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UNIVERSITÀ VERDE
I cicli produttivi: ricadute ed impatti sull’ambiente
e sulla salute dei cittadini




Il ciclo dell'acciaio:
l'acciaieria e gli impianti
ausiliari (cave, discariche,
canali di scarico).
Maria Spartera
ARPA Puglia

                                                        LEGAMBIENTE
                                                        Taranto
La produzione dell’acciaio a
ciclo integrale:
dalle materie prime ai
prodotti finiti
All’uscita dell’altoforno, la miscela liquida
contiene carbonio in concentrazioni piuttosto
elevate, dell’ordine del 4%, ed è quindi
definibile come «ghisa». La ghisa è, infatti, una
lega Fe-C che contiene carbonio nell’intervallo
2,11% < C < 6,67%.

La ghisa è fragile a causa della presenza, allo
stato solido, di grafite o di composti
intermetallici ferro-carbonio che ne «bloccano»
la struttura cristallina.

La ghisa può, quindi, essere colata in forme ma
non può essere lavorata per deformazione
plastica.
Manufatti di ghisa
Per trasformarsi in acciaio, la concentrazione
del carbonio nel ferro deve scendere ad una
concentrazione uguale o inferiore all’1%.

L’acciaio è, contrariamente alla ghisa,
caratterizzato da proprietà «plastiche», cioè
può essere formato in laminati, lastre o in tubi,
con deformazioni a caldo o a freddo.

La trasformazione della ghisa liquida in acciaio
avviene nel «convertitore», in cui il carbonio
presente nella ghisa viene fatto reagire con
ossigeno, secondo la reazione:

                2 C + O2  2 CO
Caricamento del rottame nel convertitore LD
Caricamento del la ghisa liquida nel
        convertitore LD
Fase di soffiaggio dell’ossigeno
La reazione del carbonio con l’ossigeno è
esotermica, quindi il processo non ha bisogno di
riscaldamento; il rottame e la ghisa raggiungono
temperature dell’ordine di 1700°C.

Nel processo, si genera ossido di carbonio, che
viene raccolto da un sistema di intercettazione
dei gas; la parte centrale dei gas di soffiaggio
costituisce il gas LG, infiammabile, che può
essere utilizzato come combustibile in una
centrale termoelettrica.
L’acciaio liquido dopo il soffiaggio viene spillato
in una siviera che, contrariamente alla siviera
ghisa, non è dotata di becco.

L’acciaio liquido in siviera può essere additivato
di ferroleghe e sottoposto a trattamenti di
affinazione (es. RH).

Al termine dei trattamenti e dei controlli sulla
composizione della lega, l’acciaio liquido viene
colato in forme negli impianti di colata continua
o semicontinua.
Il processo RH (Ruhrstahl Heraeus) è effettuato in un recipiente , rivestito di
refrattario, equipaggiato con due tubi (detti “snorkel”) che vengono immersi
nell’acciaio liquido.
Facendo il vuoto nel sistema, il fuso risale nel recipiente dove viene degassato e
sottoposto a varie reazioni per la rimozione di altri elementi (C, O,H,S).
Nelle acciaierie di grandi dimensioni, l’acciaio liquido
vene usualmente portato allo stato solido attraverso
un impianto di colata continua, in cui cioè il processo
porta alla formazione di un lingotto di lunghezza
indefinita.

L’acciaio fuso viene spillato dalla siviera, attraverso
un foro posto nella parte inferiore, in una lingottiera
di rame raffreddata da acqua. Si forma così una
camicia esterna di metallo solidificato, che contiene
il metallo fuso fino a completa solidificazione.

Il lingotto viene portato in orizzontale attraverso
una serie di rulli e sezionato trasversalmente in
porzioni a forma di parallelepipedo (bramme)
attraverso il taglio con ossigeno.
Taglio del lingotto appena formato in bramme
CRITICITÀ: TORCE

Le parti iniziale e finale del gas derivante dal
soffiaggio nel convertitore, più povere in CO e con
presenza di ossigeno, vengono convogliate alle
torce (una per ogni convertitore). Vi sono torce
anche per bruciare gli eccessi di gas di cokeria e di
altoforno.

