Nuove imprese al servizio dei bisogni di Milano in vista di Expo 2015. Crowdsourcing Social Innovation è un percorso che mira a stimolare ed accompagnare la nascita di prodotti-servizi innovativi in vista di Expo Milano 2015 e candidabili per il bando MIUR Smart Cities & Social Innovation. Se siete under 30 e avete delle buone idee, non è proprio il caso di perdere questa occasione.
I servizi su cui si concentrerà il percorso di riflessione e emersione saranno quelli in grado di rispondere a bisogni (sociali e ambientali) emergenti in relazione a grandi eventi (mobilità, ospitalità, pressione sulle risorse naturali, fruizione di beni culturali, etc.).
Federico Bottino, Lead Venture Builder – “Riflessioni sull’Innovazione: La Cu...
crowdsourcing social innovation _ background paper
1. Crowdsourcing Social Innovation
Nuove imprese al servizio dei bisogni di Milano in vista di Expo 2015
Milano, 19 settembre 2012. Davide Agazzi agazzi@makeacube.com;
Intro
Crowdsourcing Social Innovation è un percorso che mira a stimolare ed accompagnare la nascita di
prodotti-servizi innovativi in vista di Expo Milano 2015 e candidabili per il bando
MIUR Smart Cities & Social Innovation.
I servizi su cui si concentrerà il percorso di riflessione e emersione saranno quelli in grado di rispondere a
bisogni (sociali e ambientali) emergenti in relazione a grandi eventi (mobilità, ospitalità, pressione sulle
risorse naturali, fruizione di beni culturali, etc.).
Le dimensioni innovative ricercate saranno relative a:
• il coinvolgimento di comunità di cittadini/utenti nell’ideazione, sviluppo ed erogazione di servizi
collaborativi, attraverso dinamiche di crowdsourcing e tecnologie digitali;
• la tipologia di soggetti che promuovono e organizzano l’erogazione dei servizi, in particolare social
business (community interest companies, low profit organisations, …);
• la forte attenzione alla inclusione sociale e alla tutela ambientale, in tutte le fasi pre, durante e post
evento.
Il percorso si articola in un ciclo di 5 incontri, tra settembre e novembre 2012, così composto:
• seminario introduttivo su innovazione sociale, servizi collaborativi, crowdsourcing e grandi eventi
• 3 workshop tematici su mobilità, ospitalità e risorse naturali in cui si presenteranno startup e
business model che possono fornire spunti progettuali per idee di business da sviluppare in vista di
Expo2015
• innovation camp conclusivo in cui alle migliori idee progettuali emerse nel corso dei 3 workshop
verrà fornito un primo affiancamento manageriale (relativo a definizione business model, aspetti
tecnologici, processi di interazione produttore/i-utenti, analisi del quadro competitivo, analisi della
struttura dei costi e ricavi, stima investimenti necessari per prototipazione e startup), finalizzato ad
una migliore elaborazione dell’application al bando MIUR (le date del ciclo di 5 incontri sono state
pensate per permettere ai partecipanti di rispondere, attraverso i progetti elaborati, alla call “Smart
Cities & Social Innovation”, aperta sino al 7 Dicembre 2012.
2. Il presente documento ambisce a fornire il quadro di riferimento teorico e pratico da cui il percorso di
incubazione prende le mosse e all’interno del quale i partecipanti sono invitati a muoversi.
Save the date
• 25 settembre: seminario introduttivo
• 12 ottobre: workshop tematico servizi per la mobilità
• 19 ottobre: workshop tematico servizi per l’ospitalità
• 26 ottobre: workshop tematico servizi per un utilizzo efficiente delle risorse naturali
• 23-24 novembre: innovation camp per le migliori idee
Milano 2015: uno straordinario laboratorio di
sperimentazione
Il contesto sociale ed economico in cui stiamo vivendo, in cui si intersecano recessione economica, tagli alla
spesa pubblica e bisogni sociali emergenti, rende il tema dell’innovazione sociale ancora più centrale.
La ricerca di soluzioni innovative in grado di rispondere a bisogni della società (in maniera più efficiente da
quanto non riescano a fare lo Stato e il Mercato) e allo stesso tempo di creare nuove relazioni sociali e
nuove forme di collaborazione è infatti una delle sfide più utili che istituzioni, imprese e società civile si
trovano ad affrontare.
Si tratta di una sfida che Milano è nelle condizioni di affrontare e vincere, perché da anni la città
metropolitana è uno straordinario laboratorio di sperimentazione. E perché un positivo e probabilmente
irripetibile mix di dinamiche ed eventi previsti nei prossimi mesi e anni mette gli attori economici e sociali
milanesi nelle condizioni di poter cogliere significative opportunità in termini crescita e sviluppo.
Da un lato la crescente diffusione di tecnologie digitali a basso costo (e di persone in grado di utilizzarle),
dall’altro una rinnovata attenzione, soprattutto da parte dei giovani, per forme di impresa a finalità sociale, in
cui la ricerca del profitto diventa uno strumento per perseguire obiettivi ambientali e sociali. Dall’altro lo
sblocco di ingenti risorse da parte del Ministero dell’Università e delle Ricerca per coniugare smart cities,
innovazione e inclusione sociale. E l’orizzonte del 2015, con l’organizzazione di una Esposizione Universale
che sarà un successo solo se riuscirà a coinvolgere il territorio. Creando un sistema in grado di intercettare e
rispondere alle esigenze dei milioni di visitatori per transiteranno per Milano.
In questo contesto, crediamo ci siano gli spazi per far nascere alcune imprese dalle caratteristiche
particolari, in grado di rispondere ai bisogni di Milano in vista di Expo Milano 2015 e allo stesso tempo in
grado di coinvolgere i milanesi nel design e nella produzione/erogazione di prodotti-servizi innovativi.
3. Soggetti che saranno ancor più utili dopo il 2015, perché risponderanno ai bisogni della città e perché
costituiranno un ulteriore asset competitivo per la città stessa.
