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attualità
La vendita diretta di prodotti biologici
L’AIAB ha svolto per conto
di ISMEA un’indagine qualitativa
sulla vendita diretta di prodotti
biologici in Italia.
L’obiettivo è stato quello
di raccogliere informazioni
di natura economico-strutturale
su tale canale distributivo,
esplorando le diverse forme
di vendita diretta scelte dagli
agricoltori, le tendenze che
interessano il settore, gli scenari
di sviluppo futuro previsti,
fino ai concreti benefici
per i consumatori.
“Considerare tutte le crisi in genere,
come un’obiezione, come qualcosa che
bisogna eliminare, è la niaiserie par ex-
cellence, nel complesso una vera di-
sgrazia nelle sue conseguenze, destino
di sciocchezza, – di tale sciocchezza
quasi come lo sarebbe la volontà di eli-
minare il mal tempo”.
Secondo Nietzsche, la crisi può essere
un momento di grande apertura al cam-
biamento. Il biologico sembra avere le
carte in regola, poiché in grado di co-
gliere la grande opportunità di trasfor-
mazione, in particolare, nel rispondere
ai nuovi bisogni di consumo consape-
vole, esperienziale, valoriale e sosteni-
bile, legato al rispetto dell’ambiente e
all’attenzione verso i beni di qualità ot-
tenuti secondo pratiche ecosostenibili.
Sono questi i principi che meglio spie-
gano la crescita della vendita diretta di
prodotti biologici, saltando tutte le fasi
di Alba Pietromarchi
intermedie della filiera, prevedendo e
favorendo scelte di consumo più con-
sapevoli, etiche e solidali, nonché sta-
bilire una relazione diretta tra produttore
e consumatore. La vendita diretta sem-
bra, quindi, un canale che è in grado di
far riconoscere, meglio e più facilmente
di altre forme, il valore aggiunto delle
produzioni biologiche locali, esaltan-
done gli aspetti socio-economici e am-
bientali.
L’indagine di AIAB
Per svolgere un maggiore approfondi-
mento sull’argomento, ISMEA ha affidato
ad AIAB l’incarico di svolgere una ricerca
qualitativa sulla vendita diretta su un
campione rappresentativo di aziende
che utilizzano tale canale distributivo, al
fine di raccogliere informazioni di natura
economica strutturale, sulle diverse mo-
dalità di vendita scelte, sulle dinamiche
che interessano il settore, sugli scenari
di sviluppo futuro previsti, sino ai van-
taggi concreti per i consumatori.
Per l’individuazione del campione di ri-
ferimento, l’AIAB si è avvalsa del suo
archivio informatico interno e delle di-
verse fonti disponibili: documentazione
ufficiale in materia di aziende certificate
bio, studi realizzati in precedenza dalla
stessa associazione, fiere nazionali de-
dicate alla filiera corta e altre informa-
zioni tratte da desk research e, soprat-
tutto, web research.
Dalle informazioni ottenute, raccolte in
un database organizzato per regione, è
stato estratto un campione di 362
aziende. L’indagine si è rivolta esclusi-
vamente alle imprese licenziatarie di pro-
dotti alimentari biologici italiani, in altre
parole solo agli operatori che sono attori
attivi sul mercato del biologico e che
praticano la vendita diretta.
6numero 135-136 settembre/dicembre 2012
Si è proceduto alla somministrazione
di uno specifico questionario tramite
interviste telefoniche e invio di E-mail.
L’indagine si è avvalsa anche di una ri-
levazione diretta, tramite colloqui face
to face a un campione selezionato di
cento aziende, nonché di altri dati tratti
da casi studio effettuati in precedenza
dall’AIAB quali, ad esempio, le indagini
di mercato in Campania, Calabria, Sar-
degna, Sicilia e Umbria, sul progetto
Login BIO, cofinanziato dal MiPAAF,
che hanno portato all’avvio di nuove
piattaforme per la commercializzazione
delle produzioni biologiche da filiera
corta o, ancora, una specifica rilevazione
svolta da AIAB Lombardia sul territorio
regionale, nell’ambito del progetto di
ricerca “Analisi economica delle filiere
biologiche in Lombardia e strategie di
valorizzazione” FILBIO, promosso dalla
Regione Lombardia.