Una torcia è un sistema di combustione piuttosto
rudimentale, in cui il gas è miscelato all’aria
esterna per tiraggio naturale. L’uso delle torce,
originariamente destinato solo allo smaltimento di
sostanze volatili infiammabili in casi di emergenza
o guasto impiantistico, si è esteso
progressivamente allo smaltimento per
combustione di grandi quantità di rifiuti gassosi di
processo, con conseguente emissione in aria di
notevoli quantità di inquinanti.
Torce in uno stabilimento siderurgico
Il quantitativo di residui gassosi
derivanti dal soffiaggio dei
convertitori inviati in torcia nello
stabilimento ILVA di Taranto è
valutabile in circa 4 milioni di
metri cubi per anno, pari a poco
meno del 40% di tutto il gas LD
raccolto ed utilizzato dalle
centrali termoelettriche.
CRITICITÀ: POLVERI
Il processo di soffiaggio effettuato nel
convertitore produce fumi che vengono aspirati
da un impianto detto primario. I fumi e le polveri
che fuoriescono dall’impianto primario vengono
captati da un impianto di depolverazione, detto
secondario.

Le emissioni di polveri da parte dell’acciaieria
sono fortemente legate all’efficienza
dell’impianto di depolverazione secondario, che
deve essere dotato di filtri a maniche
dimensionati in modo adeguato alle dimensioni
del flusso gassoso da depolverare.
Taranto, 14 gennaio 2010




 L’acciaieria 1, la più vecchia dello stabilimento
 ILVA, non risulta ancora adeguata.
CRITICITÀ: SLOPPING
In alcune condizioni, durante il processo di
soffiaggio, il bagno fuso può manifestare
condizioni di instabilità, che portano alla
produzione di una anomala e ingente quantità
di fumi rossastri, che possono invadere il
campo di colata e fuoriuscire all’esterno. Il
fenomeno è detto «slopping».

Pur essendo limitato nel tempo, il fenomeno
porta all’emissione di ingenti quantità di
polveri, e può essere prevenuto con l’adozione
di sistemi «intelligenti», che modifichino la
posizione della sonda durante il soffiaggio al
primo manifestarsi del problema.
Diffusione di fumi rossi all’esterno di un impianto
   di produzione dell’acciaio (Jharkhand, India)
L’adozione dei sistemi intelligenti
per il controllo degli slopping
sarebbe stato adottato dall’ILVA
di Taranto su tutti i convertitori
solo dopo gli interventi dei NOE e
dell’ARPA in stabilimento.
ILVA nega la possibilità di
determinare l’entità della
diminuzione quantitativa dei
fenomeni di slopping dopo tale
implementazione.
Sia il calcare (CaCO3) che l’ossido di calcio,
derivato dal calcare per calcinazione (CaO) hanno
un uso molto esteso nel processo siderurgico.

• Nell’agglomerazione, calcare e calce a basso
contenuto di zolfo e di alcali sono utilizzati nella
miscela per favorire il processo di sinterizzazione.

• Nell’altoforno, il calcare e la calce sono usati
come fondenti e per legare le impurezze di zolfo
della ghisa (scorificanti).

• Nei convertitori, la calce è aggiunta come flusso
per legare le impurezze di silice, fosforo e zolfo, in
modo da aumentare la qualità dell’acciaio.
Di conseguenza, uno stabilimento siderurgico si
avvale di un fonte di estrazione del calcare
(cava) e può comprendere un forno a calce,
impianto destinato a convertire il carbonato di
calcio in ossido.

Inoltre, data la grande produzione di loppa di
altoforno che può essere impiegata per la
produzione di leganti cementizi, nelle vicinanze
di uno stabilimento siderurgico è spesso
presente una cementeria.
Taranto - cave di calcare nelle immediate vicinanze
           dello stabilimento siderurgico
Moderno forno a calce
Uno stabilimento siderurgico a ciclo integrale
produce, oltre ai prodotti semilavorati o in vario
stadio di finitura (rotoli, lastre, tubi semplici o
rivestiti) una grande massa e varietà di prodotti di
scarto.

