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News 01/SA/2016
Lunedì, 04 Gennaio 2016
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella prima settimana del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 34 (5 quelle inviate dal Ministero
della Salute italiano).
L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende sei casi:
alto contenuto di iodio e caffeina in alghe esiccate da Regno Unito;
aflatossine e fumonisine nel mais dalla Serbia;
alto contenuto di acido sorbico in prugne snocciolate dal Cile;
Listeria monocytogenes in filetti di aringa affumicata da Lituania;
alto contenuto di iodio di sale da Polonia ;
Salmonella in carne di petto di pollo congelati dalla Thailandia.
Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un
intervento urgente troviamo:migrazione di cromo da coltelli da cucina set dalla
Cina.
Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala:
aflatossine in arachidi con le coperture dall'Egitto ;
acidità troppo bassa di olive nere in salamoia dall'Albania ;
aflatossine in arachidi con le coperture dall'Egitto ;
migrazione di cromo dal formaggio tagliato con coltello dalla Cina , via Hong Kong.
Questa settimana non sono state segnalate esportazioni italiane in altri Paesi che
sono state ritirate dal mercato.
Carne separata meccanicamente, le ispezioni UE rilevano problemi di igiene
e di etichettatura. Rapporto sui controlli in Italia e in altri 7 Paesi.
L’Ufficio alimentare e veterinario della Commissione europea ha diffuso i risultati
delle ispezioni effettuate nel 2012 e 2013 in otto Paesi, per valutare i sistemi di
controllo delle autorità nazionali sulla produzione di carne separata
meccanicamente e di prodotti che le contengono. I paesi ispezionati sono stati
Danimarca, Francia, Italia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Regno Unito.
La carne separata meccanicamente (CSM) deriva dai resti rimasti sulle carcasse
degli animali dopo i tagli principali. Questi avanzi possono essere rimossi
meccanicamente e utilizzati in altri alimenti. Ci sono due tipi di carne separata
meccanicamente: quelle separate ad alta pressione, dove la carcassa o le parti di
carne vengono premuti attraverso una macchina, da cui esce un prodotto pastoso,
che può essere utilizzato in prodotti come gli hot dog, e quelle separate a bassa
pressione, di aspetto simile al macinato, in cui la carne è raschiata
meccanicamente dalla carcassa. Nell’Unione europea, la carne separata
meccanicamente può essere ricavata da pollame e maiali, ma non da bovini, ovini
e caprini.
Secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), il rischio di crescita
microbica nella carne di pollo, tacchino o maiale separata meccanicamente è
maggiore quando si usano alte pressioni, perché la lavorazione provoca una
maggiore distruzione delle fibre muscolari, favorendo lo sviluppo batterico. Il sistema
a bassa pressione, invece, stressa meno le fibre e il rischio di contaminazione può
essere equiparato a quello della carne macinata.
Le ispezioni della Commissione Ue negli otto Paesi hanno riscontrato carenze
nell’applicazione della normativa dell’Unione europea (UE), in particolare per i
requisiti generali e specifici in materia d’igiene e per i requisiti specifici per la
produzione di CSM. Inoltre, sono state segnalate possibili designazioni fraudolente o
ingannevoli di CSM ceduta ad altri operatori del settore alimentare e
un’etichettatura dei prodotti destinati ai consumatori finali dove la CSM è
incorporata come ingrediente. In due Stati membri le autorità competenti inoltre
non avevano applicato il divieto di utilizzare ossa di ruminanti per la produzione di
CSM.
In particolare, per quanto riguarda l’etichettatura, la relazione finale della
Commissione europea afferma che nella maggior parte degli Stati i controlli ufficiali
sono risultati insufficienti e non assicurano il rispetto di aspetti rilevanti della direttiva
Ue n. 13 del 2000 in materia di etichettatura.
Anche per quanto riguarda l’Italia, la relazione rileva che la denominazione utilizzata
sui documenti di accompagnamento non era del tutto soddisfacente. Ricorrevano
spesso termini come “MDM” (carne disossata meccanicamente), “MDM
pollo/tacchino congelato”, “purea di tacchino congelata MDM”, “carnetta”, ecc.
Denominazioni ugualmente fuorvianti comparivano anche sui documenti che
accompagnavano le partite di CSM provenienti da altri Stati membri.
