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Progetto pesca
Classe quinta
Brolo - Via Trento
La pesca ha accompagnato l’uomo fin dagli albori della sua
comparsa. Le antiche tribù si stabilirono lungo le coste e
trovarono una grossa e preziosa fonte alimentare alla
quale attingere, pescando pesci e altri organismi. In
generale possiamo dire che l’uso di strumenti da pesca è
molto antico, non molto diverso da quello che ne viene
fatto oggi. Esistono testimonianze archeologiche di reti
utilizzate nel Neolitico.
Già nel IV millennio a.C. si hanno testimonianze che in
Egitto venissero utilizzate reti da molti pescatori. Gli
Egizi si servivano di corde in fibra di palma o lino, con cui
fabbricavano reti, arpioni e ami in bronzo e osso, mentre
il filo poteva essere di lino o di crine di cavallo oppure di
setole di cinghiale, comunque sufficientemente robusto
da sopportare gli strattoni del pesce catturato.
Tra i primi attrezzi di pesca ci furono gli arpioni e le
fiocine, simili alle lance usate per la caccia a terra.
Ancora oggi tribù africane e sudamericane utilizzano
questo sistema di pesca.
Ai tempi dei Romani esistevano le nasse, che erano
fabbricate con bacchette di legno e reti, all’interno delle
quali venivano messe delle esche per attirare gli altri
pesci.
Nelle acque nello stretto di Messina, invece, si praticava
e si pratica ancora oggi la pesca del pesce spada, che si
tramanda da secoli di generazione in generazione. Essa si
effettua da un’imbarcazione particolare a cinque remi,
detta “Feluca”. Queste antiche imbarcazioni erano lunghe
poco più di sei metri, dipinte di nero, snelle e veloci; oggi
ne esistono soltanto una dozzina. Sono caratterizzate da
un alto albero maestro, chiamato “Farere”, oggi alto sino
a 25 metri, ma anticamente solo 3,5 metri, in cima al
quale si colloca il pescatore, che ha il compito di
avvistare il pescespada, e da una lunga passerella posta
anteriormente a sbalzo della prua dove si posiziona il
fiocinatore.
Dall’alto dell’albero maestro della “Feluca”, il pescatore
antenniere , avvistata la preda, gettava un grido
d’allarme. Il fiocinatore aspettava il momento opportuno
per lanciare la fiocina uncinata, assicurata
all’imbarcazione da una lunga lenza. In quest’antica lotta
non era sempre l’uomo a vincere, era una battaglia lunga e
dura, che è costata la vita a diversi pescatori, per questo
motivo veniva invocata la protezione di “Santa Marta
Biniditta”.
Non di rado il compagno o la compagna del pescespada
catturato, infatti, vedendolo in pericolo, cercava di
difenderlo, a volte anche aggredendo l’uomo.
Di questa storia d’amore o di morte si è fatto interprete
Domenico Modugno
nella canzone “ U piscispada”.
Le parole recitano così:
U Piscispada
Ti pigghiaru à fimminedda
Drittu drittu ‘ntra lu cori
E chiancia di duluri
Aya aya aya aya aya!
E la varca la strascinava
E lu sangu nni curria
E lu masculu chiancia
Aya aya aya aya aya!
E lu masculu
Paria ‘mpazzutu
Cci dicia :
“Bedda mia,
nun chiangiiri!
Bedda mia,
nun chiangiiri!
Dimmi tia ch’haiu a fari!”
Rispunnia la fimminedda
Cu nu filu ‘e vuci :
“Scappa,scappa,
amuri miu,
ca sinnò t’accideran!”
No no no no no amuri miu
Si tu mori
Vogghiu muriri
ansieme a tia!
Si tu mori, amuri miu
Vogghiu muriri!
Cu nu saltu
si truò cu issa‘ncucchiu
‘ncucchiu
Cori a cori,
E accussì finiu l’amuri
Di due pisci sfurtunati
Chista è na storia
D’un piscispada
Storia d’amuri…
Anche a Brolo, nei tempi antichi, le attività commerciali
si basavano principalmente sulla pesca.
I pescatori abitavano al castello perché, in passato, il
paese era formato solo dall'attuale borgo che circondava
questo edificio.
Nel pomeriggio i pescatori si radunavano sulla spiaggia e
preparavano le barche per la pesca: erano divisi in
ciurme. Al tramonto, la barca più grande chiamata
"Lampara", perché dotata di luci per attirare i pesci,
partiva, mentre le altre rimanevano a terra. Quando
arrivava al largo, se la quantità di pesci era sufficiente, i
pescatori chiamavano gli altri rimasti a terra con una
brogna, che aveva un suono diverso a seconda della
ciurma. Questi ultimi partivano con una barca a remi e
con le reti, chiamate "cinciolo“, che, successivamente,
buttavano a mare. Spesso le reti si rompevano a causa
dell'abbondanza di pesce, per questo si perdeva tutto il
pescato.
Si pescava il cosiddetto pesce azzurro: alici, sarde, sauri,
“ope” e sgombri.
I pescatori ritornavano la mattina seguente con le barche
piene di pescato. Questo veniva venduto a uomini e donne
chiamati "Riatteri", che vendevano il pesce sia a Brolo
che nei paesi vicini, come Sinagra, Ficarra e Ucria.
Le donne partivano a piedi con le ceste stracolme di
pesce sopra la testa, mentre gli uomini usavano le
biciclette.
Per pesare il pesce veniva impiegata una bilancia chiamata
"stradia".
I pescatori usavano le barche di legno e, certe volte, stavano
dieci giorni o più in barca per andare al largo in modo da
prendere pesci molto grossi.
Mio nonno mi ha raccontato che, una volta, un gruppo di persone
è andata alle isole e ha catturato un tonno pinna gialla e un
pesce spada. Lui non ne aveva mai visti ed è rimasto a bocca
aperta.
Pescavano con le reti: le buttavano in mare e, quando erano
piene, le tiravano su e dentro c’erano tanti pesci.
I pesci più pescati erano i pettini ed i pesci da brodo.