Oltre alla loppa di altoforno ed alla scoria di
acciaieria, vi sono anche polveri e fanghi derivanti
dall’abbattimento dei fumi, sostanze derivanti dalla
distillazione del carbon fossile, rottami e scarti
provenienti dalle lavorazioni plastiche dell’acciaio,
reflui liquidi e fanghi derivanti dal trattamento delle
acque, gas derivanti dal trattamento della ghisa e
dell’acciaio.

Molti di tali materiali vengono qualificati come
sottoprodotti e destinati al riutilizzo, mentre alcuni
devono essere smaltiti come rifiuti.
Mediamente, la produzione di 1 tonnellata di acciaio corrisponde a
200 Kg (acciaieria elettrica) e a 400 Kg (ciclo integrale) di residui.
Questi comprendono scorie, polveri, fanghi e altri materiali.
Raggiungere il traguardo di zero-rifiuti
Negli ultimi 20 anni, la percentuale di recupero dei residui dell’industria siderurgica è aumentata in modo
significativo. Gli sviluppi di tecnologiche innovative e la sinergia con altri settori industriali hanno portato
la siderurgia sempre più vicina al traguardo di zero-rifiuti.

 Oltre alla loppa di altoforno, il documento sopra riportato riferisce che gli
 altri materiali di scarto del ciclo siderurgico possono essere recuperati:
 - la scoria di acciaieria, come materiale da costruzione (essenzialmente
   per riempimenti stradali);
 - polveri e fanghi, per reintroduzione nel ciclo siderurgico (dato l’elevato
   contenuto di ferro);
 - i prodotti derivanti dalla purificazione dei gas di impianto (COK, AFO e
   LD) come fertilizzanti (solfato di ammonio), nell’industria chimica
   (benzene, toluene, xilene) e nell’industria di produzione di elettrodi per
   la metallurgia dell’alluminio, oltre che nella produzione di vernici e
   prodotti chimici (catrame e naftalene).
CRITICITÀ: RIFIUTI/SOTTOPRODOTTI


In base alla normativa italiana (ed europea) un
residuo di produzione deve configurarsi come
«sottoprodotto» o come «rifiuto», e conosce nei
due casi differenti percorsi di riutilizzo e,
soprattutto, è sottoposto a differenti obblighi
normativi.

Un sottoprodotto ha minori vincoli giuridici per
quanto riguarda il suo riutilizzo, dentro e fuori dallo
stabilimento di produzione, ma non tutti i materiali
di recupero possono rientrare in tale definizione.
Art. 183 D. Lgs. 152/2006:

«Sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il
produttore non intende disfarsi ai sensi dell'articolo 183,
comma 1, lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri,
requisiti e condizioni: 1) siano originati da un processo non
direttamente destinato alla loro produzione; 2) il loro impiego
sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale e avvenga
direttamente nel corso del processo di produzione o di
utilizzazione preventivamente individuato e definito; 3)
soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei
a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad
impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente
diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati
ad essere utilizzati; 4) non debbano essere sottoposti a
trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per
soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui
al punto 3), ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della
produzione; 5) abbiano un valore economico di mercato».
In definitiva, la riutilizzazione
di un residuo derivante dalla
produzione (che si voglia
qualificare come
sottoprodotto) non può
condurre ad un peggioramento
delle performance emissive
dell’impianto.
Ciclo di sinterizzazione
   prodotti di scarto
DECISIONE DI ESECUZIONE DELLA COMMISSIONE del 28 febbraio 2012
che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per la
produzione di ferro e acciaio ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento
europeo e del Consiglio relativa alle emissioni industriali

1.2 Conclusioni sulle BAT per gli impianti di sinterizzazione

8. Le BAT per i residui solidi prevedono l’utilizzo di tecniche integrate e tecniche
operative per ridurre al minimo i rifiuti attraverso l'uso interno o l'applicazione di
processi di riciclaggio specifici (internamente o esternamente).

