eccessive spe­ se, fatte specialmente a fini politico-milita- ri, non hanno permesso al bilancio di pa­ gare le sovvenzioni. Secondo il « Novo Doba » di Spalato, del 27 Gennaio ’32, la « Jadranska Plovidba », essendo in credito per 30 milioni di Dinari, minacciava di so­ spendere i servizi se non pagata. Comunque, parecchio materiale di se­ conda mano e nuovo è stato recentemente acquistato all’estero. Furono poi costituite tre Compagnie, la cui flotta è formata da un solo piroscafo. Infine fu costituita a Susak la « fadran Bro- darsko », con tre piroscafi di circa 4.000 tonn. lorde l'una, ad opera di armatori in­ glesi di Newcastle, dove è rimasta la sede sociale, mentre naturalmente a Susak si è dovuta tenere una direzione sotto un sud­ dito jugoslavo amministratore, per poter ottenere il minor costo di esercizio e gli esoneri fiscali, concessi, appunto, con de­ creto della Direzione di Finanze di Zaga­ bria per il periodo 26 Ottobre 1931 -2 5 Ottobre 1943. #Ciò apre l’adito ad accennare all'interes­ se britannico negli affari marittimi jugosla­ vi, che mira a trarre vantaggio dalla poli­ tica di protezione svolta dagli organi am­ ministrativi nei riguardi del traffico marit­ timo adriatico. Tale interessamento degli istituti finanziari britannici si è verificato anche nella vendita a prezzo di favore da parte della « Royal Mail » al « Jugoslaven­ ski Lloyd » di un transatlantico di 17.000 tonn., destinato a compiere crociere, in un primo tempo lungo la costa dalmata e la Grecia, toccando in seguito anche Venezia ed Istambul. Ma l’interessamento britannico si è ri­ levato anche sotto altra forma: così i can­ tieri Carrow hanno acquistato nel '30, per riattrezzarlo modernamente, il cantiere di Kraljevica, che dal ’ 18 praticamente non lavorava più. Anche la Francia si interessa degli affari adriatici della Jugoslavia; infatti la So- ciété Anonyme des Ateliers et Chantiers
  • 44. 26 de la Loire » ha acquistato nel Marzo del ’31 gli impianti ed il bacino galleggiante del cantiere Marjan di Spalato, che è stato riat- trezzato ed ampliato con l’acquisto di un altro cantiere di riparazioni di Spalato: il <, Jug ». Accanto alla navigazione marittima è da ricordare la navigazione fluviale, che si svol­ ge quasi totalmente sul Danubio e quindi non presenta un interesse particolare pel nostro studio. Ci resta ora da dire qualcosa della ma­ rina mercantile ellenica, di cui però non ci dilunghiamo a considerare minutamente lo sviluppo, tanto più che essa partecipa al traffico totale adriatico di bandiera estera per il 25-27 °/0. Attingendo le notizie dal Bollettino del Porto di Venezia, riportia­ mo nella seguente tabella i dati riferentisi ad alcuni anni tipici, limitandoci ad osser­ vare che la marina ellenica ha subito, in se­ guito ai danni prodotti dal conflitto mon­ diale, una decurtazione di navi a propul­ sione meccanica del 64 % , cifra notevolis­ Tonnellaggio di stazza lorda del N aviglio Mercantile Ellenico Anno a vela a propulsione meccanica 1813 153.580 _ 1876 347.847 — 1912 101.459 600.000 1915 107.466 893.650 1919 80.000 175.650 1 >31 55.993 1.403.782 1933 49.000 1.411.000 1934 48.000 1.507.000 sima, specie se si pensa che la cifra relativa alla Germania raggiunge il 36,8 °/0. Vediamo dunque che la percentuale del naviglio greco a vapore raggiunge il 2,79% sul tonnellaggio mondiale, contro 0,66 della marina jugoslava, 4,19 della marina italiana. Altissima è la percentuale delle navi da carico, che, secondo le statistiche del 31 Di­ cembre 1930, costituiscono il 92,55 % del­ la flotta. Fra le varie categorie di tali navi, si trova poi che la più elevata pro­ porzione è raggiunta dal gruppo 3.001- 4.000 tonn.: 33.9 0 % ; segue il gruppo 4.001-5.000, col 31,22 °/0; il 5.001-6.000, col 12,6 4 % ; 3 soltanto sono i «cargo» superiori a questo tonnellaggio. Non vogliamo dilungarci a parlare delle singole società: ci limitiamo a far presente che predomina il piccolo armamento; infat­ ti il 74 % delle aziende armatoriali elleni­ che è costituito da armatori di una sola na­ ve, contro il 69,9 % in Danimarca, il 67 per cento in Italia, il 65 % in Olanda e