Inoltre, in due degli stabilimenti ispezionati la pelle di pollo macinata o il grasso di
maiale utilizzati come ingredienti nei medaglioni di pollo e nelle salsicce di
Francoforte erano indicati nell’etichetta come “carne di pollo” nel primo caso, e
determinavano il contenuto di carne nel secondo caso, mentre la legislazione
stabilisce che soltanto i muscoli scheletrici possono essere definiti “carne”
sull’etichetta.
Per quanto riguarda l’Italia, le ispezioni europee hanno riguardato sette stabilimenti
di produzione di carne separate meccanicamente: quattro di pollo e/o tacchino e
tre di maiale. Tre di questi stabilimenti erano anche utilizzatori di CSM, ossia
stabilimenti per la lavorazione di prodotti a base di carne. Le ispezioni hanno
riguardato anche altri cinque stabilimenti per la preparazione/la lavorazione di
prodotti a base di carne che utilizzano CSM come ingrediente.
La relazione dell’Ue afferma che il sistema di controllo del nostro paese non mostra
carenze importanti e in generale è in grado di dimostrare che i requisiti dell’Unione
europea vengono rispettati. Tuttavia, il gruppo d’ispezione ha riscontrato
alcune carenze che non erano state individuate durante i controlli ufficiali, in
particolare per quanto riguarda il riconoscimento degli stabilimenti, i requisiti
generali in materia di igiene (manutenzione, strutture, condensa, pulizia e prassi
igienica) e gli specifici requisiti in relazione alla temperatura per la carne separata
meccanicamente.
Entrando nello specifico di quanto rilevato nei sette stabilimenti di produzione di
CSM, emerge che:
•in uno stabilimento la presenza di condensa non era stata segnalata dal
veterinario ufficiale. Inoltre, molte gabbie utilizzate per le CSM erano rotte e/o non
sufficientemente pulite, benché nell’agosto 2012 il veterinario ufficiale avesse
chiesto di interrompere immediatamente l’utilizzo delle gabbie più danneggiate,
sostituendole entro la fine del 2012;
in un altro stabilimento la macchina CSM e la benna contenente CSM non
erano protette dalla contaminazione: i cavi e altre attrezzature sporche erano
collocati al di sopra della macchina; i vassoi contenenti CSM erano collocati sotto
la linea di trasporto delle cosce di pollo e tacchino; i rivestimenti per i vassoi di
CSM non venivano utilizzati in maniera corretta, col rischio di una potenziale
contaminazione incrociata;
•in un terzo stabilimento la macchina CSM non era sufficientemente pulita,
benché secondo la lista di controllo pre-operativa dell’operatore la macchina
stessa fosse stata controllata e trovata conforme ai requisiti di pulizia.
Per quanto riguarda le ispezioni nei cinque stabilimenti che utilizzano CSM per
fabbricare prodotti a base di carne trattati termicamente, come salsicce di
Francoforte, medaglioni di pollo, cordon bleu e altri prodotti simili, in quattro di essi
sono state rilevate alcune carenze che l’autorità di controllo non aveva sempre
identificato, segnalato o sottoposto a follow-up. Le violazioni riguardavano la
manutenzione e la pulizia degli stabilimenti, delle attrezzature e dei locali di
lavorazione, e le condizioni igieniche nel corso della produzione. Per esempio:
•in uno stabilimento si usavano gabbie rotte o poco pulite; lo stato di
manutenzione e pulizia del locale di produzione era insufficiente (condutture di
aereazione sporche, presenza di ruggine e vernice scrostata su pareti e soffitto,
sporcizia sulle protezioni delle lampade; presenza di condensa sopra i cassoni in
cui venivano miscelati gli ingredienti; accumulo di amido bagnato su tutte le
attrezzature circostanti). Il macchinario per la miscelazione degli ingredienti
lavorava a ciclo continuo e veniva pulito solo una volta alla settimana.