Si utilizzava anche “a pruppara”, che era adatta a
pescare solo i polpi : era costituita da un pezzo di
sughero quadrato rivestito di nastro isolante bianco,
all’estremità c’erano attaccati degli ami e poi tantissimo
filo da pesca. Per pescare i polpi , si doveva tirare la
“pruppara” il più lontano possibile e, quando si sentiva
tirare il filo, si cominciava ad avvolgerlo piano piano fino a
quando non si riportava a riva.
Una rete utilizzata era la “sciabica”, detta “sciabbacuni”: una
cima veniva legata a riva, mentre l’altra cima veniva trasportata
su di una piccola barca e calata in acqua, ma trattenuta con
l’altra cima. La rete assumeva una forma semicircolare e non
veniva calata a più di 200 metri dalla riva.
I pescatori iniziavano a tirare la “sciabica” per fare in modo che
i pesci rimanessero intrappolati nella parte centrale. Con
movimenti lenti, i pesci venivano trascinati a riva man mano che
i pescatori tiravano la rete. I pesci più pescati erano sarde ed
acciughe.
Oltre alle sciabiche, si usavano strumenti e
tecniche di pesca diversi:
Reti da circuizione
Reti a strascico
Reti da posta Nasse
Avanti
Reti da circuizione
La rete da circuizione è uno strumento e una tecnica di pesca
indirizzata in genere a specie che vivono in banchi, sia piccoli sia grandi
che grandissimi.
Il tipo più comune di rete da circuizione prende il nome di angiologi o
scacco leva (al Nord) ed è orientato alla cattura del pesce azzurro.
I banchi di pesci vengono attirati, nelle ore notturne, in prossimità delle
barche tramite l’impiego di fonti luminose (lampare).
Quando il branco è ben compatto viene stesa intorno a esso una rete
rettangolare con sugheri nella parte alta e piombi (lima di piombi) in
quella inferiore. Il banco viene così circondato, ed è in questo momento
che i pescatori chiudono la parte inferiore della rete, che viene
lentamente issata fino a quando i pesci sono concentrati in uno spazio
piccolo e possono essere recuperati con un coppo.
Le reti da circuizione, nelle imbarcazioni attrezzate con mezzi acustici,
come un sonar, possono essere utilizzate anche di giorno.
In entrambi i casi, questa tecnica richiede condizioni meteo marine
ottimali, il che la rende una pesca tipicamente stagionale.
Reti a strascico
La pesca a strascico è un metodo di pesca che consiste nel
trainare attivamente una rete da pesca sul fondo del mare. La
rete, che può essere trainata da una o due barche, ha
generalmente forma conica; la parte terminale, apribile per
estrarre il pescato, prende il nome di sacco, l’apertura invece
prende il nome di bocca e la parte centrale di ventre. Questa
rete, nelle sue varianti “a divergenti”, “a coppia” e “con grande
apertura verticale”, opera sul fondo marino, portata incontro al
pesce catturato durante il progressivo avanzamento della barca
(o delle barche).
Il tipo più comune di rete a strascico (utilizzata per prede che
stiano sul o nei pressi del fondale) è la paranza, in origine
manovrata da due imbarcazioni, ma oggi in genere messa in
pesca anche da un solo peschereccio.
Pesca con sciabiche
Un antichissimo tipo di rete usato in tutte le marinerie è la
sciabica. Questa, manovrata da varie persone, presenta tipi
diversi di maglia, più larga alle estremità e più stretta al centro.
La sciabica è generalmente distinta in due tipi: le sciabiche da
spiaggia per la pesca del novellame, e le sciabiche da tiro con
natante adatte ai fondali più profondi. In entrambi i casi, il
posizionamento avviene per mezzo di una barca che cala a
semicerchio le lunghe braccia (ali) e il piccolo sacco, in modo
tale da catturare il pesce nel suo avanzamento.
Nel caso del novellame, le sciabiche possono essere tirate dalla
spiaggia e vengono usate con molta cautela, facendole scivolare
lentamente lungo il fondale.
Reti da posta
Tra le reti maggiormente diffuse nel segmento della piccola
pesca, specialmente a livello regionale, un posto di rilievo è
occupato dalle antiche reti da posta (nate principalmente per la
pesca di sarde e acciughe).
Queste reti sono usate soprattutto dove non è possibile lo
“strascico” a causa delle asperità dei fondali.
Sono un attrezzo da pesca professionale costituito da una rete
disposta verticalmente, e spesso molto lunga, che viene calata
in mare lasciando che siano le prede a raggiungerla e a
rimanervi impigliate. Queste reti “passive” vengono distinte in
reti fisse e ferrettate (più adatte alla cattura del pesce
pelagico).
A seconda delle specie insidiate e della profondità di esercizio,
infatti, variano nella forma, nella dimensione e nell’assemblaggio
Le Nasse
Tra i sistemi di pesca ancora oggi impiegati uno dei più antichi e
interessanti è quello che utilizza le nasse: delle vere e proprie
“trappole” che attirano il pesce sempre più al loro interno
tramite un’esca viva, costruite in giunco e olivastro e montate
su telaio rigido.
Esistono diversi tipi di nasse. I principali sono: a campana e a
barile. Entrambi si basano su una strozzatura dell’entrata che
costringe il pesce, attirato dall’esca, a entrare forzando le
maglie. In questo modo la preda non è poi più in grado di
lasciare la trappola.
Le nasse sono generalmente posizionate al largo la sera, e
recuperate la mattina seguente per sostituire l’esca e scaricare
il pescato.
Si pescavano tutti i pesci che si trovavano nel Mediterraneo per
esempio tonno rosso sarde e anciovi salati.
Il Cinciolo
Le reti a cinciolo o cianciolo per la pesca delle acciughe
e delle sardine possono raggiungere gli 800 metri di
lunghezza e i 300 metri d'altezza.