MA:

24. Ai fini delle BAT per le emissioni primarie derivanti dalle linee di sinterizzazione
occorre prevenire e/o ridurre le emissioni di policloro-dibenzo-diossine/policloro-
dibenzo-furani (PCDD/F) e di policlorobifenili (PCB) utilizzando una delle seguenti
tecniche o una loro combinazione:
I. evitare per quanto possibile materie prime che contengono poli-cloro-dibenzo-
diossine/poli-cloro-dibenzo-furani (PCDD/F) e policlorobifenili (PCB) o i loro
precursori.
   E LE POLVERI DI ABBATTIMENTO DEI FILTRI CONTENGONO PCDD/F!!
CRITICITÀ: DISCARICHE

I rifiuti non riutilizzati nel ciclo produttivo
siderurgico possono essere smaltiti in discariche.

Lo smaltimento in discarica prevede una
valutazione preventiva delle caratteristiche di
composizione di ciascun rifiuto, e della sua
attitudine a cedere i componenti inquinanti per
dilavamento (test di cessione).

Una discarica deve essere dotata (in funzione
della pericolosità dei rifiuti smaltiti) dei requisiti
necessari per evitare la contaminazione delle
falde e dell’ambiente circostante.
Taranto - area di discariche all’interno dello
          stabilimento siderurgico
In alcuni casi di discariche
messe in opera in un passato
recente, è stato documentato
che i requisiti richiesti per
evitare il passaggio degli
elementi inquinanti dal sistema
della discarica all’ambiente
circostante non sono stati messi
in opera in modo adeguato.
CRITICITÀ: ACQUE DI SCARICO


I reflui liquidi vengono scaricati, dopo il
trattamento di depurazione, in un corpo recettore
attraverso un canale di scarico.

Il trattamento (chimico-fisico e biologico) ha lo
scopo di portare le concentrazioni degli inquinanti
presenti negli effluenti dai vari impianti produttivi
al di sotto dei limiti previsti dalla normativa.
Vista aerea del trattamento biologico delle acque
 di scarico dell’impianto Corus, IJmuiden, Olanda
ARTICOLO 108 D. Lgs. 152/2006
SCARICHI DI SOSTANZE PERICOLOSE
5. … L'autorità competente può richiedere che gli
scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5
del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo
scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora,
come nel caso dell'articolo 124, comma 2, secondo
periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue
industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla
tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva, tramite
condotta, acque reflue provenienti da altri
stabilimenti industriali o acque reflue urbane,
contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o
ad una riduzione delle sostanze pericolose, in sede di
autorizzazione l'autorità competente ridurrà
opportunamente i valori limite di emissione indicati
nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna
delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella
5, tenendo conto della diluizione operata dalla
miscelazione delle diverse acque reflue.
Canali di sbocco acque reflue – stabilimento
         siderurgico ILVA di Taranto
Nel caso dello stabilimento ILVA
di Taranto, gli scarichi dei vari
impianti produttivi sono miscelati
alle acque di raffreddamento,
operando una diluizione di vari
ordini di grandezza.
Anche volendo diminuire i limiti in
funzione della diluizione, i valori
sarebbero in vari casi al di sotto
della rilevabilità analitica.
CRITICITÀ: COMPATIBILITÀ AMBIENTALE

In generale, si assiste in Europa ad una tendenza alla
chiusura e/o alla riallocazione degli impianti
siderurgici a ciclo integrale, in particolare per quanto
riguarda la parte a caldo del ciclo produttivo.

Ciò dipende dalla generale difficoltà di rendere
compatibile l’elevato impatto ambientale di tali
impianti con i ristretti standard di qualità ambientale
e le notevoli garanzie a tutela della salute, previste
dalla normativa europea (e italiana).

Tale compatibilità è resa ancor più critica dalla
dimensione degli impianti e dalla vicinanza con
l’abitato.
CRITICITÀ: DISMISSIONE E RIPRISTINO

La storia italiana è costellata di industrie che,
anche a seguito della messa in evidenza
dell’impatto delle lavorazioni svolte
sull’ambiente e sull’uomo (con riferimento sia
ai lavoratori che agli abitanti delle zone vicine
alle fabbriche), hanno cessato del tutto o in
parte le lavorazioni, abbandonando gli impianti
inutilizzati e spostando, così, sulla collettività
l’onere della bonifica delle aree contaminate
(oltre che le spese sanitarie derivanti dagli
effetti sulla salute, spesso a lungo termine).
Sito dello stabilimento ex Caffaro, Brescia
Sito della ex Fibronit di Bari (prima della bonifica)
La legge prevede che
l’autorizzazione integrata
ambientale includa il piano di
dismissione degli impianti e di
caratterizzazione, bonifica e
ripristino delle aree contaminate.
Il piano deve comprendere le
garanzie finanziarie per la
copertura economica di tali opere.

