2. Ricerca sull’efficacia comunicativa del convegno
“Le ragioni della sinistra”
Ricerca a cura di
OCP
Osservatorio sugli eventi della Comunicazione politica e culturale
supervisore della ricerca
prof. Alberto Abruzzese
coordinatori della ricerca
prof. Daniele Pittèri
Prof. Stefano Cristante
gruppo di lavoro
Marco Binotto
Francesco D’Amato
Monica Maiorana
Andrea Miconi
Davide Pitzalis
Pier Francesco Scotti
Ramon Sembianza Dos Santos
Roma, 19 marzo 1999
2
3. Sommario
Executive Summary
Premessa
Analisi ambientale
Convenuti
Età media
Genere
Aspetto
Comportamento
Analisi tematica
Società e istituzioni
Sistema elettorale
Referendum
Leaderismo
Destra
Identità della sinistra
Europa
Imprese
Ricerca scientifica
Scuola
Previdenza
Giustizia
Razzismo
Stati Uniti
Media
Analisi relazionale
Aspettative ed esiti
Interazioni
Analisi stilistica
Della presidenza
Degli interventi
Valutazione d’impatto
Strategia
Struttura
Sistema gestionale
Cultura
Conclusioni
Considerazioni strategiche
3
4. Executive Summary
Obiettivi
Muovendo dall’analisi del convegno ‘Le ragioni della sinistra’, la presente
ricerca si propone di compiere una analisi comunicativa delle modalità
espressive di una porzione della sinistra italiana, di individuarne i punti di forza
e le eventuali debolezze e di suggerire alcuni elementi strategici da perseguire in
termini di efficacia comunicativa finalizzata all’allargamento della base di
audience.
Metodologia
Il metodo seguito è stato quello della lettura multilivello del convegno. Ciascun
componente del Gruppo di ricerca ha assistito all’evento ponendosi in una
condizione d’ascolto esclusiva, tesa all’analisi di un solo aspetto specifico.
I piani di lettura secondo cui si è svolta la ricerca sono:
Ambiente
Temi
Relazioni
Stili
Successivamente è stata compiuta una analisi trasversale dei singoli temi, analisi
che ha tenuto conto anche dell’esposizione sui media prima e dopo il convegno.
Da tale analisi sono state tratte delle valutazioni di impatto e delle conclusioni
generali sulle modalità comunicative utilizzate.
Infine, muovendo conto delle analisi compiute, si sono avanzate delle
considerazioni strategiche tese alla focalizzazione e al raggiungimento degli
obiettivi della presente ricerca.
Conclusioni
Esse evidenziano fondamentalmente gli aspetti comunicativi del convegno,
secondo due ottiche: una interna ed una esterna. Da un punto di vista interno si
riscontra una sostanziale efficacia, generata dalla condivisione di vari elementi
di ordine culturale, ideologico e linguistico-gergale. Da un punto di vista esterno
si riscontra al contrario una assoluta non efficacia, fondata esattamente sugli
stessi elementi, tenendo conto che il panorama di potenziali ascoltatori non
condivide la medesima cultura, la medesima struttura ideologica, il medesimo
lessico, ma condivide invece - o quanto meno si riferisce a - un insieme di
elementi apparentemente meno strutturati, ma altrettanto complessi.
L’analisi integrata dei due aspetti - interno/esterno - evidenzia una logica
sostanzialmente opposta a quella delle comunicazioni di massa e - soprattutto -
una considerazione negativa dei mass media e delle modalità comunicative di
massa.
4
5. Considerazioni strategiche
A valle delle conclusioni tratte dall’analisi del convegno si è ritenuto opportuno
stilare alcune considerazioni generali in merito ad eventuali accorgimenti da
operare o ad alcuni elementi strategici da tenere nella debita considerazione da
un punto di vista strettamente comunicativo. Esse vertono su tre aspetti:
formazione, posizionamento, rapporti con i media.
5
6. Premessa
Uno.
Nel muovere all’analisi del convegno ‘Le ragioni della sinistra’ non può essere
non tenuto in grande importanza l’elemento da cui tale analisi scaturisce, ovvero
una richiesta esplicita da parte degli organizzatori ad operare o avanzare dei
suggerimenti relativamente agli aspetti comunicativi. Tale richiesta è il sintomo
evidente della consapevolezza di un deficit o quanto meno di alcuni elementi di
debolezza comunicativa presenti o addirittura radicati nell’area politica in
questione.
In secondo luogo è da tenere ben presente che per quanto le motivazioni di tale
convegno nascano all’interno di una subarea della sinistra, in particolare un’area
intermedia fra i DS e il PRC, le finalità che si intendono perseguire sono legate
all’apertura di una discussione di ampia portata sul fare politica a sinistra o,
addirittura, sull’individuazione di un rinnovato modo di fare politica fondato su
alcuni valori tradizionali, seppur riletti in chiave contemporanea.
Questi due presupposti fanno supporre che la consapevolezza di un eventuale
deficit comunicativo risieda proprio in quello che vuole essere l’obiettivo finale,
la nascita di una discussione ampia sul modo di fare politica e sul modo di
proporre nel modo opportuno argomenti e valori di grande significato e di
grande attualità, per quanto ritenuti massmediologicamente antichi o sorpassati.
Due.
Un ulteriore elemento di riflessione deve consistere nella scarsità di mezzi
finanziari con i quali è stato organizzato il convegno. Per quanto ciò rappresenti
sicuramente un aspetto di non secondaria importanza, deve essere altresì rilevato
che esso non può interferire con la sfera strettamente comunicazionale,
altrimenti rischia di divenire un alibi. La capacità o l’efficacia comunicativa,
infatti, non devono essere confuse o sovrapposte alla produzione di strumenti
comunicativi o, addirittura, all’acquisto di spazi sui mezzi di comunicazione.
La capacità comunicativa risiede nelle modalità utilizzate e non nei mezzi
economici a disposizione. Ciò significa che potrebbe sussistere un reale deficit
comunicativo per quanto riguarda la concezione delle modalità attraverso le
quali comunicare e l’utilizzo in chiave dinamica e contemporanea di strumenti
tradizionali, quali ad esempio l’ufficio stampa o, anche, il semplice invito.
Tre.
Ciò spinge ad una considerazione che riporta a monte del convegno: ovvero le
modalità espressive utilizzate per comunicare l’evento. Senza entrare troppo nei
particolari, è però necessario evidenziare che sono state riscontrate alcune forti
carenze, che - si ripete - non sono imputabili alle ristrettezze economiche. Per
restare nell’ambito dei due esempi appena citati - ufficio stampa e invito - sono
6
7. subito da segnalare alcuni punti, quali la assoluta mancanza di informazione
presso gli organi di stampa, una presenza promozionale ristretta solo ad alcuni
quotidiani di area (la qual cosa paradossalmente potrebbe essersi rivelata un
boomerang), la grafica degli inviti priva di qualsivoglia criterio di
impaginazione o di guida alla lettura, il contenuto pletorico degli inviti, la
mancanza in essi di elementi di appeal comunicativo, in termini lessicali,
linguistici e di immagine. Eppure, sia gli inviti che la comunicazione alla stampa
tramite comunicati è avvenuta. Non dunque scarsità di mezzi, bensì debolezza di
approccio.
Quattro.