Molto redditizia è la pesca con fonti luminose, le quali
permettono di richiamare in prossimità delle barche i
banchi di pesce. In questo caso, due o tre piccole barche
sono di appoggio al peschereccio principale. La rete è
manovrata dai pescatori in modo da accerchiare
rapidamente il pesce, per poi tirare con tempestività il
cavo di chiusura della rete. Questo tipo di pesca viene
fatto essenzialmente in Tirreno, Adriatico e dai
motopescherecci siciliani.
La Lampara.
La Lampara era una particolare imbarcazione fornita di lampade a
carburo o a petrolio destinata alla pesca notturna, ma il termine, più che
essere riferito tout court all'azione dell'illuminare, si trova
inizialmente a indicare la rete a circuizione (detta anche réta vulànde)
e, più in generale, il sistema di pesca con rete alla deriva e con luce
abbagliante.
Veniva praticata in tutte le stagioni, nelle notti senza luna, ma con mare
calmo.
Ad essa partecipavano una barca a motore con rete e tre battelli,
ognuno dei quali servito da due marinai e con due riflettori.
Il lavoro era indirizzato alla pesca di pesce turchino e verde, sarde e
sgombri.
Brogna
La brogna è uno strumento a fiato utilizzato quasi
esclusivamente da segnale, costituito dal classico tritone.
Si tratta di una grossa conchiglia univalva a cui,
asportato l’apice, si praticava un foro al quale si adattava
un bocchino di latta o di stagno.
La brogna prendeva il nome di buccina proprio perché,
come strumento a fiato, si suonava mettendo il beccuccio
in bocca. Soffiandovi dentro, se ne ricavava un suono
roco e rimbombante. 
Pesce spada
Il pesce spada è presente nelle zone tropicali, subtropicali e temperate di tutti
gli oceani, nonché nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero…
Il corpo è di colore scuro sul dorso, argenteo con riflessi violacei sui fianchi e
tendente al bianco sul ventre. L’aspetto è caratterizzato dalla presenza
dell'inconfondibile "spada, che è usata come arma di offesa (per la caccia) e di
difesa dall'unico predatore (uomo escluso) che comporta un serio pericolo alla
vita del pesce spada: lo squalo mako. La coda è estremamente forcuta e sottile, a
forma di mezzaluna. Questi pesci raggiungono grosse dimensioni, con una
lunghezza massima di oltre 4,5 m e un peso che supera abbondantemente i 400 kg.
Preda principalmente sgombri, tonni di piccole dimensioni, barracuda, pesci
volanti, clupeidi e molluschi cefalopodi.
I pesci spada riescono ad aumentare la temperatura del cervello e degli occhi fino
a 10 gradi centigradi rispetto alla temperatura esterna. Questo meccanismo
fisiologico migliora la visione e la coordinazione al fine di cacciare con più
efficienza
Ci sono fonti che testimoniano come il pesce spada venisse già pescato
nello Stretto di Messina fra il XVII ed il XV secolo a.C. Vennero alla luce, infatti,
resti di villaggi preistorici risalenti all'età del bronzo e, fra questi, alcuni rifiuti
di pasto contenenti ossa di pesce spada. La pesca del pesce spada, si potrebbe
definire anche caccia al pesce spada, nel vero senso del termine, vista la
procedura adottata. La pesca con le feluche o spadare, una sorta di reti, è vietata
e causa la morte di altre specie marine in pericolo, quali le 
tartarughe marine ed i cetacei.
Alice o Acciuga
L'acciuga o alice è un pesce diffuso nell'Oceano Atlantico orientale. È
presente e comune nei mari Mediterraneo, Nero ed'Azov.
Si tratta di un pesce dalle abitudini gregarie e migratorie, che può
avvicinarsi alla riva soprattutto durante il periodo riproduttivo.
Corpo lungo, provvisto di squame, muso breve. Le pinne pettorali sono
normali. La pinna caudale è a V. L’acciuga si distingue dagli altri per
avere la mascella di sotto più corta di quella di sopra. Il colore è verde
azzurro, i fianchi e la pancia sono di colore argento, lungo i fianchi c'è
una linea a volte marrone. Può essere lunga da 12-18 centimetri fino ad
un massimo di 20 centimetri.
La pesca delle acciughe, come raccontano i pescatori, poteva essere
praticata in due modi: con il cinciolo o cianciolo di notte, con l’ausilio di
una fonte luminosa o con la menaida (un tipo di rete fissa simile al
tramaglio), con o senza l’ausilio della lampara.
Sarda
La sardina è un pesce fra i più diffusi nel mar Mediterraneo, della stessa famiglia
dell'aringa. È l'unica specie del genere Sardina.
È una specie pelagica e si può trovare tanto lontano dalle coste quanto in pochi
centimetri d'acqua (soprattutto durante la buona stagione).
La sardina ha il corpo ovale con squame ventrali appuntite, la bocca è rivolta verso
l'alto e l'occhio è grande. Tutto il corpo, ad eccezione della testa, è ricoperto di
grosse squame molto caduche. Le pinne ventrali sono inserite molto indietro, ben
oltre la pinna dorsale, le pinne pettorali sono inserite in basso.
Ha i fianchi e il ventre bianco argentei, mentre il dorso è verde-azzurro con
riflessi iridescenti, sul fianco si allineano una fila di macchie scure, poco visibili in
vivo. Raggiunge la lunghezza di 20-25 cm.
Vive in banchi molto fitti e disciplinati, composti da centinaia o migliaia di
individui.
Specie di estremo interesse per la pesca professionale, viene catturata in grande
quantità nei paesi del mar Mediterraneo, Le carni sono ottime, soprattutto se
freschissime.
Sauro
Il sugarello o suro è un pesce d'acqua marina.
Si trova nell'Oceano Atlantico nord-orientale, nel Mar Mediterraneo e
raramente nel Mar Nero.
Presenta una linea laterale estesa lungo quasi tutto il dorso, che è verde
con vivaci iridescenze. I fianchi sono argentei e ha una macchia nera
sulla parte postero-superiore dell'opercolo e un'altra all'ascella delle
pettorali. È lungo normalmente circa 30 cm, ma alcuni esemplari
raggiungono i 40 cm.