I risultati, pubblicati dall’ISMEA in
una relazione sulla vendita diretta di
prodotti biologici (disponibile su
www.ismeaservizi.it) sembrano indicare
che la filiera diretta può essere una va-
lida risposta a percorsi alternativi di
sbocco finalizzati sia a ridurre l’incre-
mento dei prezzi lungo la catena distri-
butiva, sia a limitare la presenza di
squilibri nei rapporti di scambio, sia nel
voler creare un nuovo modello di svi-
luppo basato sul rispetto ambientale,
sulla diversificazione dei processi pro-
duttivi, sulla sinergia tra biologico e na-
turalità, tra tradizione e innovazione, tra
consumatori e produttori.
Vendita diretta:
quali aziende la scelgono
Sono prevalentemente produttori agri-
coli che coltivano vegetali, il 42% del
totale, mentre il loro 33% svolge attività
di trasformazione e il 14% in ambito
zootecnico. Il restante 11% è costituito
da aziende che svolgono altre attività
da abbinare a quelle sopra elencate: gli
agriturismi innanzitutto e, con un peso
minore, anche le fattorie sociali.
A livello regionale è una buona rappre-
sentatività del campione selezionato,
con la prevalenza di Lazio, Toscana e
Lombardia, seguita da Sicilia, Emilia-
Romagna e Veneto e, a stretto giro, da
Marche, Umbria, Piemonte, Puglia e
Sardegna.
Vendita diretta:
i prodotti più richiesti
Le aziende intervistate vendono princi-
palmente frutta (21% del totale) e or-
taggi (19,4%), oltre che olio (11,6%),
vino (8,4%), carni fresche e trasformate
(7,9%) e prodotti caseari (7,1%) come
riportato nella figura 1.
L’ortofrutta è la categoria merceologica
più venduta in filiera diretta, sia fresca,
in particolare la frutta e la verdura bio-
logica di stagione, sia trasformata in
azienda, soprattutto in conserve, pas-
sate di pomodoro, marmellate, mo-
starde, confetture, sott’oli, sughi e
salse varie.
Peraltro, quelli più spesso interessati
dalla vendita diretta sono proprio i tra-
sformati: il rapporto in media è di circa
2/3 per le vendite in valore del prodotto
trasformato e 1/3 per quelle del fresco.
Riguardo alla dimensione economica
delle aziende intervistate, circa la metà
del campione è rappresentato da pic-
cole realtà, che registrano un giro d’af-
fari non molto elevato, anche se vi è un
gruppo abbastanza numeroso, tra
quelle biologiche rispondenti, che rileva
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euro annui.
7
Altro
19
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Orticoli
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Caseari
7
Miele
5
Olio
12
Vino
8
Pane e prodotti
da forno
1
Carni fresche e trasformate
8
Figura 1
Distribuzione dei prodotti venduti dalle aziende campione (%)
Fonte: elaborazione AIAB su dati ISMEA
Tale canale è caratterizzato, infatti, da
tanti piccoli e medi produttori agricoli
biologici che nella vendita diretta hanno
trovato una possibile risposta, se non
l’unica, non solo per far fronte alla crisi
economica, ma soprattutto al bisogno
di realizzare una maggiore retribuzione
del proprio lavoro agricolo e di veicolare
prodotti a prezzi più accessibili ai con-
sumatori.
Dall’indagine emerge, infatti, che il
maggior numero di aziende intervistate
ricade nella fascia di vendita che de-
stina quasi tutta (80% del totale) o tutta
la sua produzione in filiera diretta (ben
198 soggetti su 362 hanno dichiarato
infatti che il totale dei loro introiti deriva
da tale attività).