La summa di queste sintetiche considerazioni porta - ancor prima di affrontare
l’analisi del convegno e la lettura dei contenuti e delle modalità comunicazionali
- ad una conclusione che deve divenire il punto di partenza per qualsivoglia
intervento o per qualsivoglia correttivo: il presunto deficit di cui gli
organizzatori sono in parte consapevoli esiste realmente, sicuramente per quanto
riguarda le modalità di comunicazione, l’utilizzo degli strumenti comunicativi,
l’approccio ai mass media.
Questo aspetto è sicuramente importante in chiave generale, perché indica -
almeno negli organizzatori dell’evento - una arretratezza culturale sul versante
comunicativo, una disattenzione talmente sedimentata da divenire pratica
erronea. Ma è importante anche perché induce gli estensori della ricerca a
leggere il convegno con diverse chiavi di approccio, nel tentativo di operare una
anlisi non superficiale, ma circostanziata e legata non solo alle modalità
comunicative generali del convegno, ma anche modalità espressive dei
partecipanti al convegno, alfine di valutare il più approfonditamente possibile
quanto il deficit riscontrato a monte sia condiviso in senso trasversale da tutti i
‘frequentatori’ dell’area politica in questione.
7
8. Analisi ambientale
Quelle che seguono costituiscono osservazioni sul pubblico ed altri elementi
ambientali che hanno caratterizzato il convegno. È sembrato opportuno
monitorare l'audience seguendo l'analisi per punti, prendendo particolarmente in
considerazione:
NUMERO DEI CONVENUTI
stimabile approssimativamente in circa 200 persone.
ETÀ MEDIA
apparentemente valutabile sulla cinquantina, con picchi over 60 e assenza
pressoché totale di under 40; questo potrebbe già costituire un elemento critico
della nostra analisi, poiché argomenti di discussione importanti quali la
condizione giovanile e il problema scuola figuravana in maniera non sempre
soltanto accessoria in una buona parte degli interventi: ci si potrebbe chiedere, a
questo punto, quanto abbia realmente senso discutere di certe cose senza
prestare la dovuta attenzione all'opinione di chi tali cose le vive sulla propria
pelle.
GENERE DI APPARTENENZA
maschile, pur essenso presente un nutrito gruppo di donne (rapporto 8/2).
ABBIGLIAMENTO
in genere oscillante tra il completo serio e compassato della maggioranza (tra
cui tutti i componenti della "nomenclatura" del partito presenti) ed il look più
casual (che sembra fare tanto "Festa dell'Unità") di altri, quasi a voler
simboleggiare l'attaccamento della dirigenza a quella che può essere considerata
la "base".
COMPORTAMENTO E INTERAZIONI
su questo punto va detto che, pur sembrando il pubblico generalmente
caratterizzato da una diffusa attenzione e da una ricettività piuttosto alta degli
interventi, è stato inevitabile notare alcuni sintomi di distrazione non imputabili
ad un calo "fisiologico" della soglia di attenzione: primo fra tutti un sottofondo
causato dal continuo trillare dei cellulari degli astanti, elemento, questo, che
potrebbe forse denunciare una certa impreparazione a situazioni
comunicazionali quali quelle offerte da un convegno.
8
9. Analisi tematica
Qui si propone un confronto tra i temi in cui è articolato l’Appello di Garavini,
cioè il documento ideativo del convegno - quindi la sua piattaforma tematica - e
quelli affrontati di volta in volta negli interventi, rinvenendone la ricorrenza e la
coincidenza avvenuta o mancata, segno di una differenza di posizioni, di stili, e,
quindi, anche di “idee e proposte” all’interno del movimento che si pone come
una - virtualmente eterogenea - Associazione “per la Sinistra”.
Procedo quindi al casting piuttosto dettagliato delle issues, le “ragioni della
sinistra” individuate nell’Appello in ordine di apparizione, incrociandole con gli
interventi.
Scollamento tra società ed istituzioni democratiche
• Garavini, che argomenta con il fenomeno dell’astensionismo sistematico,
conseguenza della sfiducia degli elettori nei partiti, incipit dell’Appello .
• Novelli che, su posizioni meno moderate, sostiene, spesso infervorandosi - di
non credere nella morte dei partiti, che sono dei “soggetti ancora
funzionanti”, e si chiede : “con cosa saranno sostituiti ?”.
• Cazzaniga che storicizza la crisi dei partiti attribuendola a Tangentopoli.
Critiche al sistema elettorale maggioritario
• Spagnoli : ne critica la svolta presidenzialistica. Sostiene che non è più
capace di rappresentare la volontà elettorale. E’ apocalittico riguardo la
possibilità di manipolazioni della Costituzione.
Il referendum del 18 Aprile
• Spagnoli : critica radicale del referendum, frutto dell’irrazionalità della
politica della destra ; ha accenti un po’ leboniani : gli elettori sono visti come
soggetti malleabili ad ogni tipo di manipolazione .
Personalizzazione leaderistica della politica
• Garavini : critica questa tendenza, accusando soprattutto la sinistra di
essersene fatta lusingare, a costo di erodere la partecipazione sociale,
coniando uno slogan da manifestazione “più personalizzazione meno
partecipazione”.
Strategie della destra
• Spagnoli : la destra punta sul populismo, sul qualunquismo, proiettando
opinioni negative sui partiti come istituzioni democratiche, e che
strumentalizza il referendum indirizzando il sistema politico verso una deriva
plebiscitaria.
Identità della sinistra
• Garavini : individua in genere un pericolo di snaturamento e svuotamento
della sinistra che rischia di “diventare un’altra destra”, oppure il pericolo non
meno grave dell’isolamento sociale - anche nell’ipotesi del mantenimento di
9
10. un certo peso politico e contrattuale - che può derivare dal perseguire una
protesta radicale
• Pizzuti : parla dell’indebolimento della sinistra a causa del crollo del
comunismo reale - storicizza il problema - e rivendica l’identità politica della
sinistra, ma facendo appello ad un’ - utopica - unione che intenda al
contempo riunire sotto l’egida riformatrice quella sinistra definita “avanzata”
comprendente i democratici di sinistra ed i moderati di Prodi, i comunisti
cossuttiani, ma anche quelli di Rifondazione.
• Barca : rivolge spesso frecciate all’”irresponsabilità della condotta
antigovernativa di sterile opposizione”, facendo però a meno di criticare
direttamente le posizioni “sindacaliste” bertinottiane, responsabili di tale
condotta.
• Novelli : è l’unico ad arrischiarsi ad un discorso “ironico” sulla disorganicità
interna della sinistra : propone il rimedio casalingo di “rinchiuderei leader
politici in una stanza per farli accordare”, riscuotendo gli applausi della sala
durante l’intervento, cosa che non accade per nessun altro, se non nel
pomeriggio, per Cossutta . Quindi, si tratta di un’identità composita :
governativa per quanto riguarda le riforme, ma non snaturante, e quindi
comprendente una consistente piattaforma politica, che tenga conto di alcuni
presupposti tradizionalmente fondamentali.
Critica verso l’attuale amministrazione
il tema è affrontato, nella maggior parte dei casi, approdando alla necessità di un
movimento riformista :
• Barca : critica - en passant - la riforma scolastica Berlinguer.
• Lopez : critica l’attuale subalternità della scuola al mondo del lavoro.
• Spagnoli : critica la divisione della sinistra.