Si riunisce in grandi banchi nelle acque costiere, dove si nutre di
crostacei e altri pesci. I giovani si riuniscono in branchi sotto l'ombrello
di grosse meduse, trovando riparo e protezione senza alcun pericolo in
quanto immuni dal veleno. Il sugarello è commestibile e può essere
affumicato, fritto, salato e cotto.
Boga, in dialetto Opa
E’ un pesce molto diffuso in tutti i nostri mari; ha il corpo fusiforme, la
bocca piccola e leggermente obliqua. Il colore del dorso è giallo-
verdastro con riflessi metallici. Lungo il corpo, quando l’animale è ancora
in vita, spesso sono presenti tre-quattro strisce longitudinali dorate. Il
ventre ed i fianchi hanno un colore argentato. L’animale, anche se può
raggiungere una dimensione fino a 40 cm, solitamente misura 15-20 cm.
La boga ha questo nome poiché etimologicamente significa “occhio di
bue”.
Vive quasi sempre in banchi. Può arrivare fino a 200 m di profondità. E’
diffusissima in tutti i nostri mari.
La boga si può catturare quasi con ogni tecnica di pesca costiera,
soprattutto tramagli e reti da circuizione, ma anche reti a strascico e
nasse. Abbocca inoltre molto facilmente alle lenze innescate con vermi
marini, pezzetti di gambero, molluschi vari, sardine e anche impasti di
pane, sardine, formaggio, ecc. utilizzati comunemente per la pesca
dei cefali.
Le carni non sono molto apprezzate a causa del cattivo odore che può
dar loro la fermentazione del contenuto dell'intestino.
Sgombro o lacerto o maccarello
Tipico pesce azzurro, questa specie è diffusa nelle acque costiere
del Mediterraneo e del Mar Nero, nonché nel Nord Atlantico. Abita le
acque fino a 200 metri di profondità, svernando in acque profonde e
tornando verso le coste nelle stagioni più calde.
Il corpo è allungato e affusolato, con bocca a punta e occhi grandi.
La livrea presenta un dorso grigio-bluastro, che sfuma verso i fianchi
fino a incontrare il ventre bianco argenteo. Dal dorso partono delle
tigrature verticali nere. Raggiunge eccezionalmente una lunghezza di
50 cm e ha una speranza di vita di 17 anni.
Si nutre di plancton, meduse, piccoli pesci …
Viene catturato in grandi quantità soprattutto con le reti da circuizione.
Nel corso del XX secolo la pesca di sgombri è aumentata sensibilmente,
arrivando perfino al rischio di estinzione.
Lo sgombro è uno dei pesci più utilizzati e apprezzati della dieta
mediterranea, ma la presenza di una particolare proteina, fa dello
sgombro la causa di un'allergia alimentare anche grave.
“A pruppara”
La polpara altro non è che una lenza avvolta
intorno a un pezzo di sughero o compensato
utilizzata, come si evince dal nome,
 per la pesca del polpo di scoglio.
Questa lenza (che in determinati periodi 
dell'anno può attrarre anche altri molluschi) è dotata
nella parte terminale di circa quattro asole, dove
vengono bloccate le esche, ed un piombo. Per esca si
utilizzano solitamente dei piccoli granchi di scoglio,
affiancati da pezzi di stoffa bianca o zampe di galline
legate
in cima alla lenza, con lo scopo di richiamare l'attenzion
e dei polpi. Essi si attaccheranno allo spago e saranno
quindi catturati.
Polpo
Il polpo comune o piovra viene chiamato spesso erroneamente polipo.
Il termine polpo ha origine dal latino pōlypus, da una
forma greca dorica "piede", quindi "dai molti piedi".
Il termine piovra, invece, deriva da pieuvre, forma
dialettale normanna derivante dal latino pōlypus. È
un mollusco cefalopode molto diffuso nei bassi fondali, non oltre i 200
metri. Preferisce i substrati aspri, rocciosi, perché ricchi di fessure e
piccole caverne in cui nascondersi: l'assenza di endo- ed esoscheletro
gli permette di prendere qualsiasi forma e di passare attraverso
cunicoli molto stretti.
Il polpo possiede 3 cuori e ha la capacità di cambiare colore molto
velocemente e con grande precisione nel dettaglio. Sfrutta questa
abilità sia per mimetizzarsi che per comunicare con i suoi simili. È
considerato uno degli invertebrati più intelligenti; è stato, per esempio,
dimostrato che il polpo comune ha la capacità di apprendere. Una volta
pescato, è in grado di riguadagnare la libertà uscendo attraverso i
boccaporti delle navi. Sottoposto a test durante i quali gli è stata
somministrata una preda rinchiusa in un barattolo, il polpo ha
dimostrato di essere in grado di aprire il barattolo per raggiungere il
cibo.
I Riatteri
La pescagione veniva portata al mercato all'ingrosso del
pesce dove attendevano i "riatteri“, cioè i pescivendoli.
Costoro erano una categoria talvolta disprezzata dai
pescatori, i quali, dopo aver lavorato e lottato, si
vedevano spesso pagare miseramente il frutto delle loro
fatiche.
Pettine
Noto in italiano come pesce pettine, è un pesce osseo di mare.
Questa specie è diffusa in tutto il mar Mediterraneo e nell'Oceano
Atlantico. Lungo le coste italiane non è comune se non localmente.
Vive su fondi di sabbia sottile a piccole profondità, fino a 15-20 m.
È molto compresso lateralmente ed ha un caratteristico profilo
ripidissimo con fronte spiovente verticalmente. Il colore della femmina
è grigiastro o color sabbia con tonalità che danno sul rossastro o
sull'arancio con linee blu vivo attorno all'occhio. Il maschio adulto è
complessivamente grigio con tonalità giallastra con qualche macchietta
rosa salmone.
In caso di pericolo, da una posizione immobile presso il fondale sabbioso,
compie uno scatto improvviso, infilandosi quasi istantaneamente nel
fondale sabbioso. Dopo qualche tempo, si può vedere riapparire la testa
spuntare dalla sabbia, quindi il resto del corpo.