Innovazione sociale e imprenditoria sociale
Oggi come non mai la società in cui viviamo ha fame di innovazione. Perché oggi come non mai ci troviamo
ad affrontare problematiche emergenti che rischiano di mettere in crisi i contesti economici e sociali in cui
siamo cresciuti. L’elenco dei problemi è da anni sulla bocca di tutti, nei discorsi dei politici così come nei
documenti ufficiali della Commissione Europea: scarso dinamismo e scarsa produttività del nostro tessuto
economico, disoccupazione giovanile dilagante, cambiamenti climatici, consumo di suolo, contesti urbani
sempre più caratterizzati da traffico e congestione, consumi energetici sempre più elevati, invecchiamento
della popolazione, esclusione sociale di fasce sempre più rilevanti della popolazione, amministrazioni
pubbliche che non sono più in grado di fornire servizi adeguati ai propri cittadini. in un contesto in cui, al
contrario, la collettività amplia la propria richiesta di servizi pubblici e reti di protezione sociale.
L’innovazione di cui ha fame l’Europa non è dunque un’innovazione (tecnologica) fine a se stessa. Ma
un’innovazione fatta di prodotti, servizi e modelli in grado di rispondere ai problemi di cui sopra. Perché
probabilmente non abbiamo bisogno di macchine più potenti e veloci, ma di capire come assicurare
spostamenti veloci ed efficienti di persone e merci nelle nostre città, evitando di renderle invivibili.
La domanda che l’Europa pone ai suoi attori economici più dinamici è quindi particolarmente ambiziosa. Si
chiede ad essi di ricercare soluzioni innovative per problematiche aperte, di trovare il modo di rispondere ad
una crescente e frammentata domanda di servizi pubblici di qualità elevata, senza che questo ne influisca
l’equità di accesso, in un contesto in cui la regola è diventata la riduzione della spesa pubblica.
Tutto ciò che riesce a fornire una soluzione a quella che al momento sembra essere più un rompicapo che
una domanda, viene etichettato come innovazione sociale. Si tratta di una campo d’azione molto ampio e in
costante evoluzione, trasversale in quanto contemporaneamente intersettoriale e interdisciplinare.
Per innovazione sociale si intende qui un processo di invenzione, diffusione e adozione di un nuovo servizio
o modello organizzativo, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga nel settore pubblico, privato o
all’interno del terzo settore. Il termine innovazione sociale serve anche per descrivere i risultati e gli impatti
1
che derivano dal processo innovativo .
Allargando il campo, per innovazione sociale e ambientale (sustainable innovation) intendiamo qui
quell’innovazione capace di mettere a valore le dimensioni di sostenibilità ambientale e di coesione sociale
quali elementi caratterizzanti una nuova forma di sviluppo. Se la dimensione ambientale rimanda alla
capacità di ridurre in modo netto gli impatti sulle componenti ambientali, permettendo allo stesso tempo di
risparmiare risorse, attraverso innovazioni che stanno sulla frontiera tecnologica o hanno più marcate
1 Caulier-Grice J., Kahn L., Mulgan G., Pulford L. & Vasconcelos D (2010), Study on Social Innovation: A paper prepared by the Social Innovation
eXchange and the Young Foundation for the Bureau of European Policy Advisors. Young Foundation/European Union
4. componenti comportamentali, la dimensione di coesione e inclusione sociale rimanda ad un irrobustimento
delle potenzialità delle società locali di far fronte ai problemi della contemporaneità. In modo più semplice
possiamo dire che l’innovazione per la sostenibilità è “un nuovo processo, prodotto, servizio, attività,
promosso da imprese, organizzazioni, cittadini, che contribuisce a valorizzare l’ambiente naturale,
2
promuovere la coesione sociale e rafforzare la competitività del sistema economico”.
Studi redatti dai principali centri di ricerca europei, a favore della Commissione, sottolineano come le
innovazioni sociali siano “sociali” sia nei loro fini che nei loro mezzi. Devono infatti riuscire a produrre nuove
forme di cooperazione e collaborazione, costruire nuove relazioni, aumentando la capacità di una dato
contesto sociale di fornire risposte a problemi dati.
Non risulta quindi solo importante raggiungere un determinato obiettivo sociale, ma anche capire quali siano
le condizioni di contesto favorevoli per l’individuazione di soluzioni ad un dato problema sociale. E
contribuire a crearle.
La definizione di innovazione sociale è quindi lasciata volutamente aperta, proprio per poter tenere assieme
differenti ambiti di sviluppo di queste innovazioni, differenti forme di intervento e differenti protagonisti.
Parliamo infatti di processi che possono avvenire tanto nel settore pubblico che in quello privato, così come
nel variegato alveo del terzo settore o, più semplicemente, nelle case dei cittadini di un Paese. Ma, più
probabilmente, a cavallo tra tutti questi ambiti, creando legami e dinamiche nuove.
Abbiamo detto che l’innovazione può prendere la forma di un nuovo prodotto, di un nuovo servizio, di una
modalità organizzativa differente. Ma vi è anche chi ritiene che con l’etichetta innovazione sociale si possano
3
identificare anche principi, idee, interventi legislativi, movimenti sociali o una combinazione di tutto ciò .
A variare possono essere anche i protagonisti dell’innovazione: chi studia questi fenomeni prende infatti
inconsiderazione sia singoli individui, cittadini o imprenditori che siano, che movimenti, associazioni e
organizzazioni più complesse.
All’interno di questo panorama variegato, ai fini del presente lavoro, ci focalizzeremo solo su quelle
innovazioni sociali che prendono la forma di nuove imprese a finalità sociale.
Per definire cosa sia una “impresa a finalità sociale” è utile partire dalla definizione che la Commissione
Europea da all’interno della comunicazione relativa alla Social Business Initiative, per “impresa sociale” si
intende includere quelle imprese:
• per le quali l’obiettivo sociale o socio-culturale di interesse comune è la ragion d’essere
dell’azione commerciale;
• i cui utili sono prevalentemente reinvestiti nella realizzazione di tale obiettivo sociale;
• e di cui le modalità organizzative o il sistema di proprietà riflettono la missione, in quanto si
basano su principi democratici o partecipativi o mirano alla giustizia sociale.