• Galloni : è l’unico ad avanzare una “proposta” insieme alla critica, e cioè
quella di una politica fiscale e tributaria che scoraggi le pratiche speculative
rispetto a quelle produttive, individuandone un fondamento nella “tassazione
sui movimenti speculativi a breve”.
Il neoliberismo
• Garavini : “il capitalismo ha vinto”. Fa una critica sociologica dello
sradicamento dalle società tradizionali - in cui raggiunge picchi inauditi di
retorica nostalgica - e sostiene che il progresso ha creato la disoccupazione.
Parla di “reganismo” e “tatcherismo” come modelli negativi, ma non
affro9nta il discorso in termini di “crisi” del capitalismo.
• Pizzuti : sottolinea la crisi del capitalismo, a causa della spirale innescata
storicamente dall’aumento del potere finanziario.
• Galloni : condivide la posizione di crisi del capitalismo argomentandola con
un riuscito - uno dei pochi - intervento di taglio macroeconomico. Parla di
Soros in termini di “liberista illuminato”.
L’occupazione
• Galloni : individua l’ostacolo maggiore alla piena occupazione
nell’elefantiasi finanziaria che scoraggia quella economico-produttiva. Mette
in scena un climax di sdegno e partecipazione ; incita il governo a maggiori
investimenti
• Lopez : individua in un’adeguata riforma scolastica uno degli elementi che
favoriscono l’occupazione. Tuttavia non è chiaro come questa possa essere
perseguita da una scuola non specializzata e ghettizzato “mercato del
lavoro”, ma progettuale formazione professionale. Il discorso assume, a
riguardo, toni troppo vaghi.
10
11. • Barca : propone una soluzione tramite gli “sportelli di cittadinanza
telematica” ma non spiega nulla a riguardo ; e questa è la cosa più crudele :
una volta individuata la soluzione alla disoccupazione, questa non viene poi
spiegata.
La situazione economica
Questo è il tema che ha raccolto la quasi totalità dei contributi, vertenti tutti
sullo stesso argomento : la fagocitazione della sfera produttiva ed economica da
parte di quella finanziaria e speculativa. Gli interventi peccano per la maggior
parte di eccessiva teoricità . Riferimenti ossessivi ed onnipresenti al tema del
giorno : la scalata Olivetti a Telecom. E’ stato affrontato il tema correlato della
riforma delle imprese, ma spesso in maniera astratta e fumosa. Il difetto
maggiore è che non si propongono ricette.
• Barca : è piuttosto confuso.
• Pizzuti : pecca di un eccesso di accademicità, nonostante la maggiore
chiarezza ed il tentativo di schematizzazione dell’intervento in tre momenti,
che hanno, se non altro, il pregio di una certa lucidità d’espressione. Una nota
preoccupante è che individua nella teoria macroeconomica di Keynes un
“nuovo strumento teorico”.
• Galloni : è il migliore intervento economico, e non solo a paragone degli altri,
ma in assoluto. Pur andando a braccio riesce a formulare un discorso chiaro,
comprensibile, pertinente. Fa spesso esempi concreti ed avanza persino la
proposta precisa della “tassazione sui movimenti speculativi a breve”, quasi
come fosse uno slogan politico. E’ un espediente che sortisce una certa
incisività, rafforzata dal fatto che l’intervento non è letto, ma “parlato” e
questo crea un notevole effetto di realtà e di partecipazione emotiva, aliena
agli altri.
L’Europa
Il tema dell’Europa è stato affrontato tangenzialmente dalla maggior parte degli
intervenuti, ma non ha costituito un punto centrale. E’ indicativo il fatto che non
sia stato minimamente affrontato il tema delle ormai prossime elezioni del
Parlamento Europeo mentre invece si è parlato del Referendum di Aprile.
Indicativo della mancanza di una strategia più a “lungo periodo” del
movimento.
• Nesi : ha toccate questioni prettamente economiche : la preoccupazione per
l’unificazione monetaria, che gli ha fatto partorire, tra un ricordo personale e
l’altro, la citazione manzoniana” del vaso di coccio in mezzo ai vasi di
ferro”.
• Cossutta : è l’unico che fa riferimento all’Europa in termini non economici,
riferendosi alla destra politica. E’ stato l’unico a menzionare l’avvicinarsi
delle elezioni.
La riforma delle imprese
Tema trattato in concomitanza al problema dell’espansione finanziaria ai danni
della produzione.
La ricerca scientifica
Questo tema è stato toccato tangenzialmennte solo da Garavini e Galloni, ma
non è stato trattato in maniera pertinente ed ha svolto la funzione di mera
citazione.
La riforma della scuola
• Barca : critica in modo superficiale le riforme Berlinguer.
11
12. • Lopez : intervento tematico tutto sul problema dell’istruzione, molto
articolato ed argomentato in modo piuttosto semplice e chiaro. Cita
concretamente i provvedimenti in questione - a differenza di Barca - “
innalzamento dell’obbligo” , “doppio canale formativo”, spiegandone il
significato. Parla di “progetto di formazione” come anello di giunzione tra
scuola e lavoro. tuttavia il legame tra scuola ed occupazione appare troppo
vago. Fa una critica radicale, accurata e comprensibile al finanziamento
pubblico alla scuola privata.
Il sistema previdenziale
Tema affrontato solo da Barca in maniera un po’ confusa e niente affatto
esplicativa.
La questione giustizia
Il tema è stato affrontato solo da Garavini. Quanto agli altri intervenuti si è
riscontrato il più plumbeo silenzio a riguardo.
L’appello antirazzista
• Garavini : distingui tra criminalità ed immigrazione, ma poi sposta il discorso
sul versante più retorico ad istantanea presa emotiva parlando del caso
Ocalan, auspicando un regime di solidarietà nel seno del rispetto delle regole
internazionali.
• Barca : anche lui parla del caso Ocalan, accusando la sinistra di complicità - o
almeno connivvenza - col governo turco.
• Novelli : si sdegna riportando l’episodio personale della lenzuolata contro gli
immigrati fatta dai “compagni” del suo quartiere.
A questi temi, se ne aggiungono altri emersi nel corso degli interventi:
Gli Stati Uniti
Ancora considerati come il grande nemico da combattere :
• Cazzaniga traccia una storia dello step behind, ovvero del complotto Nato
contro i comunisti ; oltre ad essere un intervento completamente fuori luogo -
una teoria del complotto degna degli sceneggiatori di JFK - che appare anche
involontariamente ridicolo.
• Barca : denuncia la natura cinicamente speculativa degli “aiuti” finanziari
degli Usa al Brasile, ma il discorso prende troppo il sapore di “guerra
fredda” : c’è una notevole disparità tra il discorso scritto, accettabile per
coerenza, organicità e pertinenza e la sua interpretazione, che, nonostante sia
una mera lettura, è tuttavia condotta con scarsa partecipazione ed abilità
oratoria.
Il sistema dei media.
• Cazzaniga : sostiene che l’informazione mediale è falsa perché manipolabile.
Ci sembra un’idea un tantino retrò.
• Nesi : inizia l’intervento parlando di un programma di attualità politica,
sostenendo che la Tv sia uno specchio della realtà, mappando reali rapporti di
potere tra gli esponenti della finanza, al centro dell’attenzione e dello studio,
ed i sindacalisti, emarginati in entrambi i modi. Ha una concezione più
moderna della medialità.
