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La data visualization come strumento di supporto alla content strategy
Lo spazio in cui operiamo quotidianamente come persone e professionisti,
lo spazio dell'informazione che supera le non più sufficientemente efficaci
categorie di virtuale e reale prende il suggestivo nome di infosfera.
Questo spazio, l'infosfera, è uno spazio in continua espansione: ci sommerge con un diluvio
di dati, perlopiù invisibile agli occhi ma prorompente e inarrestabile.
La domanda che ci poniamo è:
- all'interno dell'infosfera come cambia l'esperienza utente? ( forse, addirittura, dovremmo
chiederci se all'interno dell'infosfera esiste ancora un utente?);
- quella strana cosa che chiamiamo contenuti non rischia forse di venire spazzata via da da
questa inondazione di dati? Quali strategie consentiranno ai contenuti di sopravvivere?
Per arrivare ad oggi partiamo da lontano, parlando di rivoluzioni scientifiche, in particolare
delle tre che hanno cambiato nei secoli il modo in cui noi concepiamo noi stessi
La prima, la rivoluzione copernicana.
la seconda, la rivoluzione darwiniana
La terza fu rivoluzione freudiana
Oggi viviamo in pieno i fermenti di un'ulteriore rivoluzione:
la rivoluzione di Turing.
In cosa consiste questa rivoluzione? il mondo prima di Turing era un mondo in cui i calcolatori, i
computer, erano persone.
Turing comprese che si potevano prendere i compiti di queste persone, eliminare fino all'ultima
briciola di comprensione riguardo a quello che si stava facendo e conservare solo le azioni
meccaniche necessarie a far procedere il processo di calcolo. Semplici algoritmi.
Questa rivoluzione, altrimenti detta digitale o dell'informazione, partendo da quegli algoritmi è
arrivata a ridefinire la nostra realtà, una realtà in cui il ruolo dell'informazione è sempre più
preponderante, tanto da poter definire lo spazio in cui viviamo quotidianamente, “infosfera”.
In questa infosfera noi siamo nodi di una rete che vivono e prosperano grazie alle informazioni di
cui possono usufruire, in relazione continua con molti altri nodi, non necessariamente umani
(pensiamo ad esempio alla nostra relazione con un brand).
In questa accezione il concetto di infosfera comporta un superamento della tradizionale separazione
tra reale e virtuale. Ciò significa che è reale tutto ciò che interagisce con noi (anche quando è
virtuale).
La natura fisica è dunque solo l’interfaccia mediante la quale percepiamo le informazioni.
Continuiamo a elencare le caratteristiche dell'infosfera: caratterizza fortemente l'infosfera la sua
continua espansione.
La Biblioteca del Congresso con i suoi 142 milioni di documenti fisici conservati è la più grande
biblioteca della storia del mondo. Conserva al suo interno 0,23 petabytes di dati. I server del
CERN in un solo anno acquisisce 25 petabytes di dati, mentre Google processa quasi la stessa
quantità in un solo giorno (24 petabytes al giorno).
E da chi vengono tutti questi dati?
Non è certo solo opera dell'uomo: sensori fanno parlare strumenti di lavoro, auto, droni ma anche
mucche, cani, piante di gerani.
Non ci sono discriminazioni: i dati sono democratici e nell'infosfera tutti possono dare il loro
contributo.
Qualche esempio per cercare di capire meglio insieme cosa è questo diluvio di dati e quale ne è l'
origine.
Qualche esempio.
Twine è un progetto che tra novembre e dicembre 2011 chiese di essere finanziato su kickstarter:
chiese 35mila dollari, ottenne più di mezzo milione di dollari.
È niente altro che una scatolina celeste 7x7, dotata di sensori e collegabile a Internet , a cui potete
dire cosa fare attraverso una semplice dashboard accessibile via smarphone.
●
●
●
●
CowView è un sistema, simile a Nike FuelBand o FitBit, applicato alle mucche, che,
attraverso la continua produzione di dati, consente di monitorare spostamenti,
comportamenti e stato di salute di interi allevamenti bovini.
●
●
Data Driven UX - Content Strategy
●
Nel momento che prendiamo coscienza che tutto intorno a noi è fatto di dati e che questi dati
rappresentano meglio l'essenza delle cose di quanto possa fare gli oggetti fisici e i sensi naturali cosa
facciamo, noi essserei finiti alla continua ricerca della verità?