L’ubicazione e la disposizione del locale in cui venivano lavate le gabbie erano
inadeguate (le gabbie pulite e quelle sporche venivano a contatto; le gabbie
pulite venivano immagazzinate nel corridoio sotto una condensa gocciolante);
•in un secondo stabilimento, benché struttura e stato di manutenzione fossero nel
complesso adeguati, la zona di lavorazione mostrava alcune carenze: un
elemento arrugginito sovrastava l’apparecchiatura per il taglio della carne, dietro
la quale una tubazione idraulica rotta, che collegava l’evaporatore allo scarico,
sgocciolava sul pavimento. Inoltre, nel montacarichi utilizzato per le CSM non
confezionate una lampadina era priva di protezione;
•in un terzo stabilimento, non si era ancora posto rimedio ad alcune carenze in
materia di manutenzione e pulizia, già rilevate dall’autorità di controllo: presenza
di ruggine in alcuni punti del soffitto, un tubo sgocciolante dal soffitto, vicino ai
vassoi contenenti le salsicce di Francoforte pronte per la spellatura, prima della
confezione sotto vuoto e della pastorizzazione. Il congelatore usato per le materie
prime (cioè le CSM) era eccessivamente stipato, alcune confezioni di CSM erano
danneggiate e le CSM risultavano prive di protezione, si osservava condensa
ghiacciata, e alcuni pallet in legno rotti erano ammucchiati sopra i blocchi di CSM
protetti solo da imballaggi di plastica;
•in un quarto stabilimento la disposizione era inadeguata, parecchie porte non
proteggevano completamente lo stabilimento da parassiti e contaminazione
esterna e in alcune zone la vernice del soffitto era scrostata. Nei locali di
lavorazione l’igiene non era sufficiente (pavimenti sporchi, cattivi odori, prodotti
semilavorati lasciati privi di protezione durante la pausa pranzo, un’ape
svolazzante, temperatura del locale molto elevata, accumulo di lubrificante
tecnico proprio al di sopra dei prodotti semilavorati, distributore di acqua potabile
nel locale adibito all’imballaggio). (Articolo di Beniamino Bonardi)
Fonte: ilfattoalimentare.it
L’olio novello è in vendita, ma non esiste, si tratta di olio nuovo. Il primo estratto
dell’extravergine, non filtrato né decantato.
Lo si trova in frantoi, enoteche e anche nei supermercati. In varie località d’Italia, tra
novembre e dicembre si organizzano anche Feste in suo onore. Si tratta dell’olio
novello, che a differenza del vino novello, però, è una categoria non prevista da
alcuna normativa, e che dovrebbe indicare l’olio ottenuto dalle olive raccolte nel
corso dell’ultima campagna cha va da ottobre a dicembre e la cui denominazione
in etichetta potrebbe essere passibile di sanzione per inganno dei consumatori,
come osserva il sito Teatronaturale.it.
Infatti, mentre è sbagliato confondere il vino novello con il vino nuovo, il cosiddetto
olio novello non è altro che l’olio nuovo. Nel caso del vino, il “novello” è frutto di un
particolare sistema di vinificazione, la macerazione carbonica, e l’ultimo atto
legislativo che ne disciplina la produzione, la commercializzazione e l’immissione al
consumo, è il Decreto del 13 agosto 2012. Il Decreto stabilisce che “soltanto i vini a
denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica, per i quali negli
appositi disciplinari di produzione sia stata espressamente prevista la tipologia
«novello», possono utilizzare la stessa menzione “novello” o “vino novello” nella
propria designazione e presentazione dalla data di immissione al consumo, a
condizione che i prodotti siano confezionati entro il 31 dicembre dell’annata relativa
alla vendemmia da cui derivano le uve utilizzate per la loro produzione ed abbiano
acquisito tutte le specifiche caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche
previste nei relativi disciplinari di produzione nella rispettiva zona di produzione e/o
vinificazione”.
Inoltre, “il periodo di vinificazione non può essere inferiore a giorni dieci dall’inizio
della vinificazione stessa. Le partite dei vini “novelli” devono essere ottenute per
almeno il 40% mediante il processo di fermentazione con macerazione carbonica
dell’uva intera. Il titolo alcolometrico volumico totale minimo al consumo non può
essere inferiore all’11% ed il limite massimo di zuccheri riduttori residui non deve
superare i 10 grammi per litro”.