Germania (dalla « Nautical Gazette », 14 Novembre 1931). Fra le caratteristiche meno confortevoli per la marina greca, sono da ricordare l’al­ ta quota del materiale invecchiato e la man­ canza di un società nazionale per le assi­ curazioni, che vengono totalmente coperte dal Lloyd britannico. Fra i vari progetti per una sistemazione organica della marina mercantile ellenica il più notevole è senza dubbio quello espresso dalla Commissione extraparlamentare pre­ sieduta dal Michelacopulos. Di tale dise­ gno, veramente razionale e degno di ogni considerazione, fanno parte la creazione di una società assicuratrice nella proporzione del 30 % e la fondazione di un « Istituto di Credito Marittimo », per la concessione di mutui. Norme speciali vengono istituite per la marina transatlantica e per quella da pas- seggeri; ma la proposta che più direttamen­
  • 45. 27 te interessa il traffico adriatico è quella di assistere indirettamente, a mezzo di eso­ neri fiscali, la marina da carico. Concludendo, la flotta contribuisce alla bilancia commerciale greca con un utile net­ to di oltre i milione di Sterline circa, cui so­ no da togliere circa 100.000 Sterline per gli interessi sui prestiti con garanzia ipotecaria, ed aggiungere 5 o 600 mila Sterline di salari degli equipaggi, che vengono annualmente rimesse in Patria; si ha quindi un utile net­ to superiore in media a 1.400.000 Sterline all’anno. Anche la classe armatoriale greca ha ri­ sentito sinistramente degli effetti della de­ pressione economica; infatti, negli ultimi anni, la media dei disarmi ha oscillato fra il 15 e il 18 % . Da quanto si è detto risulta all’evidenza che la marina italiana si trova in posizione di indiscusso e indiscutibile predominio nel bacino dell’Adriatico. A rendere più sensibile la concorrenza svolta dalle macine straniere a quella ita­ liana, contribuisce l’incremento potente da­ to dal Governo albanese ai suoi porti. Tut- tavia, per il carattere montagnoso del ter­ reno, che ostacola assai le comunicazioni interne, ed il numero degli abitanti (un milione circa), l’entità del traffico maritti­ mo albanese è poco rilevante. Dei princi­ pali porti albanesi: Scutari, Durazzo, Va- lona e Santi Quaranta, Durazzo è destina­ to ad assorbire quasi tutto il commercio di importazione albanese proveniente dalla costa della Puglia. Interessante è considerare l’importanza eccezionale che il principale porto puglie­ se, Bari, ha nel commercio con l’Albania. Questo Paese, infatti, mancando di un grande centro che rifornisca il mercato in­ terno, si rivolge all’emporio italiano per la maggior parte delle sue forniture. I bisogni, relativamente limitati per la popolazione a non alto tenore di vita, rendono conve­ nienti gli acquisti in piccola quantità di­ rettamente a Bari e alimentano un com­ mercio che raggiunge parecchie decine di milioni di Lire ogni anno. Si tratta di cen­ tinaia di voci, alcune delle quali per quan­ tità limitatissime, che, col loro numero, danno una idea della frequenza degli scam­ bi commerciali fra le due sponde. Ad ogni modo, oltre il 50% del traffico italo-albá­ ñese si concentra a Bari. Naturalmente il commercio con l’Alba­ nia non è che una parte del traffico marit­ timo che Bari ha con i Paesi del Levante, i cui rapporti con l’Italia vanno vieppiù in­ tensificandosi. L ’accrescimento rapido e co­ stante del porto in parola è favorito dal fatto che Bari, per la sua felice posizione, è divenuto anche un importante centro di collocamento della produzione italiana. I rapporti con la Jugoslavia e la Grecia so­ no pure notevoli e si basano principalmen­ te sullo scambio di materie prime e pro­ dotti agricoli con manufatti. Tale movi­ mento, già così intenso, non ostante la crisi che attanaglia i Paesi d’Oriente, è destina­ to ad aumentare vieppiù, man mano che la situazione economica mondiale tenderà a normalizzarsi. La quasi totalità di tali scambi, come in genere i commerci con il Levante mediter­ raneo, si compie con navi battenti bandiera italiana, greca o jugoslava. Appunto per tale ragione ci siamo diffusi ad analizzare la consistenza di queste tre marine mercantili.