Fondiamo un culto
Il Quantified Self è una filosofia, e allo stesso tempo una mistica le cui regole sono semplici: si tratta
di usare i più svariati dispositivi tecnologici per misurare e registrare le attività quotidiane, dalle più
triviali alle più importanti. C'è chi calcola il numero di calorie consumate, chi le email ricevute e
spedite, chi la distanza percorsa. C'è chi fa tutto questo e molto altro contemporaneamente.
Questa pratica di registrazione e annotazione si chiama personal tracking.
Il manifesto del movimento è un articolo di Gary Wolf sul New York Times del 2010, dal titolo,
emblematico, e non a caso citato da questo talk,"The Data Driven Life".
●
●
Ok, usciamo dalla modalità “Forse non tutti sanno che...” da Settimana Enigmistica e proviamo
insieme a tirare qualche somma:
Abbiamo visto come nell'infosfera oggetti e animali possano parlare in prima persona.
Allo stesso tempo abbiamo visto i soggetti tentare di rappresentarsi oggettivamente: in altre parole,
come oggetti (forse ora è più chiaro perché la rivoluzione di Turing entra nel novero delle rivoluzioni
che hanno contribuito a ridefinire l'idea che l'essere umano ha di sé).
Scendiamo dalla teoria alla pratica. Scendiamo di molto e repentinamente.
In un simile contesto i rapporti tra utente e azienda mutano:
se fino a pochi anni fa il rapporto tra l'utente e aziende vedeva l'azienda nel ruolo di emittente e
l'utente nel ruolo di ricevente (questo modello di comunicazione trovava perfetta incarnazione nel
sito aziendale in cui il consumatore raccoglieva informazioni), oggi questo rapporto è mutato:
l'utente è divenuto l'emittente e l'azienda ricevente.
Un esempio per toccare con mano: andando al seguente indirizzo:
Collusion - componente aggiuntivo per Firefox | http://goo.gl/u123s
Collusion - estensione per Chrome | http://goo.gl/h5t7e
troverete un plugin installabile in pochi secondi su firefox e chome.
Fate questo esperimento: intallato il plug in andate sul sito del Guardian e, se volete essere
paradossali, leggetevi un articolo sul NSA leak.
Poi, cliccate sull'icona di Collusion per vedere a quanti altri siti il Guardian passa i vostri
dati.
Zittrain riguardo a questo dice: “quando qualcosa è gratis, tu non sei il cliente, sei il prodotto”.
Tutta questa teoria in cosa si sostanzia?
I Google Glass, un prodotto in grado potenzialmente di accumulare una straordinaria mole di dati,
le cui chances di successo si giocheranno tutte intorno alla gestione di questi dati. Interessante
notare a riguardo che più dell'UX a determinare le caratteristiche del prodotto sono le
preoccupazioni per la privacy dei terzi (da qui la decisione di eliminare la funzione di
riconoscimento facciale). Qualcuno a parlato di passaggio da UX a XU (altro capovolgimento).
Google non è avara di esempi: le future mappe di Google presentate all'I/O di maggio
rappresentano perfettamente il concetto di infosfera e di quell'accennato superamento del dualismo
reale/virtuale, con la rappresentazione della geografia del territorio ridefinita a partire dai nostri dati
(percorsi, social network, ricerche).
Arriviamo al discorso Dati e Content Strategy.
La content strategy ha sempre flirtato con i dati, in diverse e interessanti maniere: dati per analizzare
il comportamento delle persone, dati, o meglio metadati, per organizzare e soprattutto riorganizzare
le diverse parti del contenuto, dati per raccontare storie.
È questa la parte che mi interessa vedere insieme a voi.
Nonostante il processo di convergenza pompi nel digitale risorse che ad un primo sguardo fanno
apparire il contenuto, i contenuti definibili come aggregazioni di informazioni (superando dunque la
definizione molto ampia di Rachel Lovinger che in CS: the philosophy of data dicendo che
“letteralmente tutto” è contenuto non fa un buon servigio alla CS, e quella non molto più rigorosa
di Morville – stuff) , devamo, fanno apparire il contenuto in ottima, anzi invidiabile salute, in realtà
il crescere, dal basso come dall'alto di forme di presenza nell'infosfera basate sui dati, rischia i ridurre
fortemente lo spazio ecologico del contenuto.
È necessario che i contenuti trattino sempre più i dati come materia prima per le proprie
narrazioni.
la visualizzazione è un processo di trasformazione grafica dei dati in informazioni.
Ho detto processo: questa trasformazione è infatti possibile perché la visualizzazione non è solo un
prodotto grafico ma appunto un processo complesso di interpretazione del dato per via grafica.