A fronte di una crisi economica sempre
più grave e, di conseguenza, dell’inde-
bolimento del potere di acquisto delle
famiglie, il canale di vendita diretta sem-
bra essere uno strumento di sostegno
non solo del consumo alimentare ma
anche degli agricoltori, soprattutto per
le piccole aziende, che riescono a ri-
manere sul mercato diventando, in que-
sto modo, soggetti protagonisti della fi-
liera stessa.
Bisogna comunque considerare che,
da qualche tempo, questo canale sia
abbondantemente esplorato anche da
imprese medie-grandi e grandi, com’è
emerso dai dati rilevati dagli intervi-
stati, dove circa il 40% è sopra i venti
ettari e la metà di questi supera i cin-
quanta ettari (si pensi che la superficie
media aziendale che scaturisce dal-
l’ultimo Censimento ISTAT è di 7,9 et-
tari), supportato poi dal fatto che oltre
il 35% ha un fatturato di gran lunga
superiore ai centomila euro (non sono
dati da azienda contadina a condu-
zione diretta).
In questo caso, si tratta di imprese me-
die e grandi che utilizzano tutte le stra-
tegie messe in campo dalla vendita di-
retta. Lo spaccio viene anche sviluppato
in un’ottica attrattiva per il consumatore,
collegandovi anche strutture ricettive per
l’alloggio e la ristorazione, attuando di-
verse forme aggregative (associazioni e
Gruppi di Acquisto che mettono insieme
consumatori e produttori), innovando
l’azienda sotto il profilo della multifun-
zionalità, fornendo una diversificazione
dell’offerta che possa abbracciare una
domanda sempre più attenta al biolo-
gico, alla qualità, alla tutela sociale e
ambientale.
Le forme distributive
Secondo gli intervistati prevale la
scelta del rapporto diretto fra produt-
tore e consumatore che s’instaura
presso lo spaccio aziendale (36,4%),
seguita dal segmento dei Gruppi di
Acquisto (22,3%), che stanno regi-
strando una notevole crescita in questi
anni, oltre che dai cosiddetti Farmer’s
markets, i mercatini dei produttori agri-
coli (17,1%).
Ancora poco esplorata la vendita di-
retta tramite il canale della ristorazione
e dell’accoglienza, spesso sintetizzato
con l’acronimo HoReCa per Hotellerie
- Restaurant - Café (ma la terza parola
viene a volte identificata con Catering,
o altre similari), canale indicato per i
produttori e trasformatori di prodotti
biologici destinati alla ristorazione,
prodotti per comunità e attività ricet-
tive in genere, e la vendita diretta tra-
mite commercio elettronico (o E-com-
merce), tra il 5% e il 6% in entrambi i
casi.
Più contenuta è stata la formula delle
consegne a domicilio, dei punti vendita
collettivi, della raccolta diretta in azienda
(anche conosciuta con l’espressione in-
glese pick up your own) e dei distributori
automatici di prodotti bio (vending ma-
chine).
Queste modalità di relazione diretta tra
produttore e consumatore si dimostrano
vitali e dinamiche.
Le tendenze
della filiera diretta
Per quanto riguarda le dinamiche che
hanno interessato le vendite nel 2010,
l’indagine ISMEA indica la prevalenza
del segno positivo per il 56% circa degli
intervistati, sostanzialmente in linea con
le tendenze dei consumi interni nei vari
canali distributivi nazionali registrate
nello stesso anno; mentre il 35% ritiene
che le vendite siano rimaste stabili e
che solo il 6,3% rileva una diminuzione.
Il trend positivo delle vendite è stato
probabilmente favorito anche da un an-
damento dei prezzi stazionario o in di-
minuzione.
La quasi totalità delle aziende non si
approvvigiona da terzi per completare
la gamma dei propri prodotti: solo sette
su 362 dichiarano di ricorrere, in una
percentuale che va dal 10 al 20%, a
fornitori esterni e in tre soli casi dichia-
rano di farlo al 100%.
8numero 135-136 settembre/dicembre 2012
9
E per il futuro?