  • 46. 28 7- Tra le caratteristiche del traffico adria- tico possiamo notare la corrente di trai- fici, che chiameremo longitudinali, tra il gruppo dell’Alto Adriatico e le coste orien- tali, e due correnti, che diremo latitudinali, l'una fra la Dalmazia e le Marche, l’altra fra la Puglia e l’Albania, Agli effetti del nostro studio, solo la pri­ ma di tali correnti riveste importanza, men- tre le due correnti latitudinali, essendo di minore entità data la economia delle re­ gioni, interessano soltanto in quanto eserci­ tano influenza concorrente con quella dei porti dell’Alto Adriatico. Ma a questi traf­ fici interni del nostro bacino sovrasta per entità la corrente di transito che, supera­ to il Canale d’Otranto, si dirige all’Orien- te e ai Paesi transoceanici. In questa corrente di transito interna­ zionale sta la vera chiave di volta del pro­ blema dell’Alto Adriatico: si è già detto che Venezia, Trieste e Fiume possono svol­ gere la loro azione di attrazione dei traffici centroeuropei all'Adriatico oggi meglio di ieri; al fine di dimostrare il nostro asserto, crediamo opportuno di passare in rassegna minuta i porti adriatici, per prospettarne anche i caratteri salienti, la consistenza in atto o potenziale e la funzione in rapporto al dominio immediato o fluitante- La naturale divisione delle correnti di traffico ci porta a classificare i porti in: a) porti dell’Alto Adriatico; b) porti dell’A ­ driatico Occidentale; c) porti dell’Adriatico Orientale. Degli empori di queste due ul­ time classi proporremo un esame di scor­ cio, per rilevare solo la possibilità o meno di concorrenza con i centri dell’Alto A- driatico. Nella seconda parte del presente saggio prenderemo analiticamente in esame i porti dell’Alto Adriatico, per studiarne le condizioni geografico-ambientali, l’attrez­ zatura tecnico-meccanica e lo sviluppo del traffico mercantile marittimo nell’ultimo trentennio, con particolare riguardo agli ef­ fetti della concorrenza jugoslava. Anche gli empori occidentali ed orientali saranno da noi brevemente considerati, per presentare una visione il più possibile organica della attuale situazione economica adriatica.
  • 47. N O T A B IB L IO G R A F IC A Abbondantissima è la letteratura: ricordiamo solo quelle opere che abbiamo avuto particolar­ mente presenti, o ci sembrano interessanti per sviluppi analog ci o consderazioni cr.tiche più o meno antitetiche. Così per la parte generale si ricorda: U . Morichini: « Il bacino adriatico e la Dalmazia », Roma, Libreria del Littorio, 19 32; del medesimo; « Civiltà mediterranea», Monda- dori, 19 28 ; M . Alberti: «Adriatico e Mediter­ raneo», Milano, 1 9 1 5 ; (del medesimo ricordiamo anche : « La Dalmazia, il suo valore economico e politico e l’Italia», Roma, 19 15 ; « La fortuna economica di Trieste e i suoi fattori », Trieste, 1 9 13 ; « L a conquista di Trieste», Roma, 19 14 ; « Trieste e la sua fisiologia economica », in Ri­ vista delle Soc. Commerciali, Luglio-Dicembre 19 15 ); nei « Quaderni federali delle Tre Vene­ zie », 1926 , è molto pregevole il « Saggio sul­ l'ordinamento adriatico », di M. Griffini; del medesimo ricordo il « Saggio sull’assetto econo­ mico di Fium e», Roma, 19 2 1; G. Cassi: «Il mare Adriatico», Milano, 1 9 15 ; C. Vellay: « La question de l’Adriatique », Parigi, 19 15 : C. Di Cesari) : « T h e Adriatic question », Londra, 19 17 ; Italiens Senator: « L a question de l’A - driatique »; L. Lu iggi: « I bisogni dei porti adria- tici », Venezia, 19 19 : L. Luzzatti: «P er l’A ­ driatico », al Convegno adriatico nazionale, V e ­ nezia, 19 19 ; ricordiamo anche gli « Atti del Con­ gresso della Marina mercantile e della Lega N a­ vale », Venezia, 19 19 ; Adriacus: « L a Ques­ tion Adriatique », Recueil de documents officiels par Adriaticus, Parigi, 1920; Id .: « D a Trieste a Valona - Il problema adriatico e i diritti ita­ liani », Milano, 19 18 ; di B. Frescura ricordia­ mo : « Il problema dell’Adriatico », Genova; E. Lémonon: « L ’ Italie d ’après-guerre (i9 i4 -’2 i) » , Parigi, 19 22; Id .: « L a nouvelle Europe cen­ trale et son bilan économique (i9 i9 -’3o) », Parigi 19 31 ; vedi anche gli Atti della Commis­ sione per il dopoguerra - Sottocommissione eco­ nomica : « I problemi economici urgenti », Roma, 19 19 ; * * * (O. Randi): « L ’Adriatico», Milano, del medesimo si ricordi: « L a Jugoslavia», Napoli, 19 22; « I popoli balcanici », Roma, 1928 ; T . Sillani : « Mare Nostrum », Milano (Alfieri); del medesimo; «Capisaldi» (Il proble­ ma adriatico e la Dalmazia, Milano, 19 18 ; L ’I­ talia e l’Asia Minore, 1920); A . Solm i: « L ’A ­ driatico e il problema nazionale », Roma, 1920; Tomaso Sillani ha anche curato il volume su « L ’Italia e il Levante », in cui ricordiamo parti­ colarmente « I porti dell’Alto Adriatico nella po­ litica dell’espansione italiana nel Levante », di G. Stefani, Bari, 19 34 ; A. Tam aro: « L ’Adria­ tico golfo d’Italia - L ’italianità di Trieste», M i­
  • 48. 30 lano, 19 15 ; (de] medesimo ricordo: «Italiani e Slavi nell’Adriatico », Roma, 1915; « La Vénétie Julienne sur les frontières orientales », Roma, 19 19 : « Raccolta di documenti sulla questione adriatica », Roma (nella Rivista Polit:ca)i, 1920; « La lotta di Fiume contro la Croazia », Roma; « La lotta delle razze nell’Europa danubiana », Bologna, 1923); G. Dainelli: «Fium e e la Dal­ mazia» (particolarmente il Capo II), U .T .E .T ., 19 25; del medesimo: « L a Dalm azia», Novara, 19 18 ; « La regione balcanica », Firenze, 19 22; M. Angelini; « Il nuovo Stato cecoslovacco e i porti italiani», Roma, 19 19 ; G. Stuparich: « L a Nazione Ceca », Napoli, 19 22; G. Arias: « Porti italiani e porti del Nord », in « Rivista delle So­ cietà commerciali », Roma, e « Principi di eco­ nomia commerciale», Milano, 19 17 ; Auerbach: « Races et Nationalités d’Autriche-Hongrie », Pa­ rigi, 19 17 ; notevole interesse presentano anche due opere di noti stranieri : C. Benoist : « Les lois de la politique française », Parigi, 1928; E. Benes: « L a Boemia contro l’Austria-Unghe- ria », Roma, 19 17 ; F. Caburi: «Italiani e Jugo­ slavi nell’Adriatico», Milano, 19 19 ; J. Cvijic: «Studio sull'italianità della Da!m azia»; B. Cu­ rie: « Privrada i radnici u Dalmacija »; A . D ’A - lia: «La Dalmazia nella storia, nella politica, nella guerra, nella pace», Roma, 1928 ; F. Coppola: « L a politica della Pace», Bologna; Id .: « L a pace coatta », M lano, 1929; D. De Am - brosis : « L ’Italia Padano-Adriatica » (Monogra­ fie di Geografia militare nazionale), Genova, 19 25 ; S. Fournol: «G li eredi della successione d'Austria», Milano, 19 18 ; M. U dina: « L ’estin­ zione dell’impero austro-ungarico nel diritto in­ temazionale », Trieste, 19 33 ; B. Frescura: « Il Trattato di Rapallo ed i rapporti economici fra l'Italia e la Jugoslavia» (dalla Vita Marittima e Commerciale, 1922); id.: «Sulla questione della Siidbahn », 1920; di G. Fusinato: « Il regime tecnico ed economico del Danubio nei riguardi del traffico marittimo dell’Adriatico », Trieste, 19 22; il Griffini ha uno studio su « L ’Ungheria odierna », Roma, 19 2 2 ; A . Hodnig uno su « L ’U n ghera e i Magiari »; V . Tissot pubblicò a Parigi, nel 1883, « La Hongrie de l’Adriatique au Danube »; R. Pernice scrisse nel 19 15, a M i­ lano, de « L ’origine ed evoluzione storica delle Nazioni Balcaniche»; sull’argomento ricordo: M. Newbigin : « Geographical Aspects of Bal- kan », Londra, 19 15 ; due anni dopo, a Parigi, L. Leger pubblicò « Le Panslavisme et l’intérêt français » ; A . Mousset, nel ’22, a Parigi, Office National du Commerce Extérieur : « Le Royau­ me des S. H . S. »; F. Musoni a Firenze, nel 19 23; « La Jugoslavia », Profilo etnico, enigmi­ stico, economico; P. Rencer: « L a Jugoslavia economica e gli interessi italiani nei rapporti con la Jugoslavia»; G . Paresce: « Italia e Jugo­ slavia dal 19 15 al 1929 »; Firenze, 19 35; W . Warren : « Gli Slavi nell’Adriatico », Parigi, 19 18 : Z . C. : «G