Le fasi di questo processo possono definite in modo diverso a seconda a seconda che il focus sia
posto sul dato, sulla grafica, sul codice, ma credo sia essenziale vedere con voi gli step che
scandiscono la reazione fondamentale che innesca la visualizzazione dei dati, appunto la
trasformazione dei dati in informazioni e di questi in conoscenza.
●
qualsiasi sia il nostro ruolo all'interno del processo produttivo della data visualization dobbiamo
analizzare il dato: capire quello che dice e soprattutto quello che non dice, che spesso è più
importante di quello che dice (perchè “Se si torturano i dati abbastanza a lungo, alla fine confessano”
tutto, parafrasando Coase). Se dovessi dare una definizione, non certo rigorosa ma espressiva, della
differenza tra Data visulization e infografica direi proprio che nell'infografica manca la parte di
ricerca dei pattern..
●
●
David MacCandless: skyline delle bolle mediatiche, delle paure mediatizzate. L'altezza corrisponde
all'intensità. Vedete in ordine, da sinistra a destra, Millennium Bug, Sars, aviaria, influenza suina, e
sotto effetti dei videogiochi violenti, asteroidi e attacchi di vespe assassine. I videogiochi evidenziano
uno schema particolare. I picchi si trovano a Dicembre e ad Aprile di ogni anno, regolarmente.
Dicembre è comprensibile essendo il mese in cui escono la maggior parte dei nuovi videogiochi, Ma
Aprile? Aprile è il mese della strage di Columbine e i media anglosassoni rinnovano la
preoccupazione per quello che è accaduto così, “celebrando” con nuove paure quello che è successo.
●
CharlesMinard racconta così la campagna di Russia condotta da Napoleone nel 1812, riuscendo a
rendere in maniera esemplare la realtà di quello che accadde. Di 450.000 uomini ne arrivarono
100.000 e ne tornarono 10.000 nell'allora Polonia.
Se è vero che le immagini parlano alla parte meno razionale del nostro cervello, per
emozionare dobbiamo avere la capacità di lavorare e comunicare efficacemente in
modo visuale.
Kim Rees, di Periscopic, ha creato questa data visualization interattiva che ci mostra
l'accumularsi degli anni di vita perduti a causa delle morti per arma da fuoco in America.
Per ogni domanda, contattatemi :
twitter.com/toccaceliblasi
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  • 1. La data visualization come strumento di supporto alla content strategy
  • 2. Lo spazio in cui operiamo quotidianamente come persone e professionisti, lo spazio dell'informazione che supera le non più sufficientemente efficaci categorie di virtuale e reale prende il suggestivo nome di infosfera.
  • 3. Questo spazio, l'infosfera, è uno spazio in continua espansione: ci sommerge con un diluvio di dati, perlopiù invisibile agli occhi ma prorompente e inarrestabile. La domanda che ci poniamo è: - all'interno dell'infosfera come cambia l'esperienza utente? ( forse, addirittura, dovremmo chiederci se all'interno dell'infosfera esiste ancora un utente?); - quella strana cosa che chiamiamo contenuti non rischia forse di venire spazzata via da da questa inondazione di dati? Quali strategie consentiranno ai contenuti di sopravvivere?
  • 4. Per arrivare ad oggi partiamo da lontano, parlando di rivoluzioni scientifiche, in particolare delle tre che hanno cambiato nei secoli il modo in cui noi concepiamo noi stessi La prima, la rivoluzione copernicana.
  • 5. la seconda, la rivoluzione darwiniana
  • 6. La terza fu rivoluzione freudiana
  • 7. Oggi viviamo in pieno i fermenti di un'ulteriore rivoluzione: la rivoluzione di Turing.
  • 8. In cosa consiste questa rivoluzione? il mondo prima di Turing era un mondo in cui i calcolatori, i computer, erano persone. Turing comprese che si potevano prendere i compiti di queste persone, eliminare fino all'ultima briciola di comprensione riguardo a quello che si stava facendo e conservare solo le azioni meccaniche necessarie a far procedere il processo di calcolo. Semplici algoritmi. Questa rivoluzione, altrimenti detta digitale o dell'informazione, partendo da quegli algoritmi è arrivata a ridefinire la nostra realtà, una realtà in cui il ruolo dell'informazione è sempre più preponderante, tanto da poter definire lo spazio in cui viviamo quotidianamente, “infosfera”. In questa infosfera noi siamo nodi di una rete che vivono e prosperano grazie alle informazioni di cui possono usufruire, in relazione continua con molti altri nodi, non necessariamente umani (pensiamo ad esempio alla nostra relazione con un brand). In questa accezione il concetto di infosfera comporta un superamento della tradizionale separazione tra reale e virtuale. Ciò significa che è reale tutto ciò che interagisce con noi (anche quando è virtuale). La natura fisica è dunque solo l’interfaccia mediante la quale percepiamo le informazioni.