2 Avanzi, Think Tank, “Che cos’è l’innovazione per la sostenibilità” http://www.avanzi.org/think-tank/innovazione-per-la-sostenibilita
3 J.A. Phills Jr., K.Deiglmeier and D.T. Miller (2008). Rediscovering Social Innovation, Stanford Social Innovation Review
5. Ancora una volta ci si trova di fronte ad una definizione molto ampia che sembra fatta apposta per poter
includere fenomeni tra loro anche molto diversi. In realtà, la definizione è lasciata volutamente aperta per
poter rendere conto della sperimentazione che è costantemente in atto, nei vari contesti locali europei e non
solo.
A fronte di un modello ibrido (e ideale) tra profit e non profit, i cui contorni sono stati sulla carta ben
identificati, quello che si osserva, per via di un mix di cause generali e di contingenze locali, è la
manifestazione di esperienze diverse accomunate da una tensione verso queste forme di innovazione.
4
L’impresa a finalità sociale ideale è quella che riesce a tradurre tutte le sue azioni in valore sociale e ricavi
commerciali. Un’organizzazione che sintetizza le caratteristiche tipiche della società commerciale for profit
ma le orienta ad un fine che non è la generazione del massimo ritorno sull’investimento, bensì del valore
sociale e ambientale. Per un’impresa tradizionale la funzione obiettivo è rappresentata dal profitto: il rispetto
delle norme giuridiche ed etiche costituiscono il vincolo a cui è sottoposta. Per le imprese a finalità sociale al
contrario l’obiettivo è la creazione di valore social, l’equilibrio economico finanziario rappresenta il vincolo.
Le imprese a finalità sociale sono quindi, per definizione, imprese profit che offrono un dividendo misto,
risultante di componenti economiche (profitto calmierato), sociali e ambienta
Invece di produrre esternalità negative (che devono poi essere mitigate o compensate) attraverso le loro
attività, in virtù della sua finalità sociale questa tipologia di impresa riesce anzi a generare esternalità
positive. Proprio perché, per essa, soggetti beneficiari e clienti molto spesso coincidono. Per cui alla vendita
di un prodotto o servizio corrisponde un ricavo ma anche un’utilità di carattere sociale generata, a favore
della collettività. E la parte di ricavi che si traduce in profitto, viene per la maggior parte re-investita nella
attività caratteristica dell’impresa, che altro non è che il perseguimento di un obiettivo sociale.
L’idea di fondo è che, ricercando soluzioni nuove, responsabili e sostenibili a problemi della società,
un’impresa possa legittimamente coltivare nuove opportunità di business.
Come è ovvio la traduzione pratica di questa intuizione non è affatto scontata. Anzi. Ma sono parecchi coloro
che ci stanno provando. Sperimentando e spingendo il sistema esistente ad evolvere. Queste forme di
impresa a finalità sociale infatti si trovano a scontrarsi con un sistema in cui forme giuridiche, strumenti di
finanziamento, culture organizzative e rapporto con i propri stakeholder sono pensate in maniera anche
radicalmente diversa per il mondo profit e per il mondo non profit.
Le imprese a finalità sociale cercano di prendere ciò che di buono c’è nei due mondi (profit e no profit). Ma si
trovano spesso a dover sviluppare ex novo gli strumenti adatti per la loro crescita (e a richiederne un
riconoscimento formale o sostanziale dalle loro controparti).
4 Dal Maso D., Zanoni D. (2011), Sostenere concretamente l’economia civile attraverso la creazione di un mercato di capitali per imprese a finalità sociale,
Libro Bianco sul Terzo settore, Mulino
6. Tutto ciò si inserisce all’interno di una dinamica dell’innovazione sociale che è ben rappresentata dal grafico
5
qui di seguito.
Se una startup può essere definita “una organizzazione temporanea pensata per la ricerca di un business
model replicabile e scalabile” all’interno di un determinato mercato, per il mondo a cui ci stiamo riferendo una
startup a finalità sociale è una organizzazione che ricerca strumenti e modalità di azione in grado di fornire
risposte a problematiche emergenti, sforzandosi di rendere scalabile e replicabile la soluzione innovativa
trovata.
E’ proprio su questo tipo di startup che il percorso Crowdsourcing Social Innovation vuole intervenire,
aiutandole a ricercare soluzioni efficaci ed efficienti, che rispondano a bisogni emergenti e che vadano
incontro ad una domanda potenziale reale, ricercando modelli organizzativi per lo stessa natura ibridi tra
profit e no profit, nel senso che abbiamo illustrato sopra.
Sono queste startup che il progetto vuole sostenere, aiutandole a superare quelle che sono considerate le
barriere classiche che ostacolano la diffusione di soluzioni innovative:
• perdita di efficienza momentanea nel passaggio da un paradigma ad un altro;
• avversità al rischio del sistema di riferimento, per via di interessi consolidati;
5 Caulier-Grice J., Kahn L., Mulgan G., Pulford L. & Vasconcelos D (2010), Study on Social Innovation: A paper prepared by the Social Innovation
eXchange and the Young Foundation for the Bureau of European Policy Advisors. Young Foundation/European Union
7. • abitudini e routine non sempre facili da cambiare da parte di tutti gli attori coinvolti
• relazioni sociali consolidate che tendono a favorire soluzioni e attori già sperimentati.
Il percorso di accompagnamento da un lato, la possibilità di un finanziamento pubblico e l’eccesso di
domanda che potrebbe concretizzarsi in corrispondenza di un grande evento come Expo Milano 2015
creano condizioni straordinariamente favorevoli per una sperimentazione “in sicurezza” di dinamiche
particolarmente innovative (crowdsourcing), in settori particolarmente sfidanti e con un impatto potenziale
sulla qualità della vita di tutti noi (ospitalità, mobilità, risorse naturali). Ci sono quindi tutti gli elementi chiave
per potranno augurabilmente portare alla nascita esperienze di innovazione sociale che siano tanto le più
radicali ed efficaci, quanto quelle con prospettive di mercato più promettenti.