li sbocchi naturali della Jugo­ slavia all'Adriatico», 19 19 ; A . Gauvain : « L a question yougoslave», Parigi, 19 18 ; I. Juras: « Pregled gospodarstva i trgovine Dalmacije », Spalato, 19 23; M. M arcic: <• Gospodarski polozaj Dalmacije u Jugoslaviji », Spalato, 1920; S. Osterman : « Italija i Jugoslavia na Jadranu », Zagabria, 1920; dello stesso ricordo anche: « Rijeka i Jugoslavia », Zagabria, 1920; F. Salata : « Le mouvement yougoslave en Au- triche-Hongrie pendant la guerre », Parigi, 19 19 ; del medesimo: « Il diritto d'Italia su Trieste e l'Istria », Roma, 19 15 ; P. Senjanovic : « Dalmatinska zeljeznica u Jugoslaviji »; P. So- kolovich : « Le problème italo-slave », Parigi, 19 15 ; Seton-Watson : « German, Slave and M agyar», Londra, 19 16 ; Id. : « T h e Balkans, Italy, and thè Adriatic », Londra, 19 15 ; F. Bay- lon : « Lo sviluppo economico della Dalmazia in relazione a quello dell’Italia », Venezia, 19 24 ; G. Prezzolini: « L a Dalm azia», Firenze, 19 15 ; L. Lakalos : « Industria Dalmacije », Zagabria, 1922. Per quanto concerne i trasporti in relazione alle esigenze tecnico'portuarie, ci limitiamo a ricordare : G. Roletto : « Porti, Cantieri e Navi d’Italia», Brescia, 19 34 ; E. Cucchini: « I porti marittimi in relazione alle esigenze dei traffici m oderni», Milano, 1 9 1 1 ; F. Tajani: « I tra­ sporti sotto l’aspetto economico », Milano, 19 32 ; G. Fries: «M arina da carico adriatica», Vene­ zia, 19 19 ; G . Supino: «Rapporti fra lo Stato e la Marina mercantile », Roma, 19 19 . Per l’at­
  • 49. 31 tuale economia dei trasporti dei singoli empori, vedi le note bibliografiche delle parti seguenti. M. Dewavrin (del quale ci piace ricordare l'o­ pera : « Les Ports et leurs fonctions économi- ques », Louvain, 1910) dimostra col suo lavoro su « Les ports de Trieste, Fiume et Venise », pubblicato a Louvain nel 19 19 , l’interessamento degli studiosi stranieri al problema de i nostri porti nell’immediato dopoguerra. N el voi. IV , neli’Archivio di Stato, il Marin tratta la « Storia civile e politica del commercio dei Veneziani ». E. M usatti: « Per la storia di Venezia », Padova, 1909, e « Cenni storici sul commercio di Vene­ zia » ; Ministero della M arina: «Monografia storica dei porti dell’antichità nella penisola ita­ liana », Roma, 1905; P. Foscari; «P er il più largo dominio di V enezia», Milano, 19 17 ; C. Battistella : « Relazione sull’avvenire del porto di Venezia », Camera di Commercio di Venezia, 19 19 ; G . Luzzatto: «li porto di Venezia e il suo retroterra », Venezia, 19 2 3 ; G. Giuriati (ju­ nior): « Il porto di V enezia», Venezia, 19 24; A . R. Toniolo: « Il nuovo retroterra commer­ ciale di Venezia in confronto a quello di Geno­ va e di Trieste », al Congresso Geografico Ita­ liano, Firenze, 19 2 1. Per lo studio de il porto di Trieste, si veda: P. Gribaudi: « Il porto di Trieste e la sua funzione geografica », in Riv. Soc. Geogr. It., 19 17 ; G. Costantin Jangakis: « L e port de Trieste avant et après la revolution de la Monarchie austro- hongroise », Bologna, 19 23; ma particolare atten­ zione merita lo studio di A . Chiaruttini: « L a funzione economica del porto di Trieste», V e ­ nezia, 19 2 3 ; l’istituto di Geografia della R. U ni­ versità di Trieste ha pubblicato nel ’3 1 la « Gui­ da per il commercio con il Levante », a cura di G . Roletto e M. Vergottini; sull’argomento ri­ cordo anche : « Le développement économique de Trieste », Parigi, 19 3 1, di G. Roletto; C. Mo- schitti: « Mercati d’Oriente », Napoli, 19 23 (fuo­ ri commercio); R. Babich: « L a concorrenza fra Trieste e Fiume nell’anteguerra », Venezia, 19 2 3 ; L . C. Moier : « Der Karst und seine Hohlen », Trieste, 1896. Notevoli, a scopo storico, i « Cenni sulle con­ dizioni commerciali di Fium e», Fiume, 1880; F. Rachi : « Fiume gegenüber von Croatien », Zagabria, 1869; R. H orvat; «Storia politica della Città di Fiume », Fiume, 19 18 ; S. Gigante: « Storia del Comune di Fiume », Firenze, 1928; A . H