12
13. Analisi relazionale
IATO TRA ASPETTATIVE ED ESITI
In primo luogo vale la pena notare l’estrema chiarezza dell’appello: un confronto
di idee tra i componenti della "sinistra più avanzata" (termine ombrello, nel quale
è implicito rientrino tutti quelli che hanno aderito all’invito o, almeno, ne hanno
sottoscritto l’appello. In particolare, sembra rivolto al partito dei Ds e a quei
cattolici che amano definirsi democratici), teso a unire posizioni anche distanti
attraverso una serie di proposte concrete. Non solo: nel depliant di invito,
leggiamo: “Occorre dunque saper riprendere un rigoroso lavoro analitico e
teorico, collegandolo e integrandolo con un programma che possa costituire
ragione di mobilitazione nella società e di impegno nelle istituzioni”. Se dunque
ci siamo inizialmente soffermati sul lato istituzionale dell’appello, dobbiamo
notare come nelle intenzioni si vorrebbe quantomeno progettare una strategia per
ricucire il rapporto tra vita reale e operato politico. Questo convegno dovrebbe
costituire il primo passo di questo percorso di avvicinamento.
Per quanto riguarda il primo punto, fondamentale è la tavola rotonda prevista nel
pomeriggio, alla quale, oltre ad Armando Cossutta e Sergio Garavini, sono
invitati Aldo Tortorella (sinistra Ds) e Sergio Cofferati (segretario Cgil). Viene a
questo punto da chiedersi come mai l’assenza di quest'ultimo, personaggio
essenziale per il raggiungimento degli obiettivi prefissati del convegno, sia stata
accolta con apparente noncuranza.
Iniziamo la nostra riflessione dal testo del depliant. Il messaggio ha avuto una
scarsissima penetrazione nei confronti di un pubblico differenziato, anche per la
mancanza di una circolazione adeguata: nei sette giorni che hanno preceduto il
convegno, l'invito è stato pubblicato una sola volta sulle pagine de l’Unità, mai su
quelle del manifesto. Presumibilmente, dunque, la diffusione dell’invito è
avvenuta prevalentemente face-to-face, cioè all’interno della cerchia di persone
vicine agli organizzatori dell’evento.
A questo aggiungiamo il vocabolario usato nell’appello. Come perfettamente
notato in altra sede, la comunicazione non risponde a regole assolute, ma a criteri
di pertinenza sì. Se si aveva l'intenzione di far giungere il proprio messaggio ad
un pubblico il più vasto possibile (l'appello "Le ragioni della sinistra", che il
depliant riporta in piccola parte, è stato diffuso attraverso una rivista di stretta
circolazione dei Comunisti Italiani, mai nei sei quotidiani nazionali più diffusi o
vicini alla sinistra), è necessario adeguare il proprio codice comunicativo.
Leggiamo invece nell’appello: “Delineare una nuova strategia riformatrice,
all’altezza delle questioni poste dalla mondializzazione e dalla globalizzazione, al
di là dei limiti dello statalismo e a fronte delle contraddizioni anche inedite del
neoliberismo…”. Poiché l'argomento è già stato trattato, notiamo solo che: a)
13
14. usare un linguaggio iniziatico significa allontanare tutti coloro che non
condividono (e probabilmente non comprendono) questi codici; b) introdurre il
proprio appello con una simile premessa connota ideologicamente l’insieme della
discussione, ponendo in secondo piano il confronto delle idee e restringendo
rigorosamente i confini delle varie argomentazioni. Ci sono molte persone che,
pur definendosi di sinistra, non hanno alle spalle un passato di militanti
comunisti.
Le conseguenze di queste mancanze si sono manifestate in modo evidente al
momento della riunione: un pubblico prevalentemente maschile, di età media
avanzata, ma soprattutto appartenente ai seguaci e ai sostenitori del Partito dei
Comunisti Italiani. Probabilmente scopo del convegno era quello di elaborare
strategie di penetrazione nel territorio, non di stringere legami immediati in
questo senso. Tuttavia per avere un reale confronto tra idee differenti è necessaria
la presenza di almeno due persone che la pensino in modo diverso. Una
eventualità che non si è mai verificata durante i vari interventi: mai una voce di
dissenso si è levata, mai una argomentazione è stata contestata dal relatore
successivo. Inoltre negli interventi le posizioni ideologiche e culturali degli
ascoltatori sono state date per scontate, tanto che si è avuta l’impressione che,
almeno di vista, si conoscessero tutti.
Rispetto agli obiettivi delineati dal depliant di partecipazione, abbiamo già
registrato alcuni fallimenti: la mancata partecipazione di un pubblico diverso dai
Comunisti Italiani, totalmente assente dalla sala dell’Hotel Palatino, e la
conseguente mancanza di una reale circolazione di idee, e dunque di proposte
capaci di unire diverse anime della sinistra.
Più sfumata, ma probabilmente centrale per gli organizzatori dell’iniziativa, era
l’intenzione di utilizzare il convegno per confrontarsi con forze associative
diverse dalla propria, soprattutto con il sindacato, per cui le ragioni manifeste del
confronto avrebbero dovuto trovare una loro soluzione in una situazione che
potremmo definire di “retroscena”. Più che gli interventi, fondamentali sarebbero
stati i contatti personali.
L’insuccesso ottenuto in questo caso è quello che ha reso la riunione un non-
evento: tra sei quotidiani esaminati (CorSera, Repubblica, Stampa, Giornale,
Unità, manifesto), nessuno ha trattato la riunione neanche con poche righe, pur
essendo presenti in sala. L’assenza di Cofferati ha un suo significato politico ben
preciso. Per cui la tavola rotonda, che sarebbe dovuto essere il punto di confronto
tra forze diverse, si è in realtà tramutata in: un comizio di Cossutta, un tentativo
di affermare che una unità di intenti a sinistra è possibile da parte di Garavini, una
chiusura in questo senso (seconda porta chiusa in faccia alle ambizioni degli
organizzatori) da parte di Tortorella.
Menzione speciale alla platea, che non reagisce alla defezione di Cofferati e
apprezza molto l’intervento di Cossutta. Probabilmente i partecipanti non erano
tanto interessati ad un confronto tra le forze più avanzate della sinistra, ma
piuttosto ad un confronto interno al Partito dei Comunisti Italiani, forza che fatica
a darsi una identità. Le intenzioni del convegno sono state ulteriormente disattese.
Il nostro insistere sui fallimenti degli obiettivi dichiarati dal depliant di
presentazione del convegno ha lo scopo di sottolineare quale distanza ci sia stata
tra le intenzioni e la loro attualizzazione concreta. Si prometteva un confronto tra
forze della sinistra, mentre in realtà si è trattato di una riunione di partito (non un
Congresso, e dunque cosa?) strettamente destinata alla tribù dei comunisti
14
15. cossuttiani; ci si augurava una mobilitazione della società reale, ma forse per il
PdCI la frattura è insanabile; si promettevano proposte per una sinistra riformista,
si sono avute strategie di partito; in modo non troppo nascosto, si cercavano
contatti politici, che non si sono avuti; infine si cercava un evento, o almeno una
cassa di risonanza alle ragioni di Cossutta e Garavini: nessun quotidiano, nessun
telegiornale ha parlato del convegno. Non ci pronunciamo sui notiziari radio: ma
qualche sospetto lo abbiamo.