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  • 1. UNIVERSITÀ VERDE I cicli produttivi: ricadute ed impatti sull’ambiente e sulla salute dei cittadini Il ciclo dell'acciaio: l'acciaieria e gli impianti ausiliari (cave, discariche, canali di scarico). Maria Spartera ARPA Puglia LEGAMBIENTE Taranto
  • 2. La produzione dell’acciaio a ciclo integrale: dalle materie prime ai prodotti finiti
  • 3. All’uscita dell’altoforno, la miscela liquida contiene carbonio in concentrazioni piuttosto elevate, dell’ordine del 4%, ed è quindi definibile come «ghisa». La ghisa è, infatti, una lega Fe-C che contiene carbonio nell’intervallo 2,11% < C < 6,67%. La ghisa è fragile a causa della presenza, allo stato solido, di grafite o di composti intermetallici ferro-carbonio che ne «bloccano» la struttura cristallina. La ghisa può, quindi, essere colata in forme ma non può essere lavorata per deformazione plastica.
  • 5. Per trasformarsi in acciaio, la concentrazione del carbonio nel ferro deve scendere ad una concentrazione uguale o inferiore all’1%. L’acciaio è, contrariamente alla ghisa, caratterizzato da proprietà «plastiche», cioè può essere formato in laminati, lastre o in tubi, con deformazioni a caldo o a freddo. La trasformazione della ghisa liquida in acciaio avviene nel «convertitore», in cui il carbonio presente nella ghisa viene fatto reagire con ossigeno, secondo la reazione: 2 C + O2  2 CO
  • 6.
  • 7. Caricamento del rottame nel convertitore LD
  • 8. Caricamento del la ghisa liquida nel convertitore LD
  • 9. Fase di soffiaggio dell’ossigeno
  • 10. La reazione del carbonio con l’ossigeno è esotermica, quindi il processo non ha bisogno di riscaldamento; il rottame e la ghisa raggiungono temperature dell’ordine di 1700°C. Nel processo, si genera ossido di carbonio, che viene raccolto da un sistema di intercettazione dei gas; la parte centrale dei gas di soffiaggio costituisce il gas LG, infiammabile, che può essere utilizzato come combustibile in una centrale termoelettrica.
  • 11. L’acciaio liquido dopo il soffiaggio viene spillato in una siviera che, contrariamente alla siviera ghisa, non è dotata di becco. L’acciaio liquido in siviera può essere additivato di ferroleghe e sottoposto a trattamenti di affinazione (es. RH). Al termine dei trattamenti e dei controlli sulla composizione della lega, l’acciaio liquido viene colato in forme negli impianti di colata continua o semicontinua.
  • 12.
  • 13. Il processo RH (Ruhrstahl Heraeus) è effettuato in un recipiente , rivestito di refrattario, equipaggiato con due tubi (detti “snorkel”) che vengono immersi nell’acciaio liquido. Facendo il vuoto nel sistema, il fuso risale nel recipiente dove viene degassato e sottoposto a varie reazioni per la rimozione di altri elementi (C, O,H,S).
  • 14. Nelle acciaierie di grandi dimensioni, l’acciaio liquido vene usualmente portato allo stato solido attraverso un impianto di colata continua, in cui cioè il processo porta alla formazione di un lingotto di lunghezza indefinita. L’acciaio fuso viene spillato dalla siviera, attraverso un foro posto nella parte inferiore, in una lingottiera di rame raffreddata da acqua. Si forma così una camicia esterna di metallo solidificato, che contiene il metallo fuso fino a completa solidificazione. Il lingotto viene portato in orizzontale attraverso una serie di rulli e sezionato trasversalmente in porzioni a forma di parallelepipedo (bramme) attraverso il taglio con ossigeno.
  • 15.
  • 16.
  • 17.
  • 18. Taglio del lingotto appena formato in bramme