Il canale di vendita diretta sembra avere
tutti i requisiti perché le prospettive
siano rosee. L’ISMEA indica che oltre il
55% delle aziende intervistate ritiene
che vi sarà nei prossimi anni un au-
mento delle vendite, stimato intorno al
20%, mentre il 21% prevede che queste
ultime rimarranno stabili e soltanto un
8% del campione pensa che vi sarà una
diminuzione. Da segnalare però che
molti operatori non hanno saputo ri-
spondere a questa domanda, forse per
effetto della crisi e del clima d’incertezza
economica che il Paese sta vivendo.
Peraltro, la vendita diretta, secondo le
aziende intervistate, sembra che pre-
senti maggiori margini di crescita ri-
spetto ai canali più tradizionali del det-
taglio, a fronte dell’evoluzione del
comportamento dei consumatori, sem-
pre più attenti alla provenienza e sicu-
rezza dei prodotti alimentari, alla soste-
nibilità ambientale dei processi di
produzione e distribuzione e al soste-
gno dell’economia locale, seppure con
una particolare attenzione al prezzo (fi-
gura 2).
Emerge quindi che i consumatori con-
sapevoli pretendono oramai qualità e
prezzo e premiano sempre di più le
aziende in grado di accogliere questa
nuova tendenza.
Ciò spiega anche perché le aziende in-
tervistate, alla domanda su quale canale
di vendita diretta ritengono maggior-
mente diminuita la richiesta del consu-
matore, abbiano risposto prevalente-
mente con i Gruppi d’Acquisto, la
diretta aziendale, i mercatini (preferiti
quelli specifici del settore) e i punti ven-
dita collettivi (figura 3).
Contenuto è ancora l’interesse per il ca-
nale HoReCa, sulla base delle perce-
zioni degli operatori, canale che invece
potrebbe rappresentare un’importante
forma di vendita diretta per i prodotti
biologici sia per la popolazione locale
sia per il turismo, in particolare quello
rurale che caratterizza sempre di più un
segmento di mercato in forte crescita e
rappresenta una realtà in grado di
creare importanti sinergie per lo svi-
luppo delle produzioni biologiche.
Pensiamo, ad esempio, alla ristorazione
o, anche, alle formule più veloci, più li-
bere e meno costose, come caffetterie,
bistrot, gastronomie, gelaterie che po-
trebbero offrire interessanti opportunità
di valorizzazione, arricchendo i diversi
menu proposti con prodotti biologici, fre-
schi e di qualità, che esprimano la tipicità
delle produzioni agroalimentari del terri-
torio; ma soprattutto andando a incidere
positivamente, oltre che sulla qualità
della vita del consumatore, anche su
quella ambientale, etica e di processo,
contribuendo, tra l’altro, alla salvaguardia
del territorio e dell’economia locale.
La filiera corta biologica può rappresen-
tare, quindi, una realtà che promuove
l’economia solidale, il consumo consa-
pevole e la sostenibilità ambientale, cul-
turale, territoriale, umana ed economica.
Aspetti che, nel loro insieme, veicolano
un messaggio forte, a testimonianza di
come l’atteggiamento del consumatore
moderno orientato verso un consumo,
sia di tipo esperienziale che relazionale
e consapevole, sarà sempre di più la ten-
denza dei consumi nell’agroalimentare.
L’indagine ISMEA sulla vendita diretta
di prodotti biologici sembra, quindi,
confermare quelle che erano le perce-
zioni provenienti dal mercato, di una
sua presenza - seppure ancora conte-
nuta - ma in sicuro sviluppo; sarebbe
auspicabile, perciò, valorizzare questo
segmento di mercato che in futuro po-
trebbe sempre più guadagnare una ri-
levante quota di mercato.
