1. Interventi basati sulla comunicazione
Tratto da: Il problema di comportamento è un messaggio
E. Carr et al. - Erickson
2. Gestire una crisi di
comportamento:
1)
Quando è possibile ignorare il comportamento
problematico
2)
Proteggere l’individuo o gli altri dalle conseguenze fisiche
del comportamento problematico
3)
Fermare (o bloccare) momentaneamente l’individuo
durante gli episodi di comportamento problematico
4)
Spostare dalle vicinanze del luogo nel quale si sta
verificando la crisi chiunque sia in pericolo a causa del
comportamento problematico
5)
Introdurre suggerimenti o stimoli per facilitare
comportamenti non problematici
3.
Le 5 procedure descritte non sono
particolarmente brillanti, né i loro effetti
durano a lungo e, cosa ancor più
importante, non possono essere
considerate interventi educativi, poiché
un intervento deve implicare
l’insegnamento di nuove abilità che, con
tempo, sostituiscano il comportamento
problematico.
4.
Troppo spesso le persone in difficoltà
vengono ignorate a meno che non
manifestino qualche forma drammatica
di comportamento.
In tali circostanze le persone imparano
rapidamente che il comportamento
problematico costituisce un modo
efficace per ottenere l’attenzione altrui.
5.
In molti studi è stato verificato che:
La ricerca di attenzione è alla base di una
vasta gamma di comportamenti problematici
Molto spesso i comportamenti problematici
servono per aiutare l’individuo a fuggire
situazioni spiacevoli
In molti casi i comportamenti problematici
sono usati dalla persona per ottenere o
riottenere gratificazioni tangibili (oggetto,
cibo, giocattolo…)
6.
In bambini piccoli vari comportamenti
problematici si verificano per le stesse
ragioni.
Il pianto può essere visto come una
primitiva forma di comunicazione.
Man mano che il bambino scopre nuove
forme per richiedere il pianto diventa meno
frequente.
7. Intervento basato sulla
comunicazione
Lo sviluppo delle abilità comunicative
rilevanti può rendere possibile la
sostituzione del comportamento
problematico, in modo che diventi meno
frequente o venga completamente
eliminato.
11. I passi dell’assessment:
Descrivere:
Comprende sia l’intervista sia l’osservazione
diretta al fine di ottenere un quadro chiaro
del contesto di interazioni nel quale si
verifica il comportamento problematico, della
natura specifica del comportamento e delle
reazioni che il comportamento provoca nelle
altre persone.
12. I passi dell’assessment:
Descrivere:
Nome: Gary
Osservatore: Rob
Data : 24.3.92
Contesto generale: piantare le aiuole
Contesto interpersonale: Dopo cinque minuti di lavoro, Gary rallenta
al punto di piantare una piantina ogni due minuti circa. Cal dice a
Gary: “dobbiamo fare un po’ più in fretta” e gli fa vedere come fare
Comportamento problematico: Gary afferra una piantina e la fa a
pezzi. Poi afferra la camicia di Cal e strappa diversi bottoni nella
colluttazione che ne segue.
Reazione interpersonale: Cal si libera dalla presa di Gary e si
allontana di circa tre metri. Dopo 5 minuti Gary si calma. A questo
punto Cal finisce di piantare da solo
13. I passi dell’assessment:
Descrivere:
Molte situazioni un tempo problematiche
possono essere abbandonate nel momento
in cui l’intervista viene condotta.
Il comportamento degli allievi ha effetto sugli
insegnanti (effetti interpersonali) che
possono aver imparato ad evitare situazioni
difficili.
14. I passi dell’assessment:
Categorizzare:
Il secondo passo richiede che tutte le
informazioni raccolte nel corso della
descrizione vengano raggruppate per
situazioni specifiche secondo i diversi scopi
che il comportamento sembra avere
15. I passi dell’assessment
Fasi della categorizzazione
1. Formulazione di ipotesi sullo scopo
2.
Raggruppare in categorie di scopi
3.
Trovare temi comuni all’interno di una
categoria di ipotesi (scopo)
16. Fasi della categorizzazione
1. Formulazione di ipotesi sullo scopo
Variabili che influenzano il comportamento
problematico:
Conseguenze socialmente mediate:
○ L’attenzione
○ La fuga
○ Gratificazioni tangibili
Fattori non sociali:
○ Di natura sensoriale
○ Di natura organica
○ Di natura omeostatica
17. Fasi della categorizzazione
1. Formulazione di ipotesi sullo scopo
Nome: Gary
Osservatore: Rob
Data : 24.3.92
Contesto generale: piantare le aiuole
Contesto interpersonale: Dopo cinque minuti di lavoro, Gary rallenta al
punto di piantare una piantina ogni due minuti circa. Cal dice a Gary:
“dobbiamo fare un po’ più in fretta” e gli fa vedere come fare.
Comportamento problematico: Gary afferra una piantina e la fa a
pezzi. Poi afferra la camicia di Cal e strappa diversi bottoni nella
colluttazione che ne segue.
Reazione interpersonale: Cal si libera dalla presa di Gary e si allontana
di circa tre metri. Dopo 5 minuti Gary si calma. A questo punto Cal
finisce di piantare da solo
Ipotesi (scopo): Gary dà pugni in questa situazione per evitare il lavoro
(FUGA).
18. Fasi della categorizzazione
2. Raggruppare in categorie di scopi
Una volta che il gruppo di lavoro abbia formulato le
proprie ipotesi il passo successivo consiste nel
raggruppare per categorie le ipotesi (scopo).
Molto spesso si troverà che le 3 categorie che
implicano problemi di comportamento mediati
socialmente (attenzione, fuga, gratificazioni
tangibili) giustificano la maggio parte degli episodi.