  • 19. CRITICITÀ: TORCE Le parti iniziale e finale del gas derivante dal soffiaggio nel convertitore, più povere in CO e con presenza di ossigeno, vengono convogliate alle torce (una per ogni convertitore). Vi sono torce anche per bruciare gli eccessi di gas di cokeria e di altoforno. Una torcia è un sistema di combustione piuttosto rudimentale, in cui il gas è miscelato all’aria esterna per tiraggio naturale. L’uso delle torce, originariamente destinato solo allo smaltimento di sostanze volatili infiammabili in casi di emergenza o guasto impiantistico, si è esteso progressivamente allo smaltimento per combustione di grandi quantità di rifiuti gassosi di processo, con conseguente emissione in aria di notevoli quantità di inquinanti.
  • 20. Torce in uno stabilimento siderurgico
  • 21. Il quantitativo di residui gassosi derivanti dal soffiaggio dei convertitori inviati in torcia nello stabilimento ILVA di Taranto è valutabile in circa 4 milioni di metri cubi per anno, pari a poco meno del 40% di tutto il gas LD raccolto ed utilizzato dalle centrali termoelettriche.
  • 22. CRITICITÀ: POLVERI Il processo di soffiaggio effettuato nel convertitore produce fumi che vengono aspirati da un impianto detto primario. I fumi e le polveri che fuoriescono dall’impianto primario vengono captati da un impianto di depolverazione, detto secondario. Le emissioni di polveri da parte dell’acciaieria sono fortemente legate all’efficienza dell’impianto di depolverazione secondario, che deve essere dotato di filtri a maniche dimensionati in modo adeguato alle dimensioni del flusso gassoso da depolverare.
  • 23. Taranto, 14 gennaio 2010 L’acciaieria 1, la più vecchia dello stabilimento ILVA, non risulta ancora adeguata.
  • 24. CRITICITÀ: SLOPPING In alcune condizioni, durante il processo di soffiaggio, il bagno fuso può manifestare condizioni di instabilità, che portano alla produzione di una anomala e ingente quantità di fumi rossastri, che possono invadere il campo di colata e fuoriuscire all’esterno. Il fenomeno è detto «slopping». Pur essendo limitato nel tempo, il fenomeno porta all’emissione di ingenti quantità di polveri, e può essere prevenuto con l’adozione di sistemi «intelligenti», che modifichino la posizione della sonda durante il soffiaggio al primo manifestarsi del problema.
  • 25. Diffusione di fumi rossi all’esterno di un impianto di produzione dell’acciaio (Jharkhand, India)
  • 26. L’adozione dei sistemi intelligenti per il controllo degli slopping sarebbe stato adottato dall’ILVA di Taranto su tutti i convertitori solo dopo gli interventi dei NOE e dell’ARPA in stabilimento. ILVA nega la possibilità di determinare l’entità della diminuzione quantitativa dei fenomeni di slopping dopo tale implementazione.
  • 27. Sia il calcare (CaCO3) che l’ossido di calcio, derivato dal calcare per calcinazione (CaO) hanno un uso molto esteso nel processo siderurgico. • Nell’agglomerazione, calcare e calce a basso contenuto di zolfo e di alcali sono utilizzati nella miscela per favorire il processo di sinterizzazione. • Nell’altoforno, il calcare e la calce sono usati come fondenti e per legare le impurezze di zolfo della ghisa (scorificanti). • Nei convertitori, la calce è aggiunta come flusso per legare le impurezze di silice, fosforo e zolfo, in modo da aumentare la qualità dell’acciaio.
  • 28. Di conseguenza, uno stabilimento siderurgico si avvale di un fonte di estrazione del calcare (cava) e può comprendere un forno a calce, impianto destinato a convertire il carbonato di calcio in ossido. Inoltre, data la grande produzione di loppa di altoforno che può essere impiegata per la produzione di leganti cementizi, nelle vicinanze di uno stabilimento siderurgico è spesso presente una cementeria.
  • 29. Taranto - cave di calcare nelle immediate vicinanze dello stabilimento siderurgico