  • 9. Continuiamo a elencare le caratteristiche dell'infosfera: caratterizza fortemente l'infosfera la sua continua espansione. La Biblioteca del Congresso con i suoi 142 milioni di documenti fisici conservati è la più grande biblioteca della storia del mondo. Conserva al suo interno 0,23 petabytes di dati. I server del CERN in un solo anno acquisisce 25 petabytes di dati, mentre Google processa quasi la stessa quantità in un solo giorno (24 petabytes al giorno).
  • 10. E da chi vengono tutti questi dati? Non è certo solo opera dell'uomo: sensori fanno parlare strumenti di lavoro, auto, droni ma anche mucche, cani, piante di gerani. Non ci sono discriminazioni: i dati sono democratici e nell'infosfera tutti possono dare il loro contributo. Qualche esempio per cercare di capire meglio insieme cosa è questo diluvio di dati e quale ne è l' origine. Qualche esempio. Twine è un progetto che tra novembre e dicembre 2011 chiese di essere finanziato su kickstarter: chiese 35mila dollari, ottenne più di mezzo milione di dollari. È niente altro che una scatolina celeste 7x7, dotata di sensori e collegabile a Internet , a cui potete dire cosa fare attraverso una semplice dashboard accessibile via smarphone.
  • 11.
  • 12.
  • 13.
  • 14.
  • 15. CowView è un sistema, simile a Nike FuelBand o FitBit, applicato alle mucche, che, attraverso la continua produzione di dati, consente di monitorare spostamenti, comportamenti e stato di salute di interi allevamenti bovini.
  • 16.
  • 17.
  • 19.
  • 20. Nel momento che prendiamo coscienza che tutto intorno a noi è fatto di dati e che questi dati rappresentano meglio l'essenza delle cose di quanto possa fare gli oggetti fisici e i sensi naturali cosa facciamo, noi essserei finiti alla continua ricerca della verità? Fondiamo un culto Il Quantified Self è una filosofia, e allo stesso tempo una mistica le cui regole sono semplici: si tratta di usare i più svariati dispositivi tecnologici per misurare e registrare le attività quotidiane, dalle più triviali alle più importanti. C'è chi calcola il numero di calorie consumate, chi le email ricevute e spedite, chi la distanza percorsa. C'è chi fa tutto questo e molto altro contemporaneamente. Questa pratica di registrazione e annotazione si chiama personal tracking. Il manifesto del movimento è un articolo di Gary Wolf sul New York Times del 2010, dal titolo, emblematico, e non a caso citato da questo talk,"The Data Driven Life".
  • 21.
  • 22.
  • 23. Ok, usciamo dalla modalità “Forse non tutti sanno che...” da Settimana Enigmistica e proviamo insieme a tirare qualche somma: Abbiamo visto come nell'infosfera oggetti e animali possano parlare in prima persona. Allo stesso tempo abbiamo visto i soggetti tentare di rappresentarsi oggettivamente: in altre parole, come oggetti (forse ora è più chiaro perché la rivoluzione di Turing entra nel novero delle rivoluzioni che hanno contribuito a ridefinire l'idea che l'essere umano ha di sé).
  • 24. Scendiamo dalla teoria alla pratica. Scendiamo di molto e repentinamente. In un simile contesto i rapporti tra utente e azienda mutano: se fino a pochi anni fa il rapporto tra l'utente e aziende vedeva l'azienda nel ruolo di emittente e l'utente nel ruolo di ricevente (questo modello di comunicazione trovava perfetta incarnazione nel sito aziendale in cui il consumatore raccoglieva informazioni), oggi questo rapporto è mutato: l'utente è divenuto l'emittente e l'azienda ricevente. Un esempio per toccare con mano: andando al seguente indirizzo: Collusion - componente aggiuntivo per Firefox | http://goo.gl/u123s Collusion - estensione per Chrome | http://goo.gl/h5t7e troverete un plugin installabile in pochi secondi su firefox e chome. Fate questo esperimento: intallato il plug in andate sul sito del Guardian e, se volete essere paradossali, leggetevi un articolo sul NSA leak. Poi, cliccate sull'icona di Collusion per vedere a quanti altri siti il Guardian passa i vostri dati. Zittrain riguardo a questo dice: “quando qualcosa è gratis, tu non sei il cliente, sei il prodotto”.