P.S.: la manchette avvisava che il convegno sarebbe iniziato alle nove, mentre
nella realtà si è accumulata un’ora esatta di ritardo.
VI SONO STATE INTERAZIONI VISIBILI DURANTE IL CONVEGNO?
Si sono stabiliti rapporti politici, o soltanto contatti tra forze diverse, durante lo
svolgimento del convegno? A prima vista, non sembra. Durante la mattinata, il
segretario dei Comunisti Italiani è stato seduto ad ascoltare gli interventi, spesso
senza nessuno accanto, e comunque senza che nessuno gli si avvicinasse. Nel
pomeriggio, seduto al tavolo principale, tantomeno si sono stabiliti contatti di
rilievo. Stesso discorso vale per Garavini. Nerio Nesi è arrivato a metà mattinata e
dopo il suo intervento si è rapidamente allontanato. Nei corridoi non abbiamo
registrato altro che i commenti di vecchi militanti sconfortati dagli ultimi
avvenimenti. Crediamo che niente come il silenzio degli organi d’informazione
sancisca l’irrilevanza politica dell’incontro.
15
16. Analisi stilistica
PRESIDENZA
La presidenza è stata ricoperta da un'unica persona durante il “convegno” in
nessun modo identificata o qualificata. Posizionata in un posto non
identificato/abile del tavolo della presidenza, per giunta lontano dalla postazione
dell'oratore. Come spesso avviene il suo ruolo si _ limitato alla "chiamata
nominale" dei relatori, denotati solo da nome e cognome, e dalle comunicazioni
"di servizio". Nessun riferimento all'argomento delle "comunicazioni tematiche"
a cui erano "invitati" n_ alle motivazioni delle scelte tematiche né al legame tra
gli interventi. L'impressione è stata appunto quella della completa
disarticolazione tra i discorsi e le persone, rendendo irrintracciabile un fine
comune o qualche meta-narrazione.
Unica eccezione un intervento riguardante la "battaglia parlamentare" in
commissione bicamerale sul tema delle riforme istituzionali. Lasciando il
dubbio riguardo la "paternità" di tale battaglia: combattuta da quale gruppo
parlamentare, dall'associazione "per la sinistra", o da singoli parlamentari?
L'unico intervento "tecnico" riguardo la lunghezza si è limitato (come usanza) al
generico invito alla brevità. Necessaria soprattutto per il lungo intervento di
Diego Novelli nel momento del "dibattito".
La "tavola rotonda" è stata invece preceduta dal giovane giornalista Maurizio
Caprara. Il carattere confidenziale, non oratorio, "veloce" della stessa,
desiderato dal moderatore _ rimasto negli auspici. Solo alcune domande e una
forte interruzione del discorso di Tortorella hanno caratterizzato questa
"presidenza". Abbandonando da quel punto la battaglia, lasciando che la tavola
diventasse di nuovo una semplice esposizione individuale di argomenti da parte
dei singoli invitati, impedendo una riflessione comune. Riflessione e proposta
certamente auspicata da dagli organizzatori e da un pubblico oramai abituato ad
un ritmo più rapido e meno "autoritario". Più allo scambio delle opinioni che
alla loro contrapposizione monologa.
STILI COMUNICATIVI
Esiste una sola regola della comunicazione, se possiamo definirla tale, per
quanto riguarda la trasmissione "orale" delle idee. Una semplice e banale
constatazione della assoluta differenza tra la parola scritta e quella parlata. Tra
l'omogeneità regolare e ripetitiva del carattere stampato e la molteplicità di toni,
enfasi, variazioni possibili e necessarie, che il discorso "vocale" contiene, e che
raramente la grammatica e la sintassi riescono a riprodurre. Porre attenzione o
una semplice riflessione su questo "luogo comune" avrebbe due immediate
ricadute pragmatiche.
16
17. Innanzitutto nella preparazione e progettazione di ogni intervento.
Preparare/arsi un "appunto" scritto su ciò che bisognerà dire, sui temi da trattare
e non dimenticare non è assolutamente errato, non di meno costruire un testo
omogeneo pronto per essere pubblicato o fotocopiato per la platea - come è
avvenuto - non aiuta né indica un'attenzione particolare alla nostra Regola d'oro.
Non è assolutamente scontato che l'ascoltatore voglia o possa leggere il nostro
intervento. Questo significa che un primo importante atto deve essere la
strutturazione del proprio intervento in modo che sia chiaro, almeno, il punto di
partenza, la tesi da sostenere e la conclusione. Cioè una divisione chiara dei
paragrafi, l'evidenziazione dei punti chiave e una suddivisione lineare dei punti
trattati.
Alla cura, presupposta o reale, riservata alla fase di preparazione corrisponde,
durante la presentazione, un altrettanta attenzione alla peculiarità della
comunicazione "orale". Che non si deve quindi tradurre nella semplice
trasposizione fedele del testo scritto. Richiedendo invece enfasi, sottolineature,
ripetizioni, esemplificazioni. Una fluidità del parlare che la semplice lettura non
possiede. In concomitanza questo atteggiamento discorsivo porterà l'oratore ad
un sensibilità maggiore al "destinatario", per valutarne la "risposta" e
l'attenzione. Contribuendo a migliorare l'esposizione e a rendere il pubblico più
coinvolto e - auspicabilmente - più partecipe.
Facciamo alcuni esempi:
Sergio Garavini
certamente il discorso di apertura (nella tradizione-modello della
"Relazione del segretario") richiede ufficialità, fedeltà al testo,
onnicomprensività, lunghezza. La lettura non è sicuramente "piatta". La
distribuzione della relazione aiuta senza dubbio la platea a seguire il
discorso ma ci permette di notare alcuni fenomeni. Il testo viene letto e la
voce dell'oratore viene ridotta ad una semplice "voce fuori campo" che ci
legge il testo. Non ci aggiunge (quasi) nulla.
17
18. Luciano Barca
un intervento senza dubbio "testuale". Le fotocopie distribuite ne sono la
prova. Raramente vengono evidenziati i passaggi chiave né separati gli
argomenti. Il tutto si traduce in un fluire indistinto, magari interessante e
documentato, ma di difficile comprensione se non letto. Nell'ascoltare
diventa difficile seguire la logica discorso se si aprono e chiudono
parentesi, se si riprendono argomenti accantonati: "ma torniamo alla...".
Ciò non è sempre vero, diventa necessario quando si vuole proporre delle
soluzioni o argomentare delle "ragioni".
Il risultato è un distacco - non disattenzione - avvertibile tra oratore e
uditorio, evidenziato con l'indifferenza con cui vengono accolte alcune -
più che legittime - piccole impuntature/errori nel parlare che in altra
situazione farebbero scaturire almeno un lieve sorriso.
Gennaro Lopez
l'avvio confidenziale, alcune note di meta-comunicazione (intervento sul
proprio intervento) fanno presagire un riguardo maggiore alla "qualità"
orale del compito. Purtroppo anche se utili non possono bastare
riferimenti agli altri interventi e la divisione per punti ("Prima
considerazione: ...").
La presenza di "una nota scritta" distribuita oltre a permettere "di essere
breve" permetterebbe anche un tipo di intervento meno rigoroso ed
ampio, sia in termini di contenuti che possono essere accennati, per
evidenziarne l'importanza ed incuriosire, e approfonditi nel documento.