L’olio dichiarato “novello”, invece, non è regolato a alcuna norma, è prodotto allo
stesso modo del restante extravergine, ma ne è il primo estratto, non è filtrato né
decantato. Ha un sapore caratteristico particolarmente apprezzato, specie sulle
bruschette, e si presenta torbido, tanto che nel tempo di poche settimane le
sostanze in sospensione, che conferiscono torbidezza, si vanno a depositare nella
bottiglia e possono fermentare, dando luogo a difetti organolettici.
Come dimostrato da molte ricerche, tra le ultime quelle del Laboratorio Chimico di
PromoFirenze, la degradazione nel tempo è più marcata per l’olio non filtrato che,
al termine del periodo di conservazione, risulta più impoverito nelle componenti
nutrizionali caratteristiche dell’extra vergine, come i polifenoli. (Articolo di
Beniamino Bonardi)
Fonte: ilfattoalimentare.it
Pane al carbone: un aiuto all’aumento della natalità?
Il consumo del pane al carbone si è abbastanza diffuso e non tutti sono a
conoscenza di quali conseguenze ne possono derivare. Cerchiamo di capire meglio
di cosa si tratta. Per produrlo è necessario aggiungere all’impasto circa 15 grammi
di carbone attivo per ogni kg di farina.Il carbone attivo si ottiene dalla combustione
incompleta del legno e durante questo processo possono formarsi sostanze molto
pericolose come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Le norme vigenti
impongono dei limiti di tolleranza molto bassi di IPA per il carbone impiegato a
scopo alimentare e/o farmaceutico.
Infatti il carbone attivo può essere impiegato come additivo per la “colorazione” di
alcuni alimenti oppure come integratore alimentare o anche come farmaco.
Bisogna subito precisare che nella produzione del pane non è permesso l’uso di
nessun additivo alimentare; è invece permesso l’impiego come additivo in alcuni
prodotti da forno. In pratica sembrerebbe che l’impiego che se ne fa nel pane
comune sia illegale.
E’ invece ben conosciuto l’effetto “farmacologico” del carbone attivo che deriva
dalla sua capacità di “adsorbire” e neutralizzare a livello intestinale diverse sostanze
e/o gas potenzialmente nocivi. E’ quindi indicato nei casi di aerofagia, flatulenza,
digestioni difficili, ecc.
Le sue proprietà benefiche sono state riconosciute anche dall’EFSA che ne ha
approvato il “claim” nutrizionale e proprio per questo motivo in commercio sono
disponibili degli integratori alimentari a base di carbone attivo.
La sua capacità adsorbente si esplica nei confronti di molte sostanze chimiche
benefiche ed anche di diversi farmaci, per cui l’impiego dovrebbe essere in
qualche modo consigliato o controllato da un medico.
Quali sono le conseguenze per i consumatori di pane al carbone?
La prima è di carattere economico. E’ noto che il costo di questo pane può arrivare
intorno ai sette euro al kg e si tratta di un prezzo decisamente truffaldino. 15 grammi
di carbone attivo costano circa 15 centesimi che non possono giustificare il
raddoppio o triplo del costo dello stesso pane “normale”.
Il carbone attivo impiegato dalle aziende farmaceutiche o da quelle che
producono integratori alimentari è sicuramente controllato per verificarne la
“purezza” e in particolare l’assenza degli IPA a livelli potenzialmente dannosi.
Non si può essere certi della qualità del carbone impiegato dai fornai anche
perché, come accennato, non c’è certezza che tale impiego sia legale.
Esiste poi il problema più serio della capacità del carbone attivo di “adsorbire” a
livello intestinale alcuni farmaci rendendoli inefficaci. Non si tratta soltanto di
prendere precauzioni nel caso di terapie occasionali per combattere alcune
malattie, ma anche nei casi di assunzioni costanti di farmaci che riguardano un gran
numero di persone. Basti pensare alla “pillola” anticoncezionale assunta da molte
donne i cui principi attivi potrebbero essere “adsorbiti” e neutralizzati dal carbone
attivo. Certo potrebbe trattarsi di un buon aiuto all’aumento delle natalità.
Ovviamente quanto detto per il pane vale anche per i cornetti o altri prodotti da
forno cui viene aggiunto il carbone e che sembra siano piuttosto diffusi.