odnig: «Fium e e i baluardi delle Giulie», Roma, 19 17 ; dello stesso: «Fium e italiana e la sua funzione antigermanica », Roma, 19 17 ; I. Baccich : « Fiume, il Quarnero e gli interessi italiani nell’Adriatico », Torino, 19 15 ; C . Batti­ sti : « Il sacro diritto di Fiume ad essere unita all’Italia», Bologna, 19 14 ; del Burich: «Fium e e l’Italia», Torino, 1 9 1 5 ; V . Scialoia: « L a po­ sizione giuridica di Fiume » (Rass. »tal., a. II, vol. II, fase. IX), Roma, 19 19 ; notevole il « Li­ bro Verde », sui negoziati diretti fra il Governo italiano e il Governo jugoslavo per la pace adria- tica, Roma, 19 21 (ricordiamo anche quello sui « Documenti diplomatici presentati dal Ministro Sonnino al Parlamento italiano », Milano, 19 15 ; E . Susmel: «Fium e attraverso la storia», M i­ lano, 19 2 1; del medesimo ricordo anche; « Il porto di Fiume » e « La Città di passione », M i­ lano, 19 2 1; A . Ossoinak: «Perchè Fiume deve essere italiana». Fiume, 19 19 ; dello stesso: « Perchè Fiume deve essere porto franco », Fiu­ me, 19 2 1; di G. D ’Annunzio: «Disegno di un nuovo ordinamento dello Stato libero di Fiu­ me », Fiume, 1920 ; C. Zoli : « Le giornate di Fium e», Firenze, 19 2 1; interessanti anche il Bollettino della Deputazione fiumana Storia pa­ tria e il Bollettino Ufficiale del Comando d’A n ­ nunziano di Fiume; di A . Depoli: « Il diritto storico ed etnico di Fiume di fronte alla Croa­ zia », Fiume, 19 19 ; del medesimo: « Il confine orientale di Fiume e la questione del Delta e della Fium ara», Fiume, 19 2 1; «Porto Barros », Fiume, 19 2 1; G. Benedetti: « Fiume, Porto Bar­ ros e il retroterra », Roma, 19 22; ricordo pure del Benedetti : « Italia e Jugoslavia dopo il patto di amicizia », Roma, 1924, e « La pace di Fiu­ me. Dalla conferenza di Parigi al Trattato di Rom a», Bologna, 19 24 ; E. Cim bali: «Gabriele d’Annunzio prima e dopo il Trattato di Rapai- Io», Catania, 19 31? per quanto riguarda i Trat- tati cui s’è fatto cenno, si veda: A . Giannini: « Il Trattato di Rapallo al Parlamento italiano », Roma, 19 2 1; « Il Trattato di Rapallo nei com­
  • 50. 32 menti della stam pa», Roma, 19 2 1; «Fium e nei Trattato di Trianon », Roma, 19 2 1; «Raccolta di Trattati ed Accordi per la pace adriatica », Roma, 1924; « La questione di Porto Barros e gli Accordi di Santa Margherita al Parlamento italiano », Roma, 19 23; « Gli Accordi di Santa Margherita», Roma, 19 23; «T rattati ed A c­ cordi per l’Europa danubiana », Roma, 19 23; « Documenti per la storia dei rapporti fra l'Ita­ lia e la Jugoslavia », Roma, 19 34 ; L. Federzoni: « Il Trattato di Rapallo », Bologna, 19 2 1; « Porto Barrcs », Fiume, 19 2 1; su « L a restaurazione del Patto di Londra e la difesa di Fiume » ha scritto Forges Davanzati (Roma, 1920); dell’Associazione Nazionalista Italiana: « I d ritti dell’Italia alla Conferenza della Pace », Roma, 19 19 ; P. Orano: « L ’Italia e gli altri Stati alla Conferenza della Pace», Bologna, 19 3 r; S. Shishich: « Jadransko pitanje na Konferencij mira u Pa- rizu, Zbirka akata i dokumenatata », Zagabria, 1920; U. Silvagni: « Les révendications natio- nales italiennes au Congrès de la Paix », Roma, 19 19 ; « Italy’s great war and national aspira- tion », a cura di Hodnig, Sillani, Alberti, Corsi, Tamaro, Tolomei, Milano 19 18 ; A . Tardieu: « La Paix », Parigi, 1 9 2 1; T . Tittoni-V. Scialoia: « L ’Italia alla Conferenza della Pace », Roma, 19 2 1; per le vicende parlamentari del periodo storico considerato, ricordiamo: Hautecoeur: « L ’Italie sous le Ministère Orlando », Parigi, 19 19 ; G . Giolitti: «M em orie della mia vita», voi. II, Milano, 19 22 ; A . Salandra: «Discorsi sulla guerra », Milano, 19 22: notevole interesse presenta la lettura di « U n anno di politica este­ ra », di C. Sforza, Roma, 19 2 1; gli Atti parla­ mentari contengono importanti Relazioni sugli argomenti da noi trattati, come il famoso D i­ scorso del Senatore A . Grossich (1923).
  • 51. P A R T E S E C O N D A
  • 52.