Sia in termini di esposizione che può evitare tecnicismi e dettagli per
esporre chiaramente, anche in maniera provocatoria, tesi battaglie e
proposte.
Ugo Spagnoli
sicuramente la buona dimostrazione di un intervento non rigidamente
legato al testo scritto. Durante l'esposizione "a braccio" e nella lettura
viene sempre usato un stile per così dire flessibile, pieno di accenti,
variazioni. Non complesso né tecnico, visto il tema, ma sempre
comprensibile, utilizzando espressioni e linguaggio tipico del "parlato".
Conseguenza prevedibile la platea risulta più attenta e silenziosa.
Nino Galloni • Diego Novelli
due interventi sicuramente orientati alla presentazione, potremmo dire,
"dal vivo": completamente "a braccio", chiari ma competenti, lunghi ma
non omogenei. Per ottenere questi risultati non è ovviamente
indispensabile un atteggiamento e stile enfatico, urlato, assertivo cioè
vicino alla retorica tradizionale del comizio. La qualità di una
comunicazione dipende anche dall'aderenza agli scopi, al luogo e al
destinatario. Probabilmente durante un convegno sulle "Ragioni della
Sinistra" sarà più conveniente adottare uno stile dialogico, ragionevole.
In fondo non si deve "convincere" una massa non identificata ma
dibattere con una cortese platea, vicina dal punto di vista ideale e
ideologico.
Nerio Nesi
un ottimo esempio di stile "orale" ma non per questo gridato. Pacato,
discorsivo alterna aneddoti personali a analisi generali e storiche con il
risultato di una platea attentissima. Fenomeno imputabile anche alla
peculiarità e "celebrità" della persona.
Concludendo, l'importanza della comunicazione pubblica, cioè dalle qualità oratorie e
retoriche, non può certo sostituite né pregiudicate le qualità personali ed intellettuali.
18
19. L'organizzazione di un qualsiasi evento di questo genere deve valutarle cercando di
porre rimedio ai problemi e di mettere in evidenza le capacità.
19
20. Valutazione d’impatto
STRATEGIA
qui intesa come chiarezza e definizione degli obiettivi da raggiungere. Questi
due elementi risultano palesemente assenti, nella per altro poco efficace (dal
punto di vista comunicativo) esposizione degli oratori.
STRUTTURE
ove si svolge l'evento. Partendo dal presupposto che tutto fa comunicazione,
anche l'arredamento, la disposizione delle poltrone, la presenza o assenza di
lucidi, il materiale audiovisivo in genere sono vettori comunicativi.
SISTEMI DI GESTIONE
organizzazione e gestione dell'evento. Come per i fattori precedenti i punti di
debolezza superano di molto quelli di forza; per chiarezza espositiva tralascerò
la parte riguardante l'organizzazione, elemento generalista già trattato nelle
pagine precedenti, per soffermarmi sull'aspetto gestionale. Quest'ultimo é stato
governato in maniera caotica dal personale (per altro difficilmente riconoscibile
a causa della mancanza di un abbigliamento distintivo) presente in sala; la
presenza di persone in piedi davanti l'entrata, l'assemblamento dei cappotti
dentro la sala del covegno, la distribuzione ripetuta di materiale cartaceo
durante l'esposizione degli oratori, non hanno fatto altro che distogliere e
disturbare l'attenzione del pubblico.
CULTURA
da non intendersi in senso politico, aspetto che non compete a quest'analisi,
bensì dal punto di vista del know how, della tradizione e della storia stessa
dell'organizzazione sotto analisi; come si evince dal grafico questo elemento è
l'unico in positivo, senza però raggiungere i valori più elevati della scala; ciò
trova giustificazione nel fatto che un aspetto così rilevante non sia stato
supportato e valorizzato dai tre elementi precedenti.
20
21. Conclusioni
Uno. Lo stile comunicativo dei diversi interventi succedutisi in mattinata è piuttosto
simile, e ancora legato ad un vecchio “sinistrese”, al quale molti partecipanti non hanno
rinunciato. Anche se innocuo in un incontro di questo tipo, l’utilizzo di espressioni
come “comunismo reale”, “abbiamo disarmato le coscienze”, “mobilitazione”, e così
via - insieme all’appellativo “compagni” - è significativo di un forte radicamento nel
patrimonio culturale (e lessicale) della sinistra tradizionale. A questo stile comunicativo
vengono spesso un po’ brutalmente associate delle parole-chiave dell’innovazione,
soprattutto “globalizzazione”, forse significative di un desiderio di affrontare nuove
questioni, ma anche dell’incapacità di affinare per questo scopo nuovi strumenti teorici
e operativi. Non è un caso che nessuno, tra i tanti che hanno pronunciato la parola
“globalizzazione”, abbia speso qualche minuto per spiegarne la portata e il significato.
In effetti, è apparsa come difetto ricorrente la tendenza a dare per scontati alcuni
presupposti non solo ideologici (cioè di convinzione) ma anche culturali in senso
generale. La comunicazione è stata affrontata, cioè, come una comunicazione tra
soggetti sostanzialmente equiparabili sul piano dell’esperienza maturata, della
preparazione e dell’aggiornamento sulle vicende politiche: quindi tra soggetti
considerati tutti egualmente competenti. Che è - è appena utile ricordarlo - la logica
opposta a quella delle comunicazioni di massa.
Due. Questa considerazione introduce un ulteriore problema, relativo non più solo alla
scelta delle parole, ma alla strategia politica e comunicativa che informa questa scelta.
Si potrà obiettare che un convegno è sempre un appuntamento destinato ad un pubblico
specialistico: ad un forum di neurochirurgia o di fisica quantistica, ad esempio, non
potremmo attenderci né pretendere un linguaggio semplice e facilmente comprensibile.
Il primo problema, allora, è comprendere di che natura fosse l’appuntamento del 26
febbraio. Se si trattava di un convegno esplicitamente riservato all’area degli iscritti e
dei simpatizzanti (come praticamente è risultato), il linguaggio utilizzato era
assolutamente adeguato allo scopo, in termini di comprensibilità e di aderenza culturale
alle ragioni del pubblico. Se invece, come l’invito lasciava sospettare, si trattava di una
manifestazione organizzata per attirare anche la massa dei curiosi, degli indecisi e dei
giovani (oltre che i media), il suo risultato è a dir poco fallimentare. Nel primo caso,
non è nemmeno necessario parlare di strategia comunicativa, perché questa è inscritta
nelle abitudini culturali del movimento, e al suo interno risulta indubbiamente efficace.
Nel secondo caso, il problema verrebbe invece a porsi in termini assai significativi.
Tre. Facciamo qualche esempio concreto. Si è parlato spesso, ovviamente, dei problemi
relativi al sistema elettorale. Rimane però il fatto che dei tanti termini ricorrenti -
“nuova legge elettorale”, “referendum”, “legge Amato”, “presidenzialismo” - nessuno
è stato realmente spiegato. Sapete qual è il contenuto del prossimo referendum? Bene.
Non lo sapete? Informatevi e ripassate.
21
22. Un altro esempio: la scuola. Chi ha dedicato attenzione a questo tema (Lopez), lo ha
fatto parlando della necessità “di non subordinazione” della scuola, di chiarire il
rapporto tra “prolungamento e propedeuticità”, di affrontare la distinzione tra
“formazione culturale e formazione professionale” e cioè il tema del “doppio canale
formativo”. Un discorso comprensibile, non c’è dubbio. Ma assai poco gestibile se
portato fuori di una sala conferenze.
