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MUSICHE, LETTURE, RIFLESSIONI PER
CONOSCERE FRANCESCO D’ASSISI
Soriano nel Cimino, ottobre 2009
LAUDES CREATURARUM
(o Canticum fratris Solis)
Altissimu, onnipotente bon Signore,
Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfano
Et nullo homo ène dignu Te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature,
Spetialmente messer lo frate Sole,
Lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
De Te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli
che perdonano per lo Tuo amore
et sostengo infermitate et tribulatione.
Beati quelli ke ‘l sosterranno in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullo homo vivente po’ skappare:
guai a’ cquelli ke morranno ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte seconda no ‘l farrà male.
Laudate et benedicete mi’ Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.
Altissimo glorioso Dio,
illumina le tenebre de lo core mio
et da me fede dricta,
sperança certa e caritade perfecta,
senno et cognoscemento,
Signore,
che faça lo tuo santo
e verace commandamento. Amen.
O Alto e Glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio
dammi fede retta,
speranza certa,
carità perfetta,
e umiltà profonda,
senno e discernimento,
per compiere la tua volontà.
Amen.
Da: I FIORETTI DI SAN FRANCESCO
Cap. VIII – Della pazienzia, dove è perfetta letizia.
Vegnendo una volta santo Francesco da Perugia a Santa
Maria degli Angeli con frate Leone e tempo di verno, e il
freddo grandissimo fortemente il cruciava, chiamò frate
Leone, il quale andava un poco innanzi, e così disse: -
Frate Leone, avvegna Dio che’ frati minori, in ogni terra,
dieno grande esemplo di santità e buona edificazione:
nondimeno scrivi, e nota diligentemente, che non è ivi
perfetta letizia.
E andando più oltre, santo Francesco il chiamò la
seconda volta: - O frate Leone, benché ‘l frate minore
illumini i ciechi, distenda gli attratti, cacci i demoni,
renda l’udire a’ sordi, l’andare a’ zoppi, il parlare a’
mutoli, e, che maggior cosa è, risusciti il morto di quattro
dì: scrivi che non è in ciò perfetta letizia.
E andando un poco, santo Francesco grida forte: - O
frate Leone,se ‘l frate minore sapesse tutte le lingue e
tutte le scienzie e tutte le scritture, sì ch’e’ sapesse
profetare e rivelare non solamente le cose future, ma
eziandio i segreti delle coscienzie e degli animi: scrivi
che non è in ciò perfetta letizia.
Andando un poco più oltre, santo Francesco ancora
chiamò forte: - O frate Leone, pecorella di Dio, benché
‘l frate minore parli con lingua d’angelo, e sappi i corsi
delle stelle e le virtù dell’erbe, e fòssongli rivelati tutti i
tesori della terra, e cognoscesse le nature degli uccelli
e de’ pesci e di tutti gli animali e degli uomini e degli
àrbori e delle pietre e delle radici e dell’acque: scrivi
che non ci è perfetta letizia.
E andando anche un pezzo, santo Francesco chiama
forte: O frate Leone, benché ‘l frate minore sapesse sì
bene predicare che convertisse tutti gl’infedeli alla fede
di Cristo: scrivi che non è ivi perfetta letizia. E durando
questo modo di parlare ben due miglia, frate Leone con
grande ammirazione il domandò e disse: - Padre, io ti
prego dalla parte di Dio che tu mi dica ove è perfetta
letizia.
E santo Francesco gli rispuose: - Quando noi
giugneremo a Santa Maria degli Angeli, così bagnati
per la piova e agghiacciati per lo freddo, e infangati di
loto e afflitti di fame, e picchieremo la porta del luogo,
e ‘l portinaio verrà adirato e dirà: “Chi siete voi?”, e noi
diremo: “Noi siamo due de’ vostri frati”, e colui dirà:
“Voi non dite vero, anzi siete due ribaldi che andate
ingannando il mondo e rubando le limosine de’ poveri,
andate via”,
e non ci aprirà, e faràcci stare di fuori alla neve e
all’acqua, col freddo e colla fame, infino alla notte,
allora, se noi tante ingiurie e tanta crudeltà e tanti
commiati sosterremo pazientemente sanza turbazioni e
sanza mormorazione, e penseremo umilemente e
caritativamente che quel portinaio veracemente ci
cognosca, e che Iddio il faccia parlare contra noi: o
frate Leone, scrivi che ivi è perfetta letizia.