  • 53. traffico m a rittim o n ei v ari porti 1. Analisi del traffico attraverso il porto di Venezia, prima e dopo la guerra m on diale...........................pag. 2. Le correnti del traffico triestino nell’ultimo venticin­ quennio ..........................................................................„ 3. Le condizioni economiche di Fiume, con riferimento allo scalo di S u s a k ........................................................ 4. Le fluttuazioni stagionali come indice del carattere del porto e del suo re tr o te r ra ................................„ 5. L’importanza dei porti minori nei vari settori del­ l’Adriatico; la funzione di R a v e n n a ............................. 6. La possibilità che i porti della costa orientale ed oc­ cidentale svolgano attività concorrente con quella degli empori alto-adriatici.......................................... ....... 7. La posizione dei porti jugoslavi nel traffico adriatico: il movimento di S u sak ................................................„ 8. Lo sviluppo commerciale del porto di Sebenico . . ,, 9. L’attrezzatura del porto di Spalato e il traffico ma­ rittimo ....................................................................................... 10. Le condizioni economico-ambientali deH’emporio di Ragusa e lo sviluppo del suo movimento . . . „ Nota bibliografica...................................................................... 37 47 55 62 64 67 69 75 79 86 89
  • 54.
  • 55. i. Venezia si presentò nella lotta eco­ nomica mondiale, a causa della rivoluzione operata nei mezzi di trasporto, in condi­ zioni di assoluta inferiorità, sia nei con­ fronti della sua funzione nazionale, sia nei riguardi della sua funzione di intermedia­ ria fra l’Oriente e l’Europa centrale. Benché interessantissimo, dobbiamo tra­ lasciare per ovvie ragioni l’esame del traf­ fico affluito al porto di Venezia nel quaran­ tennio che possiamo chiamare iniziale del suo esercizio, in quanto condizioni geogra­ fiche, politiche ed economiche non consen­ tivano che lo scalo lagunare potesse am­ pliare il suo respiro per tutta la capacità dei suoi polmoni. Riguardo all’attrezzatura del porto in pa­ rola, è fuor di dubbio che si provvide con ragionevole cura solo negli anni immediata­ mente precedenti la guerra e dopo il 1922. Dalla seguente tabella appare il raffron­ to tra gli impianti esistenti nel 1919, quasi identici a quelli prebellici, e quelli realiz­ zati alla fine del ’23. Meccanismi esistenti nel porto di Venezia Gru idrauliche Gru elettriche da tonn. } 1,5 < 10 -20 1 1,5 1,5- 3 3- - 6 10 -20 15 -30 Scaricatori a ponte Elevatori per cereali Montacarichi a ) I d r . Argan. ( g , Trasportatori a teleferica Totale meccanismi 3 1 0,4 1,5 Numero 1919 ’23 '34 52 73 7 9 42 3 1 1 4 8 23 1 102 Potenzialità di sollevamento installata 1919 ’23 15 20 3 48 12 8 0,4 15 121,4 10,5 81 6 20 30 8 12 8 33 208,5 ’34 7 13.5 128 15 20 30 12 12 8 34.5 3,7 283,7 Inoltre le banchine da 4.150 mq. sono salite a 4.226; le calate sono restate in 41.436 mq.; gli impianti ferroviari sono saliti da 82.000 a 94 000 m. Pur restando imprecisabile l’area del porto, a causa della
  • 56. 38 speciale configurazione di Venezia, che non permette di precisare tali dati, le aree occupate da magazzini per depositi di mer- ci hanno subite le seguenti variazioni: Aree del magazzini esistenti in mq. Anno In muratura in legno Totale Ordinari Punto franco Da ricostruire in muratura 1919 16.426 5.300 10.180 31.906 1 23 29.296 13.710 2.101 45.107 * 34 54.430 13.710 — 68.140 Appare dai dati esposti che l’organiz- zazione portuale è negli anni presi in esame sensibilmente migliorata, essendo più che raddoppiata la potenzialità di sollevamento installata, aumentati i magazzini, perfezio­ nati i servizi; tanto che si calcola che la ra­ pidità media giornaliera di scarico delle merci alla rinfusa potesse arrivare nel ’24 alle 800 tonn., contro una cifra inferiore alle 500 tonn. neH’anteguerra. In questi ultimi anni, con l’eliminazione di talune gravi deficienze, specialmente per quanto riguarda l’esportazione, con l’ampliamento di magazzini, con l’aumento di mezzi di carico e di trasporto dalle aree coperte a banchina, col perfezionamento dei sistemi di trasbordo; tali servizi sono perfettamente