Noi ragazzi
ci auguriamo di non avervi annoiati
e vi salutiamo…
La Pesca a Brolo - STORIA E TECNICHE - Classe Quinta Primaria - Brolo Via Trento
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Un mare di scienza (DLTM) - Scuola Media Pellico - La Spezia
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La Pesca a Brolo - STORIA E TECNICHE - Classe Quinta Primaria - Brolo Via Trento

  • 2. La pesca ha accompagnato l’uomo fin dagli albori della sua comparsa. Le antiche tribù si stabilirono lungo le coste e trovarono una grossa e preziosa fonte alimentare alla quale attingere, pescando pesci e altri organismi. In generale possiamo dire che l’uso di strumenti da pesca è molto antico, non molto diverso da quello che ne viene fatto oggi. Esistono testimonianze archeologiche di reti utilizzate nel Neolitico.
  • 3. Già nel IV millennio a.C. si hanno testimonianze che in Egitto venissero utilizzate reti da molti pescatori. Gli Egizi si servivano di corde in fibra di palma o lino, con cui fabbricavano reti, arpioni e ami in bronzo e osso, mentre il filo poteva essere di lino o di crine di cavallo oppure di setole di cinghiale, comunque sufficientemente robusto da sopportare gli strattoni del pesce catturato.
  • 4. Tra i primi attrezzi di pesca ci furono gli arpioni e le fiocine, simili alle lance usate per la caccia a terra. Ancora oggi tribù africane e sudamericane utilizzano questo sistema di pesca. Ai tempi dei Romani esistevano le nasse, che erano fabbricate con bacchette di legno e reti, all’interno delle quali venivano messe delle esche per attirare gli altri pesci.
  • 5. Nelle acque nello stretto di Messina, invece, si praticava e si pratica ancora oggi la pesca del pesce spada, che si tramanda da secoli di generazione in generazione. Essa si effettua da un’imbarcazione particolare a cinque remi, detta “Feluca”. Queste antiche imbarcazioni erano lunghe poco più di sei metri, dipinte di nero, snelle e veloci; oggi ne esistono soltanto una dozzina. Sono caratterizzate da un alto albero maestro, chiamato “Farere”, oggi alto sino a 25 metri, ma anticamente solo 3,5 metri, in cima al quale si colloca il pescatore, che ha il compito di avvistare il pescespada, e da una lunga passerella posta anteriormente a sbalzo della prua dove si posiziona il fiocinatore.
  • 6. Dall’alto dell’albero maestro della “Feluca”, il pescatore antenniere , avvistata la preda, gettava un grido d’allarme. Il fiocinatore aspettava il momento opportuno per lanciare la fiocina uncinata, assicurata all’imbarcazione da una lunga lenza. In quest’antica lotta non era sempre l’uomo a vincere, era una battaglia lunga e dura, che è costata la vita a diversi pescatori, per questo motivo veniva invocata la protezione di “Santa Marta Biniditta”. Non di rado il compagno o la compagna del pescespada catturato, infatti, vedendolo in pericolo, cercava di difenderlo, a volte anche aggredendo l’uomo.
  • 7. Di questa storia d’amore o di morte si è fatto interprete Domenico Modugno nella canzone “ U piscispada”. Le parole recitano così:
  • 8. U Piscispada Ti pigghiaru à fimminedda Drittu drittu ‘ntra lu cori E chiancia di duluri Aya aya aya aya aya! E la varca la strascinava E lu sangu nni curria E lu masculu chiancia Aya aya aya aya aya! E lu masculu Paria ‘mpazzutu Cci dicia : “Bedda mia, nun chiangiiri! Bedda mia, nun chiangiiri! Dimmi tia ch’haiu a fari!” Rispunnia la fimminedda Cu nu filu ‘e vuci : “Scappa,scappa, amuri miu, ca sinnò t’accideran!” No no no no no amuri miu Si tu mori Vogghiu muriri ansieme a tia! Si tu mori, amuri miu Vogghiu muriri! Cu nu saltu si truò cu issa‘ncucchiu ‘ncucchiu Cori a cori, E accussì finiu l’amuri Di due pisci sfurtunati Chista è na storia D’un piscispada Storia d’amuri…
  • 9. Anche a Brolo, nei tempi antichi, le attività commerciali si basavano principalmente sulla pesca. I pescatori abitavano al castello perché, in passato, il paese era formato solo dall'attuale borgo che circondava questo edificio.
  • 10. Nel pomeriggio i pescatori si radunavano sulla spiaggia e preparavano le barche per la pesca: erano divisi in ciurme. Al tramonto, la barca più grande chiamata "Lampara", perché dotata di luci per attirare i pesci, partiva, mentre le altre rimanevano a terra. Quando arrivava al largo, se la quantità di pesci era sufficiente, i pescatori chiamavano gli altri rimasti a terra con una brogna, che aveva un suono diverso a seconda della ciurma. Questi ultimi partivano con una barca a remi e con le reti, chiamate "cinciolo“, che, successivamente, buttavano a mare. Spesso le reti si rompevano a causa dell'abbondanza di pesce, per questo si perdeva tutto il pescato.
  • 11. Si pescava il cosiddetto pesce azzurro: alici, sarde, sauri, “ope” e sgombri. I pescatori ritornavano la mattina seguente con le barche piene di pescato. Questo veniva venduto a uomini e donne chiamati "Riatteri", che vendevano il pesce sia a Brolo che nei paesi vicini, come Sinagra, Ficarra e Ucria. Le donne partivano a piedi con le ceste stracolme di pesce sopra la testa, mentre gli uomini usavano le biciclette.
  • 12. Per pesare il pesce veniva impiegata una bilancia chiamata "stradia".