Quanto ai temi dell’economia, le cose non sono andate meglio. Si è parlato di
“mondializzazione” e di “insider trading”, ad esempio, dando per scontato il senso di
queste espressioni. Le privatizzazioni, si è detto, dipendono dalla “collocazione
internazionale dell’Italia rispetto a Stati Uniti e Germania”. E parlando di occupazione -
cioè il tema fondamentale della politica italiana - Cazzaniga ha indicato due soluzioni:
un “intervento straordinario” e un “intervento di prospettiva che richiede scelte di
collocazione internazionale”. E così via.
Quattro. Non mi sembra però opportuno riproporre la vecchia questione dell’elitarismo
della sinistra. In realtà il problema è di ordine essenzialmente pratico e strategico: non
riguarda più la distinzione tra élite intellettuali e masse (o tra avanguardie politiche e
masse), ma semplicemente la scelta del pubblico a cui parlare. Da una questione
ideologica e filosofica si è passati ad una questione comunicativa nel senso più ampio.
Sarebbe molto facile, in realtà, proporre oggi una soluzione ai limiti comunicativi
apparsi in modo tanto evidente nel corso del convegno. In realtà, prima di interrogarsi
su come comunicare, è necessario sapere a chi si vuole comunicare. E questa è appunto
una scelta strategica (perfino nel senso di una strategia di marketing). Non esiste infatti
un modo buono di comunicare: esiste un modo conveniente, che rispetta le congruenze
(o le pertinenze) rispetto al profilo culturale del pubblico. Esempi assai semplici ci
vengono dal campo della musica e del cinema. Un autore “commerciale”, come
Verdone nel cinema o Ramazzotti nella musica, non è necessariamente un
comunicatore migliore di un autore che consideriamo “colto” - ad esempio Moretti o
Guccini. Non si tratta di scegliere tra vendibilità e qualità: si tratta di scegliere tra un
pubblico che predilige un certo tipo di cinema o di canzone, e di rivolgersi ad esso con
un linguaggio adeguato.
Applicare questa considerazione ad un movimento politico può sembrare azzardato. Ma
il problema di fondo è assai simile: capire a chi si deve o si vuole comunicare, e
adeguarsi alle ragioni del pubblico di riferimento. Se lo scopo del movimento è di
parlare ad un pubblico che in esso già si riconosce, per questioni ideologiche o affettive
o programmatiche, il linguaggio utilizzato nel convegno è adatto. Se il suo scopo è di
parlare ad altri, invece, il discorso cambia: perché non si può estendere ad un pubblico
più ampio la stessa strategia, fondata sulla condivisione e sulla reiterazione di simboli
che a questo pubblico più ampio non appartengono.
Cinque. Il problema è complesso. Perché non esiste una ricetta comunicativa che sia
valida a prescindere dai contenuti e dal modo di organizzarli. Parlare ad un pubblico
diverso non significa presentare diversamente lo stesso discorso, ma cambiare la
strategia di fondo. Parlare in televisione non significa riprendere un convegno con una
telecamera, ma usare un linguaggio diverso.
Proviamo a chiarire il discorso. Molti dei partecipanti al convegno hanno espresso,
seppure in modi diversi, una sorta di nostalgia verso un passato precedente al “crollo
dei valori”, di cui sembrano essere rimpiante le forti identità politiche e culturali,
marxiste e perfino cattoliche. Ad esempio, Novelli ha ricordato il ruolo essenziale
svolto in passato dalle parrocchie, e Nesi ha citato le opere di nazionalizzazione del
governo Giolitti, affermando che bisognerebbe “insegnare nelle scuole” i testi di alcuni
dibattiti parlamentari del 1911. Queste considerazioni restringono ulteriormente l’area
dei destinatari, ora delimitata non solo in senso ideologico e culturale, ma anche e
22
23. soprattutto in senso generazionale (e l’età media delle persone intervenute al convegno
ne è una testimonianza).
Anche in questo caso, è importante fare chiarezza. Estremizzando il discorso, parlare
soltanto agli ultra-cinquantenni è una strategia possibile e legittima (e non
necessariamente improduttiva): purché se ne sia consapevoli, naturalmente. Un
militante di partito di lunga data, con una forte preparazione sulla storia istituzionale
italiana, ha tutto il diritto di preferire la politica giolittiana a quella contemporanea. Ma
un ventenne, allo stesso modo, ha tutto il diritto di interessarsi alla figura del
subcomandante Marcos più che a quelle che furono le scelte del governo Giolitti.
Sei. Ciò che serve, a mio avviso, è una piena coerenza tra obiettivi politici generali,
scelte strategiche (cioè definizione dell’universo a cui riferirsi) e pratiche comunicative.
Che queste ultime possano risultare efficaci e risolutive a prescindere, è un’illusione
che già per troppo tempo è stata portata avanti. Il vero merito della campagna di
Berlusconi nel 1994, contrariamente a quello che si crede, non è stata l’invasione
sistematica del mercato propagandistico: è stato invece nella scelta del target. Che
buona parte dell’elettorato - quello mediamente più istruito e quindi considerato
“migliore” dalla sinistra - trovasse grotteschi, superficiali e ridicoli gli spot di Forza
Italia era un problema relativo e certamente preventivato: perché questi spot, in
compenso, erano adattissimi al tipo di pubblico a cui Berlusconi aveva voluto
rivolgersi.
Certamente, il linguaggio utilizzato nel convegno è migliorabile. Alcune eccezioni -
come il linguaggio più ordinario e immediato utilizzato da Spagnoli, e la convincente
miscela di fatti politici e memorie personali scelta da Nesi - dimostrano che anche
all’interno del movimento esistono realtà diverse e possibilità di miglioramenti
concreti. Ma, in termini generali, il problema rimane. Il programma dell’incontro, ad
esempio, sollecita la costruzione di “un’alternativa di segno socialista”. Nessun termine
è inopportuno come questo, che può evocare contemporaneamente il socialismo reale e
il socialismo craxiano. Nessun dubbio sul fatto che tutti i partecipanti al convegno
sapessero distinguere questa “alternativa socialista” dai suoi precedenti storici: ma per
una strategia comunicativa più ampia, il termine risulta davvero poco spendibile.
Sette. In conclusione, è bene ripetere il fatto che in campo comunicativo si lavora più
sul concetto di pertinenza che su quello di perfezione. Comunicare bene, infatti,
significa sapersi rapportare in modo fluido al pubblico che si è scelto. Se il pubblico
scelto è quello così rigidamente determinato da coordinate ideologiche, culturali e
generazionali, allora lo stile comunicativo del convegno è certamente adeguato. Se
l’ambizione è di rivolgersi ad un pubblico più ampio, e quindi qualitativamente diverso,
le cose cambiano. Perché un pubblico diverso richiede argomenti diversi e situazioni
culturali diverse, prima ancora che un nuovo stile comunicativo. Innovare una strategia
di comunicazione è possibile solo all’interno di un rinnovamento generale delle
strategie politiche, culturali e organizzative.