- E se noi perseverremo picchiando, ed egli uscirà fuori
turbato e come gaglioffi importuni ci caccerà con
villanie e con gotate, dicendo: “Partitevi quinci,
ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, ché qui non
mangerete voi e non albergherete”, se noi questo
sosterremo pazientemente e con allegrezza e con
buono amore: o frate Leone scrivi che qui è perfetta
letizia.
- E se noi, pur costretti dalla fame e dal freddo e dalla
notte, più picchieremo e chiameremo e pregheremo per
l’amor di Dio con gran pianto che ci apra e mettaci pur
dentro, e quelli più scandalizzato dirà: “Costoro sono
gaglioffi importuni, io gli pagherò bene come sono
degni”, e uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e
piglieràcci per lo cappuccio e gitteràcci in terra e
involgeràcci nella neve
e batteràcci a nodo a nodo con quello bastone; se noi
tutte queste cose sosterremo pazientemente e con
allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto le
quali noi dobbiamo sostenere per lo suo amore: o frate
Leone, scrivi che in questo è perfetta letizia.
- E però odi la conclusione, frate Leone; sopra tutte le
cose e grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo
concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo, e
volentieri per l’amor di Cristo sostenere pene, ingiurie,
obbrobbri, disagi.
Però che in tutti gli altri doni di Dio noi non ci
possiamo gloriare, però che non sono nostri ma di Dio,
onde dice l’Apostolo: “Che hai tu, che tu non l’abbia da
Dio? E se tu l’hai avuto da lui, perché te ne glorii come
se tu l’avessi da te?” Ma nella croce della tribolazione
e della afflizione ci possiamo gloriare, però che questo
è nostro. E però dice l’Apostolo: “Io non mi voglio
gloriare se non nella croce del nostro Signore Gesù
Cristo”. Al quale sempre sia onore e gloria, in saecula
saeculorum.
Amen.
DANTE ALIGHIERI, Paradiso, canto XI
Intra Tupino e l’acqua che discende
del colle eletto dal beato Ubaldo,
fertile costa d’alto monte pende
onde Perugia sente freddo e caldo
da Porta Sole; e di retro le piange
per grave giogo Nocera con Gualdo.
Di questa costa, là dov’ella frange
più sua rattezza, nacque al mondo un Sole
come fa questo tal volta di Gange;
però che d’esto loco fa parole,
non dica Ascesi, che direbbe corto,
ma Oriente, se proprio dir vuole.
Non era ancora molto lontan da l’orto,
ch’ei cominciò a far sentir la Terra
de la sua gran virtute alcun conforto;
ché per tal donna, giovinetto, in guerra
del padre corse, a cui, come a la morte,
la porta del piacer nessun diserra;
e dinanzi alla sua spirital corte
et coram patre le si fece unito;
poscia di dì in dì l’amò più forte.
Questa, privata del primo marito,
millecent’anni e più, dispetta e scura,
fino a costui si stette sanza invito;
…
né valse esser costante né feroce
sì che, dove Maria rimase giuso,
ella con Cristo pianse in su la croce.
Ma perch’io non proceda troppo chiuso,
Francesco e Povertà per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso.
La lor concordia e i lor lieti sembianti
amore a maraviglia e dolce sguardo,
facieano esser cagion di pensier santi;
tanto che ‘l venerabile Bernardo
si scalzò prima, e dietro a tanta pace
corse e, correndo, li parve esser tardo.
Oh ignota ricchezza, oh ben ferace!
Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
dietro a lo sposo, si la sposa piace.
Indi sen va quel padre e quel maestro
con la sua donna e con quella famiglia
che già legava l’umile capestro.
…
Poi che la gente poverella crebbe
dietro a costui, la cui mirabil vita
meglio in gloria del ciel si canterebbe,
…
nel crudo sasso intra Tevere ed Arno
da Cristo prese l’ultimo sigillo,
che le sue membra due anni portarno.
Quando a colui che a tanto ben sortillo
piacque di trarlo suso a la mercede
ch’el meritò nel suo farsi pusillo,
a’ frati suoi sì come a giuste rede
raccomandò la donna sua più cara,
e comandò che l’amassero a fede;
e dal suo grembo l’anima preclara
mover si volle tornando al suo regno,
e al suo corpo non volle altra bara.
Da: DARIO FO, Lu santu jullare Francesco
Bolognesi! Bella razza voi siete! E strarompenti di tempra
e di coraggio, vi lanciate a combattere, vi scannate pazzi
di piacere! A fuoco!
Fiammate di rogo, e scanna, e conficca! Sperona cavallo e
sfonda di lancia! Sbraga trippe e squarcia pance!