  • 13. I pescatori usavano le barche di legno e, certe volte, stavano dieci giorni o più in barca per andare al largo in modo da prendere pesci molto grossi. Mio nonno mi ha raccontato che, una volta, un gruppo di persone è andata alle isole e ha catturato un tonno pinna gialla e un pesce spada. Lui non ne aveva mai visti ed è rimasto a bocca aperta. Pescavano con le reti: le buttavano in mare e, quando erano piene, le tiravano su e dentro c’erano tanti pesci. I pesci più pescati erano i pettini ed i pesci da brodo.
  • 14. Si utilizzava anche “a pruppara”, che era adatta a pescare solo i polpi : era costituita da un pezzo di sughero quadrato rivestito di nastro isolante bianco, all’estremità c’erano attaccati degli ami e poi tantissimo filo da pesca. Per pescare i polpi , si doveva tirare la “pruppara” il più lontano possibile e, quando si sentiva tirare il filo, si cominciava ad avvolgerlo piano piano fino a quando non si riportava a riva.
  • 15. Una rete utilizzata era la “sciabica”, detta “sciabbacuni”: una cima veniva legata a riva, mentre l’altra cima veniva trasportata su di una piccola barca e calata in acqua, ma trattenuta con l’altra cima. La rete assumeva una forma semicircolare e non veniva calata a più di 200 metri dalla riva. I pescatori iniziavano a tirare la “sciabica” per fare in modo che i pesci rimanessero intrappolati nella parte centrale. Con movimenti lenti, i pesci venivano trascinati a riva man mano che i pescatori tiravano la rete. I pesci più pescati erano sarde ed acciughe.
  • 16. Oltre alle sciabiche, si usavano strumenti e tecniche di pesca diversi: Reti da circuizione Reti a strascico Reti da posta Nasse Avanti
  • 17. Reti da circuizione La rete da circuizione è uno strumento e una tecnica di pesca indirizzata in genere a specie che vivono in banchi, sia piccoli sia grandi che grandissimi. Il tipo più comune di rete da circuizione prende il nome di angiologi o scacco leva (al Nord) ed è orientato alla cattura del pesce azzurro. I banchi di pesci vengono attirati, nelle ore notturne, in prossimità delle barche tramite l’impiego di fonti luminose (lampare). Quando il branco è ben compatto viene stesa intorno a esso una rete rettangolare con sugheri nella parte alta e piombi (lima di piombi) in quella inferiore. Il banco viene così circondato, ed è in questo momento che i pescatori chiudono la parte inferiore della rete, che viene lentamente issata fino a quando i pesci sono concentrati in uno spazio piccolo e possono essere recuperati con un coppo. Le reti da circuizione, nelle imbarcazioni attrezzate con mezzi acustici, come un sonar, possono essere utilizzate anche di giorno. In entrambi i casi, questa tecnica richiede condizioni meteo marine ottimali, il che la rende una pesca tipicamente stagionale.
  • 18. Reti a strascico La pesca a strascico è un metodo di pesca che consiste nel trainare attivamente una rete da pesca sul fondo del mare. La rete, che può essere trainata da una o due barche, ha generalmente forma conica; la parte terminale, apribile per estrarre il pescato, prende il nome di sacco, l’apertura invece prende il nome di bocca e la parte centrale di ventre. Questa rete, nelle sue varianti “a divergenti”, “a coppia” e “con grande apertura verticale”, opera sul fondo marino, portata incontro al pesce catturato durante il progressivo avanzamento della barca (o delle barche). Il tipo più comune di rete a strascico (utilizzata per prede che stiano sul o nei pressi del fondale) è la paranza, in origine manovrata da due imbarcazioni, ma oggi in genere messa in pesca anche da un solo peschereccio.
  • 19. Pesca con sciabiche Un antichissimo tipo di rete usato in tutte le marinerie è la sciabica. Questa, manovrata da varie persone, presenta tipi diversi di maglia, più larga alle estremità e più stretta al centro. La sciabica è generalmente distinta in due tipi: le sciabiche da spiaggia per la pesca del novellame, e le sciabiche da tiro con natante adatte ai fondali più profondi. In entrambi i casi, il posizionamento avviene per mezzo di una barca che cala a semicerchio le lunghe braccia (ali) e il piccolo sacco, in modo tale da catturare il pesce nel suo avanzamento. Nel caso del novellame, le sciabiche possono essere tirate dalla spiaggia e vengono usate con molta cautela, facendole scivolare lentamente lungo il fondale.
  • 20. Reti da posta Tra le reti maggiormente diffuse nel segmento della piccola pesca, specialmente a livello regionale, un posto di rilievo è occupato dalle antiche reti da posta (nate principalmente per la pesca di sarde e acciughe). Queste reti sono usate soprattutto dove non è possibile lo “strascico” a causa delle asperità dei fondali. Sono un attrezzo da pesca professionale costituito da una rete disposta verticalmente, e spesso molto lunga, che viene calata in mare lasciando che siano le prede a raggiungerla e a rimanervi impigliate. Queste reti “passive” vengono distinte in reti fisse e ferrettate (più adatte alla cattura del pesce pelagico). A seconda delle specie insidiate e della profondità di esercizio, infatti, variano nella forma, nella dimensione e nell’assemblaggio
  • 21. Le Nasse Tra i sistemi di pesca ancora oggi impiegati uno dei più antichi e interessanti è quello che utilizza le nasse: delle vere e proprie “trappole” che attirano il pesce sempre più al loro interno tramite un’esca viva, costruite in giunco e olivastro e montate su telaio rigido. Esistono diversi tipi di nasse. I principali sono: a campana e a barile. Entrambi si basano su una strozzatura dell’entrata che costringe il pesce, attirato dall’esca, a entrare forzando le maglie. In questo modo la preda non è poi più in grado di lasciare la trappola. Le nasse sono generalmente posizionate al largo la sera, e recuperate la mattina seguente per sostituire l’esca e scaricare il pescato. Si pescavano tutti i pesci che si trovavano nel Mediterraneo per esempio tonno rosso sarde e anciovi salati.