Migliore sostenibilità
ambientale 10 10
Conoscenza di un
determinato prodotto
27
Contatto
diretto
col
produttore
Maggiore garanzia
di qualità
28
Prodotto
di filiera
corta
14
Prezzo
11
Figura 2
I criteri di selezione per i consumatori che
scelgono questa modalità di acquisto dei prodotti
biologici secondo le aziende intervistate (%)
Sagre locali
5Consegne a domicilio
7
Raccolta diretta in azienda
3 3 HoReCa
Gruppi
d’Acquisto
26
Mercatini
19
Diretta aziendale
18
Punti
vendita
collettivi
11
E-commerce
8
Figura 3
Le modalità di vendita diretta da valorizzare
secondo le aziende campione (%)
Fonte: elaborazione AIAB su dati ISMEA Fonte: elaborazione AIAB su dati ISMEA

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Bio in cifre 2011
 

Bac 135 136 6-9-la vendita diretta dei prodotti bio

  • 1. attualità La vendita diretta di prodotti biologici L’AIAB ha svolto per conto di ISMEA un’indagine qualitativa sulla vendita diretta di prodotti biologici in Italia. L’obiettivo è stato quello di raccogliere informazioni di natura economico-strutturale su tale canale distributivo, esplorando le diverse forme di vendita diretta scelte dagli agricoltori, le tendenze che interessano il settore, gli scenari di sviluppo futuro previsti, fino ai concreti benefici per i consumatori. “Considerare tutte le crisi in genere, come un’obiezione, come qualcosa che bisogna eliminare, è la niaiserie par ex- cellence, nel complesso una vera di- sgrazia nelle sue conseguenze, destino di sciocchezza, – di tale sciocchezza quasi come lo sarebbe la volontà di eli- minare il mal tempo”. Secondo Nietzsche, la crisi può essere un momento di grande apertura al cam- biamento. Il biologico sembra avere le carte in regola, poiché in grado di co- gliere la grande opportunità di trasfor- mazione, in particolare, nel rispondere ai nuovi bisogni di consumo consape- vole, esperienziale, valoriale e sosteni- bile, legato al rispetto dell’ambiente e all’attenzione verso i beni di qualità ot- tenuti secondo pratiche ecosostenibili. Sono questi i principi che meglio spie- gano la crescita della vendita diretta di prodotti biologici, saltando tutte le fasi di Alba Pietromarchi intermedie della filiera, prevedendo e favorendo scelte di consumo più con- sapevoli, etiche e solidali, nonché sta- bilire una relazione diretta tra produttore e consumatore. La vendita diretta sem- bra, quindi, un canale che è in grado di far riconoscere, meglio e più facilmente di altre forme, il valore aggiunto delle produzioni biologiche locali, esaltan- done gli aspetti socio-economici e am- bientali. L’indagine di AIAB Per svolgere un maggiore approfondi- mento sull’argomento, ISMEA ha affidato ad AIAB l’incarico di svolgere una ricerca qualitativa sulla vendita diretta su un campione rappresentativo di aziende che utilizzano tale canale distributivo, al fine di raccogliere informazioni di natura economica strutturale, sulle diverse mo- dalità di vendita scelte, sulle dinamiche che interessano il settore, sugli scenari di sviluppo futuro previsti, sino ai van- taggi concreti per i consumatori. Per l’individuazione del campione di ri- ferimento, l’AIAB si è avvalsa del suo archivio informatico interno e delle di- verse fonti disponibili: documentazione ufficiale in materia di aziende certificate bio, studi realizzati in precedenza dalla stessa associazione, fiere nazionali de- dicate alla filiera corta e altre informa- zioni tratte da desk research e, soprat- tutto, web research. Dalle informazioni ottenute, raccolte in un database organizzato per regione, è stato estratto un campione di 362 aziende. L’indagine si è rivolta esclusi- vamente alle imprese licenziatarie di pro- dotti alimentari biologici italiani, in altre parole solo agli operatori che sono attori attivi sul mercato del biologico e che praticano la vendita diretta. 6numero 135-136 settembre/dicembre 2012