E ammazza, accoppa di spada, di lancia, di mazza, di
picca!
La scure s’abbatte, sprofondo di fessa, trucca, tigna,
beffa, soffia, zurra, càcchia, ricàcchia tie’!
Bolognesi!
Belli che voi siete! É da tempo infinito che vi trovate in
guerra contro gli Imolesi, quella razza infame, che cagne-
bestie-animali sono! É più che giusto e santo che voi vi
gettiate allo scanno urlando contro tutti quelli,
all’impazzata!
Che scontro! Che battaglia!
Gli avete bruciato mezza città e quelli per vendicarsi si
sono gettati contro le vostre femmine, le hanno
abbrancate e voi a loro avete distaccato anche le porte
della città e ve le siete portate appresso!
Bello avere un nemico, un nemico da scannare! Non
uno solo... E che, siamo allocchi? Allora tutti
verrebbero a sfottere:
- Poveracci... meschini quei Bolognesi, hanno un
nemico solo!
No! Voi in gran numero ne tenete! Nemici puranco di
riserva. Bravi! Che voi sprizzate coraggio da ogni poro!
Siete andati anche contro all’Imperatore, Federico I,
l’Imperatore Barbarossa. Contro ‘sto uomo animale che
da tempo il sangue a tutti i Lombardi come voi
succhiava e vi rubava i denari con le gabelle e
angherie. Voi avete detto: - Basta di ingrassarti delle
carni nostre! Ladrone!
E ci siete andati con i Lombardi, tutti contro a quello, in
una maniera così tosta!, l’avete azzannato e disarcionato
dal cavallo, giù a terra! E ‘sto tedesco si è salvato che
intramezzo ai morti si è intruppato... che altrimenti era
fottuto!
Bravi! Bravi Bolognesi che voi siete stati anche alla Guerra
Santa, quella contro i Catari Provenzali... ‘sti maledetti che
si eran messi contro le sante regole cristiane. E tenevano
l’insolenza pretenziosa di venirci a sbruffare che essi soli
seguivano il giusto Vangelo e che eravamo noi gli eretici e
che Innocenzo III era l’anticristo in terra.
- Quello non è il Papa! Non è nulla e nessuno! Quello è un
antipapa!
Non l’avessero mai detto!
Al Papa Innocenzo III zomparono tutti i santissimi intorno
al capo, montò a cavallo e, caricando di lancia come fosse
un guerriero, trascinò l’armata dei Francesi contro gli
Albigesi! E anche voi Bolognesi siete montati a cavallo con
loro. E’ stato un massacro trionfale!
E nello stesso tempo in cui si lottava contro gli Albigesi, in
un altro campo si dava inizio a una nuova guerra, di gran
lunga più santa, per il Santo Sepolcro da liberare! Ed ecco
che voi generosi siete partiti un’altra volta, vi siete messi
in marcia con frecce e scudi e siete andati con lance e
cavalli.
Ah! Aha! Che massacrata santa! Che bellezza! Bravi!, Terra
Santa di qua, la Provenza di là!
E quelli che sono restati in città, a Bologna, che facevano?
Si grattavano la pancia? No, qualche massacrata dovevano
pur metterla in campo anche loro. Per buona sorte dentro
la città ci stavano i Signori che si azzannavano l’un con
l’altro.
- Ahee! I Bonzoni contro gli Albergitti, i Camarini contro
gli Zamborghi! Ahe!
E si bruciano le case, e s’ammazzano e si sgozzano e
nascono le fazioni di qua e di là. Anche dentro le
famiglie!
Che scannata! Quattrocentocinquanta morti in una
settimana! Tutti Bolognesi!
Che soddisfazione... accopparsi in famiglia! Ma di poi ci
sta un respiro di pace!
Exulte! Iniziano a tornare a casa i combattenti dalla
Provenza... Non tutti. Molti sono rimasti seppelliti là,
morti. Tornavano i salvati ... E che forza! Con il petto in
fuori venivano marciando. No, non marciavano così...
perché molti erano storpi e azzoppati. C’è chi veniva
avanti con la sua gamba mozza... braccio troncato...
quello con l’occhio accecato, quello il piede, quello la
mano... ma con quanto orgoglio!
E allora marciavano con il petto in fuori, ma un poco
sbiroli... così. E di poi son tornati quelli dalla Terra
Santa... pochi... perché mille sono rimasti seppelliti là.
Mille tombe per liberare una tomba sola! Che tombata!
É un piacere!