Tecnologie digitali, crowdsourcing, servizi e
dinamiche collaborative
Dopo aver guardato all’innovazione da un punto di vista teorico, privilegiando in un certo qual modo una
lettura sociologica del fenomeno, è ora il momento di prendere in considerazione gli scenari evolutivi
determinati dall’introduzione, anche in questi contesti, di nuove tecnologie digitali.
La crescente diffusione di internet, dell’utilizzo dei social network e degli smartphone e delle applicazioni
mobile stanno avendo un enorme impatto sulla capacità di operare dei singoli cittadini e delle organizzazioni
“tradizionali”, che vedono di fronte a loro dischiudersi possibilità sino a pochi anni fa inimmaginabili.
La relativa facilità con cui oggi è possibile programmare un sito internet o progettare una applicazione per
iphone e android permette anche a chi si occupa di innovazione sociale di ripensare il proprio modo di
essere, rendendo più accessibili azioni, comportamenti e scelte che comportavano un investimento
significativo in termini relazionali e/o cognitivi.
Grazie alle nuove tecnologie, è oggi indubbiamente più facile lavorare collettivamente su nuove idee,
cooperare tra singoli e tra diverse organizzazioni, fornire alcune tipologie di servizi. Particolarmente
interessanti ai fini di questa riflessione sono tutte quelle attività che vengono associate al termine
crowdsourcing, neologismo creato pochissimi anni fa (nel 2006) da un giornalista della rivista Wired.
Il termine nasce dalla crasi tra le parole crowd (folla) e outsourcing (esternalizzare una parte delle proprie
attività) e identifica “una tipologia di attività online partecipativa nella quale una persona, istituzione,
organizzazione non a scopo di lucro o azienda propone ad un gruppo di individui, mediante un annuncio
aperto e flessibile, la realizzazione libera e volontaria di un compito specifico. La realizzazione di tale
compito, di complessità e modularità variabile, e nella quale il gruppo di riferimento deve partecipare
apportando lavoro, denaro, conoscenze e/o esperienza, implica sempre un beneficio per ambe le parti.
L'utente otterrà, a cambio della sua partecipazione, il soddisfacimento di una concreta necessità, economica,
di riconoscimento sociale, di autostima, o di sviluppo di capacità personali, il crowdsourcer d'altro canto,
8. otterrà e utilizzerà a proprio beneficio il contributo offerto dall'utente, la cui forma dipenderà dal tipo di attività
6
realizzata” .
La rete ha permesso quindi, negli ultimi anni, di valorizzare come non mai le competenze diffuse in piccole e
grandi community di professionisti e attivisti. Un fenomeno nato grazie all’auto organizzazione spontanea di
una moltitudine di persone che contribuivano volontariamente allo sviluppo di tecnologie open source, ha
dato origine, in pochi anni, ad un moltitudine di piattaforme online pensate in maniera specifica per far
lavorare assieme gruppi di persone su problematiche anche molto specifiche.
L’evoluzione (e la tematizzazione) di queste piattaforme permette quindi la risoluzione di problemi sempre
più complessi. La loro applicazione alle tematiche dell’innovazione sociale sta già portando evoluzioni
imprevedibili proprio perché, se correttamente utilizzati, questi strumenti sono in grado di superare alcune di
quelle barriere che impediscono la scalabilità e la replicabilità di soluzioni socialmente innovative
sperimentate in un dato contesto locale.
Un caso tipico, su cui ci vorremmo soffermare, è rappresentato da quelli che in letteratura sono identificati
come servizi collaborativi. Si tratta di servizi che per essere erogati, richiedono il coinvolgimento attivo di una
moltitudine di attori interessati, utenti finali inclusi. Soluzioni innovative messe in campo da gruppi di persone
che si auto organizzano per risolvere, a livello locale, alcuni esigenze legate alle loro vite quotidiane.
Innovazioni a volte radicali nel modo di muoversi, trasportare oggetti, utilizzare spazi, provvedere alla cura di
anziani e bambini, occuparsi delle tipiche attività legate all’economica domestica (cucinare, lavare, riparare
oggetti, etc.).
Si uniscono le forze per rispondere collettivamente, in maniera più efficiente, ad esigenze individuali. Oltre a
soddisfare in maniera migliore i bisogni dei singoli si producono anche esternalità positive (minori consumi,
ottimizzazione delle risorse) allineando così interessi individuali e generali.
7
Come mostra la figura qui di seguito gli esperimenti in atto sono davvero tanti, in ambiti anche molto diversi .
6
Estellés Arolas, E.; González Ladrón-de-Guevara, F. (2012) Towards an integrated crowdsourcing definition. Journal of Information Science. Vol 38. no
2. 189-200
7
Per una casistica più completa si veda il volume: Jegou F., Manzini E. (2008), Collaborative services, social innovation and design for sustainability,
Edizioni Poli.Design
9. Quello che accomuna tutte queste iniziative è la collaborazione tra gruppi di persone per la co-creazione di
qualche cosa a cui tutti riconoscono un valore. Si tratta di piccoli e grandi servizi che richiedono innanzi tutto
riconoscimento reciproco, relazioni interpersonali e fiducia per poter essere erogati (basti pensare al pedibus
collettivo, che implica l’affidare a turno i propri figli alle cure di un altro genitore).
Se ci si sposta sul lato del consumo di beni, queste esperienze si trasformano in forme di consumo
collaborativo, che implica la ridefinizione in chiave moderna e condivisa di pratiche tradizionali come la
condivisione, il baratto, il prestito, lo scambio, l’affitto e il dono oggetti.