Anche se il titolo di questo articolo è volutamente ironico e provocatorio il consiglio
che si può dare è quello di consumare prodotti alimentari contenenti carbone
essendo coscienti che si paga un prezzo esagerato per ottenere qualche beneficio
“digestivo” e per correre il rischio di qualche effetto non previsto e non desiderato.
(Dal blog di Agostino Macrì)
Fonte:sicurezzalimentare.it

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News SA 01 2016

  • 1. News 01/SA/2016 Lunedì, 04 Gennaio 2016 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella prima settimana del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 34 (5 quelle inviate dal Ministero della Salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende sei casi: alto contenuto di iodio e caffeina in alghe esiccate da Regno Unito; aflatossine e fumonisine nel mais dalla Serbia; alto contenuto di acido sorbico in prugne snocciolate dal Cile; Listeria monocytogenes in filetti di aringa affumicata da Lituania; alto contenuto di iodio di sale da Polonia ; Salmonella in carne di petto di pollo congelati dalla Thailandia. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo:migrazione di cromo da coltelli da cucina set dalla Cina. Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: aflatossine in arachidi con le coperture dall'Egitto ; acidità troppo bassa di olive nere in salamoia dall'Albania ; aflatossine in arachidi con le coperture dall'Egitto ; migrazione di cromo dal formaggio tagliato con coltello dalla Cina , via Hong Kong. Questa settimana non sono state segnalate esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato.
  • 2. Carne separata meccanicamente, le ispezioni UE rilevano problemi di igiene e di etichettatura. Rapporto sui controlli in Italia e in altri 7 Paesi. L’Ufficio alimentare e veterinario della Commissione europea ha diffuso i risultati delle ispezioni effettuate nel 2012 e 2013 in otto Paesi, per valutare i sistemi di controllo delle autorità nazionali sulla produzione di carne separata meccanicamente e di prodotti che le contengono. I paesi ispezionati sono stati Danimarca, Francia, Italia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Regno Unito. La carne separata meccanicamente (CSM) deriva dai resti rimasti sulle carcasse degli animali dopo i tagli principali. Questi avanzi possono essere rimossi meccanicamente e utilizzati in altri alimenti. Ci sono due tipi di carne separata meccanicamente: quelle separate ad alta pressione, dove la carcassa o le parti di carne vengono premuti attraverso una macchina, da cui esce un prodotto pastoso, che può essere utilizzato in prodotti come gli hot dog, e quelle separate a bassa pressione, di aspetto simile al macinato, in cui la carne è raschiata meccanicamente dalla carcassa. Nell’Unione europea, la carne separata meccanicamente può essere ricavata da pollame e maiali, ma non da bovini, ovini e caprini. Secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), il rischio di crescita microbica nella carne di pollo, tacchino o maiale separata meccanicamente è maggiore quando si usano alte pressioni, perché la lavorazione provoca una maggiore distruzione delle fibre muscolari, favorendo lo sviluppo batterico. Il sistema a bassa pressione, invece, stressa meno le fibre e il rischio di contaminazione può essere equiparato a quello della carne macinata. Le ispezioni della Commissione Ue negli otto Paesi hanno riscontrato carenze nell’applicazione della normativa dell’Unione europea (UE), in particolare per i requisiti generali e specifici in materia d’igiene e per i requisiti specifici per la produzione di CSM. Inoltre, sono state segnalate possibili designazioni fraudolente o ingannevoli di CSM ceduta ad altri operatori del settore alimentare e un’etichettatura dei prodotti destinati ai consumatori finali dove la CSM è incorporata come ingrediente. In due Stati membri le autorità competenti inoltre non avevano applicato il divieto di utilizzare ossa di ruminanti per la produzione di CSM. In particolare, per quanto riguarda l’etichettatura, la relazione finale della Commissione europea afferma che nella maggior parte degli Stati i controlli ufficiali sono risultati insufficienti e non assicurano il rispetto di aspetti rilevanti della direttiva Ue n. 13 del 2000 in materia di etichettatura.