É bello che al ritorno dalla guerra si abbia il vanto di
poter esclamare: - Io sono stato in battaglia e sono
orgoglioso per la mia città e il mio Paese. Io mi sono
sacrificato! Ma bisogna avere anche i segni della
guerra! Perché se uno non ha ferite da mostrare, che è
azzoppato, sciancato... e come fa?
Dice: - Sono stato alla guerra!
- Ma a chi lo vai a raccontare? E dov’è il segno? Dove
stavi tu nella guerra? Accovacciato sotto al cavallo!
Ma se è segnato... gniie: - La mano, vedi, non ci sta!
L’altra mano non ce l’ho!
Allora quello dice: - Bravo! Questo è stato in guerra, è
un eroe! Qua la mano!
- Non ce l’ho! Prendi il piede!
- Ohi donne... femmine... ma perché piangete? E che è?
Io bene ti conosco a te. Tu sei la madre di quello che è
morto in guerra... E tu? Anche il padre tuo c’è rimasto
ammazzato... E il marito tuo... E il fratello tuo... E
l’amante tuo... E quella ha perduto il padre, il figlio... tutti
li ha perduti! Vedove... quante vedove e quante madri
addolorate! Ma voi siete orgogliose di ‘sta vedovanza! Sì
che siete fiere d’aver donato i figli, gli uomini vostri alla
vostra terra, al vostro Paese!
No? Non siete orgogliose?!
Femmina, che mi vieni a dire? Tu preferiresti avere
ancora il tuo figlio abbracciato vivo... che non fosse
andato giammai alla guerra? E tu il padre tuo?!
E non t’importa della gloria e dell’onore?! E tu il marito, e tu il
fratello... e anche tu? Tutte!?
Oh Dio! Un disastro è! Io sento di già che voi non volete più
ascoltare i discorsi santi dei Maggiori. Voi cominciate a voler
pensare e ragionare con il cervello vostro, con il cranio
vostro!
Questo è di molto grave pericolo! Io vi vedo: tra un giorno o
due, voi andrete al Comune e domanderete al Podestà di
firmare la pace con tutte le città e i nemici che ci stanno... e
anche di fare la pace tra tutti i Signori in lotta a Bologna!
Andate! Andate! Che disastro!
Si, e ci arriverete a ‘sta pace! La pace... ah che bella parola:
paaceeee! Vi riempite la bocca: pace...
Il sole spunta, bello e libero alto nel cielo, speriamo che piova
un poco perché la terra ha sete, abbisogna di pioggia... Oh, la
pioggia che viene, discende... te-te-to-to... Piano con ‘sta
pioggia! Ho detto pioggia... E questo è un diluvio a secchiate!
Così sbatte e ribatte che scende una tempesta tremenda!
E che è ‘sto fulmine?! Basta! Serra ‘sta chiusa! Piove a
sbroffo, piove, piove, piove!
S’allaga la piana, è una frana! Disastro, disastro! Prendi
fiato!...
Torna il sole e di nuovo il tempo buono!
Chi fa festa? É un matrimonio... con canti e balli... Vai in
chiesa... cantare!
Bere, bere, salute, mi ubriaco, allegri, allegri!
Dormi, riposa e sogna...
Risvegliati e ritorna a lavorare, a faticare. I bimbi che
crescono... la figliola più piccina fa l’amore dentro la
cantina, l’amore e la figliola, la figliola è innamorata e ci
resta pregna.
Un matrimonio ci tocca in fretta fare... subito prima che ci
sforni qua il figlio.
Il sole spunta di nuovo, la neve si è sciolta e sotto il grano
cresce.
Un po’ di pioggia d’oro... Pace, pace, pace... La pace! Che
noia ‘sta pace! Sempre uguale... Ogni cosa si ripete, con le
stesse giornate e settimane e le stagioni!
Oh che nostalgia vi verrà della guerra, degli sbatticuore
con le trombe e il gridare e del fuoco che brucia e
divampa... l’andar di truppe, di cavalli..
E da lontano spunta, cresce, spunta e di poi cresce
l’armata e le bandiere, le picche e i tamburi:
«Oh lee! E sfrùnza e spónza! lancia lancia lancia! Tira
frecce! Taglia, mozza!
E le femmine prendile e strappa le vesti... intruppa e
monta e riempila, coprila, godi... ah!, ah!, ah! e
ingravida. E le pance crescono e sfornano figlioli... tanti
figlioli! Tutti bastardi! ».
Questa sì che è una canzone!