adeguati alla organizzazione ed alla neces­ sità di un grande porto moderno. Si calcola che oggi la predetta media giornaliera di 800 tonnellate possa superare le 1.000. Riteniamo ora opportuno, prima di ana­ lizzare le attuali correnti di traffico, fer­ marci a considerare le condizioni nell’im- mediato dopoguerra, ponendole a raffronto con quelle del periodo prebellico, per osser­ vare, sia pur brevemente, quali conseguen­ ze la guerra mondiale abbia avuto per il commercio veneziano e come la nuova con­ formazione politica ed economica influisca su di esso. Riportiamo, nel prospetto se­ guente, le cifre relative al movimento com­ merciale di Venezia. Naturalmente non possiamo dilungarci ad esaminare le correnti di traffico partita- mente per ciascun anno; pertanto ci servi­ remo, per i confronti, delle medie quin­ quennali, al fine di eliminare le irregolari ed accidentali fluttuazioni annuali, pur ri- serbandoci di mettere in evidenza singolar­ mente le peculiarità di un certo interesse. Anno Merce arrivata e partita (In tonnellate) Via mare Via terra 1909 2.702.833 1.472.877 ’ 10 2.669.542 1.578.148 ’ 11 2.743.403 1.525.365 ’ 12 2.881.839 1.660.338 ’ 13 2.662.835 1.449.785 Media 1Q09-’ 13 2.732.090,4 1.537.302,6 1919 1.265.603 998.315 ’20 1.270.526 1.119.045 ’21 1.656.676 1.344.966 ’22 1.735.499 1.358.657 ’23 2.013.854 1.639.126 Media 1919-’23 1.588.431,6 1.292.021,8 Nel quinquennio i909-’ i3, si nota una stasi, che deriva dalla saturazione della po­ tenzialità del porto, il quale non è più in grado di offrire all’afflusso delle merci con­ dizioni vantaggiose, che consentano al traf­ fico quella libertà di movimento, rapidità
  • 57. 39 di operazioni ed economia, che sono ad esso necessari. La ripresa del movimento commerciale nel dopoguerra, come si è notato, fu assai lenta e faticosa: in particolar modo poi quella del traffico adriatico, più duramente colpito dalla guerra prima e poi dallo scon­ volgimento economico dei Paesi che prin­ cipalmente lo alimentavano. Numerose, e in parte già ricordate, furo­ no le cause di debolezza dei porti adriatici, e di Venezia soprattutto, che tuttavia do­ po il 1920, attenuandosi le cause in parola, sia pure con lento progresso, andò riacqui­ stando la sua funzione regionale e nazio­ nale. Il carattere della ripresa del traffico veneziano nel dopoguerra può essere rile­ Anno Merce arrivata e partita (percentuali) Via mare Via terra Media 1909-’13 100 ICO 1919 46,32 64,94 ’20 46,50 72,79 ’21 60,64 87,49 ’22 63,52 88,38 ’23 73,71 106,62 Media 19l9-’23 58,14 84,04 vato dai raffronti in percentuale sulla me­ dia del quinquennio 1909-’ ! 3. Si nota subito che, mentre il movimento ferroviario ha ripreso l’intensità d’ante­ guerra, il commercio marittimo ha raggiun­ to appena il 73.71 per cento, rispetto alla media del quinquennio 1909-’ !3. Se poi esaminiamo il rapporto fra im­ portazione ed esportazione, abbiamo il pro­ spetto raffrontativo riportato qui di fianco. Movimento delle merci in tonnellate Anno Importazione Esportazione Rapporto p er­ centuale tra Imp. ed Esp. 19C9 2.348.417 354.416 15,09 ’ 10 2.335.443 334.099 14,31 ’ 11 2.404.625 338.778 14,09 ’ 12 2.498.564 383.275 15,34 ’ 13 2.286.375 376.460 16,46 Media 1909-’ 13 2.374.684,8 357.405,6 15,05 1919 1.095.150 170.453 15,56 ’20 1.138.801 131.725 11,57 ’21 1.547.590 109.086 7,05 ’22 1.577.887 157.612 9,99 ’23 1.850.731 163.123 8,81 Media 1919-’23 1.442.031,8 146.399,8 10,15 Rapporto % fra le Medie 60,72 40,96 Appare subito che Venezia è sempre stata uno scalo di importazione e che nep­ pure la guerra ha potuto modificare tale suo carattere. Questo dipende naturalmen­ te dalla funzione regionale ed industriale dello scalo veneziano; infatti notiamo una diminuzione da 15,05 a 10 ,15 nel rappor­ to percentuale fra esportazione ed impor­ tazione nei due quinquenni presi in esame, perchè la zona di influenza per mezzo di ferrovia è aumentata, a causa dello sposta­ mento del confine al di là della Venezia Giulia, e perciò è minore la quantità di merci che ripartono per via mare. Le im­ portazioni sono infatti costituite per la mag­ gior parte da materie prime e semi-lavorate per industria e da generi alimentari di pri­ ma necessità; quindi merci povere, pesanti ed ingombranti, tra le quali nel periodo