Iniziative che in ogni caso richiedono l’ideazione e l’adozione di modelli organizzativi complessi, in cui siano
virtuosamente intercambiabili i ruoli di produttore e consumatore, cliente e fornitore. E che per avere
successo spesso implicano una corretta relazione con soggetti simili e istituzioni pubbliche, fino a diventare
delle imprese sociali diffuse.
Il punto di forza e di debolezza di questo tipo di esperienze è proprio legato alla necessità di costruire quel
substrato di fiducia senza cui esse non hanno semplicemente luogo. Se c’è fiducia tutto può accadere,
fintanto che c’è fiducia tutto può accadere.
Ciò significa che quelli che nascono a volte come esperimenti (o espedienti), per poter essere realmente
replicabili devono poi studiare delle modalità per istituzionalizzare in qualche modo questo trasferimento di
fiducia. Perché il controllo sociale reciproco e la capacità di coordinamento mostrano dei limiti strutturali.
Quando un gruppo o una comunità supera una certa dimensione occorrono strumenti diversi per garantire gli
stessi standard.
Ed è qui che intervengono le nuove tecnologie. Sono loro la chiave di volta per poter pensare di trasformare
“servizi prototipo” in soluzioni mature, replicabili anche in contesti lontani da quelli per cui sono stati ideati. Il
salto è da una singola iniziativa locale, ad una multi locale/globale. Da un modello caratterizzato
prevalentemente da costi variabili, ad un modello in cui a prevalere sono costi fissi (bassi) ed economie di
scala significative.
Nei campi in cui questo è successo, si pensi al car sharing, abbiamo assistito alla creazione di interi nuovi
mercati (o alla ridefinizione delle variabili chiave per stare su un mercato maturo).
Si aprono quindi enormi spazi di azioni per chi sarà in grado disegnare piattaforme digitali in grado di
favorire la creazione di fiducia e capitale sociale impersonale, permettendo di conseguenza la replicabilità e
la scalabilità di innovazioni sociali.
Le tecnologie ICT possono infatti abilitare innovative forme di cooperazione (sincrone ed asincrone), la
condivisione di informazioni, la personalizzazione di determinati servizi, la georeferenziazione di persone e
prodotti, la valutazione condivisa di determinate esperienze. Possono inoltre facilitare processi decisionali
collettivi, così come facilitare pagamenti.
Crowdsourcing Social Innovation servirà anche quindi anche a chiedersi come alcune piattaforme
collaborative possono essere disegnate per rispondere alle esigenze di più utenti possibili, mantenendo la
stessa intensità relazionale che osserviamo in una comunità piccola e coesa.
Si tratta di frontiere ovviamente tutte da esplorare, perché non in tutti i casi si sono trovate sino ad oggi le
giuste soluzioni. L’impressione però è che basterebbe solo di convogliare più risorse in questa direzione, per
fare in modo che tanti promettenti esperimenti si trasformino in nuovi prodotti-servizi.
10. Il ruolo dei grandi eventi come volano di una crescita
sostenibile
L’organizzazione di grandi eventi è da ormai parecchi anni considerata una delle strategie attraverso cui
un’area metropolitana può sperare di attrarre attenzione e investimenti, gettando le basi per un ulteriore
sviluppo. L’organizzazione di Olimpiadi, Mondiali di Calcio, Esposizioni Universali piuttosto che Festival di
Performing Arts può diventare in effetti una occasione unica per ripensare, riqualificare e rilanciare una città.
Un momento per guardare in avanti, al domani e al dopo domani, pianificando strategicamente il futuro di
una città.
Sono molti i casi di successo citati in letteratura e senza voler tornare indietro al 1889, anno in cui Parigi
organizza la sua prima Esposizione Universale, erigendo per l’occasione quello che ancora oggi è
considerato il simbolo della città, la torre Eiffel, vale la pena ricordare alcuni dei casi più significativi degli
ultimi 20 anni. Le Olimpiadi di Barcellona 1992 hanno dato il via ad uno straordinario ciclo di pianificazione
strategica che ha cambiato il volto della capitale della Catalunia. Le Olimpiadi Invernali di Torino 2006 sono
riuscite a ridare fiducia ad una città che aveva bisogno di tornare a credere in se stessa, immaginando un
futuro che andasse oltre l’industria automobilistica. E Londra, a poche settimane dalla cerimonia di chiusura
delle Olimpiadi 2012, è già considerata come un caso di successo, per come ha riposizionato se stessa ed il
Regno Unito agli occhi del mondo.
Ora tocca a Milano, impegnata a dare forma all’Esposizione Universale del 2015. Una sfida complessa, che
dovrà tenere conto tanto delle esperienze di successo qui velocemente richiamate, quanto dei casi in cui a
grandi investimenti non hanno fatto seguito risultati di rilievo. L’Expo di Siviglia, le Olimpiadi di Atene ed i
Mondiali di Nuoto sono infatti lì a ricordarci quanto dannose possono essere determinate dinamiche, se non
correttamente gestite. Più corretto probabilmente sarebbe riconoscere che in tutti i casi convivono luci ed
ombre, imparando a costruire sulle esperienze positive.
L’organizzazione di questi grandi eventi non deve essere infatti solo un pretesto per attrarre investimenti per
nuove infrastrutture materiali. Osservando più attentamente quanto accaduto nei casi di maggior successo ci
si rende conto che ciò che conta veramente sono le infrastrutture immateriali che si riescono a creare.
Meccanismi di governance inclusivi, capacità di pensare strategicamente, attivazione del tessuto economico
e sociale sono i veri asset su cui una città può far leva per giocarsi le sue carte all’interno di una
competizione globale tra sistemi economici locali. Innovazione sociale e imprenditoria sociale sono in questo
senso parte integrante di questa ricetta, in quanto capaci di generare e rigenerare proprio queste
componenti immateriali su cui si basa la competitività e la sostenibilità di un ecosistema economico e
sociale.