  • 2. Si è proceduto alla somministrazione di uno specifico questionario tramite interviste telefoniche e invio di E-mail. L’indagine si è avvalsa anche di una ri- levazione diretta, tramite colloqui face to face a un campione selezionato di cento aziende, nonché di altri dati tratti da casi studio effettuati in precedenza dall’AIAB quali, ad esempio, le indagini di mercato in Campania, Calabria, Sar- degna, Sicilia e Umbria, sul progetto Login BIO, cofinanziato dal MiPAAF, che hanno portato all’avvio di nuove piattaforme per la commercializzazione delle produzioni biologiche da filiera corta o, ancora, una specifica rilevazione svolta da AIAB Lombardia sul territorio regionale, nell’ambito del progetto di ricerca “Analisi economica delle filiere biologiche in Lombardia e strategie di valorizzazione” FILBIO, promosso dalla Regione Lombardia. I risultati, pubblicati dall’ISMEA in una relazione sulla vendita diretta di prodotti biologici (disponibile su www.ismeaservizi.it) sembrano indicare che la filiera diretta può essere una va- lida risposta a percorsi alternativi di sbocco finalizzati sia a ridurre l’incre- mento dei prezzi lungo la catena distri- butiva, sia a limitare la presenza di squilibri nei rapporti di scambio, sia nel voler creare un nuovo modello di svi- luppo basato sul rispetto ambientale, sulla diversificazione dei processi pro- duttivi, sulla sinergia tra biologico e na- turalità, tra tradizione e innovazione, tra consumatori e produttori. Vendita diretta: quali aziende la scelgono Sono prevalentemente produttori agri- coli che coltivano vegetali, il 42% del totale, mentre il loro 33% svolge attività di trasformazione e il 14% in ambito zootecnico. Il restante 11% è costituito da aziende che svolgono altre attività da abbinare a quelle sopra elencate: gli agriturismi innanzitutto e, con un peso minore, anche le fattorie sociali. A livello regionale è una buona rappre- sentatività del campione selezionato, con la prevalenza di Lazio, Toscana e Lombardia, seguita da Sicilia, Emilia- Romagna e Veneto e, a stretto giro, da Marche, Umbria, Piemonte, Puglia e Sardegna. Vendita diretta: i prodotti più richiesti Le aziende intervistate vendono princi- palmente frutta (21% del totale) e or- taggi (19,4%), oltre che olio (11,6%), vino (8,4%), carni fresche e trasformate (7,9%) e prodotti caseari (7,1%) come riportato nella figura 1. L’ortofrutta è la categoria merceologica più venduta in filiera diretta, sia fresca, in particolare la frutta e la verdura bio- logica di stagione, sia trasformata in azienda, soprattutto in conserve, pas- sate di pomodoro, marmellate, mo- starde, confetture, sott’oli, sughi e salse varie. Peraltro, quelli più spesso interessati dalla vendita diretta sono proprio i tra- sformati: il rapporto in media è di circa 2/3 per le vendite in valore del prodotto trasformato e 1/3 per quelle del fresco. Riguardo alla dimensione economica delle aziende intervistate, circa la metà del campione è rappresentato da pic- cole realtà, che registrano un giro d’af- fari non molto elevato, anche se vi è un gruppo abbastanza numeroso, tra quelle biologiche rispondenti, che rileva un fatturato superiore ai trecentomila euro annui. 7 Altro 19 Frutticoli 21 Orticoli 19 Caseari 7 Miele 5 Olio 12 Vino 8 Pane e prodotti da forno 1 Carni fresche e trasformate 8 Figura 1 Distribuzione dei prodotti venduti dalle aziende campione (%) Fonte: elaborazione AIAB su dati ISMEA
  • 3. Tale canale è caratterizzato, infatti, da tanti piccoli e medi produttori agricoli biologici che nella vendita diretta hanno trovato una possibile risposta, se non l’unica, non solo per far fronte alla crisi economica, ma soprattutto al bisogno di realizzare una maggiore retribuzione del proprio lavoro agricolo e di veicolare prodotti a prezzi più accessibili ai con- sumatori. Dall’indagine emerge, infatti, che il maggior numero di aziende intervistate ricade nella fascia di vendita che de- stina quasi tutta (80% del totale) o tutta la sua produzione in filiera diretta (ben 198 soggetti su 362 hanno dichiarato