  • 31. Uno stabilimento siderurgico a ciclo integrale produce, oltre ai prodotti semilavorati o in vario stadio di finitura (rotoli, lastre, tubi semplici o rivestiti) una grande massa e varietà di prodotti di scarto. Oltre alla loppa di altoforno ed alla scoria di acciaieria, vi sono anche polveri e fanghi derivanti dall’abbattimento dei fumi, sostanze derivanti dalla distillazione del carbon fossile, rottami e scarti provenienti dalle lavorazioni plastiche dell’acciaio, reflui liquidi e fanghi derivanti dal trattamento delle acque, gas derivanti dal trattamento della ghisa e dell’acciaio. Molti di tali materiali vengono qualificati come sottoprodotti e destinati al riutilizzo, mentre alcuni devono essere smaltiti come rifiuti.
  • 32. Mediamente, la produzione di 1 tonnellata di acciaio corrisponde a 200 Kg (acciaieria elettrica) e a 400 Kg (ciclo integrale) di residui. Questi comprendono scorie, polveri, fanghi e altri materiali.
  • 33. Raggiungere il traguardo di zero-rifiuti Negli ultimi 20 anni, la percentuale di recupero dei residui dell’industria siderurgica è aumentata in modo significativo. Gli sviluppi di tecnologiche innovative e la sinergia con altri settori industriali hanno portato la siderurgia sempre più vicina al traguardo di zero-rifiuti. Oltre alla loppa di altoforno, il documento sopra riportato riferisce che gli altri materiali di scarto del ciclo siderurgico possono essere recuperati: - la scoria di acciaieria, come materiale da costruzione (essenzialmente per riempimenti stradali); - polveri e fanghi, per reintroduzione nel ciclo siderurgico (dato l’elevato contenuto di ferro); - i prodotti derivanti dalla purificazione dei gas di impianto (COK, AFO e LD) come fertilizzanti (solfato di ammonio), nell’industria chimica (benzene, toluene, xilene) e nell’industria di produzione di elettrodi per la metallurgia dell’alluminio, oltre che nella produzione di vernici e prodotti chimici (catrame e naftalene).
  • 34. CRITICITÀ: RIFIUTI/SOTTOPRODOTTI In base alla normativa italiana (ed europea) un residuo di produzione deve configurarsi come «sottoprodotto» o come «rifiuto», e conosce nei due casi differenti percorsi di riutilizzo e, soprattutto, è sottoposto a differenti obblighi normativi. Un sottoprodotto ha minori vincoli giuridici per quanto riguarda il suo riutilizzo, dentro e fuori dallo stabilimento di produzione, ma non tutti i materiali di recupero possono rientrare in tale definizione.
  • 35. Art. 183 D. Lgs. 152/2006: «Sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni: 1) siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; 2) il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; 3) soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; 4) non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3), ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; 5) abbiano un valore economico di mercato».
  • 36. In definitiva, la riutilizzazione di un residuo derivante dalla produzione (che si voglia qualificare come sottoprodotto) non può condurre ad un peggioramento delle performance emissive dell’impianto.
  • 37. Ciclo di sinterizzazione prodotti di scarto
  • 38. DECISIONE DI ESECUZIONE DELLA COMMISSIONE del 28 febbraio 2012 che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per la produzione di ferro e acciaio ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle emissioni industriali 1.2 Conclusioni sulle BAT per gli impianti di sinterizzazione 8. Le BAT per i residui solidi prevedono l’utilizzo di tecniche integrate e tecniche operative per ridurre al minimo i rifiuti attraverso l'uso interno o l'applicazione di processi di riciclaggio specifici (internamente o esternamente). MA: 24. Ai fini delle BAT per le emissioni primarie derivanti dalle linee di sinterizzazione occorre prevenire e/o ridurre le emissioni di policloro-dibenzo-diossine/policloro- dibenzo-furani (PCDD/F) e di policlorobifenili (PCB) utilizzando una delle seguenti tecniche o una loro combinazione: I. evitare per quanto possibile materie prime che contengono poli-cloro-dibenzo- diossine/poli-cloro-dibenzo-furani (PCDD/F) e policlorobifenili (PCB) o i loro precursori. E LE POLVERI DI ABBATTIMENTO DEI FILTRI CONTENGONO PCDD/F!!