Londra 2012 è stata la prima Olimpiade che ha fatto della sostenibilità e dell’inclusione sociale dei valori
chiave su cui puntare. Elementi che fino a qualche anno prima venivano considerati “accessori” sono invece
diventati il cuore della questione. Londra ha provato a dire al mondo “guardate come si può organizzare un
evento di tale portata creando valore per il territorio”.
11. Oltre alla gestione degli stakeholder locali nel processo di riqualificazione del quartiere olimpico, un forte
investimento è stato fatto anche sulla promozione dei benefici derivanti dal coinvolgimento diretto delle
imprese sociali UK nell’organizzazione della manifestazione. Le amministrazioni locali (e le stesse imprese
sociali del territorio) si sono organizzate per promuovere un evento che avesse forti ricadute locali. Non solo
per l’eredità che poteva essere in grado i lasciare. Ma anche per come venivano impiegate le risorse
investite negli anni precedenti alla manifestazione.
Il territorio si è quindi mobilitato per favorire forme di approvvigionamento che fossero il quanto più possibili
locali e per fare in modo che le imprese sociali UK fossero in grado di qualificarsi come potenziali fornitori del
Comitato Organizzatore. Gli spazi in cui inserirsi non sono mancati: costruzione degli impianti, gestione dei
trasporti locali, gestione degli impianti sportivi, fornitura di cibo e bevande, accoglienza di atleti, visitatori e
volontari. Sono questi gli ambiti, piuttosto tradizionali per la verità, in cui l’imprenditoria sociale londinese ha
raccolto dei successi significativi, facendo leva sul suo maggio rapporto con la società locale e sulla sua
maggiore capacità di stimolare il contributo volontario della cittadinanza.
Milano deve puntare ad ottenere risultati analoghi, ma probabilmente può ad ambire anche a qualche cosa
di più. Negli anni in cui le Olimpiadi londinesi venivano pianificate, termini come crowdsourcing e servizi
collaborativi erano praticamente sconosciuti. Così come era risibile la diffusione di social network e
smartphones. Logico dunque che pensando all’imprenditoria sociale si immaginassero ambiti di sviluppo
“tradizionali”.
Crowdsourcing Social Innovation
Expo Milano 2015 può essere invece una occasione molto più ghiotta da questo punto di vista. La città di
Milano potrebbe essere considerata alla stregua di un laboratorio a cielo aperto per lo sviluppo di soluzioni
innovative per quelli che sono i problemi tipici di una metropoli globale e dell’organizzazione di un evento
internazionale.
Mobilità delle persone, ospitalità, utilizzo efficiente delle risorse naturali saranno tra le sfide più importanti da
affrontare. Se le cose andranno secondo le previsioni degli enti organizzatori, il flusso di visitatori che
riempirà la città nel corso dei sei mesi dell’Expo metterà a dura prova i servizi della città. E costituirà una
eccezionale domanda aggregata aggiuntiva che potrebbe sostenere lo sviluppo di una serie di innovazioni a
finalità sociale senza precedenti, se riusciremo a farci trovare pronti.
Expo Milano 2015 potrebbe in questo senso contribuire a creare nuovi mercati, fornendo l’occasione giusta
per far nascere una serie di imprese innovative e dando loro quel po’ di ossigeno in più che permette di
arrivare a soluzioni via via più efficienti, in grado di trasformarsi in soluzioni mature.
Se correttamente gestito e progettato l’Esposizione Universale può dunque essere una importante
opportunità per dotare la città di una serie di servizi all’avanguardia che costituiranno, dopo la
manifestazione, gli elementi fondativi di una rinnovata competitività e qualità della vita.
12. Un grande evento come Expo Milano 2015 infatti, in fondo non fa altro che portare nel presente quelle che
saranno le esigenze del futuro, quando nelle nostre città dovranno poter convivere più cittadini, consumando
però meno risorse e generando una minore impronta ecologica.
Se, come abbiamo mostrato prima, i servizi collaborativi e le piattaforme di crowdsourcing sono in grado di
conseguire questi risultati, ecco un altro buon motivo per puntare su queste tipologie di prodotti-servizi.
Il bando MIUR Smart Cities & Social Innovation
Con l’Avviso per la presentazione di Idee progettuali per Smart Cities and Communities and Social
Innovation di cui al Decreto Direttoriale prot.n. 391/Ric del 5 luglio 2012, il MIUR assegna 655,5 milioni di
euro (di cui 170 Milioni di euro di contributo nella spesa e 485,5 Milioni euro per il credito agevolato) per
interventi e per lo sviluppo di Città intelligenti su tutto il territorio nazionale.
Gli ambiti su cui sviluppare le proposte, individuati dal MIUR, sono: Sicurezza del Territorio, Invecchiamento
della Società, Tecnologie Welfare ed Inclusione, Domotica, Giustizia, Scuola, Waste Management,
Tecnologie del Mare, Salute, Trasporti e Mobilità Terrestre, Logistica Last-Mile, Smart Grids, Architettura
Sostenibile e Materiali, Cultural Heritage, Gestione Risorse Idriche, Cloud Computing Technologies per
Smart Government.
Una quota della dotazione finanziaria - pari a 25 milioni di euro - è stanziata per i Progetti di Innovazione
Sociale presentati da giovani di età non superiore ai 30 anni.
Le Idee progettuali, i successivi progetti esecutivi (comma 5, dell’art. 3) e i Progetti di Innovazione Sociale (al
comma 6, dell’art. 7) devono essere elaborati obbligatoriamente in lingua italiana e in lingua inglese, come
previsto Decreto Direttoriale 415 del 12/07/2012 che integra l’Avviso del 5 luglio 2012, n.391/Ric.
Burocratese a parte, in queste poche righe è nascosto un grande messaggio di speranza per quei giovani
talenti italiani che stanno dando vita a sperimentazioni che si collocano sulla frontiera dell’innovazione
sociale.
Da qui al 7 dicembre 2012 occorrerà mettercela tutta per presentare “Progetti di Innovazione Sociale”
finanziabili attraverso questo bando. Un’occasione così ghiotta (per la rilevanza dei temi e per la taglia dei
progetti ammissibili) non capiterà infatti per molto tempo.