infatti che il totale dei loro introiti deriva da tale attività). A fronte di una crisi economica sempre più grave e, di conseguenza, dell’inde- bolimento del potere di acquisto delle famiglie, il canale di vendita diretta sem- bra essere uno strumento di sostegno non solo del consumo alimentare ma anche degli agricoltori, soprattutto per le piccole aziende, che riescono a ri- manere sul mercato diventando, in que- sto modo, soggetti protagonisti della fi- liera stessa. Bisogna comunque considerare che, da qualche tempo, questo canale sia abbondantemente esplorato anche da imprese medie-grandi e grandi, com’è emerso dai dati rilevati dagli intervi- stati, dove circa il 40% è sopra i venti ettari e la metà di questi supera i cin- quanta ettari (si pensi che la superficie media aziendale che scaturisce dal- l’ultimo Censimento ISTAT è di 7,9 et- tari), supportato poi dal fatto che oltre il 35% ha un fatturato di gran lunga superiore ai centomila euro (non sono dati da azienda contadina a condu- zione diretta). In questo caso, si tratta di imprese me- die e grandi che utilizzano tutte le stra- tegie messe in campo dalla vendita di- retta. Lo spaccio viene anche sviluppato in un’ottica attrattiva per il consumatore, collegandovi anche strutture ricettive per l’alloggio e la ristorazione, attuando di- verse forme aggregative (associazioni e Gruppi di Acquisto che mettono insieme consumatori e produttori), innovando l’azienda sotto il profilo della multifun- zionalità, fornendo una diversificazione dell’offerta che possa abbracciare una domanda sempre più attenta al biolo- gico, alla qualità, alla tutela sociale e ambientale. Le forme distributive Secondo gli intervistati prevale la scelta del rapporto diretto fra produt- tore e consumatore che s’instaura presso lo spaccio aziendale (36,4%), seguita dal segmento dei Gruppi di Acquisto (22,3%), che stanno regi- strando una notevole crescita in questi anni, oltre che dai cosiddetti Farmer’s markets, i mercatini dei produttori agri- coli (17,1%). Ancora poco esplorata la vendita di- retta tramite il canale della ristorazione e dell’accoglienza, spesso sintetizzato con l’acronimo HoReCa per Hotellerie - Restaurant - Café (ma la terza parola viene a volte identificata con Catering, o altre similari), canale indicato per i produttori e trasformatori di prodotti biologici destinati alla ristorazione, prodotti per comunità e attività ricet- tive in genere, e la vendita diretta tra- mite commercio elettronico (o E-com- merce), tra il 5% e il 6% in entrambi i casi. Più contenuta è stata la formula delle consegne a domicilio, dei punti vendita collettivi, della raccolta diretta in azienda (anche conosciuta con l’espressione in- glese pick up your own) e dei distributori automatici di prodotti bio (vending ma- chine). Queste modalità di relazione diretta tra produttore e consumatore si dimostrano vitali e dinamiche. Le tendenze della filiera diretta Per quanto riguarda le dinamiche che hanno interessato le vendite nel 2010, l’indagine ISMEA indica la prevalenza del segno positivo per il 56% circa degli intervistati, sostanzialmente in linea con le tendenze dei consumi interni nei vari canali distributivi nazionali registrate nello stesso anno; mentre il 35% ritiene che le vendite siano rimaste stabili e che solo il 6,3% rileva una diminuzione. Il trend positivo delle vendite è stato probabilmente favorito anche da un an- damento dei prezzi stazionario o in di- minuzione. La quasi totalità delle aziende non si approvvigiona da terzi per completare la gamma dei propri prodotti: solo sette su 362 dichiarano di ricorrere, in una percentuale che va dal 10 al 20%, a fornitori esterni e in tre soli casi dichia- rano di farlo al 100%. 8numero 135-136 settembre/dicembre 2012