  • 3. Anche per quanto riguarda l’Italia, la relazione rileva che la denominazione utilizzata sui documenti di accompagnamento non era del tutto soddisfacente. Ricorrevano spesso termini come “MDM” (carne disossata meccanicamente), “MDM pollo/tacchino congelato”, “purea di tacchino congelata MDM”, “carnetta”, ecc. Denominazioni ugualmente fuorvianti comparivano anche sui documenti che accompagnavano le partite di CSM provenienti da altri Stati membri. Inoltre, in due degli stabilimenti ispezionati la pelle di pollo macinata o il grasso di maiale utilizzati come ingredienti nei medaglioni di pollo e nelle salsicce di Francoforte erano indicati nell’etichetta come “carne di pollo” nel primo caso, e determinavano il contenuto di carne nel secondo caso, mentre la legislazione stabilisce che soltanto i muscoli scheletrici possono essere definiti “carne” sull’etichetta. Per quanto riguarda l’Italia, le ispezioni europee hanno riguardato sette stabilimenti di produzione di carne separate meccanicamente: quattro di pollo e/o tacchino e tre di maiale. Tre di questi stabilimenti erano anche utilizzatori di CSM, ossia stabilimenti per la lavorazione di prodotti a base di carne. Le ispezioni hanno riguardato anche altri cinque stabilimenti per la preparazione/la lavorazione di prodotti a base di carne che utilizzano CSM come ingrediente. La relazione dell’Ue afferma che il sistema di controllo del nostro paese non mostra carenze importanti e in generale è in grado di dimostrare che i requisiti dell’Unione europea vengono rispettati. Tuttavia, il gruppo d’ispezione ha riscontrato alcune carenze che non erano state individuate durante i controlli ufficiali, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento degli stabilimenti, i requisiti generali in materia di igiene (manutenzione, strutture, condensa, pulizia e prassi igienica) e gli specifici requisiti in relazione alla temperatura per la carne separata meccanicamente. Entrando nello specifico di quanto rilevato nei sette stabilimenti di produzione di CSM, emerge che: •in uno stabilimento la presenza di condensa non era stata segnalata dal veterinario ufficiale. Inoltre, molte gabbie utilizzate per le CSM erano rotte e/o non sufficientemente pulite, benché nell’agosto 2012 il veterinario ufficiale avesse chiesto di interrompere immediatamente l’utilizzo delle gabbie più danneggiate, sostituendole entro la fine del 2012; in un altro stabilimento la macchina CSM e la benna contenente CSM non erano protette dalla contaminazione: i cavi e altre attrezzature sporche erano collocati al di sopra della macchina; i vassoi contenenti CSM erano collocati sotto
  • 4. la linea di trasporto delle cosce di pollo e tacchino; i rivestimenti per i vassoi di CSM non venivano utilizzati in maniera corretta, col rischio di una potenziale contaminazione incrociata; •in un terzo stabilimento la macchina CSM non era sufficientemente pulita, benché secondo la lista di controllo pre-operativa dell’operatore la macchina stessa fosse stata controllata e trovata conforme ai requisiti di pulizia. Per quanto riguarda le ispezioni nei cinque stabilimenti che utilizzano CSM per fabbricare prodotti a base di carne trattati termicamente, come salsicce di Francoforte, medaglioni di pollo, cordon bleu e altri prodotti simili, in quattro di essi sono state rilevate alcune carenze che l’autorità di controllo non aveva sempre identificato, segnalato o sottoposto a follow-up. Le violazioni riguardavano la manutenzione e la pulizia degli stabilimenti, delle attrezzature e dei locali di lavorazione, e le condizioni igieniche nel corso della produzione. Per esempio: •in uno stabilimento si usavano gabbie rotte o poco pulite; lo stato di manutenzione e pulizia del locale di produzione era insufficiente (condutture di aereazione sporche, presenza di ruggine e vernice scrostata su pareti e soffitto, sporcizia sulle protezioni delle lampade; presenza di condensa sopra i cassoni in cui venivano miscelati gli ingredienti; accumulo di amido bagnato su tutte le attrezzature circostanti). Il macchinario per la miscelazione degli ingredienti lavorava a ciclo continuo e veniva pulito solo una volta alla settimana. L’ubicazione e la disposizione del locale in cui venivano lavate le gabbie erano inadeguate (le gabbie pulite e quelle sporche venivano a contatto; le