Quasi sempre il comportamento problematico ha
scopi multipli, cioè può essere messo in atto dalla
stessa persona in contesti diversi per scopi diversi.
19. Fasi della categorizzazione
3. Trovare temi comuni all’interno di una
categoria di ipotesi
Nome: Val ;
Temi comuni nella categoria “Attenzione”
Attività o
lavori
indipendenti
L’insegnante
parla con un
uomo
Attività di
gruppo
Momenti di
transizione
altro
36
34
25
8
5
20. I passi dell’assessment:
Verificare:
Ultimo passo richiede di cambiare la
reazione sociale al comportamento
problematico, oltre al contesto sociale e
fisico, al fine di accertare meglio se un caso
particolare di comportamento problematico
abbia veramente uno scopo specifico (o una
funzione).
21. Programmazione d’intervento:
Insegnare a chiedere attenzione:
Dicendo “finito” quando svolge un’attività
autonoma
Salutando quando l’insegnante parla con
qualcuno
Dicendo “tocca a me” in situazioni di gruppo
22. Programmazione dell’intervento:
Oltre al training di comunicazione è
importante:
L’aumento della tolleranza alla dilazione del
rinforzamento
Insegnare ad operare scelte
23.
24. La costruzione dell’alleanza
Il rapporto costituisce una parte
importante dell’approccio basato sulla
comunicazione che presuppone ci siano
due persone che vogliono interagire.
La presenza di una delle due parti
costituisce un segnale (o stimolo
discriminativo) perché l’altra inizi e
mantenga la comunicazione.
25. La costruzione dell’alleanza
I fase:
Trasformarsi in un segnale che anticipa il
rinforzamento: se ci si associa ripetutamente
a un’ampia gamma di attività, di persone e
di cose positive per una certa persona, alla
fine la propria presenza diventerà un
segnale del fatto che si è protagonisti di
molte attività gradite.
26. La costruzione dell’alleanza
I fase:
All’inizio le situazioni preferite vengono
offerte incondizionatamente (in modo non
contingente). Non si chiede alla persona in
difficoltà di guadagnare o di chiedere tali
rinforzatori, la persona potrebbe rifiutarli o
magari non sapere come chiedere. In ogni
caso il tentativo di costruire un rapporto
sarebbe minato alla base.
27. La costruzione del rapporto
I fase:
L’intervento inizia a funzionare quando la
persona inizia a rispondere alla presenza
dell’educatore, lo guarda, sorride, cerca la
vicinanza fisica…
L’idea fondamentale è quella che
l’educatore e la persona con problemi di
comportamento possono interagire in un
contesto di esperienze condivise gratificanti.
28. La costruzione del rapporto
II fase:
Trasformarsi in un segnale che faciliti
l’avvicinamento e la comunicazione
semplice: obiettivo è quello che la persona
ci si avvicini quando ciò è opportuno e che
comunichi in qualunque maniera.
29. La costruzione del rapporto
II fase:
In questa fase insegniamo il comportamento
sostitutivo seguendo strategie
comportamentali
30. La costruzione dell’alleanza
II fase:
Abbiamo raggiunto un buon risultato se la
persona verrà frequentemente a cercarci e
ci farà molte richieste
Questa fase dell’intervento potrebbe essere
faticosa o noiosa….dura solo alcuni gorni
31. Aumentare la tolleranza alla
dilazione della gratificazione
Una volta che le alternative ai
comportamenti problematici siano ben
stabilizzate, è giunto il momento di
insegnare alla persona con difficoltà una
migliore tolleranza alla “dilazione del
rinforzamento”.
32. Aumentare la tolleranza alla
dilazione della gratificazione
La tattica fondamentale consiste nel
richiedere alla persona di completare un
compito prima che venga esaudita la
sua richiesta.
Si può aumentare gradualmente la
qualità e la quantità dei compiti richiesti
per svolgere l’attività in modo da
produrre dilazioni via via maggiori.
33. Aumentare la tolleranza alla
dilazione della gratificazione
È molto importante assicurarsi che
periodi di lavoro siano associati a
successivi periodi durante i quali la
persona ottiene ciò che desidera.
Se i periodi di lavoro segnalano
semplicemente l’impossibilità di avere
ciò che si desidera, è facile che si
presentino comportamenti problematici.
34. Sequenza dei passaggi di
insegnamento
L’individuo esprime una richiesta
2. In risposta a tale richiesta l’insegnante chiede
all’individuo di svolgere un’attività costruttiva,
con la promessa che al termine ci sarà il
rinforzamento
3. Quando l’attività è completata l’individuo
esprime nuovamente la propria richiesta
4. L’insegnante riconosce che l’attività è stata
completata in maniera corretta e prosegue
soddisfacendo la richiesta iniziale
1.
35. Altre strategie per migliorare la
collaborazione:
La contestualizzazione positiva delle
richieste
Fornire alternative di scelta
36. La generalizzazione
La generalizzazione non programmata
costituisce l’eccezione piuttosto che la regola.
Se si desidera che i miglioramenti
comportamentali si verifichino in varie
situazioni, con diverse persone, in diversi
ambienti e di fronte a vari compiti, occorre
prevedere un intervento che coinvolga varie
persone, vari ambienti e vari compiti.
La generalizzazione non programmata si
verifica di solito quando è stata condotta la
procedura di generalizzazione programmata in
un numero elevato di situazioni.
37. Il sostegno per chi sostiene le
persone disabili
Genitori, insegnanti e
operatori hanno bisogno di
supporto, esattamente
come le persone disabili.
Non sono distributori
automatici di rinforzatori.
Non tenere conto di ciò
significa aumentare la
probabilità che si creino
problemi di mantenimento.