3
Make a Cube e IF – Immagina il Futuro hanno deciso, organizzando il percorso Crowdsourcing Social
Innovation di investire sui talenti e sulle capacità dei giovani milanesi, per aiutarli a cogliere questa
opportunità.
Crediamo che dalla combinazione tra innovazione tecnologica, servizi collaborativi e temi chiave di questo
bando MIUR possa scoccare una preziosa scintilla in grado di far compiere un vero e proprio salto di qualità
alla scena dell’innovazione sociale italiana, trasformando quelle che ora sono sperimentazioni degne di nota
in soluzioni implementabili su scala metropolitana.
Vi aspettiamo quindi numerosi e motivati al ciclo di workshop che avranno luogo dal 25 Settembre al 26
Ottobre 2012. E soprattutto non vediamo l’ora di poter lavorare fianco a fianco con voi nel corso
dell’Innovation Camp del 23 e 24 Novembre 2012. In tempo utile per inviare al MIUR i progetti di innovazione
sociale che ne scaturiranno, entro il 7 Dicembre 2012.
13. Bibliografia
Battilana J., Lee M., Walker J. & Dorsery C. (2012), In searc of the Hybrid Ideal, Stanford Social Innovation
Review
Blank S. (2012), Growing The Next Big Idea, Presentation at the National Governors Association
Symposium
Botsman R. (2012), Collaborative Consumption: Building Trust Between Strangers, presentation at NESTA
#collcons initiative
Caulier-Grice J., Kahn L., Mulgan G., Pulford L. & Vasconcelos D (2010), Study on Social Innovation: A
paper prepared by the Social Innovation eXchange and the Young Foundation for the Bureau of European
Policy Advisors. Young Foundation/European Union
Clark G. (2008), Local development benefits from staging major events, OECD Publishing
Commissione Europea (2011), Iniziativa per l’imprenditoria sociale, Costruire un eco sistema per
promuovere le imprese sociali al centro dell’economia e dell’innovazione sociale
Dal Maso D., Zanoni D. (2011), Sostenere concretamente l’economia civile attraverso la creazione di un
mercato di capitali per imprese a finalità sociale, Libro Bianco sul Terzo settore, Mulino
Estellés Arolas, E.; González Ladrón-de-Guevara, F. (2012) Towards an integrated crowdsourcing definition.
Journal of Information Science. Vol 38. no 2. 189-200
Jegou F., Manzini E. (2008), Collaborative services, social innovation and design for sustainability, Edizioni
Poli.Design
Joon Sang Back, Eun Ji Cho (2012), Enrichment of social relations in collaborative services: social networks
and sociability, Cumulus 2012 Conference, Helsinki
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (2012), Avviso per la presentazione di idee
progettuali per Smart Cities and Communities and Social Innovation, Decreto Direttoriale 5 luglio 2012 n.
391/Ric.
Murray R., Caulie-Grice J., Mulgan G. (2010), The Open Book Of Social Innovation, The Social Innovation
Series, NESTA
Phills J.A. Jr., Deiglmeier K. and Miller D.T. (2008). Rediscovering Social Innovation, Stanford Social
Innovation Review
Social Enterprise London (2007), The role of social enterprise in the London 2012 Olympic and Paralympic
Games, Rocket Science Ltd and Social Enterprise London
Social Innovation Europe (2011), Financing Social Innovation
Stephanek M. (2012), Crowdsourcing Social Change, Stanford Social Innovation Review
14. Appendice: temi prioritari per la call MIUR
SICUREZZA DEL TERRITORIO: sostenere lo sviluppo di nuove conoscenze, di tecnologie innovative e di
nuovi sistemi integrati per la prevenzione dei rischi, la difesa e la messa in sicurezza del territorio, attraverso
l'impiego di soluzioni basate sull'impiego di tecnologie ICT, che consentano un miglioramento dell'efficienza
nella gestione delle diverse matrici, nonché delle emergenze derivanti da catastrofi ambientali.
INVECCHIAMENTO DELLA SOCIETÀ: sostenere lo sviluppo di soluzioni innovative per migliorare la qualità
di vita e la cura della popolazione anziana, attraverso lo sviluppo di nuovi sistemi e servizi finalizzati ad
agevolare la mobilità, il prolungamento della vita attiva e ridurre l'isolamento sociale, ivi inclusa la
realizzazione di approcci diagnostici e terapeutici innovativi per malattie particolarmente critiche.
TECNOLOGIE WELFARE E INCLUSIONE: sostenere l'inclusione di categorie a rischio e prevenire forme di
disagio sociale, attraverso lo sviluppo di servizi innovativi basati sull'impiego di tecnologie ICT e diretti alla
soluzione dei problemi delle persone diversamente abili, all'inserimento sociale e lavorativo di immigrati
provenienti da paesi esteri, al sostegno delle famiglie a basso reddito, al reinserimento nel sistema
dell'istruzione di giovani che hanno anticipatamente abbandonato la carriera scolastica (drop-out), al
miglioramento dell'accesso ai servizi assistenziali e sanitari.
DOMOTICA: promuovere lo sviluppo di nuove conoscenze, soluzioni tecnologiche innovative, impianti,
costruzioni e prodotti altamente innovativi che, secondo uno schema di Ambient Intelligence ed "Ambient
Assisted Living", permettano di ridisegnare l'ambiente di vita domestico in modo da garantire una migliore
qualità della vita delle persone, l'inclusione, la sicurezza, nonché una piena autonomia delle persone
diversamente abili.
GIUSTIZIA: promuovere l'innalzamento dell'efficienza del sistema giudiziario attraverso lo sviluppo di nuove
tecnologie e sistemi innovativi interoperabili per il miglioramento dei modelli organizzativi e gestionali, per
l'ottimizzazione della gestione documentale e la sua dematerializzazione, per l'informatizzazione dei servizi
al pubblico, anche in un'ottica di contenimento dei costi del sistema.