gabbie pulite venivano immagazzinate nel corridoio sotto una condensa gocciolante); •in un secondo stabilimento, benché struttura e stato di manutenzione fossero nel complesso adeguati, la zona di lavorazione mostrava alcune carenze: un elemento arrugginito sovrastava l’apparecchiatura per il taglio della carne, dietro la quale una tubazione idraulica rotta, che collegava l’evaporatore allo scarico, sgocciolava sul pavimento. Inoltre, nel montacarichi utilizzato per le CSM non confezionate una lampadina era priva di protezione; •in un terzo stabilimento, non si era ancora posto rimedio ad alcune carenze in materia di manutenzione e pulizia, già rilevate dall’autorità di controllo: presenza di ruggine in alcuni punti del soffitto, un tubo sgocciolante dal soffitto, vicino ai vassoi contenenti le salsicce di Francoforte pronte per la spellatura, prima della confezione sotto vuoto e della pastorizzazione. Il congelatore usato per le materie prime (cioè le CSM) era eccessivamente stipato, alcune confezioni di CSM erano danneggiate e le CSM risultavano prive di protezione, si osservava condensa
  • 5. ghiacciata, e alcuni pallet in legno rotti erano ammucchiati sopra i blocchi di CSM protetti solo da imballaggi di plastica; •in un quarto stabilimento la disposizione era inadeguata, parecchie porte non proteggevano completamente lo stabilimento da parassiti e contaminazione esterna e in alcune zone la vernice del soffitto era scrostata. Nei locali di lavorazione l’igiene non era sufficiente (pavimenti sporchi, cattivi odori, prodotti semilavorati lasciati privi di protezione durante la pausa pranzo, un’ape svolazzante, temperatura del locale molto elevata, accumulo di lubrificante tecnico proprio al di sopra dei prodotti semilavorati, distributore di acqua potabile nel locale adibito all’imballaggio). (Articolo di Beniamino Bonardi) Fonte: ilfattoalimentare.it L’olio novello è in vendita, ma non esiste, si tratta di olio nuovo. Il primo estratto dell’extravergine, non filtrato né decantato. Lo si trova in frantoi, enoteche e anche nei supermercati. In varie località d’Italia, tra novembre e dicembre si organizzano anche Feste in suo onore. Si tratta dell’olio novello, che a differenza del vino novello, però, è una categoria non prevista da alcuna normativa, e che dovrebbe indicare l’olio ottenuto dalle olive raccolte nel corso dell’ultima campagna cha va da ottobre a dicembre e la cui denominazione in etichetta potrebbe essere passibile di sanzione per inganno dei consumatori, come osserva il sito Teatronaturale.it. Infatti, mentre è sbagliato confondere il vino novello con il vino nuovo, il cosiddetto olio novello non è altro che l’olio nuovo. Nel caso del vino, il “novello” è frutto di un particolare sistema di vinificazione, la macerazione carbonica, e l’ultimo atto legislativo che ne disciplina la produzione, la commercializzazione e l’immissione al consumo, è il Decreto del 13 agosto 2012. Il Decreto stabilisce che “soltanto i vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica, per i quali negli appositi disciplinari di produzione sia stata espressamente prevista la tipologia «novello», possono utilizzare la stessa menzione “novello” o “vino novello” nella propria designazione e presentazione dalla data di immissione al consumo, a condizione che i prodotti siano confezionati entro il 31 dicembre dell’annata relativa alla vendemmia da cui derivano le uve utilizzate per la loro produzione ed abbiano acquisito tutte le specifiche caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche
  • 6. previste nei relativi disciplinari di produzione nella rispettiva zona di produzione e/o vinificazione”. Inoltre, “il periodo di vinificazione non può essere inferiore a giorni dieci dall’inizio della vinificazione stessa. Le partite dei vini “novelli” devono essere ottenute per almeno il 40% mediante il processo di fermentazione con macerazione carbonica dell’uva intera. Il titolo alcolometrico volumico totale minimo al consumo non può essere inferiore all’11% ed il limite massimo di zuccheri riduttori residui non deve superare i 10 grammi per litro”. L’olio dichiarato “novello”, invece, non è regolato a alcuna norma, è prodotto allo stesso modo del restante extravergine, ma ne è il primo estratto, non è filtrato né decantato. Ha un sapore caratteristico