Un’ultima considerazione: la pratica della comunicazione nasce sempre in una certa
idea di comunicazione. Se quest’idea, come ha detto Cazzaniga nel corso del convegno,
è soltanto che “la comunicazione mediaticamente in diretta si può facilmente
manipolare”, la necessità di cambiare l’impostazione culturale generale risulterà tanto
più urgente e tanto più necessaria.
23
24. Considerazioni strategiche
A valle delle conclusioni tratte dall’analisi del convegno ‘Le ragioni della
sinistra’ si ritiene opportuno stilare alcune considerazioni generali in merito ad
eventuali accorgimenti da operare o ad alcuni elementi strategici da tenere nella
debita considerazione da un punto di vista strettamente comunicativo.
Uno.
Le prime considerazioni riguardano le modalità comunicative generali, quelle -
per intendersi - legate alla promozione preventiva di un evento, agli strumenti da
utilizzare, al modo in cui utilizzarli, alle modalità gestionali dell’evento, alle
relazioni con la stampa.
Come già si è fatto cenno nella ‘Premessa’ una scarsa efficacia non può e non
deve essere imputata alla scarsità di mezzi finanziari. Se essi, infatti,
rappresentano un elemento certamente importante, è anche vero che l’attenzione
maggiore deve essere posta nelle modalità secondo le quali si opera. Se il deficit
comunicativo è - sotto questo aspetto - palese, bisogna anche tenere in conto
che l’ambito all’interno del quale ci si muove è molto particolare, trattandosi di
un’area politica che ha da sempre basato sulla partecipazione e sul volontariato
la propria forza movimentista e, in sotto analisi, comunicativa. Se oggi è
evidente una carenza partecipativa in campo politico (quindi a maggior ragione
nella sinistra) è anche vero che questa crisi è generalizzata e legata soprattutto
alla dimensione associativa. È quindi non endemica e particolare, ma specchio
dei tempi. Ciò non toglie che, per quanto in crisi, una certa forma di
partecipazione esiste ed è su questa che bisogna puntare per colmare il deficit
comunicazionale. Naturalmente bisogna farlo non più basandosi sui vecchi
sistemi volontaristici, bensì su investimento in formazione. È infatti difficile
poter pensare di ovviare al proprio deficit rivolgendosi esclusivamente a
consulenti professionali esterni (qualora, naturalmente, ci fossero risorse per
farlo), in quanto la dinamica stessa del fare politica comporta una partecipazione
e un investimento affettivo ed emozionale al quale non si può supplire con la
sola professionalità. Ma la crescita di professionalità dei militanti è una strada
perseguibile.
Formazione, dunque, come primo elemento. Apprendimento di una cultura
comunicativa capace soprattutto di saper valutare, di indirizzare e di non
fermarsi (limite storico della sinistra) al primo minimo risultato conseguito,
risultato molto spesso di basso profilo, come testimonia, ad esempio, tutta
l’editoria di produzione diretta della sinistra.
Due.
Ma il problema più grande resta la scarsa considerazione di cui gode nell’area
politica in questione, la cultura comunicativa. Ciò è evidente non solo da certe
battute più volte rilevate in vari contesti, ma soprattutto dalla scarsa
considerazione in cui sono tenuti i soggetti della comunicazione: il mittente,
l’ascoltatore. Questo pare essere l’elemento più drammatico del deficit più volte
24
25. sottolineato, perché se da un lato è sintomo di un evidente autoreferenzialità,
dall’altro è il sintomo - ben più grave - di una concezione ancora dirigista e
verticistica della politica. Potrebbe parere un paradosso, vista la diffusissima
critica al leaderismo. Ma in realtà non lo è, in quanto dietro tale concezione si
nasconde un soggetto politico impersonale (il partito, la segreteria, etc.) e quindi
astratto che a sua volta si rivolge ad un soggetto impersonale (gli elettori, gli
iscritti, i militanti, etc.) e quindi astratto. L’esatto contrario delle modalità
comunicative odierne, in cui non solo chi parla deve essere ben identificato,
deve avere un corpo, una personalità, una voce unici, ma anche chi ascolta non
può essere considerato come parte di unico corpo, bensì come soggetto
autonomo. Oggi la comunicazione avviene fra due soggetti ben definitii, uno
che parla e l’altro che ascolta. A nessuno deve importare che quello che ascolta
lo sta facendo assieme a centinaia, migliaia di altri.
Questo tipo di concezione manca completamente e fintanto che non la si
acquisisce qualunque piano e qualunque strategia comunicativa fallirà.
Tre.
Dal punto di vista, dunque, della strategia comunicativa, oggi anche una idea
politica e, di conseguenza un movimento politico, deve essere considerato come
un prodotto. L’idea politica, oggi, è sì un bene culturale e un valore personale,
ma in senso lato è soprattutto un bene economico, un prodotto che deve
conquistare quote di un mercato in potente espansione. Basandosi su questo
principio, diventano di primaria importanza la rete e i canali di distribuzione.
Gli elementi comunicativi di un movimento politico o - se si vuole -
semplicemente di un’idea politica, infatti, si presentano sotto una duplice veste:
come beni immateriali e come beni materiali. I primi sono l’identità - il valore
dell’idea che deve divenire valore d’immagine - e l’utilizzo dei media e dei new
media come veicoli di tale identità, alfine di trovarle adeguato spazio negli
immaginari di riferimento dei consumatori culturali e politici, di vario ordine e
grado. I secondi sono i prodotti, ovvero gli organi di informazione, i convegni,
le iniziative, la spinta formativa, etc. che da un’idea politica derivano o alla
quale afferiscono. Essi sono in grado di sviluppare un’enorme azione
comunicativa. Per farlo, però, devono esserci, devono essere visibili e presenti,
‘acquistabili’. Così come la più bella campagna pubblicitaria non può essere in
grado di funzionare se il prodotto pubblicizzato non è reperibile nei punti
vendita, nei negozi, nei supermercati, anche l’idea politica-prodotto deve essere
reperibile sul mercato, altrimenti la migliore comunicazione del mondo non
potrà servire a conseguire gli obiettivi essenziali. Ma la sola presenza non basta,
deve essere anche qualificata e attenta: come il profumo Chanel, anche il
prodotto politico in un qualsiasi grande magazzino generalista non vende, non
può vendere. Sarebbe come invitare alla prima della Scala un Ambasciatore e
riservargli il posto in loggione! Dunque, la concezione distributiva assume una
importanza fondamentale, perché deve essere attenta, capillare e dedicata; deve
essere selezionata secondo vari criteri e, soprattutto, deve essere globale, perché
oggi il consumatore politico è mobile e non stanziale, perché fonda il proprio
agire sul soddisfacimento dei propri desideri, perché è mosso da una logica
d’acquisizione maieutica e perché ha una consapevolezza del proprio valore di
consumatore di idee a sua volta generatore di idee, del proprio arbitrio di scelta.
Quattro.
Naturalmente ricette perfette non ne esistono anche perché qualunque bellissima
idea o strategia deve sempre fare i conti con una serie grandissima di
interlocutori che, nel caso politico, possono talvolta divenire degli ostacoli
25
26. insormontabili. Ma possibilità di miglioramento ne esistono. I punti chiave sui
quali lavorare sono di vario genere: di ordine pratico, relativamente alla pratica
comunicativa; di ordine culturale, relativamente alla concezione della
comunicazione e degli attori della comunicazione; di ordine strategico,
relativamente alla costruzione e al posizionamento di una identità unica, ma
dinamica.
26