SCUOLA: sostenere la progettazione di devices innovativi destinati agli studenti, in grado di supportare sia la
lettura del libro elettronico, con schermi e risoluzioni idonee, sia l'accesso e l'utilizzo, con architetture aperte
ai principali sistemi operativi, di contenuti digitali multimediali accessibili in rete; Learning Management
System (LMS) in grado di supportare tutte le funzioni di gestione necessarie alla personalizzazione dei
percorsi di apprendimento, in termini di flessibilità degli orari e affiancamento alle attività in presenza,
articolazione dinamica dei gruppi e strumenti per la gestione degli studenti; sistemi di Content Management
System(CMS), integrabili in ambienti LMS, rivolti agli insegnanti per lo sviluppo di contenuti digitali
multimediali.
15. WASTE MANAGEMENT: sviluppare in un'ottica eco-sostenibile nuove modalità di gestione e valorizzazione
dei rifiuti, attraverso lo sviluppo di sistemi tecnologici innovativi integrati per la raccolta, il trasporto, il
trattamento e lo smaltimento dei rifiuti materiali; lo sviluppo di tecnologie per il monitoraggio, controllo e
riduzione dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi derivanti dall'impiego di sostanze pericolose; la messa a punto di
soluzioni tecnologiche per il riutilizzo dei reflui e degli scarti della lavorazione industriale, anche in chiave
energetica; lo sviluppo di tecnologie per la realizzazione di nuovi prodotti derivanti dal riciclo dei materiali di
scarto.
TECNOLOGIE DEL MARE: coniugare la promozione della tutela dell'ambiente e delle risorse marine con
l'innovazione dei settori marittimo e della cantieristica navale attraverso lo sviluppo di nuovi sistemi e
tecnologie per la sicurezza, il monitoraggio, la bonifica e la conservazione dell'ambiente marino; lo sviluppo
di sistemi innovativi integrati per la gestione delle emergenze; la messa a punto di nuovi metodi e di
tecnologie per il miglioramento della qualità del prodotto ittico e il rafforzamento del settore della pesca
secondo un approccio di filiera; la realizzazione o ottimizzazione di sistemi e tecnologie innovativi per la
navigazione di superficie e subacquea.
SALUTE: promuovere nuovi modelli del sistema sanitario, attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie,
soluzioni e componenti ICT funzionali e abilitanti che consentano l'attivazione di nuovi modelli di attività
nell'area della salute e del benessere, lo sviluppo di servizi di e-sanità a livello sovra/regionale, locale e
individuale, il miglioramento del modello di interazione tra strutture sanitarie.
TRASPORTI E MOBILITÀ TERRESTRE: promuovere, nell'ambito della mobilità marittima, urbana, su
gomma e/o su rotaia, lo sviluppo di nuove tecnologie e soluzioni ICT innovative finalizzate a migliorare
l'interoperabilità dei sistemi informativi logistici marittimi o tra i sistemi di infomobilità marittima, urbana, su
gomma e/o su rotaia, anche in attuazione delle disposizioni della normativa comunitaria vigente in materia.
LOGISTICA LAST-MILE: promuovere nuovi modelli nel settore della logistica in chiave eco-sostenibile anche
attraverso lo sviluppo di sistemi e tecnologie in grado di innalzare l'efficienza nella gestione dei circuiti di
distribuzione dei beni.
SMART GRIDS: promuovere lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche e gestionali in grado di favorire la
produzione e la gestione integrata a livello locale delle diverse fonti energetiche rinnovabili e dei relativi
sistemi di distribuzione, e la loro integrazione con i sistemi nazionali e europei.
ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI: promuovere, nell'ambito del settore edilizio e in chiave
sostenibile, lo sviluppo di nuove soluzioni, tecnologie e nuovi materiali ad alte prestazioni, diretti, secondo il
principio dello "Zero Impact Building", al miglioramento dell'efficienza energetica, alla riduzione dell'impatto
ambientale, al controllo e abbattimento dei fattori di inquinamento, al miglioramento delle condizioni di salute
nei luoghi abitativi e di lavoro, nonché ad assicurare agli utilizzatori maggiore sicurezza e comfort.
16. CULTURAL HERITAGE: promuovere lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche per la diagnostica, il
restauro, la conservazione, la digitalizzazione, la fruizione dei beni culturali materiali e/o immateriali, al fine di
valorizzarne l'impatto in termini ambientali, turistici e culturali, e di favorire l'integrazione di servizi pubblici e
privati innovativi, anche con riferimento alla capacità attrattiva dei territori.
GESTIONE RISORSE IDRICHE: promuovere la tutela delle risorse idriche attraverso lo sviluppo di sistemi e
tecnologie innovative per il miglioramento della gestione delle acque attraverso un incremento dell'efficienza
della rete e degli impianti di distribuzione esistenti nel territorio; lo sviluppo di nuovi sistemi e tecnologie per il
monitoraggio, il controllo e la riduzione dei carichi inquinanti; lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche
volte alla riduzione dell'impiego dell'acqua destinata all'agricoltura e all'industria.
CLOUD COMPUTING TECHNOLOGIES PER SMART GOVERNMENT: promuovere lo sviluppo di servizi
innovativi al pubblico, con particolare riguardo al settore E-government, e alle imprese, con particolare
riferimento alle PMI, mediante lo sviluppo di prototipi funzionanti che contribuiscano ad adottare e diffondere
piattaforme "cloud" e le relative applicazioni e servizi. Le nuove tecnologie dovranno essere in grado di
migliorare la qualità e l'accessibilità dei servizi, garantire elevati standard di interoperabilità tra sistemi
"cloud" differenti, promuovere implementazioni di riferimento basate su soluzioni "open source", ridurre i
costi di adozione da parte delle imprese di nuove tecnologie ICT, incrementando il ritorno degli investimenti
e riducendo il "time to market" dei loro prodotti/servizi.