Tre giorni dopo, la popolazione andò davvero a
protestare davanti al Comune e tutti gli altolocati della
città furono costretti a riunirsi e firmare il trattato di
pace, il «Concilium Pacis». Il documento esiste ancora
al Comune di Bologna.
E questo grazie all’incredibile discorso provocatorio
del giullare Francesco.
Francesco
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Francesco

  • 1. MUSICHE, LETTURE, RIFLESSIONI PER CONOSCERE FRANCESCO D’ASSISI Soriano nel Cimino, ottobre 2009
  • 2. LAUDES CREATURARUM (o Canticum fratris Solis) Altissimu, onnipotente bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano Et nullo homo ène dignu Te mentovare. Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature, Spetialmente messer lo frate Sole, Lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: De Te, Altissimo, porta significatione.
  • 3. Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento. Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
  • 4. Laudato si’, mi’ Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore et sostengo infermitate et tribulatione. Beati quelli ke ‘l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullo homo vivente po’ skappare: guai a’ cquelli ke morranno ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte seconda no ‘l farrà male. Laudate et benedicete mi’ Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate.
  • 5.
  • 6. Altissimo glorioso Dio, illumina le tenebre de lo core mio et da me fede dricta, sperança certa e caritade perfecta, senno et cognoscemento, Signore, che faça lo tuo santo e verace commandamento. Amen.
  • 7. O Alto e Glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio dammi fede retta, speranza certa, carità perfetta, e umiltà profonda, senno e discernimento, per compiere la tua volontà. Amen.
  • 8.
  • 9. Da: I FIORETTI DI SAN FRANCESCO Cap. VIII – Della pazienzia, dove è perfetta letizia. Vegnendo una volta santo Francesco da Perugia a Santa Maria degli Angeli con frate Leone e tempo di verno, e il freddo grandissimo fortemente il cruciava, chiamò frate Leone, il quale andava un poco innanzi, e così disse: - Frate Leone, avvegna Dio che’ frati minori, in ogni terra, dieno grande esemplo di santità e buona edificazione: nondimeno scrivi, e nota diligentemente, che non è ivi perfetta letizia. E andando più oltre, santo Francesco il chiamò la seconda volta: - O frate Leone, benché ‘l frate minore illumini i ciechi, distenda gli attratti, cacci i demoni, renda l’udire a’ sordi, l’andare a’ zoppi, il parlare a’ mutoli, e, che maggior cosa è, risusciti il morto di quattro dì: scrivi che non è in ciò perfetta letizia.
  • 10. E andando un poco, santo Francesco grida forte: - O frate Leone,se ‘l frate minore sapesse tutte le lingue e tutte le scienzie e tutte le scritture, sì ch’e’ sapesse profetare e rivelare non solamente le cose future, ma eziandio i segreti delle coscienzie e degli animi: scrivi che non è in ciò perfetta letizia. Andando un poco più oltre, santo Francesco ancora chiamò forte: - O frate Leone, pecorella di Dio, benché ‘l frate minore parli con lingua d’angelo, e sappi i corsi delle stelle e le virtù dell’erbe, e fòssongli rivelati tutti i tesori della terra, e cognoscesse le nature degli uccelli e de’ pesci e di tutti gli animali e degli uomini e degli àrbori e delle pietre e delle radici e dell’acque: scrivi che non ci è perfetta letizia.
  • 11. E andando anche un pezzo, santo Francesco chiama forte: O frate Leone, benché ‘l frate minore sapesse sì bene predicare che convertisse tutti gl’infedeli alla fede di Cristo: scrivi che non è ivi perfetta letizia. E durando questo modo di parlare ben due miglia, frate Leone con grande ammirazione il domandò e disse: - Padre, io ti prego dalla parte di Dio che tu mi dica ove è perfetta letizia. E santo Francesco gli rispuose: - Quando noi giugneremo a Santa Maria degli Angeli, così bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo, e infangati di loto e afflitti di fame, e picchieremo la porta del luogo, e ‘l portinaio verrà adirato e dirà: “Chi siete voi?”, e noi diremo: “Noi siamo due de’ vostri frati”, e colui dirà: “Voi non dite vero, anzi siete due ribaldi che andate ingannando il mondo e rubando le limosine de’ poveri, andate via”,
  • 12. e non ci aprirà, e faràcci stare di fuori alla neve e all’acqua, col freddo e colla fame, infino alla notte, allora, se noi tante ingiurie e tanta crudeltà e tanti commiati sosterremo pazientemente sanza turbazioni e sanza mormorazione, e penseremo umilemente e caritativamente che quel portinaio veracemente ci cognosca, e che Iddio il faccia parlare contra noi: o frate Leone, scrivi che ivi è perfetta letizia. - E se noi perseverremo picchiando, ed egli uscirà fuori turbato e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gotate, dicendo: “Partitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, ché qui non mangerete voi e non albergherete”, se noi questo sosterremo pazientemente e con allegrezza e con buono amore: o frate Leone scrivi che qui è perfetta letizia.