  • 25. Tutta questa teoria in cosa si sostanzia? I Google Glass, un prodotto in grado potenzialmente di accumulare una straordinaria mole di dati, le cui chances di successo si giocheranno tutte intorno alla gestione di questi dati. Interessante notare a riguardo che più dell'UX a determinare le caratteristiche del prodotto sono le preoccupazioni per la privacy dei terzi (da qui la decisione di eliminare la funzione di riconoscimento facciale). Qualcuno a parlato di passaggio da UX a XU (altro capovolgimento). Google non è avara di esempi: le future mappe di Google presentate all'I/O di maggio rappresentano perfettamente il concetto di infosfera e di quell'accennato superamento del dualismo reale/virtuale, con la rappresentazione della geografia del territorio ridefinita a partire dai nostri dati (percorsi, social network, ricerche).
  • 26. Arriviamo al discorso Dati e Content Strategy. La content strategy ha sempre flirtato con i dati, in diverse e interessanti maniere: dati per analizzare il comportamento delle persone, dati, o meglio metadati, per organizzare e soprattutto riorganizzare le diverse parti del contenuto, dati per raccontare storie. È questa la parte che mi interessa vedere insieme a voi. Nonostante il processo di convergenza pompi nel digitale risorse che ad un primo sguardo fanno apparire il contenuto, i contenuti definibili come aggregazioni di informazioni (superando dunque la definizione molto ampia di Rachel Lovinger che in CS: the philosophy of data dicendo che “letteralmente tutto” è contenuto non fa un buon servigio alla CS, e quella non molto più rigorosa di Morville – stuff) , devamo, fanno apparire il contenuto in ottima, anzi invidiabile salute, in realtà il crescere, dal basso come dall'alto di forme di presenza nell'infosfera basate sui dati, rischia i ridurre fortemente lo spazio ecologico del contenuto. È necessario che i contenuti trattino sempre più i dati come materia prima per le proprie narrazioni.
  • 27. la visualizzazione è un processo di trasformazione grafica dei dati in informazioni. Ho detto processo: questa trasformazione è infatti possibile perché la visualizzazione non è solo un prodotto grafico ma appunto un processo complesso di interpretazione del dato per via grafica. Le fasi di questo processo possono definite in modo diverso a seconda a seconda che il focus sia posto sul dato, sulla grafica, sul codice, ma credo sia essenziale vedere con voi gli step che scandiscono la reazione fondamentale che innesca la visualizzazione dei dati, appunto la trasformazione dei dati in informazioni e di questi in conoscenza.
  • 28.
  • 29. qualsiasi sia il nostro ruolo all'interno del processo produttivo della data visualization dobbiamo analizzare il dato: capire quello che dice e soprattutto quello che non dice, che spesso è più importante di quello che dice (perchè “Se si torturano i dati abbastanza a lungo, alla fine confessano” tutto, parafrasando Coase). Se dovessi dare una definizione, non certo rigorosa ma espressiva, della differenza tra Data visulization e infografica direi proprio che nell'infografica manca la parte di ricerca dei pattern..
  • 30.
  • 31.
  • 32. David MacCandless: skyline delle bolle mediatiche, delle paure mediatizzate. L'altezza corrisponde all'intensità. Vedete in ordine, da sinistra a destra, Millennium Bug, Sars, aviaria, influenza suina, e sotto effetti dei videogiochi violenti, asteroidi e attacchi di vespe assassine. I videogiochi evidenziano uno schema particolare. I picchi si trovano a Dicembre e ad Aprile di ogni anno, regolarmente. Dicembre è comprensibile essendo il mese in cui escono la maggior parte dei nuovi videogiochi, Ma Aprile? Aprile è il mese della strage di Columbine e i media anglosassoni rinnovano la preoccupazione per quello che è accaduto così, “celebrando” con nuove paure quello che è successo.
  • 33.
  • 34. CharlesMinard racconta così la campagna di Russia condotta da Napoleone nel 1812, riuscendo a rendere in maniera esemplare la realtà di quello che accadde. Di 450.000 uomini ne arrivarono 100.000 e ne tornarono 10.000 nell'allora Polonia.
  • 35. Se è vero che le immagini parlano alla parte meno razionale del nostro cervello, per emozionare dobbiamo avere la capacità di lavorare e comunicare efficacemente in modo visuale.
  • 36. Kim Rees, di Periscopic, ha creato questa data visualization interattiva che ci mostra l'accumularsi degli anni di vita perduti a causa delle morti per arma da fuoco in America.
  • 37. Per ogni domanda, contattatemi : twitter.com/toccaceliblasi linkedin.com in/ /toccaceliblasi