  • 22. Il Cinciolo Le reti a cinciolo o cianciolo per la pesca delle acciughe e delle sardine possono raggiungere gli 800 metri di lunghezza e i 300 metri d'altezza. Molto redditizia è la pesca con fonti luminose, le quali permettono di richiamare in prossimità delle barche i banchi di pesce. In questo caso, due o tre piccole barche sono di appoggio al peschereccio principale. La rete è manovrata dai pescatori in modo da accerchiare rapidamente il pesce, per poi tirare con tempestività il cavo di chiusura della rete. Questo tipo di pesca viene fatto essenzialmente in Tirreno, Adriatico e dai motopescherecci siciliani.
  • 23. La Lampara. La Lampara era una particolare imbarcazione fornita di lampade a carburo o a petrolio destinata alla pesca notturna, ma il termine, più che essere riferito tout court all'azione dell'illuminare, si trova inizialmente a indicare la rete a circuizione (detta anche réta vulànde) e, più in generale, il sistema di pesca con rete alla deriva e con luce abbagliante. Veniva praticata in tutte le stagioni, nelle notti senza luna, ma con mare calmo. Ad essa partecipavano una barca a motore con rete e tre battelli, ognuno dei quali servito da due marinai e con due riflettori. Il lavoro era indirizzato alla pesca di pesce turchino e verde, sarde e sgombri.
  • 24. Brogna La brogna è uno strumento a fiato utilizzato quasi esclusivamente da segnale, costituito dal classico tritone. Si tratta di una grossa conchiglia univalva a cui, asportato l’apice, si praticava un foro al quale si adattava un bocchino di latta o di stagno. La brogna prendeva il nome di buccina proprio perché, come strumento a fiato, si suonava mettendo il beccuccio in bocca. Soffiandovi dentro, se ne ricavava un suono roco e rimbombante. 
  • 25. Pesce spada Il pesce spada è presente nelle zone tropicali, subtropicali e temperate di tutti gli oceani, nonché nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero… Il corpo è di colore scuro sul dorso, argenteo con riflessi violacei sui fianchi e tendente al bianco sul ventre. L’aspetto è caratterizzato dalla presenza dell'inconfondibile "spada, che è usata come arma di offesa (per la caccia) e di difesa dall'unico predatore (uomo escluso) che comporta un serio pericolo alla vita del pesce spada: lo squalo mako. La coda è estremamente forcuta e sottile, a forma di mezzaluna. Questi pesci raggiungono grosse dimensioni, con una lunghezza massima di oltre 4,5 m e un peso che supera abbondantemente i 400 kg. Preda principalmente sgombri, tonni di piccole dimensioni, barracuda, pesci volanti, clupeidi e molluschi cefalopodi. I pesci spada riescono ad aumentare la temperatura del cervello e degli occhi fino a 10 gradi centigradi rispetto alla temperatura esterna. Questo meccanismo fisiologico migliora la visione e la coordinazione al fine di cacciare con più efficienza Ci sono fonti che testimoniano come il pesce spada venisse già pescato nello Stretto di Messina fra il XVII ed il XV secolo a.C. Vennero alla luce, infatti, resti di villaggi preistorici risalenti all'età del bronzo e, fra questi, alcuni rifiuti di pasto contenenti ossa di pesce spada. La pesca del pesce spada, si potrebbe definire anche caccia al pesce spada, nel vero senso del termine, vista la procedura adottata. La pesca con le feluche o spadare, una sorta di reti, è vietata e causa la morte di altre specie marine in pericolo, quali le  tartarughe marine ed i cetacei.
  • 26. Alice o Acciuga L'acciuga o alice è un pesce diffuso nell'Oceano Atlantico orientale. È presente e comune nei mari Mediterraneo, Nero ed'Azov. Si tratta di un pesce dalle abitudini gregarie e migratorie, che può avvicinarsi alla riva soprattutto durante il periodo riproduttivo. Corpo lungo, provvisto di squame, muso breve. Le pinne pettorali sono normali. La pinna caudale è a V. L’acciuga si distingue dagli altri per avere la mascella di sotto più corta di quella di sopra. Il colore è verde azzurro, i fianchi e la pancia sono di colore argento, lungo i fianchi c'è una linea a volte marrone. Può essere lunga da 12-18 centimetri fino ad un massimo di 20 centimetri. La pesca delle acciughe, come raccontano i pescatori, poteva essere praticata in due modi: con il cinciolo o cianciolo di notte, con l’ausilio di una fonte luminosa o con la menaida (un tipo di rete fissa simile al tramaglio), con o senza l’ausilio della lampara.
  • 27. Sarda La sardina è un pesce fra i più diffusi nel mar Mediterraneo, della stessa famiglia dell'aringa. È l'unica specie del genere Sardina. È una specie pelagica e si può trovare tanto lontano dalle coste quanto in pochi centimetri d'acqua (soprattutto durante la buona stagione). La sardina ha il corpo ovale con squame ventrali appuntite, la bocca è rivolta verso l'alto e l'occhio è grande. Tutto il corpo, ad eccezione della testa, è ricoperto di grosse squame molto caduche. Le pinne ventrali sono inserite molto indietro, ben oltre la pinna dorsale, le pinne pettorali sono inserite in basso. Ha i fianchi e il ventre bianco argentei, mentre il dorso è verde-azzurro con riflessi iridescenti, sul fianco si allineano una fila di macchie scure, poco visibili in vivo. Raggiunge la lunghezza di 20-25 cm. Vive in banchi molto fitti e disciplinati, composti da centinaia o migliaia di individui. Specie di estremo interesse per la pesca professionale, viene catturata in grande quantità nei paesi del mar Mediterraneo, Le carni sono ottime, soprattutto se freschissime.
  • 28. Sauro Il sugarello o suro è un pesce d'acqua marina. Si trova nell'Oceano Atlantico nord-orientale, nel Mar Mediterraneo e raramente nel Mar Nero. Presenta una linea laterale estesa lungo quasi tutto il dorso, che è verde con vivaci iridescenze. I fianchi sono argentei e ha una macchia nera sulla parte postero-superiore dell'opercolo e un'altra all'ascella delle pettorali. È lungo normalmente circa 30 cm, ma alcuni esemplari raggiungono i 40 cm. Si riunisce in grandi banchi nelle acque costiere, dove si nutre di crostacei e altri pesci. I giovani si riuniscono in branchi sotto l'ombrello di grosse meduse, trovando riparo e protezione senza alcun pericolo in quanto immuni dal veleno. Il sugarello è commestibile e può essere affumicato, fritto, salato e cotto.