  • 13. - E se noi, pur costretti dalla fame e dal freddo e dalla notte, più picchieremo e chiameremo e pregheremo per l’amor di Dio con gran pianto che ci apra e mettaci pur dentro, e quelli più scandalizzato dirà: “Costoro sono gaglioffi importuni, io gli pagherò bene come sono degni”, e uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e piglieràcci per lo cappuccio e gitteràcci in terra e involgeràcci nella neve e batteràcci a nodo a nodo con quello bastone; se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto le quali noi dobbiamo sostenere per lo suo amore: o frate Leone, scrivi che in questo è perfetta letizia. - E però odi la conclusione, frate Leone; sopra tutte le cose e grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo, e volentieri per l’amor di Cristo sostenere pene, ingiurie, obbrobbri, disagi.
  • 14. Però che in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare, però che non sono nostri ma di Dio, onde dice l’Apostolo: “Che hai tu, che tu non l’abbia da Dio? E se tu l’hai avuto da lui, perché te ne glorii come se tu l’avessi da te?” Ma nella croce della tribolazione e della afflizione ci possiamo gloriare, però che questo è nostro. E però dice l’Apostolo: “Io non mi voglio gloriare se non nella croce del nostro Signore Gesù Cristo”. Al quale sempre sia onore e gloria, in saecula saeculorum. Amen.
  • 15.
  • 16.
  • 17.
  • 18. DANTE ALIGHIERI, Paradiso, canto XI Intra Tupino e l’acqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo, fertile costa d’alto monte pende onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di retro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo. Di questa costa, là dov’ella frange più sua rattezza, nacque al mondo un Sole come fa questo tal volta di Gange; però che d’esto loco fa parole, non dica Ascesi, che direbbe corto, ma Oriente, se proprio dir vuole.
  • 19. Non era ancora molto lontan da l’orto, ch’ei cominciò a far sentir la Terra de la sua gran virtute alcun conforto; ché per tal donna, giovinetto, in guerra del padre corse, a cui, come a la morte, la porta del piacer nessun diserra; e dinanzi alla sua spirital corte et coram patre le si fece unito; poscia di dì in dì l’amò più forte. Questa, privata del primo marito, millecent’anni e più, dispetta e scura, fino a costui si stette sanza invito; …
  • 20. né valse esser costante né feroce sì che, dove Maria rimase giuso, ella con Cristo pianse in su la croce. Ma perch’io non proceda troppo chiuso, Francesco e Povertà per questi amanti prendi oramai nel mio parlar diffuso. La lor concordia e i lor lieti sembianti amore a maraviglia e dolce sguardo, facieano esser cagion di pensier santi; tanto che ‘l venerabile Bernardo si scalzò prima, e dietro a tanta pace corse e, correndo, li parve esser tardo.
  • 21. Oh ignota ricchezza, oh ben ferace! Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro dietro a lo sposo, si la sposa piace. Indi sen va quel padre e quel maestro con la sua donna e con quella famiglia che già legava l’umile capestro. … Poi che la gente poverella crebbe dietro a costui, la cui mirabil vita meglio in gloria del ciel si canterebbe, … nel crudo sasso intra Tevere ed Arno da Cristo prese l’ultimo sigillo, che le sue membra due anni portarno.
  • 22. Quando a colui che a tanto ben sortillo piacque di trarlo suso a la mercede ch’el meritò nel suo farsi pusillo, a’ frati suoi sì come a giuste rede raccomandò la donna sua più cara, e comandò che l’amassero a fede; e dal suo grembo l’anima preclara mover si volle tornando al suo regno, e al suo corpo non volle altra bara.
  • 23.