particolarmente apprezzato, specie sulle bruschette, e si presenta torbido, tanto che nel tempo di poche settimane le sostanze in sospensione, che conferiscono torbidezza, si vanno a depositare nella bottiglia e possono fermentare, dando luogo a difetti organolettici. Come dimostrato da molte ricerche, tra le ultime quelle del Laboratorio Chimico di PromoFirenze, la degradazione nel tempo è più marcata per l’olio non filtrato che, al termine del periodo di conservazione, risulta più impoverito nelle componenti nutrizionali caratteristiche dell’extra vergine, come i polifenoli. (Articolo di Beniamino Bonardi) Fonte: ilfattoalimentare.it Pane al carbone: un aiuto all’aumento della natalità? Il consumo del pane al carbone si è abbastanza diffuso e non tutti sono a conoscenza di quali conseguenze ne possono derivare. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta. Per produrlo è necessario aggiungere all’impasto circa 15 grammi di carbone attivo per ogni kg di farina.Il carbone attivo si ottiene dalla combustione incompleta del legno e durante questo processo possono formarsi sostanze molto pericolose come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Le norme vigenti impongono dei limiti di tolleranza molto bassi di IPA per il carbone impiegato a scopo alimentare e/o farmaceutico. Infatti il carbone attivo può essere impiegato come additivo per la “colorazione” di alcuni alimenti oppure come integratore alimentare o anche come farmaco.
  • 7. Bisogna subito precisare che nella produzione del pane non è permesso l’uso di nessun additivo alimentare; è invece permesso l’impiego come additivo in alcuni prodotti da forno. In pratica sembrerebbe che l’impiego che se ne fa nel pane comune sia illegale. E’ invece ben conosciuto l’effetto “farmacologico” del carbone attivo che deriva dalla sua capacità di “adsorbire” e neutralizzare a livello intestinale diverse sostanze e/o gas potenzialmente nocivi. E’ quindi indicato nei casi di aerofagia, flatulenza, digestioni difficili, ecc. Le sue proprietà benefiche sono state riconosciute anche dall’EFSA che ne ha approvato il “claim” nutrizionale e proprio per questo motivo in commercio sono disponibili degli integratori alimentari a base di carbone attivo. La sua capacità adsorbente si esplica nei confronti di molte sostanze chimiche benefiche ed anche di diversi farmaci, per cui l’impiego dovrebbe essere in qualche modo consigliato o controllato da un medico. Quali sono le conseguenze per i consumatori di pane al carbone? La prima è di carattere economico. E’ noto che il costo di questo pane può arrivare intorno ai sette euro al kg e si tratta di un prezzo decisamente truffaldino. 15 grammi di carbone attivo costano circa 15 centesimi che non possono giustificare il raddoppio o triplo del costo dello stesso pane “normale”. Il carbone attivo impiegato dalle aziende farmaceutiche o da quelle che producono integratori alimentari è sicuramente controllato per verificarne la “purezza” e in particolare l’assenza degli IPA a livelli potenzialmente dannosi. Non si può essere certi della qualità del carbone impiegato dai fornai anche perché, come accennato, non c’è certezza che tale impiego sia legale. Esiste poi il problema più serio della capacità del carbone attivo di “adsorbire” a livello intestinale alcuni farmaci rendendoli inefficaci. Non si tratta soltanto di prendere precauzioni nel caso di terapie occasionali per combattere alcune malattie, ma anche nei casi di assunzioni costanti di farmaci che riguardano un gran numero di persone. Basti pensare alla “pillola” anticoncezionale assunta da molte donne i cui principi attivi potrebbero essere “adsorbiti” e neutralizzati dal carbone attivo. Certo potrebbe trattarsi di un buon aiuto all’aumento delle natalità. Ovviamente quanto detto per il pane vale anche per i cornetti o altri prodotti da forno cui viene aggiunto il carbone e che sembra siano piuttosto diffusi.
  • 8. Anche se il titolo di questo articolo è volutamente ironico e provocatorio il consiglio che si può dare è quello di consumare prodotti alimentari contenenti carbone essendo coscienti che si paga un prezzo esagerato per ottenere qualche beneficio “digestivo” e per correre il rischio di qualche effetto non previsto e non desiderato. (Dal blog di Agostino Macrì) Fonte:sicurezzalimentare.it