  • 29. Boga, in dialetto Opa E’ un pesce molto diffuso in tutti i nostri mari; ha il corpo fusiforme, la bocca piccola e leggermente obliqua. Il colore del dorso è giallo- verdastro con riflessi metallici. Lungo il corpo, quando l’animale è ancora in vita, spesso sono presenti tre-quattro strisce longitudinali dorate. Il ventre ed i fianchi hanno un colore argentato. L’animale, anche se può raggiungere una dimensione fino a 40 cm, solitamente misura 15-20 cm. La boga ha questo nome poiché etimologicamente significa “occhio di bue”. Vive quasi sempre in banchi. Può arrivare fino a 200 m di profondità. E’ diffusissima in tutti i nostri mari. La boga si può catturare quasi con ogni tecnica di pesca costiera, soprattutto tramagli e reti da circuizione, ma anche reti a strascico e nasse. Abbocca inoltre molto facilmente alle lenze innescate con vermi marini, pezzetti di gambero, molluschi vari, sardine e anche impasti di pane, sardine, formaggio, ecc. utilizzati comunemente per la pesca dei cefali. Le carni non sono molto apprezzate a causa del cattivo odore che può dar loro la fermentazione del contenuto dell'intestino.
  • 30. Sgombro o lacerto o maccarello Tipico pesce azzurro, questa specie è diffusa nelle acque costiere del Mediterraneo e del Mar Nero, nonché nel Nord Atlantico. Abita le acque fino a 200 metri di profondità, svernando in acque profonde e tornando verso le coste nelle stagioni più calde. Il corpo è allungato e affusolato, con bocca a punta e occhi grandi. La livrea presenta un dorso grigio-bluastro, che sfuma verso i fianchi fino a incontrare il ventre bianco argenteo. Dal dorso partono delle tigrature verticali nere. Raggiunge eccezionalmente una lunghezza di 50 cm e ha una speranza di vita di 17 anni. Si nutre di plancton, meduse, piccoli pesci … Viene catturato in grandi quantità soprattutto con le reti da circuizione. Nel corso del XX secolo la pesca di sgombri è aumentata sensibilmente, arrivando perfino al rischio di estinzione. Lo sgombro è uno dei pesci più utilizzati e apprezzati della dieta mediterranea, ma la presenza di una particolare proteina, fa dello sgombro la causa di un'allergia alimentare anche grave.
  • 31. “A pruppara” La polpara altro non è che una lenza avvolta intorno a un pezzo di sughero o compensato utilizzata, come si evince dal nome,  per la pesca del polpo di scoglio. Questa lenza (che in determinati periodi  dell'anno può attrarre anche altri molluschi) è dotata nella parte terminale di circa quattro asole, dove vengono bloccate le esche, ed un piombo. Per esca si utilizzano solitamente dei piccoli granchi di scoglio, affiancati da pezzi di stoffa bianca o zampe di galline legate in cima alla lenza, con lo scopo di richiamare l'attenzion e dei polpi. Essi si attaccheranno allo spago e saranno quindi catturati.
  • 32. Polpo Il polpo comune o piovra viene chiamato spesso erroneamente polipo. Il termine polpo ha origine dal latino pōlypus, da una forma greca dorica "piede", quindi "dai molti piedi". Il termine piovra, invece, deriva da pieuvre, forma dialettale normanna derivante dal latino pōlypus. È un mollusco cefalopode molto diffuso nei bassi fondali, non oltre i 200 metri. Preferisce i substrati aspri, rocciosi, perché ricchi di fessure e piccole caverne in cui nascondersi: l'assenza di endo- ed esoscheletro gli permette di prendere qualsiasi forma e di passare attraverso cunicoli molto stretti. Il polpo possiede 3 cuori e ha la capacità di cambiare colore molto velocemente e con grande precisione nel dettaglio. Sfrutta questa abilità sia per mimetizzarsi che per comunicare con i suoi simili. È considerato uno degli invertebrati più intelligenti; è stato, per esempio, dimostrato che il polpo comune ha la capacità di apprendere. Una volta pescato, è in grado di riguadagnare la libertà uscendo attraverso i boccaporti delle navi. Sottoposto a test durante i quali gli è stata somministrata una preda rinchiusa in un barattolo, il polpo ha dimostrato di essere in grado di aprire il barattolo per raggiungere il cibo.
  • 33. I Riatteri La pescagione veniva portata al mercato all'ingrosso del pesce dove attendevano i "riatteri“, cioè i pescivendoli. Costoro erano una categoria talvolta disprezzata dai pescatori, i quali, dopo aver lavorato e lottato, si vedevano spesso pagare miseramente il frutto delle loro fatiche.
  • 34. Pettine Noto in italiano come pesce pettine, è un pesce osseo di mare. Questa specie è diffusa in tutto il mar Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico. Lungo le coste italiane non è comune se non localmente. Vive su fondi di sabbia sottile a piccole profondità, fino a 15-20 m. È molto compresso lateralmente ed ha un caratteristico profilo ripidissimo con fronte spiovente verticalmente. Il colore della femmina è grigiastro o color sabbia con tonalità che danno sul rossastro o sull'arancio con linee blu vivo attorno all'occhio. Il maschio adulto è complessivamente grigio con tonalità giallastra con qualche macchietta rosa salmone. In caso di pericolo, da una posizione immobile presso il fondale sabbioso, compie uno scatto improvviso, infilandosi quasi istantaneamente nel fondale sabbioso. Dopo qualche tempo, si può vedere riapparire la testa spuntare dalla sabbia, quindi il resto del corpo.
  • 35. Noi ragazzi ci auguriamo di non avervi annoiati e vi salutiamo…