  • 24. Da: DARIO FO, Lu santu jullare Francesco Bolognesi! Bella razza voi siete! E strarompenti di tempra e di coraggio, vi lanciate a combattere, vi scannate pazzi di piacere! A fuoco! Fiammate di rogo, e scanna, e conficca! Sperona cavallo e sfonda di lancia! Sbraga trippe e squarcia pance! E ammazza, accoppa di spada, di lancia, di mazza, di picca! La scure s’abbatte, sprofondo di fessa, trucca, tigna, beffa, soffia, zurra, càcchia, ricàcchia tie’! Bolognesi! Belli che voi siete! É da tempo infinito che vi trovate in guerra contro gli Imolesi, quella razza infame, che cagne- bestie-animali sono! É più che giusto e santo che voi vi gettiate allo scanno urlando contro tutti quelli, all’impazzata! Che scontro! Che battaglia!
  • 25. Gli avete bruciato mezza città e quelli per vendicarsi si sono gettati contro le vostre femmine, le hanno abbrancate e voi a loro avete distaccato anche le porte della città e ve le siete portate appresso! Bello avere un nemico, un nemico da scannare! Non uno solo... E che, siamo allocchi? Allora tutti verrebbero a sfottere: - Poveracci... meschini quei Bolognesi, hanno un nemico solo! No! Voi in gran numero ne tenete! Nemici puranco di riserva. Bravi! Che voi sprizzate coraggio da ogni poro! Siete andati anche contro all’Imperatore, Federico I, l’Imperatore Barbarossa. Contro ‘sto uomo animale che da tempo il sangue a tutti i Lombardi come voi succhiava e vi rubava i denari con le gabelle e angherie. Voi avete detto: - Basta di ingrassarti delle carni nostre! Ladrone!
  • 26. E ci siete andati con i Lombardi, tutti contro a quello, in una maniera così tosta!, l’avete azzannato e disarcionato dal cavallo, giù a terra! E ‘sto tedesco si è salvato che intramezzo ai morti si è intruppato... che altrimenti era fottuto! Bravi! Bravi Bolognesi che voi siete stati anche alla Guerra Santa, quella contro i Catari Provenzali... ‘sti maledetti che si eran messi contro le sante regole cristiane. E tenevano l’insolenza pretenziosa di venirci a sbruffare che essi soli seguivano il giusto Vangelo e che eravamo noi gli eretici e che Innocenzo III era l’anticristo in terra. - Quello non è il Papa! Non è nulla e nessuno! Quello è un antipapa! Non l’avessero mai detto!
  • 27. Al Papa Innocenzo III zomparono tutti i santissimi intorno al capo, montò a cavallo e, caricando di lancia come fosse un guerriero, trascinò l’armata dei Francesi contro gli Albigesi! E anche voi Bolognesi siete montati a cavallo con loro. E’ stato un massacro trionfale! E nello stesso tempo in cui si lottava contro gli Albigesi, in un altro campo si dava inizio a una nuova guerra, di gran lunga più santa, per il Santo Sepolcro da liberare! Ed ecco che voi generosi siete partiti un’altra volta, vi siete messi in marcia con frecce e scudi e siete andati con lance e cavalli. Ah! Aha! Che massacrata santa! Che bellezza! Bravi!, Terra Santa di qua, la Provenza di là! E quelli che sono restati in città, a Bologna, che facevano? Si grattavano la pancia? No, qualche massacrata dovevano pur metterla in campo anche loro. Per buona sorte dentro la città ci stavano i Signori che si azzannavano l’un con l’altro.
  • 28. - Ahee! I Bonzoni contro gli Albergitti, i Camarini contro gli Zamborghi! Ahe! E si bruciano le case, e s’ammazzano e si sgozzano e nascono le fazioni di qua e di là. Anche dentro le famiglie! Che scannata! Quattrocentocinquanta morti in una settimana! Tutti Bolognesi! Che soddisfazione... accopparsi in famiglia! Ma di poi ci sta un respiro di pace! Exulte! Iniziano a tornare a casa i combattenti dalla Provenza... Non tutti. Molti sono rimasti seppelliti là, morti. Tornavano i salvati ... E che forza! Con il petto in fuori venivano marciando. No, non marciavano così... perché molti erano storpi e azzoppati. C’è chi veniva avanti con la sua gamba mozza... braccio troncato... quello con l’occhio accecato, quello il piede, quello la mano... ma con quanto orgoglio!
  • 29. E allora marciavano con il petto in fuori, ma un poco sbiroli... così. E di poi son tornati quelli dalla Terra Santa... pochi... perché mille sono rimasti seppelliti là. Mille tombe per liberare una tomba sola! Che tombata! É un piacere! É bello che al ritorno dalla guerra si abbia il vanto di poter esclamare: - Io sono stato in battaglia e sono orgoglioso per la mia città e il mio Paese. Io mi sono sacrificato! Ma bisogna avere anche i segni della guerra! Perché se uno non ha ferite da mostrare, che è azzoppato, sciancato... e come fa? Dice: - Sono stato alla guerra! - Ma a chi lo vai a raccontare? E dov’è il segno? Dove stavi tu nella guerra? Accovacciato sotto al cavallo!