  • 39. CRITICITÀ: DISCARICHE I rifiuti non riutilizzati nel ciclo produttivo siderurgico possono essere smaltiti in discariche. Lo smaltimento in discarica prevede una valutazione preventiva delle caratteristiche di composizione di ciascun rifiuto, e della sua attitudine a cedere i componenti inquinanti per dilavamento (test di cessione). Una discarica deve essere dotata (in funzione della pericolosità dei rifiuti smaltiti) dei requisiti necessari per evitare la contaminazione delle falde e dell’ambiente circostante.
  • 40. Taranto - area di discariche all’interno dello stabilimento siderurgico
  • 41. In alcuni casi di discariche messe in opera in un passato recente, è stato documentato che i requisiti richiesti per evitare il passaggio degli elementi inquinanti dal sistema della discarica all’ambiente circostante non sono stati messi in opera in modo adeguato.
  • 42.
  • 43. CRITICITÀ: ACQUE DI SCARICO I reflui liquidi vengono scaricati, dopo il trattamento di depurazione, in un corpo recettore attraverso un canale di scarico. Il trattamento (chimico-fisico e biologico) ha lo scopo di portare le concentrazioni degli inquinanti presenti negli effluenti dai vari impianti produttivi al di sotto dei limiti previsti dalla normativa.
  • 44. Vista aerea del trattamento biologico delle acque di scarico dell’impianto Corus, IJmuiden, Olanda
  • 45. ARTICOLO 108 D. Lgs. 152/2006 SCARICHI DI SOSTANZE PERICOLOSE 5. … L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora, come nel caso dell'articolo 124, comma 2, secondo periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva, tramite condotta, acque reflue provenienti da altri stabilimenti industriali o acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o ad una riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l'autorità competente ridurrà opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue.
  • 46. Canali di sbocco acque reflue – stabilimento siderurgico ILVA di Taranto
  • 47. Nel caso dello stabilimento ILVA di Taranto, gli scarichi dei vari impianti produttivi sono miscelati alle acque di raffreddamento, operando una diluizione di vari ordini di grandezza. Anche volendo diminuire i limiti in funzione della diluizione, i valori sarebbero in vari casi al di sotto della rilevabilità analitica.
  • 48.
  • 49.
  • 50. CRITICITÀ: COMPATIBILITÀ AMBIENTALE In generale, si assiste in Europa ad una tendenza alla chiusura e/o alla riallocazione degli impianti siderurgici a ciclo integrale, in particolare per quanto riguarda la parte a caldo del ciclo produttivo. Ciò dipende dalla generale difficoltà di rendere compatibile l’elevato impatto ambientale di tali impianti con i ristretti standard di qualità ambientale e le notevoli garanzie a tutela della salute, previste dalla normativa europea (e italiana). Tale compatibilità è resa ancor più critica dalla dimensione degli impianti e dalla vicinanza con l’abitato.
  • 51.
  • 52.
  • 53.
  • 54. CRITICITÀ: DISMISSIONE E RIPRISTINO La storia italiana è costellata di industrie che, anche a seguito della messa in evidenza dell’impatto delle lavorazioni svolte sull’ambiente e sull’uomo (con riferimento sia ai lavoratori che agli abitanti delle zone vicine alle fabbriche), hanno cessato del tutto o in parte le lavorazioni, abbandonando gli impianti inutilizzati e spostando, così, sulla collettività l’onere della bonifica delle aree contaminate (oltre che le spese sanitarie derivanti dagli effetti sulla salute, spesso a lungo termine).
  • 55. Sito dello stabilimento ex Caffaro, Brescia
  • 56. Sito della ex Fibronit di Bari (prima della bonifica)
  • 57.
  • 58. La legge prevede che l’autorizzazione integrata ambientale includa il piano di dismissione degli impianti e di caratterizzazione, bonifica e ripristino delle aree contaminate. Il piano deve comprendere le garanzie finanziarie per la copertura economica di tali opere.