  • 4. 9 E per il futuro? Il canale di vendita diretta sembra avere tutti i requisiti perché le prospettive siano rosee. L’ISMEA indica che oltre il 55% delle aziende intervistate ritiene che vi sarà nei prossimi anni un au- mento delle vendite, stimato intorno al 20%, mentre il 21% prevede che queste ultime rimarranno stabili e soltanto un 8% del campione pensa che vi sarà una diminuzione. Da segnalare però che molti operatori non hanno saputo ri- spondere a questa domanda, forse per effetto della crisi e del clima d’incertezza economica che il Paese sta vivendo. Peraltro, la vendita diretta, secondo le aziende intervistate, sembra che pre- senti maggiori margini di crescita ri- spetto ai canali più tradizionali del det- taglio, a fronte dell’evoluzione del comportamento dei consumatori, sem- pre più attenti alla provenienza e sicu- rezza dei prodotti alimentari, alla soste- nibilità ambientale dei processi di produzione e distribuzione e al soste- gno dell’economia locale, seppure con una particolare attenzione al prezzo (fi- gura 2). Emerge quindi che i consumatori con- sapevoli pretendono oramai qualità e prezzo e premiano sempre di più le aziende in grado di accogliere questa nuova tendenza. Ciò spiega anche perché le aziende in- tervistate, alla domanda su quale canale di vendita diretta ritengono maggior- mente diminuita la richiesta del consu- matore, abbiano risposto prevalente- mente con i Gruppi d’Acquisto, la diretta aziendale, i mercatini (preferiti quelli specifici del settore) e i punti ven- dita collettivi (figura 3). Contenuto è ancora l’interesse per il ca- nale HoReCa, sulla base delle perce- zioni degli operatori, canale che invece potrebbe rappresentare un’importante forma di vendita diretta per i prodotti biologici sia per la popolazione locale sia per il turismo, in particolare quello rurale che caratterizza sempre di più un segmento di mercato in forte crescita e rappresenta una realtà in grado di creare importanti sinergie per lo svi- luppo delle produzioni biologiche. Pensiamo, ad esempio, alla ristorazione o, anche, alle formule più veloci, più li- bere e meno costose, come caffetterie, bistrot, gastronomie, gelaterie che po- trebbero offrire interessanti opportunità di valorizzazione, arricchendo i diversi menu proposti con prodotti biologici, fre- schi e di qualità, che esprimano la tipicità delle produzioni agroalimentari del terri- torio; ma soprattutto andando a incidere positivamente, oltre che sulla qualità della vita del consumatore, anche su quella ambientale, etica e di processo, contribuendo, tra l’altro, alla salvaguardia del territorio e dell’economia locale. La filiera corta biologica può rappresen- tare, quindi, una realtà che promuove l’economia solidale, il consumo consa- pevole e la sostenibilità ambientale, cul- turale, territoriale, umana ed economica. Aspetti che, nel loro insieme, veicolano un messaggio forte, a testimonianza di come l’atteggiamento del consumatore moderno orientato verso un consumo, sia di tipo esperienziale che relazionale e consapevole, sarà sempre di più la ten- denza dei consumi nell’agroalimentare. L’indagine ISMEA sulla vendita diretta di prodotti biologici sembra, quindi, confermare quelle che erano le perce- zioni provenienti dal mercato, di una sua presenza - seppure ancora conte- nuta - ma in sicuro sviluppo; sarebbe auspicabile, perciò, valorizzare questo segmento di mercato che in futuro po- trebbe sempre più guadagnare una ri- levante quota di mercato. Migliore sostenibilità ambientale 10 10 Conoscenza di un determinato prodotto 27 Contatto diretto col produttore Maggiore garanzia di qualità 28 Prodotto di filiera corta 14 Prezzo 11 Figura 2 I criteri di selezione per i consumatori che scelgono questa modalità di acquisto dei prodotti biologici secondo le aziende intervistate (%) Sagre locali 5Consegne a domicilio 7 Raccolta diretta in azienda 3 3 HoReCa Gruppi d’Acquisto 26 Mercatini 19 Diretta aziendale 18 Punti vendita collettivi 11 E-commerce 8 Figura 3 Le modalità di vendita diretta da valorizzare secondo le aziende campione (%) Fonte: elaborazione AIAB su dati ISMEA Fonte: elaborazione AIAB su dati ISMEA