  • 30. Ma se è segnato... gniie: - La mano, vedi, non ci sta! L’altra mano non ce l’ho! Allora quello dice: - Bravo! Questo è stato in guerra, è un eroe! Qua la mano! - Non ce l’ho! Prendi il piede! - Ohi donne... femmine... ma perché piangete? E che è? Io bene ti conosco a te. Tu sei la madre di quello che è morto in guerra... E tu? Anche il padre tuo c’è rimasto ammazzato... E il marito tuo... E il fratello tuo... E l’amante tuo... E quella ha perduto il padre, il figlio... tutti li ha perduti! Vedove... quante vedove e quante madri addolorate! Ma voi siete orgogliose di ‘sta vedovanza! Sì che siete fiere d’aver donato i figli, gli uomini vostri alla vostra terra, al vostro Paese! No? Non siete orgogliose?! Femmina, che mi vieni a dire? Tu preferiresti avere ancora il tuo figlio abbracciato vivo... che non fosse andato giammai alla guerra? E tu il padre tuo?!
  • 31. E non t’importa della gloria e dell’onore?! E tu il marito, e tu il fratello... e anche tu? Tutte!? Oh Dio! Un disastro è! Io sento di già che voi non volete più ascoltare i discorsi santi dei Maggiori. Voi cominciate a voler pensare e ragionare con il cervello vostro, con il cranio vostro! Questo è di molto grave pericolo! Io vi vedo: tra un giorno o due, voi andrete al Comune e domanderete al Podestà di firmare la pace con tutte le città e i nemici che ci stanno... e anche di fare la pace tra tutti i Signori in lotta a Bologna! Andate! Andate! Che disastro! Si, e ci arriverete a ‘sta pace! La pace... ah che bella parola: paaceeee! Vi riempite la bocca: pace... Il sole spunta, bello e libero alto nel cielo, speriamo che piova un poco perché la terra ha sete, abbisogna di pioggia... Oh, la pioggia che viene, discende... te-te-to-to... Piano con ‘sta pioggia! Ho detto pioggia... E questo è un diluvio a secchiate!
  • 32. Così sbatte e ribatte che scende una tempesta tremenda! E che è ‘sto fulmine?! Basta! Serra ‘sta chiusa! Piove a sbroffo, piove, piove, piove! S’allaga la piana, è una frana! Disastro, disastro! Prendi fiato!... Torna il sole e di nuovo il tempo buono! Chi fa festa? É un matrimonio... con canti e balli... Vai in chiesa... cantare! Bere, bere, salute, mi ubriaco, allegri, allegri! Dormi, riposa e sogna... Risvegliati e ritorna a lavorare, a faticare. I bimbi che crescono... la figliola più piccina fa l’amore dentro la cantina, l’amore e la figliola, la figliola è innamorata e ci resta pregna.
  • 33. Un matrimonio ci tocca in fretta fare... subito prima che ci sforni qua il figlio. Il sole spunta di nuovo, la neve si è sciolta e sotto il grano cresce. Un po’ di pioggia d’oro... Pace, pace, pace... La pace! Che noia ‘sta pace! Sempre uguale... Ogni cosa si ripete, con le stesse giornate e settimane e le stagioni! Oh che nostalgia vi verrà della guerra, degli sbatticuore con le trombe e il gridare e del fuoco che brucia e divampa... l’andar di truppe, di cavalli.. E da lontano spunta, cresce, spunta e di poi cresce l’armata e le bandiere, le picche e i tamburi: «Oh lee! E sfrùnza e spónza! lancia lancia lancia! Tira frecce! Taglia, mozza!
  • 34. E le femmine prendile e strappa le vesti... intruppa e monta e riempila, coprila, godi... ah!, ah!, ah! e ingravida. E le pance crescono e sfornano figlioli... tanti figlioli! Tutti bastardi! ». Questa sì che è una canzone! Tre giorni dopo, la popolazione andò davvero a protestare davanti al Comune e tutti gli altolocati della città furono costretti a riunirsi e firmare il trattato di pace, il «Concilium Pacis». Il documento esiste ancora al Comune di Bologna. E questo grazie all’incredibile discorso provocatorio del giullare Francesco.